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RICHARD WAGNER A BAYREUTH

Considerazioni inattuali, IV 1876

Traduzione condotta sull'originale tedesco Richard Wagner in Bayreuth. (Unzeitgemasse Betrachtungen, iv), in Nietzsche Werke, Kritische Gesamtausgabe, Herausgegeben von Giorgio Colli und Mazzino Montinari. Walter de Gruyter, Berlin-New York, 1967. Traduzione di Stefania Bonarelli L'Introduzione Titani della "dcadence" di Italo Alighiero Chiusano si riferisce anche ai saggi Il caso Wagner e Nietzsche contra Wagner che, dato l'ordine cronologico di questa edizione, sono contenuti nel secondo volume.

Titani della dcadence

Credo che in tutta la storia dell'umanit non si sia mai assistito a un incontro-scontro culturale come quello tra i due dinosauri Friedrich Nietzsche e Richard Wagner: in un primo tempo fraternamente alleati per rigenerare le arti e il pensiero del loro tempo; in una seconda fase lanciati a scannarsi a vicenda (per la verit soprattutto Nietzsche contro Wagner), in un urto di filosofie antitetiche da far tremare la terra. I due geni perch, qualunque posizione si occupi guardandoli con neutrale distacco o parteggiando per l'uno o per l'altro, fuor di dubbio che di genii si tratta denunciavano, in partenza, affinit vistose. Erano, entrambi, germanici dell'Est, pi precisamente sassoni (Wagner nativo di Lipsia, Nietzsche nativo di Rcken, non lontano dalla stessa Lipsia), e di matrice e formazione protestante (Nietzsche era addirittura figlio di un pastore evangelico). Erano, l'uno e l'altro, appassionati degustatori e coltivatori di musica e di letteratura (un musico altamente professionista Wagner, modestamente dilettante Nietzsche; uno scrittore leggibile ma alquanto goffo Wagner, di estrema originalit e perfezione Nietzsche). Tutti e due erano discendenti diretti e legittimi del Romanticismo, che Wagner poi rielabor e assimil genialmente, trasformandolo in un decadente ma fascinosissimo prodotto europeo, mentre Nietzsche, pur conservandone in s i germi, fin per superarlo con un netto rifiuto critico. Ambedue, specie nel periodo in cui furono amichevolmente vicini, erano stregati dalla filosofia di Schopenhauer, cui alla fine reagirono entrambi, ma senza mai riuscire a eliminare dal loro pensiero e dalla loro opera le feconde tossine lasciate in loro dal filosofo del pessimismo, della volont e della compassione. Erano, sia l'uno che l'altro, intensamente interessati alla figura di Ges e al cristianesimo. Wagner voleva persino scrivere un 'opera in musica su Cristo, poi s'inoltr nei miti celtico-germanici, infine torn a note innegabilmente cristiane, anche se mescolate a toni buddistico-estetizzanti; Nietzsche da ragazzo componeva poesie e brani musicali degni di un mistico, poi si trasform in psicologo del cristianesimo in senso quanto mai negativo e chiuse praticamente la sua vita cosciente con L'Anticristo, l'invettiva pi demolitoria che mai sia stata lanciata contro la religione derivata dail'uomo di Nazareth. Ancora: i due furono, nel loro campo, grandi rivoluzionari (lasciando da parte che Wagner, nel 1849, lo fu anche in senso politico). Dopo il loro passaggio, n la musica n la filosofa n la letteratura furono pi quelle di prima, anzi manifestarono e in parte tuttora manifestano profondi e duraturi segni di un mutamento. Per dirla con una formuletta di cui esito ad assumermi la responsabilit, direi che essi pur approdati a esiti assai lontani e in buona parte antitetici si sono rivelati, e alla grande, protagonisti di quella che Nietzsche chiama cos volentieri la dcadence, anche se tutti e due pensarono di averne fornito l'antidoto. I due futuri nemici furono entrambi studiosi e appassionati Nietzsche

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pi sul fronte critico-filologico, Wagner pi su quello creativo della forma tragedia, e in particolare della tragedia quale fu sentita e realizzata dai Greci: e i loro spesso macroscopici fraintendimenti in materia (s, anche da parte dello specialista Nietzsche, e glielo dissero il suo maestro Friedrich Ritschl e il grande filologo Ulrich von Wilamowitz-Moellendorf) si rivelarono assai pi fecondi di qualunque impeccabile analisi accademica. Scendendo a cose meno universali ma che ebbero ugualmente rilevanza sul loro sentire, pensare e creare, tutti e due furono elettrizzati dalla guerra franco-prussiana del 1870-71: anche se in seguito le loro posizioni sul nuovo Reich guglielmino si sarebbero molto divaricate. Aggiungiamo che entrambi furono fortemente attratti dall'Italia, cio dal Sud mediterraneo, con alcune predilezioni in comune (Venezia, la Sicilia, la costiera campana), anche se nessuno dei due si fece coinvolgere dalla musica e dalla letteratura italiana a loro contemporanea. anche significativo che Wagner muoia a Venezia, nel 1883, e che Nietzsche, nel 1889, muoia a Torino come essere pensante, vegetando poi in Germania, fino al 1900, nelle tenebre della demenza. Le discordanze dei due sono gi affiorate, in parte, nel ricordare le loro affinit iniziali. Sottolineiamo ancora la questione della germanicit. In partenza i due si trovavano cugini anche nel sopravvalutare i Tedeschi come un popolo serio, geniale, rigeneratore dell'Europa. Wagner, dopo la fondazione del Reich, prosegu su quella strada fino a punte che si potrebbero definire razziste. Nietzsche, al contrario, si sbilanci se mai in senso opposto, lanciando alla fine contro la sua gente accuse di una ferocia rabbiosa, lui che nel 1866 era un filoprussiano e un bismarckiano arrabbiato. Abbiamo gi detto come in ultimo divergessero le loro opinioni sul problema e la valutazione del cristianesimo. Ma di non trascurabile entit anche il loro punto di vista antitetico circa gli ebrei e il problema ebraico: sempre pi antisemita Wagner (che pure, quando ne aveva stima, si avvaleva di collaboratori israeliti), sempre pi filosemita Nietzsche (fino a estremi sconcertanti, come il volersi servire del capitalismo ebraico per distruggere il cristianesimo, ritenendo che il popolo e i banchieri d'Israele fossero naturalmente interessati al raggiungimento di un tale scopo). Ma c' una differenza, tra Wagner e Nietzsche, che potrebbe sembrare solo esteriore, anagrafica, e che invece, specie dopo che Freud ci ha fornito lenti nuove per leggere le cose umane, si pu considerare molto importante e forse decisiva: la differenza d'et. Wagner aveva trentun anni pi di Nietzsche, ed addirittura emblematico che sia nato nello stesso anno di suo padre: il 1813. Anche a non essere freudiani di stretta osservanza, plausibile considerare il rapporto tra questi due uomini molto simile nelle zone pi profonde dell'Io a un rapporto padre-figlio. Con una conseguenza che non di tutti questi rapporti, ma che lo certo di molti. Cio che, in un primo stadio, il figlio prova un senso di estatica ammirazione, di caldissimo affetto per il padre, da cui si sente protetto, amato, esaltato, arricchito e in cui ravvisa un modello magari irraggiungibile ma benevolo e amico. In una seconda fase, quasi sempre dopo un lungo periodo di oscillazioni e di incertezze, segue un voltafaccia quasi sempre violento e nascostamente omicida: il rifiuto, l'odio del padre, nel quale ormai si ravvisa un tiranno e un nemico; insomma il parricidio almeno simbolico. La cosa si complica se, accanto al padre, c' una madre da cui il figlio ribelle pi o meno segretamente attratto e di cui geloso. Nel binomio tra il padre (Wagner) e il figlio (Nietzsche), questa madre era la moglie dello stesso Wagner, la non

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bella ma fascinosa e intelligente Cosima Liszt, che non a caso, precipitato nella follia, Nietzsche chiamer mia moglie e cui dar anche un significativo nome mitologico, Arianna, sposa di quel Dioniso del quale, in quelle stesse giornate, Nietzsche aveva assunto l'identit simbolica, firmando spesso Dioniso i suoi dissennati messaggi scritti. Durante gli anni giovanili Nietzsche era tutt 'altro che un estimatore della musica moderna, quella di Wagner compresa. Ma nel 1861, grazie all'amico Gustav Krug, ebbe il primo contatto, tramite un adattamento per pianoforte del Tristano, con la musica del Wagner maturo. Fu l'inizio di un apprezzamento che si trasform presto in entusiasmo. Nel novembre del 1868, a Lipsia, in casa dell'orientalista Hermann Brockhaus, Nietzsche fa la conoscenza diretta di Wagner: lui ha ventiquattro anni, il musicista cinquantuno. Coup de foudre di Nietzsche. Non solo Wagner spiritoso e cordialissimo, ma gli dimostra interesse e simpatia, e poi anche lui un patito di Schopenhauer. L'incontro potrebbe finire l e invece ha un seguito che parrebbe provvidenziale. Wagner abita nella bella villa di Tribschen, presso Lucerna, e quanto a Nietzsche, dal 13 febbraio 1869 occupa la cattedra di filologia classica nell'universit della non lontana Basilea. Cos gli incontri tra i due, presente Cosima, si fanno frequenti. Ben presto Nietzsche vede in Wagner poco meno che un dio, e Wagner in Nietzsche un giovane geniale, l'unico che forse capisca in pieno la sua riforma teatrale e musicale, e che oltre tutto gli molto vicino sul piano umano. Anche in seguito, dopo che la rottura tra lui e Wagner era gi avvenuta, il filosofo avrebbe sempre ricordato i tempi di Tribschen con una tenerezza che poteva spingerlo alle lacrime. vero che oggi, dai Frammenti postumi, possiamo scoprire che gi intorno al 1874 Nietzsche cominciava a nutrire forti dubbi su Wagner e il suo mondo ideale e artistico, cos come Cosima, gi in una nota di diario dell'agosto 1871 parla della riservatezza scostante di Nietzsche, appena ripartito dopo l'ennesima visita al compositore, e osserva acutamente ch'egli par volersi sottrarre alla schiacciante influenza della personalit di Wagner. Tuttavia, a livello di piena consapevolezza e nell'esteriorit dei comportamenti, Nietzsche resta ancora per alcuni anni un wagneriano, e anche molto acceso (medita persino, a un certo momento, di dedicarsi tutto alla propaganda del wagnerismo). Ma gli anni di Tribschen (1866-72) sono finiti. Richard Wagner alla soglia della realizzazione del suo sogno. Grazie all'aiuto di mecenati entusiastici, in testa ai quali sta il romantico e infelice re Ludwig u di Baviera, vede sorgere un teatro tutto suo a Bayreuth, che diverr la Mecca dei wagneriti di tutto il mondo. Anche Nietzsche ormai qualcuno: il suo libro La nascita della tragedia dallo spirito della musica (1872), genialissimo e antiaccademico, del quale Wilamowitz-Moellendorf sosteneva che non vi si trattava affatto della tragedia attica ma del dramma in musica di Wagner, e il primo volume delle Considerazioni inattuali (1873), in cui lasciata doparle la filologia classica ~- si rivela un pensatore di tagliente vena polemica, hanno cominciato, in senso favorevole o sfavorevole, ad attirare l'attenzione su di lui. perci un regalo tutt'altro che da poco quando nel 1875, rinunciando a scrivere una quarta considerazione inattuale sui filologi e la filologia, Nietzsche inizia invece a comporre Richard Wagner in Bayreuth (Richard Wagner a Bayreuth), che concluder a settembre. Non che Nietzsche ne sia del tutto contento (Sono rimasto al di sotto di ci che pretendo da me stesso, scrive all'amico Erwn Rohde), ma come negare al grande musici-

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sta, in un momento cos decisivo della sua esistenza, il lungo omaggio che gli uscito dalla penna? Cos il saggio esce per le stampe nell'estate del 1876, poco prima che s'inauguri il primo festival bayreuthiano-wagneriano della storia. Quelle pagine sono il pi sviscerato omaggio che Nietzsche abbia mai reso all'amico di Tribschen. Ma sono anche il drammatico punto finale di un sodalizio e di un'ammirazione che d'ora in poi prender tutt'altra e opposta strada. Wagner e Cosimo sono entusiasti di Richard Wagner a Bayreuth e lo comunicano all'autore in note calorosissime. Ma Nietzsche rimasto disgustato dall'ambiente bayreuthiano, tanto che fuggito dalla citt bavarese prima che terminasse il festival. Da allora il suo distacco da Wagner e dal wagnerismo continuo e procede anche rapido, man mano che l'evolversi della sua filosofia (rifiuto della dcadence, lotta al cristianesimo, scoperta dei lati per lui artisticamente negativi della proposta wagneriana, diffidenza crescente della nuova Germania che comincia a delirare per Wagner) lo porta su posizioni dove anche solo una benevola neutralit verso l'ex amico del tutto esclusa, almeno per un carattere radicale come il suo. Nel giro di poco tempo, quel Wagner che nello scritto per Bayreuth era un genio quasi divinizzato diventa un pericolo pubblico, un demone maligno, una malattia da cui urgente guarire e far guarire gli altri se non si vuole affrettare la rovina gi imminente dell'Europa culturale. Per trovargli un antidoto nel suo stesso campo (il teatro musicale) Nietzsche pur non pretendendo di essere preso troppo sul serio, almeno dalle persone accorte quasi s'inventa, se cos posso dire, un entusiasmo per la Carmen di Bizet che ha quasi le caratteristiche della ripicca offensiva. Ci si mise anche, nel 1882, un'.offesa mortale di cui Nietzsche viene tardivamente a conoscenza e che risaliva al 1877, quando Wagner, preoccupato della pessima salute del suo ex amico e dei suoi occhi ridotti quasi alla cecit, si era rivolto per notizie riservate al dottor Eiser, medico di Nietzsche, ipotizzando che tali disturbi nascessero da pratiche sessuali solitarie (e forse qualcuno, informandone anni dopo lo stesso Nietzsche, anzich di onanismo parl di pederastia). Certo il filosofo fu gravemente ferito da tale interpretazione, ma pare che la vera offesa mortale fosse venuta pi tardi, cio nel 1882, al tempo del Parsifal, quando Wagner, anzich diventar pagano, cosa che, secondo Nietzsche, era assolutamente indispensabile per un intellettuale di cos vasto ascolto, si era reso colpevole di un ritorno strisciante al Cristianesimo, cosa che il dittatoriale Nietzsche considerava un insulto personale. Finalmente, quando ormai Nietzsche sta scrivendo o ha gi pubblicato opere in cui la sua nuova filosofia del martello appare inequivocabile (Umano, troppo umano. Aurora, La gaia scienza, Cos parl Zarathustra), Wagner muore a Venezia il 13 febbraio 1883. Il commento di Nietzsche, che in quei giorni si trovava a Genova, di un egocentrismo impressionante: La morte di Wagner, scrive all'amico Peter Gast, credo sia stata il maggior sollievo che potesse toccarmi in questo momento. Per anche vero che, per lo shock subito, resta per qualche giorno a letto. Ormai Nietzsche viene maturando e scrivendo quelle cose obbrobriose che, anni prima, sentiva nascere dentro di s, che considerava necessarie e d cui sapeva che sarebbero state dinamite per il mondo, pur chiedendosi se, al mondo stesso, ne sarebbe derivato un guadagno o una catastrofe. Ormai i valori trasvalutati della sua filosofia (mai sistematica, ma tutta lampi d'intuizioni, frammenti splendidi di acutezza mentale, fecondissimi paradossi, invettive e offese di lancinante cattiveria mescolate ad attimi di

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struggente tenerezza) sono quasi tutti venuti alla luce o in via di formulazione. Molti di essi sono diventati slogan e come tali sono stati esaltati o rigettati da molti, con massicce incomprensioni, dovute anche alle manipolazioni o agli occultamnti dei suoi manoscritti, di cui in gran parte responsabile la vestale del suo Archivio di Weimar, la sorella Elisabeth Forster-Nietzsche. Basta citarne alcuni per sentirsi vantare in volto una filosofia o una temperie intellettuale e sentimentale particolarissima, che eserciter un'enorme influenza, benefica o maligna, su tutta la cultura mondiale: la morte di Dio, la volont di potenza, il superuomo (o l'oltreuomo), l'eterno ritorno dell'identico. (Forse pericoloso cercar Nietzsche sempre e soltanto sotto queste vistose tettoie, quando il meglio di lui sono le intuizioni abbacinanti o crepuscolari che incontriamo, a migliaia, in ogni piega dei suoi scritti.) Ormai, avviato su un sentiero di cresta ancora imbattuto e dove neanche gli amici pi fedeli riescono a seguirlo (anche gli editori, a questo punto, sono restii a pubblicarlo), Nietzsche opta per la solitudine eroica ma che pud anche apparire maniacale, egolatrica e rompe con quasi tutti i suoi compagni di strada o, pur mantenendo ancora rapporti formali, esterna alle spalle di amici e sodali giudizi corrosivi che sono peggio di una rottura: il caso di Lou Andreas Salom, di Rohde, di Re, di Lanzky, dello stesso intimissimo Gasi (un musicista che tra poco Nietzsche avr il fegato di contrapporre allo stesso Wagner!). Con quest'ultimo la rottura gi avvenuta, e da tempo. Anzi, molto del suo rifiuto gi emerso pubblicamente in vari scritti di Nietzsche posteriori al 1876. Ma ora l'ex propagandista wagneriano sente il dovere morale, per il bene del mondo disorientato e drogato, di mettere nero su bianco che cosa sia di rovinoso quel musicista e ideologo che alcuni anni prima egli non si stancava di raccomandare come la salvezza universale. E nasce, nei febbrili mesi del 1888, a Torino, una citt che Nietzsche ha trovato conforme ai suoi gusti e ai suoi bisogni, Der Fall Wagner (Il caso Wagner), che esce per le stampe in quello stesso anno. Poich ritengo che questo nostro libro andr nelle mani soprattutto di lettori con una buona preparazione di base e con specifici interessi filosofico-musicali, sarei tentato di lasciare il lettore tutto solo coi tre testi qui contenuti, fiducioso che ne sappia trarre stimoli e lumi almeno per il suo uso personale. (Del resto Nietzsche un pensatore che non solo non perde ma anzi acquista se lo si legge per uso personale, cio con un approccio soggettivo, per attrazioni e idiosincrasie, persino capriccioso e arbitrario. Una lettura altamente sconsigliabile se praticata su Platone, su san Tommaso d'Aquino o su Kant.) Tuttavia non sar inutile qualche minimo cenno su taluni aspetti e contenuti dei saggi qui raccolti, uguali per tematica ma cos divergenti per tono e idee. Il lettore che sappia gi a quali rive approder la valutazione wagneriana di Nietzsche quasi fatalmente legger Richard Wagner a Bayreuth con occhio maligno, come l'esaltazione entusiastica di un tifoso che di l a pochi anni diverr un detrattore feroce. Sconsiglierei di mettersi troppo su questa strada, e perch ingenerosa (chi di noi non ha cambiato giudizio, anche radicalmente, su un fenomeno o un personaggio?), e perch pu farci sfuggire o giudicare in modo errato molte cose anche assai pregevoli che in questo scritto si trovano. Certo, nessun critico che non sia prevenuto pu collocare questo saggio tra le opere maggiori e migliori di Nietzsche. Del resto, come abbiamo gi accennato, non ne era molto contento nemmeno l'autore. Ma anche tra

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quelli che ne danno una valutazione tiepida, c' tuttavia chi lo giudica il miglior saggio su Wagner scritto da un letterato che ne dia un apprezzamento in massima parte positivo. Un'affermazione che mi lascia perplesso. Credo infatti che certi saggi su Wagner composti da Thomas Mann non siano inferiori, anzi a mio parere superiori a questo. Un 'altra asserzione molto condivisa che gi in Richard Wagner a Bayreuth Nietzsche manifesti qua e l, sul personaggio da lui studiato, perplessit e critiche velate che preannuncerebbero chiaramente la sua futura apostasia. Mi sembra, innanzi tutto, un 'opinione troppo suggerita dal senno di poi e che forse a nessuno verrebbe in mente se Nietzsche, in seguito, non si fosse convertito in un pretto antiwagneriano. Per di pi, non credo che casa Wagner avrebbe giubilato tanto se nel saggio fossero apparse evidenti tali venature critico-negative. Infine, a ben guardare, Nietzsche, non falsando affatto la realt, espone a quali tentazioni Wagner fosse stato soggetto, che punti bassi abbia attraversato prima di trovare se stesso e la sua arte, quali concessioni di tipo opportunistico e strategico abbia dovuto fare per conquistarsi il pubblico e aggirare gli ostacoli frappostigli da un mondo ancora ostile alla sua riforma. Il che, se mai, ridondava a maggior gloria di un genio che alla fine aveva trionfato, imponendosi in condizioni quasi proibitive. Ora, venendo brevemente al saggio in s, non disapproverei il lettore che sorridesse con un certo fastidio all'esaltazione nietzscheana non solo di Richard Wagner, ma dello stesso ambiente e pubblico di Bayreuth: tutto ci, insomma, che qui gli strappa toni di un 'enfasi alquanto impettita e di una retorica a tratti perfino ingenua. Wagner qui appare bravo in tutto, insigne non solo come musicista e uomo di teatro, ma anche come scrittore, ideologo, filosofo, profeta, storico, mitologo, esteta. Il che parecchio azzardato, soprattutto agli occhi di noi uomini di fine millennio. O, per dire anche questo, significa mettersi totalmente dentro Wagner, sposare le sue ambizioni pi o meno segrete, fare di Wagner quello che nessun genio al mondo nemmeno Goethe o Leonardo da Vinci mai stato. Curioso anche il fatto che un filosofo come Nietzsche, che presto vorr distruggere quasi tutto il passato e scagliare il mondo verso il futuro, qui assuma cos spesso posizioni che sfiorano il reazionario, considerando negativa, malata, patologica tutta la modernit. vero che il mondo moderno rivelava gi allora decadentismo e nevrosi in altissimo grado. Ma prima di tutto c'erano in quel clima germi fecondi di rinnovamento, di una rinascita sia pur problematica e disperata ma effettiva, e di uno sconvolgente interesse (anche in campo strettamente musicale, che Nietzsche, ora con tutta l'attenzione fissa su Wagner, pi tardi tutta assorbita da Bzet, deplorevolmente trascura). Per di pi, se Wagner tutto immerso in questa modernit dal quadro clinico preoccupante, non si pu certo dire che lo stesso Nietzsche ne sia del tutto fuori e che goda la (pur sempre ipotetica) salute di un barbaro o di un ellenico (peraltro molto idealizzato). Dove Nietzsche invece spicca per intelligenza e intuizione ossia l dove Nietzsche gi o di nuovo il grande Nietzsche che tutti ammiriamo quando sa leggere, in Wagner, taluni aspetti che altri, e soprattutto i fans del Maestro, non avevano individuato. Ad esempio il rapporto strettissimo e del tutto nuovo che c' nel dramma musicale di Wagner tra mondo uditivo e mondo visivo. Basta infatti una sola occhiata a tutto il melodramma passato o a lui contemporaneo per notare questa lampante novit. Splendida anche l'idea del dramma wagneriano che vuol darsi un corpo, che anzi tende alla ginnastica (ma-

