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DIRITTO PENALE

Le fonti del diritto penale sono il codice penale Rocco del 1930, sostituito al codice Zanardelli del 1882, e altre fonti, per alcune discipline extracodicistiche (ad es. quella degli stupefacenti). Il codice penale Rocco fu, inizialmente, definito un codice fascista,
contrapposto al codice Zanardelli, considerato invece liberale. Per la verit, nonostante il periodo storico in cui nacque, il codice Rocco fu il frutto di diverse matrici culturali, che nel complesso resero il codice privo di tendenze politiche antiliberali; daltra parte va rilevato che il codice Zanardelli fu molto meno liberale di quanto non si ricordi.

LIBRO I (parte generale del diritto penale):


Art. 1 c.p.: reati e pene: disposizione espressa di legge. Questa norma il fondamento del principio di stretta legalit. Esso, inoltre, evidenzia lo strumento del diritto penale, la pena (conseguenza di un fatto preveduto dalla legge come reato), e, di conseguenza, la caratteristica del diritto penale di essere un diritto punitivo.

Il principio di legalit sicuramente uno dei principi fondanti di tutto il diritto penale. Esso stabilisce che nessuno pu essere punito per un reato che non sia espressamente individuato come reato dalla legge. Limportanza di tale principio sottolineata dal fatto che esso sia stato costituzionalizzato: infatti attraverso lart. 25 2 comma Cost., che ne ribadisce il contenuto (pur non ripetendo lavverbio espressamente), esso ha trovato fondamento nella fonte primaria del diritto italiano. Art. 85 c.p.: capacit di intendere e di volere. Questo articolo circoscrive i soggetti punibili ai soli imputabili al momento della commissione del reato, e cio a coloro che erano capaci di intendere e di volere; Art. 203 c.p.: pericolosit sociale. Questa disposizione prevede una sanzione per coloro i quali, non essendo imputabili, non possono subire una pena ex art. 85, individuando delle misure di sicurezza per i soggetti non imputabili pericolosi.

Va comunque rilevato che i soggetti che vengono individuati come pericolosi, se sono anche imputabili, sono soggetti a entrambe le misure sanzionatorie: sia la misura di sicurezza, sia la pena corrispondente al reato commesso. A causa del duplice criterio seguito dallordinamento, si dice che il diritto penale italiano segue la politica del c.d. doppio binario, che la conseguenza della fusione di due diverse scuole di pensiero: quella
classica e quella positivista. La scuola classica sostiene il libero arbitrio, e, di conseguenza, la responsabilit delluomo libero, unico fautore e decisore delle proprie condotte; secondo questa corrente, la pena vista come uno strumento per ristabilire lequilibrio. La scuola positivista, invece, sostenitrice del destino e della predeterminazione delluomo nei confronti di un certo esito; in questo contesto non ha senso parlare di retribuzione (male per male) e di pene, ma di misure di sicurezza.

Da qui cominciano gli appunti delle lezioni del prof. Fiorella.

PRINCIPIO DI STRETTA O ESPRESSA LEGALITA:


il principio fondamentale del diritto penale, nonch la soglia dingresso nellarea penalisticamente rilevante. Esso nasce nel periodo illuministico, che vede la riscoperta dellimportanza dei diritti individuali di ogni uomo, e la conseguente necessit di garantirli, attraverso la formalizzazione e razionalizzazione del diritto. Ricordiamo, poi, come il rango della norma non sia ordinario, ma costituzionale, dato che lart. 25 Cost. ripete, anche se non in maniera identica, il contenuto dellart. 1 c.p. . I corollari (costituzionalmente garantiti) del principio di stretta legalit sono la riserva di legge, la determinatezza e la tassativit (o divieto di analogia), il principio di irretroattivit della legge penale. Altre fonti implicite del principio di legalit, almeno per quanto riguarda le pene, sono gli artt. 13 e 23 Cost. .

RISERVA DI LEGGE:
questo principio guarda alla fonte di produzione del diritto penale, e stabilisce che nessuna norma penale pu essere validamente costituita se non contenuta in una legge statale; in assenza di una legge, la norma penale invalida, inapplicabile. La legge rilevante ai fini della produzione della norma penale quella in senso stretto, parlamentare; si discute invece riguardo al decreto legge e al decreto legislativo. In linea di massima, comunque, si considerano valide anche queste due ultime fonti di produzione, nonostante la tesi contraria delle correnti pi estremiste. Molto spesso si riconduce la riserva di legge alla necessit di garantire la certezza del diritto, ma in realt non cos: il vero significato della riserva di legge il monopolio legislativo, e cio la volont di sottrarre la produzione delle norme al potere esecutivo, che assicura garanzie minori rispetto a una emanazione di tipo parlamentare (che assicura un maggior dibattito, e, in definitiva, una maggiore democraticit). La riserva di legge assoluta, e di conseguenza, si pu escludere che fonti di legge subordinate possano essere produttrici di norme penali; tuttavia, la complessit del sistema fa s che le norme abbiano spesso la necessit di fare riferimento ad altre norme. Vi sono dunque dei rinvii, che in effetti sono ammessi, ma solo con i limiti stabiliti dalla legge: il caso in cui la legge da una delega in bianco non permesso; lipotesi per cui la legge incriminatrice fa riferimento a norme di ranghi ulteriori, ma in maniera circoscritta e marginale, per disciplinare dati periferici, invece s ( il caso dellart 328 c.p.). Questo fenomeno viene detto elemento normativo della legge penale: esso consiste, in definitiva, nel richiamo ad unaltra norma. Art. 650 c.p.: inosservanza dei provvedimenti dellAutorit. Questa norma di notevole rilevanza nellordinamento, perch consente ad altri soggetti, oltre allo Stato, di definire il reato. In questo caso, il precetto non definito dalla legge, ma dallAutorit (i vigili urbani); Art. 328 c.p.: rifiuto di atti di ufficio. Omissione. In questo caso la legge vincola la fattispecie a una serie di presupposti, per poter meglio individuare il reato in questione. Latto di ufficio quello riguardante una norma a cui larticolo fa richiamo.

Il principio della riserva di legge trova legittimazione, oltre che nellart. 1 c.p., nellart. 25 Cost., che stabilisce in maniera espressa la necessit di una previsione di legge, affinch taluno possa essere punito.

DETERMINATEZZA DELLA FATTISPECIE PENALE:


questo principio incide sulla tecnica di redazione della norma penale, imponendo
che essa venga formulata in modo puntuale, rigoroso, preciso, chiaro, determinato, appunto. Spesso il principio di determinatezza viene richiamato insieme a un altro principio, quello della tassativit, con il quale viene confuso; eppure questi concetti, pur essendo entrambi corollari del principio di legalit, vanno distinti: la determinatezza riguarda il momento genetico della norma penale, operando a monte e riferendosi al legislatore; la tassativit, invece, un canone che non condiziona il legislatore, ma vincola a valle il giudice, imponendo lapplicazione delle norme solamente ai casi espressamente previsti dalla legge, e vietando, dunque, lanalogia. Per quanto riguarda le fonti, va innanzi tutto detto che riconosciuto ormai allunanimit (giurisprudenza della Corte costituzionale, e dottrina dominante condivisa anche dal prof. Fiorella - ) che il principio di determinatezza abbia un fondamento costituzionale, ancorch implicito, attraverso uninterpretazione logico-evolutiva dellart. 25 Cost. 2^ (che invece fa un esplicito riferimento ai principi della riserva di legge e della irretroattivit); altra fonte, sempre in maniera implicita, lart. 1 c.p., il quale utilizza, nellesplicazione del principio di stretta legalit, lavverbio espressamente (che viene per reputato pi che altro indizio del principio della tassativit). Va poi rilevato che oggi tale principio radica le sue radici anche nelle fonti sovranazionali, e in particolare nello Statuto della Corte penale internazionale (fonte sovranazionale importantissima), approvato a Roma nel 1998 ed entrato in vigore in Italia attraverso una ratifica il 1 luglio del 2002 (paragrafo 22, comma secondo). A queste fonti, infine, si aggiunge lart. 429 c.p.p., che prevede che quando viene scritto il capo d imputazione, esso debba essere enunciato in forma chiara e precisa (il canone della determinatezza, dunque, coinvolge anche il diritto processuale penale: quant importante questo canone, che trascende addirittura il diritto penale e guarda gi al processo!). Il fondamento del principio di determinatezza, la sua ratio politico-criminale, lesigenza dellaccessibilit, conoscibilit e comprensione della norma penale per tutti i destinatari dellordinamento, affinch i cittadini possano orientare consapevolmente il proprio comportamento. Lo standard della determinatezza un punto di equilibrio sostenibile tra la minima astrazione e la massima concretezza: il legislatore deve redigere la norma penale abbandonando resistenze di ogni genere, e pigrizie, sforzandosi di determinare tutto il determinabile attraverso le regole della formulazione legislativa. Art. 603 c.p.: delitto di plagio. E stato dichiarato incostituzionale (sent. n. 86, 1981) proprio per difetto di determinatezza.

PRINCIPIO DELLA TASSATIVITA (DIVIETO DI ANALOGIA):


quel corollario del principio di legalit che vieta al giudice di estendere lapplicazione della norma incriminatrice al di l del perimetro da questa espressamente tracciato, ancorch vi siano delle salde ragioni logiche che portino ad assimilare ai gruppi di oggetti rappresentati dalla disposizione un oggetto diverso: la norma va interpretata e applicata per quella che , non pu essere utilizzata analogicamente. Si crea, in definitiva, una lacuna legis che il giudice non pu colmare, per lo meno nella materia penalistica, dando luogo a un rovesciamento di uno dei principi dellordinamento generale, per cui il procedimento dellapplicazione della norma mediante analogia addirittura un obbligo per il giudice, qualora ne sussistano i presupposti (artt. 12 e 14 preleggi). La differenza tra interpretazione e analogia non sta nel procedimento logico, che per
natura umana sempre per assimilazione, ma nella premessa: lanalogia conduce a comprendere fenomeni che vanno al di l dellinterpretazione della norma. Questo principio vede tra le sue

fonti sicuramente gli artt. 14 delle preleggi, il quale stabilisce in maniera espressa il divieto di analogia, e 1 c.p., attraverso lavverbio espressamente; si ritiene, per, nonostante lassenza dellavverbio ora menzionato, che esso trovi fondamento anche nella Costituzione, attraverso uninterpretazione logico-evolutiva dell art. 25 2^. Vista la duplice tipologia delle norme penali, che possono essere incriminatrici o giustificatrici/permissive, ci si chiesto se il divieto di analogia si riferisse a tutte le norme comunque rilevanti ai fini di stabilire se scatti una certa sanzione, oppure alle sole norme incriminatrici, strettamente intese.
Art. 52 c.p.: difesa legittima: non norma incriminatrice, ma giustificatrice. Le norme di cui agli artt. 50 - 54 c.p. riguardano le cause di giustificazione, o circostanze scriminanti, che operano rendendo conforme al diritto, da un punto di vista oggettivo, ci che sembra un illecito; Art. 614 c.p.: violazione di domicilio. Questa norma disciplina una nuova legittima difesa, assimilando due situazioni diverse, quella della violazione di domicilio e quella della legittima difesa. Anche questa norma, come la precedente, giustificatrice.

Quando ci si chiede se una norma penale, oppure no, bisogna chiedersi da che punto di vista: il problema definitorio postula un punto di riferimento della definizione, data limpossibilit di una risposta univoca (c.d. relativit delle qualificazioni giuridiche). Dal punto di vista dellart. 14 prel., ad esempio, le norme penali sono solamente quelle incriminatrici: Art. 307 2^ c.p.: assistenza ai partecipi di cospirazione o di banda armata. Il 2 comma di questo articolo stabilisce che non punibile chi commette il fatto in favore di un prossimo congiunto, e si appresta a elencare coloro che la legge individua come tali. Nonostante tra questi soggetti non compaia la figura del convivente, la giurisprudenza ha ammesso che la non punibilit fosse estesa anche a questo caso, applicando la norma in maniera analogica. Si fatta, evidentemente, una distinzione tra norme incriminatrici e non incriminatrici.

Linterpretazione oggi dominante distingue tra norme incriminatrici e non incriminatrici: secondo tale interpretazione, il divieto di analogia si riferisce solamente alle prime, risultando cos ammessa lanalogia in bonam partem (c.d.

principio della norma incriminatrice). Il fondamento di questa interpretazione sta nella constatazione che il principio di tassativit posto a tutela della libert dellindividuo, e di conseguenza bisogna cercare, ogni qualvolta ci sia possibile, di restringere il perimetro della punibilit. Secondo lindirizzo minoritario, seguito anche da Ramacci, il divieto di analogia opera sempre; le ragioni di questa interpretazione sono innanzitutto legate a un motivo letterale, per cui lart.14 si riferisce a tutte le norme penali in genere.

