dell’emergenza
CONSIDERAZIONI DI DIRITTO COSTITUZIONALE ED AMMINISTRATIVO
Il 30 gennaio 2020, in seguito alla segnalazione da parte della Cina (31 dicembre 2019) di
un cluster di casi di polmonite ad eziologia ignota (poi identificata come un nuovo
coronavirus Sars-CoV-2) nella città di Wuhan, l'Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS) ha dichiarato emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale l'epidemia
di coronavirus in Cina. Il giorno successivo il Governo italiano, dopo i primi
provvedimenti cautelativi adottati a partire dal 22 gennaio, tenuto conto del carattere
particolarmente diffusivo dell'epidemia, ha proclamato lo stato di emergenza e messo in
atto le prime misure contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale.
Letteratura
Sofocle Edipo Re: Peste a Tebe; Edipo indaga; la ragione della peste è dentro di
noi.
Peste del ‘300: grande pellegrinaggio, grande crisi economica. Risorgere del
Sacro.
Boccaccio Decameron: la pestilenza è occasione d’amore.
Manzoni: attenti alla colonna infame. Capitolo XXXIV. L’incontro di Renzo con
un cittadino che lo scambia per untore mentre lui sta solo salutando , la paura
degli untori. Dove ci si deve fermare nel costruire una salvaguardia collettiva?
Camus: la peste è occasione di riflessione: eroismi individuali e mutamenti
collettivi in senso autoritario. Un laboratorio in vitro del fascismo e
dell’autoritarismo.
La lectio filosofica di Esposito
Claude Lefort: le società hanno una personalità di base. Una base antropologica. I
loro cambiamenti possono essere di due tipi; Tempo storico evenementielle.
Tempo storico profondo.
L’epidemia (evento naturale) condiziona il tempo storico profondo.
Tempo politico, tempo economico, tempo antropologico, tempo erotico, tempo
alimentare.
Carl Schmitt
Con questo vocabolo – non sempre utilizzato al plurale, come invece sembra più corretto, vista la diversità dei fenomeni che
vi si conchiudono – si vuole indicare l’insieme delle situazioni a fronte delle quali la normale scansione delle fasi in cui si
articola ogni procedimento amministrativo non è né idonea, né sufficiente alla cura dell’interesse pubblico per il quale il
relativo potere è stato attribuito a determinate amministrazioni pubbliche da una particolare fonte di produzione normativa.
Fin dalla nascita del diritto pubblico modernamente inteso, dottrina e giurisprudenza si sono spese per giustificare e
legittimare queste situazioni, innanzitutto perché la loro ineliminabilità dall’esperienza costituzionale e amministrativa
dell’ordinamento ha più volte messo a rischio la stabilità dello stesso pilastro fondamentale su cui quel ramo del diritto si
fonda: il principio di legalità.
Per evitare che l’eccezionalità delle situazioni-limite di fronte alle quali si ricorre a strumenti possano minare tale pilastro, la
dottrina è venuta elaborando un altro principio che potremmo dire eguale e contrario al primo: quello di precauzione, la cui
derivazione sovranazionale è innanzitutto riconducibile al testo dell’art. 191, co. 2, TFUE («la politica dell’Unione…
(omissis)… è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva…»).
Purtroppo però - mentre il primo dei due principi può considerarsi ormai assolutamente consolidato e definito in ogni suo
aspetto – non altrettanto può dirsi per il secondo, che appare ancora piuttosto incerto e in attesa di ulteriori implementazioni: il
suo punto di partenza può comunque essere individuato attraverso il metodo di prendere in considerazione tutte le possibili
implicazioni che ciascuna decisione assunta per fronteggiare l’eccezionalità di determinate situazioni comporta.
Il diritto UE
Una iniziale sintesi del rapporto fra legalità e precauzione ci è stata d’altronde fornita, poco meno di vent’anni
addietro e quasi contemporaneamente, dalla Corte di Giustizia – secondo cui «si deve ammettere che quando
sussistano incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, le istituzioni possono
adottare misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali
rischi» (C. giust, 2.5.1998, C-157/96) – e dalla Commissione Europea (Comunicazione del 2 febbraio 2000) – secondo
la quale, in attuazione di tale ultimo principio, si rende necessaria la previa identificazione di ogni effetto
potenzialmente negativo derivante da un fenomeno, da un prodotto ovvero da un procedimento prima di ricorrere a
strumenti di amministrazione diversi da quelli utilizzati in via ordinaria per fronteggiare determinati rischi – entrambe
le quali operano innanzitutto nell’ottica del ravvicinamento delle legislazioni nazionali.
