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PONTIFICIA UNIVERSITA GREGORIANA FACOLTA DI TEOLOGIA

A.A. 201O-2011

IL CONCETTO DI RIVELAZIONE IN RIVELAZIONE E TRADIZIONE (Karl Rahner e Joseph Ratzinger)

STUDENTE: FRANCISCO IIGUEZ PADILLA MATRICOLA: 160063

SEMINARIO TEMATICO TST102 FEDE,RAGIONE E TEOLOGIA IN ALCUNI SCRITTI DI JOSEPH RATZINGER

DOCENTE: PROFESORE DON WALTER INSERO

INTRODUZIONE Il concetto di rivelazione stato ed oggetto di molteplici critiche e motivo di giustificato imbarazzo. Attualmente, almeno in certi ambienti di studio, questo concetto diventato un tema marginale ed visto con diffidenza e rifiuto soprattutto quando si pensa alle rivelazioni personali o rivelazioni particolari se cos possiamo chiamarle. Nellet moderna e sotto linflusso dellilluminismo il concetto di rivelazione acquist un ruolo chiave quale garanzia dellorigine divina del cristianesimo e della essenza soprannaturale della fede cristiana, che venne a far parte delle religioni definite come religione-di-rivelazione1. La scienza delle religioni parla di religione-di-rivelazione quando il centro vitale di una religione determinato in maniera essenziale dallazione esplicita di una divinit, azione volta alla salvezza delluomo e del mondo2. In questo senso possiamo dire che il cristianesimo in questo mondo, ma non di questo mondo, sua origine, base e fondamento la parola di Dio, che si manifestata, molte volte e in diversi modi, ma ultimamente, in questi giorni, per mezzo del figlio3, che egli stesso la Parola. Per lattuale autointerpretazione e caratterizzazione del cristianesimo, il concetto di rivelazione ha acquistato una importanza e un significato cos profondo che ad esso stata assegnata una posizione centrale nei testi dottrinali e nelle confessioni di fede dei due Concili vaticani; ma soprattutto nella Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione(Dei Verbum) del Vaticano II, di cui per non parler in questo piccolo lavoretto.

La questione del modo preciso con cui la parola della rivelazione proclamata in Cristo rimane presente nella storia e raggiunge gli uomini uno dei problemi fondamentali sui quali la cristianit occidentale si divise nel secolo della riforma4. I riformatori sostennero la tesi con la quale denunciavano che la Chiesa aveva incatenato la Parola di Dio e laveva privata della sua efficacia: la sola Scrittura basta; per i riformatori nella Scrittura si pu trovare qualsiasi cosa luomo cerchi e qualsiasi domanda luomo si faccia, nella Scrittura trova risposta. I cattolici da parte loro

cercarono di esprimere nel concetto di rivelazione un termine medio comprendente Scrittura e Tradizione: la rivelazione di nostro Signore non fu tutta messa per scritto, ma una parte rimase nei

Cfr. WALTER, K al., Il concetto di Rivelazione, in ID., Corso di teologia fondamentale 2. Trattato sulla Rivelazione, Brescia 1990, 11. 2 Ibid. 13-14. 3 Cfr. Eb 1, 1-2. 4 5 Cfr. RAHNER, K RATZINGER, J., Rivelazione e tradizione, Brescia 2006 , 27.

cuori degli uomini e nella tradizione della chiesa5, dichiarava il cardinale Cervini in una lettera al cardinale Farnese. Nel discorso tenuto il giorno dellapertura del Concilio di Trento, il 18 febbraio 1546 il cardinale legato Cervini sostenne che ci sono tre principi e fondamenti della nostra fede:
La rivelazione, cos detto, si compiuta in diversi tempi e in diversi modi. 1-. Nei Patriarchi, la cui fede troviamo espressa negli scritti che noi chiamiamo Antico Testamento. (I libri Sacri che furono scritti sotto ispirazione dello Spirito Santo). 2-. In Cristo, che ha piantato il suo vangelo non con gli scritti, ma oralmente, non in charta, ma in corde. Da ci che eman da Cristo furono scritte alcune cose, altre rimasero nel cuore degli uomini. Tutto ci che in questo duplice modo costituisce il vangelo di Cristo, nel suo complesso il secondo principio della nostra fede. (Il vangelo). 3-. Poich il Figlio delluomo non doveva rimanere per sempre tra di noi, egli mand il suo Spirito Santo nel mondo, il quale doveva spiegare i misteri di Dio e tutto ci che per luomo era rimasto dubbio6.

