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LA GLOBALIZZAZIONE

Panaite Ionela Andreea, Caimi Alessia, Ruscito Clariss


COS’È LA GLOBALIZZAZIONE

• La globalizzazione è un processo attraverso il quale mercati, produzione,


consumi e anche modo di vivere e di pensare vengono connessi in scala
mondiale grazie a un continuo flusso di scambi che li rende dipendenti e tende
a unificarli. La globalizzazione ha reso possibile far circolare denaro e merci
nei mercati di tutto il mondo. Lo sviluppo dell’informatica ha reso possibile far
circolare in tempo reale informazioni e ha permesso la crescita delle
telecomunicazioni.
POLITICA

Per quanto riguarda l’aspetto politico, ha permesso l’espansione della democrazia, tutti gli stati
hanno legami complessi tra loro, regolati da numerosi organismi internazionali che indirizzano
sempre più a una visione mondiale della politica, soprattutto per quanto riguarda i grandi temi
come: la tutela dell’ambiente e la difesa dei diritti delle libertà civili. Su questo ultimo
punto si aggancia e inserisce la globalizzazione giuridica. La vita e la sicurezza, la dignità
degli esseri umani, l’uguaglianza e la non discriminazione, il divieto di tortura e di trattamenti
inumani e denigranti, la protezione delle minoranze, i diritti di libertà classici, i diritti civili,
sociali, politici e culturali, la riservatezza della vita privata individuale e familiare, la
partecipazione di ogni individuo al governo del proprio paese.
Tutti questi sono all’incirca i principi che vengono rivendicati nella loro universalità e che, pur
fissati nelle singole carte costituzionali, si legano da quanto stabilito nei singoli stati per
acquisire una validità generale, non violabile in alcun modo.
LIMITARE LA DEMOCRAZIA

Nella storia Americana c’è sempre stato uno scontro tra la richiesta di libertà, quindi democrazia, proveniente dal basso e il
tentativo di esercitare il controllo, proveniente dall’alto.
James Madison riteneva che un maggior potere dovesse rimanere nelle mani dei ricchi perché erano il ceto più responsabile.
Grazie a loro, il sistema costituzionale segnò un maggior potere al senato, che non veniva eletto, i senatori venivano scelti tra i
ricchi. Madison disse “la principale preoccupazione della società deve essere quella di proteggere la minoranza dei ricchi di
fronte alla maggioranza”. Di conseguenza il sistema costituzionale fu concepito in modo da limitare la democrazia. Questa
discussione risale anche al trattato sulla politica di Aristotele il qual disse che di tutti i sistemi politici il migliore è la democrazia.
Lui però mette in risalto lo stesso problema evidenziato da Madison, “se Atene fosse una democrazia i poveri di metterebbero
insieme per impossessarsi della proprietà dei ricchi”.
A questo dilemma però trovarono due soluzioni diverse. Aristotele propose una sorta di Stato sociale cercando di ridurre le
disuguaglianze, Madison invece propone di ridurre la democrazia.
La storia degli stati uniti è sempre stata caratterizzata da una lotta tra una tendenza verso più democrazia e un’altra verso meno
democrazia. Periodi di regresso e periodi di progresso. Gli anni 60 furono un periodo di democratizzazione. Le persone iniziarono
a lottare per i propri diritti e diventarono sempre più coinvolte nei processi decisionali. Produssero grandi risultati: i diritti delle
minoranze, i diritti delle donne, l’ambientalismo, i movimenti d’opposizione, l’egualitarismo. Il potere politico però reagì
contrariamente con una controriforma.
LA CRITICA DELL’ECONOMIA
CLASSICA

La teoria economica keynesiana si sviluppa a partire da una critica di alcuni aspetti generali della teoria classica secondo cui
il libero mercato  regolerebbe al meglio l’economia di una società. Inprimo luogo Keynes rivede la tesi secondo cui è l’offerta a
determinare la domanda con il risultato che la sola produzione dei beni sarebbe autonomamente in grado di generare la
richiesta sul mercato, mette quindi in discussione la naturale tendenza del sistema concorrenziale e ad autoregolarsi. Secondo Keynes
infatti l’economia la scelta libera Non è sempre in grado di raggiungere il suo equilibrio ideale portando l’occupazione e la produzione a
livelli ottimali. La diminuzione della domanda dei beni magari per una fase di flessione dell’economia provocherebbe una caduta dei
prezzi,le aziende ridurrebbero l’offerta e la produzione con il risultato di un aumento della disoccupazione e di un’ulteriore
recessione, da qui per Keynes l’importanza della azione sulla domanda effettiva come stimolo alla ripresa dell’attività economica,perché
questo sia possibile però è necessario che lo stato intervenga con la spesa pubblica per creare reddito e una conseguente domanda di
beni, la spesa pubblica aggiuntiva agirebbe così sull’intera economia creando un effetto positivo a catena da Keynes condensato nel
concetto di moltiplicatore da cui si ricaverebbe un aumento del prodotto nazionale complessivo molto superiore
all’entitàdell’investimento pubblico effettuato.Contrariamente all’impostazione classica tutta la teoria economica keynesiana attribuisce
poi un’enorme importanza all’ incertezza come causa di instabilità del sistema economico secondo la sua idea della preferenza per la
liquidità infatti gli operatori economici domandano moneta soprattutto per conservarla in forma liquida evitando di spenderla perché
attenti alle condizioni di incertezza in cui viene presa la maggior parte delle decisioni economiche.

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