LA LEGGE PENALE NEL TEMPO E LIRRETROATTIVITA DELLA LEGGE PENALE:


questo principio di base illuministica, che oggi potrebbe apparire banale, ha subito in realt numerose deroghe fino a non molto tempo fa, specialmente in alcuni paesi totalitari. Esso trova fondamento normativo, in generale, nellart. 11 delle preleggi, che stabilisce che la legge non dispone che per lavvenire, essa non ha effetto retroattivo; per la legge penale, per, a differenza della legge in generale e a causa delle gravi conseguenze dellapplicazione delle sue norme, lirretroattivit si impone in maniera ancora maggiore, sicch lart. 25 2^ Cost. ribadisce tale principio, con riferimento in particolare proprio alla legge penale, con la conseguenza dellimpossibilit di una deroga o modificazione del principio stesso da parte del legislatore ordinario. Lirretroattivit della legge penale impone la necessaria resistenza della legge penale incriminatrice rispetto alla commissione di fatti di reato: essa sta a significare che la legge penale trova applicazione soltanto in riferimento a fatti che sono commessi dopo la sua entrata in vigore, e mai rispetto a fatti ad essa anteriori, sicch nullum crimen nulla poena sine proevia lege penali. Questo principio si pone in unottica di continuit, dal punto di vista della logica generale, con il principio di stretta legalit (che garantisce la calcolabilit del reato e della pena), ma trova comunque una sua autonomia perch si inserisce nel capitolo dellinfluenza della legge penale nel tempo. Inserita in questultimo contesto, pi generale e regolato dall art. 2 c.p., lirretroattivit appare come un principio non del tutto assoluto, subendo talvolta alcune deroghe. Lart. 2 c.p., in effetti, se da una parte, enunciando il principio dellirretroattivit, stabilisce che nessuno pu essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato, nel suo 2 comma esplica anche che nessuno pu essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato (): una tal deroga trova la sua ratio nellesigenza di tutelare e favorire sempre la libert personale dellindividuo (c.d. favor libertatis), che la stessa Costituzione indica essere un diritto inviolabile (art.13). Che la tutela della libert del cittadino sia primariamente importante, viene ribadito anche nei commi successivi, dato che larticolo prosegue dicendo che se vi stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria. Quest ultima ipotesi, introdotta nel 2006, per la verit non rappresenta unipotesi di retroattivit della legge penale cos come la si era esaminata nel 2 comma dello stesso articolo, che prevede la cessazione di un reato dallessere tale: in questo caso, infatti, il reato resta tale, mutando solamente la sua disciplina. Il 4 comma, poi, prevede un caso ancora diverso: se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono

pi favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile; anche qui si registra una modificazione della disciplina, ma questa ha unincisivit pi lieve di quella prevista dal 3 comma, perch da una parte la specie del reato rimane la stessa, dallaltra lintangibilit del giudicato non subisce le deroghe di cui al 3^.

Riepilogando

Quando c un mutamento della fattispecie di reato, vanno distinti i diversi casi (successione di leggi penali, art. 2 c.p.):
I) III) Art. 2 c.p., 1comma: nuova incriminazione. Una legge successiva introduce un reato. La legge, pi sfavorevole (massimamente sfavorevole), non retroattiva; 2 comma: abolizione di precedente incriminazione. Una legge successiva elimina una fattispecie di reato (anche non in toto), in quanto il fatto viene reputato non pi meritevole di pena. In questo caso la legge, pi favorevole (massimamente favorevole), retroattiva; 3, 4comma: semplice modifica, riforma legislativa. Una legge successiva modifica la disciplina di un reato. In questo caso, se la legge deve ancora essere applicata, si applica la disciplina pi favorevole al reo (ultrattivit della vecchia legge pi favorevole, o retroattivit della nuova pi favorevole); se essa invece gi stata applicata, vale lintangibilit del giudicato salvo il caso in cui la modifica sia stata tanto incisiva (a favore del reo) da modificare il tipo della pena, da detentiva a semplice pena pecuniaria.

II)

Come si calcola la pena? La legge stabilisce dei limiti edittali (es. pena detentiva da 1 a 5 anni) e nellambito di questi il giudice deve stabilire concretamente la pena, servendosi di alcuni parametri oggettivi e soggettivi (aggravanti, attenuanti, ecc). Il riferimento a tale procedimento di commisurazione ci consente di stabilire quando una legge sia pi o meno favorevole (art. 2 c.p. 4^): la comparazione deve essere effettuata in astratto o in concreto? Unipotesi che astrattamente considerata appaia di maggior favore rispetto ad un altra, rimane tale anche concretamente? Per risolvere il problema, si deve avere riguardo al caso concreto, comparando le sussunzioni del fatto materiale alle due ipotesi astratte, e applicando quella delle due che, concretamente, appaia pi favorevole. Si pone poi il problema di stabilire se tale calcolo sia parziale o complessivo: bisogna guardare solo ad alcuni effetti della applicazione della norma, oppure a tutti gli effetti, per stabilire se essa sia pi favorevole? La valutazione deve essere certamente complessiva. Tale criterio rimane valido anche se vi sono state alcune ambigue valutazioni pratiche della Cassazione, che non si mossa in tal senso.
Un esempio concreto dei problemi ora trattati si riscontra con riguardo agli artt. 323 e 324 c.p.: Art. 323 c.p.: abuso di ufficio. Questo articolo stato modificato due volte, una prima nel 1990 e una seconda nel 1997. Lo scopo delle modifiche stato quello di ridurre lindeterminatezza della disposizione, che, a causa della genericit della formulazione normativa, determinava il dilagare di incriminazioni per abuso dufficio, che finivano per ricomprendere tutti i casi di reato che non fossero ricompresi dagli articoli precedenti al suddetto. A riprova di quanto detto basti losservazione delloriginaria rubrica dellarticolo, che si intitolava: abuso dufficio in casi non preveduti specificamente dalla legge.

Nonostante levidente incompatibilit dellarticolo con il principio di stretta legalit, il processo di modificazione dellarticolo stato piuttosto lungo: inizialmente, infatti, la Corte costituzionale ha rigettato il dubbio di costituzionalit, sostenendo che, seppur indeterminate risultavano essere le singole ipotesi di reato ricomprese nellabuso di ufficio, ben determinato era lelemento soggettivo che si accompagnava a tali reati, con una sentenza che da molti stata giudicata piuttosto singolare; successivamente, nel 90, stata approvata una prima modifica dellarticolo, che ha introdotto la circostanza per cui, per aversi abuso dufficio, non bastava aversi illegittimit amministrativa, essendo necessario un vero e proprio sfruttamento dellufficio, e che ha portato allabrogazione dellart. 324 sullinteresse privato in atti di ufficio, ancor pi indeterminato del 323, che stato ricompreso in questultimo; infine, nel 97 si avuta lultima modifica, necessaria, data la genericit che continuava a caratterizzare larticolo in seguito alla prima riforma (anche a causa della comprensione dellart. 324 c.p.). La problematicit della generalit dellarticolo rilevante non solo per questioni meramente tecniche, inserendosi anche nel pi ampio e delicato contesto del conflitto tra poteri dello Stato (basti pensare a come la
genericit dellart. 323 abbia consentito, nel periodo di mani pulite, di iniziare procedimenti investigativi in realt volti a scoprire casi di corruzione, facendo dellabuso di ufficio un reato spia; in quegli anni, i procedimenti iniziati in Italia per abuso di ufficio furono circa 50.000);

Art. 324 c.p.: questo articolo riguarda linteresse privato in atti di ufficio, ed stato abrogato nel 1990, quando lipotesi contemplata in questa disposizione stata ricompresa nellabuso di ufficio, contestualmente modificato (esempio del sindaco che invece di costruire una strada fa costruire un ospedale).

Quale dei tre fenomeni, in questo caso, si realizza? Il reato contemplato dall art. 324 c.p. viene abrogato o modificato, essendo ricompreso nellart. 323 c.p.? Si ha una abolizione di precedente incriminazione o una semplice modifica di disciplina? Come preannunciato, la valutazione deve essere concreta e complessiva, sulla base del rapporto che corre tra la modifica della disciplina e il caso pratico: nel caso in cui linteresse privato in atti di ufficio integri la fattispecie di abuso di ufficio, si ha una modifica nella disciplina del reato; se invece, nel caso concreto, linteresse privato non rientra nellipotesi di abuso di ufficio, si ha una vera e propria abolizione della fattispecie di reato. Altro esempio, nella materia dei reati societari, rappresentato dal reato di falso in bilancio, che solitamente fatto rientrare nellipotesi della depenalizzazione (la depenalizzazione un fenomeno che
si snoda in due possibili direzioni: la prima, per cui un fatto di reato viene trasformato in illecito di altro genere; la seconda, per cui un fatto non pi illecito sotto alcun profilo); in realt lesempio in questione

non si inserisce in questo fenomeno, perch oggi, anche a seguito della riforma del 2002, il reato di falso in bilancio continua a essere illecito penale, essendo compreso in un altro reato, quello delle false comunicazioni sociali.

Il mutamento della fattispecie di reato una particolare figura (un certo modo di vedere labuso di ufficio, cos come il reato di false comunicazioni sociali) che implica il cambiamento della definizione stessa di reato; essa si distingue dalla semplice modifica della disciplina, che comporta il cambiamento della sola sanzione, e che pu anche conseguire al mutamento della fattispecie di reato. Tale modifica, pu ricadere a svantaggio di chi aveva commesso il reato prima della sua modifica? Qual il rapporto tra norma e destinatario? La nuova disposizione pu retroagire? La soluzione non espressamente compresa nelle ipotesi previste dallart. 2 c.p., il quale esamina i soli casi di abrogazione di reato, di introduzione di nuova norma e di modifica della disciplina

di un reato. Riguardo alla possibilit della nuova norma di retroagire, il principio di stretta legalit e quello della irretroattivit della fattispecie penale implicherebbero una risposta negativa; ma il ragionamento pi complesso, e va articolato su due diverse ipotesi: una prima, di modifica radicale della fattispecie di reato, e una seconda, di modifica pi lieve. Nel primo caso la modifica talmente incisiva da determinare una ipotesi di abrogazione di vecchia fattispecie di reato, con conseguente irretroattivit della nuova norma; nel secondo caso, invece, vi una sorta di continuit strutturale tra le due fattispecie di reato, sicch si configura una semplice modifica di disciplina con le conseguenze ex art. 2 c.p. . C chi ha sostenuto che per stabilire il rapporto tra norma e cittadino bisogna guardare il grado di affinit strutturale (basato sugli elementi costitutivi, che non devono essere modificati) tra le due disposizioni di legge (la vecchia e la nuova); ma, come sempre, la valutazione va fatta in concreto, non bastando la comparazione astratta della similitudine tra le due norme, e lo conferma il giudizio delle Sezioni Unite riguardo alla riforma del 2002 sul reato di false comunicazioni sociali: dopo aver sottolineato infinite differenze tra il vecchio e il nuovo reato, la Corte, incredibilmente, dichiar la mancata rottura. E chiaro, a tal punto, come al di l delle parole utilizzate, la soluzione si trovi effettuando una valutazione in concreto, sicch non si ha una vera e propria valutazione della continuit strutturale (che sarebbe in astratto); se la valutazione fosse effettuata in astratto, infatti, si avrebbe sempre una discontinuit strutturale, dato che la maggior parte dei casi in cui si ha modificazione di fattispecie di reato si ha modifica di qualche elemento costitutivo del reato stesso: in definitiva, il problema della continuit strutturale un falso problema, e il correlato criterio assolutamente incerto, non cogliendo il punto fondamentale che sta alla base del nostro sistema penale, che nellesprimere la proposizione normativa pone sempre al centro il fatto storico, il caso concreto. La valutazione, concretamente effettuata, risolve la problematica per cui, a seguito di modifiche legislative che si risolvono in mutamento di fattispecie di reato, si potrebbero creare delle lacune legislative e determinare casi di impunit. Cambiando la legge penale, abbiamo riscontrato che pu cambiare anche la figura di reato. Quando questo avviene, dal punto di vista processuale, il p.m. ha di fronte due possibilit: se il fatto concreto originariamente contestato non pi reato, si chiede larchiviazione o il proscioglimento; se invece il fatto, che prima era reato, resta tale, si cambia la contestazione, modificandola in funzione della nuova norma, e il processo prosegue. Dal punto di vista della procedura penale, per, la contestazione modificabile solo fino a un certo momento processuale, e cio fino a che non si sia arrivati alla Corte di Appello o in Cassazione.

LA STRUTTURA DEL REATO:


la struttura come sintesi del fatto rilevante della legge penale non soltanto componente materiale, ma si compone anche di un elemento psicologico, soggettivo. Quando il legislatore formula il precetto, infatti, egli si pone come scopo lorientamento della condotta umana, ma il destinatario del precetto pu reagire al comando, e dunque conformarsi ad esso, solo sulla base della sua possibilit concreta di agire conformemente al comando: conseguente allora la necessit di formulare il precetto in modo tale da consentire al soggetto di conformarsi ad esso, individuando lo stato

soggettivo dellagente. Lo stato soggettivo pu essere costituito dalla colpa o dal dolo: si ha la prima, allorquando il soggetto non nelle condizioni di conoscere esattamente lesito del suo comportamento, il quale solamente prevedibile, rappresentabile dallagente che tuttavia non se lo rappresenta - (rappresentabilit del fatto); si ha dolo, invece, quando il soggetto agente ha dominio della sua azione, nel senso che perfettamente consapevole della sua consistenza ed in condizione di agire al comando della legge (piena rappresentazione del fatto). Lo stato oggettivo, invece, consiste nel fatto materiale che stato cagionato sul presupposto di un atteggiamento soggettivo rilevante.

A) ILLECITO OGGETTIVO:
Le analisi del reato tendono a iniziare il loro procedimento costruttivo proprio dallelemento oggettivo, e in particolare dallevento materiale (per Fiorella dicesi analisi a gambero), il quale rappresenta un elemento essenziale del reato sotto ogni punto di vista: esso il presupposto per lesistenza stessa del reato, il quale viene concepito, nel nostro ordinamento, come lesione di un bene giuridico. Il fatto pu essere inteso in senso stretto, e allora indica lelemento materiale o evento costitutivo del reato (inteso come modificazione della realt circostante legata alla condotta); ma il fatto, in senso lato, comprende anche la condotta del soggetto agente, nonch il nesso di causalit o consequenzialit tra i primi due. (Ramacci, nel suo libro, indica come fatto di
reato in senso lato lillecito oggettivo, dato dalla somma algebrica tra elementi costitutivi positivi e elementi costitutivi negativi; il fatto in senso stretto invece individuato nellinsieme degli elementi costitutivi positivi dellillecito oggettivo, formato da evento materiale, condotta e nesso di causalit).

