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Il cuore si spezza, quando si separa dai sogni, tanto poca realt c nelluomo1.

Siamo mezzi, semplici strumenti della Necessit. Nessuno libero. Nessuno pu dirsi mai al sicuro. Siamo pedine nelle mani del Grande Stritolatore. Siete qui siete venuti finalmente qui ad ascoltare a capire forse. Non so se sapr parlare bene Vedete Sono confusa. Ma quello che speravo da tempo tempo infinito non so pi quanto Da secoli vago in questo castello Non sono partita Non ho potuto Vi ringrazio Lui scomparso Loro sono scomparsi Io sola resto
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Chateaubriand

Non posso andare La mia storia deve essere raccontata Nella sua verit Vago nel castello Nessuno mi ha mai dato la parola. Ora posso dire Finalmente Raccontare Mi hanno costretta a dire delle cose. Durante linterrogatorio lAvogadore, il magistrato inviato dalla Serenissima Repubblica di Venezia, lautorevole Marco Querini, mi guardava intensamente. Sapeva che quel che gli avevano raccontato era falso. Le testimonianze erano cos vaghe e piene di lacune. Tutti quei non so, ma si dice pubblicamente, non so, ma per quanto ho inteso, non so, non gli ho tenuto a mente, non so, credo ma non ho visto, io non so Non so Non so Completa omert. Nessuno a Illasi che volesse raccontare la verit. Ma neppure nessuno che volesse apertamente raccontare il falso. Quel falso sostenuto da Girolamo, mio marito.

E quel falso che anchio, in quel momento, stavo testimoniando. Non mi importava di nulla. Non mi importava del disonore. S, lAvogadore sapeva che era tutto falso. Sapeva che anchio stavo raccontando una finta verit. Ma non poteva farci nulla. Come io stessa non potevo fare nulla. Ero comunque morta. E in ogni caso, che senso aveva ormai la mia vita? Senza le sue braccia? Senza poter pi essere amata amando? Avrei raccontato qualsiasi cosa, pur che mi lasciassero in pace. Pur che mi lasciassero morire in pace. Non ho chiesto un salvacondotto. Avrei potuto, ma che ne avrei fatto? E non ho detto la verit. La verit. Non lavrebbero capita. Ero una donna indegna, da qualsiasi punto dosservazione si guardi il fatto: sono stata infedele a mio marito. Ho disonorato la casa mia e la casa dei Pompei. Dovevo comunque morire. Ma avrei raccontato la verit. Avrei almeno salvato il suo ricordo. Avrei tolto a lui il disonore. Se non ci fosse stata Faustina.

Loro avevano la mia bambina. Il compito delle figlie della nobilt prima di tutto servire gli interessi della casa, favorire gli interessi politici ed economici dei maschi della famiglia. Noi figlie siamo la spada o la colomba. Serviamo a cucire trame o a tendere tranelli Siamo specchietti per le allodole. Vittime da immolare sullaltare della ragion di stato. Strumento di gloria potere denaro. Macchine che producono figli. Gli eredi maschi della casata. Eravamo solo mezzi. Hanno raccontato ogni sorta di falsit su di noi. Hanno inventato una storia che potesse stare in piedi, per tenere alto il nome dei Pompei. Nonostante il disonore che io avevo portato. Il potere nobiliare si basa sullonore. Chi perde lonore, perde il potere, la credibilit.

Quando Girolamo ha saputo di noi, ci avrebbe uccisi subito, senza pensarci. Girolamo era impulsivo. Ci avrebbe sicuramente ammazzati con le sue stesse mani. Ma Caterina lha trattenuto. Caterina la saggia sorella maggiore. Lintegerrima nobildonna il ragno che cuce trame di perbenismo e di onorabilit. Caterina sapeva che Girolamo non poteva impunemente ucciderci. Sarebbe stato processato e la verit sarebbe uscita. E sapeva che doveva farlo. Ne sarebbe andato del suo onore. Lonore. Il ferro con cui forgiare la spada. Lonore senza il quale ogni arma si sarebbe spuntata. E in quella riunione nella sua casa di Verona, col marito Graziadio Campo e con Girolamo hanno predisposto un piano. So che stata lei il ragno che ha tessuto la tela. Virginio Orsini era un uomo e un nome importante, a Verona. Non si pu scherzare con un Governatore! Ma la storia che avevano deciso di raccontare sarebbe stata credibile. Virginio Orsini era un

estraneo e non era molto amato, in citt. Giravano voci, dicerie, malignit, forse messe in giro da avversari politici che volevano eliminarlo. Inoltre io ero amica della moglie, li frequentavo molto e lui frequentava spesso il castello di Illasi, dove lo ospitavamo destate. E cos hanno inventato la storia dello sforzo, del quasi stupro ai miei danni. Hanno raccontato che Virginio Orsini, complice Gregorio Griffo, luomo pagato per vegliare su di me, la notte del 22 novembre 1592, sarebbe entrato nella mia camera e mi avrebbe disonorata. Orsini, respinto da me ripetute volte, avrebbe chiesto laiuto di Gregorio Griffo, del mezzano Gregorio, per essere ammesso alla mia presenza e poter abusare di me. La mia cameriera Agnolina avrebbe scoperto la cosa perch io, la mattina dopo in lacrime, glielavrei raccontata, supplicandola di tacere. Agnolina poi lavrebbe raccontata a Suordamor, la giovane sorella di Girolamo, che viveva con noi alla villa, la quale a sua volta lavrebbe raccontata a Caterina, la sorella maggiore. E Caterina, senza indagare ulteriormente, avrebbe creduto fermamente alle chiacchiere di una cameriera di 15 anni, una cameriera che diceva una cosa cos grave e terribile, lunica testimone di un delitto cos tremendo ai danni di una nobildonna, sarebbe stata creduta sulla parola! LAvogadore sapeva che era impossibile. Ma ha accettato la versione di Caterina.

