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Le minoranze e le etnie marginali

Concetto di minoranze, etnie sia locali che migranti Il concetto di minoranza rimanda inevitabilmente a quello di etnia, intendendo con tale termine un gruppo sociale, un insieme di persone che condividono una cultura, alcuni valori, attivit economico-produttive e soprattuto una storia comune, un comune senso dellidentit. Sovente le etnie danno luogo a organismi e apparati di tipo nazionale o si riconoscono come nazione. Per il sociologo contemporaneo Ulrico Bernardi le etnie sono prima di tutto un nucleo di valori fondanti, unida condivisa. Nel nostro paese vi sono molteplici etnie, lItalia stessa in s pu essere considerata un aggregato di etnie, tutte unite da uno stesso sentimento sovranazionale, da uno stato comune, ovvero da una comune idea di nazione. E un fatto daltra parte che il senso dello stato, inteso come nazione e come identit nazionale, non mai stato cos evidente nel nostro paese, a causa della polverizzazione in etnie culturalmente molto diverse tra di loro, segnate da eventi storici differenti, geograficamente e linguisticamente anche molto distanti, con interessi economico-produttivi non sempre coerente. Vengono tuttavia considerate etnie in senso stretto, tutte quelle isole e penisole culturali e identitarie che ci sono nel nostro paese, alcune di essere riconosciute e tutelate dallo statuto costituzionale (art.6). Gli sloveni in Friuli e i tirolesi in Alto Adige sono considerate penisole etniche in quanto confinanti direttamente con la nazione-madre. Isole etniche, perch completamente circondate dalletnia maggioritaria, sono considerate loccitano presente in Piemonte, il croatomolisano in Molise, lalbanese in Puglia, il sardo in Sardegna e via dicendo. Il fenomeno etnico pi evidente ai nostri tempi tuttavia quello dovuto alle migrazioni in Europa di etnie provenienti dal sud del mondo, dal continente africano, dai balcani e dallamerica latina. Qui possiamo parlare di etnie minoritarie vere e proprie che tentano o non tentano (alcune etnie, come quella cinese o albanese sono in Europa molto poco permeabili agli influssi culturali dellalterit), lintegrazione nel tessuto socio-culturale e produttivo del vecchio continente. LItalia stata negli ultimi venti anni, segnatamente dal dissolvimento dellimpero sovietico e dellex Jugoslavia, investita da flussi di migrazione moto consistenti, che hanno influito in modo evidente sulla struttura sociale ed economica del nostro paese. La convivenza tra letnia maggioritaria italiana e le varie etnie minoritarie non mai stata pacifica e non lo tuttora. Come fa notare il biologo e antroploogo Giovanni Monastra, non auspicabile (perch idilliaco) supporre uno stato di pacifica convivenze tra diverse etnie, da poter conseguire con le buone intenzioni. La tensione interetnica, spiega Monastra, il segno della vitalit di popoli e culture diverse che coabitando a stretto contatto, tentano ognuna di dare senso a se stessa, alla propria identit e ai propri riferimenti culturali, allo scopo non solo di non soccombere, bens anche e soprattutto di dare senso e significato allesistenza dei suoi membri. Tutti sappiamo come lopera sistematica e ideologicamente giustificata di distruzione dellidentit nazionale delle popolazioni native americane, al di l del folklore e dei tentativi di ricostruzione solo museale della loro cultura (per P.Ricoeur questa non lidentit ipse di un popolo, bens solo lidentit idem la riproduzione turistica della cultura di una data etnia), abbia generato una serie