Dio nella Scrittura si rivela alluomo ma non solo. Infatti il Verbo si fa uomo per rivelarci Dio, e nella Parola fatta carne scopriamo il massimo dono damore, la massima rivelazione, Dio rivela se stesso. In questa prospettiva il cristianesimo acquista la sua particolare fisionomia, nel cristianesimo il mezzo di rivelazione non gi un insegnamento o uno scritto, ma un uomo concreto, Ges di Nazaret, e il contenuto pi importante comunicato la creazione di una nuova comunione di vita con Dio.

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Ibid. 56. Ibid. 55.

CAPITOLO I

ANNOTAZIONI SUL CONCETTO DI RIVELAZIONE

La Chiesa fin dalla sua nascita ha dovuto combattere e persino condannare diverse eresie; questa lotta non cambiata pi di tanto, soltanto si sono modificati i metodi di combattimento. Circa un secolo fa, la Chiesa era minacciata dalleresia del modernismo: una delle tesi fondamentali del modernismo e uno dei sui errori di base era il concetto di rivelazione. Per il modernismo, afferma Karl Rahner, la rivelazione era unaltra parola per indicare lo sviluppo, necessario e immanente alla storia umana, del bisogno religioso, che si obiettivizza nelle molteplici e svariate forme della storia delle religioni e cresce lentamente a pi alta purezza e a pi completa pienezza fino alla sua massima espressione nel cristianesimo e nella Chiesa7. Como possiamo constatare, il concetto di rivelazione o il modo di capire la rivelazione del modernismo, esattamente allopposto della concezione della rivelazione tradizionale nella chiesa, secondo la quale la rivelazione levento di un intervento di Dio totalmente proveniente dallesterno: Dio parla alluomo e tramite i profeti gli comunica precetti chegli in avvenire deve conservare8. Questo modo di intendere la rivelazione fu difeso dalla ortodossia della Chiesa nella lotta contro il modernismo, e fu espressamente insegnato.

Forse adesso, a distanza di un secolo, possiamo chiederci se la teologia comune di quel tempo, contro la quale si rivolgeva il modernismo, non difendesse un concetto estrinsecista della rivelazione, che non adeguava compiutamente il Magistero della Chiesa. Nei nostri tempi e quasi inavvertitamente, a quanto pare, si va elaborando la risposta al problema della retta e piena comprensione del concetto di rivelazione, problema al quale allora la Chiesa non diede nessuna risposta chiara e al quale il modernismo diede una risposta falsa, definita troppo presto come eretica9. Una risposta adeguata a questo problema di capitale importanza anche per il confronto tra cristianesimo e vita spirituale moderna. Al riguardo scrive Karl Rahner:
Per luomo dellodierno umanesimo antiecclesiale, dellateismo angustiato, dellatteggiamento secondo cui Dio un enigma, una cifra eternamente irrisolvibile, del materialismo per il quale latteso futuro dello spirito la vera forza motrice del mondo, uno scandalo e pietra dinciampo la dottrina secondo cui deve esistere una storia della rivelazione, nella quale Dio stesso si apre la sua via, unica e senza pari, accanto alle molte altre della restante storia delle religioni, percorrendola lui stesso apparendo nella carne. Lo scandalo consiste nel fatto che esiste una storia categoriale della rivelazione, non che si dia un rapporto trascendentale con Dio attraverso il quale luomo si radica nellabisso del mistero ineffabile10.
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Ibid. 11. Ibid. 12. 9 Cfr. Ibidem. 12. 10 Ibidem.