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gari, aggiungiamo noi, una ginnastica quasi surreale, al rallentatore); e l'altra che, nelle opere del lipsiense, c' una mescolanza di violenta gioia e di paura, cosa che difficile poter affermare con la stessa intensit per altri autori dell'opera in musica. Gli che in Wagner, come Nietzsche vede assai bene, c' un grande attore, un superattore, un demiurgo autoritario, un profeta geniale. (Pi tardi Nietzsche dir su per gi la stessa cosa, ma distorcendo tutto in chiave negativa.) Giusta l'osservazione che Wagner, lungi dal costruire un suo mondo distaccato di bellezza pura, tende avidamente a una sorta di demoniaca comunicabilit, catturando il pubblico non solo dal suo lato sensibile ma anche da quello ideologico. In questo senso vero che Wagner, anche quando scrive note sul pentagramma, fa della filosofia coi suoni, tanto che i suoi Nibelunghi possono essere definiti un enorme sistema di pensiero senza la forma concettuale del pensiero, e ci perch Wagner, con magica astuzia, trasmise i suoi valori, da buon artista e uomo di teatro, attraverso la suggestione immediata e non confutabile del mito. Infine vero che Wagner, portando all'estremo una via descrittivo-evocativa gi imboccata da Berlioz e da Liszt, ha dato un linguaggio a tutto ci che fino allora non aveva mai parlato in musica: e non solo ai pi sfumati o clamorosi sentimenti umani, ma anche e forse soprattutto a ogni aspetto e voce e arcana suggestione della natura. Non proseguo per non venir meno al mio impegno di brevit, ma confido che ogni lettore un po' avvertito riuscir a scoprire, in Richard Wagner a Bayreuth, altri lampi intuitivi, altre formulazioni perfette che appartengono questi e queste s! al miglior Nietzsche. Quanto al Caso Wagner, qui la musica cambia del tutto, l'aria afosa della celebrazione spesso compunta d luogo all'aria pungente, d'alta montagna, d'una stroncatura senza la minima piet. Se nel saggio del 1876 una certa opaca pesantezza si spiegava anche col fatto che Nietzsche citava larghi squarci esplicativi e autoapologetici tratti dagli scritti dello stesso Wagner (e senza citarli tra virgolette, tanta era l'osmosi, l'identificazione tra lo scrivente e il suo idolo), qui Nietzsche compiutamente solo con se stesso e si abbandona a quella vena a cui dobbiamo le sue cose pi originali, e indimenticabili: la vena iconoclasta, sovvertitrice, beffarda e spesso atrocemente ma quasi mai volgarmente offensiva. Il sadismo forte, in quest'uomo dal tratto umano quasi sempre squisitamente cortese, e si sente che un gran godimento, per lui, sferzare a sangue persone e cose che per molti sono oggetto di culto o, se non altro, di rispetto. In questo senso, e anche per la sua impeccabilit stilistica, per il vivacissimo dinamismo della sua catena argomentativa, il Caso Wagner pu essere incluso tra i suoi capolavori. Oltre tutto come quasi tutti gli scritti polemici e aggressivi una lettura che stuzzica la nostra pi pettegola malizia. Il Wagner che vien fuori da queste pagine scintillanti e brucianti un mostro di patologia estrema e, pertanto, in un 'et malata e pervertita come quella in cui Nietzsche si sente condannato a vivere, di somma pericolosit. Decadente marcio, passatista con velleit di rivoluzionario, commediante istrione teatrante al massimo grado, cristiano falso ma comunque tendente al rilancio del cristianesimo quando per Nietzsche urge affermare la morale dei signori, distruttore in musica tanto del ritmo quanto della melodia, anzi musicista non per istinto quanto per volont autoritaria di soggiogare le masse (e qui salta fuori, dal torinese temporaneo Nietzsche, un raffronto con Vittorio Alfieri), umido nordico quando occorrerebbe essere mediterranei e africani (e qui leggiamo il dispettoso anche se splendido

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panegirico di Bizet), utopista idealista pessimista in tempi che reclamano un realismo magari biologico ma senza illusioni n vane paure, femminista sentimentale che svirilizza il mondo, del peggior germanesimo hegeliano ma, al tempo stesso, forse nemmeno un vero tedesco (Nietzsche, quando in vena, salta le contraddizioni come un buon cavallo gli ostacoli), Minotauro che rapisce i giovani e le donne per portarli nella sua caverna, barocco e perci distruttore della musica come il Bernini fu, per Nietzsche, la rovina della scultura, totalmente privo della sana vitalit magari animale di un Hndel o di un Rossini, droga e alcool e seduzione strisciante in forma di musicista, fanatico del solo teatro che, per Nietzsche (tesi sconcertante per un tale ammiratore del dramma greco e di Shakespeare!), sempre un di sotto dell'arte, buono solo per le masse... Chi legga questi nostri poveri appunti e conosca Wagner pu anche pensare che, a parte qualche lampo di verit luccicante come una pepita in un monte di sabbia, il libello di Nietzsche sia poco pi che un'accozzaglia di insulti gratuiti lanciati alla cieca. Invece dunque, occorre leggerlo tutto e con attenzione questo saggio, anche dove sostiene cose che oggi nessuna persona dotata di gusto e di mente sana potrebbe pi condividere, almeno in questa forma estrema, un, come dire?, un vibromassaggiatore che ci scuote e ci squassa con molta durezza, ma che ci mette in buona forma e ci schiarisce la mente: magari per effettuare una controstroncatura alla stroncatura dello stesso Nietzsche (e non ci che, infondo, quest'uomo radicale ha sempre desiderato dai suoi lettori, magari risentendosi quando qualche suo discepolo dimostrava di diventare troppo indipendente?). un po' il caso dell 'Anticristo. Davvero sprovveduto il cristiano che, dopo averlo letto, perde la fede in Ges. Conosco invece diversi cristiani che, passati attraverso quel terribile filtro, hanno acquistato una fede pi pura, robusta, adulta, finendo per dovere pi a Nietzsche che a tanti teologi e apologeti soporiferi. Dunque, data la gelida passione da cui questo saggio pervaso e l'acutissima intelligenza che lo anima, anche le martellate omicide da noi parzialmente elencate si risolvono in un corso di acuizione mentale e nervosa che pu persino giovare ad apprezzare meglio lo stesso Wagner. Ci sono per anche giudizi e segnalazioni dove quasi impossibile non dar ragione a Nietzsche, sia che tali appunti denuncino una vera pecca di Wagner, sia che lo caratterizzino solo in maniera utile ma neutra (ad esempio, che Wagner sia umido Nord) o che tenda a quella che Nietzsche chiama con orrore dcadence vero: ma dove sta scritto che si debba assolutamente mediterranizzare la musica o che non si possa fare arte grandissima (si pensi a Baudelaire, a Strindberg, a Rimbaud, allo stesso Dostoevskij, tanto caro a Nietzsche) interpretando e vivendo a fondo le nevrosi e le malattie del proprio tempo anzich ostentare, con sterile operazione volontaristica, una salute e integrit ormai retaggio irrecuperabile del passato? Tra le gemme che la quasi magica perspicacia di Nietzsche offre al lettore, segnalerei quella di vedere in Wagner, qualunque giudizio poi se ne dia, un riassunto vvente, un caso istruttivo che aiuta come nessun altro a capire che cosa sia di geniale o di pericoloso o di entrambe le cose quella modernit dalla quale qui Nietzsche prende cos irosamente le distanze. Oppure quella definizione dell'orchestra wagneriana (brutale, artificiosa, e "incolpevole" a un tempo) che, per quanto parziale e perci anche ingiusta, tuttavia smagliante. Addirittura famosa la scoperta di un Wagner che sarebbe ammirabile solo (ed questa la parola da scartare) nell'invenzione del minimo, del particolare, tanto da apparirci come il massimo tra i

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miniaturisti musicali, oltre che un grande melanconico e un uomo inclinato alla compassione. Benissimo, tutto vero, non si potrebbe dire meglio. Tranne che bisogna doverosamente aggiungere che Wagner anche un architetto alla grande, un affrescatore mirabile di immense pareti, un titano insidioso e discutibile ma un titano. Non meno vero che Wagner mira sempre a ipnotizzare con la sua musica, a schiavizzare e drogare chi lo ascolta: ma da tutti, questo? o forse il caso di cedere al moralismo, al questo non sta bene quando ci si trova di fronte alla grande arte? Anche la lunghezza terrificante delle situazioni un'innegabile caratteristica wagneriana. A volte una vera e propria menda (si ricordi solo l'interminabile querimonia del povero Marke nel secondo atto del Tristano) ma non anche una stigmata che fa di questo musicista un unicum e che, se appena resistiamo alle nostre pigrizie, esercita un fascino assolutamente senza confronti? Tuttavia, in s, l'osservazione azzeccata, e in bocca a Nietzsche sembra quasi vincente. Del resto lo stesso Nietzsche, poco dopo, riconosce che Wagner ha dilatato smisuratamente le possibilit del linguaggio musicale. Un 'osservazione illuminante che i problemi di Wagner e dei suoi personaggi sono quelli che interessano oggi i pccoli dcadents parigini... Problemi assolutamente da grande citt. Massimo Mila applaude, ma con una conclusione che a Nietzsche avrebbe fatto rabbia: Santo cielo! proprio questo per noi la ragione della grandezza di Wagner e ci rende indispensabile la sua musica, divertendosi poi a ripresentare sotto forma moderna, modernissima (Brunilde sessantottina, ecc.) quei colossi canori che, a un primo convenzionale esame, parevano solo figure mitiche emerse dalle nebbie di un Nord ancora popolato di draghi. Ancora innegabile che a Wagner difetta la gaia scienza, mancano i piedi leggeri che Nietzsche in quegli anni amava tanto. Teniamone conto, non facciamoci ingannare da eventuali schiarite facete e saltellanti dello stesso Wagner (ad esempio nei Maestri cantori), dove la pesantezza teutonica continua a dominare, e neanche tanto nascosta. Ma, rese le debite grazie a Nietzsche, non forse vero che Mozart, dal canto suo, non ha le lungaggini e i mitizzati filosofemi di Wagner? Ma chi si sognerebbe di farne una colpa al divino salisburghese? E mi fermo qui, perch il lettore ha diritto a non farsi orientare troppo. Quanto al terzo scritto, Nietzsche contra Wagner (composto anch 'esso a Torino nel 1888, poi ritirato, infine pubblicato nel 1889 quando l'autore era gi sprofondato nella follia), come uno scoppiettante fuoco d'artificio dopo una parata gloriosa ma un tantino enfatica Richard Wagner a Bayreuth) e un duello senza esclusione di colpi, ma con uno schermidore che si batte solo contro un 'ombra pur dando l'idea di surclassare l'avversario (l caso Wagner/ Per sfatare la leggenda secondo la quale egli sarebbe diventato antiwagneriano solo negli ultimi anni, Nietzsche antologizza diverse dichiarazioni e osservazioni da lui scritte e pubblicate in anni molto precedenti, partendo dal 1876. In esse i suoi dubbi su Wagner, poi divenuti un netto rifiuto, affioravano abbastanza chiari o erano espressi con esplicitezza inequivocabile. Anche questo libretto vivace, acutissimo, perfido, sadicamente divertito e divertente. Se non esistesse II caso Wagner potremmo gustarlo molto di pi. Ma, venendo dopo quel capolavoro di demolizione sistematica ed estrosa insieme, Nietzsche contra Wagner mi par solo una lettura interessante, perch in sostanza non porta incriminazioni nuove a quelle gi formulate in Der Fall Wagner. Tuttavia, alcune novit ci sono. Poniamo: Wagner ci d una musica senza avvenire; Wagner im-

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poverimento vitale, come Schopenhauer e il cristianesimo; Wagner pi autore per i sofisticatissimi Francesi che per i rozzi Tedeschi; Parsifal un attentato all'eticit; la confessione di Nietzsche che, pur godendo di essersi liberato da Wagner, ora egli si sente tremendamente solo. E poi, anche certe cose gi dette, qui vengono riproposte in altre forme e con altre sfumature. Insomma, questa raccolta tutta da leggere: da litigarci senza timidezze o da approvare con vera festa. In nessun caso da prendere come un penso accademico, come un saggio erudito. Ma non dimenticando nemmeno perch d un brivido che aiuta a capir meglio che queste pagine comunque geniali (la pertinenza dei giudizi pu davvero essere un altro discorso) nascono da un uomo che dopo poche settimane sarebbe impazzito, per poi vegetare in una tragica demenza per altri undici anni. E che bersagliavano un ex amico che gi da cinque anni giaceva nella tomba. Oggi, sia gli scritti di Nietzsche sia la musica di Wagner sono pi vivi che mai. Un fatto che aggiunge, a queste distruttive scorrerie critiche, un pizzico di malizioso umorismo.
ITALO ALIGHIERO CHIUSANO

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Perch un avvenimento abbia grandezza, debbono concorrervi due cose: il grande animo di coloro che lo producono, e il grande animo di coloro che lo vivono. Di per s nessun avvenimento ha grandezza, neanche quando scompaiono intere costellazioni, popoli periscono, vengono fondati grandi Stati, e condotte guerre con forze e perdite enormi: il soffio della storia spazza via molti fatti del genere come fiocchi di neve. Accade anche, per, che un grande uomo sferri un colpo che si smorzi senza effetto contro una dura roccia: una breve, acuta risonanza, e tutto finisce. La storia non ha da riferire quasi nulla neanche di questi avvenimenti per cos dire soffocati. Cos, chiunque veda approssimarsi un avvenimento, colto dal dubbio segreto se coloro che lo vivranno ne saranno degni. Su questa corrispondenza di azione e ricettivit si conta e ad essa si mira sempre, quando si agisce, nelle pi piccole come nelle pi grandi cose; e colui che vuole dare deve veder di trovare destinatari che rendano giustizia al senso del suo dono. Appunto per questo anche la singola azione persino di un uomo grande non ha grandezza, se essa breve, monca e sterile, giacch nell'istante in cui egli la compiva, doveva comunque mancargli la convinzione profonda che essa fosse necessaria proprio in quel momento: non aveva preso la mira con sufficiente perspicacia, non aveva individuato e scelto il momento con la dovuta precisione: si era fatto dominare dal caso, mentre l'esser grandi e l'avere il senso della necessit sono cose strettamente collegate. Pertanto, la preoccupazione e il dubbio se ci che avviene ora a Bayreuth avvenga al momento giusto e sia necessario, li lasciamo volentieri a coloro i quali dubitano che Wagner abbia il senso di quel che necessario. Noi, pi fiduciosi, a questo dobbiamo guardare, che egli crede tanto alla grandezza della sua azione quanto al grande animo di coloro che dovranno conoscerla. Di questo debbono andare orgogliosi tutti coloro nei quali riposta questa fiducia, pochi o molti che siano infatti, che non siano tutti, che questa fiducia non sia riposta nell'intera epoca, e nemmeno in tutto il popolo tedesco cos come esso oggi si manifesta, ce l'ha detto lui stesso, in quel discorso inaugurale del 22 maggio 1872, e tra noi non c' alcuno che a questo proposito possa obiettargli qualcosa di confortante. Solo voi avevo disse egli allora, gli amici della mia arte singolare, della mia pi peculiare attivit e creativit, ai quali rivolgermi coi miei progetti come a persone partecipi: solo a voi potevo chiedere aiuto per la mia opera, per poter presentare quest'opera, pura e non snaturata, a coloro che mostravano seria propensione per la mia arte, anche se finora essa pot venir loro presentata solo impura e deformata. A Bayreuth vai la pena di guardare anche lo spettatore, non c' dubbio. Uno spirito saggio e contemplativo, che trascorresse da un secolo all'altro

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per confrontare i movimenti culturali pi rimarchevoli, avrebbe l molto da vedere; dovrebbe sentire di trovarsi improvvisamente in acque calde, come uno che nuotasse in un lago e giungesse vicino a dove sgorga una sorgente calda: questa deve provenire da fondali diversi, pi profondi, egli si dice, l'acqua qui attorno non la spiega, e in ogni caso ha origine essa stessa in un livello pi vicino alla superficie. Cos tutti coloro che celebrano la festa di Bayreuth verranno considerati uomini inattuali: hanno la loro patria altrove che in quest'epoca, e altrove trovano tanto la loro spiegazione quanto la loro giustificazione. Mi divenuto sempre pi chiaro che l'uomo colto, nella misura in cui sia totalmente e compiutamente il frutto di questo presente, pu accostarsi a tutto ci che Wagner fa e pensa soltanto attraverso la parodia cos come tutto stato oggetto di parodia e che vuol farsi illuminare anche l'avvenimento bayreuthiano dall'assai poco magica lanterna dei nostri faceti giornalisti. Ed gi una fortuna se ci si limita alla parodia! In essa si scarica uno spirito di estraniamento e di ostilit che potrebbe cercare ben altri mezzi e vie, e talvolta anche li ha cercati. Quell'osservatore della cultura coglierebbe anche questa insolita acutezza e tensione dei contrasti. Che un individuo, nel corso di una normale vita umana, possa presentare qualcosa di insolitamente nuovo, pu ben fare indignare tutti coloro che giurano sulla gradualit di ogni sviluppo come su una specie di legge morale: sono essi stessi lenti, ed esigono lentezza ed ecco che vedono uno molto veloce, non sanno come faccia, e si adirano con lui. Per un'impresa come quella bayreuthiana non vi furono segni premonitori, transizioni, mediazioni; nessuno all'infuori di Wagner conosceva la lunga strada che portava alla meta e la meta stessa. la prima circumnavigazione del mondo nel campo dell'arte: nella quale, a quanto sembra, fu scoperta non soltanto un'arte nuova, ma l'arte stessa. Per questo tutte le arti moderne sinora esistite sono per met svalorizzate, come arti intristite nella solitudine o come arti di lusso; anche le incerte e frammentarie reminiscenze di un'arte vera, che noi moderni avevamo ereditata dai Greci, possono ora riposare in pace, nella misura in cui oggi non riescano a splendere in una nuova sensibilit. Per molte cose oggi tempo di morire; la nuova arte una veggente che vede avvicinarsi il tramonto non soltanto per le arti. La sua mano ammonitrice dovr apparire molto inquietante a tutta la nostra cultura attuale dal momento in cui si spegneranno le risate sulle sue parodie: rida pure, comunque, e si diverta ancora per un po'! Noi invece, discepoli dell'arte risorta, avremo tempo e voglia per la seriet, per la sacra, profonda seriet! Il parlare e il vociare che sino ad ora la cultura ha fatto sull'arte dobbiamo oggi considerarlo come un'impudente indiscrezione; tutto ci obbliga al silenzio, al quinquennale silenzio pitagorico. Chi di noi non si insozzato animo e mani nella ripugnante idolatria della cultura moderna? Chi non ha bisogno dell'acqua lustrale, chi non ode la voce che lo ammonisce: Silenzio e purezza! Silenzio e purezza!? A noi soltanto, come a coloro che ascoltano questa voce, viene data anche quella lunga vista con la quale dobbiamo guardare all'avvenimento di Bayreuth: e solo in questa vista riposto il grande futuro di questo avvenimento. Quando, quel giorno di maggio dell'anno 1872, fu posta la prima pietra sulla collina di Bayreuth, sotto una pioggia torrenziale e un cielo rabbuiato, Wagner torn in citt con alcuni di noi: se ne stava in silenzio, scrutando a lungo dentro di s con uno sguardo impossibile a descriversi. Quel giorno egli entrava nel sessantesimo anno di vita: tutto il suo passato era stato soltanto la preparazione di quel momento. Si sa che, in un momento

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di pericolo eccezionale, oppure in genere di fronte a una decisione importante per la loro vita, gli uomini condensano in una visione interiore infinitamente accelerata tutto quel che hanno vissuto sino allora, e riconoscono con rarissima acutezza le cose pi vicine come quelle pi lontane. Che cosa pu aver visto Alessandro Magno nell'istante in cui fece bere dalla stessa coppa Asia ed Europa? Ma ci che Wagner vide nel proprio intimo quel giorno come era divenuto, quel che era, quel che sarebbe stato noi, i pi vicini a lui, possiamo vederlo solo fino a un certo punto: e solo partendo da questa visione wagneriana potremo comprendere la sua stessa grande impresa per garantire con questa comprensione la fecondit di essa.
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Sarebbe strano se ci che qualcuno sa far meglio e fa pi volentieri non si rendesse percepibile anche in tutta l'impostazione della sua vita; anzi, in uomini di capacit straordinarie la vita diventa necessariamente non soltanto l'immagine del carattere, come accade per tutti, ma anche e soprattutto lo specchio dell'intelletto e delle sue pi peculiari facolt. La vita del poeta epico porter in s qualcosa dell'epos come, per inciso, il caso di Goethe, nel quale i Tedeschi molto a torto vedono abitualmente soprattutto il lirico , la vita del drammaturgo si svolger drammaticamente. Nella formazione di Wagner l'elemento drammatico non va affatto misconosciuto, a partire da quando la passione in lui dominante prende coscienza di s e coinvolge e unifica tutta la sua natura: a questo punto cessano i tentativi, gli andirivieni, il proliferare di germogli secondari, e nei percorsi e nei mutamenti pi intricati, nelle arcate spesso avventurose dei suoi progetti regna un'unica legge interiore, una volont che li rende spiegabili, per quanto sorprendenti possano spesso suonare queste spiegazioni. Ci fu per nella vita di Wagner una parte pre-drammatica, la sua infanzia e giovinezza, e non si pu trascurare questa parte senza trovarsi di fronte a degli enigmi. Egli stesso non sembra ancora affatto annunciato; e quel che adesso, con sguardo retrospettivo, potrebbe interpretarsi come un annuncio, appare invece a prima vista come un confuso insieme di qualit che sembrerebbero dover suscitare pi dubbi che speranze: uno spirito di irrequietezza, di eccitabilit, una fretta nervosa di afferrare cento cose, un gusto appassionato per stati d'animo quasi morbosi e di grande tensione, un trapassare improvviso da momenti di spiritualissima quiete interiore alla violenza e allo schiamazzo. Non conobbe la costrizione di un severo esercizio artistico per tradizione o volont familiare: la pittura, la poesia, l'arte drammatica, la musica gli si avvicinarono quanto l'educazione e il futuro dello studioso; chi guardava superficialmente, poteva pensare che egli fosse nato per essere un dilettante. Il piccolo mondo in balia del quale crebbe, non era tale che ci si potesse felicitare con un artista di avere una simile patria. Conobbe il pericoloso piacere dei rapidi assaggi intellettuali, come pure la presunzione, legata al sapere un po' di tutto, che di casa nelle citt dei dotti; il sentimento veniva facilmente eccitato e superficialmente soddisfatto; ovunque guardasse, il ragazzo si vedeva circondato da strane creature saccenti ma attive, con le quali il variopinto teatro stava in contrasto ridicolo, e il suono della musica, che soggioga l'anima, in contrasto incomprensibile. Ora, chi suole conoscere per raffronti, in genere si accorge di quanto raramente proprio l'uomo moderno, che abbia ricevuto in dote un alto ingegno, possieda nella sua infanzia e nella sua giovinezza l'attributo dell'ingenuit, della schietta peculiarit e personalit, sia pure in piccola