Da un punto di vista meramente procedimentale, questo significa che il principio di precauzione implica – a fronte di
situazioni emergenziali – istruttorie più accurate di quelle adottate in via ordinaria: in questi casi infatti, accanto alle
ordinarie verifiche sui dati giudicati rilevanti, debbono essere più accuratamente valutate anche le possibili
implicazioni rischiose del ricorso a strumenti di amministrazione di tipo eccezionale.
Una simile impostazione, ormai recepita a livello nazionale e locale, implica dunque il passaggio dalle tradizionali
ordinanze – intese come manifestazioni di diritto singolare – a più complesse misure preventive e precauzionali che
sono frutto di politiche nelle quali è la stessa pubblica amministrazione a forgiare – anziché subire – le fattispecie
nelle quali intervenire con strumenti non convenzionali che – per loro stessa natura – rafforzano, anziché contrastare,
il principio di legalità.
Il diritto interno
«Le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l’indicazione delle
principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate» (co. 5) e pubblicate nella
Gazzetta Ufficiale (co. 6).
Queste ultime ordinanze possono perciò essere legittimamente adottate in deroga ad ogni altra
disposizione vigente, ma soggiacciono a precisi limiti, quali – in via esemplificativa e non
esaustiva – il rispetto dei principi generali dell’ordinamento, l’obbligo di motivazione,
l’indicazione delle principali norme primarie e secondarie cui si intende derogare, il rispetto dei
limiti temporali all’uopo stabiliti.
Quanto sopra al fine di impedire che le deroghe apportate al quadro normativo vigente finiscano
nella sostanza per determinare uno stravolgimento di quest’ultimo: secondo la giurisprudenza,
infatti, il potere di adottare ordinanze in deroga può dare solamente il luogo a «deroghe
temporalmente limitate e non anche ad abrogazione o modifica di norme vigenti» (C. cost.
14.4.1995, n. 127; C. cost. 9.11.1992, n. 418; C. cost. 28.5.1987, n. 201; C. cost. 4.1.1977, n. 4;
C. cost. 2.7.1956, n. 8; Cons. St., V, 13.2.2002, n. 6809; Cons. St., V, 13.2.2002, n. 6280; Cons.
St., IV, n. 197/1998).
La Corte Costituzionale e le regioni
già prima del Titolo V
In proposito la Corte Costituzionale, immediatamente dopo l’entrata in vigore della l. n.
225/1992 ha chiarito come quell’atto normativo non avesse «inteso modificare la
ripartizione delle materie delle competenze tra Stato e regioni. Essa ha voluto invece
assicurare che i molteplici organismi, a vario titolo interessati alle attività di protezione
civile, agiscano in modo armonico irrazionale, di modo che le risorse disponibili
vengano impegnate opportunamente conducano alla maggiore efficacia degli interventi»
al fine di ottenere che alle attività di protezione civile provvedano, sulla base dei
rispettivi ordinamenti e delle rispettive competenze, le amministrazioni dello Stato, le
regioni, le province, i comuni e le comunità montane (C. cost., 9.11.1992, n. 418).
Successivamente la Corte ha avuto cura di indicare nel principio di congruità e di
proporzionalità, il criterio che dovrebbe ispirare il giudice nel verificare se dette
ordinanze extra ordinem possano o meno determinare un’alterazione dei principi del
decentramento dell’autonomia locale (C. cost., 14.4.1995, n. 127).
Il regionalismo
Onde assicurare un miglior coordinamento delle competenze e degli interventi in questa materia è stato poi adottato il d.l.
7.9.2001, n. 343 che ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un comitato paritetico fra Stato, Regioni ed
enti locali che ha ribadito come al Presidente del Consiglio dei Ministri fossero riconosciute – in questa materia –
esclusivamente funzioni di coordinamento. Sulla base di queste ulteriori disposizioni, la Corte Costituzionale si è
nuovamente pronunziata sul rapporto tra ordinanze extra ordinem e salvaguardia dell’autonomia degli enti locali,
affermando che la normativa in materia di protezione civile vada interpretata «non nel senso di aver determinato
l’accentramento di competenze e poteri, ovvero aver organizzato degli stessi secondo schemi di dipendenza gerarchico-
funzionale, ma piuttosto nel senso di essersi limitata a prevedere ed a disciplinare nelle loro specifiche esplicazioni funzioni
dirette alla promozione al coordinamento di tutte le attività che possono convergere a finalità di tutela dei beni messi in
pericolo» appunto perché «nella più recente legge n. 401 del 2001 è prevista l’istituzione di un apposito comitato paritetico
Stato-regioni-enti locali ed è richiesta l’intesa con le regioni e gli enti locali per la definizione dei programmi e per la
predisposizione degli interventi e delle strutture organizzative necessarie a fronteggiare gli eventi calamitosi», Infatti «il
nuovo disegno costituzionale dell’autonomia degli enti locali circonda con una garanzia immediata le competenze
amministrative dei comuni – nell’ordinamento precedente affidate invece ad una disciplina fissata con leggi ordinarie: in tal
senso dispone l’attuale primo comma dell’articolo 118. Su tale presupposto è innegabile che anche il novero dei poteri di
deroga consentiti per motivi di protezione civile deve tener conto della nuova realtà e di inserirsi in un sistema diverso e
più avanzato di ripartizione di competenze tra Stato ed enti locali territoriali, che conserva al primo funzioni di promozione
e coordinamento degli interventi, ma lascia i secondi la gestione degli interventi sul territorio alla stregua del principio di
sussidiarietà verticale» (Cons. St., n. 6809/2002; Cons. St., n. 6280/2002).