A questo punto, e dopo questa piccola introduzione al problema del concetto di rivelazione, ci possiamo domandare, che cosa la rivelazione e perch essa costituisce il cuore e lintimo della storia umana in senso assoluto. Come pu essere la rivelazione sempre e dappertutto, per poter essere sempre e dappertutto la salvezza, senza con questo cessar di essere, qui e ora, nella carne del Cristo, nella parola dei profeti che parlano nella lettera della Scrittura?11 Forse il problema vero e proprio ci si presenta quando pensiamo a come possa esserci identit tra la rivelazione e la storia dellumanit in generale, poich lazione di Dio non pu essere commisurata dalla storia, senza cessare di essere grazia di Dio e fonte perenne di salvezza.

Nel ricercare una risposta al nostro problema si potrebbe pensare che il rapporto tra Dio e il mondo in continuo divenire, consista nel fatto chEgli, in quanto lassolutamente trascendente il mondo, ne in fondo il futuro, la causa finale che rappresenta la vera e propria causa efficiente di ogni divenire. Ma bisogna stare attenti a non confondere o a prendere Dio come una causa categoriale, accanto alle altre cause nel mondo, bens deve essere inteso come il vivente e il trascendente fondamento del movimento proprio del mondo stesso. Facendo cos, salviamo pure il rapporto tra Dio e luomo nel singolo evento della rivelazione e nella storia della rivelazione, la quale deve essere totalmente e allo stesso tempo, azione di Dio e azione delluomo e la pi alta realt nellessere e nel divenire del mondo12.

Se la teologia cattolica prende sul serio la dottrina ad essa naturale sulla grazia divinizzante e sulla volont salvifica universale, sulla necessit della grazia elevante, e la applica al concetto di rivelazione, allora essa pu e deve riconoscere, senza cadere nel modernismo, la storia della rivelazione come lautoesplicazione storica categoriale, come la storia di quel rapporto trascendentale tra luomo e Dio, dato in virt dellautocomunicazione soprannaturale di Dio, che inserita per dono di grazia in ogni spirito e che in se stessa deve essere chiamata a buon diritto rivelazione:
Se il trascendimento o trascendenza presente sempre nella storia, e se esiste una costituzione trascendentale delluomo attraverso la grazia divinizzante in virt dellautocomunicazione di Dio, allora proprio questo assoluto trascendimento allassoluta vicinanza del mistero ineffabile autodonantesi alluomo ha una storia e costituisce quindi quella che noi chiamiamo storia della rivelazione13.

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Cfr. Ibid. 13. Cfr. Ibid. 14. 13 Ibid.15.

A questo punto levento della rivelazione apparirebbe con un duplice aspetto:


1-. Come la costituzione della capacit di trascendenza, soprannaturalmente elevata, delluomo come suo esistenziale permanente, ma anche se dato per grazia, sempre ed ovunque efficace. 2-. Come struttura di comunicazione storica, di obiettivazione oggettuale di questa esperienza soprannaturale trascendentale che si effettua nella storia e che nel senso ordinario della parola si chiama storia della rivelazione l dove essa realmente storia della vera autointerpretazione di questa esperienza soprannaturalmente trascendentale e non invece la sua falsa interpretazione; e dove quindi essa realmente effetto di questa autocomunicazione trascendentale di Dio nella grazia, e di conseguenza si realizza sotto la volont di questa auto-comunicazione, dunque sotto una provvidenza salvifica soprannaturale di Dio, e inoltre viene colta come tale14.

Ed ecco che parlando cos risulta chiara lunit e il reciproco rapporto di condizionamento tra laspetto trascendentale e quello storico; risulta chiaro pure che c una differenza originaria in ci che ci si rivela o ci rivelato, cio, Dio che si autorivela e si autocomunica in una vicinanza assoluta e clemente alluomo; detto in parole di Karl Rahner: nel punto culminante, gi realizzatosi, unico e definitivo della storia della rivelazione, si rivelata lassoluta e irrevocabile unit tra lautocomunicazione trascendentale di Dio allumanit e la sua avvenuta mediazione storica nellunico uomo-Dio, che nello stesso tempo Dio medesimo come comunicato15.