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misura; invece quei rari che, come Goethe e Wagner, giungono all'ingenuit, la possiedono comunque pi nell'et adulta che da bambini e da giovani. Soprattutto l'artista, nel quale innata in particolare misura la forza imitativa, sar inevitabilmente assalito, come da una violenta malattia infantile, dalla svigorita poliedricit della vita moderna; da fanciullo e da giovane egli somiglier pi a un vecchio che al suo vero se stesso. L'archetipo mirabilmente calzante del giovane, il Sigfrido dell'Anello del Nibelungo, poteva crearlo solo un uomo, e un uomo che avesse trovato solo tardi la sua giovinezza. Tardi come la sua giovinezza giunse per Wagner l'et adulta, sicch almeno in questo egli l'opposto di una natura precoce. Al sopraggiungere della sua virilit spirituale e morale, comincia anche il dramma della sua vita. E adesso il quadro com' mutato! La sua natura appare terribilmente semplificata, lacerata in due impulsi o sfere. Ribollono nel profondo le rapide di una volont irruente, che vuol per cos dire giungere in superficie per ogni via, per ogni cavit e gola, e aspira alla potenza. Solo una forza totalmente libera e pura poteva additare a questa volont una via verso la bont e la carit; alleata a uno spirito angusto, una volont siffatta, con la sua illimitata e tirannica brama, sarebbe potuta diventare una sciagura; e comunque bisognava trovar presto un passaggio verso l'aperto, e che finalmente giungessero anche aria limpida e sole. Uno sforzo possente, al quale sia dato di guardare continuamente al suo insuccesso, rende cattivi; l'insufficienza pu a volte risiedere nelle circostanze, nell'irrevocabilit del destino, e non nella mancanza di forza; ma colui che non pu rinunciare allo sforzo nonostante questa insufficienza, si sente per cos dire non all'altezza del suo giuramento, e quindi irritabile e ingiusto. Forse cercher negli altri le cause del suo fallimento, e potr addirittura con odio appassionato trattare tutti da colpevoli; forse anche proceder caparbiamente per vie secondarie e nascoste, oppure ricorrer alla violenza; cos accade che, sulla via del meglio, anche nature buone si imbarbariscano. Persino tra coloro che perseguivano soltanto la propria edificazione morale, gli eremiti e i monaci, si trovano uomini imbarbariti e completamente malati, svuotati e divorati dall'insuccesso. Ci fu uno spirito amorevole, che persuadeva in modo indicibilmente soave con la bont e la dolcezza, che odiava la violenza e l'autodistruzione e non voleva vedere nessuno in catene: costui parl a Wagner. Si pos accanto a lui e lo avvolse consolatore nelle sue ali, mostrandogli la via. Noi gettiamo uno sguardo nell'altra sfera wagneriana: ma come descriverla? Le figure che un artista crea non sono lui stesso; ma la serie di figure a cui egli evidentemente legato con intimo amore, dice tuttavia qualcosa dell'artista stesso. Ora si ponga mente a Rienzi, all'Olandese volante e a Senta, a Tannhauser ed Elisabetta, a Lohengrin ed Elsa, a Tristano e Marke, ad Hans Sachs, Wothan e Brunilde: scorre in tutti e li collega un fiume sotterraneo di nobilitazione ed elevazione morale, che fluisce sempre pi chiaro e puro e qui ci troviamo, anche se con pudico ritegno, davanti a un intimo divenire dell'anima di Wagner. In quale artista dato scorgere qualcosa di simile in simile grandezza? I personaggi di Schiller, dai Masnadieri sino a Wallenstein e a Teli, percorrono un'analoga via di nobilitazione e anch'essi rivelano qualcosa del divenire del loro autore, ma in Wagner la scala ancora pi grande, la via pi lunga. Tutto partecipa a questa catarsi e la esprime, non soltanto il mito ma anche la musica; nell'Anello del Nibelungo trovo la musica pi morale che io conosca, per esempio quando Brunilde viene svegliata da Sigfrido; qui egli s'innalza a una tale altezza e a una tale sacralit di sentimento, che vien fatto di pensare all'ar-

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dor glaciale delle cime innevate delle Alpi; tanto pura, solitaria, ardua, lontana dalle basse passioni, avvolta dalla luce dell'amore si erge qui la natura; nubi e tempeste, anzi persino il sublime, sono sotto di essa. Volgendo lo sguardo di lass a Tannhauser e all'Olandese, sentiamo come l'uomo Wagner sia divenuto: come inizi oscuro e inquieto, come cerc tempestosamente soddisfazione, come aspir alla potenza, all'inebriante godimento, spesso fuggendo via nauseato, come volle gettar via da s il fardello e desider dimenticare, negare, rinunciare l'intero fiume precipitava ora in questa, ora in quella valle e penetrava nelle gole pi oscure: nella notte di questo fermento semisotterraneo apparve, alta sopra di lui, una stella dal triste splendore, ed egli la chiam, come la riconobbe: fedelt, disinteressata fedelt! Perch essa risplendette per lui pi limpida e pura di tutto? quale segreto racchiude la parola fedelt per l'intero suo essere? Giacch in tutto quel che ha pensato e poetato egli ha impresso l'immagine e il problema della fedelt, nelle sue opere c' una serie quasi completa di tutte le possibili specie di fedelt, tra cui le pi meravigliose e raramente immaginate: la fedelt di fratello a sorella, di amico a amico, di servitore a padrone, di Elisabetta a Tannhauser, di Senta all'Olandese, di Elsa a Lohengrin, di Isotta, Kurwenal e Marke a Tristano, di Brunilde all'intimo desiderio di Wothan solo per iniziare la serie. l'esperienza originaria pi sua, che Wagner vive dentro di s e venera come un mistero religioso: questa egli esprime con la parola fedelt, questa egli non si stanca mai di far risaltare in cento forme, donandole nella piena della sua gratitudine ci che di pi magnifico egli possiede e sa quella meravigliosa esperienza e conoscenza secondo cui l'una sfera del suo essere rimase fedele all'altra, serbando fede per libero, disinteressatissimo amore: la sfera creativa, innocente, pi luminosa, a quella oscura, indomabile e tirannica.
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Nel reciproco comportamento delle due forze profondissime, nella dedizione dell'una all'altra stava la grande necessit, per la quale soltanto egli poteva rimanere intero e se stesso: e nel contempo l'unica cosa che egli non avesse in suo potere, che dovesse constatare e accettare, mentre vedeva avvicinarglisi sempre di nuovo la tentazione dell'infedelt e i suoi tremendi pericoli. Qui scorre un'abbondante fonte di dolori per colui che diviene, l'incertezza. Ciascuno dei suoi impulsi tendeva alla dismisura, tutte le qualit che allietano l'esistenza volevano separarsi e soddisfarsi ciascuna per s; quanto maggiore era la loro esuberanza, tanto maggiore era il tumulto, e pi ostile il loro incrociarsi. Inoltre il caso e la vita incitavano a conquistare potenza, splendore, ardentissimo piacere, ancor pi spesso lo tormentava la spietata necessit di dover vivere; dappertutto c'erano catene e trappole. Com' possibile in queste circostanze serbare fedelt, restare integri? Questo dubbio lo sopraffaceva spesso, e si esprimeva al modo in cui appunto dubita un artista, in forme artistiche: Elisabetta per Tannhauser pu soltanto soffrire, pregare e morire, con la sua fedelt salva quell'incostante ed eccessivo, ma non per questa vita. pericoloso e disperato il percorso di vita di ogni vero artista che sia stato destinato a nascere nei tempi moderni. Egli pu giungere in molti modi alla gloria e al potere, tranquillit e soddisfazione gli si offrono in molti modi, per sempre nella forma in cui le conosce l'uomo moderno, e nella quale esse inevitabilmente diventeranno esalazioni soffocanti per l'artista onesto. Nella tentazione a ci, e cos pure nel rifiuto di questa tentazione stanno i suoi pericoli, nella

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ripugnanza per i mezzi moderni di ottenere piacere e considerazione, nella rabbia per ogni egoistico benessere cos come lo intende l'uomo moderno. Si provi a immaginarlo in un impiego come Wagner, che dovette ricoprire la carica di direttore d'orchestra nei teatri di citt e di corte; si comprenda come l'artista pi serio voglia ottenere con la forza la seriet l dove le istituzioni moderne sono sistematicamente costruite con leggerezza ed esigono leggerezza; come questo gli riesca in parte e sempre fallisca nell'insieme; come la nausea gli si avvicini ed egli voglia fuggire, e non trovi nessun luogo dove fuggire, e ogni volta egli debba tornare tra gli zingari e i proscritti della nostra cultura, come uno dei loro. Strappandosi da una situazione, raramente riesce a raggiungerne una migliore, e talvolta cade nella pi profonda indigenza. Cos Wagner cambi citt, compagni, paesi, e quasi non si riesce a comprendere tra quali esigenze e ambienti egli abbia potuto comunque resistere per qualche tempo. Su gran parte della sua vita trascorsa grava un'aria pesante; era quasi come se non sperasse pi in cose generali, ma soltanto dall'oggi al domani, e cos invero non disperava, ma nemmeno credeva. Come un viandante cammina nella notte oppresso da un pesante fardello e profondamente stanco, eppure eccitato dalla veglia, cos egli dev'essersi spesso sentito; ai suoi occhi una morte improvvisa non appariva allora come un orrore, ma come un fantasma seducente e leggiadro. Fardello, strada e notte, tutto sparito in un attimo! ci suonava allettante. Cento volte ancora egli torn a gettarsi nella vita, con quella sua speranza dal breve respiro, lasciandosi tutti i fantasmi alle spalle. Ma nella maniera in cui lo faceva, c'era quasi sempre una mancanza di misura, segno che egli non credeva profondamente e saldamente a quella speranza, ma soltanto se ne inebriava. Il contrasto fra il suo desiderio e la sua semicapacit o incapacit di soddisfarlo, lo tormentava come una spina; eccitata dalla continua privazione, la sua immaginazione si perdeva nell'eccesso, se per una volta quell'angustia si faceva improvvisamente meno opprimente. La vita diventava sempre pi intricata; ma anche sempre pi arditi, pi ricchi d'inventiva erano i mezzi e le scappatoie che egli, drammaturgo, scopriva, bench altro non fossero che ripieghi, motivi pretestuosi che illudevano per un momento e che solo per un momento venivano inventati. Li appresta con la rapidit del lampo, e altrettanto rapidamente li consuma. Vista molto da vicino e senza amore, la vita di Wagner ha in s, per ricordare un pensiero di Schopenhauer, moltissimo della commedia, e di una commedia stranamente grottesca. Quanto il sentimento di ci, l'ammissione di una grottesca mancanza di dignit lungo interi tratti della sua vita dovettero agire sull'artista, che pi di chiunque altro pu respirar liberamente soltanto nel sublime e nel pi che sublime questo, a chi pensa, d da pensare. In mezzo a un siffatto travaglio, che solo con la pi esatta descrizione pu ispirare il grado di compassione, di spavento e di stupore che merita, si sviluppa un'attitudine per l'imparare del tutto insolita anche per i Tedeschi, che sono il popolo che impara per eccellenza; e da questa attitudine nacque un nuovo pericolo, addirittura pi grande di quello di una vita sradicata e volubile, trascinata in tutte le direzioni da un delirio senza pace. Da novizio che si cimenta e cerca, Wagner divent un maestro poliedrico della musica e della scena, e un inventore e promotore di tutti i necessari presupposti tecnici di queste. Nessuno pi gli contester la gloria di aver fornito il modello supremo di tutta l'arte della grande esecuzione. Ma divenne anche molto di pi, e per diventare l'una e l'altra cosa non gli venne risparmiato, come a chiunque, l'apprendistato attraverso cui si perviene al-

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la suprema cultura. E il modo in cui lo fece! un godimento assistervi: da ogni parte la cosa cresce addosso a lui, dentro di lui, e pi grande e ardua la costruzione, pi teso diventa l'arco del pensiero ordinatore e dominatore. Eppure raramente fu reso difficile come a lui trovar le vie d'accesso alle scienze e alle conoscenze, e varie volte egli dovette improvvisare tali vie d'accesso. L'innovatore del semplice dramma, lo scopritore del ruolo delle arti nella vera societ umana, l'interprete poetico di lontane concezioni di vita, il filosofo, lo storico, l'estetico e il critico Wagner, il maestro della lingua, il mitologo e poeta del mito, il quale tracci per la prima volta un cerchio attorno alla enorme, magnifica forma primigenia e vi incise le rune del suo spirito quale pienezza di sapere dovette riunire e abbracciare, per poter diventare tutto questo! Eppure n questa somma soffoc la sua volont d'azione, n le cose singole e pi attraenti lo sviarono. Per valutare la straordinariet di questo comportamento, si prenda come esempio la grande immagine speculare di Goethe che, come discente e sapiente, appare come una rete fluviale dalle amplissime diramazioni, che per non riversa l'intera sua forza in mare, ma nei suoi percorsi e nelle sue anse ne perde e ne riversa almeno tanta, quanta ne porta con s alla foce. vero, una natura come quella di Goethe ha e d pi diletto, circonfusa da un'aura mite e nobilmente prodiga, mentre il corso e la violenta corrente di Wagner possono forse spaventare e sgomentare. Ma tema chi vuole: noi altri vogliamo diventare tanto pi coraggiosi, per il fatto che ci dato di vedere con i nostri occhi un eroe che, anche riguardo alla cultura moderna, non ha imparato la paura. Altrettanto poco egli ha imparato a trovar quiete nella storia e nella filosofia e a estrarre per s, dai loro effetti, proprio quelli che magicamente placano e dissuadono dall'azione. N l'artista creativo n l'artista combattivo lasci che lo studio e la cultura lo distogliessero dal suo percorso. Non appena la sua forza plasmatrice lo assale, nelle sue mani la storia diventa una duttile argilla; allora d'improvviso egli le si pone dinnanzi in modo diverso da quello di qualunque altro dotto, simile piuttosto al modo in cui il Greco si poneva dinnanzi al suo mito, come davanti a qualcosa su cui si forma e si poeta, con amore e con una certa timorosa devozione, ma anche col diritto di sovranit del creatore. E proprio in quanto essa per lui ancor pi pieghevole e mutevole dei sogni, egli pu poeticamente introdurre nel singolo evento ci che tipico di intere epoche, e giungere cos a una verit di rappresentazione a cui lo storico non giunge mai. Dove altro il Medioevo cavalleresco entrato carne e spirito in una forma, come avvenuto nel Lohengrin! E i Maestri cantori non narreranno, anche nei tempi pi lontani, della natura tedesca, anzi, pi che narrarne, non saranno piuttosto uno dei frutti pi maturi di questa natura, che vuol sempre riformare e non rivoluzionare, e che sull'ampia base del suo benessere non ha tuttavia disimparato il pi nobile malessere, quello dell'azione innovatrice? E proprio a questa specie di malessere Wagner fu spinto sempre di nuovo dal suo occuparsi di storia e filosofia: in queste non trov solamente armi ed equipaggiamento, ma soprattutto sent il soffio entusiasmante che spira dalle tombe di tutti i grandi combattenti, di tutti i grandi sofferenti e pensatori. Nulla pu meglio staccarci da tutta l'epoca presente dell'uso che facciamo della storia e della filosofia. Alla prima, cos come di solito la si intende, sembra sia oggi toccato il compito di lasciar prender fiato all'uomo moderno, che ansante e affaticato rincorre te sue mete, cosicch per un momento egli possa per cos dire sentirsi libero dai finimenti. Quello che, nell'agitazione dello spirito della Riforma, solo Montaigne sottolinea, un

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trovar pace in se stessi, un quieto esser per s e un prender fiato e in questo modo lo sent certamente il suo miglior lettore, Shakespeare , questo oggi la storia per lo spirito moderno. Se da un secolo i Tedeschi si sono specialmente dedicati agli studi storici, ci mostra che essi, nel movimento del mondo moderno, sono la forza che trattiene, che rallenta, che acquieta: cosa che forse alcuni potrebbero volgere a loro elogio. In complesso per un sintomo pericoloso il fatto che le battaglie spirituali di un popolo si rivolgano principalmente al passato, un segno di rilassamento, di regressione e di debolezza: sicch essi ora sono esposti in modo assai pericoloso a ogni febbre che dilaghi, per esempio a quella politica. Nella storia dello spirito moderno i nostri dotti rappresentano, in contrapposizione a tutti i movimenti di riforma e di rivoluzione, un simile stato di debolezza, non si sono posti il compito pi fiero, ma soltanto assicurati una loro personale forma di tranquilla felicit. Ogni passo pi libero e virile porta bens oltre di loro anche se per nulla affatto oltre la storia stessa! Questa alberga ancora in s ben altre forze, come appunto intuiscono le nature come Wagner: solo che essa dev'esser finalmente scritta in un senso molto pi serio e severo, da un animo possente, e soprattutto non pi ottimisticamente, com' sempre stato sino ad ora, quindi diversamente da come i dotti tedeschi hanno fatto sino ad oggi. In tutti i loro lavori c' un che di attenuante, di servile e soddisfatto, e il modo in cui vanno le cose a loro sta bene cos. gi molto se qualcuno dichiara di esser contento soltanto perch le cose sarebbero potute andare ancor peggio: la maggior parte di loro crede istintivamente che vadano benissimo cos come sono andate. Se la storia non fosse tuttora una teodicea cristiana camuffata, se fosse scritta con maggiore giustizia e fervore di partecipazione, allora realmente essa potrebbe meno di qualsiasi altra cosa essere usata per lo scopo al quale oggi asservita: come oppio contro ogni sovvertimento e ogni innovazione. Lo stesso accade con la filosofia: dalla quale i pi non vogliono imparare altro che a capire approssimativamente molto approssimativamente! le cose, per potervisi adattare. E persino suoi pi nobili esponenti sottolineano cos marcatamente il suo potere placante e consolatorio, che i pacifici e i pigri son portati a credere di cercare le stesse cose che cerca la filosofia. A me sembra invece che la questione pi importante di tutta la filosofia sia fino a che punto le cose abbiano una natura e una forma invariabile: per procedere poi, una volta risposto a questa domanda, col coraggio pi spietato, al miglioramento della parte del mondo riconosciuta come mutabile. Questo insegnano i veri filosofi anche con l'azione, lavorando al miglioramento dell'assai mutabile giudizio degli uomini e non tenendo per s la loro saggezza; questo insegnano anche i veri discepoli delle vere filosofie i quali, come Wagner, sanno suggere da esse una maggiore risolutezza e inflessibilit del volere, ma nessuna pozione soporifera. Wagner maggiormente filosofo l dove pi energico ed eroico. E proprio come filosofo travers senza timore non soltanto il fuoco di diversi sistemi filosofici, ma anche i vapori del sapere e dell'erudizione, e rest fedele al suo pi alto se stesso, che voleva da lui azioni totali della sua natura polifona e gli imponeva di soffrire e di imparare, per poter compiere quelle azioni.
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La storia dello sviluppo della civilt dopo i Greci abbastanza breve, se si considera il cammino effettivamente percorso e non si tien conto delle pause, dei passi indietro, delle esitazioni e delle tortuosit. L'ellenizzazione

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del mondo e, a renderla possibile, l'orientalizzazione dell'ellenico il duplice compito del grande Alessandro resta pur sempre l'ultimo grande avvenimento; la vecchia questione se una civilt straniera possa in genere essere trasmessa, resta piir sempre il problema attorno al quale si affaticano i moderni. Il ritmico gioco reciproco di questi due fattori ci che ha soprattutto determinato il corso della storia sino ad oggi. In esso per esempio il cristianesimo appare come un frammento di antichit orientale, pensato e agito sino in fondo con smodata radicalit. Scomparso il suo influsso, nuovamente aumentata la potenza della civilt ellenica; ci troviamo di fronte a fenomeni cos sorprendenti, che resterebbero sospesi per l'aria senza una spiegazione se non li si potesse collegare, superando un immenso arco di tempo, con le analogie greche. Cos tra Kant e gli Eleati, tra Schopenhauer ed Empedocle, tra Eschilo e Richard Wagner esistono vicinanze e affinit tali, che veniamo quasi tangibilmente richiamati alla natura assai relativa di ogni concetto di tempo: sembra quasi che molte cose si appartengano a vicenda, e che il tempo sia soltanto una nube che rende difficile ai nostri occhi vedere questa reciproca appartenenza. In particolare, anche la storia delle scienze esatte desta l'impressione come se proprio ora ci trovassimo assai vicini al mondo greco-alessandrino, e che il pendolo della storia torni ad oscillare all'indietro, verso il punto in cui cominci la sua oscillazione, verso una lontananza sperduta ed enigmatica. L'immagine del nostro mondo attuale non affatto nuova: sempre pi, in chi conosce la storia, deve affacciarsi la sensazione come di riconoscere tratti antichi e familiari di un volto. Lo spirito della cultura ellenica impresso, in dispersione infinita, sul nostro presente: mentre fanno ressa forze di ogni sorta e ci si offrono, come mezzi di scambio, i frutti delle scienze e delle capacit pratiche moderne, tornano ad affiorare i pallidi contorni dell'immagine dell'ellenicit, ancora per molto lontana e spettrale. La terra, che stata sinora orientalizzata a sufficienza, torna ad aver nostalgia dell'ellenizzazione; chi vuole aiutarla in questo, ha davvero bisogno di prestezza e di un piede alato, per mettere assieme i punti del sapere pi molteplici e lontani, i pi remoti continenti dell'ingegno, per percorrere e dominare tutto quel campo di enorme estensione. Cos oggi divenuta necessaria una serie di Contro-Alessandri, che abbiano la forza potentissima di riunire e legare, di arrivare ai fili pi lontani e di proteggere il tessuto dal dissolversi al primo soffio. Non sciogliere il nodo gordiano della cultura greca, come fece Alessandro, s che le sue estremit volarono in tutte le direzioni del mondo, bens annodarlo dopo che fu sciolto questo oggi il compito. In Wagner riconosco un simile Contro*Alessandro: egli lega e chiude insieme ci che era isolato, debole e inerte, se ci consentito un termine medico egli possiede una forza astringente: in questo appartiene alle pi grandi forze della civilt. Domina le arti, le religioni, la storia dei vari popoli, pur essendo l'opposto di un poligrafo, di uno spirito che raccoglie e classifica soltanto: egli infatti plasma in un tutto e rende vivo il materiale raccolto, un semplificatore del mondo. Non ci si lascer sviare da una tale idea se si paragoner questo compito universalissimo, assegnatogli dal suo genio, con quello molto pi ristretto e vicino, al quale oggi si suole innanzitutto pensare al nome di Wagner. Si aspetta da lui una riforma del teatro: posto che essa gli riesca, che cosa risolverebbe per quel compito pi alto e lontano? Ebbene, con essa sarebbe cambiato e riformato l'uomo moderno: le cose, nel nostro mondo moderno, sono cos necessariamente collegate l'una all'altra, che chi sfila anche un solo chiodo fa tremare e crollare l'edificio. Anche da qualsiasi altra vera riforma sarebbe da aspettarsi la stessa cosa