Dopo il Titolo V
Onde assicurare un miglior coordinamento delle competenze e degli interventi in questa materia è stato poi adottato il d.l.
7.9.2001, n. 343 che ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un comitato paritetico fra Stato, Regioni ed
enti locali che ha ribadito come al Presidente del Consiglio dei Ministri fossero riconosciute – in questa materia –
esclusivamente funzioni di coordinamento. Sulla base di queste ulteriori disposizioni, la Corte Costituzionale si è
nuovamente pronunziata sul rapporto tra ordinanze extra ordinem e salvaguardia dell’autonomia degli enti locali,
affermando che la normativa in materia di protezione civile vada interpretata «non nel senso di aver determinato
l’accentramento di competenze e poteri, ovvero aver organizzato degli stessi secondo schemi di dipendenza gerarchico-
funzionale, ma piuttosto nel senso di essersi limitata a prevedere ed a disciplinare nelle loro specifiche esplicazioni funzioni
dirette alla promozione al coordinamento di tutte le attività che possono convergere a finalità di tutela dei beni messi in
pericolo» appunto perché «nella più recente legge n. 401 del 2001 è prevista l’istituzione di un apposito comitato paritetico
Stato-regioni-enti locali ed è richiesta l’intesa con le regioni e gli enti locali per la definizione dei programmi e per la
predisposizione degli interventi e delle strutture organizzative necessarie a fronteggiare gli eventi calamitosi», Infatti «il
nuovo disegno costituzionale dell’autonomia degli enti locali circonda con una garanzia immediata le competenze
amministrative dei comuni – nell’ordinamento precedente affidate invece ad una disciplina fissata con leggi ordinarie: in tal
senso dispone l’attuale primo comma dell’articolo 118. Su tale presupposto è innegabile che anche il novero dei poteri di
deroga consentiti per motivi di protezione civile deve tener conto della nuova realtà e di inserirsi in un sistema diverso e
più avanzato di ripartizione di competenze tra Stato ed enti locali territoriali, che conserva al primo funzioni di promozione
e coordinamento degli interventi, ma lascia i secondi la gestione degli interventi sul territorio alla stregua del principio di
sussidiarietà verticale» (Cons. St., n. 6809/2002; Cons. St., n. 6280/2002).
I terremoti
Gli eventi sismici successivi hanno d’altronde dimostrato come il ricorso a forme di
concertazione di leale collaborazione tra lo Stato delle autonomie locali risultassero
tanto più necessari anche alla luce della l. cost. 18.10.2001, n. 3, che ha modificato
il titolo quinto della Costituzione per attribuire nuova e diversa rilevanza ai poteri
legislativi in materia di protezione civile, ormai sottratti alla legislazione esclusiva
dello Stato ed attribuiti alla legislazione concorrente fra Stato e regioni.
Nell’ordinamento attuale, dunque, la materia della protezione civile è oggetto di
disciplina legislativa regionale, restando riservata allo Stato la sola determinazione
dei principi fondamentali e l’esercizio dell’attività di indirizzo e coordinamento ed
«emerge anche da tale angolazione un disegno non invasivo delle competenze degli
enti locali voluto dal legislatore costituzionale riguarda l’autonomia dei diversi
livelli di governo delle comunità locali, sulla base del principio di sussidiarietà»
(Cons. St., V, n. 6809/2002).
Mancanza di un modello unitario di
intervento della Protezione civile
I difetti del Titolo V
La sussidiarietà
In proposito possiamo tuttora considerare il Decreto Abruzzo (d.l. 28.4.2009, n. 39 «interventi urgenti in favore
delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi
urgenti di protezione civile» convertito nella l. 24.6.2009, n. 77) come l’archetipo del modello entro il quale, di
fronte ad un’emergenza vera, i poteri pubblici si atteggiano e si organizzano.
