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Sei ciceroniano, non cristiano!

Girolamo
Posted by stepantrofimovic

Nel momento in cui diversi anni fa mi ero privato della patria, dei genitori, della sorella, dei parenti e, cosa pi ardua, dellabitudine a un vitto abbondante in nome del regno dei cieli e mi dirigevo a Gerusalemme per servire, non fui in grado di staccarmi dalla biblioteca che mi ero allestito a Roma con tanta passione e fatica. Perci, miserabile, digiunavo per leggere Cicerone. Dopo le continue veglie notturne, dopo le lacrime che il ricordo dei peccati compiuti mi cavava dal profondo del petto, ecco che prendevo in mano Plauto. Se talvolta, tornato in me, iniziavo a leggere qualche profeta, lo stile rozzo mi faceva rizzare i capelli e, poich coi miei occhi ciechi non vedevo la luce, incolpavo non gli occhi ma il sole. Mentre lantico serpente cos mi scherniva, circa a met della Quaresima una febbre, penetrata nel midollo, mi invase tutto il corpo riarso e divor senza posa cosa incredibile anche a dirsi le mie membra infelici a tal punto che a malapena restavo attaccato alle mie stesse ossa. Intanto si preparavano i funerali e il calore vitale dellanima nel corpo ormai completamente freddo palpitava soltanto nel petto emaciato e tiepido, quando allimprovviso rapito in spirito vengo trascinato davanti al tribunale del Giudice, l dove vera tanta luce e tanto splendore dovuto alla luminosit degli astanti che io, bocconi a terra, non osavo guardare in alto. Interrogato sulla mia condizione, risposi di essere cristiano. E colui che presiedeva: Menti! disse, sei ciceroniano, non cristiano! Dove sta il tuo tesoro, l anche il tuo cuore. Subito ammutolii e tra i colpi infatti aveva ordinato di battermi ero tormentato pi dal fuoco della coscienza, ripetendo tra me quel versetto: Ma nellInferno, chi proclamer il Tuo nome? Iniziai tuttavia a gridare e tra i lamenti dicevo: Piet di me, Signore, piet di me! E questa voce risuonava tra le percosse. Infine gli astanti, gettatisi alle ginocchia del giudice, iniziarono a pregarlo di concedere misericordia alla giovinezza, di offrire al mio peccato lo spazio della penitenza per riscuotere in seguito il tormento, se avessi letto altre volte i libri della letteratura pagana. Io, che pur legato a una tale clausola avrei voluto promettere ancora di pi, iniziai a pronunciare giuramenti e chiamando a testimone il suo nome a ripetere: Signore, se mai possieder codici profani, se li legger, ti ho rinnegato. Sulle parole di questo giuramento sacro me ne torno libero sotto il cielo e tra la meraviglia di tutti apro gli occhi ricolmi di una tal pioggia di lacrime che avrebbero convinto anche gli increduli col loro dolore. N invero quello fu un torpore o un sogno ingannevole, come quelli da cui spesso siamo ingannati. Testimone il tribunale davanti al quale giacqui, testimone il giudizio che temetti che mai mi avvenga di subire di nuovo un tale interrogatorio! che io avevo le spalle piene di lividi, che sentivo i colpi dopo il risveglio e che da allora lessi la parola divina con tanta passione quanta mai aveva accompagnato la lettura di quella mortale. [Epistulae, XXII. Ad Eustochium, 30 ]

Cum ante annos plurimos domo, parentibus, sorore, cognatis et, quod his difficilius est, consuetudine lautioris cibi propter caelorum me regna castrassem et Hierosolymam militaturus pergerem, bibliotheca, quam mihi Romae summo studio ac labore confeceram, carere non poteram. Itaque miser ego lecturus Tullium ieiunabam. Post noctium crebras uigilias, post lacrimas, quas mihi praeteritorum recordatio peccatorum ex imis uisceribus eruebat, Plautus sumebatur in manibus. Si quando in memet reuersus prophetam legere coepissem, sermo horrebat incultus et, quia lumen caecis oculis non uidebam, non oculorum putabam culpam esse, sed solis. Dum ita me antiquus serpens inluderet, in media ferme quadragesima medullis infusa febris corpus inuasit exhaustum et sine ulla requie quod dictu quoque incredibile sit sic infelicia membra depasta est, ut ossibus uix haererem. Interim parabantur exsequiae, et uitalis animae calor toto frigente iam corpore in solo tantum tepente pectusculo palpitabat, cum subito raptus in spiritu ad tribunal iudicis pertrahor, ubi tantum luminis et tantum erat ex circumstantium claritate fulgoris, ut proiectus in terram sursum aspicere non auderem. Interrogatus condicionem Christianum me esse respondi. Et ille qui residebat: Mentiris, ait, Ciceronianus es, non christianus; ubi thesaurus tuus, ibi et cor tuum. Ilico obmutui et inter uerbera nam caedi me iusserat conscientiae magis igne torquebar illum me cum uersiculum reputans: in inferno autem quis confitebitur tibi? Clamare tamen coepi et eiulans dicere: Miserere mei, Domine, miserere mei. Haec uox inter flagella resonabat.

Tandem ad praesidentis genua prouoluti, qui adstiterant precabantur ut ueniam tribueret adulescentiae, ut errori locum paenitentiae commodaret exacturus deinde cruciatum, si gentilium litterarum libros aliquando legissem. Ego, qui tanto constrictus articulo uellem etiam maiora promittere, deiurare coepi et nomen eius obtestans dicere: Domine, si umquam habuero codices saeculares, si legero, te negaui. In haec sacramenti uerba dimissus reuertor ad superos et mirantibus cunctis oculos aperio tanto lacrimarum imbre perfusos, ut etiam incredulis fidem facerent ex dolore. Nec uero sopor ille fuerat aut uana somnia, quibus saepe deludimur. Teste est tribunal, ante quod iacui, iudicium teste est quod timui ita mihi numquam contingat talem incidere quaestionem! , liuentes habuisse me scapulas, plagas sensisse post somnum et tanto dehinc studio diuina legisse, quanto mortalia ante non legeram.

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