Il suo NO era fermo. Perentorio. No, non aveva indagato se fosse vero. S, aveva creduto. Caterina, che poi avrebbe portato a casa propria Suordamor, per allontanarla da me, donna disonorata. E poi avrebbe raccontato tutto a Girolamo, in quella fatidica sera a casa sua, dando quindi avvio al dramma che di l a poco si sarebbe consumato. Qualche giorno dopo, infatti, la sera del 18 dicembre, un gentiluomo, di cui non si conosce lidentit, avvert i Rettori di Verona che il giorno successivo Girolamo Pompei sarebbe venuto in citt con 200 uomini per vendicarsi del Governatore Virginio Orsini, reo di avergli disonorato la moglie. La mattina di marted 22 dicembre un gruppo di bravi, di sgherri del Conte, entr in casa di Agostino, il fratello di Gregorio Griffo. Erano pi di 20, armati con archibugi e lance. Con loro cera anche il Conte, che avrebbe chiesto a Gregorio Griffo di seguirli, di andare con loro al castello, dandogli la sua parola donore che nulla gli sarebbe successo. Hanno preso Gregorio, lo hanno condotto alla corte. E l, io lo avrei pugnalato una, due, tre, fino a quindici volte per aver permesso che Orsini mi disonorasse! 1- Una ferita nella testa, da drio lorechia sinistra, di taglio di longhezza di quattro deda transversali,

con incisione della codega e osso, fatta con pistolese, overo altra simil arma 2- Unaltra ferita appresso la soprascritta, di taglio della qualit della soprascritta, con frattura dellosso tra luna e laltra ferita, per la quale frattura si vedono li cervelli. 3- Unaltra ferita sopra la cima dellorecchia sinistra, di taglio che partiva lorecchia per doi parte di dedo transervali 4- Una ferita in mezzo della schena, de taglio di longhezza di quattro dede transversali, con taglio della carne sino allo osso, fatta come di sopra 5- Quattro ferite di ponta sotto la spalla sinistra de dredo, picole come una lente, poco distante luna dallaltra, penetrante una per tre deda transversali e altra poco, fatte per quanto appare, con stillo o arma simile. 6- Due nel fianco sinistro simili, penetravano nellinteriore, una nelle coste, della parte sinistra, simile alle dette, penetrava poco. 7- Due altre nel ventre, simili, una penetrava dentro, laltra poco. 8- Una nel fianco destro, di taglio di longhezza di una ponta di dedo, con taglio della pelle tanto. 9- Una di sopra della tetta sinistra, rotonda come un canalotto, penetrante allinteriora, e verso la spalla, era tagliata la carne per tre deda transversali, fatto con pistolese di ponta o simil arma, perch si vede inzuppar in quella parte, con taglio di longhezza di cinque deda transversali Lo hanno massacrato, sfigurato, squarciato davanti ai miei occhi.

Lo hanno portato davanti a me e davanti a me lo hanno colpito ripetutamente e poi lo hanno accoltellato con i loro pugnali, una, due, tre, fino a 15 volte. Unesecuzione pubblica. I sicari di Girolamo, i suoi fedeli sgherri, antichi amici e compagni di Gregorio. Ammazzato perch aveva tradito. Tradito il proprio superiore, amico fin dalla giovinezza, e per una ragione bassa e vile: denaro. Ammazzato perch aveva osato opporsi alle non scritte leggi dellonore. Anche loro, i suoi compari hanno creduto sulla parola. O forse no, non hanno creduto. Non importa. Non importa COME avesse tradito. Limportante era che non avesse rispettato le leggi dellonore. Lonore su cui tutto il sistema si basa e senza il quale ogni sopruso perderebbe senso e diventerebbe semplice e banale atto illegale. Omicidio. Pura delinquenza. Lonore in nome del quale ogni efferatezza viene giustificata Orsini neg di aver mai fatto niente di ci di cui lo si accusava. Fugg da Verona la sera del 19 dicembre, perch temeva i Pompei. Non sapeva