Dellautorivelazione di Dio parler brevemente nel punto terzo di questo piccolo elaborato, adesso basti accennare che in questo uomo-Dio, rivelato anche il mistero fondamentale di Dio trino: il Figlio invia lo Spirito, lo Spirito opera lincarnazione del Figlio e il Figlio incarnato manifestato come la autoaffermazione del Padre nella verit.

Se quanto stato detto fin qui esatto, allora come scrive Rahner, la rivelazione trascendentale e quella categoriale e la storia della rivelazione sono coesistenti alla storia spirituale dellumanit in genere16. Riguardo a questo punto, si potrebbe pensare che questa affermazione sia un errore del modernismo, ma visto e analizzato pi da vicino scopriamo che non altro che una verit del cristianesimo, basti pensare che la storia della salvezza soprannaturale operata nella storia delluomo che per mezzo della grazia viene elevato nella sua spiritualit.

Non esiste mai una storia trascendentale della rivelazione per s sola, senza Dio, ma nella storia concreta la storia della rivelazione trascendentale di Dio che si attua; oserei dire ancora che questa storia ha bisogno di un Tu che comunica e di un io o noi che ricevono nella piena libert il messaggio a loro comunicato e rispondono con o nella fede. impossibile sviluppare il concetto di
14 15

Cfr. Ibid. 15. Ibid. 16. 16 Ibid.17.

rivelazione soltanto a partire dallincontro con la parola di Dio proclamata o scritta, senza prendere in considerazione laspetto trascendentale della rivelazione e la risposta delluomo nella fede: Dio si rivela e luomo crede e accetta questa autorivelazione di Dio. Parlando della risposta delluomo a Dio nella fede, mi sembra sia necessario dire che la fede del singolo credente si attua nella fede della Chiesa comunione dei credenti, infatti la Chiesa che trasmette le verit di fede e la rivelazione. Rahner parla della fede implicita dei credenti e dice:
essa in sostanza (la fede implicita), significa soltanto che ogni fede espressa categorialmente come tale un cogliere il segno nellatto di essere afferrata dal mistero ineffabile della vicinanza di Dio autocomunicantesi misericordiosamente e quando comprende pure la mediazione categoriale di significanza che quella della Chiesa ed presente nella Chiesa. Limplicitezza del rivelato vero e proprio nella parola della rivelazione e limplicitezza della vera fede in quella della Chiesa appartengono allessenza della rivelazione e della Chiesa e non sono un momento che si presenti soltanto l dove i rudes e gli ignoranti ascoltano con fede la rivelazione17.

doveroso sottolineare ancora che dallunit tra rivelazione trascendentale e categoriale, si pu dedurre che questunico nucleo pu esserci veramente nella religione, ma che non viene sostituito da nessuna riduzione che rimanga nellambito del categoriale e non sperimentato pi immediatamente e pi sicuramente mediante tale riduzione. Dallunit e distinzione tra rivelazione trascendentale e rivelazione categoriale-storica, che implicano unidentica distinzione e unit anche nella fede, risulta anche il rimando alla capacit di credere, cos come essa deve essere pensata distinta dalla fede e in unit con essa18. Infatti la capacit di credere dovrebbe essere intesa come unit tra il lato trascendentale della rivelazione, e la facolt di accogliere lautocomunicazione di Dio nella grazia.

Come si pu vedere il problema della rivelazione e una questione difficile e rimane attuale anche ai nostri giorni; in effetto ci si accorge come il lavoro teologico avanzi faticosamente e lentamente. Forse necessario credere che non la teologia che crea bens la fede dei cristiani, ma che la teologia chiamata a servire la fede, perch la teologia o deve essere al servizio della fede.

