BIBLIOTECA COMUNALE
NULLA E’ PIU TERRIBILE DI UNA IGNORANZA ATTIVA
“Nella biblioteca si deve camminare a
capo chino non per rispetto verso il
luogo di studio e di lettura quale la
biblioteca è, ma per non inciampare
su un punto della stanza in cui il pavi-
mento si è abbassato provocando lo
scollamento di alcuni mattoni. Per la
legge del compenso però si è alzato in
altri punti, con effetto duna.”
Non è una pennellata tratta da un
libro di Sciascia o di Cammilleri, è
un passo di una relazione tra le tante
inviata al Sindaco dalla direttrice
della biblioteca comunale che descri-
ve con sorprendente ironia il suo
degrado. Degrado datato, che nel suo
crescendo ha portato fatalmente alla
chiusura al pubblico della biblioteca
già da oltre due anni, “per motivi di
sicurezza nulla è più terribile di una
ignoranza attiva”.
Che l’amore per la cultura avrebbe
conosciuto nel nostro paese tempi
difficili s’era capito da un pezzo , già
guardando il volto delle istituzioni,
l’accezione che del termine trapela
da quei volti, la loro stessa fisiogno-
mica. A dispetto degli orpelli effime-
ri di un Premio Letterario e di un gat-
topardo di cui molti si riempiono la
bocca non si sa poi con quale consa-
pevolezza.
Sempre più l’amore per la cultura si
ritira dagli spazi pubblici, lontano
dalle demagogie, e si coltiva nel pri-
vato, in una dimensione elitaria.
Rimane inesplorata, e questo è il
tema di fondo, la necessità di riparti-
re dalla cultura: suscitarne l’espe-
rienza pubblica, contaminare di
domande e di sete di conoscenza le
coscienze, coltivare il pensiero criti-
co, trasmettere valori e testimonian-
ze.
Non ci sarà nessun orizzonte di cam-
biamento che possa fare a meno di
coscienze libere, non condizionabili
dalle lusinghe del potere, disposte a
lottare contro le ingiustizie, in dire-
zione ostinata e contraria : da qui il
bisogno di aprire nuovi orizzonti, di
far incontrare cultura e vita.
Torniamo dunque alla nostra bibliote-
ca. La sua sede più naturale dovreb-
be essere il Palazzo Cutò Filangeri,
che già ospita il Parco Tomasi di
Lampedusa. Ma il nostro è l’unico tra
i comuni terremotati del Belìce a non
avere ancora ricostruito il proprio
municipio, l’opera pubblica per
eccellenza (fatto di per sé emblemati-
co del senso della cosa pubblica
della classe dirigente margheritese),
per cui il Palazzo storico della città si
trova invaso dagli uffici comunali.
Nel paese del Gattopardo, che punta
sulla cultura e sul turismo culturale e
bla bla bla… la biblioteca comunale,
il luogo della memoria scritta che
pure annovera un patrimonio di oltre
8.000 volumi, langue da decenni in
un limbo indefinibile di degrado,
incongruità ed indifferenza. Perché?
L’investimento sulla biblioteca è con-
siderato politicamente non remunera-
tivo: sulla biblioteca non si fanno
affari. Essa non muove alcun interes-
se ai reggitori della cosa pubblica. La
sua perifericità fisica è metafora
della sua marginalità. E’ un luogo a
sé, separato dal centro abitato, subor-
dinato da sempre ad ogni altra esi-
genza amministrativa, da sempre
fuori da ogni concertazione, fuori da
ogni straccio di programmazione,
estranea all’universo mondo delle
biblioteche. Laddove queste si evol-
vono da teche di libri a centri di pro-
mozione della lettura, da noi, ove
peraltro non esiste alcuna libreria
privata, la biblioteca rappresenta
l’ultimo chiodo di un carro ammini-
strativo che su di essa scarica scon-
nesse scelte organizzative, funzionali
ad altre prosaiche esigenze.
Da noi, e solo da noi, in capo alla
biblioteca comunale vengono appog-
giati adempimenti amministrativi che
non hanno nulla a che vedere con la
sua funzione, in disprezzo della
dignità dell’istituzione e dei suoi ope-
ratori: si spazia dai servizi scolastici,
al trasporto pubblico degli alunni
pendolari, dalla refezione della scuo-
la materna coi relativi bandi di gara,
all’erogazione di agevolazioni su
testi, materiale didattico e corredi
scolastici, al protocollo d’intesa tra
Comune e scuole, e via ragionando.
Cosa c’entri tutto questo con una
biblioteca è una domanda che si
perde nel buio della ragione, almeno
quanto l’attinenza del suo dipendere
amministrativamente dal Settore
Demografico ed Assistenza.
Sarebbe strano se in tale contesto la
biblioteca riuscisse ad implementare
il suo patrimonio librario, se lo condi-
videsse in rete con gli altri comuni
dell’Unione, se avesse una politica
degli acquisti, se lanciasse iniziative
di promozione della lettura, magari
per sottrarre le giovani generazioni
alla dittatura mediatica nefasta della
tv.
Ma se è vero com’è vero che le istitu-
zioni sono fatte dall’uomo, cambiare
si può. Cominciamo da qui: trasferia-
mo prioritariamente la biblioteca nel
Palazzo Cutò, restituendole la centra-
lità che merita, connettendola funzio-
nalmente al Parco Tomasi di
Lampedusa; sgraviamola da mansioni
improprie; dotiamola di un software
gestionale, (già 22 biblioteche della
provincia ne usufruiscono in rete);
rilanciamo il Consiglio di Biblioteca
o qualsiasi altro staff di persone ani-
mate da un’autentica passione per i
libri; sintonizziamo la nostra con
Fahreneith(www.radio.rai.it/radio3/fa
hrenheit), il miglior sito di libri e
idee edito da Radio Tre che è una
vera miniera di iniziative inerenti il
mondo del libro; istituiamo un archi-
vio storico che custodisca ed apra
alla fruizione pubblica le opere più
antiche detenute dai privati, opere
che offrono uno spaccato storico di
S.Margherita, promuovendone la
donazione; apriamo postazioni inter-
net per l’utenza; rendiamo la biblio-
teca un luogo vivo e dinamico di
ricerca e di formazione.
Valorizziamone la natura pubblica,
comunitaria, gratuita ed aperta a
tutti, soprattutto ai giovani.
C’è bisogno di investire sulla forma-
zione per modificare i comportamen-
ti.
Se in passato ci fosse stato più senso
del bello, più gusto della verità, non
vivremmo oggi immersi in cotante
brutture. Gaspare Viola