cosa li spingeva ad accusarlo di un simile delitto, non riusciva a capire chi e perch avesse inventato una simile storia. Ma temeva per lonore della moglie. Si conoscevano bene i modi di agire dei Pompei, allora. Prima lazione e poi il dialogo. Forse. Non si discuteva, con Girolamo Pompei. Orsini era fuggito quindi la notte del 19 dicembre con la moglie e 22 servitori. Era partito alla volta di Mantova, dove risiedeva la sorella della moglie. Ma invi contemporaneamente una lettera ai Rettori di Verona, dicendo che non si sottraeva al giudizio della legge. Anzi, lavrebbe richiesto lui, perch voleva giustizia. Voleva scoprire chi aveva inventato una simile calunnia e infangato il suo nome. Il che avrebbe fatto a Verona, presso i Rettori, se non vi fosse stata la considerazione della gran parentela che hanno questi signori Pompei e li tumulti che perci ne fossero potuti nascere. Preferiva chiedere giustizia direttamente al Senato di Venezia, al quale i Pompei dovevano obbedienza e rispetto. Solo cos, pensava, avrebbe potuto ottenere il processo equo che a Verona nessuno gli garantiva. Da Mantova si diresse in barca a Venezia, per sottoporsi al giudizio del Senato della Repubblica. Voleva capire chi avesse detto simili bugie sul suo conto, disonorandolo e screditandolo agli occhi

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della pubblica opinione, oltre che agli occhi dei Pompei. Voleva che si indagasse. Voleva che gli fosse fatta giustizia. Ottenne udienza in Pregadi, il Senato Veneziano, il 29 dicembre e si sottopose alla possibilit di un processo. Supplico humilissimamente la Signoria Vostra ad esser convinta di haver quella maggior chiarezza che potr di tutto questo fatto, mi mandino dove li piace, ander per tutto, non mi partir di qua se prima no si chiarisse questa verit. Se io ho errato, non dico di sforzo, di violenza, ma di solo amor verso questa gentildonna che pur no sarebbe cosa indegna di cavallier, n che meritassi castigo, Vostra Signoria mi condanni severamente, mi levi la vita, mi tratti come indegno di nome di cavallier. Ma se anco trover in contrario e che io no habbi manchato del debito mio verso lei, mio Principe, ma che questa sia calunnia inventata da chi per altri suoi fini no mi vede volentieri e mi odia, devo aspettar dalla giustitia sua che quelle dimostrationi che io meriterie e ricercho che mi sian date per pena del mio errore, quando si trovi che lo habbi commesso, siano le medesime date agli autori di tanto scandalo e di cos grande infamia, con la quale si cerca di macchiare la mia persona. Supplico gli eccellentissimi signori consiglieri che non si manchi di inquisire sopra questo fatto di quel modo che meglio vi pare. Si trovi dunque il vero, castigando chi colpevole e reo.

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Si sentiva ingiustamente colpito, Orsini. E voleva che si chiarisse la sua posizione. Se fosse stato il mio amante, non avrebbe negato. Non avrebbe chiesto un processo. Non era cosa disdicevole, per un uomo, avere delle storie con donne che non fossero la propria moglie. Anzi, era un vanto. Se io fossi stata consenziente, non avrebbe negato. Tutti avrebbero capito. Non era disonorevole, per un cavaliere. Lo aveva dichiarato lui, davanti al Senato. Lo avevano ammesso anche i Rettori di Verona, nella lettera inviata al Serenissimo Principe. Perch negare? La sua parola contro la mia, se voleva salvare il suo onore. Io, io sola avrei subito le conseguenze di quellamore clandestino. Ma lui ha chiesto che si indagasse. Se fosse stato colpevole avrebbe chiesto con tanta insistenza che intervenisse il Senato di Venezia? Avrebbe rischiato cos tanto? Non voleva che si dicesse che Orsini era uomo da prendere le donne con la forza, addirittura usando lintermediazione di un uomo darmi, un servitore. Ma via, il Governatore Orsini che si fa aiutare da un mezzano, per abusare della moglie di un Pompei. Un Pompei di cui tanto si conoscevano le gesta e le ire, in citt. S, avevano usato alcune voci messe in giro da nemici politici di Orsini.

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Qualcuno sparlava in citt di strani giri di donne, nella casa del Governatore. Volevano probabilmente eliminarlo politicamente. E questa cosa tornava molto utile. Cos il piano era partito. Virginio Orsini accusato e messo in fuga, bisognava ora uccidere colui che aveva permesso il disonore: Gregorio Griffo, la mia guardia del corpo. Ucciso con 15 pugnalate la mattina del 22 dicembre, cos si dice pubblicamente, da me, Ginevra, la moglie del Conte Pompei. Mi hanno fatto firmare una confessione. Avevo ammazzato Gregorio, infuriata perch aveva permesso che Orsini mi rubasse lonore. Lho confessato anche allAvogadore Querini. Ma era falso. Io non avevo subito violenza. Non ero stata disonorata da Orsini. Quella notte, a Verona, Agnolina avrebbe potuto scoprire due amanti. Ma quegli amanti eravamo io e Gregorio. Ho dovuto sostenere di fronte a tutti che mi aveva infamata. Gregorio che avrebbe dato la vita per me. Come io avrei dato la mia per lui. E ho dovuto dire che lo avevo ammazzato perch era un traditore.

