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PRIVATE EQUITY

Il quadro di riferimento

l nuovo scenario in cui si trovano oggi ad operare gli intermediari finanziari la risultante di diverse forze di cambiamento originatesi dalla globalizzazione dei mercati, dagli sviluppi delleconomia reale e dallorientamento delle autorit governative e monetarie verso una politica di progressiva deregolamentazione. In Italia - grazie anche a fenomeni quali il fisiologico ricambio generazionale - la cultura finanziaria allinterno delle aziende in fase di rapida evoluzione e si sta avviando il processo di sensibilizzazione della struttura imprenditoriale verso modelli pi simili a quelli dei paesi industriali avanzati, con particolare riferimento ad un rapporto pi equilibrato tra mezzi propri e mezzi di terzi ed alle esigenze di trasparenza che lapertura al mercato comporta. Tale processo, favorito anche dallintroduzione di una normativa fiscale permanente (Irap e Dit) destinata ad incentivare la capitalizzazione delle imprese, potr registrare unaccelerazione dalla recente istituzione da parte di Borsa Italiana S.p.A. del Nuovo Mercato, il mercato telematico collegato al circuito paneuropeo Euro.NM per la quotazione di titoli azionari emessi da imprese innovative di piccole e medie dimensioni ad alto potenziale di sviluppo (vedasi articolo di Maria Pierdicchi pubblicato in questo stesso numero).

Ricerca e selezione delle opportunit investimento: il proprietary deal flow come fattore critico di successo (1)

di Daniele Pilchard *

quindi destinata a crescere, da parte delle imprese pi dinamiche ed innovative, la domanda di capitale di rischio e di accesso al mercato dei capitali, con il conseguente ampliamento delle attivit e delle opportunit per gli intermediari finanziari, sia in termini di servizi, sia in termini di intervento diretto nel capitale. Dalla parte dellofferta, negli ultimi anni lo stock di capitali disponibili per operazioni di private equity aumentato in tutta Europa in maniera quasi esponenziale, grazie soprattutto al proliferare di veicoli di investimento diretti quali i fondi chiusi e - fenomeno pi recente indiretti come i fund-of-funds. Nel 1998 sul mercato europeo del capitale di rischio sono affluite nuove risorse finanziarie per 20,3 miliardi di euro, mentre lammontare di risorse investite da fondi chiusi, merchant bank e finanziarie di partecipazione in imprese non quotate ha raggiunto i 14,5 miliardi di euro (Tavola 1). Il

saldo di circa sei miliardi di euro andato quindi ad aggiungersi allo stock precedente. La tendenza risulta confermata anche nel primo semestre del 1999. Tale fenomeno trainato dal sempre maggiore interesse da parte degli investitori istituzionali (fondi pensione, banche, assicurazioni, ecc.) che hanno lesigenza di diversificare lallocazione degli ingenti portafogli in gestione e sono alla ricerca di strumenti innovativi per comporre una gestione complessa di portafoglio. I rendimenti molto soddisfacenti che i migliori gestori di fondi chiusi hanno saputo realizzare (il cosiddetto track record) hanno inoltre autoalimentato il processo, richiamando linteresse di nuovi investitori istituzionali attraverso il lancio in successione di fondi aventi dimensioni sempre pi consistenti.
Note

* Socio AIAF dal 1990; Senior Professional Divisione Merchant Banking, Mediocredito Lombardo S.p.A., Milano. 1) I precedenti articoli sul tema del Private Equity sono stati pubblicati nei Numeri 30 (Aprile 1999) e 31 (Luglio 1999). Nel prossimo numero di fine anno proseguiremo il dibattito con un contributo su Alcuni strumenti per superare le iniziali divergenze di prezzo tra le parti, nella pratica corrente degli investitori istituzionali in Italia a cura del dott. Alessandro Papetti Investment Manager in Arca Merchant S.p.A.

Ricerca e selezione delle opportunit investimento: il proprietary deal flow come fattore critico di successo

INVESTIMENTI TOTALI E NUMERO DI OPERAZIONI DI PRIVATE EQUITY IN EUROPA

SEGUE

investimenti (milioni di euro) 1997 UK Germania Francia Olanda Italia Spagna Belgio Svizzera Svezia Finlandia Norvegia Irlanda Austria Portogallo Danimarca Islanda Grecia totale Europa 4.428 1.326 1.248 760 603 262 179 55 351 113 170 36 19 63 22 5 16 9.656 1998 7.105 1.948 1.777 1.059 933 363 259 215 203 189 165 64 50 50 40 22 20 14.462 % var. 60,5% 46,9% 42,4% 39,3% 54,7% 38,5% 44,7% 290,9% -42,2% 67,3% -2,9% 77,8% 163,2% -20,6% 81,8% 340,0% 25,0% 49,8%