Art. 575 c.p.: omicidio: chiunque cagiona la morte di un uomo punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno. In questo caso il fatto materiale il cagionamento della morte di un uomo: tra levento morte e il soggetto attivo, agente, deve correre il nesso di causalit, il comportamento, lazione delluomo.

Per lungo tempo, la dottrina e la giurisprudenza hanno sostenuto che il legislatore guardasse innanzi tutto alla modificazione della realt esteriore conseguente alla condotta, dotando dunque lelemento del fatto in senso stretto (evento materiale) di particolare importanza rispetto agli altri due; la nostra letteratura, per altro verso, ha sostenuto che questo principio non potesse convincere del tutto. Innanzitutto, infatti, va
notato che, scorrendo tutti i passaggi in cui il legislatore parla di evento, spesso e volentieri ad esso si accompagnano la dannosit o la pericolosit dellevento stesso (da cui la distinzione tra reati di danno e reati di pericolo concreto e astratto o presunto); attenzione, poi, va posta rispetto alla circostanza che esistono diversi reati per i quali non si riesce a cogliere lesatta conseguenza naturalistica del comportamento, sicch si pone il problema di fattispecie prive di evento naturalistico o reati formali (contrapposti ai c.d. reati materiali), e questa problematica si pone non solo per i reati pi lievi, che sono le contravvenzioni (ad es. reato di ubriachezza), ma anche per taluni delitti (si pensi allevasione). La posizione per cui vi sia una distinzione tra reati materiali e reati formali non in realt condivisa da tutti, essendovi un forte sentimento (allo stato appoggiato dal prof. Fiorella) per il quale questa bipartizione non ha ragione dessere, nel senso che in tutte le fattispecie sempre presente un elemento naturalistico collegato alla

condotta: anche se non configurabile ex ante, si produce sempre una modificazione della realt oggettiva; questa idea corrisponde alla logica del nostro codice, nonch al pensiero di vari autori illustri e della scuola classica.

Il reato cos linsieme di aspetti che attengono alla sua materialit (meglio oggettivit), e di aspetti che attengono alla sfera psicologica di chi quel reato ha commesso: aspetto oggettivo e aspetto soggettivo sono due livelli fondamentali che rappresentano le due grandi stanze nelle quali devono essere ricondotti gli elementi costitutivi del reato. Esaminiamo ora gli elementi costitutivi positivi dellillecito oggettivo (che per Ramacci costituiscono, tutti insieme, il fatto in senso stretto): levento materiale (che invece il fatto in senso stretto per Fiorella), il nesso di causalit e la condotta; nel corso dellindagine, rammentiamo che lanalisi a gambero parte sempre dallevento. Art. 40 1^ c.p.: rapporto di causalit. Questa norma stabilisce che nessuno pu essere punito per un fatto che sia preveduto dalla legge come reato, se levento dannoso o pericoloso, da cui dipende lesistenza del reato, non conseguenza della sua azione od omissione. Larticolo, se da una parte sancisce la necessariet dellaccertamento del nesso di causalit (circostanza questa molto importante, in quanto, conformemente ai principi di cui allart. 27 Cost., esclude la liceit della responsabilit per fatto altrui) , dallaltro definisce levento materiale come quellevento, dannoso o pericoloso, che conseguenza della condotta umana e dal quale dipende lesistenza del reato. Levento deve essere dannoso o pericoloso perch, sulla base dei principi di materialit e di offensivit, deve estrinsecarsi in un fatto lesivo, in maniera attuale o potenziale, di un bene giuridico tutelato. Esso deve poi essere legato a una condotta umana in maniera causale; si badi bene, per, che non tutte le conseguenze della condotta umana, anche se dannose o pericolose, sono eventi materiali penalisticamente rilevanti, perch levento non un elemento qualsiasi, ma quello, in particolare, da cui dipende lesistenza del reato, e dunque quella conseguenza tipizzata dalla legge come illecito penale. Le cause dellevento possono
essere molteplici, e di fatto cos quasi sempre; tuttavia, il diritto penale non si preoccupa di tutte le cause materialistiche, ma stabilisce se a monte di un evento vi sia una condotta umana rilevante: esso muove da un risultato rilevante per lordinamento (ad es. la morte di un uomo), per poi giungere al comportamento rilevante che lha causato, attraverso il nesso di causalit (vi discrepanza tra le cause materialistiche e le cause giuridiche dellevento).

PRINCIPIO DI OFFENSIVITA E DI MATERIALITA:


per il principio di materialit, il legislatore, nella creazione della fattispecie, vincolato a una forma costituzionalmente rilevante, per la quale il reato deve consistere, innanzi tutto, in un fatto esteriore. Il principio di offensivit si collega strettamente, ma non si confonde, con il principio di materialit. Mentre questultimo impone lenucleazione di un evento naturalistico, infatti, il principio di offensivit impone la enucleazione di unoffesa: levento non pu essere di per s elemento costitutivo del reato se non viene considerato insieme alla sua portata offensiva. In definitiva, il giudice non solo obbligato ad accertare un evento, ma anche ad accertare che esso sia dannoso o pericoloso, e dunque offensivo.

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Talvolta, per, esaminare la struttura del reato pu essere abbastanza complesso: Art. 707 c.p.: possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli. Si tratta di una norma preventiva che ancora vige nel nostro ordinamento, nonostante sia stata pi volte sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale. Seppur la Corte, nel 1971, ne abbia dichiarato la parziale illegittimit (limitatamente alla parte in cui larticolo fa richiamo alle condizioni personali di condannato per mendicit, di ammonito, di sottoposto a misura di sicurezza personale o a cauzione di buona condotta), e dunque anche la parziale legittimit (relativa a ci che dellarticolo rimane), c chi sostiene che la norma sia incostituzionale. Il problema che la norma tratta differentemente un pregiudicato, rispetto a un soggetto che mai stato condannato (nei crimini previsti dallart. 707): il sistema penale pu stabilire una pena per la pericolosit soggettiva? Parrebbe di s. Eppure il nostro diritto penale un diritto del fatto, nel quale vigono i principi, costituzionalizzati, di materialit e di offensivit, sicch un evento lesivo di un bene giuridico, in maniera attuale (danno) o potenziale (pericolo) deve pur esserci. Ma qual ? Nellart. 707 c.p. non c riferimento n a un danno n a un pericolo, essendovi un richiamo al solo pericolo del soggetto. Si tratta forse di uno dei c.d. reati di condotta, nei quali levento naturalistico non c? Eppure non c neanche una condotta! Lubi consistam di questo reato, non , come potrebbe sembrare, quello del possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli, perch allora commetterebbe reato anche il non condannato. Sembrerebbe, questo articolo, suggerire lesistenza di un diritto della volont, piuttosto che di un diritto del fatto. Eppure la Corte lha salvato. Per riconoscere il contenuto (necessariamente) offensivo dellart. 707, la Corte ha cercato un modo per non limitare alla sussistenza della pericolosit del soggetto i requisiti costitutivi della fattispecie di reato, indicando che il giudice, nellapplicazione della norma, deve valutare il contesto concreto in cui essa va a operare, accertando lesistenza di un effettivo pericolo generato dal possesso ingiustificato di dette chiavi o grimaldelli, che si distingua dal semplice pericolo soggettivo del possessore condannato: dunque dai particolari della situazione concreta che va accertata la situazione di pericolo oggettivo (per es. dal modo in cui il soggetto si muoveva, ecc); Art. 314 c.p.: peculato. Levento materiale sembra essere costituito da una fase dinamica, la presa del denaro, e una statica, effetto della parte dinamica, costituita dal venir meno dei soldi. A ben vedere, per, solo leffetto levento, laddove la fase dinamica costituisce la condotta (quando si parla di condotta, ci si deve concentrare su qualcosa che promuove qualcosaltro). La difficolt di individuare levento costitutivo di questo reato, ha fatto del peculato una delle fantomatiche ipotesi di reato formale, o di mera condotta; alla luce di una pi accurata analisi emerso, per, che un evento materiale c ; Art. 640 c.p.: truffa. In questo caso, la condotta data dai raggiri e dagli artifizi, mentre levento il profitto. Occorre osservare, per, la costituzione complessa dellevento, perch occorre, oltre al profitto, anche una valutazione di tale profitto, e cio il danno; a bene vedere, poi, vi anche una seconda valutazione, che emerge soffermandosi sulla necessit che il danno sia altres ingiusto. Il profitto, poi, non il solo evento, perch ve ne un secondo: lerrore. Questultimo

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un evento intermedio, che non perfeziona il reato della truffa, essendo necessario anche il profitto e il danno: questo articolo innova la struttura del reato, facendo passare il nesso di causalit per levento intermedio dellerrore. Passando allanalisi della condotta, occorre poi sottolineare come, in questo caso, questa sia precisamente individuata dalla legge, dando luogo a una fattispecie dalla c.d. condotta a forma vincolata; Art. 575 c.p.: omicidio. In questo caso levento rilevante per lordinamento la morte, mentre la condotta rilevante lassassinio, il quale pu essere commesso in qualunque modo (c.d. condotta a forma libera); Art. 328 c.p.: rifiuto di atti di ufficio. Omissione. La condotta pu consistere tanto in unazione, quanto in unomissione, che deve essere intesa come lazione di non adempiere un dovere; Art. 40 2^ c.p.: rapporto di causalit: non impedire un evento, che si ha lobbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo. Lespediente di considerare lomissione come lazione di non impedire levento (=inazione) utile perch consente di superare lostacolo pone la differenza qualitativa tra azione e omissione al momento dellaccertamento del nesso di causalit, che nel caso dellazione avviene in positivo, mentre per lomissione in negativo.

Spesso i libri di testo commettono un errore di prospettiva evidente, perch individuano lazione come un dato naturalistico, mentre lomissione come un dato normativo. In realt nulla pi inesatto: lazione s un dato naturalistico, ma un dato naturalistico rilevante per lordinamento proprio perch una norma ha previsto cos (nel rispetto del principio di legalit), sicch anche lazione, nei termini della valutazione che ne fa lordinamento, si configura come dato normativo; nellomissione, invece, si ha linazione, il corrispondente negativo dellazione che pur sempre unazione e dunque un dato naturalistico, anchesso valutato dallordinamento e trasportato cos a dato normativo. Questa riflessione significativa perch, dalla visione ora criticata, possono nascere delle conseguenze negative per limputato. Ad esempio, si dice che il dato naturalistico vada accertato mentre quello normativo semplicemente attribuito; questo determina una diversit di trattamento per limputato, a seconda che la sua condotta sia costituita da unazione, oppure da unomissione: nel primo caso si ha un accertamento, mentre nel secondo unattribuzione.

Lomissione pu essere di tue tipi: propria o impropria (o reato commissivo mediante omissione). La distinzione si fonda sulla diversa modalit di tipicizzazione del fatto di reato: se il fatto di reato viene direttamente tipicizzato dalla parte speciale come reato di omissione si ha lomissione propria, se invece la tipicizzazione richiede la combinazione della parte speciale con la parte generale si ha unomissione impropria. Gli equivoci si
vengono a creare perch, sui libri di testo, viene detto che la distinzione si basa sulla presenza o meno dellevento; ma questo non il modo corretto di distinguere perch, innanzitutto, un evento propriamente inteso c sempre (vedi ad es. lart. 328 2^ c.p.: rifiuto di atti di ufficio, omissione. Levento omissivo sta proprio nel fatto impeditivo che viene a mancare), e poi perch questo modo di rappresentare la questione non fa capire come si ricostruisce la figura di reato. I due problemi sono enormemente diversi, perch quando ci si trova dinanzi a una omissione propria si sicuri del dato di partenza, dato che c una norma specifica dellordinamento che definisce lomissione; quando invece ci si pone il problema del reato commissivo improprio, il problema molto pi complesso, perch ci si muove in un mare aperto, imponendo lordinamento una difficile combinazione (vedi quella tra gli artt. 40 e 575 c.p. riguardo al caso del chirurgo che, non operando, cagiona la morte).

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Art. 575 c.p.: omicidio. Un chirurgo decide di sospendere lintervento pur sapendo che questa inazione produce la morte del suo paziente. Il chirurgo punibile? Per fondare la tipicit dellinazione, si deve partire dallobbligo di azione. Tale obbligo non si trova nellart. 575 c.p., il quale prevede solamente il divieto del cagionamento della morte, che tradizionalmente viene interpretato in modo da limitare la condotta a unazione. Tuttavia, tale obbligo emerge in forza dellart. 40, 2comma c.p., il quale equipara le omissioni di comportamenti doverosi a vere e proprie azioni. In definitiva, il chirurgo punibile per il disposto combinato degli artt. 40 e 575 c.p. .

Lomissione mette in luce i casi nei quali lordinamento conta su un soggetto in modo particolare per la salvezza di un certo bene (ad es. un la madre rispetto al neonato = funzione di garanzia), e consente di determinare la distinzione tra obbligo giuridico di azione e obbligo di impedimento. Talvolta difficile distinguere quando si tratti di un generico obbligo di azione piuttosto che di uno specifico obbligo di impedire, e la distinzione rilevante, perch solo in questo caso che scatta lo schema dellart. 40 2^: Art. 593 c.p.: omissione di soccorso. Questa norma un po misteriosa: essa nata, inizialmente, per riferirsi ad una situazione estrema dallambito di applicazione molto limitato; tuttavia, oggi applicata in maniera molto pi estensiva. Questo articolo sembra avere lo stesso schema di quello precedente: dal mancato adempimento dellobbligo discende la morte. Ma allora per quale ragione nel caso di omissione di soccorso la pena pu arrivare fino a due anni, mentre nellaltro caso la pena prevista di oltre venti anni di reclusione? Il motivo che, nel caso dellart. 575 (combinato con lart. 40 2^), si ha la violazione non di un obbligo di fare, come nellart.593 c.p., ma di un obbligo di impedire.