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Disonorato da me, che tanto lho amato e onorato in vita. Ma non avevo scelta. Fosse stato per il mio onore, avrei salvato il suo. Ma non era il mio onore che contava. Come non contava la mia vita: ormai ero morta, lo sapevo. Ma avevano mia figlia, Faustina. Mi hanno promesso che si sarebbe salvata solo se io mi fossi sacrificata. La mia vita non valeva nulla.. La tua non cera pi. Ma lei lei avrebbe continuato a vivere. Amor, chal cor gentil ratto sapprende, prese costui della bella persona che mi fu tolta; e l modo ancor moffende. Amor, cha nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer s forte, che come vedi ancor non mabbandona. Amor condusse noi ad una morte.2 Che io, la contessa Ginevra Serego degli Alighieri, potessi essermi innamorata di un sottoposto, era unonta troppo pesante per Girolamo. Linfedelt di una donna gi unonta da pagare col sangue.
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Dante Inferno canto V

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Una madre certa, un padre mai. A meno che non si tenga prigioniera la madre. Linfedelt di una donna toglie qualsiasi garanzia alla legittimit degli eredi. Il tradimento con un pari scandaloso, punito dalla morale. Ma il tradimento con un sottoposto, compare e amico da ventanni, un uomo a cui Girolamo aveva tenuto a battesimo la figlia, un soldato a cui aveva dato il compito di proteggere, difendere e controllare lonorabilit e la fedelt della moglie era un disonore troppo grande per Girolamo. Da pagare col sangue. Girolamo doveva ucciderci. Ne andava dellordine costituito. Cera un codice donore che andava rispettato. E non con i processi. Le armi si sarebbero spuntate, se si fosse scoperto che non permettevano a Girolamo di proteggersi e vendicarsi del disonore causato dal tradimento della giovane moglie e del suo sottoposto. Doveva ucciderci, ma sarebbe stato sottoposto ad un processo ancora pi disonorevole. Virginio Orsini era spesso a Illasi. Era un seduttore credibile, con tutte quelle voci che giravano a Verona.. Era il giusto sostituto al vero amante. E comunque, cos sistemate le cose, Gregorio avrebbe meritato la morte. La grandezza, la genialit di Caterina stata quella di progettare un piano in cui la colpa dellomicidio del mio amante sarebbe ricaduta su di me. Io lo avrei ucciso

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Disonorati entrambi e coinvolti nello scandalo, saremmo stati gli unici a pagare. IL PROCESSO Nessuno qui a Illasi ha avuto il coraggio di sostenere apertamente la versione di Girolamo, sullomicidio di Gregorio. Durante il processo si sprecavano i Si dice pubblicamente , in risposta alle domande dellAvogadore su chi avesse realmente assassinato Gregorio. Nessuno poteva dirlo con certezza, perch nessuno, NESSUNO, aveva visto. Nessuno ricordava i nomi di chi era andato a prendere Gregorio, quella mattina. Nessuno ricordava bene quanti e quali fossero gli uomini presenti alla corte, quando Gregorio arrivato. Nessuno aveva visto, perch tutto si era svolto dentro ad una stanza del palazzo, cos dicevano, mentre loro erano rimasti fuori, nella corte. La vedova di Gregorio aveva dato al cancelliere una lista, SCRITTA, con tutti i nomi di coloro che erano presenti, il giorno in cui lo avevano prelevato. Ma, interrogati, nessuno di loro poteva giurare che gli altri ci fossero. Nessuno ricordava nulla. Horatio, lamico che aveva avvisato Gregorio che il conte voleva ucciderci, ha addirittura testimoniato che non poteva sapere quel che fosse successo

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realmente, perch, una volta arrivato alla corte del castello, era andato a fare colazione. Colazione! In una situazione simile, con un uomo, un amico, portato di forza a palazzo, sottoposto ad un confronto con me, lui semplicemente sarebbe andato a mangiare, senza stare a vedere quel che sarebbe successo. E gli altri? Non ricordavano. Non sapevano. Non erano sicuri e non potevano giurare di aver davvero visto qualcuno di preciso. Non osavano dire apertamente il falso, certo per timore di essere smentiti per errore da qualcuno. Meglio non ricordare, solo ammettere la versione ufficiale dicendo che Pubblicamente si dice, Ho inteso dire. Tutti sapevano. Tutti avevano visto. Ma limportante era non dire la verit. Temevano i Rettori di Verona. Temevano lAvogadore. Non potevano giurare il falso. Ma non avrebbero mai smentito la loro versione ufficiale. Pi di venti uomini erano presenti in quella corte, tutti uomini darmi, bravi, soldati. Pi di venti uomini.

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E lunica donna presente avrebbe pugnalato a morte Gregorio. Non avrebbero mai ammesso chi lo aveva realmente ucciso. Perch Gregorio aveva comunque tradito le leggi non scritte dellonore. Neanche Chiara Griffo, la vedova di Gregorio, che sicuramente e a ragione, se ha saputo da Gregorio la verit, mi odiava con tutte le sue forze, nemmeno lei ha saputo cambiare la versione ufficiale. Aveva troppa paura. E non siamo sicuri in casa perch ogni notte vengono mascarati e stano su in castello, con molta gente, e tutti armati. Vengono mascarati con i ferraruoli al mostazzo, che no sono stati conosciuti. Se il cancelliere che la sta interrogando vuole capire, capir. Come posso dirvi quello che so? Mi uccideranno. Cercate voi la verit Non cambier la storia imposta dai Pompei, nella sua testimonianza. Quegli uomini armati e mascherati che girano intorno alla sua casa ogni notte sono un monito. Preciso. Ma almeno d la sua versione, che condanna e disonora me e salva lonore del marito. Quella notte, a Verona, cos testimoniava Chiara Griffo, il Governatore Orsini era realmente venuto. Ma non perch Gregorio aveva fatto da mediatore.