Fin qui abbaiamo accennato al concetto di rivelazione ma adesso bisogna fare un passo in avanti e cercare di dire qualcosa sul punto secondo del nostro programma, e cio del rapporto tra Rivelazione e Scrittura.

17 18

Ibid. 22. Ibid.23.

CAPITOLO II

RAPPORTO TRA RIVELAZIONE E SCRITTURA Nellintroduzione, abbiamo visto come la questione del modo preciso in cui la parola della rivelazione proclamata in Cristo rimane presente nella storia e raggiunge gli uomini, uno dei problemi fondamentali sui quali la cristianit occidentale si divise nel secolo della riforma, e come i riformatori si decisero per la sola Scriptura, e come i cattolici affermarono nel Concilio di Trento che la rivelazione di nostro Signore non fu tutta messa per scritto, ma una parte rimase nei cuori degli uomini e nella Tradizione della Chiesa.

Per fare un vero lavoro di ricerca si dovrebbe ricorrere a uno studio profondo della storia e dello sviluppo, delle differenze e delle somiglianze, cos come del linguaggio usato da ambedue le parti, cio riformatori e padri conciliari e postconciliari. Ma questo un lavoro che supera le mie capacit per cui mi limiter a seguire lo schema che un grande teologo, come Joseph Ratzinger, ci propone.

Joseph Ratzinger formula, seguendo la concezione patristica di Scrittura e Tradizione, una prima tesi riguardante questo problema.
Il fatto che esista la Tradizione si fonda innanzitutto sulla non-identit delle due realt, rivelazione e Scrittura. Rivelazione infatti indica il complesso di parole e gesta di Dio per luomo, cio una realt di cui la Scrittura ci informa, ma che non semplicemente la Scrittura stessa. La rivelazione perci supera la Scrittura nella stessa misura in cui la realt trascende la notizia che ce la fa conoscere. Si potrebbe anche dire: la Scrittura il principio materiale della rivelazione, ma non la rivelazione stessa19.

Senzaltro questa affermazione non viene intesa come se si dichiarasse che la Scrittura sia un semplice resoconto di fatti che rimangono totalmente esterni ad essa, bens deve restare pienamente valido che la realt della rivelazione realt della parola, che nella parola della predicazione la realt della rivelazione riguarda me, riguarda noi. Ma la pura presenza della Parola non la realt stessa della rivelazione, la quale non pu essere mai semplicemente sola presenza. Si potrebbe andare ben oltre e dire che possiamo possedere la Scrittura anche senza avere la rivelazione. La rivelazione infatti diventa realt soltanto e sempre l dove c fede. Il non credente come dice Joseph Ratzinger pu leggere la Scrittura e conoscere ci che contiene, pu perfino conoscere

19

Ibid. 36.

concettualmente ci chessa intende dire e la coerenza delle sue affermazioni, tuttavia egli non divenuto partecipe della rivelazione20. Detto questo possiamo capire chiaramente che c piena rivelazione soltanto l dove, oltre alle affermazioni materiali che la testimoniano, divenuta operante nella forma della fede. Di conseguenza chiaro pure che appartiene, senza allargarci troppo, alla rivelazione anche il soggetto che la riceve, senza del quale essa non esiste.

La rivelazione infatti non un libro tascabile che possiamo portare ovunque e tirare fuori quando abbiamo bisogno di essa, non una cosa materiale da buttare quando non ci serve pi, non un oggetto essa una realt vivente, che esige laccoglienza di un uomo vivo come luogo della sua presenza21. Ratzinger afferma che la rivelazione trascende il fatto Scrittura sotto due aspetti: a) Aspetto ascendete: come realt derivante da Dio essa si radica sempre nellazione di Dio; b) Aspetto discendente: come realt che si fa conoscere alluomo nella fede, essa trascende per cos dire anche sotto questo aspetto il fatto della scrittura che la media22. Quindi dopo tutto quello detto fin qui, risulta chiaro che c una non identit tra Scrittura e rivelazione per cui, prescindendo dal problema se la Scrittura sia o no lunica fonte materiale, non pu mai darsi per i cristiani un vero e proprio sola Scriptura. Com stato detto diverse volte, la scrittura non la rivelazione ma in ogni caso soltanto una parte di questa pi grande realt23. In questo momento ci si presenta un punto che sarebbe interessante studiare e che Joseph Ratzinger presenta dettagliatamente e in modo molto semplice, e cio il differente significato di Scrittura nellAntico e nel Nuovo Testamento, ma che non contemplo in questo piccolo lavoro, anche perche supera infinitamente le mie fiacche capacit.