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che con apparente esagerazione noi qui diciamo della riforma wagneriana. assolutamente impossibile produrre l'effetto pi alto e puro dell'arte teatrale, senza innovare dappertutto, nel costume e nello Stato, nell'educazione e nei rapporti umani. Amore e giustizia divenuti potenti in un unico punto, cio qui nella sfera dell'arte, debbono secondo la legge della loro intima necessit continuare a propagarsi, n possono tornare alla loro precedente immobilit di crisalidi. Gi per comprendere quanto la posizione delle nostre arti rispetto alla vita sia un simbolo della degenerazione di questa vita, quanto i nostri teatri siano un'ignominia per chi li costruisce e per chi li frequenta, bisogna disimparare tutto e riuscire finalmente a vedere il solito e il banale come qualcosa di assai insolito e complesso. Strano offuscamento del giudizio, mal dissimulata smania di diletto, di divertimento ad ogni costo, saccenti considerazioni, boria e istrionismo con la seriosit dell'arte da parte degli esecutori, brutale avidit di guadagno da parte degli impresari, vacuit e leggerezza di una societ che pensa al popolo solo in quanto esso possa tornarle utile o pericoloso, e frequenta teatri e concerti senza che al riguardo le vengano mai ricordati dei doveri l'insieme di tutto questo forma l'atmosfera torpida e rovinosa della nostra odierna situazione artistica: ma se ci si avvezzi, come lo sono le nostre persone di cultura, ci si illude di aver bisogno di quest'atmosfera per la propria salute, e ci si sente male se, per una qualche costrizione, necessario farne temporaneamente a meno. In realt si ha un solo mezzo per convincersi rapidamente di quanto siano volgari, o meglio di quanto stranamente e ridicolmente volgari siano le nostre istituzioni teatrali: basta metterle a raffronto con la realt del teatro greco antico! Posto che non sapessimo nulla dei Greci, forse non si potrebbe venire a capo della nostra situazione, e le obiezioni che Wagner mosse per primo in grande stile, verrebbero considerate fantasie di gente che vive nel paese di Utopia. Per come sono gli uomini, forse si direbbe, un'arte come questa basta e conviene loro ed essi non sono mai stati diversi! Certo che sono stati diversi, e persino oggi esistono uomini ai quali le istituzioni che ci sono state sinora non bastano il fatto di Bayreuth dimostra proprio questo. Qui trovate spettatori preparati e devoti, la commozione di uomini che sono al culmine della felicit e proprio in essa sentono raccolto tutto il loro essere, per ricever forza per un pi ampio e alto volere; qui trovate la pi fervida abnegazione degli artisti e lo spettacolo degli spettacoli, il vittorioso creatore di un'opera che essa stessa la quintessenza di una quantit di imprese artistiche vittoriose. Non sembra quasi opera di magia poter incontrare nel nostro tempo un tale fenomeno? Coloro ai quali qui concesso di collaborare e di assistere, non debbono essere gi trasformati e rinnovati, per trasformare e rinnovare anche per il futuro, in altri campi della vita? Non si trovato un porto dopo la deserta vastit del mare, su queste acque non regna una calma diffusa? < Chi, dall'atmosfera profonda e solitaria che qui regna, torna alle ben diverse piattezze e bassezze della vita, non deve continuamente chiedersi, come Isotta: Come ho potuto sopportarlo? Come potr sopportarlo ancora?. E se non riesce a tenere egoisticamente per s la propria felicit e la propria infelicit, d'ora innanzi coglier ogni occasione per renderne testimonianza con l'azione. Dove sono coloro che soffrono per le attuali istituzioni? egli chieder. Dove sono i nostri naturali alleati, con i quali possiamo combattere il lussureggiante e oppressivo dilagare della cultura odierna? Giacch per il momento abbiamo un solo nemico per il momento! , appunto quelle persone colte per le quali la parola Bayreuth significa una delle loro pi profonde sconfitte esse non hanno collaborato,

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erano furiosamente contrarie, oppure mostravano quell'ancor pi efficace durezza d'orecchio che oggi divenuta l'arma abituale della pi meditata opposizione. Ma proprio grazie al fatto che con la loro ostilit e la loro perfidia non sono riuscite a distruggere la natura di Wagner n a impedire la sua opera, noi sappiamo ancora una cosa: hanno mostrato di essere deboli, e che la resistenza dei tradizionali detentori del potere non regger pi a molti attacchi. il momento di coloro che vogliono conquistare e vincere grandiosamente, i pi grandi imper sono aperti, accanto ai nomi dei proprietari, ovunque ci sia propriet, sta un punto interrogativo. Cos, per esempio, l'edificio dell'istruzione riconosciuto come fatiscente, e dappertutto si trovano individui che hanno gi abbandonato in silenzio quell'edificio. Se si potesse indurre coloro che gi ora ne sono profondamente scontenti a dichiararlo e a indignarsi apertamente! Se li si potesse spogliare del loro scoraggiante abbattimento! Io lo so: se si defalcasse dai proventi di tutto il nostro sistema educativo proprio l'apporto silenzioso di queste nature, ci costituirebbe il pi acerbo salasso con cui poterlo indebolire. Dei dotti, per esempio, resterebbero indietro sotto il vecchio regime solo quelli contagiati dalla follia politica e il lctteratume d'ogni genere. Il ripugnante organismo che oggi riceve la sua forza dall'appoggiarsi alle sfere della violenza e dell'ingiustizia, allo Stato e alla societ, e trova il suo tornaconto nel renderle sempre pi malvagie e spietate, senza questo appoggio qualcosa di gracile e di stanco: basta soltanto disprezzarlo sinceramente, e croller da s. Chi lotta per la giustizia e per l'amore tra gli uomini, non deve minimamente temerlo: infatti i suoi veri nemici gli staranno di fronte solo quando avr portato a termine la battaglia che egli frattanto conduce contro la loro avanguardia, la cultura odierna. Per noi Bayreuth significa la consacrazione mattutina nel giorno della battaglia. Non ci si potrebbe far torto maggiore di quello di supporre che a noi interessi l'arte soltanto: quasi essa dovesse agire come un farmaco o un narcotico con cui liberarsi di tutte le altre miserie. Nell'immagine di quell'opera d'arte tragica di Bayreuth noi vediamo appunto la lotta degli individui contro tutto quel che si oppone loro come necessit apparentemente invincibile, contro il potere, la legge, la tradizione, la convenzione e gli interi ordinamenti delle cose. Non pu esservi per gli individui modo di vivere pi bello che maturare per la morte e immolarsi nella battaglia per la giustizia e per l'amore. Lo sguardo che l'occhio misterioso della tragedia ci rivolge, non un incantesimo che snervi e intorpidisca le membra. Bench essa esiga riposo, sintanto che posa su di noi il suo sguardo; giacch l'arte non esiste per la battaglia stessa, ma per le pause di riposo prima e durante la battaglia, per quei minuti in cui, guardando il passato e presagendo il futuro, si comprende il simbolico e, assieme a un senso di lieve stanchezza, si avvicina a noi un sogno ristoratore. Ma subito irrompono il giorno e la lotta, le sacre ombre svaniscono e di nuovo l'arte si allontana da noi; ma il suo conforto si posato sull'uomo sin dall'ora mattutina. Giacch per il resto l'individuo ritrova dappertutto la sua personale insufficienza, la sua semiimpotenza e impotenza: con quale coraggio dovrebbe combattere, se non fosse stato prima consacrato a qualcosa di sovrapersonale? I suoi pi grandi dolori, la mancanza di un sapere comune a tutti gli uomini, l'incertezza delle conoscenze ultime e la disuguaglianza delle capacit, tutto ci lo rende bisognoso d'arte. Non si pu essere felici, sinch tutti attorno a noi soffrono e si procurano sofferenza; non si pu essere morali, sinch a regolare il corso delle cose umane stanno la violenza, l'inganno e l'ingiustizia; non si pu neanche essere saggi, finch tutta l'umani-

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t non si sia cimentata in una gara per la saggezza e non introduca nel modo pi saggio l'individuo nella vita e nel sapere. Come potremmo reggere a questo triplice senso di insufficienza, se gi nella nostra lotta, nelle nostre aspirazioni e nel nostro soccombere non fossimo in grado di riconoscere qualcosa di sublime e di importante, e non imparassimo dalla tragedia a trovar piacere nel ritmo della grande passione e nel sacrificio per essa? L'arte non certo maestra ed educatrice per l'agire immediato; l'artista non mai un educatore e un consigliere in tal senso; gli oggetti ai quali aspirano gli eroi tragici, non sono mai cose senz'altro desiderabili di per s. Sinch ci sentiamo presi dall'incantesimo dell'arte, la valutazione delle cose diversa, come nel sogno: ci che allora consideriamo tanto desiderabile, da consentire con l'eroe tragico quando preferisce morire piuttosto che rinunciarvi raramente ha uguale valore per la vita reale e merita pari energia: appunto per questo l'arte l'attivit di colui che si prende un riposo. Le lotte che essa presenta sono semplificazioni delle reali lotte della vita; i suoi problemi sono abbreviazioni del conto infinitamente complicato dell'agire e del volere umano. Ma proprio in questo sta la grandezza e l'indispensabilit dell'arte, nel suscitare l'apparenza di un mondo pi semplice, di una pi rapida soluzione dell'enigma della vita. Nessuno che soffra della vita pu fare a meno di questa apparenza, come nessuno pu fare a meno del sonno. Quanto pi ardua diventa la conoscenza delle leggi della vita, tanto pi ardentemente desideriamo l'apparenza di quella semplificazione, fosse solo per pochi istanti, e tanto pi grande diventa la tensione tra la conoscenza generale delle cose e la facolt spirituale-morale dell'individuo. Perch l'arco non si spezzi: per questo esiste l'arte. L'individuo dev'esser consacrato a qualcosa di sovrapersonale questo vuole la tragedia; egli deve disimparare la terribile angoscia che la morte e il tempo suscitano nell'individuo: perch gi nell'attimo pi breve, nel pi minuscolo atomo della sua vita pu farglisi incontro qualcosa di santo che ripaghi a usura ogni lotta e ogni sofferenza questo significa avere sentimento tragico. E se l'intera umanit dovr un giorno morire chi potrebbe dubitarne? ad essa assegnato, come compito supremo per tutti i tempi avvenire, il fine di concrescere ad unit e comunanza, in modo da andare incontro come un tutto, con sentimento tragico, alla rovina che l'attende; in questo compito supremo racchiusa ogni possibilit di nobilitazione degli umani; se venisse definitivamente rifiutato, ne risulterebbe il quadro pi fosco che un amico degli uomini potrebbe concepire. Cos io sento! Esiste una sola speranza e una sola garanzia per il futuro delle cose umane: essa che il sentimento tragico non muoia. Dovrebbe risuonare sulla terra un grido di dolore senza pari, se un giorno gli uomini perdessero completamente questo sentimento; e d'altro canto non esiste piacere pi inebriante di quello di sapere quel che noi sappiamo che nel mondo rinato il pensiero tragico. Perch questo piacere un piacere assolutamente sovrapersonale e universale, un tripudio dell'umanit per la raggiunta garanzia della coesione e del progresso delle cose umane. 5. Wagner pose la vita presente e il passato sotto il raggio luminoso di una conoscenza, forte abbastanza da consentir di vedere a straordinaria distanza: perci egli un semplificatore del mondo; infatti la semplificazione del mondo consiste sempre in questo, che lo sguardo di colui che conosce ridiventato signore dell'immane pienezza e disordine di un caos apparente, e

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conduce ad unit ci che prima giaceva disperso come incompatibile. Wagner fece questo trovando un rapporto fra due cose che sembravano vivere, fredde ed estranee, come in sfere separate: tra musica e vita e cos pure tra musica e dramma. Non che abbia inventato o creato per primo questi rapporti: essi esistono, e stanno davanti a tutti: cos come sempre il grande problema somiglia alla pietra preziosa sulla quale passano migliaia di persone, sinch alla fine uno la raccoglie. Che cosa significa, si chiede Wagner, che nella vita degli uomini moderni proprio un'arte come la musica sia emersa con forza cos incomparabile? Non necessariamente occorre avere una cattiva opinione di questa vita, per vedere in ci un problema; no, se si considerano tutte le grandi forze proprie di questa vita, e si pensa l'immagine di un'esistenza che aspira possentemente ad elevarsi e lotta per una consapevole libert e per l'indipendenza del pensiero allora davvero la musica appare come enigma in questo mondo. Non ci sarebbe forse da dire: la musica non poteva sorgere da un'epoca come questa? Ma allora cos' la sua esistenza? Un caso? Certo, anche solo un grande artista potrebbe essere un caso, ma la presenza di una serie cos imponente di grandi artisti, come quella che la storia moderna della musica ci mostra, e che ha avuto sinora l'uguale solo una volta, al tempo dei Greci, fa pensare che qui domini non il caso, ma la necessit. Appunto questa necessit il problema al quale Wagner d una risposta. In lui innanzitutto germogliata la conoscenza di uno stato di necessit che si estende sin dove la civilt oggi congiunge i popoli: dappertutto il linguaggio malato, e l'oppressione di questa immensa malattia grava su tutto lo sviluppo umano. Mentre il linguaggio doveva continuamente elevarsi ai pi alti livelli delle sue possibilit, per cogliere il regno del pensiero, ossia l'opposto del sentimento, allontanandosi il pi possibile dai forti moti dell'animo, ai quali in origine esso sapeva conformarsi con immediatezza questa smisurata tensione ne ha esaurito le forze nel breve spazio di tempo della civilt moderna: sicch non pu pi assolvere al compito per cui unicamente esso esiste creare tra coloro che soffrono un comune terreno d'intesa sulle pi comuni miserie della vita. L'uomo non pu pi farsi conoscere nella sua miseria mediante il linguaggio, quindi non pu pi comunicare veramente se stesso: in questa condizione oscuramente percepita, il linguaggio diventato dappertutto una forza a s, che con braccia spettrali afferra gli uomini e li sospinge dove essi in realt non vogliono andare; non appena cercano di comunicare reciprocamente e di unirsi per un'opera, li afferra la follia dei concetti universali, anzi dei puri suoni verbali, e in seguito a questa incapacit di comunicare, i risultati creativi della loro unit d'intenti portano a loro volta il segno dell'incomprensione, in quanto non corrispondono ai bisogni reali, ma appunto soltanto al vuoto di quelle parole e di quei concetti dispotici: cos a tutte le sue sofferenze l'umanit aggiunge anche la sofferenza della convenzione, ossia di un'intesa nelle parole e nelle azioni senza un'intesa nel sentimento. Come, nel processo di decadenza di ogni arte, si raggiunge un punto in cui la morbosa proliferazione di mezzi e di forme si impone tirannicamente alle anime giovani degli artisti e le rende sue schiave, cos oggi, nella decadenza dei linguaggi, si schiavi delle parole; sotto questa costrizione nessuno pi in grado di mostrare se stesso, di parlare ingenuamente, e pochi in genere riescono a preservare la propria individualit, nella lotta con una cultura che crede di dimostrare il suo successo non andando incontro in modo formativo a sentimenti ed esigenze chiari, ma impastoiando l'individuo nella rete dei con-

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cetti chiari e insegnandogli a pensare correttamente: come se avesse qualche valore far di qualcuno un essere che pensa e argomenta correttamente, se prima non si riusciti a far di lui un essere che sente correttamente. Ora, se in mezzo alla nostra umanit cos offesa risuona la musica dei nostri maestri tedeschi, che cosa propriamente si esprime in essa? Appunto soltanto il giusto sentimento, il nemico di ogni convenzione, di ogni artificiale estraniamento e incomprensibilit tra uomo e uomo: questa musica ritorno alla natura, e insieme purificazione e trasformazione della natura; poich nell'anima degli uomini pi ricchi d'amore sorta la necessit di quel ritorno, e nella loro arte risuona la natura trasformata in amore. Prendiamo questa come la prima risposta di Wagner alla domanda che cosa significhi la musica nel nostro tempo: egli ne ha anche una seconda. Il rapporto tra musica e vita non soltanto quello tra un tipo di linguaggio e un altro tipo di linguaggio; anche il rapporto fra l'intero mondo uditivo e tutto il mondo visivo. Ma, intesa come fenomeno visivo e paragonata con le precedenti manifestazioni della vita, l'esistenza dell'uomo moderno mostra una povert e un'estenuazione indicibili, nonostante l'indicibile ricchezza di colori, di cui pu sentirsi allietato solo il pi superficiale degli sguardi. Si guardi pi acutamente e si analizzi l'impressione di questo gioco di colori cos violentemente mosso: non sembra nel suo insieme il brillio e lo sfolgorio di innumerevoli pietruzze e di minuscoli frammenti presi a prestito da culture precedenti? Non tutto sfoggio inadeguato, movimento scimmiottato, esteriorit usurpata? Un abito di cenci colorati per chi nudo e ha freddo? Un'apparente danza di gioia che si pretende da un sofferente? Espressioni di orgoglio insolente esibite da chi profondamente ferito? E nel mezzo, dissimulate e nascoste solo dalla rapidit del movimento e del turbine grigia impotenza, cocente disarmonia, laboriosissima noia, infamante miseria! La figura dell'uomo moderno diventata mera apparenza; in quel che egli oggi rappresenta non si rende visibile lui stesso, anzi resta nascosto; e tutto quel che di attivit artistica inventiva si conservato presso un popolo, per esempio presso i Francesi e gli Italiani, viene speso nell'arte di questo giocare a nascondersi. Dovunque oggi si richieda forma, nella societ e nella conversazione, nell'espressione letteraria, nel rapporto fra gli Stati, involontariamente con essa si intende una piacevole apparenza, l'opposto del vero concetto di forma come struttura necessaria, che nulla ha a che fare con piacevole e spiacevole, in quanto appunto necessaria e non arbitraria. Ma anche l dove oggi, tra popoli civili, non si esige espressamente la forma, si possiede altrettanto poco quella struttura necessaria, solo non si ugualmente felici nella ricerca dell'apparenza piacevole, pur essendo quanto meno altrettanto zelanti. Quanto piacevole sia nell'un caso e nell'altro l'apparenza, e perch debba piacere a tutti che l'uomo moderno cerchi almeno di apparire, questo lo avverte chiunque, nella misura in cui sia egli stesso uomo moderno. Solo gli schiavi delle galere si conoscono, dice Tasso per noi cortesemente misconosciamo gli altri, solo perch essi possano misconoscere noi. In questo mondo delle forme e del voluto misconoscimento appaiono ora le anime colmate dalla musica, a quale scopo? Si muovono secondo l'andamento del grande, libero ritmo, con nobile decoro, con una passione che sovrapersonale, ardendo del fuoco della musica, pacato nella sua possanza, che in loro sgorga alla luce da inesauribili profondit, tutto questo a quale scopo? Attraverso queste anime la musica aspira alla sua simmetrica sorella, la

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ginnastica, come alla sua necessaria configurazione nel regno del visibile: nel cercarla e nel desiderarla essa diventa giudice di tutto il fallace mondo odierno dell'esibizione e dell'apparenza. questa la seconda risposta di Wagner alla domanda, che cosa debba significare la musica in quest'epoca. Aiutatemi, egli grida a tutti coloro che sanno ascoltare, aiutatemi a scoprire quella cultura che la mia musica, in quanto ritrovato linguaggio del vero sentimento predice, considerate che ora l'anima della musica vuole plasmarsi un corpo, e che attraverso tutti voi cerca la sua strada per rendersi visibile in movimento, azione, istituzione e costume! Ci sono uomini che comprendono questo grido, e saranno sempre pi numerosi; costoro comprendono anche per la prima volta che cosa voglia dire fondare lo Stato sulla musica, cosa che gli antichi Elleni non soltanto avevano capito, ma si ponevano anche come esigenza: mentre quegli stessi spiriti sagaci condanneranno lo Stato odierno cos incondizionatamente come gi ora la maggior parte degli uomini condanna la Chiesa. La strada per una meta cos nuova eppure non sempre inaudita, ci porta a riconoscere in che cosa consista la pi vergognosa manchevolezza della nostra educazione, e il vero motivo per cui essa incapace di farci uscire dalla barbarie: a essa manca lo spirito animatore e plasmatore della musica, mentre le sue esigenze e le sue istituzioni sono il prodotto di un'epoca in cui non era ancor nata quella musica, nella quale noi qui riponiamo una cos significativa fiducia. La nostra educazione la struttura pi arretrata del presente, e arretrata proprio in rapporto all'unica forza educativa nuova che gli uomini possiedano in pi rispetto a quelli dei secoli scorsi o potrebbero possedere, se al presente non volessero pi continuare a vivere cos sconsideratamente sotto la sferza dell'attimo! Poich sinora non hanno lasciato che albergasse in loro lo spirito della musica, non hanno neppure ancora presagito la ginnastica nel senso greco e wagneriano; e questo a sua volta il motivo per cui i toro artisti figurativi sono condannati a non aver speranza sinch, come tuttora accade, vorranno fare a meno della musica come guida verso un nuovo mondo visivo; cresca pure tutto il talento che si vuole, esso giunger troppo tardi o troppo presto, e comunque nel momento sbagliato, in quanto superfluo e inefficace, dato che persino la perfezione e la sublimit delle epoche precedenti, che sono il modello degli artisti odierni, sono superflue e quasi inefficaci, e riescono appena a mettere una pietra sull'altra. Se essi, con la vista interiore, non scorgono nuove figure davanti a s, ma sempre soltanto le antiche dietro di s, servono la storia ma non la vita, e sono morti prima di aver esalato l'ultimo respiro: ma chi oggi sente dentro di s vita vera, feconda, ossia presentemente soltanto: musica, potrebbe lasciarsi sedurre anche un solo istante a pi vaste speranze da un'estenuante ricerca di figure, forme, stili? Egli ormai al di l di ogni vanit del genere; e pensa tanto poco a trovare miracoli figurativi al di fuori del suo ideale mondo uditivo, quanto poco si aspetta grandi scrittori dalle nostre lingue logorate e smorte. Piuttosto che prestare orecchio a vane consolazioni qualsiasi, sopporta di volgere lo sguardo profondamente insoddisfatto sulla nostra condizione di moderni: diventi pure pieno di bile e d'odio, se il suo cuore non caldo abbastanza per la compassione! Meglio la cattiveria e lo scherno, che lasciarsi andare, al modo dei nostri amici dell'arte, a un ingannevole benessere e a un segreto alcolismo! Ma quand'anche egli possa far pi che negare e schernire, quando possa amare, compatire e aiutare a costruire, egli dovr innanzitutto negare, per aprire in tal modo la strada alla sua anima soccorrevole. Perch un giorno la musica predispon-