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Solo perch io ero una poco di buono e tenevo spudoratamente un amante. Anzi, Gregorio avrebbe cercato di dissuadermi da quella cosa, quando era venuto a scoprirlo: : Signora, non fe questa cosa perch casa Pompea non ha mai havuto tarra nel honor. Ma io Compare, gli avrei detto, lo voglio contentar perch lho contentato anchora, che non posso far di manco. E avrei aggiunto: Se tu sentirai qualche cosa, sta quieto, non ti movere Gregorio quindi era innocente. Solo io. Soltanto io ero la colpevole. Donna infedele. Traditrice. Ma Chiara Griffo aveva ragione. Doveva salvare almeno lonore del marito, per salvare se stessa. Laveva tradita, forse. Ma almeno il ricordo doveva restare pulito. Non poteva essere morto e in pi subire e serbare per sempre lonta del traditore. Ma giravano sempre uomini armati. Di notte. Ad ammonirle di non cambiare la versione. Di non osare contraddire il conte. La versione di Chiara era accettabile. Non contraddiceva apertamente quella del conte. Ma salvava lonore di Gregorio. E si vendicava, gettando ulteriore fango su di me. Potere. Denaro. Prestigio. Ma prima di tutto onore.

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Lonore. Il dio che sottomette ogni azione. Lonore. Il dio che si nutre di carne umana. Lonore Il boia che falcia il vero, in nome del potere. Lonore Nutrito col sangue, col dolore, con la sopraffazione. Onore. Ordine. Disciplina. Dolore nientaltro che potere incagliato in quella disciplina. Cos il mondo procede e vive. Attraverso il dolore. LAMORE Nella politica degli equilibri di potere, quale spazio pu avere lamore? Una figlia di nobili non autorizzata a prendere iniziative. Non autorizzata a provare amore. Una figlia sempre e solo una carta da giocare. Il matrimonio fra me e Girolamo non era che una mano sbagliata di carte. Le differenze fra noi due erano incolmabili. Come per tutti, anche la nostra era stata ununione di interessi.

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Ma eravamo cos diversi. Io venivo da una famiglia in cui le arti e le lettere erano tenute in alto conto. Ero unerede, una discendente di Dante Alighieri. Girolamo veniva da una famiglia di grandi condottieri, di uomini dazione. Di uomini coraggiosi. Girolamo era un uomo audace. E per un po, per me, giovinetta, questa audacia, questa forza, erano intriganti. E forse lui anche era colpito da me. Ma dopo poco era divenuto chiaro che eravamo incompatibili. Girolamo amava lazione, le passioni forti, la guerra. Suo nonno, Girolamo detto il Malanchino, nel 1509 aveva avuto il titolo di conte per i suoi grandi meriti di guerra a favore della Repubblica di Venezia. Per la sua fedelt alla Repubblica in un momento in cui gli altri nobili veronesi le avevano voltato le spalle, quel Girolamo, con tutti i suoi discendenti, aveva avuto il castello di Illasi, con la sua castellana, vicara, dazio e giurisdizione, separata dalla giurisdizione di Verona. E aveva anche il potere criminale, sul proprio territorio. Capite? I Pompei avevano il potere di fare le leggi. E avevano anche il potere di farle rispettare. Erano legislatori e giudici. Avevano il potere di decidere ci che era giusto e ci che era ingiusto.

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Avevano la possibilit di inventarsi le leggi su misura per i propri interessi personali. Perch erano loro che avevano il potere di farle rispettare, quelle leggi. Erano il dio che sta al di sopra della legge e che non pu essere valutato, giudicato e condannato secondo quella legge. A Illasi erano quasi dio. Quasi. Perch Venezia non aveva accordato loro il potere del sangue Il potere di emettere ed eseguire le condanne a morte. Quasi dio, perch potevano decidere della vita, ma non della morte dei sudditi. Questo potere era riservato ai Rettori di Verona. Non avevano il diritto di uccidere chi si macchiava di una colpa. Ecco perch sapete di me. Ecco perch c stato il processo. Ecco perch hanno inventato quellassurda storia della notte damore con il governatore di Verona, Virginio Orsini. E della mediazione pagata di Gregorio. Gregorio. Se i Pompei avessero avuto il diritto di eseguire condanne a morte, saremmo spariti. Ma non potevano rischiare. Volevano essere certi che saremmo morti. E disonorati. Questa sarebbe stata la giusta vendetta. Lonore. Ancora e sempre lonore.