La fede cristiana riconosce in Ges il compimento della rivelazione, delle promesse fatte da Dio per mezzo dei profeti al suo popolo Israele. In Ges Dio si autorivela alluomo, proprio su questo ci occuperemo nel prossimo capitolo.

20 21

Ibid. 37. Ibidem. 22 Ibidem. 23 Ibid. 38.

CAPITOLO III

LA RIVELAZIONE COME AUTO-COMUNICAZIONE: CRISTO, LA RIVELAZIONE DI DIO Nellintroduzione e nei capitoli precedenti abbiamo incontrato pi volte Dio come autorivelazione, Dio che si autorivela alluomo in diversi modi e negli ultimi tempi per mezzo del Figlio24; cos pure il concetto di religione-di-rivelazione. In questo capitolo riprenderemo un po di ci che stato detto e cercheremo di completare quello che manca, fin dove la nostra poca conoscenza del tema in questione ci permette di arrivare.

Determinante per il concetto teologico di religione-di-rivelazione nella sua applicazione al cristianesimo lintima essenza dellevento che fonda il cristianesimo, vale a dire la libera, gratuita autocomunicazione di Dio. Con Cristo la rivelazione passa dalla comunicazione in parole e opere a una rivelazione personale e salvifica (non perch prima non ci sia manifestata la salvezza di Dio), e per mezzo di questo evento (Dio -uomo) gli uomini diventano partecipi della natura divina e partecipi del regno di Dio.

Ges il fondamento della rivelazione divina: Ges colui che insegna le pi importanti verit di fede. In Ges il Figlio, il Verbo eterno di Dio, si fatto carne ed stato inviato come uomo fra gli uomini, affinch dimorasse tra gli uomini e spiegasse loro i segreti di Dio portando a compimento lopera di salvezza25. Bisogna essere attenti per e non pensare che dopo la venuta di Cristo Dio taccia, bens dobbiamo pensare che Dio continua a comunicare con luomo nella trasmissione della rivelazione che in Cristo giunta al suo compimento intrastorico. Dobbiamo dire ancora che quando parliamo del concetto di rivelazione, questo racchiude lintero evento salvifico nella sua sostanza e nel suo fondamento; il Dio della rivelazione non rivela qualcosa, ma se stesso; autorivelazione di Dio non significa per soltanto automanifestazione, bens anche autocomunicazione: alluomo concessa una partecipazione reale, essenziale, alla stessa realt salvifica di Dio26,e questa realt salvifica di Dio ci che la Chiesa continua a comunicare agli uomini di tutti i tempi.
La realt effettiva che si fa evento nella rivelazione cristiana non altro che Cristo stesso. Egli , in senso vero e proprio, la rivelazione: Chi vede me, vede il Padre Gv 14, 9. Ci significa che accettare la rivelazione equivale a entrare nella realt di Cristo: Cristo in noi e noi in Cristo.
24 25

Cfr. Eb 1, 1-2. WALTER, K al., Il concetto di Rivelazione, in ID., Corso di teologia fondamentale 2. Trattato sulla Rivelazione, Brescia 1990, 23. 26 Ibid. 74.

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Laccettazione della rivelazione, per cui la realt di Cristo diviene nostra, nel linguaggio biblico chiamata fede. E nel Nuovo Testamento, fede equivale a inabitazione di Cristo. La presenza di Cristo nella Scrittura indicata in due modi ben precisi. Da una parte, essa appare identica con la fede in cui il singolo incontra Cristo e in lui entra nella sfera dazione della sua potenza salvifica. Ma essa si nasconde anche sotto lespressione corpo di Cristo, che indica che la comunit dei credenti, la Chiesa, rappresenta lesserci di Cristo nel mondo27.