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ga molti uomini al raccoglimento e confidi loro i suoi pi alti intendimenti, occorre innanzitutto por fine a un rapporto con un'arte cos sacra improntato esclusivamente sull'avida ricerca del piacere; la base su cui poggiano i nostri trattenimenti artistici, il teatro, i musei, le societ di concerti, la quale non altro se non quell'amico dell'arte, va messa al bando; il favore statale che viene accordato ai suoi desideri, va tramutato in sfavore; la pubblica opinione, che ripone un particolare valore proprio nelTammaestrare a quell'amore per l'arte, dev'essere spazzata via da un'opinione migliore. Nel frattempo persino il nemico dichiarato dell'arte va da noi considerato come vero e utile alleato, giacch quello a cui si dichiara ostile appunto soltanto l'arte quale la intende l'amico dell'arte: non ne conosce infatti altra! Addebiti pure a questo amico dell'arte il folle sciupio di denaro per la costruzione dei suoi teatri e monumenti pubblici, per l'impiego dei suoi celebri cantanti e attori, per il mantenimento delle sue scuole d'arte e delle sue collezioni di quadri totalmente infruttuose: per non parlare dell'energia, del tempo e del denaro gettati via in ogni famiglia per l'educazione a presunti interessi artistici. Questo non n fame n saziet, ma sempre e soltanto uno stracco giocare con la parvenza di entrambe, escogitati per la pi vanitosa esibizione, per trarre in inganno il giudizio altrui su di s; oppure anche peggio: quando si prende l'arte in modo relativamente serio, da essa si esige addirittura che ingeneri una specie di fame e di desiderio, e si considera suo compito appunto questa eccitazione artificiosamente prodotta. Come se si temesse di morire di nausea per se stessi e di ottusit, si evocano tutti i cattivi dmoni, per farsi incalzare come animali selvatici da questi cacciatori: si ha sete di dolore, di ira, di odio, di infervoramento, di improvviso terrore, di una tensione mozzafiato, e si ricorre all'artista perch evochi questa caccia spettrale. L'arte, nell'economia spirituale delle nostre persone colte, oggi un bisogno del tutto fittizio oppure vergognoso e avvilente, un niente oppure un cattivo qualcosa. L'artista, quello migliore e pi raro, come prigioniero di un sogno narcotizzante, di non vedere tutto ci, e ripete esitante e con voce incerta parole di spettrale bellezza, che crede di udire da luoghi lontanissimi, senza per afferrarle chiaramente; invece l'artista di taglio tutto moderno, affronta con totale disprezzo il trasognato brancolare e parlare del suo pi nobile compagno, e si porta al guinzaglio la muta latrante di passioni accoppiate a mostruosit, per lanciarla a suo piacimento sugli uomini moderni: questi infatti preferiscono esser cacciati, uccisi e sbranati, anzich dover convivere quietamente con se stessi! questo pensiero agita le anime moderne, la loro angoscia e la loro paura degli spettri. Quando, in citt popolose, guardo passarmi accanto migliaia di persone con l'espressione dell'indifferenza o della fretta, mi dico sempre: debbono star male dentro. Ma per tutti costoro l'arte esiste soltanto perch si sentano ancora peggio, pi tetri e insensibili, oppure pi frettolosi e bramosi. Giacch li cavalca e li vessa senza posa il falso sentimento, e non permette loro assolutamente di ammettere con se stessi la propria miseria; se vogliono parlare, la convenzione mormora loro all'orecchio qualcosa, e allora dimenticano quel che volevano dire; se vogliono intendersi fra loro, il loro spirito come paralizzato da un incantesimo, e cosi chiamano felicit quel che la loro infelicit, e per loro sventura si alleano anche volontariamente tra loro. Cosi sono in tutto e per tutto trasformati e degradati a schiavi abulici del falso sentimento.

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Con due soli esempi voglio mostrare quanto si sia invertito il sentimento nel nostro tempo, e come il tempo non abbia coscienza alcuna di questa inversione. Una volta si guardavano dall'alto in basso, con sincero senso di superiorit, coloro che trafficavano col denaro, anche se si aveva bisogno di loro; si ammetteva che ogni societ doveva avere i suoi intestini. Oggi costoro sono la potenza dominante nell'anima dell'umanit moderna, come la parte pi vorace di essa. Una volta da nulla si metteva pi in guardia che dal prender troppo sul serio il giorno, l'istante, e si consigliava il nil admirari e la cura delle cose eterne: oggi nell'anima moderna rimasta una sola specie di seriet, quella per le notizie recate dai giornali o dal telegrafo. Sfruttare l'attimo e, per ricavarne un vantaggio, giudicarlo quanto pi in fretta si pu! Quasi si crederebbe che agli uomini attuali sia anche rimasta una sola virt, quella della presenza di spirito. In verit piuttosto l'onnipresenza in ciascuno di una sudicia insaziabile avidit e di una curiosit che spia dappertutto. Se oggi in genere sia presente Io sprito rinviamo l'indagine su questo ai giudici futuri, che un giorno passeranno al vaglio gli uomini moderni. Ma volgare quest'epoca lo : lo si pu vedere gi adesso, perch onora quel che nobili epoche precedenti disprezzavano; ma se si appropriata anche di tutto il tesoro della saggezza e dell'arte passate e incede avvolta in questo ricchissimo fra tutti i mantelli, essa mostra un inquietante orgoglio per la propria volgarit perch non usa quel mantello per riscaldarsi, ma soltanto per creare illusioni su se stessa. La necessit di simulare e di nascondersi le appare pi urgente di quella di non morire assiderata. Cos, i dotti e i filosofi d'oggi non utilizzano la saggezza degli Indiani e dei Greci per la propria saggezza e calma interiore: il loro lavoro deve unicamente servire a procurare al presente un'ingannevole nomea di saggezza. Gli studiosi della storia degli animali si sforzano di far passare l'insorgere animalesco di violenza e astuzia e vendetta negli odierni rapporti degli Stati e degli uomini tra loro per un'ineluttabile legge naturale. Gli storici si industriano con scrupolosa diligenza a dimostrare il principio che ogni tempo ha un diritto suo, delle condizioni sue, per preparare subito la linea di difesa per il futuro processo al quale verr sottoposto il nostro tempo. La dottrina dello Stato, del popolo, dell'economia, del commercio, del diritto tutto ha oggi questo carattere apologetico preparatorio; sembra anzi che quel tanto di spirito che oggi ancora attivo, senz'esser consumato nel movimento del grande meccanismo del guadagno e del potere, abbia come unico compito quello di difendere e scusare il presente. Di fronte a quale accusatore? ci si chiede stupiti. Di fronte alla propria cattiva coscienza. E qui improvvisamente diventa chiaro anche il compito dell'arte moderna: ottusit o ebbrezza! Addormentare o stordire! Portare la coscienza all'ignoranza, nell'un modo o nell'altro! Aiutare l'anima moderna a superare il senso di colpa, non aiutarla a ritrovare l'innocenza! E questo almeno per qualche attimo! Difendere l'uomo da se stesso, portandolo entro se stesso al dover tacere, al non poter udire! Ai pochi che hanno davvero percepito, anche una sola volta, questo vergognosissimo compito, questa terribile umiliazione dell'arte, l'anima sar diventata e rester piena sino all'orlo di dolore e di piet: ma anche di una nuova, potentissima nostalgia. Chi volesse liberare l'arte, ripristinare la sua non profanata sacralit, dovrebbe innanzitutto aver liberato se stesso dall'anima moderna; solo co-

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me innocente potrebbe trovare l'innocenza dell'arte; deve quindi compiere due immense purificazioni e consacrazioni. Se riuscisse vincitore, se con animo liberato parlasse agli uomini con la sua arte liberata, solo allora incorrerebbe nel maggiore pericolo, nella lotta pi immane; gli uomini sbranerebbero lui e la sua arte, piuttosto che ammettere di dover morire di vergogna davanti a loro. Sarebbe possibile che la redenzione dell'arte, l'unica consolazione sperabile nell'epoca moderna, rimanesse un avvenimento per poche anime solitarie, mentre i molti sopporterebbero ancora e ancora di guardare nel fuoco guizzante e fumigante della loro arte: infatti non vogliono luce, ma abbagliamento, anzi odiano la luce su se stessi. Cos essi evitano il nuovo portatore di luce; ma egli li segue, costretto dall'amore da cui nato, e vuole costringerli. Voi dovete attraversare i miei misteri, grida loro, voi avete bisogno delle loro purificazioni e dei loro sconvolgimenti. Osatelo per la vostra salvezza, e lasciate una buona volta quel frammento di natura e di vita torbidamente illuminato che sembrate conoscere voi soli; vi condurr in un regno che altrettanto reale, voi stessi dovrete dire, quando tornerete dalla mia caverna alla vostra luce, quale vita pi reale, e dove sta veramente la luce, e dove la caverna. La natura all'interno troppo pi ricca, pi potente, pi beata, pi fertile, voi non la conoscete, vivendo come vivete: imparate a ridiventare voi stessi natura, e poi lasciatevi trasformare con essa e in essa dal mio incantesimo d'amore e di fuoco. la voce dell'arte di Wagner che cos parla agli uomini. Che noi, figli di un'epoca miserevole, abbiamo potuto udirne il suono per primi, mostra quanto degna di commiserazione debba essere appunto quest'epoca, e mostra soprattutto che la vera musica un frammento di fato e di legge primordiale; poich non assolutamente possibile derivare il fatto che risuoni proprio ora da un caso vuoto e privo di senso; un Wagner casuale sarebbe stato schiacciato dallo strapotere dell'altro elemento in cui fu gettato. Ma sul divenire del vero Wagner si stende una necessit trasfiguratrice e giustificatrice. La sua arte, osservata nel suo nascere, Io spettacolo pi splendido, per quanto doloroso possa essere stato quel divenire, perch dappertutto sono evidenti ragione, legge, scopo. L'osservatore, nella felicit di questo spettacolo, apprezzer persino quel doloroso divenire e rifletter con gioia come, per una natura e una disposizione predestinata, tutto debba mutarsi in salvezza e guadagno, per quanto difficili siano le scuole attraverso cui passata, come ogni pericolo la renda pi coraggiosa, ogni vittoria pi pensosa, come si nutra di veleno e di infelicit ricavandone salute e forza. Lo scherno e l'opposizione del mondo circostante sono il suo stimolo e il suo pungolo; se si smarrisce, torna dall'errore e dallo smarrimento con il pi meraviglioso bottino; se dorme, attinge dal sonno nuove forze. Tempra persino il suo corpo e lo rende pi robusto; non consuma la vita, quanto pi vive; domina sull'uomo come un'alata passione, e lo fa volare proprio quando il suo piede si stancato nella sabbia ed ferito dalle pietre. Non pu far altro che comunicare, chiunque deve collaborare alla sua opera: essa non avara dei suoi doni. Respinta, dona pi riccamente, sollecitata dal beneficato essa aggiunge ai suoi doni anche il gioiello pi prezioso che ha e mai ancora i beneficati furono in tutto degni del dono, come insegna la pi antica e la pi recente esperienza. In questo modo la natura pre-destinata, attraverso la quale la musica parla al mondo dell'apparenza, la cosa pi enigmatica sotto il sole, un abisso in cui riposano accoppiate forza e bont, un ponte fra s e non-s. Chi saprebbe dar nome allo scopo per il quale essa in genere esiste, anche se, nel modo in cui di-

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venuta, si lasciasse decifrare una conformit a uno scopo? Ma, dal pi felice dei presentimenti, lecito chiedersi: dovrebbe davvero ci che pi grande esistere per ci che pi umile, il massimo talento esistere a favore del minimo, la pi alta virt e santit esistere per amore dei fragili? Doveva la vera musica risuonare perch gli uomini non la meritavano minimamente, ma ne avevano bisogno massimamentel Ci si sprofondi solo una volta nello sconfinato miracolo di questa possibilit: guardando indietro alla vita di l, essa risplende, per quanto cupa e nebbiosa potesse prima apparire.
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Altro non pu succedere: di fronte a una natura come quella di Wagner l'osservatore non pu che pensare a se stesso, alla propria pochezza e fragilit, e si chieder: e tu? A quale scopo esisti tu? Probabilmente poi non trova la risposta, e davanti alla propria natura resta in silenzio perplesso e sconcertato. Allora gli pu bastare aver vissuto questa esperienza; pu dargli la risposta a questa domanda il fatto che si sente estraneo alla propria natura. Perch proprio questo sentimento partecipa della pi possente estrinsecazione esistenziale di Wagner, del punto centrale della sua forza, di quella sua demoniaca capacit di trasferirsi e di autoalienarsi, di trasmettersi agli altri nella stessa misura in cui fa conoscere a se stesso altre nature, e che ha la sua grandezza nel dare e ricevere. Assoggettandosi apparentemente alla prorompente natura di Wagner l'osservatore ha partecipato della sua forza e quindi tramite lui diventato in qualche modo potente contro di lui; e chi esamina se stesso scrupolosamente sa che anche la contemplazione possiede un misterioso antagonismo, quello della contro-osservazione. Se la sua arte ci fa provare tutto ci che prova un'anima errabonda che partecipa di altre anime e della loro sorte e impara a vedere con molti occhi, noi da siffatta estraniazione e lontananza, dopo averlo sperimentato siamo anche capaci di vedere proprio lui. Allora avvertiamo con assoluta certezza: in Wagner tutto ci che per il mondo visibile vuole approfondirsi e interiorizzarsi diventando udibile e cerca la sua anima perduta; in Wagner tutto ci che udibile vuole uscire e salire alla luce anche come fenomeno visivo, vuole, per cos dire, acquistare corporeit. La sua arte gli fa compiere sempre un doppio percorso, da un mondo quale rappresentazione uditiva lo trasferisce in un mondo quale spettacolo, al primo misteriosamente affine, e viceversa: egli continuamente costretto e il contemplante con lui a ritradurre in anima e vita primordiale questa commozione e a vedere come rappresentazione la trama pi nascosta del mondo interiore e a vestirla di un corpo apparente. Tutto ci costituisce la natura del drammaturgo ditirambico, intendendo questo concetto in tutta la sua portata, per cui Wagner insieme attore, poeta e musicista: cos come questo concetto dev'essere necessariamente desunto dall'unica apparizione perfetta prima di Wagner del drammaturgo ditirambico, da Eschilo e dai Greci suoi compagni d'arte. Se si tentato di derivare i pi grandiosi sviluppi da inibizioni o lacune interiori, se per Goethe, ad esempio, poetare stato un modo per manifestare una mancata professione di pittore, se per i drammi di Schiller si pu parlare di trasposizione del modo in cui parla il popolo, se Wagner stesso cerca di interpretare la promozione della musica da parte dei Tedeschi immaginando, fra l'altro, che li abbia indotti a intendere la musica

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con la stessa profonda seriet con la quale i loro riformatori hanno inteso il cristianesimo il fatto che sono privi di doti vocali naturali per la melodia: se volessimo collegare lo sviluppo di Wagner con una inibizione interiore di questo genere potremmo supporre per lui un originario talento per lo spettacolo, che ha dovuto negarsi e appagarsi nel modo pi ovvio e che ha trovato il suo sfogo e la sua salvezza avvicinando tutte le arti a una grande manifestazione drammatica. Ma con altrettanta legittimit dovremmo poter dire allora che Wagner si aperto violentemente l'accesso alle altre arti per infine manifestarsi con una chiarezza centuplicata e guadagnarsi la comprensione, la comprensione popolare, per la disperazione di dover parlare a musicisti mediocri o a non-musicisti. Ora, comunque si voglia immaginare lo sviluppo di questo originario drammaturgo, Wagner nella sua maturit e perfezione un prodotto esente da qualsiasi inibizione e lacuna: l'artista veramente libero che non pu che pensare contemporaneamente in tutte le arti, il mediatore e conciliatore tra sfere apparentemente separate, il restauratore di una unit e totalit del patrimonio dell'arte, che non pu essere indovinato e scoperto ma unicamente mostrato attraverso l'azione. Ma colui davanti al quale si compie all'improvviso questa azione viene travolto da essa come dal pi sinistro e affascinante dei prodigi: si trova ad un tratto di fronte a una forza che abbatte le resistenze della ragione, anzi che gli fa apparire irrazionale e incomprensibile tutto ci in cui fino a quel momento vissuto: estranei a noi stessi noi galleggiamo in un misterioso elemento di fuoco, non ci capiamo pi, non riconosciamo pi le cose a noi pi note; non possediamo pi la misura delle cose, tutto ci che legittimo e immobile comincia a muoversi, ogni cosa risplende di colori nuovi, ci parla con segni nuovi: bisogna essere Platone per riuscire a orientarsi, come fa lui, in questo miscuglio di poderosa volutt e timore, e per dire al drammaturgo: noi vogliamo venerare, come qualcosa di sacro e prodigioso, un uomo che quando viene nella nostra comunit sia capace, in virt, della sua sapienza, di diventare tutto ci che possibile diventare e di imitare tutte le cose, vogliamo versare unguenti sul suo capo, cingergli in capo di lana, ma cercare di indurlo ad entrare in un'altra comunit. Pu darsi che Uno che viva nella comunit platonica sappia e debba raggiungere qualche cosa che trascende la sua stessa natura: noi altri, tutti noi che non viviamo in essa ma in comunit completamente diverse, desideriamo che il mago venga a noi, anche se lo temiamo, proprio perch la nostra comunit, e la malvagia ragione e potenza che essa incarna, appaia un giorno negata. Uno stato dell'umanit, della sua collettivit, dei suoi costumi, del suo ordine esistenziale, della sua strutturazione, che possa fare a meno dell'artista imitatore forse non del tutto impossibile, ma proprio questo forse una delle cose che comportano pi rischi; parlarne dovrebbe essere consentito solo a chi capace prima di generare e sentire il momento pi alto di tutto ci che si verifica e subito dopo, come Faust, di diventare cieco: noi stessi infatti non abbiamo diritto a questa cecit, mentre Platone, per esempio, dopo quell'unico sguardo che il suo occhio aveva rivolto all'ellenico ideale, aveva il diritto di essere cieco verso tutto l'ellenico reale. Noi siamo Diversi, abbiamo bisogno dell'arte perch abbiamo acquistato la vista proprio al cospetto del reale: e abbiamo bisogno proprio del

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drammaturgo totale, che ci liberi, almeno per qualche ora, dalla terribile tensione che l'uomo che vede avverte oggi fra s e i compiti impostigli. Con lui noi raggiungiamo i gradi pi alti del sentire e abbiamo l'illusione di vivere di nuovo nella libera natura e nel regno della libert; di l come riflessi in una gigantesca fata morgana vediamo, come qualcosa di sublime e di importante, noi stessi e i nostri simili intenti a lottare, vincere e perdere, godiamo del ritmo della passione e della rinuncia alla stessa, ad ogni potente passo dell'eroe udiamo la sorda eco della morte e in prossimit della stessa comprendiamo il sommo fascino della vita: cos, tramutati in personaggi tragici, ritorniamo a vivere in un'atmosfera stranamente confortante, con una nuova sensazione di sicurezza, come se, avendo sfuggito enormi pericoli, deviazioni ed estasi, avessimo ritrovato la via del limitato e familiare, dove possibile agire con maggiore riflessivit e convenienza; infatti tutto ci che qui appare seriet e impegno in direzione di una meta, in confronto con la via che, anche se in sogno, abbiamo percorso assomiglia a parti bizzarramente smembrate di quelle esperienze totali delle quali abbiamo timorosa coscienza; anzi correremo pericoli e saremo tentati di prendere la vita con eccessiva leggerezza proprio perch nell'arte l'abbiamo intesa con cos grande seriet, per ricordare quanto Wagner ha detto delle vicende della sua vita. Infatti se gi a noi che ci limitiamo a sperimentare quest'arte della drammaturgia ditirambica ma non la creiamo, il sogno appare quasi vero, facile immaginare quanto debba apprezzare questo contrasto chi opera! Sta in mezzo a tutti i frastuoni e fastidi della realt quotidiana, ai guai della vita, della societ e dello Stato come che cosa? Forse come se fosse l'unico desto, l'unico che non dorme, che ancorato alla verit e alla realt, fra tanti dormienti confusi e tormentati, vaneggianti e sofferenti; ogni tanto si sente come afflitto da un'insonnia invincibile, come se dovesse trascorrere la sua vita, tanto chiara e consapevole, insieme a sonnambuli e ad esseri che agiscono come fantasmi: per cui a lui appare sinistro proprio quel tutto che agli altri appare familiare e si sente tentato di superare questa impressione con spavalda ironia. Ma come viene stranamente interrotta, disturbata, questa sensazione quando alla chiarezza della sua spavalderia si accompagna un'altra pulsione, lo struggente desiderio di chi sta in alto per ci che sta in basso, l'amore per la Terra, il sogno della felicit dello stare insieme quando ricorda tutte le cose cui rinuncia come creatore solitario, quasi che, come un dio sceso in Terra, dovesse seduta stante sollevare fino al cielo con braccia di fuoco tutto ci che debole, umano, perduto, per finalmente trovare non pi adorazione ma l'amore, e nell'amore esprimere se stesso totalmente! Ma proprio questa interferenza il vero prodigio nell'anima del drammaturgo ditirambico: e se esiste un momento in cui la sua natura potrebbe accogliere anche il concetto, quel momento dovrebbe essere questo. Perch sono i momenti creativi della sua arte quelli nei quali lo straniamento e lo stupore nei confronti del mondo si accompagnano allo struggente desiderio di avvicinarsi al mondo stesso come amante. E tutti gli sguardi che rivolge alla Terra e alla vita sono raggi di sole che fanno scaturire l'acqua, condensano la nebbia, diffondono foschie temporalesche. Il suo sguardo chiaroveggente e insieme amorosamente altruista: e tutto ci che con questa duplice forza del suo sguardo egli chiarisce a se stesso induce rapidamente la natura a sprigionare tutte le sue forze, a rivelare i suoi segreti pi reconditi: con pudore. Non solo un'immagine dire che con quello sguardo egli ha sorpreso la