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Nessuna figlia di nobili si sposa per amore. Magari poi, per chi era fortunato, lamore poi veniva. Ma non era il presupposto. Cos mai lamore? Lamore non d, toglie potere. assoluto abbandono di ogni difesa. Rende deboli, perch rinuncia alla sopraffazione. Lamore pericoloso. assoluta incapacit di difendersi. Avrei dovuto saperlo. Girolamo non mi piaceva e non potevo amarlo. Come lui non amava me. Io avrei dovuto essere solo la madre dei suoi figli legittimi colei che avrebbe permesso al suo potere di eternarsi nei discendenti. Quante nobildonne accettavano tutto ci? Era poi normale, comune avere degli amanti. La donna che sapeva usare gli amori e le passioni aveva in mano un enorme strumento di potere. Io non ne sono stata capace Ero inadatta Ho avuto la presunzione di innamorami. Amor, che movi tua vert da cielo come l sol lo splendore, che l sapprende pi lo suo valore dove pi nobilt suo raggio trova; e come el fuga oscuritate e gelo, cos, alto segnore, tu cacci la viltate altrui dal core, n ira contra te fa lunga prova:

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da te conven che ciascun ben si mova per lo qual si travaglia il mondo tutto; sanza te distrutto quanto avemo in potenza di ben fare, come pintura in tenebrosa parte, che non si pu mostrare n dar diletto di color n darte. 3 Un giorno di inizio primavera. Il castello sorge slanciato fuori dalla nebbia che gli fluttua sotto i piedi. Nel profondo azzurro del cielo, un tiepido giorno di primavera. Poi la nebbia si alza e tutta la pianura appare davanti a noi nel suo splendore. Siamo partiti nellora in cui il sole comincia a scaldare. Abbiamo percorso i prati ondulati, lungo le rive pittoresche di un laghetto. E poi i fianchi del colle fra maestose conifere e boschi di roveri, saziandoci di panorami pieni dincanto. Un giorno di primavera. Guarda la farfalla! Corri, corri altrimenti scappa! Prendila, prendila! Mi ha sorriso. Ha guardato dentro i miei occhi e mi ha vista. Ci siamo guardati e ci siamo visti. Lui vedeva me, dentro ai miei occhi. Vedeva me.
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Dante Rime XXXVII

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Ho ringraziato ogni giorno il suo corpo per avermi saputo accogliere e le sue braccia per avermi raggiunto e le sue mani per avermi sostenuto Ho dovuto bruciare ma anche se per poco ho potuto giungere fino a lui4 Tutto precipitato quando quel 21 novembre 1592 siamo partiti per Verona. Avevo alcuni affari da sbrigare. Girolamo mi aveva chiesto di andarci. Partii con Agnolina, la mia cameriera, e Gregorio. Come ho detto allAvogadore, durante il processo, Gregorio, luomo darmi che stava sempre con me, veniva continuamente con me parendo a Girolamo che come lhavevo con mi io restassi sicura. Ma forse sembrava stare troppo con me. Forse, la richiesta di Girolamo di vendere la casa di Verona e di mandare noi soli quel 21 novembre, Gregorio, Agnolina ed io, forse era gi parte del piano. Forse ci tenevano docchio. Caterina, la tessitrice di trame aveva intuito qualcosa. O forse Suordamor aveva raccontato che ci vedeva troppo affiatati, me e Gregorio, per essere una contessa e la sua guardia del corpo.

Liberamente tratto da Pa llegar a tu lado di Lhasa

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Ecco perch Caterina, come ha detto durante linterrogatorio, non ha indagato ulteriormente con Agnolina. Ma forse questa era lunica verit, nella sua testimonianza al processo. Non cera una versione di Agnolina. Lei sapeva. Non aveva bisogno di indagini. S, ci hanno mandato l per costruire il loro piano. Era la prima parte del progetto. Avevano bisogno che fossimo soli, altrimenti come avrebbero potuto inventare che Orsini era entrato, non visto, in casa e in camera mia? Hanno tolto tutti i testimoni. SONO STATA UNILLUSA! Questo mondo non fatto per lamore. Non fatto per la verit. Avrei dovuto saperlo. Lo sapevo. Sono stata debole. Una figlia indegna della mia nobile casata. Potevo negare! Potevo fingere e nulla sarebbe successo. Potevo giocare con le passioni e farne strumento di potere. Ma sono stata presuntuosa: ho voluto innamorarmi. Ed essere onesta con lui. Quando Girolamo mi ha messo alle strette, ho confessato. A Girolamo lamore e la tenerezza non interessavano. Non le voleva. Le aborriva.

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Pensavo che a parlare sinceramente, forse saremmo riusciti a spiegarci. Lui mi tollerava perch ero sua moglie. Ma non gli interessavo. Che cosa gli stavo togliendo? Anche questa una delle poche verit che lAvogadore ha sentito: gli ho messo il pugnale in mano. Gli ho chiesto di uccidermi, di fare di me quel che voleva, ma io non lavevo tradito. Io mi ero innamorata. S. Non ero adatta. Semplicemente. Lo so. Mi giudicate. Non sono stata fedele. Non ho saputo essere una donna donore. Ma cos lonore? Cos la fedelt? Non avevo neanche ventanni. Lamore chiamava. Potevo non essergli fedele? Avrei potuto non essere fedele allamore, per restare fedele a mio marito. Ma c peggior infedelt che lessere infedeli a se stessi? Il giorno 8 gennaio del nuovo anno, arriv da Venezia lAvogadore Marco Querini. Era un uomo importante. Autorevole. Se Venezia lo aveva mandato, era perch si trattava di una vicenda scottante.

