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102 Il Re, sentitoquesto, fece proclamare il tutta la Grecia che a chi avesse risolto l'enigma promettevadi dare il regno e sua sorella Giocasta come sposa. Molti vennero per l'ambizione didiventare re, e furono eliminati dalla Sfinge, ma venne anche Edipo, figlio di Laio, chesciolse l'enigma, ella si lasci cadere in un precipizio. Edipo assunse il regnopaterno e, ignaro, sua madre Giocasta come moglie con la quale procre (Eteoclen et Polynicen, Antigonam et Ismenen.) A causa delle azioni scellerate di Edipo in tutta Tebe si verific sterilit delle messi e carestia. Mentre a Tebe si svolgevano questi avvenimenti, a Corinto Polibo mor. Avendonesentito notizia Edipo ne fu molto angosciato credendo che suo padre fosse morto, maPeribea gli rivel che egli era solo suo figlio putativo. Inoltre il vecchio Mente, coluiche lo aveva esposto, riconobbe dalle cicatrici ai piedi e ai talloni che si trattava delfiglio di Laio. Edipo al sentir questo essendosi reso conto dei delitti scellerati cheaveva commesso, afferr una fibbia dalla veste della madre e si priv degli occhi, poiconsegn il regno ai figli perch governassero ad anni alterni e facendosi guidaredalla figlia Antigone part esule da Tebe. Es.pag.291 n.103 Mentre Agamennone, insieme a suo fratello Menelao e ad altri comandanti Greci scelti, stavano andando a Troia a riprendere Elena, moglie di Menelao, che era stata rapita da Paride, una tempesta causata dallira di Diana li tratteneva in Aulide, poich Agamennone aveva ferito, cacciando, una cerva della Dea e poi le aveva parlato con grande superbia. Agamennone aveva pertanto convocato gli indovini e Calcante aveva risposto che per farsi perdonare non poteva far altro che sacrificare la sua stessa figlia, Ifigenia.; udito ci, Agamennone all'inizio rifiut. Poi Ulisse, con i suoi consigli, lo convinse a mettere in atto un piano astuto: Ulisse stesso, insieme a Diomede, fu mandato a prendere Ifigenia e quando i due giunsero dalla madre della fanciulla, Clitennestra, Ulisse, mentendo, le disse che Ifigenia era stata destinata in matrimonio ad Achille. Quando la ragazza, portata in Aulide, stava per essere sacrificata dal padre, Diana ne ebbe piet, la avvolse nella nebbia e mise al suo posto una cerva; la Dea port poi Ifigenia attraverso le nubi fino in Tauride, e l ne fece una sacerdotessa del proprio tempio. Es.pag.334 n.175 E1 tra di esse era Sempronia, che spesso aveva compiuto molte azioni di un'audacia virile. Questa donna era2 abbastanza fortunata per la nobilt e la bellezza, e inoltre per lo sposo e i figli; erudita nelle lettere greche e latine, suonava la cetra e danzava con pi raffinatezza di quanto si addica ad una (donna) onesta, (e possedeva) molte altre (qualit) che sono strumenti di lussuria. Ma tutto le fu sempre pi caro del decoro e della pudicizia; non si poteva comprendere facilmente se facesse meno conto del denaro o della reputazione; (aveva) una libidine cos ardente da chiedere gli uomini pi spesso di quanto ne fosse richiesta. E1 spesso in passato ella aveva tradito la parola data, aveva rinnegato spergiurando un debito, era stata complice in un delitto; a causa della lussuria e della miseria era precipitata nell'abisso. Eppure la sua intelligenza non (era) spregevole: sapeva comporre versi, suscitare scherzi3, servirsi di un linguaggio ora decoroso, ora molle, ora sfrontato: insomma, c'erano in lei molto spirito e (molto) fascino. Es.pag.335 n.176 Tra tutte le preoccupazioni che venivano dalle grandi guerre da cui Roma era appena uscita o che la minacciavano da vicino, si svolse una vicenda certo di non grande rilevanza ai fini del racconto, ma tale da degenerare, con laccendersi degli animi, in unaspra contesa. I tribuni della plebe Marco Fundanio e Lucio Valerio presentarono al popolo una legge tesa ad abrogare la legge Oppia. Questa legge era stata proposta dal tribuno della plebe Gaio Oppio, nellanno in cui erano consoli Quinto Fabio e Tiberio Sempronio, proprio quando pi divampava la guerra punica: secondo questa legge nessuna donna poteva possedere pi di mezza oncia doro, indossare vestiti dai colori appariscenti, farsi portare in carrozza in Roma o in altre citt o nel raggio di un miglio da esse se non per motivi legati a cerimonie religiose. I tribuni della plebe Marco e Publio Giunio Bruto difendevano la legge Oppia e proclamavano che non ne avrebbero mai accettato labrogazione; molti esponenti della nobilt si facevano avanti parlando a favore della legge o contro di essa e tutto il Campidoglio era pieno di una folla di favorevoli e contrari alla legge. E le donne: non riuscirono a trattenerle in casa n lautorit, n il senso del pudore, n le imposizioni dei loro mariti; avevano occupato tutte le strade della citt e tutti gli accessi al Foro, chiedendo agli uomini i quali vi si recavano che consentissero, in un momento di grande floridezza della repubblica e di crescita continua e generale della ricchezza privata, che alle donne fossero restituiti i loro antichi ornamenti. Le

donne si radunavano, di giorno in giorno, sempre pi numerose arrivando perfino dalle citt e dai luoghi di mercato dei dintorni. Ormai osavano avvicinare i consoli, i pretori e gli altri magistrati presentando le loro richieste. Tuttavia avevano un implacabile nemico in almeno uno dei consoli, Marco Porcio Catone, il quale cos parl a favore della legge che si voleva abrogare.

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