A questo punto, da quanto detto da Ratzinger, appare chiaro che la fede entrare nella presenza di Cristo di cui la Scrittura rende testimonianza, e che la presenza della rivelazione essenzialmente connessa con le realt della fede e della Chiesa, le quali sono strettamente connesse tra loro. Ritorniamo cos a quello che era gi stato detto nei punti precedenti, e cio che la rivelazione trascende la Scrittura in due direzioni: verso Dio e verso luomo che laccetta.28

27 28

RAHNER, K RATZINGER, J., Rivelazione e tradizione, Brescia 2006 , 41. Cfr. Ibid. 42.

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CONCLUSIONI

Mi ricordo aver letto da qualche parte e tanto tempo fa questa frase: Gratia non destruit naturam, sed supponit, elevat et perficit.

Karl Rahner sembra aver dinanzi questo antico adagio quando articola la sua riflessione sullevento della rivelazione sottolineandone il duplice aspetto: 1) da una parte essa la costituzione della capacit di trascendenza, soprannaturalmente elevata, delluomo, come suo esistenziale permanente, ma, anche se dato per grazia, sempre e dovunque efficace, presente ancora nella forma del rifiuto, 2) e la esperienza trascendentale della vicinanza assoluta e clemente di Dio, anche se non pu essere obiettivata in modo oggettuale per chicchessia in maniera qualsiasi.

Ne identifica per altro il punto culminante, gi realizzatosi, unico e definitivo nelluomo-Dio Ges Cristo: irrevocabile unit tra lautocomunicazione trascendentale di Dio allumanit e la sua avvenuta mediazione storica-rivelatrice del mistero trinitario di Dio. Luomo, ogni uomo, accede a questa rivelazione grazie alla capacit di credere, facolt aprioristica di accogliere la autocomunicazione di Dio nella grazia: luomo-uditore della Parola. Pi articolato il contributo di Joseph Ratzinger nel sottolineare laspetto riduttivo della formula dei Riformatori sola Scrittura a fronte della cattolicit del binomio Scrittura e Tradizione. La non identit, ampiamente esemplificata nel contributo, tra Scrittura e Rivelazione appella alla necessit della Tradizione. Lesegesi narrativa, non ultima, ci fa vedere la parte ineludibile che il lettore ha nel testo: la presenza del destinatario parte integrale del testo. La Scrittura una miniera che offre molte gallerie: letterarie, storiche, archeologiche, geografiche, religiose, ecc., percorse le quali non detto che si colga la Rivelazione di Dio contenuta nel testo. Poich Dio non rivela qualcosa, ma se stesso, non pu essere contenuto, oggettivato in un testo, sempre necessaria la conversione della testa al testo nella fede; solo in questo scambio che si d comunicazione-comunione: Cristo in noi e noi in Cristo. Questa comunione del singolo con il Cristo si attua nel Corpo di Cristo che la Chiesa: la rivelazione trascende quindi la Scrittura e abbraccia il grande corpo della Chiesa.
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BIBLIOGRAFIA:

RAHNER, K RATZINGER, J., Rivelazione e Tradizione, Brescia 20065

RATZINGER, J., Introduzione al Cristianesimo, Brescia 199611

WALTER, K al., Il concetto di Rivelazione, in ID., Corso di teologia fondamentale 2. Trattato sulla Rivelazione, Brescia 1990

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INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO I ANOTAZIONI SUL CONCETTO DI RIVELAZIONE .. 4

CAPITOLO II RAPPORTO TRA RIVELAZIONE E SCRITTURA 8

CAPITOLO III LA RIVELAZIONE COME AUTO-COMUNICAZIONE: CRISTO, LA RIVELAZIONE DI DIO ..................................... CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA INDICE .. 10

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