Il nesso di causalit oggetto di studi particolarmente approfonditi; esso rappresenta il legame, la connessione, che corre tra levento e la condotta. La struttura del reato non nientaltro che la sommatoria di elementi che ruotano attorno alla stessa legittimit logico-giuridica di attribuzione di un certo fatto di reato a un soggetto, che si fonda su due criteri: il primo il nesso di causalit, mentre laltro rappresentato dal nesso di imputazione psicologica. I presupposti dellimputazione sono disposti nellottica della funzione preventiva della pena, sicch questultima acquista senso solo se rivolta al soggetto rispetto al quale si porta il problema della reazione impeditiva dellevento (viene punito chi non ha impedito levento, e dunque chi ha commesso il fatto che lha causato): il nesso di causalit, in questo senso, il presupposto della ascrizione della responsabilit. La seconda fase del nesso di imputazione si preoccupa invece di stabilire quale fosse latteggiamento mentale del soggetto che ha causato levento, la connessione psicologica, nella forme del dolo o della colpa. In definitiva, emerge ancora una volta,che il problema dellimputazione si snoda su due diversi piani, quello psicologico e quello causale; questultimo piano serve a determinare la dominabilit del fatto, mentre il primo serve a perfezionare limputazione: lordinamento pu ascrivere a un soggetto solo un fatto che rispetto a questo sia personale, e dunque necessario che il fatto sia imputabile al soggetto da un punto di vista causale, nonch che da questi sia stato realizzato con dolo o con colpa. La base della struttura del reato sta sulla base dell ascrivibilit di un

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fatto a qualcuno, e la ascrivibilit si basa sul nesso di causalit. Importante ricordare sempre che la causalit si studia attraverso la prospettiva della attribuzione della responsabilit, per cui, oltre allimputazione causale, occorre anche quella psicologica; il nostro diritto penale del fatto: questo significa che, innanzi tutto, deve essere accertata una modificazione oggettiva della realt; se questa non c, non si pu procedere con i successivi accertamenti dellimputazione causale e psicologica. Come si fa a stabilire che un certo evento sia stato causato da una certa condotta? I passaggi logici sono intuitivi, ma devono essere razionalizzati in maniera chiara, precisa e consapevole. La verifica mentale da fare capire se, senza quella determinata condotta, levento in questione si sarebbe prodotto (processo di cancellazione ideale della condotta che costituisce lipotesi causale = condictio sine qua non). Un problema pi
complesso poi quello della causalit addizionale: immaginiamo il caso di due cause che sono entrambe condictio sine qua non, e che per avvengono in una sequenza temporale tale che una delle due cause agisce dopo che laltra ha gi determinato levento: in questo caso la causa successiva viene considerata sine qua non oppure no? E se, ancora, non si riesca a stabilire quale dei due ha ucciso? Applicando il principio dellindubbio pro reo si dovrebbe escludere la responsabilit di entrambi, ma evidentemente cos non pu essere. Sul piano della causalit

sono state elaborate diverse teorie; la difficolt consiste nello stabilire il rapporto che corre tra tali teorie, le quali potrebbero apparire, anche se cos non , come meccanismi autonomi e indipendenti luno dallaltro. Spesso nei manuali di diritto penale si trova indicazione di molteplici teorie del nesso di causalit, ma la parte pi importante di questo studio ruota attorno a tre sole di queste: la teoria della condictio sine qua non, la teoria della causalit adeguata e la teoria della causalit umana esclusiva. Le ultime due teorie, nascono per superare i limiti della prima, che talvolta determina situazioni controverse (vedi es. della madre che manda il bambino a scuola che poi viene investito, o del soggetto che porta un malato in un ospedale che poi esplode a causa di una bomba); esse aggiungono, ai presupposti per lattribuzione della responsabilit, quello della giuridicit della causalit: non sufficiente che la condotta sia essenziale naturalisticamente, ai fini del verificarsi dellevento dannoso o pericoloso, ma necessario altres che detta essenzialit sia tale dal punto di vista giuridico. La teoria della causalit adeguata stata la prima a utilizzarsi, per superare i limiti della condictio sine qua non, e si basa sul restringimento dellinsieme delle cause giuridiche alle sole condictio sine qua non le quali, sulla base di una valutazione ex ante, anticipata al momento della condotta dellagente, risultassero idonee a determinare levento dannoso o pericoloso, e ci sulla base di una prevedibilit oggettiva, non basata sulla mera capacit rappresentativa del soggetto agente. Le teorie della condictio sine qua non e della causalit adeguata utilizzano modi differenti per determinare la responsabilit, e, conseguentemente, lindividuazione della stessa per il medesimo reato pu essere pi o meno restrittiva: quando si tratta di condictio sine qua non, il meccanismo dellaccertamento sufficientemente stringente, trattandosi di seguire un iter preciso (quello della cancellazione ideale); diversamente, la causalit adeguata ammette un margine di incertezza e di elasticit, data la mancanza di un procedimento rigoroso, e questo stato oggetto di critica della teoria stessa. Che rapporto c tra le due teorie?

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PROCEDIMENTO PER LIMPUTAZIONE DELLA RESPONSABILITA:


1) imputazione causale (condictio sine qua non): determina un risultato che va corretto attraverso lanalisi dellelemento psicologico del soggetto; 2) imputazione psicologica: se il risultato uguale rispetto a quello ottenuto attraverso la sola imputazione psicologica, allora lanalisi si ferma; se invece il risultato diverso, allora va approfondita lanalisi sullimputazione causale, analizzando ladeguatezza; 3) imputazione causale (causalit adeguata).

Nei casi di responsabilit oggettiva il correttivo dellimputazione psicologica non c, sicch tutto si risolve sul piano del nesso causale; questo rende chiarissimo il motivo per cui la condictio sine qua non veniva considerata pericolosa (eccessiva estensione della responsabilit penale): proprio in questo settore che si sono sviluppate le teorie della causalit. Ormai, anche per lintervento di fondamentali sentenze della Corte Costituzionale, le ipotesi di responsabilit oggettiva sono state riconosciute incompatibili con il nostro sistema (violazione del principio di colpevolezza ex art. 27 Cost.); si deve tener presente, tuttavia, che leliminazione radicale della responsabilit oggettiva vera fino a un certo punto, perch continuano a riscontrarsi tutta una serie di ipotesi di responsabilit sostanzialmente oggettiva, che per non vengono considerate tali. A differenza di quanto avviene per il diritto civile, nel diritto penale la responsabilit oggettiva, si distingue nettamente dalla responsabilit per fatto altrui: questultima, infatti, prescinde dal nesso di causalit oltre che dallimputazione psicologica, laddove la responsabilit oggettiva imputata, seppur non psicologicamente, almeno causalmente. Questo tipo di responsabilit quello che pi si allontana dalla responsabilit soggettiva, lunica ammessa nel nostro ordinamento, perch, oltre a violare il principio di colpevolezza come la responsabilit oggettiva, viola anche il principio di personalit, anchesso fondato sullart. 27 Cost., che implica la necessariet del nesso causale tra evento e condotta dellagente. Va aggiunto, infine, che gli articoli che definiscono e regolano il nesso di causalit, gli artt. 40 e 41 c.p., sono validi non solo nellambito penale, operando in tutto lordinamento giuridico.

B) ELEMENTO SOGGETTIVO: RICOGNIZIONE DEL TITOLO CON CUI E PUNITO UN FATTO CRIMINOSO:
la regola di parte speciale descrive solo loggettivit del reato (e specifica quando e cio sempre, per la personalit del reato ex art. 27 Cost. - sia necessario accertare il nesso di causalit ai fini dellimputazione della responsabilit); per sapere, invece, se (anche qui sempre, per il principio di colpevolezza ex art. 27 Cost.) e quale elemento psicologico occorre per limputazione, bisogna fare riferimento alle regole di parte generale. La regola generale di ricognizione del titolo di reato lart. 42 c.p., che si basa sulla distinzione tra delitti e

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contravvenzioni (per distinguere i quali va guardata la pena ex art. 17 c.p.).


[Leggere un articolo del codice penale molto diverso dal leggere un articolo di giornale! Vedi art. 640 c.p.: truffa].

Art. 42 c.p.: responsabilit per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilit obiettiva. Salvi i casi in cui sia espressamente previsto dalla legge il titolo della colpa o della preterintenzione, i delitti sono puniti a titolo di dolo. Le contravvenzioni sono punite sia a titolo di dolo sia a titolo di colpa. Larticolo, tuttavia, presenta una proposizione problematica, quella di cui al 3comma: la legge determina i casi nei quali levento posto altrimenti a carico dellagente, come conseguenza della sua azione od omissione, in cui per altrimenti si intende un titolo diverso non solo dal dolo e dalla colpa, ma anche della preterintenzione, fermo restando il necessario nesso di causalit; ma la Corte Costituzionale ha affermato, con una storica sentenza del 1988 e recependo i contributi della dottrina, il divieto non solo della responsabilit per fatto altrui, ma anche quello della responsabilit oggettiva: per principio costituzionale, pertanto, lipotesi di reato si pu considerare tale soltanto se supportata dal dolo o, almeno, dalla colpa, non essendo sufficiente il solo nesso di causalit. E problematica per anche la figura della preterintenzione, che si colloca a met tra la colpa e la responsabilit oggettiva: esiste davvero un tertium genus, oltre al dolo e alla colpa? Il dato di fatto, nonch punto di partenza, che lordinamento positivo individua quattro forme di imputazione soggettiva: il dolo, la colpa, la preterizione e la responsabilit oggettiva (dichiarata illegittima con la gi citata sentenza della Corte Costituzionale); Art. 584 c.p.: omicidio preterintenzionale. Questo articolo collega il fatto al soggetto dal punto di vista della causalit, ma non dal punto di vista psicologico. Per capire a che titolo punito questo reato bisogna fare riferimento alla regola generale di cui allart. 42 c.p., che prevede, per i delitti che non siano espressamente puniti a titolo di colpa o preterintenzione, il titolo del dolo. Lart. 584 non specifica il titolo dellimputazione soggettiva, e dunque, essendo un delitto (in quanto la pena la reclusione), il titolo soggettivo richiesto per limputazione dovrebbe essere il dolo (visto che la preterintenzione nominata solo nella rubrica, che non rappresenta una disposizione legislativa, e costituisce un solo criterio di interpretazione, in quanto mero reperto archeologico dei lavori preparatori al codice); ma dolo non pu essere, perch se il reato fosse doloso sarebbe punito, ex art. 575, come omicidio volontario (gli elementi costitutivi di un reato si possono individuare anche in negativo, attraverso il confronto con altre norme). E dunque, qual il titolo dellimputazione soggettiva dellart. 584 c.p. (che deve necessariamente esistere, data lillegittimit costituzionale delle ipotesi di responsabilit oggettiva nellambito del diritto penale)? Le possibilit sono due: 1) per deduzione, giungo alla conclusione che lart. 584 preveda unipotesi di omicidio colposa: in questo caso bisogna verificare la sussistenza della colpa (levento non voluto, ma era almeno rappresentabile); 2) alla luce dellinsieme degli argomenti, giungo alla conclusione che si tratti di preterintenzione. Lart. 43 prevede che la preterintenzione si ha qualora levento sia derivata dallintenzione di determinare un evento meno dannoso o pericoloso (meno grave): questa si rivela unipotesi di

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responsabilit oggettiva, incostituzionale, dunque, perch levento in questione non era voluto n rappresentato. Ogni regola ha la sua eccezione: cos anche la regola per cui la parte speciale del codice descrive la materialit del reato, mentre lelemento psicologico descritto dalla regola, di parte generale, ex art. 42 c.p. . Art. 62 c.p.: furto. Nella proposizione normativa compare un dato irriducibilmente ricollegabile allelemento psicologico, il fine: la disposizione, eccependo alla regola, aggiunge nella parte speciale un dato di carattere psicologico. Potrebbe apparire che anche il raggiro ex art. 640 c.p. richiami lelemento psicologico, e in effetti cos ; il raggiro, tuttavia, non irriducibilmente psicologico, perch pu essere interpretato anche in maniera diversa, oggettiva. Diversamente, il fine presente nel furto, non pu essere interpretato se non in maniera soggettiva; Art. 368 c.p.: calunnia. Anche qui c un dato che pu essere solo indicativo di un elemento psicologico: chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza () incolpa di un reato taluno che egli sa innocente () punito con la reclusione da due a sei anni. Questo dato serve inoltre a escludere, per questo reato, la possibilit della rilevanza del dolo eventuale.

Tornando allesame dellart. 42 c.p., e soffermandosi sulla imputazione soggettiva delle contravvenzioni, si nota che la regola ribaltata: va bene una qualsiasi delle due forme dellelemento psicologico (art. 42 4^ c.p.: nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa). Anche in questo caso per vi sono delle eccezioni: Art. 661 c.p.: abuso della credulit popolare. Il reato in questo caso irriducibilmente doloso, e dunque non viene punito indifferentemente dallelemento psicologico (colpa o dolo).