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I Rettori di Verona non avevano il coraggio di scoperchiare la pentola. Si trattava dellonore di nobilissime case. LAvogadore mi fece cercare per cinque giorni. Girolamo era sparito, non si faceva trovare. E aveva portato con s me e Agnolina. Non voleva che fossimo interrogate. Non voleva che le due principali testimoni, la donna che aveva subito il disonore e la cameriera che aveva svelato il fatto, fossero interrogate. Temeva che lAvogadore potesse scoprire la verit. Ma soprattutto Girolamo temeva che io gli sfuggissi, temeva, come scrisse allAvogadore, che questa gentildonna, condotta alla sua presentia, potesse con lagrime esponergli il pericolo della sua vita mentre la lasciasse tornare con il marito e insieme pregargli a metterla in luoco sicuro. Aveva paura che chiedessi quel salvacondotto. Aveva paura che potessi sfuggirgli e che non potesse quindi pi fare quel che si conviene allonor suo. Ma inanzi la sua partita, cos fece sapere lavvocato allAvogadore, il conte Girolamo haveva condotto alquanti gentilhuomeni a Illasi, in presentia de quali fecce confessar a sua moglie il fatto tra lei e il signor Governatore e formatane una scrittura la fecce sottoscrivere da tutti quelli che furono presenti. S, mi hanno fatto confessare pubblicamente, di fronte a tutto il paese. Dovevo pagare fino allultimo il mio disonore.

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Dovevo prendere su di me ogni responsabilit, ogni vergogna. Dovevo scendere fino al livello pi basso della mia infamia. Ma non mi importava di nulla. Ormai era tutto perduto. E niente avrebbe potuto risollevarmi. Avrei accettato qualunque condizione. Purch mi lasciassero in pace. Purch mi lasciassero andare. Sapeva che, se avessi detto il vero, avrei avuto un salvacondotto e avrei potuto andarmene da Illasi, da Verona. Partire e aver salva la vita. Temeva che lo chiedessi. Anche lAvogadore lo temeva. Non sapeva come avrebbe dovuto comportarsi, nel caso lavessi richiesto. Perch le leggi di Venezia erano chiare e lui avrebbe dovuto concedermelo. Concedermi di andarmene, dopo aver detto la verit, per aver salva la vita. Ma perch avrei dovuto dire il vero? Avevano Faustina. Sostenere la versione ufficiale era lunica possibilit che mi rimaneva per salvarle la vita. Non stato per me, che ho mentito. Che ne facevo ormai della mia vita? Non sarei certo stata capita, se avessi confessato che non ero stata disonorata da Orsini, ma che avevo amato Gregorio.

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Forse che lAvogadore avrebbe imprigionato Girolamo per aver massacrato la guardia del corpo che lo aveva disonorato, diventando lamante di sua moglie? Forse che avrei potuto impietosirlo dicendo che avevo veramente amato? Dicendo che ero diventata moglie di Girolamo per un semplice atto di compravendita, come avveniva per tutte le donne del mio rango, e che non mi si richiedeva di amarlo, ma solo di dargli degli eredi legittimi? Che avevo finalmente conosciuto la tenerezza, la dolcezza, il vero amore, con Gregorio Griffo? Era uomo del suo tempo, lAvogadore. E anche se per lui, veneziano, il codice donore dei nobili dellentroterra era ridicolo ed eccessivo, ero comunque una donna infedele. Ho tradito. Abbiamo tradito. Siamo stati colpevoli perch abbiamo creduto di poterci ricavare una fetta di felicit. Di tenerezza. Di unione profonda. Siamo stati colpevoli per aver amato in un mondo in cui lamore una bestemmia. Ma cosa credeva lAvogadore Marco Querini? Di raggiungere la verit? Voleva capire. Era troppo curioso. Troppo insistente. Credeva forse di potermi salvare?

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No. Voleva mettere in chiaro che lui non era un burattino da poter manovrare come volevano i Pompei. Ecco perch non aveva accettato come prova la confessione farsa che avevo fatto davanti a tanti testimoni. Non si accontentava delle carte. Delle auto denunce. Voleva vedermi. Capire. Indagare. Voleva interrogarci noi le due principali testimoni. Guardarci negli occhi. Giudicare personalmente. E per cinque giorni ha insistito: voleva parlare con me e con Agnolina. E cos, finalmente, quel 14 gennaio ci ha avute, me e Agnolina. Non sono riusciti a sottrarci allinterrogatorio. Era Marco Querini, lui. I Pompei non dovevano tirare troppo la corda. E cos ha fatto capire a Girolamo che lui, lAvogadore Marco Querini, era pi forte. S. Querini voleva solo salvare il proprio ruolo, in quanto uomo della Repubblica di Venezia. Non voleva davvero la verit. O comunque non era la cosa che gli importava di pi. Ma non voleva che i Pompei imponessero a lui, a Marco Querini, Avogadore, magistrato fra i pi

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importanti della Repubblica Veneta, il comportamento da tenere durante le indagini. Voleva solo mettere in chiaro che la Repubblica era pi forte dei suoi singoli vassalli e che se avesse voluto li avrebbe distrutti. Se non lo faceva, era solo perch gli erano utili. Venezia teneva ai Pompei. Li salvava solo per il proprio interesse. Ma doveva essere chiaro che la Serenissima Repubblica era comunque il capo. E Virginio Orsini? Era fuggito di corsa quella notte, avvisato che Girolamo lo avrebbe ucciso. Ma poi? Virginio Orsini sarebbe stato un uomo morto, se solo avesse osato sfidare un Pompei. Violargli addirittura la moglie! E invece scomparso nel nulla. Lui, il principale responsabile del disonore mio e quindi di Girolamo, lasciato libero di andarsene. Anzi, Girolamo stesso ha chiesto che non si procedesse criminalmente contro Orsini. Il suo avvocato lha chiesto ben due volte, per iscritto. Perch? Perch, se non per evitare che si procedesse ad un vero interrogatorio del Governatore? Per evitare che si scoprisse che la verit su quella notte? No, non volevano che il processo proseguisse.