Più in particolare il decreto Abruzzo prevedeva – nel quadro di un corpus organico e complesso di disposizioni
variamente intese ad organizzare le emergenze conseguenti al sisma – l’emanazione di ordinanze del Presidente
del Consiglio dei Ministri necessarie per l’attuazione del decreto medesimo, con effetti limitati ed esclusivi sui
comuni interessati dagli eventi sismici abruzzesi, come identificati con decreto del commissario delegato n. 3,
emanato in data 16.4.2009 nei confronti delle persone fisiche, dei residenti, delle imprese operanti e degli enti
aventi sede nei territori medesimi alla data del 6.4.2009 (art. 1, co. 1 e 2).
Oltre alle funzioni specificamente attribuite al commissario delegato per l’emergenza, ai sensi della richiamata l.
n. 225/1992, venivano attribuiti a quest’ultimo ulteriori compiti «in termini di somma urgenza», innanzitutto
quelli di progettazione e realizzazione nei comuni interessati di «moduli abitativi destinati ad una durevole
utilizzazione, nonché delle commesse opere di urbanizzazione servizi» al fine di consentire «la più sollecita
sistemazione delle persone fisiche ivi residenti o stabilmente dimoranti in abitazioni che sono state distrutte o
dichiarate inagibili dai componenti organi tecnici pubblici in attesa della ricostruzione e riparazione degli stessi»
(art. 2, co.1).
Deroghe alle procedura per la conclusione
di contratti
Al di là dei procedimenti ambulatori ( dl che evidenziano filosofie differenti ), il legislatore si è di recente occupato
anche delle procedure in caso di somma urgenza e di protezione civile, trasferendole dalle leggi speciali e novandole
all’interno del nuovo Codice dei Contratti Pubblici in un combinato disposto fra l’art. 63, co. 2, lett. c) – che limita
l’utilizzazione della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara alla misura strettamente
necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza, i termini per le procedure ordinarie non possano essere rispettati –
e l’art. 163 che individua specificatamente le procedure da adottare in occasione degli eventi di protezione civile.
Secondo quest’ultima disposizione è stabilito che – in circostanze di somma urgenza che non consentono alcun
indugio – il soggetto che si reca prima sul luogo dell’evento – assunti, per questa sola ragione, i poteri di responsabile
del procedimento – possa disporre la immediata esecuzione dei lavori immediatamente necessari entro il limite di
200.000 € o comunque di quanto è indispensabile per rimuovere lo stato di pregiudizio alla pubblica incolumità.
Nel verbale all’uopo redatto debbono essere indicati gli operatori economici incaricati dei lavori ed è prevista una
procedura di approvazione per quanto eseguito in circostanze di emergenza.
Gli affidamenti diretti possono essere autorizzati anche al di sopra dei limiti di importo stabiliti per la somma urgenza,
per lavori servizi e forniture in un arco temporale limitato – comunque non superiore a 30 giorni – per singole
fattispecie e nei limiti di importo individuate nei provvedimenti di cui al co. 2, dell’art. 5 della più volte richiamata l.
n. 225/1992.
Il coronavirus
Il dl n. 6 del 2020:
L’art. 1 Allo scopo di evitare il diffondersi del COVID-19, nei comuni o nelle aree nei
quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di
trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona
proveniente da un'area già interessata dal contagio del menzionato virus, le autorità
competenti sono tenute ad adottare ogni misura di contenimento e gestione adeguata e
proporzionata all'evolversi della situazione epidemiologica.
Limitazioni autorizzate dalla legge
e) sospensione dei servizi di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti
e luoghi della cultura di cui all'articolo 101 del codice dei beni culturali e del
paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonche'
dell'efficacia delle disposizioni regolamentari sull'accesso libero o gratuito a
tali istituti e luoghi;
f) sospensione dei viaggi d'istruzione organizzati dalle istituzioni
scolastiche del sistema nazionale d'istruzione, sia sul territorio nazionale sia
all'estero, trovando applicazione la disposizione di cui all'articolo 41, comma
4, del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79;
Altre limitazioni espresse
L’art. 2
Provvedimenti innominati
La delega in bianco
«Le autorità competenti possono adottare ulteriori misure di contenimento e
gestione dell'emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell'epidemia da
COVID-19 anche fuori dai casi di cui all'articolo 1, comma 1»
Considerazioni critiche
Emergenza sanitaria
Pericolosità incerta
Il commissario straordinario
Manager Invitalia
E che ruolo avrà la tecnica ? Spazio alle competenze o ritorno ad una visione
elitaria del sapere ?