REGOLE CHE DEFINISCONO I CONTENUTI DELL ELEMENTO PSICOLOGICO:


Art. 43 c.p.: elemento psicologico del reato. Il delitto doloso, o secondo lintenzione, quando levento da cui dipende lesistenza del reato (non un evento qualsiasi, ma levento costitutivo= fatto di reato in senso stretto per Fiorella) preveduto (rappresentato) dallagente e da lui voluto come conseguenza della propria azione od omissione. Il dolo come uno specchio nel quale si riflette lintero fatto di reato, in tutti i suoi elementi costitutivi materiali (c.d. principio della riflessione); e, in effetti, il dolo descritto dalla disposizione a partire dallevento materiale, perch partendo da questultimo che si accerta se lagente, al momento della commissione del reato, si rappresentava il fatto di reato in tutti i suoi elementi costitutivi (analisi ex ante, a gambero). Il dolo pu cos essere esaminato sotto un duplice aspetto, quello strutturale e quello delloggetto: il primo attiene allinsieme degli elementi costitutivi del fatto da cui dipende lesistenza del reato, cos come previsti dalla disposizione di legge; il secondo, invece, linsieme degli elementi costitutivi del fatto in quanto oggetto di

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rappresentazione e volont da parte del soggetto agente (e che il soggetto non si debba rappresentare solo levento, ma anche la condotta e il nesso causale, espressamente sancito dalla disposizione legislativa, che stabilisce che, per aversi dolo, levento () preveduto dallagente e da lui voluto come conseguenza della propria azione od omissione); Art. 640 c.p.: truffa. In questo caso loggetto del dolo lingiusto profitto e laltrui danno, insieme alla condotta che a questi causalmente correlata: lartificio o il raggiro. Di conseguenza, per poter rispondere di truffa lagente deve rappresentarsi levento dannoso e lingiusto profitto che derivano dalla sua condotta artificiosa o raggirante. Larticolo prevede per un nesso di causalit particolare, vincolato, per il reato di truffa: lerrore del soggetto passivo; ne consegue che anche lerrore di questo soggetto deve essere oggetto di rappresentazione dellagente; Art. 314 c.p.: peculato. Anche se questo sembrerebbe un reato di mera condotta, con un analisi pi attenta emerge che un evento costitutivo c: la sottrazione del denaro o di altra cosa mobile altrui (della p.a.); il colpevole potr essere in dolo solo se si rappresenta questo evento come conseguenza della sua condotta. Ma lart. 314 indica anche un altro elemento, che sembra non appartenere alloggetto del dolo: la ragione dellufficio o servizio. Questa costituisce sicuramente un presupposto del dolo, anchesso rientrante nella struttura del reato; ma possibile che un elemento costitutivo del reato non rientri nelloggetto del dolo? No, non possibile, perch del fatto di reato, oggetto di rappresentazione, devono far parte tutti i suoi elementi costitutivi materiali, cos come mette in luce lart. 47 c.p., che definisce il dolo in negativo (a differenza dellart. 43 che invece lo definisce in positivo): lart. 47 arricchisce loggetto del dolo, affermando che se lagente non si rappresenta il presupposto del reato, egli non punibile; Art. 47 c.p.: errore di fatto. Questa norma dispone che lerrore essenziale sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilit dellagente: lerronea rappresentazione del fatto materiale, in uno qualsiasi dei suoi elementi costitutivi esclude il dolo.

Lart. 43 c.p. definisce il dolo in positivo, annoverando tra gli elementi costitutivi delloggetto del dolo levento materiale cos come causato dalla condotta dellagente (=evento materiale, condotta, nesso di causalit); lart. 47 c.p., invece, arricchisce loggetto del dolo definendolo in negativo, annoverando tra i suoi elementi costitutivi anche tutti gli ulteriori elementi costitutivi del fatto materiale del reato. In definitiva, oggetto del dolo ognuno degli elementi essenziali in un certo fatto di reato (in senso lato). E degli elementi costitutivi del reato in senso lato fanno parte anche gli elementi costitutivi negativi, dati dalle scriminanti, sicch anche lerrore sulla presenza delle cause giustificative si traduce in errore sul fatto di reato: Art. 59, 4^ c.p.: circostanze non conosciute o erroneamente supposte. Lerrore sulle scriminanti esclude il dolo. Questa norma mette in luce come loggetto del dolo includa ognuno degli elementi materiali essenziali del fatto di reato in senso ampio, perch comprende anche le cause di giustificazione. Se lerrore scusabile, poi, oltre al dolo, esclusa anche la colpa; se invece lerrore colpevole, il reato cos commesso punibile a titolo di colpa quando previsto dalla legge come delitto colposo.

Dire che le scriminanti, in quanto elementi costitutivi negativi del fatto di reato, siano comprese nelloggetto del dolo, non significa tuttavia che il soggetto agente, per poter rispondere a titolo di dolo, debba rappresentarsi anche lassenza delle scriminanti: queste ultime, sono infatti rilevanti solo in quanto il soggetto le reputi erroneamente esistenti ex art. 59, 4^ c.p. (che poi unapplicazione dellart. 47 c.p.). Il problema che

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questa riflessione mette in luce, che porta a interrogarsi sulla natura delle scriminanti (elementi costitutivi del reato o circostanze attenuanti?) in realt un problema gnoseologico, un falso problema. Per quanto riguarda invece il profilo strutturale del dolo, torniamo a esaminare lart. 43: Art. 43, 1^ c.p.: gli elementi strutturali del dolo sono quattro: la rappresentazione e la previsione (che coinvolgono il piano cognitivo), lintenzione e la volont (che riguardano invece il piano volitivo). Volont e rappresentazione si rapportano tra loro cos come mostra il raffronto tra teoria della volont e teoria della rappresentazione; queste teorie consentono anche di cogliere il significato di volont. Secondo la teoria della volont, la volont si riferisce allevento; secondo la teoria della rappresentazione, invece, oggetto della volont non pu essere levento, ma deve essere la condotta. In realt, parlare di volont strettamente intesa (non come sinonimo di un mero atteggiamento emotivo genericamente considerato) non pu che significare riferirsi ad un atto di impulso che il soggetto imprime al proprio comportamento: la volont si riferisce cos alla sola condotta, non pu riferirsi allevento. La legge parla per di volont dellevento, e la legge si pu solo interpretare, non correggere, sicch, tale articolo, va letto come se parlasse non di evento preveduto e voluto, ma di evento preveduto come frutto di una condotta voluta. Lintenzione, invece, la ragione essenziale della condotta, la sua finalit; essa, a differenza della volont, pu riguardare anche levento. La previsione, infine, la rappresentazione di ci che accadr; anche se sostanzialmente hanno la stessa natura, bisogna distinguere anche tra rappresentazione e previsione: il primo termine generale (si riferisce ad ogni elemento, presente e futuro, del fatto di reato), mentre il secondo ha per oggetto solo un fatto futuro (levento, il fatto in senso stretto), ed una specificazione della rappresentazione. A seconda della struttura, si distinguono tre diverse forme di dolo: intenzionale (che per Ramacci diretto di primo grado), diretto (che per Ramacci diretto di secondo grado), eventuale; questa circostanza induce a interpretare lart. 43 c.p., quando parla di delitto doloso, o secondo lintenzione non in maniera letterale, perch il dolo, pur essendo tendenzialmente aderente allintenzione, pu anche non essere propriamente intenzionale. Si ha dolo intenzionale nelle sole ipotesi in cui le norme incriminatrici speciali evidenziano il dato intenzionale, del fine; si ha dolo diretto quando il soggetto vuole la condotta e prevede certamente la verificazione dellevento materiale come sua conseguenza; si ha dolo eventuale quando il soggetto vuole la condotta e prevede come sua conseguenza incerta levento dannoso o pericoloso (il soggetto in ogni caso si assume il rischio della sua verificazione, lo accetta, lo prevede concretamente).

Come si fa a capire quale tipo di dolo venga richiesto per ogni reato? Art. 575 c.p.: omicidio. Limputazione psicologica tipica di questo articolo sia il dolo diretto, sia il dolo eventuale, sia il dolo intenzionale: qualsiasi forma di dolo compatibile con questa previsione di reato, perch non specificato dalla legge quale dolo, nello specifico, debba rilevare; Art. 323 c.p.: abuso di ufficio. In questo caso, la norma prevede espressamente che il dolo debba essere intenzionale, e, di conseguenza, il titolo dellimputazione non pu essere n il dolo diretto, n il dolo eventuale; Art. 368 c.p.: calunnia. Questa norma, attraverso il sa, esclude il dolo eventuale, perch implica incertezza; Art. 323 c.p.: abuso di ufficio. Anche in questo caso larticolo sottolinea

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lintenzione, sicch il dolo richiesto quello intenzionale. In definitiva, se la formula di legge non dice nulla, sono ammessi sia il dolo diretto, sia quello intenzionale, sia quello eventuale; se la norma prevede un dato strutturale ulteriore, essa esclude una delle forme del dolo. E difatti, il titolo dell
imputazione psicologica viene definito solo nella parte generale, dagli artt. 42 e 43 c.p.; nella parte speciale si pu solo eccezionalmente trovarne specificazioni (quando la previsione descrive un elemento irriducibilmente psicologico), perch essa descrive solo lelemento materiale del fatto di reato.

Il dolo pu poi essere generico o specifico; questultimo un particolare tipo di dolo intenzionale, in quanto la sua struttura si basa sullintenzione. Per definire il dolo specifico, rispetto al dolo intenzionale, va precisata ancora una volta la differenza tra elemento oggettivo ed elemento soggettivo. Dal punto di vista dellatteggiamento soggettivo dellindividuo nei confronti dellevento, il dolo specifico non si distingue dal dolo intenzionale, perch intenzione sinonimo di fine; dal punto di vista dellelemento oggettivo, invece, tra i due tipi di dolo c una sfasatura: nel dolo specifico lelemento materiale si dispiega in modo minore dellelemento psicologico. Art. 624 c.p.: furto. In questo caso levento lo spossessamento, la condotta che lha causato limpossessamento, mentre il profitto il fine del soggetto agente, lintenzione. Tutti questi elementi devono essere rappresentati dal soggetto agente, in quanto costituenti loggetto del dolo; il profitto , in particolare, essenziale, ma rilevante non come elemento materiale, bens come fine, come obiettivo, non essendo necessario il suo effettivo verificarsi. Emerge cos la differenza tra dolo intenzionale e dolo specifico: in questultimo caso loggetto un elemento costitutivo materiale, mentre nel dolo specifico (parte del)loggetto attiene allelemento soggettivo dellagente; Art. 323 c.p.: abuso di ufficio. Gli elementi materiali essenziali sono dati dalla consapevolezza della qualifica, dallo svolgimento delle funzioni, dalla violazione di norme, dal profitto. Il dolo previsto da questa norma sicuramente dolo intenzionale, perch si parla espressamente di intenzione, ma anche dolo specifico? No, perch non c una sfasatura tra elemento soggettivo ed elemento oggettivo, in quanto loggetto del dolo non va al di l degli elementi materiali essenziali; Art. 648 c.p.: ricettazione. In questo caso il dolo sicuramente intenzionale, perch si parla di fine; esso in realt anche specifico, perch la sfasatura c: il momento consumativo del reato, e dunque il perfezionarsi dellelemento materiale, prescinde dalleffettivo verificarsi del profitto, che tuttavia fa parte delloggetto del dolo.

Il dolo e la colpa sono le uniche forme di elemento psicologico compatibili con il nostro ordinamento, nel quale vigono i principi costituzionali della personalit del diritto e del principio di colpevolezza, ex art. 27 Cost., che a loro volta si basano sulla dominabilit del fatto. La base della dominabilit sta nella rappresentabilit; se poi, oltre alla rappresentabilit si ha la rappresentazione, il fatto viene punito in maniera pi afflittiva (dolo). La colpa vede il suo elemento strutturale proprio nella rappresentabilit, cio nella possibilit di rappresentarsi o di prevedere: quando si ha un fatto colposo tutti gli elementi materiali devono riflettersi non nella rappresentazione

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(previsione) ma nella rappresentabilit. Lubi consistam della colpa sta nel mancato dominio del dominabile; la rappresentabilit il criterio di accertamento, che permette di capire se, in concreto, il fatto fosse dominabile o meno. Della rappresentabilit si pu avere una nozione oggettiva o soggettiva; questo passaggio talmente importante che segna la differenza che corre tra il nesso di causalit e la colpa. Per quanto riguarda il nesso di causalit, esso viene accertato stabilendo, in primo luogo, quali siano le condictio sine qua non dellevento (ex art. 40 c.p.); successivamente, in vari modi, il campo delle cause giuridiche viene ulteriormente ristretto, scegliendo solo alcune delle condictio sine qua non previamente individuate. Uno di questi modi individuato dalla norma seguente: Art. 41, 2^ c.p.: concorso di cause. Questo articolo propone unanalisi multifattoriale dellevento, il quale determinato da cause interdipendenti. Il secondo comma, in particolare, mette in luce come una condotta che condicio sine qua non dellevento possa non rilevare come causa giuridica. Questo avviene, in particolare, quando una concausa sopravvenuta di per s, da sola, sufficiente a determinare levento materiale. Bisogna tuttavia chiarire che la formula utilizzata
dalla norma, quando parla di causa da sola sufficiente a determinare levento non da interpretare letteralmente, poich ci si sta riferendo pur sempre a concause, tra loro dipendenti, che sono tutte condictio sine qua non (altrimenti non si porrebbe il problema delle concause ex art. 40 c.p.), sicch nessuna di esse pu essere realmente sufficiente da s, senza le altre, a determinare levento; essa vuole, piuttosto, enfatizzare la forza della concausa sopravvenuta rispetto alla precedente nella determinazione dellevento. La

preponderanza della causa sopravvenuta, di per s sufficiente a determinare levento, rompe la logica dellequivalenza delle condictio sine qua non, proponendo una gerarchia giuridica delle cause dellevento. Ma quand, in concreto, che una causa sopravvenuta preponderante? La giurisprudenza ha teso, con il tempo, a individuare questo tipo di causa nel fattore eccezionale (nellesempio fatto a lezione,
leccezionalit della concausa sopravvenuta sta nella dolosa negligenza delloperaio, che utilizza lascensore nonostante le assi poste dal datore di lavoro per impedirne lutilizzo), e

il fattore eccezionale quello oggettivamente (o assolutamente) imprevedibile, attraverso una valutazione che prescinde da un singolo soggetto, generalizzante (basata sulluomo medio). La rappresentabilit oggettiva emerge cos essere laccertamento generalizzato che consente di individuare la presenza o meno del nesso di causalit, dal punto di vista giuridico; la rappresentabilit soggettiva, invece, laccertamento individualizzato (rispetto al singolo soggetto) e concretizzato (rispetto al contesto particolare), che consente di individuare la presenza della colpa. Limportanza della distinzione tra i due tipi di rappresentabilit evidente anche a livello processuale: Art. 530 c.p.p.: sentenza di assoluzione. Se il fatto non sussiste, se limputato non lo ha commesso, se il fatto non costituisce reato o non previsto dalla legge come reato, ovvero il reato stato commesso da persona non imputabile o non punibile per unaltra ragione, il giudice pronuncia la sentenza di assoluzione indicandone la causa nel dispositivo. Quando limputato viene assolto perch limputato non lo ha commesso, viene rilevata lassenza della prevedibilit

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oggettiva,e dunque lesclusione del nesso di causalit; nel caso in cui il soggetto viene assolto perch il fatto non costituisce reato, invece, viene esclusa solamente la rappresentabilit soggettiva, e dunque la colpa, ma visto che il fatto previsto dalla legge come reato, permane la responsabilit civile del soggetto, ai senso dellart. 2059 c.c., il quale prescinde dallelemento psicologico del reato; Artt. 197 e 198 c.p.: esempi di quanto ora detto.