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Solo tre anni dopo, il Senato scriveva ai Rettori di Verona, imponendo di accogliere con la stima e affezione che la Repubblica Veneta porta alle loro particolari persone, i signori don Antonio Medici e Virginio Orsini e di presentare loro refrescamenti per il valore di ducati 50 tra tutti e due. Virginio Orsini. Di nuovo a Verona e accolto con tutti gli onori. E nessuna paura di Girolamo. Tutto dimenticato. Tutto insabbiato. Basta smettere di parlare di una cosa, perch quella cosa non esista pi. Io non sono pi esistita. Non sono mai esistita. Dove sono? Sono morta? Sono fuggita? Non importante. Come non ci fossi mai stata. Scomparsa. Sempre tre anni dopo. Girolamo si sposa. Sposa finalmente la donna giusta: Lucrezia Gualdo, una nobildonna vicentina che gli dar ben cinque figli maschi. Con lei probabilmente ha trovato la calma. E forse anche un po di pace. Lucrezia sapeva vivere in quel sistema. Non aveva delle strane fantasie sullamore. Accettava quel che avveniva, quel che la societ imponeva, senza domande.

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Ci sono delle leggi e vanno rispettate. E lei sapeva rispettarle e cogliere il buono da quellobbedienza. Non ritengo Girolamo colpevole. Ma neanchio ero colpevole. Erano solo tempi bui. Eravamo entrambi parte di un ingranaggio pi forte di ciascuno di noi. La piovra che avvolge e stritola. La ruota che macina e abbatte chiunque tenti di opporsi al suo costante andare. Il grande Leviatano che impone il suo ordine e la sua giustizia. Lordine e la giustizia attraverso i quali soltanto il potere e la ricchezza possono essere trasmessi. Lidea che tutto sottomette. Che si nutre dellinfelicit dei molti, per il potere e la ricchezza dei pochi. Che sciocchi! Io e Gregorio abbiamo creduto di poterci opporre al suo potere allordine del tremendo e potente Leviatano. Stavamo sovvertendo tutte le leggi, con il nostro amore. Le leggi della casta dellonore della morale Illusi!

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Senza queste leggi tutto crollerebbe. E il caos il disordine regnerebbero sovrani. No, il grande Leviatano, che regge la spada e il bastone pastorale non lo permette. Capirete? Capite? Avete capito? Come avrei potuto uccidere luomo che amavo? Che amo? Come quelle pugnalate? Lo so. Mi guardate con una repulsione che non finir pi Un oggetto infame peggiore dellassassina. Una donna infedele. Non sono stata buona. Ma che cos una buona persona? Siete buone persone voi? E io? Sono una povera piccola persona che ha provato a salvarsi e che vi chiede di aiutarla a sfuggire definitivamente alla cosa morta che era diventata.

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La cosa morta che ho rischiato di essere e di cui sono una miracolata. No! Diffidate. Salvatevi. Non sono buona per voi. Ma non so pi nulla. Il mondo fatto per chi sa giocare con le sue regole. Io non ne ero capace. Ero inadatta. Io volevo solo Sognare il sogno impossibile combattere la battaglia gi persa sopportare con dolore insopportabile correre laddove i prodi non osano andare. Correggere lerrore incorreggibile, amare da lontano in modo profondo e puro amare fino a squarciarsi amare anche troppo anche male cercare, con le braccia troppo pesanti per riuscirci, di raggiungere la stella irraggiungibile. questo che cercavo: cercavo di seguire quella stella non importa se era una meta senza speranza non importa quanto fosse lontana. Lottare per ci che pensavo giusto senza domande senza pause accettare di andare fino allinferno per una causa divina

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per trovare il tesoro di un istante damore. Sapevo che, se fossi stata onesta in questa mia eterna ricerca, avrei trovato pace e calma. E sapevo che il mondo sarebbe stato migliore per il solo fatto che una donna disprezzata e sfregiata lottava con il suo ultimo grammo di coraggio per raggiungere la stella irraggiungibile5 Forza, andate ora. Vi prego Andate. Non c pi bisogno che stiate l. Non sono pi sicura di volervi qui, ora. A partire da questo momento tutto pu svanire. Ho potuto raccontare dire ma ora i vostri occhi non resteranno pi su di me. Non importa come sono morta. Siamo tutti destinati a morire. Importa comero da viva. Ora parto. Vado. Grazie di essere venuti.
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Liberamente tratto da The impossibile dream di Joe Darion

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Ora ho raggiunto la pace. Ora posso finalmente andare.

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