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natura, dire che l'ha vista nella sua nudit, per cui essa vuole pudicamente rifugiarsi nei propri contrasti. Ci che prima era invisibile, interiore, trova ricetto nella sfera del visibile e diventa manifestazione, apparizione; ci che prima era visibile trova rifugio nel cupo mare della musica: cos la natura, desiderosa di nascondersi, rivela l'essenza dei propri contrasti. L'originario drammaturgo parla di ci che adesso avviene in lui, di ci che avviene nella natura, in una irruenta danza ritmica, impetuosa ma fluttuante, con gesti estatici: il ditirambo dei suoi movimenti sia rabbrividente comprensione sia amorosa vicinanza, voluttuosa autoalienazione. La parola segue inebriata il linguaggio di questo ritmo; accoppiata alla parola risuona la melodia; e la melodia a sua volta sprigiona scintille nel regno delle immagini e dei concetti. Un fenomeno onirico, simile-dissimile all'immagine della natura e del suo innamorato, si avvicina, si condensa in figura umana, si espande nel susseguirsi di un'eroico-spavalda volont totale, di un voluttuoso declino di una non-volont: cos nasce la tragedia, cos diventa alla vita la sua splendida sapienza, la sapienza del pensiero tragico, cos infine si risveglia il mago pi benefico che esista, il drammaturgo ditirambico. 8. La vera vita di Wagner, cio il graduale manifestarsi del drammaturgo ditirambico; finch egli non stato solo questo, stata una continua lotta con se stesso: per lui la lotta col mondo contrastante divenne cos aspra e sinistra solo perch egli udiva la voce di questo mondo, di questo allettante nemico, uscire da se stesso e perch albergava dentro di s il possente demone del contrasto. Quando emerse in lui il pensiero dominante della sua vita, il pensiero che il teatro avrebbe potuto esercitare un effetto senza pari, il massimo effetto che l'arte possa esercitare, la sua natura fermento e si lacer violentemente. La decisione sul proprio agire e anelare non fu subito chiara e precisa; all'inizio questo pensiero si present in forma seduttiva, come espressione della sua insaziabile oscura volont di potenza e brillantezza. Un effetto senza pari tramite cosa? su chi? questo si chiedevano il suo cervello e il suo cuore. Voleva vincere e conquistare come nessun artista aveva ancora vinto, e raggiungere, possibilmente d'un sol colpo, quella tirannica onnipotenza verso la quale si sentiva oscuramente spinto. Misurava con occhio geloso, spiante in profondit, tutto ci che aveva successo, e soprattutto osservava il soggetto sul quale dover agire. Grazie al magico occhio del drammaturgo, che legge nelle anime come nello scritto a lui pi familiare, studiava lo spettatore, e anche se spesso constatare ci che constatava lo rendeva irrequieto, ricorreva subito ai mezzi per conquistarlo. Questi mezzi li aveva sulla punta delle dita, voleva, ma anche poteva, realizzare ci che agiva potentemente su di lui; sapeva esattamente ad ogni livello quanto dei suoi modelli era in grado di realizzare, non ha mai dubitato di essere capace anche di realizzare ci che gli piaceva. Qui forse ci troviamo di fronte a una natura ancora pi presuntuosa di quella di Goethe, che di se stesso diceva: ho sempre pensato di essere capace; se mi avessero posto in capo una corona avrei pensato: giusto. La capacit di Wagner, il suo gusto e il suo intento sono stati in ogni momento intimamente collegati, come una chiave nella sua serratura: sono diventati grandi e liberi insieme, all'inizio non lo erano. Dalla sensa-

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zione, debole ma nobile eppure solitaria che aveva questo o quell'amatore d'arte letterariamente e artisticamente preparato non sapeva che farsene! Le tumultuose tempeste delle anime prodotte dalla grande folla nelle fasi ascendenti del canto drammatico, l'ebbrezza degli animi che all'improvviso lo avvolgeva, onesta e disinteressata, erano l'eco del suo sperimentare e sentire, lo facevano sperare nella massima potenza ed efficacia! Sicch vedeva il mezzo col quale poter esprimere il suo pensiero dominante nella grande opera lirica; ad essa mirava il suo desiderio, alla sua patria erano rivolti i suoi occhi. Un lungo periodo della sua vita, compresi i pi arditi mutamenti dei suoi piani, dei suoi studi e soggiorni e delle sue conoscenze, si spiega unicamente con questa sua aspirazione e con le resistenze esterne che questo povero, irrequieto, appassionatamente genuino artista tedesco ha dovuto affrontare. Un altro artista sapeva meglio di lui come si faccia a diventare sovrani in questo campo; e oggi che poco a poco diventato noto, che si sa mediante quale trama artificiosamente intessuta di influenze Meyerbeer ha saputo preparare e celebrare ognuna delle sue grandi vittorie e con quanta angoscia abbia ponderato il susseguirsi degli effetti nell'opera, si capir anche il grado di confusa irritazione da cui Wagner fu colto quando gli furono aperti gli occhi su questi espedienti quasi necessari per strappare al pubblico il successo. Dubito che nella storia sia esistito un altro artista che abbia esordito con un errore altrettanto madornale e abbia imposto un'arte ribelle come la sua con altrettanto candore e ingenuit. Per lo fece in modo grandioso e quindi sorprendentemente proficuo. Superata la disperazione per l'errore commesso, che riconobbe, si rese conto infatti di cosa fosse il successo moderno, il pubblico moderno e tutta la natura menzognera dell'arte moderna. Mentre diventava il critico dell'effetto presentiva il fremito della propria purificazione. Quasi che da quel momento lo spirito della musica gli parlasse con una magia del tutto nuova. Come se ritornasse alla luce dopo una lunga malattia, non fidandosi pi di mano e occhio, cambi strada; e cos con grande meraviglia scopr di essere ancora un musicista, di essere ancora un artista, anzi di esserlo diventato solo in quel momento. Ogni altra fase nel divenire di Wagner contraddistinta dal fatto che le due forze fondamentali della sua natura si collegano sempre pi strettamente: la reciproca timidezza scema e da quel momento il S superiore non pi al servizio del potente fratello terreno, ma lo serve perch lo ama. Alla fine dello sviluppo i tratti pi teneri e pi puri sono contenuti in quelli pi potenti, ne fanno parte integrante, la pulsione impetuosa segue ancora il suo corso ma su strade diverse, l dove di casa il S superiore: e questo scende di nuovo in Terra e riconosce la propria immagine in tutto ci che terreno. Se in questa sorta di ultima meta e punto di partenza di quello sviluppo fosse possibile discorrere rimanendo comprensibili, si potrebbe anche capire quale sia stato il metaforico mutamento che ha caratterizzato probabilmente una lunga fase intermedia di quello sviluppo; ma io dubito di quello e perci non tento neppure questo. Delimitano storicamente questa fase intermedia da quella precedente e da quella successiva due definizioni: Wagner diventa il rivoluzionario della societ, Wagner alla fine riconosce l'unico artista fino allora prodottosi nel popolo poetante. Lo guid in entrambe le direzioni il pensiero dominante, che dopo quella grande disperazione e contrizione gli si present sotto una forma nuova e ultrapo-

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tente. Effetto, impareggiabile effetto del teatro! ma su chi? Il ricordo del pubblico sul quale aveva voluto agire lo faceva rabbrividire. Affrancatosi dall'esperienza precedente comprese in tutta la sua portata l'obbrobrioso stato in cui versavano l'arte e l'artista: erano come una societ priva d'anima e dal cuore duro che si autodefinisce buona e invece proprio quella cattiva che asserve arte e artisti per soddisfare bisogni falsi, inesistenti. L'arte moderna lusso: Wagner comprese sia questo che il resto, che essa spadroneggia col diritto di una societ del lusso. Come tale, servendosi del suo potere con grande abilit, riuscita a rendere sempre pi servili gli impotenti, sempre pi abietto e sempre meno genuino il popolo facendo di esso il moderno lavoratore; inoltre lo ha privato di ci che di pi grande e di pi puro esso, quale vero e unico artista, creava per profonda necessit e nel quale con tenero cuore trasfondeva la sua anima, del suo mito, del suo modo di cantare, della sua danza, del suo linguaggio, per distillarne un mezzo di lusso, le arti moderne, onde ovviare all'esaurimento e ammazzare la noia della propria esistenza. Attraverso i tempi Wagner si sforzato di capire come sia nata questa societ, come sia riuscita a succhiare forze nuove dalle sfere di potere apparentemente in contrasto, ha cercato di capire come e perch il cristianesimo, decaduto nell'ipocrisia e nella mediocrit, si sia lasciato usare contro il popolo rafforzando quella societ e i suoi possedimenti, e come mai la scienza e gli studiosi abbiano aderito a questo fronte con tanta duttilit, per poi sussultare, alla fine delle sue considerazioni, pieno di rabbia e di disgusto: diventato rivoluzionario per la piet che gli faceva il popolo. Da quel momento lo ha amato e ha guardato ad esso con lo stesso fervido amore con cui amava la sua arte, perch solo in esso, ahim, solo nel popolo scomparso, non pi rintracciabile, frodato, vedeva adesso l'unico spettatore e ascoltatore degno di apprezzarlo e all'altezza della potenza di quell'opera d'arte che egli sognava di realizzare. Per cui la sua riflessione si concentr sul quesito: Come nasce il popolo? E come rinasce? Trovava sempre una solo risposta: se esiste una moltitudine che prova la stessa sofferenza che provo io, Questa il popolo si disse. E se la stessa sofferenza comporta lo stesso desiderio occorre trovare lo stesso modo per esaudirlo e per godere, in questo appagamento, della medesima felicit. E quando cerc di capire cosa avrebbe lenito la sua sofferenza, cosa avrebbe soddisfatto nel modo pi profondo il bisogno che avvertiva, si rese conto con confortante certezza che solo il mito e la musica potevano soddisfarlo, il mito che egli sapeva essere il prodotto e la lingua del bisogno del popolo, la musica, dall'origine analoga ma ancora pi misteriosa. In questi due elementi egli immerge e guarisce la sua anima, di essi avverte estrema necessit: capisce infine quanto il suo bisogno sia simile a quello del popolo qual esso era quando nato, e sa che se ci saranno molti Wagner il popolo non potr non rinascere. Ora, come hanno vissuto nella nostra societ moderna mito e musica, che sono stati vittime della stessa? Hanno avuto una sorte analoga, a testimonianza della loro misteriosa reciproca appartenenza: il mito stato profondamente degradato e sfigurato, snaturato a fiaba, a elemento ludico per bambini e donne del popolo angustiato, stato avvilito, stato totalmente spogliato della sua splendida serio-sacra natura virile; la musica aveva trovato rifugio tra i poveri e i semplici, tra i solitari, il musicista tedesco non era riuscito a trovare un posto decente nell'azienda di lusso

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delle arti, era diventato egli stesso la mostruosa fiaba occultata piena dei suoni e segnali pi toccanti, uno sprovveduto interrogante vittima di un incantesimo e necessitante di qualcosa che lo liberasse da esso. Qui l'artista avvert con tutta chiarezza l'ordine, a lui solo impartito, di introdurlo nuovamente il mito nel mondo dell'uomo, e di liberare la musica dall'incantesimo che la rendeva muta, di farla parlare: d'un tratto sent la sua forza di drammaturgo liberata dalle catene, il suo dominio poggiante su un regno intermedio fra mito e musica ancora da scoprire. Present agli uomini la sua nuova opera d'arte nella quale mise tutto ci che di pi poderoso, efficace, beatificante era capace, e insieme formul un grosso interrogativo dolorosamente incisivo: Dove siete voi che soffrite e patite come? Dov' la moltitudine, il popolo di cui sento il bisogno? Vi voglio rivelare che avrete, in comune con me, la mia stessa felicit, la mia stessa consolazione: la vostra gioia mi riveler la vostra sofferenza! Col Tannhuser e col Lohengrin si guard intorno cos alla ricerca dei suoi simili; il solitario aveva sete della moltitudine. Ma cosa accadde? Nessuno gli rispose, Nessuno aveva capito la domanda. Non che avessero taciuto, al contrario gli fu risposto a mille domande che non aveva posto, si lev tutto un cinguettare di chiacchiere sulle nuove opere d'arte, quasi fossero state create apposta per essere massacrate a parole. Scoppi fra i Tedeschi, come una febbre, tutta la compiaciuta velleit dei cialtroni che scrivono e parlano di estetica, le opere d'arte e la persona dell'artista vennero misurate e manipolate con quella mancanza di pudore che propria dei doti tedeschi non meno che di quelli che scrivono sui giornali. Wagner cerc di chiarire il significato del quesito da lui posto per mezzo di scritti: nuova confusione, nuove chiacchiere un musicista che scrive e pensa era per quei tempi inimmaginabile; perci si grid: un teorico che vuol trasformare l'arte secondo concetti astrusi, lapidatelo! Wagner rimase frastornato; la sua domanda non era stata capita, il suo bisogno e la sua sofferenza non erano sentiti, la sua opera d'arte era una sorta di discorso rivolto a sordi e ciechi, il suo popolo era l'invenzione di una mente vaneggiante. Wagner vacill, ebbe un tentennamento. Davanti ai suoi occhi emerge la possibilit di un totale rovesciamento di tutte le cose, questa possibilit non gli fa pi paura: forse al di l del sovvertimento e della devastazione pu nascere una nuova speranza, o forse no e comunque il nulla preferibile a una cosa rivoltante. In breve, era un esule in patria e soffriva. Ed ecco che proprio con questa tremenda svolta nel suo destino, esterno ed interno, ha inizio nella vita del Nostro il capitolo che la luce della pi alta maestria illumina con lo splendore dell'oro liquido! Solo adesso il genio del drammaturgo ditirambico si spoglia dell'ultimo involucro! isolato, solitario; il tempo per lui non conta pi, non spera pi: il suo occhio si dirige ancora una volta all'interno e raggiunge il fondo: qui vede il dolore nella natura delle cose e da questo momento, diventato come impersonale, si accolla in silenzio la sua parte di dolore. Il desiderio della massima potenza, il patrimonio ereditato da stati precedenti si trasfondono totalmente nella creazione artistica; attraverso la sua arte egli parla ancora solo a se stesso, non pi a un pubblico o popolo, e lotta per renderla pi chiara possibile e in grado di sostenere un dialogo cos poderoso. Nell'opera d'arte del periodo precedente le cose stavano in un altro modo ancora: anche in essa aveva mirato, bench con tocco pi leggero, all'effetto immediato: quell'opera d'arte era una richiesta, voleva provocare

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una risposta; quante volte non si era sforzato di farsi capire da quelli cui rivolgeva le sue domande per cui li aveva aiutati a superare l'imbarazzo dovuto al fatto che non erano abituati ad essere interrogati usando forze e mezzi di espressione di un'arte precedente; quando temeva di non riuscire a convincere e a farsi capire col suo linguaggio estremamente personale aveva cercato di chiarire la sua domanda usando un linguaggio a lui semiestraneo, ma pi noto ai suoi ascoltatori. Adesso pi nulla avrebbe potuto indurlo a comportarsi allo stesso modo, adesso voleva una cosa sola: capire se stesso, riflettere sulla natura del mondo, filosofare facendo musica; quanto resta in lui delle sue intenzioni frutto delle ultime constatazioni. Chi degno di sapere cosa avvenne in lui allora, su che cosa soleva dialogare con se stesso nella pi sacra oscurit della sua anima non sono molti : oda, guardi e viva il Tristano e Isotta, il vero opus metaphysicum di tutta l'arte, un'opera sulla quale posato il debole sguardo di un morente col suo dolcissimo insaziabile struggente desiderio dei segreti della notte e della morte, lontano dalla vita, che nella cruda spettrale luce del mattino appare come il nulla, l'ingannevole, il separante: un dramma dalla forma aspramente severa, che travolge nella sua nuda semplice grandezza e proprio per questo tanto congeniale al segreto del quale parla, il segreto della morte nel corpo vivente, della solitudine nella dualit. Tuttavia esiste qualcosa di ancora pi grande di quest'opera: l'artista stesso, che dopo di essa in un breve lasso di tempo ha saputo creare una immagine universale ricca dei colori pi disparati, i Maestri Cantori di Norimberga, anzi che in queste due opere si soltanto in qualche modo riposato e rigenerato per portare a compimento con misurata sollecitudine la sua tetralogia, la gigantesca costruzione progettata e iniziata prima di esse, il suo sentire e poetare attraverso 20 anni, la sua opera d'arte bayreuthiana, l'Anello del Nibelungo! Chi si sorprende per la vicinanza del Tristano e dei Maestri Cantori non ha capito la vita e la natura dei Tedeschi veramente grandi su un punto importante: non sa che solo su questo terreno pu crescere quella serenit tipicamente e unicamente tedesca di Lutero, Beethoven e Wagner che gli altri popoli non capiscono affatto e che oggi sembra divenuta estranea agli stessi Tedeschi quell'aurea ben riuscita mescolanza di semplicit profondit d'amore, contemplazione e furbizia che Wagner mesce come bibita preziosissima a tutti coloro che hanno molto sofferto e che si rivolgono a lui col sorriso dei risanati. E mentre egli guardava al mondo cos riconciliato e veniva colto pi di rado dalla rabbia e dal disgusto, rinunciando al potere con tristezza e amore pi che non arretrando da esso inorridito, mentre portava avanti in silenzio, partitura dopo partitura, la sua grande opera, avvenne una cosa che gli fece tendere l'orecchio: vennero gli amici ad annunciargli un movimento sotterraneo di molti animi non era ancora il popolo quello che si muoveva e si annunciava, ma forse il germe e la prima sorgente di vita di una societ che in un lontano futuro sarebbe stata pi perfetta, veramente umana; all'inizio solo la garanzia che la sua grande opera sarebbe finita nelle mani di persone fidate, capaci di vegliare per i posteri su quella stupenda eredit e degni di custodirla; nell'amore degli amici i colori del giorno della sua vita diventarono pi luminosi e pi caldi, la sua quanto mai nobile preoccupazione di riuscire a portare a compimento la sua opera per cos dire prima di sera e di trovarle una collocazione adeguata fu condivisa dagli amici. E avvenne

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qualcosa che Wagner non pot interpretare che simbolicamente, che come un segnale positivo. Gli fece alzare lo sguardo una grande guerra dei Tedeschi, di quegli stessi Tedeschi che egli sapeva cos profondamente snaturati, cos privi di quell'alto senso della germanit che egli con profonda consapevolezza aveva cercato e riconosciuto in S stesso e in altri grandi Tedeschi della storia constat che questi Tedeschi in una situazione mostruosa rivelavano virt autentiche: prodezza e capacit di discernere, e con intima felicit incominci a pensare che egli forse non era l'ultimo Tedesco e che finalmente la forza, piena di abnegazione ma modesta, dei pochi amici sarebbe stata affiancata per tutto il tempo in cui un'opera deve sopravvivere per diventare opera d'arte del futuro da una forza pi potente. Forse pens che nel tempo, via via che egli cercava di raggiungere speranze immediate, questa fede non sarebbe riuscita a difendersi dal dubbio: basta, avvert una poderosa spinta che gli ricord un alto dovere ancora incompiuto. Non avrebbe portato a compimento la sua opera se l'avesse affidata ai posteri solo sotto forma di partitura senza parole, doveva mostrare al pubblico la cosa pi inimmaginabile, pi riservata a lui stesso, il nuovo stile del suo discorso per la sua rappresentazione, doveva insegnargli mediante l'esempio che nessun altro era in grado di dare e quindi fondare una tradizione stilistica rappresentata non da segni scritti sulla carta ma da effetti sulle anime umane. Questo divent per lui l'impegno pi serio, al punto che nel frattempo le altre sue opere, proprio in rapporto allo stile del discorso, ebbero il destino pi assurdo e pi insopportabile: erano famose, ammirate e venivano maltrattate, e Nessuno sembrava ribellarsi. Infatti, per strano che possa sembrare: il successo e il potere arrivarono proprio mentre egli rinunciava ogni giorno di pi al successo presso i suoi contemporanei e al pensiero della potenza. Per lo meno tutti gli parlavano del suo trionfo. Bench continuasse a definire con estrema decisione quei successi frutto di un malinteso e anzi vergognosi, si era cos poco abituati a vedere un artista fare una netta distinzione fra i vari tipi di effetto che non prestarono orecchio nemmeno alle sue pi solenni proteste. Da quando si era reso conto del rapporto fra la natura e il successo del teatro moderno e il carattere dell'uomo moderno, la sua anima aveva rotto definitivamente i ponti con quel teatro; il fanatismo estetico e l'esaltazione della folla eccitata non gli interessavano pi; anzi vedere la sua arte cadere cos indiscriminatamente nelle fauci spalancate di una noia insaziabile e dell'avidit di distruzione lo irritava. Comprese quanto piatto e vuoto fosse in quel teatro ogni effetto, come in quel teatro si trattava in realt pi di saziare un insaziabile che di nutrire un affamato, da un fatto: da tutti, anche dagli stessi esecutori la sua arte veniva concepita come qualsiasi altra musica di scena, conformemente all'obbriorioso manuale dello stile operistico, anzi, grazie ai preparati e validi direttori d'orchestra, sia le sue opere venivano sezionate e spaccate secondo i dettami della lirica, sia il cantante credeva di ottemperare ad essi solo dopo un'accurata despiritualizzazione; e quando si voleva fare proprio bene si interpretavano le indicazioni di Wagner in modo goffo e impacciato, come volendo rappresentare l'assembramento notturno per le strade di Norimberga del secondo atto dei Maestri Cantori facendo compiere ai ballerini figure artificiose; tuttavia sembrava che agissero in buona fede, senza cattive intenzioni. I disperati tentativi di Wagner di rimandare, mediante l'azione e l'esem-