impressionante di casi di depressione, sucidi e alcolismo tra i membri delle sue varie nazioni, un tempo fieri e liberi di vivere la loro appartenenza cultuale e le loro attivit economico-produttive su di un territorio fisico intatto e relativamente preservato dalla contaminazioni o dalle minacce esterne. Tornando al concetto di tensione interetnica, esiste tra le etnie una spinta propulsiva ad estendersi e migliorarsi, in un rapporto di reciproco scontro/incontro, come la teoria del campo di K. Lewin ha sempre suggerito di vedere e come confermato dalle teorie psicodinamiche dei gruppi. Se tale rapporti tensivo equilibrato allora diventa proficuo per tutti, quando invece sbilanciato, allora assistiamo a fenomeni e tentativi di assorbimento o esclusione che pi che creare fisiologiche tensioni creano conflitti, scontri, mancanza totale di comunicazione con irrigidimento e sclerotizzazione dello stereotipo e del pregiudizio sociale sempre del resto presente sullo sfondo dei rapporti interetnici. Il tema dellidentit culturale dunque centrale, come dimostra il citato caso degli indiani dAmerica. I riflessi sulla vita psicologica dei membri di una data etnia sono evidenti: conservare lidentit tramite la difesa del patrimonio dei propri valori, usanze e abitudini economico-produttive (dove preservare sta proprio in luogo di agire rendere attiva la cultura della propria etnia, riprodurla e riprodurre le relazioni significative nel nuovo luogo in cui si approdati a seguito della migrazione), vuol dire dare senso alla propria esistenza, dotarla di significati psicologici ed esistenziali profondi, senza i quali lidentit personale non pu costituirsi. E per questa ragione che le etnie a contatto sono restie a integrarsi e vedono lalterit non come unopportunit di conoscere il nuovo e di avere stimoli per il cambiamento, ma come una minaccia allidentit personale e del gruppo etnico. Lalterit diventa allora nellimmaginario del gruppo alterazione del proprio bagaglio culturale e di abitudini. Allidentit etnica, al particolarismo che crea sensazione di rifugio, corerenza e protezione, si sacrifica pertanto lallargamento delle possibilit di conoscenza. La contaminazione culturale che apre agli orizzonti e che produce nuove forme e nuove direzioni (si pensi alle contaminazioni culturali nel campo artistico, specie musicale!) possono invece esseri visti come fenomeni di omogeneizzazione, poltiglia culturale in cui il particolare, loriginale, lidentitario non sia pi riconoscibile. Vi sono etniche che vivono quello che viene definito un eccesso di identit, unassenza dellAltro dovuta allisolamento geografico che produce ripiegamento su stessi. Come ha scritto lantropologo C. Levi-Strauss, in queste circostanze la comunicazione unicamente con s, quasi narcisistica, mai con lAltro. Un esempio di ci per Levi-Strauss sicuramente la Svizzera. Ma anche lItalia ha le sue aree dove la comunicazione con lAltro scarsa e in generale la presenza del mare su 3 lati ha sempre storicamente impedito una costante e proficua comunicazione tra i popoli. Tuttavia come abbiamo visto la diversit culturaleetnica e la difesa della stessa non pu essere considerata come un difetto o un limite, quando in gioco vi lidentit e lequilibrio psicologico dei suoi membri. Ma allora come possibile mantenere una giusta via di mezzo, il gusto confine tra contaminazione e differenziazione? Per Bernardi, ordinario di sociologia a Venezia, in una prospettiva multiculturale una societ tede a reagire in modo elastico o rigido a seconda delle sua capacit

di comunicare con le sue spinte interne (fonti di innovazione interne possono essere considerate alcune nuove avanguardie professionali o elites politiche, le nuove intelligenze generazionali) o con quelle esterne (innovazioni internazionali, cambiamenti di scenari esterni che producono ripercussioni, migrazioni), senza sentirsi fatta a pezzi. Da questa dialettica interno/esterno possibile sia una soluzione endogena e autocentrata quindi che rimane fedele alla tradizione, oppure uno sviluppo esogeno, contaminato. Poich non tutti gli elementi di contaminazione hanno peso preponderante sullidentit collettiva (un conto consumare il kebab, un conto sposarsi con il rito musulmano), il contatto con lalterit, non mette mai a rischio lidentit comune se non va a incidere sui valori centrali della cultura delaltro gruppo. Le etnie possono contaminarsi, ma paradossalmente hanno bisogno di restare uguali a se stesse. Come afferma il genetista e antropologo italiano Luigi CavalliSforza, gli individui, differentemente dagli animali, hanno bisogno di sapere chi sono attraverso le perone da cui sono venute, quindi i propri genitori, gli avi, le origini. La propensione a ripiegarsi su se stessi di un popolo e a non mostrare curiosit per lalterit, se non spiegabile sulla base del timore di perdit della propria identit collettiva (timore infondato appunto) frutto per lo pi della sperimentazione della paura. La paura unesperienza comprensibile perch ciascun cittadino italiano ha dovuto confrontarsi negli ultimi venti anni con lalterit in modo sovente drammatico (miseria, rabbia, aggressivit o criminalit) o poco comprensibile (troppa diversit). I modelli sociologici e antropologici non tengono infatti conto delimpatto sullidentit personale e corporea della presenza di altri che prima non cerano nel proporio spazio vitale, nel proprio territorio di esistenza relazionale. Stimolo e cambiamento Bench la funzione di stimolo e cambiamento delle etnie minoritarie presenti in Italia sia stata, come visto, resa problematica dalla sentimento di minaccia alla propria identit collettiva e individuale (attacco al S, anche corporeo) e dalla presenza sempre sullo sfondo dello stereotipo e del pregiudizio, non si pu non ammettere che tale funzione si sia manifestata. E ci sia spontaneamente, sia per opera delle amministrazioni e dei governi che hanno tentato di facilitare con opportune politiche culturali il contatto e lavvicinamento tra le varie etnie, specie tra quella maggioritaria italiana e quelle di minoranza. E evidente che in certi casi, a favore dellintegrazione e del contatto hanno giocato gli stereotipi positivi: argentini e brasiliani ne hanno beneficiato perch a tali popoli vengono attribuite caratteristiche culturali gi di per s influenti e considerate di alto pregio (la danza, la musica, i risultati sportivi, la simpatia per le precedenti vicende politiche, il clima, la lingua, il cibo). Questo un tipico esempio di influenza spontanea, in cui la contaminazione stata ricercata soprattutto dai giovani o da persone dei ceti culturali pi elevati, pi che favorita da intemediari vari. Mentre in altri casi e con altre etnie (cinese, albanese, romena, eritrea, a Torino si contano 180 etnie, nellaarea di Porta Palazzo ben 55) cos non stato. Un esempio che si vuole portare di attivazione della funzione di stimolo e cambiamento quello relativo al contatto con letnia musulmana che