La struttura della colpa dunque basata sulla rappresentabilit soggettiva; il suo contenuto, invece, definito dallart. 43 c.p.: Art. 43, 2^ c.p.: il delitto colposo, o contro lintenzione, quando levento, anche se preveduto (se c la previsione dellevento la colpa incosciente, ma questa pu anche essere incosciente), non voluto dallagente e si verifica a causa di negligenza (inazione) o imprudenza (azione) o imperizia (violazione di regole tecniche), ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. Larticolo, a dire il vero, non nomina la prevedibilit (rappresentabilit) finora menzionata, ma a livello interpretativo essa sicuramente presente nella norma, perch la prevedibilit il criterio di accertamento della imprudenza e della negligenza. Si soliti distinguere tra colpa generica e colpa specifica: la prima riguarda linosservanza delle prime regole di cautela menzionate nellarticolo, quelle date dalla prudenza, dalla perizia (ecc.), che non costituiscono violazioni di norme particolari; la colpa specifica, invece, riguarda la violazione di una norma precisa. Il rispetto della regola, oggettivamente considerato, fa parte dellelemento oggettivo esteriore; la previsione fa invece parte dellelemento psicologico dellagente. Di recente, le Sezioni unite della Cassazione hanno riconosciuto il principio per il quale la violazione della mera regola cautelare, di per s, non costituisce colpa, perch il giudice deve valutare la prevedibilit dellevento, sicch, anche nel caso di colpa per inosservanza, il criterio di accertamento della colpa quello della prevedibilit. La prevedibilit, in definitiva, oggi il criterio generale di accertamento della colpa, valido sia per la colpa generica, sia per la colpa specifica. Anche la colpa con previsione rientra in questo
ragionamento, nonostante alcune critiche (per la definizione di colpa cosciente vedi prossimo paragrafo): essa, infatti, la previsione solo astratta dellevento, sicch la prevedibilit (e non la previsione) soccorre anche in questo caso, per stabilire se lastrattezza della previsione fosse legittima, data la non prevedibilit concreta dellevento, oppure no.

La colpa pu poi essere cosciente o incosciente, a seconda che levento consumativo del reato sia preveduto o meno dallagente; a differenza del dolo, in questo caso la prevedibilit soltanto astratta, nel senso che il soggetto traduce la rappresentabilit in rappresentazione, come nel dolo, ma la rappresentazione non concreta, perch non implica laccettazione dellevento dannoso, che si vuole comunque evitare (e non un caso che la colpa per la verificazione dellevento preveduto non punito a titolo di dolo, ma pur sempre a titolo di colpa, sia pur aggravata. Si ragione come se la previsione fosse cancellata). Un ulteriore distinzione, fra colpa propria e colpa impropria; Art. 59, 4^ c.p.: se lagente ritiene per errore che esistano circostanze che escludono la pena, queste sono sempre valutate a favore di lui. Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa (impropria), la punibilit non esclusa, quando il fatto preveduto dalla legge come delitto colposo. Il problema si pone perch in realt, come

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sostengono in molti, il soggetto commette il fatto con dolo, non con colpa; questultima viene utilizzata solo come elemento semplificante, per punire il soggetto in maniera meno afflittiva. Ma ci che non si tiene in considerazione, che il dolo, per essere tale, deve presentare tutti gli elementi essenziali del suo oggetto, e in questo caso cos non , perch il soggetto ha commesso un errore sullesistenza della causa giustificativa, e questo, ai sensi del disposto combinato degli artt. 47 e 59 c.p., determina un errore essenziale sul fatto di reato: non trattandosi di dolo, si pu parlare solamente di colpa. Anche la colpa impropria (e dunque la punibilit, almeno a
titolo di colpa, del delitto posto in essere con errore sulla scriminante che sia punibile a titolo colposo) viene accertata con il criterio della prevedibilit: se non era prevedibile

lassenza della scriminante, lerrore scusabile; se lassenza della scriminante era invece prevedibile, lerrore (impropriamente) colposo; Art. 82 c.p.: offesa a persona diversa da quella alla quale loffesa era diretta. Quando, per errore nelluso dei mezzi di esecuzione del reato (errore inabilit) o per unaltra causa, cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale loffesa era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno alla persona che voleva offendere (). Questo fenomeno viene detto aberratio ictus (un soggetto colpisce un corpo diverso), e si distingue da quello di cui allart. 60 c.p., che invece contempla un errore circa lidentit del soggetto, ma il corpo fisico rimane lo stesso. Qual lelemento psicologico di questa fattispecie? Lerrore, in questo caso, non riguarda la sfera rappresentativa, ma la sola esecuzione; eppure il cambio del soggetto passivo (generalmente, e cos in questo caso) modifica il fatto di reato, sicch lerrore che ricada su questo corpo esclude il dolo. In definitiva, in questa ipotesi, si dovrebbe configurare un delitto colposo nei confronti della persona offesa, e un delitto tentato nei confronti della persona che lagente intendeva offendere (i reati sono due perch due sono i soggetti passivi: il punto di partenza sempre il bene tutelato, e cos confermato dalla giurisprudenza tedesca. Purtroppo (come sottolinea il prof., che tanto si battuto a proposito), in Italia questa fattispecie viene punita con il dolo dellagente, o meglio, come se si trattasse di dolo; Art. 60 c.p.: errore sulla persona delloffeso. Lidentit, in linea di principio, irrilevante per lordinamento, sicch in questo caso lerrore non tale (essenziale) da escludere il dolo; Art. 83 c.p.: evento diverso da quello voluto dallagente. In questo caso, viene lasciata sopravvivere la colpa, sempre che il reato sia punibile dalla legge come delitto colposo.

La figura della colpa cosciente si avvicina a quella del dolo eventuale. Tali figure segnano il confine tra dolo e colpa; il passaggio comune che il soggetto si rappresenta la possibilit della verificazione dellevento materiale, solo che questa rappresentazione diverge tra le due figure, perch in un caso concreta, mentre nel secondo caso la previsione soltanto astratta: nel dolo si ha la previsione e laccettazione dellevento materiale, mentre nella colpa si ha la previsione ma non laccettazione. Possiamo cos formulare una scaletta degli stati soggettivi, dal pi grave al meno grave: dolo intenzionale (volizione della condotta, previsione e intenzione dellevento); dolo diretto (volont della condotta e previsione concreta certa dellevento); dolo eventuale (volont della condotta e previsione concreta incerta dellevento); colpa cosciente

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(volont della condotta e previsione astratta dellevento); colpa incosciente (volont della condotta, nessuna previsione dellevento).

IL CONCORSO DI PERSONE:
Il reato plurisoggettivo si ha quando levento si realizza per lintervento di pi condotte interdipendenti, le quali convergono determinando un flusso degli eventi che conduce ad un risultato, il reato. Anche per il reato plurisoggettivo valgono le regole dellimputazione del reato monosoggettivo, le quali sono volte ad accertare dapprima il nesso di causalit, e poi lelemento psicologico del soggetto agente. Per quanto riguarda limputazione causale, nel reato monosoggettivo la base dellimputazione il nesso causale, cos come per il reato plurisoggettivo; in questo caso, per, c un particolarit, e, nel dettaglio, un accertamento rispetto ad alcune delle condotte concorsuali: Art. 110 c.p.: pena per coloro che concorrono nel reato. Quando pi persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita (): nessuna delle condotte che convergono di per s esclude la responsabilit delle altre condotte. Il principio quello dello schema causale, indicato dallultimo comma dellart. 41 c.p., ma lo schema del concorso particolarmente delicato perch pone il problema del contrasto con lart. 27 Cost. (personalit del diritto), che viene superata se lordinamento organizza la disciplina in modo da isolare e disciplinare le responsabilit di ciascuno pur nellambito della convergenza delle diverse condotte (cos come avviene nel nostro sistema grazie alle norme che seguono lart. 110): lo schema causale quello che rischia, pi di altri, di far sembrare tutto uguale, indifferenziato, quando in realt cos non . Si deve poi porre lattenzione sulla modalit di accertamento del concorso: la formula dellart.110 viene interpretata non nel senso che tutte le condotte debbano costituire contributi essenziali, sicch si deve distinguere tra rapporto di causalit e rapporto di concorsualit. Emerge cos il pi grande dei problemi del concorso di persone, che anche la grande particolarit dellaccertamento dellimputazione causale del concorso di persone: la non precisa definibilit del contributo rilevante, che, non dovendo necessariamente essere essenziale, non pu essere individuato con lo schema della condictio sine qua non. Questa materia lasciata alla pi assoluta, e intollerabile, opinabilit, perch criteri attuali, per la risoluzione del problema, non ci sono.

Per quanto riguarda il nesso dellimputazione psicologica, si pone il problema della c.d. comunicabilit delle circostanze: la causa che esclude il reato per uno dei concorrenti giova a tutti? Art. 118 c.p.: valutazione delle circostanze aggravanti e attenuanti. Questa norma si riferisce alle sole circostanze soggettive, e limita la loro valutazione al soggetto cui si riferiscono; Art. 119 c.p.: valutazione delle circostanze che escludono la pena. Le circostanze soggettive le quali escludono la pena per taluno di coloro che sono concorsi nel

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reato hanno effetto soltanto nei confronti della persona a cui si riferiscono. Le circostanze oggettive che escludono la pena hanno effetto per tutti coloro che sono concorsi nel reato. La base dello schema quella del reato monosoggettivo. La regola fondamentale che non si tratta di un giudizio sommario, perch lattribuzione della responsabilit passa sempre per laccertamento di entrambi i tipi di imputazione, causale e psicologica, per ognuno dei concorrenti nel reato. Art. 116 c.p.: reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti. Questo schema ricorda quello dellaberratio ex art. 82 c.p. . Per i principi di personalit e di colpevolezza, bisogna distinguere tra i diversi concorrenti sia per quanto riguarda il nesso di causalit delle condotte, sia nellaccertamento dellelemento psicologico; eppure la norma sembra incentrare la sua formula soltanto sul nesso di causalit. Se questa formula ben si confaceva allimpianto originario del Codice Rocco, il quale prevedeva la responsabilit oggettiva (la norma costituiva proprio lapplicazione diretta di quel posto altrimenti a carico dellagente che si trova nellart.42 c.p.), oggi essa risulterebbe incostituzionale: proprio per evitare questa conclusione, oggi, nella pratica delle Corti, si usa il correttivo dellaccertamento anche del coefficiente psicologico proprio della colpa; va rilevato, tuttavia, che questa pratica comporta solo lattenuazione del problema, non la sua risoluzione, perch determina linspiegabile anomalia di punire per colpa un delitto previsto dalla legge solo come doloso. Chiarito il contesto originario della disposizione, che rappresentava lipotesi per eccellenza di responsabilit oggettiva, si spiega anche il motivo per cui il legislatore, in questo caso, passi nuovamente dal rapporto di concorsualit a quello di causalit.

CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE:
le cause di giustificazione, o scriminanti oggettive, escludono la illiceit di un fatto preveduto dalla legge come reato. Esse vengono disciplinate dagli artt.50-54 c.p., ma non solo, perch vi sono anche cause giustificative atipiche. Le scriminanti vengono generalmente introdotte dallespressione non punibile colui che ha commesso il fatto (), e questo mette in luce laspetto, delle cause di giustificazione, per cui esse escludono lapplicazione della pena; questo, tuttavia, pu essere fuorviante, perch la scriminante non esclude solo la pena, escludendo lesistenza stessa del reato, essendo questo formato dalla forma algebrica dei suoi elementi costitutivi positivi e dei suoi elementi costitutivi negativi (le scriminanti, appunto), che in quanto negativi devono mancare (approfondire sul Ramacci, in particolare con riguardo alla storia della struttura del reato, tra bipartizione e tripartizione dei suoi elementi). Nel loro operare, le cause di giustificazione rispondono al principio del bilanciamento tra i beni (quello concretamente offeso e quello salvaguardato): quando questo bilanciamento consente di stabilire che i due piatti sono in equilibrio, cosa che tecnicamente avviene quando si realizza, in tutti i suoi elementi costitutivi, una causa giustificativa di cui agli artt.50-54 c.p., lordinamento ritiene che il fatto non debba essere punito, proprio per la prevalenza del diritto tutelato rispetto a quello offeso. Questo ragionamento risulta essere particolarmente chiaro nel caso della legittima difesa:

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Art. 52 c.p.: difesa legittima. Il fatto commesso da chi si difende, in s e per s considerato, costituisce un fatto corrispondente alla previsione legislativa che descrive il reato, e dunque risponde al giudizio di tipicit per laccertamento del reato; ma reato non c, perch oltre al giudizio di tipicit interviene anche quello dellantigiuricit del fatto, che nel caso specifico impedisce al fatto di costituire reato proprio per il principio del bilanciamento tra i beni: il fatto di reato stato commesso in quanto il soggetto stato costretto dalla necessit di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di unoffesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata alloffesa; Art. 50 c.p.: consenso dellavente diritto. Questa scriminante sembra non presentare un bilanciamento di interessi, non essendo pienamente percepibile linteresse dellavente diritto. In realt non cos; anzi, per lassistente pelato, questa norma rappresenta forse laspetto pi calzante per evidenziare il bilanciamento tra i beni, in quanto lo stesso articolo a evidenziare il diritto di colui che presta il consenso; Art. 59 c.p.: circostanze non conosciute o erroneamente supposte. Per quanto riguarda lultimo comma, vedi quanto gi detto in proposito delloggetto del dolo e della colpa impropria. Il primo comma, della norma, mette poi in luce un elemento importante: le circostanze scriminanti hanno unefficacia oggettiva, per cui esse operano a prescindere dal convincimento, a riguardo, del soggetto agente. Da qui lefficacia bivalente delle scriminanti, che operano se non conosciute, ma anche se erroneamente rappresentate.

LEZIONI INTEGRATIVE del 06/05/2011 e del 07/05/2011:


Anche se spesso sottovalutata, la teoria dellinterpretazione straordinariamente importante. Nellambito dellinterpretazione, lelemento letterale consiste nellanalisi delle parole; mentre lelemento sistematico sta nel considerare il rapporto che corre tra diverse disposizioni di legge. Art. 307 c.p.: assistenza ai partecipi di cospirazione o di banda armata. Questa norma fa parte della parte speciale del codice, eppure il suo ultimo comma rappresenta una norma generale per lordinamento, perch definisce la nozione di prossimi congiunti: in questo caso, linterpretazione sistematica agisce in materia risolutiva; Art. 384 c.p.: casi di non punibilit. In questo caso la norma si riferisce al prossimo congiunto, definito dallart. 307 c.p., mettendo in luce la rilevanza di questultima norma; Art. 357 c.p.: nozione del pubblico ufficiale. Anche qui troviamo una definizione, come nellart. 307 c.p.; in questo caso il legislatore che espande lefficacia della norma a tutto il sistema, in maniera espressa, confermando ancora una volta limportanza dellelemento sistematico.

Il diritto impone un estremo rigore logico, proprio perch la materia elastica: esso rappresenta la matematica del concetto elastico; proprio per questo motivo, fare i giuristi estremamente complesso, e richiede una grande abilit interpretativa, oltre

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che, ovviamente, la completa padronanza degli strumenti normativi. Il diritto inglese estremamente completo, cos come quello romano; entrambi sono potenze commerciali, e come tali hanno adeguato la forza aurea del dato letterale alla concreta e mutevole realt della vita: questo un modo diverso di approcciarsi, che si riflette in tutto il mondo giuridico. In Italia, invece, si ha una matrice culturale differente, per cui , ad esempio, la logica che vive nei processi quella dellintimo convincimento, dellillazione; questo non risulta pi essere sopportabile, perch la regola, e i giudizi, necessitano di trovare legittimazione nel consenso popolare, e dunque devono fondarsi sulla realt.

LA PENA:
Il giudice deve, nello stabilire la pena, effettuare due valutazioni: la prima avviene con riferimento ai parametri di cui allart.133 c.p. (circostanze improprie), nellambito dei limiti edittali stabiliti dalle norme di parte speciale; la seconda avviene sulla base delle circostanze proprie, che hanno la funzione di adattare la pena stabilita attraverso la prima valutazione (pena base) al reale disvalore del reato commesso, attraverso successive variazioni quantitative o qualitative (circostanze autonome) della stessa. Art. 132 c.p.: potere discrezionale del giudice nellapplicazione della pena. La norma fissa tre momenti fondamentali di tale potere: il primo costituito dai limiti edittali, il secondo dalla discrezionalit, e il terzo dalla motivazione. Purtroppo, nel nostro sistema, si da poca rilevanza alla motivazione, la quale, tuttavia, costituisce lunica vera garanzia per il controllo della valutazione giudiziale. Si sente dire con grande frequenza che il potere del giudice discrezionale, ma questa una grande stupidaggine: ci pu essere un margine di valutazione pi o meno ampio, ma il giudizio non pu essere discrezionale; vi profonda differenza tra discrezionalit e valutazione dellelemento elastico: la prima non ammissibile rispetto alla valutazione della fattispecie, mentre lo nei confronti della pena, per la quale non vi una fattispecie, ma solo parametri; Art. 133 c.p.: gravit del reato: valutazione agli effetti della pena. Questo articolo fornisce soltanto dei parametri, non fissa il modo nel quale debba avvenire la valutazione. Il profilo della capacit a delinquere quello che pi crea, nel nostro sistema, divaricazione di idee: quando lart 133 fa riferimento alla capacit a delinquere, fa riferimento alla capacit a delinquere che indica la pericolosit sociale? Lespressione capacit a delinquere sembra riferirsi a una valutazione prognostica; in realt, essa si riferisce a una prognosi ipostatizzata nel passato: il giudice deve considerare questo parametro in quanto situazione contestuale alla commissione del reato.

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LEZIONI INTEGRATIVE 1) La funzione del bene giuridico.


Cos il bene giuridico? Nella visione di Antolisei, esso corrisponde alla generica ratio della norma (concezione teleologica, riferita allo scopo in senso ampio); ma il bene giuridico, come emerge ricordando la sua storia, ha un valore importantissimo. Esso nasce come nozione raffinata, almeno in questo suo autonomo significato, nel 1830, ad opera del tedesco Birnbaum. Questi si pone il problema di tenere ben collegata la norma alla realt, e lo fa proprio attraverso il concetto di bene giuridico, utilizzandolo come entit per misurare il danno o il pericolo; la norma diviene, cos, da precetto senza contenuto, a precetto contenente unoffesa rilevante: il bene giuridico diviene un criterio di interpretazione, esterno rispetto alla norma, che individua la sua struttura sostanziale, cosa disvalore per la disposizione. Per il professore, la definizione attualmente pi corretta di bene giuridico, quella per cui esso non costituisce la ratio della norma, ma lentit socioeconomica la cui tutela giustifica la produzione della norma, e dunque lesistenza stessa del diritto penale: si tratta di uninterpretazione critico-fattuale; se non si adotta questa visione, si finisce per tradire la funzione stessa del diritto penale, cos come esso stato costruito dallIlluminismo in poi.

Art. 573 c.p.: sottrazione consensuale di minorenni. Se non si ha chiaro cosa lordinamento vuole proteggere, e dunque quale sia il bene, questo ha unimportanza non solo concettuale, ma soprattutto pratica, a livello applicativo, e questa norma ne un esempio. La vecchia giurisprudenza, reputava questo precetto a tutela delle scelte sessuali del minore, il quale era inserito in una famiglia patriarcale; ora, alla luce della Costituzione, evidente che la famiglia solo il luogo in cui si svolge la personalit dei singoli familiari, e, conseguentemente, i beni tutelati non sono in s della famiglia, essendo piuttosto i beni propri dei singoli componenti della famiglia. In definitiva, oggi non si guarda al genitore, ma al minore, che ha il diritto di autodeterminarsi liberamente (anche nellambito sessuale, dai sedici anni): la sottrazione rilevante, quella che ha una portata lesiva rispetto al bene della personalit del minore.

Occorre poi distinguere tra beni strumentali e beni finali, e tra beni specifici e beni di sfondo: Art. 317 c.p.: concussione. In questa norma emergono due beni giuridici, luno prodromico rispetto allaltro: la libert personale e il patrimonio. Questo reato plurioffensivo in senso stretto, perch due sono i beni finali lesi: il patrimonio e la libert personale; semmai, rilevando lesistenza di un terzo bene strumentale, si pu rilevare anche una plurioffensivit in senso lato. Come vediamo, la distinzione tra beni strumentali e beni finali rilevante, perch solo rispetto ai beni finali si pone il problema della plurioffensivit; Art. 499 c.p.: distruzione di materie prime o di prodotti agricoli o industriali, ovvero di mezzi di produzione. Questa norma mette in luce lulteriore distinzione tra bene specifico tutelato dalla norme, e bene di sfondo: il bene

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specifico, il patrimonio, mentre il bene di sfondo leconomia nazionale; oggetto di accertamento solamente il bene specifico, non il secondo, che rappresenta un punto di riferimento solo eventuale. Che lunica lesione accertata sia quella contro il patrimonio, e dunque che il bene specifico sia questultimo, e non leconomia pubblica, rilevabile rispetto a tutte le norme che disciplinano i delitti contro leconomia pubblica.

2) Lart.384 c.p. disciplina una causa giustificativa?


Per individuare le ulteriori ipotesi di cause di giustificazione, una base fondamentale il criterio di bilanciamento, per questo non costituisce lunico criterio: Art. 384 c.p.: casi di non punibilit. Questa norma non prevede una causa di giustificazione, nonostante vi sia un giudizio di bilanciamento che porta alla non punibilit, perch il fatto che non viene punito non viene considerato ob origine lecito: un reato esiste. Questo articolo rappresenta una delle poche ipotesi di inesigibilit dellordinamento; a causa della sua indeterminatezza, questa formula rischia di sfibrare lapplicazione del diritto, ed per questo che si dice che linesigibilit non si possa accettare come clausola generale. Questo articolo introduce un ulteriore elemento della colpevolezza, in senso normativo (perch in senso stretto la colpevolezza data solo dal dolo e dalla colpa), limitatamente ai casi da questo articolo indicati.

3) Il problema del delitto tentato, con particolare riferimento a reati dalla condotta omissiva.
Quando si parla di reato consumato, ci si riferisce a una figura che si sia perfezionata in tutti i suoi elementi costitutivi, con particolare riguardo allevento (consumativo, appunto). Art. 629 c.p.: estorsione. In questo caso, come nella truffa, ci sono due eventi consumativi: il profitto e il danno. I due eventi corrispondono a diversi tipi di valutazione: il primo, il profitto, legato a una valutazione economica, il secondo a una valutazione giuridica; Art.56 c.p.: delitto tentato. Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se lazione non si compie o levento non si verifica. Nel delitto tentato, manca levento consumativo, e dunque manca il perfezionamento del reato; ma il delitto tentato, si ha anche quando la condotta, pur essendo stata iniziata, non si conclude; Art. 422 c.p: strage. Chiunque (), al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumit punito, se dal fatto deriva la morte di pi persone, con lergastolo. Se cagionata la morte di una sola persona, si applica lergastolo. In ogni altro caso si applica la reclusione non inferiore a quindici anni. La norma, riferendosi a ogni altro caso, prevede la possibilit di punire il semplice pericolo di strage, anticipando la tutela del bene protetto rispetto alla

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verificazione dellevento dannoso. Questo fa s che lultimo comma della norma non costituisca un tentativo di strage, affinch si possa parlare del quale il fatto commesso non deve costituire un reato in s perfetto, consumato, come invece avviene nel caso in questione. Se il tentativo di delitto dovesse essere applicabile alla norma in questione, si anticiperebbe ulteriormente la tutela del bene, punendo il tentativo di pericolo; ma ha senso una tutela tanto anticipata? Ha senso parlare di tentativo per i delitti di semplice pericolo, visto e considerato che questo implicherebbe punire il pericolo del pericolo? Teoricamente, questo possibile, e la soluzione va accertata caso per caso; va sottolineato, per, che qualsiasi soluzione, pur convalidata formalmente, deve essere verificata alla luce delloffesa che si determini in concreto: lapplicazione dellart. 56 non deve far dimenticare che il pericolo che viene sanzionato pu essere soltanto il pericolo concreto, che costituisce il limite dellanticipazione. Lanticipazione della tutela, seguendo questo criterio, pu proseguire anche oltre rispetto allipotesi del pericolo del pericolo, arrivando a configurare anche casi di tentativo indiretto (pericolo del pericolo del pericolo), se questo rappresenta un pericolo concreto. Da notare infine come, nei casi in cui il pericolo del pericolo costituisca un pericolo concreto, la figura del delitto tentato si perfezioni anche quando, della figura di reato corrispondente, non viene ad esistenza nemmeno la condotta. Il delitto tentato deve, come si messo in luce, corrispondere a un pericolo concreto; la concretezza del pericolo viene accertata con lausilio dellidoneit e dellunivocit, che sono i requisiti del tentato delitto. La relazione che sussiste tra idoneit e univocit simile a quella che corre tra tipicit e nesso di causalit. Esaminando dapprima lunivocit, richiamiamo la questione dellinizio dellattivit punibile, che rappresenta un rompicapo sempre presente nel diritto penale. Per risolvere questa problematica, ogni legislazione ha adottato una soluzione diversa: secondo il codice napoleonico, punibile solo latto esecutivo, non quello meramente preparatorio; il legislatore italiano, invece, non ha recepito questa distinzione, sostituendola con una formula pi elastica, quella, appunto, dellunivocit. Lunivocit nel tentativo deve essere intesa in senso soggettivo o oggettivo? Se questa si intende in maniera meramente soggettiva, essa solo prova dellintenzione; ma se lunivocit intesa in senso oggettivo, essa indica la progressione materiale della condotta, il suo accostamento allevento materiale, ed questa concezione di univocit che, evidentemente, deve preferirsi. Diversamente accade nella legislazione tedesca, dove rileva anche lunivocit soggettiva, nel caso in cui lintenzione stava per tradursi nellazione concreta, e questo viene accertato giudizialmente. Per quanto riguarda il delitto tentato omissivo, il problema pi complesso. Innanzitutto, ricordiamo che lomissione costituita dallinazione che contrasta con lobbligo di fare. Uno dei punti di principale rilievo per definire il problema tener conto che quando la legge impone di fare, impone in determinato lasso di tempo (c.d. modalit cronologica): in questo caso, non vi tentativo fino a che non scade il termine, e questo vale sia per la omissione propria, sia per quella impropria (anche se vi sia stata una conclamata volont di inadempimento delobbligo). Si detto per che rimarrebbe unipotesi residuale, nel caso in cui, nonostante il termine non sia spirato, il soggetto si trovi nella condizione di non poter pi adempiere il suo obbligo: secondo alcuni, questa sarebbe unipotesi di tentativo compatibile con la modalit cronologica (questa visione, tuttavia, non convince affatto il professore). Ramacci pone invece il problema nellottica