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pio, alla semplice correttezza e completezza della rappresentazione e di far capire ai cantanti il nuovo modo di porgere, il nuovo stile, venivano costantemente frustrati dall'assenza di idee e dall'abitudine; per giunta l'avevano sempre costretto ad occuparsi proprio di quel teatro la cui natura l'aveva disgustato. Del resto anche Goethe aveva perso la voglia di assistere alle rappresentazioni della sua Ifigenia, soffro terribilmente, aveva spiegato, quando sono costretto ad aver a che fare con questi fantasmi che non appaiono come dovrebbero. Ma il successo di questo teatro che gli era diventato odioso aumentava di giorno in giorno, al punto che proprio i grandi teatri finirono per vivere quasi esclusivamente degli introiti assicurati dall'arte di Wagner come arte operistica. La confusione circa questa crescente passione del pubblico che affollava i teatri colp anche alcuni amici di Wagner, che dovette soffrirne aspramente che dovette esercitare molta pazienza! nel vedere i propri amici inebriati da successi e vittorie, l dove veniva totalmente massacrato e tradito il suo pensiero unico e grande. Sembrava che un popolo per molti versi serio e grave proprio nel rapporto col suo artista pi serio non volesse abbandonare una frivolezza di fondo e cos palesare tutto ci che di goffo, volgare, sciocco e malvagio esiste nella natura tedesca. Poi, quando durante la guerra sembr pervadere gli animi un sentimento pi nobile, pi libero, Wagner, onde salvare almeno la sua opera pi grande da quei malintesi successi e imprimerle il suo ritmo personale, quale esempio per tutti i tempi, si ricord del suo dovere di fedelt: ed ebbe il pensiero di Bayreuth. Al seguito di quella corrente credette veder risvegliarsi un maggior senso del dovere anche in coloro ai quali voleva affidare il suo tesoro pi prezioso: da questa duplicit di doveri nato l'evento che illumina l'ultima e pi prossima serie d'anni come un raggio di sole di specie diversa: pensato per il bene di un futuro lontano, possibile ma non dimostrabile, per il presente e gli uomini del presente una sorta di enigma e di orrore, per i pochi che hanno avuto modo di promuoverlo una pregustazione, un'anticipazione che li ha resi felici e fecondi, per Wagner stesso un oscuramento, di tribolazioni, preoccupazioni, riflessioni, afflizioni, un nuovo imperversare di ostilit, il Tutto per illuminato dalla stella della fedelt disinteressata e trasformato, in questa luce, in una felicit ineffabile! Non occorre dirlo: su questa vita spira l'alito della tragicit. E chi lo presente, qualunque persona per la quale la costrizione di un tragico inganno sulle mete della vita, il mutare e l'infrangersi dei progetti, la rinuncia e la purificazione attraverso l'amore non sono cose affatto estranee, non pu non vedere nell'opera d'arte che ora Wagner ci mostra il ricordo della eroica esistenza di questo Grande. Avremo l'impressione, da molto lontano, che Sigfrido racconti le sue gesta: nella struggente felicit del ricordo intessuta la profonda tristezza della tarda estate, e l'intera natura riposa quieta nella gialla luce della sera. 9. Riflettere su Ci che Wagner, l'artista, e passare poi alla contemplazione dello spettacolo di un'arte veramente libera: questo dovr fare, per ricrearsi, chi ha pensato, e ne ha sofferto, al modo in cui Wagner, l'uomo, si formato. Se l'arte non che la capacit di comunicare ad altri ci che si sperimentato, ogni opera d'arte che non riesce a farsi capire contraddice se stessa: la grandezza di Wagner come artista consiste proprio

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nella demoniaca capacit di comunicare della sua natura, che parla di s in tutte le lingue e che palesa con somma chiarezza l'intima esperienza personale; la sua comparsa nella storia delle arti dopo che l'umanit si era abituata ad accettare come una regola la parcellizzazione delle arti equivale a una vulcanica eruzione della capacit artistica nella sua totalit, della natura stessa. Questo il motivo per il quale si discusso a lungo sul nome da dargli, non si sapeva se bisognasse definirlo poeta, plastico o musicista, intendendo ogni termine nella sua pi ampia accezione, o se per lui occorresse forgiare una parola nuova. Il poetico si rivela nel fatto che egli non pensa per concetti, ma pensa per eventi visibili e avvertibili, cio miticamente, come ha sempre pensato il popolo. Alla base del mito non c' un pensiero, come presumono i figli di una cultura artificiale. Wagner comunica un'idea del mondo, ma come il succedersi o avvicendarsi di azioni, eventi e sofferenze. L'Anello del Nibelungo una immensa costruzione ideativa priva della forma concettuale del pensiero. Forse un filosofo saprebbe accostarle un qualcosa di corrispondente, privo di immagine e di azione e che parla solo per concetti: avremmo allora lo stesso prodotto in due sfere diverse: una per il popolo e una per l'opposto del popolo, per l'uomo teorico. Wagner dunque non si rivolge a questo ultimo perch l'uomo teorico si intende di ci che prettamente poetico esattamente quanto un sordo si intende di musica: vedono entrambi un movimento che per loro privo di senso. Da ognuna di queste due sfere, cos diverse, impossibile capire l'altra: finch si nel territorio del poeta si pensa come lui, come se si fosse esseri capaci unicamente di sentire, vedere e udire; perci le conclusioni che se ne traggono sono le implicazioni degli eventi che si vedono, cio sono causalit effettive, non logiche. Ora, quando gli eroi e gli di di tali drammi mitici che Wagner crea debbono farsi capire anche pronunciando parole, c' il rischio che il loro linguaggio risvegli in noi l'uomo teorico e ci trasferisca in un'altra sfera, nella sfera non-mitica: di conseguenza le parole non solo non ci farebbero capire meglio ci che avviene, ma non ci farebbero capire niente. Ecco perch Wagner ha riportato la lingua al suo stato primordiale, nel quale essa non pensa ancora per concetti, nel quale essa ancora solo poesia, immagine e sentimento; l'arditezza con la quale Wagner ha compiuto questa operazione evidenzia l'intensit della forza che ha guidato il suo spirito poetico, l'intensit con la quale essa lo ha portato dove voleva. In questi drammi doveva essere possibile cantare ogni parola, e di ed eroi dovevano cantare ogni parola: questa stata la straordinaria sfida che Wagner ha posto alla propria fantasia. Qualunque altro artista si sarebbe perso di coraggio; la nostra lingua troppo antica e troppo devastata perch le si potesse chiedere ci che Wagner ha preteso da essa: eppure il suo tocco ha fatto scaturire dalla roccia una sorgente ricca e generosa. Wagner, che amava questa lingua pi di ogni altro Tedesco, ha anche sofferto pi di ogni altro per la sua denaturazione e indebolimento, cio per le molteplici perdite e mutilazioni inferte alle forme, per la pesantezza della nostra costruzione, per i verbi ausiliari che non sono cantabili: tutte cose entrate nella lingua proditoriamente. Per avvertiva con profondo orgoglio la ancora esistente originariet e inesauribilit di questa lingua, la forza musicale delle sue radici nelle quali, al contrario di quanto avviene per le lingue fortemente derivate, artificiosamente retoriche dei ceppi romanici, presentiva la meravigliosa propensione per la musica, quella vera. La poesia di Wagner pervasa da un amore per il tedesco, da un piacere di usarlo, da una libert nel trattarlo che, oltre che in lui, troviamo solo in Goethe. Corporeit dell'espressione, ardita concisione, forza e variet ritmi-

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che, una grande ricchezza di parole forti e significative, semplice articolazione della frase, un'inventiva quasi unica nel linguaggio del fluttuante sentire e presentire, una originalit qua e l autentica e pura ma a queste qualit se ne potrebbero aggiungere altre ancora pi mirabili e prodigiose. Chi legge una dopo l'altra due opere poetiche come il Tristano e i Maestri Cantori prover per la lingua uno stupore e un dubbio pari a quelli che prover per la musica: si chieder come sia stato possibile dominare due mondi cos diversi sia per la forma, il colore e la struttura sia per l'anima. Questo l'aspetto pi formidabile del talento di Wagner che nella sua grandezza ha saputo coniare per ogni opera un nuovo linguaggio e dare un nuovo corpo e un nuovo suono al nuovo mondo interiore. Dove si palesa una capacit rara siffatta il biasimo per qualche arditezza e stranezza o per la poca chiarezza di qualche espressione e pensiero rimarr sempre sterile e meschino. Ma a coloro che finora l'hanno maggiormente biasimato pi che il suo linguaggio non piaceva la sua anima, non piaceva tutto il suo modo di soffrire e sentire, che hanno definito scandaloso e inaudito. Quando avranno finalmente un'anima diversa parleranno anch'essi una lingua diversa, e quel giorno, penso, sar migliore di com' oggi anche la lingua tedesca. Ma chi riflette su Wagner come poeta e linguista non dovrebbe soprattutto dimenticare che nessuno dei drammi wagneriani destinato alla lettura, per cui hanno esigenze diverse da quelle del dramma scritto. Questo vuol agire sul sentimento unicamente mediante concetti e parole e quindi appartiene alla sfera della retorica. Mentre nella vita la passione raramente parla, nel dramma scritto per manifestarsi in qualche modo essa deve parlare. Ma quando la lingua di un popolo gi decadente e logorata il drammaturgo tentato di trasformare e colorare in modo insolito lingua e pensiero; vuol elevare il linguaggio perch esso esprima nuovamente sentimenti elevati e cos corre il rischio di non essere capito. Allo stesso modo mediante espressioni e idee elevate cerca di trasmettere alla passione qualcosa di elevato e cos corre un altro pericolo: quello di apparire falso e artificioso. Infatti la passione reale della vita non parla per sentenze, e quella poetica, se troppo diversa da quella reale, fa diffidare della sua autenticit. Invece Wagner, il primo che abbia individuato le pecche del dramma scritto, rende ogni evento drammatico contemporaneamente mediante parola, gesto e musica: la musica trasmette i moti interiori fondamentali dei personaggi del dramma direttamente all'anima dello spettatore, che adesso ti vede rappresentati nei gesti degli stessi e che trova nelle parole un'estrinsecazione, pi pallida, divenuta volont pi cosciente, di quei moti. Tutti questi effetti agiscono contemporaneamente e senza disturbarsi reciprocamente portando lo spettatore a una comprensione e a un coinvolgimento del tutto nuovi, come se d'un tratto i suoi sensi venissero spiritualizzati e il suo spirito fisicizzato, e come se tutto ci che vuol uscire dall'uomo e ha sete di conoscenza provi adesso, libero e felice, la gioia della conoscenza. Poich ogni evento di un dramma wagneriano risulta comprensibile allo spettatore in quanto attraverso la musica risplende e arde partendo dall'interno, il suo autore pu fare a meno di tutti quei mezzi di cui il poeta della parola scritta ha bisogno per dar colore e luce agli eventi che narra. L'intera economia del dramma pu essere pi semplice. Nella grande linea d'insieme della costruzione pu palesarsi ancora una volta il senso ritmico dell'architetto; non pi necessaria quella frastornante complessit e multiformit dello stile architettonico mediante la quale il poeta della parola scritta si sforza di suscitare stupore e interesse

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per la propria opera. L'impressione della idealizzante altezza e lontananza pu essere evocata anche senza il ricorso ad artifici. Nella compattezza e forza di un discorso dei sentimenti il linguaggio ha rinunciato all'ampiezza retorica; e bench l'attore parli molto meno che in passato di ci che fa e sente, adesso i moti interiori che il drammaturgo della parola scritta evita di rappresentare temendone a torto la non drammaticit, inducono lo spettatore a una partecipazione appassionata, mentre al concomitante linguaggio dei gesti basta esprimersi con modulazioni delicatissime. La passione cantata dura pi a lungo di quella recitata; la musica, per cos dire, espande, dilata le sensazioni: ne consegue che l'attore che al contempo cantante deve superare la eccessiva eccitazione, non-plastica, del movimento, di cui soffre il dramma recitato. Si sente indotto a nobilitare i gesti, tanto pi che la musica ha immerso il suo sentimento nel bagno di un etere puro avvicinandolo maggiormente alla bellezza. Gli straordinari compiti che Wagner ha affidato a spettatori e cantanti accenderanno una gara fra gli stessi che durer per intere generazioni, per portare alla fine a una rappresentazione fisicamente pi visibile dell'immagine di ogni eroe wagneriano: a quella perfetta fisicit che nella musica del dramma gi preformata. Seguendo questa guida l'occhio dell'artista plastico vedr infine i prodigi di un nuovo mondo dell'immagine che prima di lui ha visto per la prima volta solo il creatore di opere quali l'Anello del Nibelungo: un plastico di altissimo livello che, come Eschilo, indica la via a un'arte futura. Tuttavia non necessario destare grossi talenti ricorrendo alla rivalit se l'arte del plastico confronta il loro effetto con quello di una musica qual quella wagneriana: nella quale alberga la pi pura e pi solare felicit; sicch chi la ode ha l'impressione che tutta la musica precedente parlasse una lingua superficiale, impacciata, non libera, rivolta come per gioco a spettatori non degni di cose serie e che a quelli non degni nemmeno del gioco volesse insegnare e dimostrare qualcosa. Attraverso quella musica entra in noi solo per brevi ore quella felicit che nella musica wagneriana avvertiamo in continuazione: sembrano rari momenti di oblio che la sopraffanno, nei quali essa parla solo con se stessa e dirige lo sguardo in alto, come la Santa Cecilia di Raffaello, lontano dagli ascoltatori che le chiedono distrazione, divertimento o erudizione. Del Wagner musicista bisogna dire che ha dato la parola a tutto ci che esiste in natura e che prima di lui non aveva voluto parlare: egli non crede che esista qualcosa che non parla. Anche nell'aurora, nel bosco, nella nebbia, negli abissi e fra le cime dei monti, nel brivido della notte, nella luce della luna legge una segreta aspirazione: anch'essi vogliono diventare musica. Se il filosofo dice, Una Volont che ha sete di esistenza, che vuol esistere nella natura, viva e non viva, il musicista aggiunge: e questa volont vuole, a tutti i costi, una esistenza musicale. Prima di Wagner la musica aveva confini molto stretti; descriveva stati fissi, quelli che i Greci chiamano ethos, e solo con Beethoven ha incominciato a parlare la lingua del pathos, della volont appassionata, degli eventi drammatici nel cuore dell'uomo. Precedentemente la musica doveva esprimere un'atmosfera, uno stato, di calma, o di serenit o di devozione o di disposizione al pentimento, si voleva che l'ascoltatore fosse indotto a interpretare questa musica e, attraverso una strana omogeneit della forma e il prolungarsi di questa omogeneit, infine si immergesse nella stessa atmosfera. Tutte queste immagini di atmosfere e stati necessitavano di determinate forme, altre entrarono nell'uso per convenzione.

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Ne stabiliva la durata il musicista che voleva trasferire l'ascoltatore in una data atmosfera ma senza annoiarlo. Fu fatto un passo avanti quando si progettarono immagini di atmosfere contrastanti susseguentisi e si scopr il fascino della contrapposizione; e un altro passo fu fatto quando nello stesso brano musicale fu introdotto un elemento contrastante dell'ethos, per esempio un tema maschile contrapposto a uno femminile. Tutte queste sono fasi ancora iniziali e primitive della musica. Il timore di risvegliare passioni induce a stabilire leggi, quello di annoiare leggi diverse dalle prime; gli approfondimenti e gli eccessi del sentimento erano tutti ritenuti non etici. Ma dopo aver rappresentato centinaia di volte i medesimi stati e atmosfere, l'arte dell'ethos, nonostante la meravigliosa inventiva dei suoi maestri, alla fine si esaur. Beethoven l'artista che ha fatto parlare per primo alla musica una nuova lingua, quella della passione, fino allora interdetta: ma poich la sua arte doveva violare le leggi e le convenzioni dell'arte dell'ethos e giustificarsi con essa, il suo divenire artistico stato difficile e risulta poco chiaro. Un evento interiore drammatico ogni passione ha un decorso drammatico voleva arrivare a una forma nuova, ma lo schema tradizionale della musica di atmosfera faceva resistenza opponendosi all'avvento dell'immoralit quasi col linguaggio della moralit. Si ha l'impressione qua e l che Beethoven si sia imposto il difficilissimo compito di far parlare il pathos coi mezzi dell'ethos. Per per le opere pi grandi, nate pi tardi, questa idea non pi sufficiente. Per l'arco teso di una passione vibrante trov un nuovo mezzo: estrapol dalla sua traiettoria determinati momenti e li sottoline con grande decisione, affinch l'ascoltatore potesse indovinare quel che c'era fra le righe. Dall'esterno la nuova forma poteva sembrare l'insieme di pi brani riflettenti ciascuno uno stato fisso, mentre essa in realt rappresentava un momento del corso drammatico della passione. L'ascoltatore poteva avere l'impressione di udire la vecchia musica di atmosfera, per il rapporto intercorrente fra le singole parti non gli era pi chiaro e non era pi interpretabile secondo il canone del contrasto. Anche presso i musicisti si instaur una scarsa valutazione dell'esigenza di dar vita a una costruzione artistica globale; nelle loro opere il susseguirsi delle parti divenne arbitrario. L'invenzione della grande forma della passione port per un malinteso alla frase isolata a contenuto arbitrario, e la tensione fra le parti venne a cessare del tutto. Per questo dopo Beethoven la sinfonia un prodotto cos stranamente oscuro, in particolare nei punti in cui balbetta ancora il linguaggio del pathos beethoveniano. I mezzi non sono adeguati all'intenzione e l'intenzione nel suo insieme non risulta chiara all'ascoltatore perch non era chiara nemmeno nella testa dell'autore. Ma pi un genere elevato, difficile ed esigente pi il bisogno di dover dire qualcosa di molto preciso, e di dirlo nel modo pi chiaro possibile, diventa ineludibile. Per questo tutta la lotta combattuta da Wagner consistita nello sforzo di trovare i mezzi necessari per raggiungere la chiarezza; aveva bisogno soprattutto di liberarsi da tutte le pastoie e imposizioni della vecchia musica, di far parlare la sua musica, il processo musicale del sentimento e della passione, senza ambiguit. Se consideriamo ci che ha raggiunto ci sembra di poter dire che nel campo della musica egli ha fatto esattamente ci che l'inventore del gruppo libero ha fatto nel campo della plastica. In confronto alla musica di Wagner tutta la musica precedente appare rgida o timorosa, come se non fosse lecito guardarla da tutti i lati e si vergognasse di se stessa. Wagner coglie ogni grado e colore del sentimento con la massima determinatezza; si appropria di ogni pi delicato, recondito e selvaggio mo-

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to interiore senza temere di perderlo, e non lo abbandona pi, come se fosse una cosa solida e ferma, bench ognuno veda in esso una farfalla inafferrabile. La sua musica non mai vaga, indeterminata; tutto ci che parla attraverso essa, essere umano o natura, ha una passione ben individualizzata; tempesta e fuoco assumono in lui la forza coartante di una volont personale. Sopra tutti gli individui musicali e la lotta delle loro passioni, sopra tutto il vorticare di contrasti aleggia, con sommo discernimento, una intelligenza sinfonica molto forte che con i mezzi della guerra produce incessantemente concordia: nel suo insieme la musica di Wagner un ritratto del mondo come lo intendeva il grande filosofo efesino, come armonia, un'armonia che la lotta sprigiona dal suo seno, come l'unit di giustizia e inimicizia. Provo una grande ammirazione per la capacit di calcolare la grande linea d'insieme di una passione totale partendo da una pluralit di passioni che vanno in direzioni diverse: mi dimostra che un'impresa siffatta possibile quell'unico atto di un dramma wagneriano che narra una accanto all'altra le singole storie di diversi individui e una storia comune a tutti. Avvertiamo sin dall'inizio di trovarci di fronte, oltre che a singole correnti contrastanti, anche a un grande fiume ancora pi potente che ha una sola direzione: questo fiume si muove irrequieto, attraverso nascoste creste di rocce, qua e l la corrente sembra smembrarsi, dividersi, voler prendere direzioni diverse. Via via ci accorgiamo che tutti i moti interiori sono diventati pi veementi, pi trascinanti; la guizzante irrequietezza si tramutata nella quiete dell'ampio movimento che porta verso una meta ancora sconosciuta; e alla fine il fiume all'improvviso precipita tutto nel baratro con un piacere demoniaco. Mai Wagner pi se stesso di quando le difficolt si decuplicano ed egli riesce a dominare situazioni titaniche col piacere di chi detta legge. Dominare enormi masse contrastanti trasformandole in ritmi semplici, realizzare una sola volont superando esigenze e aspirazioni molteplici e complesse questi sono i compiti ai quali si sente chiamato, nei quali avverte la propria libert. Il fiato non gli vien mai meno, mai arriva al traguardo ansimando. Ha voluto imporsi le leggi pi difficili con la stessa costante caparbiet con la quale altri cercano di alleggerire il proprio fardello; quando non riesce ad affrontare i problemi pi ardui la vita e l'arte gli stanno stretti. Basta considerare il rapporto fra la melodia cantata e quella del discorso non cantato, il fatto che egli tratta l'altezza, la forza e i tempi dell'uomo che parla in preda alla passione come un modello della natura da tramutare in arte, e il posto che tale passione cantante occupa nell'intero contesto sinfonico, per capire di fronte a quale incredibile superamento di quali difficolt ci troviamo; la sua inventiva, nel piccolo come nel grande, la onnipresenza del suo spirito e del suo impegno sono tali che a chi osserva una partitura wagneriana vien fatto di pensare che prima di Wagner non sia mai esistito il vero lavoro e il vero sforzo. Sembra che anche in rapporto alla fatica, al tormento dell'arte abbia saputo dire che la vera valentia del drammaturgo consista nell'autoesternazione, ma probabilmente non cos: esiste un solo tormento, quello di chi non ancora libero; la bravura e il bene non sono faticosi. Come artista in toto Wagner ha in s qualcosa di Demostene, per menzionare un personaggio noto: la feconda seriet per la cosa e la forza della presa, per cui ogni volta che la sua mano, che sembra di metallo, afferra la cosa, la preda, la blocca subito, la tiene ben ferma. Come Demostene, nasconde la sua arte o la fa dimenticare costrngendo a pensare alla cosa; e tuttavia, come Demostene, lui l'ultimo e pi alto spirito apparso dopo

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tutta una serie di grandi spiriti di artisti; perci nasconde la cosa pi dei primi della serie; la sua arte agisce come la natura, una natura prodotta, ritrovata; in s non ha nulla dell'epideitico che hanno tutti i musicisti precedenti, che talvolta giocano con la loro arte ostentando la propria maestria. L'opera d'arte wagneriana non fa pensare n a ci che in essa interessante o diletta, n a Wagner stesso, n all'arte in generale; in essa si avverte la presenza del solo necessario. Nessuno potr mai contestare la portata della severa e costante volont, dell'autosuperamento occorsi all'artista nel suo divenire, per dare infine, nella maturit, in ogni momento della creazione, con gioiosa libert, il necessario: basta constatare come in alcuni passaggi la sua musica si assoggetta, con crudele decisione, all'andamento del dramma, che inesorabile come il fato, mentre l'anima focosa di quest'arte arde dal desiderio di vagare selvaggiamente, senza briglie, con assoluta libert.
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L'artista che dominato da questa forza anche se non lo vuole sottomette tutti gli altri artisti. Ma i sottomessi, i suoi amici e i suoi accoliti, non diventano per lui un pericolo, un ostacolo: mentre le personalit pi modeste, poich cercano di appoggiarsi agli amici, ne pagano il fio, perdono la loro libert. bellissimo constatare come Wagner in tutta la sua vita abbia evitato di creare ogni sorta di partito nonostante in ogni fase della sua arte si formasse intorno a lui una cerchia di accoliti che sembrava volessero fermarlo, tenerlo fermo in quella fase. passato attraverso essi senza lasciarsi vincolare. D'altra parte il suo percorso stato troppo lungo perch un solo artista abbia potuto seguirlo fin dall'inizio, ed stato cos inconsueto e ripido che al pi fedele fra essi sarebbe mancato il fiato. In quasi tutte le fasi della vita di Wagner gli amici avrebbero voluto dogmatizzarlo; e i nemici altrettanto, anche se per altri motivi. Se la purezza del suo talento fosse stata meno limpida anche di un solo grado Wagner sarebbe potuto diventare il signore incontrastato delle arti e musiche moderne gi molto prima cosa che comunque alla fine diventato, ma in modo molto pi elevato, nel senso che tutto ci che avviene in qualche campo dell'arte si vede posto di fronte al tribunale della sua arte e del suo carattere artistico. Ha aggiogato i pi riluttanti: non esiste pi un musicista di talento che non lo ascolti con l'anima e non Io reputi degno di essere ascoltato pi di lui stesso e dell'altra musica. Quelli che vogliono ad ogni costo significare Qualcosa lottano addirittura contro questo fascino che li sopraffa, si relegano caparbiamente fra i vecchi maestri e preferiscono appoggiare la loro autonomia a Schubert o a Hndel piuttosto che a Wagner. Inutilmente! Lottando contro la propria cattiva coscienza come artisti diventano pi piccoli e pi meschini; essendo costretti a tollerare amici e alleati cattivi rovinano il loro talento; e dopo tutti questi sacrifici capita loro di tendere l'orecchio a Wagner. Questi avversari fanno compassione: perdono se stessi, nel farlo sbagliano e credono di perdere molto. Ora, a Wagner importa poco, chiaro, che i musicisti compongano alla Wagner e in generale che compongano, anzi fa del tutto per distruggere la nefasta convinzione che a lui si debba associare una scuola di compositori. Fin dove arriva la sua influenza immediata sui musicisti cerca di insegnar loro l'arte del grande modo di porgere; gli sembra giunto il momento nello sviluppo dell'arte nel quale molto pi apprezzabile la buona volont di diventare valenti maestri della rappresentazione e dell'esecuzione che