rappresenta in Italia, segnatamente a Torino, unarea geografica molto ampia che va dal Maghreb fino allAfrica subsahariana. Limpatto con la cultura araba stato forse il pi proficuo di stimoli e cambiamenti: la musica, la cucina, la moda e il design, i manufatti, le pratiche igieniche e di rigenerazione (bagno turco) ne sono gli effetti pi eclatanti. Eclatante anche il fenomeno dellinserimento nel settore terziario dei servizi alla persona di personale comunitario ed extracomunitario, il quale disponibile a svolgere mansioni che non sono viste pi gratificanti e qualificanti per gli italiani (cura degli anziani, servizi domestici, custodia, maggiordomato) e che sta cambiando la struttura del mercato del lavoro nellofferta di servizi di base alla persona. Utilit della teoria prescelta La teoria psicosociale dei gruppi suggerisce di vedere il fallimento del contatto tra gruppi etnici differenti come il ribadirsi dello stereotipo negativo e del pregiudizio, cos come il successo viene visto come il confermarsi dello stereotipo positivo o come avrebbe suggerit Allport, come leffetto benefico del contatto, che porta i membri delle diverse etnie a conoscersi, andare oltre le categorizzazioni sociali (per lo pi semplificanti) e ridurre le distanze umane. Entrambe le ipotesi sembrano essere le pi suggestive nello spiegare la genesi e limporsi del fenomeno di contatto tra le culture e del successivo stimolo e cambiamento. Come citato da Bernardi, se unetnia riesce a contaminarsi e perch non si sente minacciata nel suo sentimento di identit nazionale, pertanto accoglie il contatto con lalterit come stimolo per il cambiamento, perch sente la sua identit arricchita e non a rischio. C voluto molto tempo e ce ne vorr ancora, in quanto le spinte al ribadirsi del pregiudizio sono forti, qundi forte ancora la tensione interetnica, perch le persone delletnia di maggioranza possano rendersi che i cambiamenti intercorsi negli ultimi venti anni, ovvero da quando sono iniziati i pi consistenti flussi migratori non hanno nuociuto alla loro esistenza, al contrario hanno arricchito e rafforzato la struttura economico-produttiva del paese, andando a riempire sacche di mercato lasciate libere o consentendo la produzione di beni servizi a minor costo (le aziende ricevono un beneficio fiscale nellassumere personale di fasce cosiddette protete o avenit diritto a benefici di solidariet e welfere).

Il ruolo della psicologia La psicologia, recita lart. 3 del codice deontologico, deve operare tutti gli sforzi e mettere in campo tutti gli strumenti necessari a promuove laumento della consapevolezza, ovvero della capacit di comprendere se stessi e gli altri e di saper instaurare relazioni congrue, consapevoli ed efficaci. La responsabilit sciale dello psicoogo dunque grande perch egli pu intevenire laddove emergano problematiche sociali importanti e di tale influenza deve essere consapevole. Atres la psicologia deve intervenire con risorse positive, ovvero esenti da pregiudizi e barriere o sovrastrutture culturali, per la creazione di setting che possano favorire e promuovere la conoscenza della reciproca alterit tra etnie differenti. Da un punto di vista etico-deontologico la questione appare di importanza fondamentale: come recita il 4art. del C.D., lo psicologo non impone le proprie idee i propri valori, ma soprattutto rifiuta collaborazioni a iniziative che gli vengano proposte e che non vadano nella direzione di tali

principi. Lo psicologo pertanto non deve piegarsi a supposte politiche e iniziative di amicizia tra i popoli che nascondano interessi di parte o che realmente non siano a vantaggio del benessere dei loro destinatari, poich di promozione del benessere e della salute lo psicologo si occupa fondamentalmente. La psicologia pu intervenire nel tema della multiculturalit promuovendo lincontro/scontro tra le etnie, inteso come conoscenza e verifica delle ragioni e dei bisogni di tutti, senza pregiudizi e senza favoritismi.

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