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del frazionamento della condotta omissiva: a prescindere dal frazionamento, se vi modalit cronologica, vale quanto finora detto; nel caso, invece, in cui un vero e proprio termine non vi sia (es. della madre che deve allattare il figlio), e dunque nel caso lordinamento non fissi il rischio, il problema differente. Per il professore, comunque, assolutamente errato distinguere drasticamente tra omissione propria e omissione impropria, perch questa differenziazione si posa su una definizione di omissione propria e impropria che il professore non condivide. La distinzione tra recesso e resistenza complessa a livello pratico. Utile a tal fine pu essere il criterio della dominabilit della condotta e della produzione causale: sulla base di questo parametro, si dice che ove dominio vi sia, si tratti di recesso, laddove, in caso contrario, si tratta di desistenza.

4) Come si riconoscono le condizioni obiettive di punibilit.


Art. 44 c.p.: condizione obiettiva di punibilit. Quando, per la punibilit del reato, la legge richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se levento, dal quale dipende il verificarsi della condizione, non da lui voluto. Anche per stabilire i casi in cui di questa fattispecie si tratti, pu essere daiuto il concetto di bene giuridico: levento dal quale dipende la condizione, infatti, estraneo al fatto costitutivo del reato (ed per questo che legittimo lo svincolamento della verificazione dellevento dal quale dipende la condizione, dalla colpevolezza), e in quanto tale, esso deve essere estraneo alloffesa costituita dal reato.

5) Il problema delleccesso colposo riferito alla scriminante del consenso.


Art. 55 c.p.: eccesso colposo. Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti (), si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto preveduto dalla legge come delitto colposo. Questa norma unapplicazione particolare dellart.59, ed stata redatta a fini esplicativi, con riguardo allunica ipotesi di eccesso, tra le varie possibili (doloso, colposo, incolpevole), che poteva determinare problemi interpretativi.

Il problema sorge per la mancata menzione, nellart. 55, dellart. 50, sul consenso dellavente diritto. La soluzione del Ramacci, per cui tale scelta del legislatore si deve interpretare in modo che riguardo al consenso lerrore sui suoi limiti si converte in errore sullesistenza del consenso stesso, perch in realt al di l del limite consentito manca totalmente il consenso, si pu parzialmente condividere, data lidentit di logica fra gli articoli anzidetti; leccesso non si distingue infatti dalla mancanza di causa giustificativa, essendone una speciale figura: esso il difetto della causa di giustificazione che consiste nella sproporzione, nella fuoriuscita dai limiti (per il prof. Fiorella unassurdit dire che la causa di giustificazione c fino a un certo punto,

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poich la scriminante o c o non c). Ma tale soluzione non convince del tutto, perch lart.59, cui Ramacci riconduce leccesso colposo del consenso, prende in considerazione solo lerrore di rappresentazione, e non lerrore inabilit, che pure pu determinare eccesso colposo, di cui invece lart.55 c.p. tiene conto.

6) Il perch del riferimento esplicito al rapporto di proporzione nellart.52, 2 comma c.p. .


Riforma dellart. 52 c.p.: legge Reale, 2006 (fatta dal prof. Fiorella, vedi progetto Nordio). La norma che fa della legittima difesa una causa giustificativa, originariamente, era formulata in modo che non rilevassero i particolari stati emotivi dellaggredito. Eppure, gli stati emotivi costituiscono talvolta un punto nodale, visto che possono generare un turbamento (che deriva dallaggressione, ricordiamolo) tale da non consentire allaggredito di controllare la difesa; in tal caso, secondo la vecchia disciplina, si veniva a determinare un eccesso per il quale il soggetto rispondeva a titolo di colpa. In linea con quanto gi preveduto in altri codici (vedi art.33 codice tedesco), la legge Reale volse a far rilevare, in alcune particolari ipotesi, lo stato emotivo dellaggredito, ampliando il rapporto di proporzione tra legittima difesa e aggressione. Pi precisamente, il rapporto di proporzione stato ampliato nei casi previsti dallart. 614, 1^ e 2^ (violazione di domicilio), per i quali sussiste il rapporto di proporzione () se taluno legittimamente presente nei luoghi ivi indicati usa unarma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o altrui incolumit, b) i beni propri o altrui, quando non vi desistenza e vi pericolo di aggressione; queste ipotesi, infatti, determinano facilmente un turbamento emotivo rilevante. Una delle critiche maggiori a questa norma, stata avanzata rispetto al riferimento al punto b), che riguarda i beni; a ben vedere per, anche il riferimento ai beni collegato al pericolo di aggressione.

7) Perch lanalogia in bonam partem non contraddice lart.14 delle preleggi.


Si ha qui un problema interpretativo: quando lart 14 dice che l analogia che non si applica per la legge penale, si tratta di stabilire se esso si estenda a tutte le norme penali, oppure solo alle norme incriminatrici (vedi quanto gi detto a proposito del principio di tassativit). Il discorso di Ramacci, che non ammette lanalogia in bonam partem, in particolare riferitamente alle scriminanti, di tipo tecnico-strutturale: lanalogia, per definizione, presuppone una lacuna legislativa, e una tal lacuna, nel caso delle cause giustificative, non c. In realt il problema dellanalogia va rapportato al caso concreto. Art. 12, 2^ preleggi: interpretazione della legge. Se una controversia non pu essere decisa con una precisa disposizione di legge, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe.

Ramacci utilizza, della disposizione ora ricordata, largumentum a contraris, ma questa la reale portata di questa norma? E evidente che ci sono sempre disposizioni

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analoghe o di materie simili, per cui, se fosse come afferma Ramacci, ogni volta in cui si ha un caso del genere dovrebbe scattare lanalogia. Si tratta qui di un problema interpretativo: come si fa a dire che scatti largomento a contrario? Non si ha una ragione o un torto in assoluto; il problema va deciso secondo una corretta interpretazione. Va poi rilevato, che nel nostro sistema, il principio che vale su tutti il principio della riaffermazione della libert individuale, mentre la sanzione costituisce lextrema ratio: evidente, che la norma incriminatrice ad essere refrattaria allespansione, mentre non lo assolutamente una norma che riafferma questo fondamentale principio. In definitiva, il senso del nostro ordinamento, che vede come principio generale la tutela del bene della libert personale, e come eccezione la pena, fa s che lanalogia in bonam partem corrisponda alla logica pi profonda dei principi costituzionali.

8) Bipartizione e tripartizione della struttura del reato.


Le diverse modalit di descrizione della struttura del reato, che pu cos risultare bipartita, secondo la teoria pi antica, o tripartita, non sono altro che schemi di pensiero che aiutano a completare la conoscenza del reato stesso; esse assumono rilevanza solo subordinatamente ai contenuti che ordinano, che sono primariamente importanti. Nessuno schema risulta essere migliore di un altro, perch ognuno di essi ha pregi e limiti, e nessuno di essi deve essere elevato a verit assoluta, essendo i concetti, per natura radicati nella contingenza storica, destinati a mutare: tali concettualizzazioni devono essere utilizzate come strumenti per la chiarificazione dei contenuti, alla quale sono funzionali, e di volta in volta si pu adottare quella pi idonea alla singola questione che si sta trattando. Ad esempio, lo schema della tripartizione, che sottolinea la
divaricazione tra zone descrittive e zone valutative (oggettive e soggettive), privilegia lelemento sostanziale rispetto a quello formale (preferito, invece dalla teoria bipartita), e per questo pi utile per comprendere il disposto combinato degli artt. 47 e 59, che, facendo rientrare (lerrore sul)le cause giustificative nelloggetto del dolo, si posa sulla visione delle scriminanti come elementi costitutivi negativi del fatto di reato.

9) La colpevolezza fra concezione formale e sostanziale.


La concezione di colpevolezza che il professore preferisce quella sostanziale. Solo questa visione, infatti, consente di distinguere il dolo e la colpa del non imputabile dai corrispondenti dellimputabile, che inevitabilmente sono cosa diversa, data lassenza, nel primo caso, della capacit di intendere e di volere: solo il dolo e la colpa dellimputabile possono reputarsi propriamente tali, in senso sostanziale; il dolo e la colpa del non imputabile, semmai, lo sono solo in senso formale. Conseguenza di questo ragionamento, che limputabilit cosa interna rispetto alla colpevolezza, e dunque interna alla struttura del reato.

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10) Lerrore ex art.47 riferito allelemento specializzante della fattispecie, con particolare riguardo allomicidio del consenziente.
Ramacci, a pag.343 e ss. del suo manuale, affronta una problematica importante (il prof. ci ha scritto un intero libro), quella dellerrore sul fatto di reato nel caso in cui esso vada a colpire lelemento specializzante della fattispecie, facendo particolare riferimento al consenso, nel caso dellomicidio del consenziente. Questo elemento, infatti, quello che distingue questo tipo di omicidio (art. 579 c.p.) da quello comune (art. 575 c.p.), e rappresenta un elemento costitutivo degradante della fattispecie. Il problema si pu porre in due diversi modi: 1) Il soggetto che commette il reato, che allesterno si configura come omicidio del consenziente, non a conoscenza del consenso. Pur essendo integrati tutti gli elementi essenziali materiali della fattispecie dellomicidio del consenziente, il reato non perfetto, perch il dolo del soggetto non corrisponde a quello richiesto per questo reato: il soggetto andr punito ex art. 575, anche se c il consenso delloffeso, oppure dovr esserlo ai sensi dellart.579, anche se loggetto del dolo non riflette tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, e nello specifico, quello di un altro reato?; 2) il soggetto che commette il reato, che allesterno si configura come omicidio comune, si rappresenta erroneamente il consenso della vittima. In questo caso, il soggetto agente va punito per omicidio del consenziente, nonostante manchi lelemento costitutivo specializzante la fattispecie, o deve essere punito per omicidio volontario, nonostante manchi lelemento soggettivo? E pacifico, in entrambi i casi, che il soggetto vada punito, nonostante nessuna delle due fattispecie sia integrata in tutti i suoi elementi costitutivi: i due illeciti, infatti, sono strutturalmente interdipendenti, e hanno un nucleo comune di tipicit che viene integrato nei suoi elementi essenziali, si tratta solo di stabilire per quale dei due reati il soggetto vada punito; si pu aggiungere, poi, la pacificit della non punibilit del soggetto a titolo di sola colpa, visto che in lui riscontrabile la vera e propria volont di uccidere. La soluzione proposta da Ramacci, nel primo e nellaltro caso, appare discutibile: per la prima ipotesi, egli sottolinea il rapporto di contenenza tra dolo dellomicidio comune e dolo dellomicidio del consenziente, e, conseguentemente, conclude che il soggetto debba essere punito per omicidio del consenziente; nel secondo caso, invece, non risolvibile attraverso questo rapporto tra i due tipi di dolo, egli suggerisce, come soluzione, uninterpretazione poco ortodossa del 2 comma dellart. 47, che sancisce che lerrore sul fatto che costituisce reato non esclude la punibilit per un reato diverso, anche se il reato diverso, in questo caso, non viene integrato in tutti i suoi elementi costitutivi. La questione va affrontata da unaltra prospettiva (che in realt pure Ramacci adotta, a pag. 345, senza per farne una chiave di lettura dellintero problema). Il reato dellomicidio del consenziente ha come suo elemento costitutivo positivo il consenso, sicch lomicidio comune si pu leggere come quellomicidio che sia privo del consenso, facendo di questultimo un vero e proprio elemento costitutivo negativo della fattispecie di cui all art. 575 c.p.: si ha omicidio comune allorquando non vi sia il consenso delloffeso. E seguendo questa logica, che il primo caso dovrebbe risolversi a favore dellomicidio del consenziente, specialmente se completiamo il ragionamento con

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la considerazione, forse ancor pi fondamentale, che tra due reati strutturalmente interdipendenti, nel dubbio, si punisce sempre quello meno grave (favor rei); questa ulteriore considerazione, ci consente di risolvere anche il secondo caso, cos come indicato anche da Ramacci, con la punibilit del reato, meno grave, dellomicidio del consenziente.

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