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non la voglia di creare se stessi ad ogni costo. Perch al livello oggi raggiunto dall'arte questa creazione appiattisce fatalmente gli effetti di ci che veramente grande in quanto in qualche modo lo moltiplica e attraverso l'uso quotidiano logora i mezzi del genio. Perfino il buono in arte superfluo e nocivo quando frutto di imitazione dell'ottimo. In Wagner scopi e mezzi coincidono: per capire queste cose occorre solo onest artistica; servirsi dei suoi mezzi per scopi minori totalmente diversi disonest. Proprio per questo Wagner sollecita invece tutti i talenti a trovare insieme a lui le leggi dello stile per l'esecuzione drammatica. Una profonda necessit lo spinge a fondare per la sua arte la tradizione di uno stile grazie al quale la sua opera possa sopravvivere e raggiungere quel futuro al quale il suo creatore la ha predestinata. Wagner possiede una carica inesauribile nel trasmettere tutto ci che riguarda questa fondazione dello stile e quindi la sopravvivenza della sua arte. Scopo precipuo della sua vita diventato quello di fare della sua opera un depositum sacro, come direbbe Schopenhauer, e il vero frutto della sua esistenza, un bene dell'umanit per posteri in grado di apprezzarla meglio. E per questo suo obiettivo porta quella corona di spine dalla quale un giorno germoglier la corona d'alloro: si concentrato sull'obiettivo di mettere al sicuro la sua opera con la stessa determinazione con cui l'insetto nella sua ultima fase si preoccupa di mettere al sicuro le proprie uova e il frutto della cova che esso non vedr mai: depone le sue uova dove sa con certezza che un giorno esse troveranno vita e nutrimento, e muore soddisfatto. Questo scopo, cui tende con tutte le sue forze, lo spinge a produrre in continuazione idee sempre nuove; pi si sente avversato dai suoi contemporanei la sua stata un'epoca caratterizzata dalla massima indisponibilit ad ascoltare pi crea cose nuove attingendo alla fonte di una demoniaca capacit di comunicare. Poco a poco per i suoi avversatori hanno cominciato a cedere e a prestare orecchio ai suoi instancabili tentativi. Ovunque intravedesse una piccola o grande occasione per farsi capire si spiegato con l'esempio: ha immesso volta a volta i suoi pensieri nella materia bruta e li ha fatti parlare. Ovunque gli si presentasse un'anima appena predisposta vi immetteva il suo seme. Fa nascere la speranza l dove il freddo osservatore si arrende deluso; per avere ragione a dispetto di questo osservatore si inganna cento volte; come lo scienziato esegue esperimenti sul vivo solo finch grazie ad essi pu moltiplicare il patrimonio delle proprie conoscenze, cos sembra che l'artista non riesca pi ad avere rapporti con l'uomo del suo tempo grazie al quale non riesce a eternare la sua arte: non lo ama con la stessa intensit con cui ama questa perpetuazione, e avverte un solo genere di odio nei propri confronti, l'odio che vuol abbattere i ponti fra lui e quel futuro. Gli allievi che Wagner ha educato, i vari musicisti e attori cui ha detto una parola, ha insegnato con l'esempio un gesto, le piccole e grandi orchestre che ha diretto, le citt che hanno capito la seriet della sua arte, i prncipi e le donne che, parte timidamente parte con amore, lo hanno aiutato a realizzare i suoi piani, i vari Paesi europei cui ha temporaneamente appartenuto come giudice e cattiva coscienza delle loro arti: tutto poco a poco diventato eco del suo pensiero, del suo incessante sforzo per una fecondit a venire; spesso questa eco gli tornata indietro deformata e confusa, ma alla ultrapotenza del possente suono che ha inviato al mondo centuplicato dovr alla fine corrispondere una eco ultrapotente; e ben presto non ascoltarlo, fraintenderlo,

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non sar pi possibile. Gi oggi questa eco fa tremare i luoghi d'arte degli uomini moderni; ogni qualvolta l'alito del suo spirito arriva in questi giardini tutto ci che caduco e inaridito colto da tremore; e ancora pi eloquente di questo tremore un dubbio che si leva dappertutto: nessuno sa pi dire dove l'effetto Wagner insospettabilmente esploder. assolutamente fuori luogo considerare il buono dell'arte scisso da ogni altro fenomeno buono e cattivo. Lo spirito moderno, ovunque nasconde in s dei pericoli, avverte con l'occhio della diffidenza anche il pericolo dell'arte. Spacca e seziona l'edificio della nostra civilizzazione e non si lascia sfuggire niente di marcio, niente di raffazzonato: se scopre muri che hanno resistito alle intemperie e fondamenta stabili e solide studia subito il modo per farne sostegni e tetti protettivi per la propria arte. Vive come un fuggiasco che cerca di salvare non se stesso ma un segreto; come una sventurata donna che vuol salvare la vita del bambino che porta in grembo, non la propria: vive, come Siglinda, per amore. Infatti essere precari e spaesati in un mondo al quale si deve parlare e chiedere, che si deve disprezzare ma del quale non si pu fare a meno significa vivere fra mille tormenti e vergogne, questo il vero tormento dell'artista del futuro che non pu, come il filosofo, andare a caccia della conoscenza in un angolo buio: perch a garanzia del suo futuro, per gettare un ponte fra l'oggi e il domani, ha bisogno quali mediatrici di anime umane e di istituzioni pubbliche. La sua arte non pu venir caricata sulla barca delle cose scritte, come quella del filosofo: per essere tramandata l'arte ha bisogno di persone che la capiscono, non di note e segni grafici. Durante lunghi periodi della sua vita Wagner ha temuto di non riuscire a trovare persone in grado di capire la sua arte, di non poterla illustrare con l'esempio ma di doversi limitare all'indicazione scritta, di non poter compiere l'azione invece di mostrarne la pallida luce a coloro che leggono libri, cio che non sono artisti. Come scrittore Wagner mostra lo sforzo cui costretto a sottoporsi un uomo capace cui sia stata tagliata la mano destra e che tira di scherma, come pu, con la sinistra: quando scrive soffre, sempre, perch una necessit talvolta inesorabile lo ha privato di quello che per lui l'unico modo giusto di comunicare, della possibilit di dare un esempio chiaro e illuminante. I suoi scritti non hanno niente di canonico, di severo: il canone invece nelle opere. Sono tentativi di capire l'istinto che lo spinge a comporre le sue opere, a leggere, per cos dire, negli occhi a se stesso; solo se riuscito a trasformare il proprio istinto in conoscenza pu sperare che nelle anime dei suoi lettori avvenga il processo inverso: scrive con questa prospettiva. Qualora risultasse che stato un tentativo impossibile a Wagner sarebbe riservato lo stesso destino che hanno tutti coloro che hanno meditato sull'arte; per rispetto alla maggior parte di questi egli ha il vantaggio di possedere un istinto artistico assolutamente eccezionale. Non conosco scritti estetici che abbiano irradiato la stessa luce che irradiano quelli wagneriani; essi rivelano quel che possibile apprendere della nascita dell'opera d'arte. Ne testimone Uno dei grandissimi, che attraverso una lunga serie di anni migliora, libera e rende sempre pi chiara la sua testimonianza; anche se, come giudice, inciampa, vomita fuoco. Scritti quali Beethoven, La direzione d'orchestra, Attori e cantanti, Stato e religione, mettono a tacere qualsiasi volont di opposizione e costringono a quella devota osservazione che si conviene quando si apre uno scrigno prezioso. Altri, del periodo precedente, fra i quali Opera e dramma, rendono irrequieti, mettono in agitazione: il loro ritmo disuguale per cui

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come prosa confondono. In essi la dialettica debole per molti versi, l'andamento a sbalzi del sentimento pi frenato che accelerato; su essi posa, come un'ombra, una sorta di ostilit dello scrivente, come se l'artista si vergognasse della dimostrazione concettuale. Pesa sull'autore, forse non del tutto sicuro di s, soprattutto un'espressione di autoritaria dignit, difficile da descrivere, che gli peculiare: ho come l'impressione che Wagner parli spesso davanti a nemici perch lo stile di questi scritti uno stile parlato, non scritto, ed essi risultano pi chiari se li si sente recitare davanti a nemici coi quali l'autore non vuol avere familiarit per cui si mostra ritroso e riservato. Non di rado dalle pieghe di questo sipario intenzionalmente interposto trapela la trascinante passione del suo sentimento; allora il periodo artificioso, pesante e zeppo di avverbi scompare ed emergono frasi e intere pagine che appartengono alle cose pi belle che la prosa tedesca abbia prodotto. Ma anche supponendo che in queste parti dei suoi scritti egli parli a degli amici e che accanto alla sua sedia non ci sia pi lo spettro del suo nemico: gli amici e nemici ai quali si rivolge quando scrive hanno tutti in comune qualcosa che li distingue radicalmente, che li separa nettamente da quel popolo per il quale egli crea come artista. Nel raffinamento e nella sterilit della loro cultura essi sono privi della semplicit del popolo, sono non-popolari, e Chi vuol essere capito da essi deve usare come hanno fatto i nostri migliori prosatori e come fa anche Wagner una lingua che non quella del popolo. Con quale sforzo facile indovinare. Lo fa arretrando nell'oscura cerchia dei dotti, ai quali, come creatori, aveva detto addio per sempre, la potenza di quel sollecito, quasi materno istinto al quale sacrifica ogni cosa. Si assoggetta al linguaggio della cultura e a tutte le leggi della sua comunicazione bench sia stato il primo a constatare la profonda inadeguatezza di questa comunicazione. Distingue la sua arte da tutte le arti dei tempi moderni il fatto che egli non parla pi il linguaggio della cultura di una casta e non conosce pi l'antinomia fra colti e incolti. Cos facendo si pone in contrasto con tutta la cultura del rinascimento, che fino allora aveva ammantato gli uomini nuovi con la sua luce e la sua ombra. Solo per il fatto che l'arte di Wagner ci allontana qua e l dalla stessa riusciamo a cogliere il carattere omogeneo di questa cultura: ecco allora che Goethe e Leopardi ci appaiono come gli ultimi rappresentanti dei poeti-filologi italiani e Faust come la rappresentazione, nella forma dell'uomo teorico assetato di vita, dell'enigma meno popolare di tutti, che i tempi moderni hanno liquidato; la stessa lirica goethiana ha seguito la lirica popolare, non l'ha preceduta, e il suo poeta sapeva la ragione per la quale a un suo ammiratore aveva confidato con grande seriet: le mie cose non possono diventare popolari; chi lo pensa e lo desidera in errore. Abbiamo dovuto imparare, e indovinarlo era impossibile, che pu esistere un'arte tanto calda e solare da essere in grado sia di illuminare coi suoi raggi i piccoli e i poveri di spirito sia di dissolvere la boria dei sapienti. Ma nello spirito di chi ne fa la conoscenza essa non pu non sconvolgere i concetti di educazione e cultura; costui avr l'impressione che gli abbiano sollevato la tenda che celava un futuro nel quale non esisteranno sommi beni e somma felicit non comuni ai cuori di tutti. Allora il disprezzo oggi riservato alla parola comune finalmente cadr. Se il presentimento osa spingersi cos lontano, la consapevole constata-

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zione coglier la sinistra insicurezza sociale del nostro presente e non si nasconder i pericoli di un'arte che sembra non avere radici se non in quel lontano futuro, e che ci pone sotto gli occhi i suoi rami fioriti invece della base, del tronco da cui nasce. Come salvare quest'arte senza patria fino a quel futuro, come arginare la piena della rivoluzione, che appare ovunque inevitabile, affinch il molto che destinato al tramonto, e che merita di tramontare, non venga privato anche di quanto anticipa e garantisce un futuro migliore, un'umanit pi libera? Chi si pone questi interrogativi e si preoccupa ha partecipato alle preoccupazioni di Wagner; si sentir spinto a cercare con lui quelle forze, che esistono, e che nei tempi dei terremoti e delle rivoluzioni hanno la bont e la volont di essere gli spiriti protettivi dei beni pi nobili dell'umanit. Solo in questo senso Wagner tramite i suoi scritti chiede ai dotti di nascondere nei loro forzieri l'anello prezioso della sua arte; e persino la immensa fiducia che Wagner ripone nello spirito tedesco, anche nelle sue mete politiche, sembra avere origine nella sua convinzione che il popolo della Riforma possiede la forza, la mitezza e il coraggio che sono necessari per rattenere il mare della rivoluzione nel letto del tranquillo fiume dell'umanit. Vorrei quasi dire che attraverso il simbolismo della sua marcia imperiale egli ha voluto esprimere questo e soltanto questo. Ma in generale il generoso impeto dell'artista che crea troppo forte, l'orizzonte del suo amore per l'umanit troppo ampio perch il suo sguardo possa arrestarsi ai confini della sua nazione. I suoi pensieri, come quelli di ogni Tedesco grande e buono, valicano i confini nazionali e la lingua della sua arte non parla a popoli ma a uomini.
Per a uomini del futuro.

Questa la fede che gli peculiare, questo il suo tormento e la sua grandezza. Nessun artista, qualunque sia il suo passato, ha avuto in dono dal suo genio doti altrettanto cospicue, nessuno ha dovuto bere gocce tanto amare ad ogni calice di nettare che l'entusiasmo gli ha offerto. Si vorrebbe credere che l'artista misconosciuto, maltrattato, in qualche modo esule in patria, sia arrivato a questa fede per legittima difesa; invece no, non cos; successo e insuccesso presso i suoi contemporanei non sono riusciti n ad abbatterlo n a motivarlo. Wagner non appartiene a questa schiatta. Vuol essere accettato o respinto: questo gli detta il suo istinto; le cose stanno cos anche se e a chi non ci crede non possibile dimostrarlo. Ma a chi non ci crede possiamo chiedere quale sarebbe secondo lui la schiatta nella quale Wagner vedrebbe il suo popolo rappresentare tutti coloro che avvertono un bisogno comune e vogliono affrancarsene per mezzo di un'arte comune. Schiller per credeva e sperava di pi; non si chiedeva come sarebbe stato il futuro se l'istinto dell'artista che lo presagiva vedeva giusto, ma esortava gli artisti a volare:
Volate con le vostre ali al d sopra del vostro tempo! Albeggia gi nel vostro specchio il secolo venturo!

11. La ragione, il buon senso, ci preservi dal credere che un giorno l'umani-

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t trover ordinamenti ideali definitivi e che poi la felicit illuminer gli uomini cos ordinati con raggio sempre uguale, come il sole dei tropici: Wagner non pensa niente del genere, non un utopista. Se non pu fare a meno di credere nel futuro solo perch nell'uomo di oggi percepisce qualit che non fanno parte del carattere immutabile della natura umana, ma sono mutevoli, anzi effimere, e perch pensa che l'arte fra essi non pu che essere senza patria proprio a causa di queste qualit, e vede in se stesso il messaggero di un altro tempo. Nessuna et dell'oro, nessun cielo senza nubi destinato a questa stirpe futura che il suo istinto preconizza e le cui caratteristiche sono decifrabili dalla sua arte, al punto che dal tipo di appagamento possibile dedurre il tipo di bisogno. N su questo futuro si tende, come un immobile arcobaleno, bont e giustizia sovrumana. Forse nel suo insieme questa stirpe apparir persino peggiore di quella attuale, perch, nel male come nel bene, sar pi aperta; anzi la sua anima se si espandesse in piena libert potrebbe anche scuotere e intimorire le nostre anime, cos come le spaventerebbe la voce altisonante di un malefico spirito naturale rimasto finora nascosto. Oppure risuonerebbero al nostro orecchio frasi come: la passione migliore dello stoicismo e dell'ipocrisia, essere onesti, anche nel male, meglio che perdere se stessi nella moralit della tradizione, l'uomo libero pu essere sia buono che cattivo, mentre l'uomo non libero una vergogna della natura e non trover consolazione n in cielo n in Terra; chi vuol essere libero deve diventarlo per forza propria, a nessuno la liberta cade in grembo come un dono prodigioso. Anche se appaiono striduli e sinistri, questi sono i suoni che vengono da quel mondo futuro che ha davvero bisogno dell'arte e che da essa pu anche aspettarsi un vero appagamento; il linguaggio della natura reimmesso nell'umano, esattamente ci che io precedentemente ho definito sentimento autentico, agli antipodi con quello non-genuino oggi dominante. Ora per il vero appagamento e la vera liberazione esistono solo per la natura, non per la non-natura. Alla non-natura, quando arriva alla coscienza, rimane solo il desiderio del nulla, mentre la natura aspira alla trasformazione in virt dell'amore: la prima vuol non essere, la seconda vuol essere una cosa diversa. Chi ha capito questo esamini i semplici motivi dell'arte wagneriana per chiedersi se in essi persegua i suoi scopi la natura o la non-natura. L'uomo che soffre, che disperato viene liberato dalla sua sofferenza dalla abnegazione della donna che preferisce morire che essergli infedele: motivo dell' Olandese Volante. L'amata, rinunciando alla felicit, in una celeste trasfigurazione da Amor si tramuta in Caritas, in Santa, e salva l'anima dell'amato: motivo del Tannhuser. Scende fra gli umani l'essere pi sublime e nobile che esista, non vuole che gli si chieda da dove viene; quando l'infausta domanda gli viene rivolta costretto con dolore a ritornare alla sua vita pi alta: motivo del Lohengrin. Sia l'anima amante della donna sia il popolo accolgono di buon grado il benefico genio apportatore di felicit sebbene i cultori delle tradizioni lo respingano e lo diffamino: motivo dei Maestri Cantori. Due innamorati, che non sanno di esserlo credendo invece di essersi offesi e disprezzati, apparentemente al fine di espiare per la colpa commessa ma in realt per l'inconscio desiderio di liberarsi mediante la morte da ogni separazione e finzione, chiedono l'uno all'altro di bere un filtro mortale. La creduta imminenza della morte libera la loro anima e dona loro una breve inebriante felicit, come se fossero veramente sfuggiti al giorno, all'illusione, anzi alla vita: motivo di Tristano e Isotta.

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Nell'Anello del Nibelungo il tragico eroe un dio che assetato di potere e che mentre tenta tutte le strade per conquistarlo perde la sua libert e incorre nella maledizione che incombe sul potere. Si rende conto di non essere pi libero quando scopre che non ha pi modo di impadronirsi dell'anello d'oro, simbolo dei simboli del potere terreno e per lui, finch in possesso dei suoi nemici, il pericolo pi grande: sopraffatto dalla paura della fine e del tramonto di tutti gli di e dalla disperazione di non potersi opporre a questa forza. Ha bisogno dell'uomo libero e impavido, che senza il suo consiglio e il suo appoggio, anzi a dispetto dell'ordine divino compia l'azione negata agli di: non lo vede, deve obbedire alla costrizione che lo vincola proprio quando nasce in lui una nuova speranza: la sua mano deve annientare la cosa pi cara, deve punire la piet per la sua sofferenza. Allora lo assale profondo disgusto per il potere, che porta in grembo male e prigionia, la sua volont si spezza, desidera egli stesso la fine che lo minaccia da lontano. Solo adesso avviene ci che aveva desiderato pi di ogni altra cosa: appare l'uomo libero e impavido, nato nel contrasto con la tradizione; quelli che l'hanno generato pagano il fio per essersi coalizzati contro l'ordine della natura e della tradizione: essi periscono mentre Sigfrido vive. Alla vista del suo splendido divenire il disgusto abbandona l'anima di Wotan, che quindi segue le sorti dell'eroe con l'occhio paterno dell'amore e della trepidazione, lo vede forgiare la spada, uccidere il drago, conquistare l'anello, sfuggire allo scaltro inganno, risvegliare Brunilde; vede come la maledizione che incombe sull'anello non risparmi nemmeno lui, come egli, fedele nell'infedelt, ferendo per amore la cosa pi cara, viene avvolto dall'ombra e dalla nebbia della colpa, ma alla fine emerge e tramonta puro come il Sole accendendo tutto il cielo col suo splendore di fuoco e liberando il mondo dalla maledizione, tutto ci vede il dio, la cui lancia nel duello con l'uomo libero si spezzata e ha perduto il suo potere su di lui; vede tutto ci e gode per la propria sconfitta, colmo di goia e di comprensione per colui che lo ha sconfitto: il suo occhio guarda agli ultimi eventi con la luce di una beatitudine dolorosa, nell'amore diventato libero, libero da se stesso. E ora chiedete a voi stesse, schiatte di uomini del presente! stata creata per voi questa poesia? Avete voi il coraggio di indicare con la vostra mano le stelle di questo firmamento di bellezza e di bont e di dire: quella che Wagner ha trasferito fra le stelle la nostra vita? Dove sono fra di voi gli uomini capaci di interpretare la divina immagine di Wotan conformemente alla propria vita, quelli che diventano tanto pi grandi quanto pi arretrano, si ritraggono? Chi di voi disposto a rinunciare al potere sapendo che il potere malefico? Dove sono le donne che, come Brunilde, rinunciano alla conoscenza per amore e ciononostante alla fine traggono dalla propria vita l'insegnamento pi alto: la pi profonda sofferenza per un triste amore mi ha aperto gli occhi. Dove sono tra voi gli uomini liberi, impavidi, che crescono e fioriscono in innocente autonomia? Chi si pone, e invano, questi interrogativi dovr guardare al futuro, e se il suo sguardo scoprir ancora quel popolo cui dato leggere la propria storia dai segni dell'arte wagneriana alla fine capir anche cosa sar Wagner per questo popolo: una cosa che non pu essere per tutti noi, cio non il vate che preconizza un futuro che potrebbe apparire, ma l'interprete e il trasfiguratore di un passato.

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