numero di operazioni 1997 1.686 1.087 1.551 425 234 244 169 47 120 193 170 66 40 79 55 54 32 6.252 1998 2.018 1.513 1.544 707 267 244 233 86 115 274 161 106 93 68 50 120 29 7.628 % var. 19,7% 39,2% -0,5% 66,4% 14,1% 0,0% 37,9% 83,0% -4,2% 42,0% -5,3% 60,6% 132,5% -13,9% -9,1% 122,2% -9,4% 22,0%

valore medio (milioni di euro) 1997 2,63 1,22 0,80 1,79 2,58 1,07 1,06 1,17 2,93 0,59 1,00 0,55 0,48 0,80 0,40 0,09 0,50 1,54 1998 3,52 1,29 1,15 1,50 3,49 1,49 1,11 2,50 1,77 0,69 1,02 0,60 0,54 0,74 0,80 0,18 0,69 1,90
( Tavola 1)

fonte: EVCA - European Venture Capital Association

Stiamo inoltre assistendo ad un travaso di ingenti capitali dagli Stati Uniti, dove il mercato del private equity piuttosto saturo ed estremamente competitivo, verso lEuropa, dove il mercato sta registrando tassi di crescita significativi ed i prezzi/valutazioni delle aziende target sono generalmente considerati meno surriscaldati (ad eccezione del mercato anglosassone, pi evoluto e paragonabile a quello statunitense). Tutte le analisi concordano nel ritenere che in Europa vi siano notevoli potenzialit di sviluppo per il mer-

cato del capitale di rischio. comunque un dato di fatto che attualmente vi sia, anche per effetto del fenomeno di traino prima evidenziato, una sovrabbondanza di capitali disponibili rispetto alle opportunit di investimento interessanti ed effettivamente realizzabili. Pertanto lofferta di capitali rischia di anticipare un po troppo la domanda, la quale stenta - anche in Italia - a tradursi da potenziale ad effettiva. In tale scenario, destinato a diventare sempre pi competitivo, caratterizzato da un numero crescente di

operatori e dal costante incremento dello stock di capitali disponibili, un elemento essenziale per il successo la capacit di scouting, cio di individuare le migliori opportunit di investimento prima che siano visibili anche dalla concorrenza, evitando per quanto possibile le aste competitive, specialmente su operazioni riguardanti aziende di medie dimensioni dove non c spazio per operazioni sindacate in quanto, oltre alle complicazioni contrattuali, uneventuale sindacazione diluirebbe eccessivamente le quote

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dei singoli investitori. In questo articolo cercheremo, per quanto possibile, di tradurre in considerazioni metodologiche lesperienza operativa sul campo nellattivit di ricerca e selezione di opportunit di investimento, in particolare nei confronti delle medie imprese familiari.
Schematizzazione del processo di finalizzazione del business

Ogni processo di finalizzazione del business pu essere idealmente scomposto in tre fasi: origination
implementation closing uno schema universale, che pu essere applicato sia per analizzare lo svolgimento di attivit professionali ed imprenditoriali che hanno finalit di tipo economico, sia per schematizzare comportamenti relazionali che hanno finalit di raggiungere obiettivi di tipo sociale, politico, ecc. Le tre fasi operano anche una distinzione di tipo concettuale, utile a definire quali sono gli atteggiamenti pi idonei da assumere nelle varie fasi del processo, ad individuare le attitudini caratteriali e la vocazione dei singoli individui. Cambiano infatti gli atteggiamenti e le capacit: a) nella fase di origination: atteggiamento>curiosit/disponibilit (capacit: relazionali) <individuare unopportunit interessante selezionandola tra

tante altre, tentare lapproccio, vincere la diffidenza della controparte, farsi accettare, distinguersi, vincere la concorrenza, far s di essere scelti, enfatizzare i vantaggi per la controparte, guadagnare la sua fiducia> b) nella fase di implementation: atteggiamento>critico/prudenziale (capacit: analitiche) <studiare e valutare la controparte, ottenere pi informazioni possibili, intuire le sue intenzioni, studiare i punti di forza e di debolezza, valutare il proprio potere contrattuale> c) nella fase di closing: atteggiamento>negoziale (capacit: negoziali) <esporre le proprie esigenze, fare accettare alla controparte le proprie condizioni, massimizzare il rapporto benefici/costi, fare il proprio tornaconto> Cambiano pertanto le attitudini caratteriali e le vocazioni professionali pi adatte nelle varie fasi del processo: a) vocazione commerciale (luomo di marketing) b) vocazione analitica (lanalista) c) vocazione negoziale (lavvocato) Traducendo lo schema in termini organizzativi, in una piccola struttura la stessa persona necessariamente deve ricoprire - anche contemporaneamente i tre ruoli, mentre in una struttura pi ampia si potrebbe pensare ad una maggiore segmentazione e specializzazione in base alle caratteristiche professionali ed alle

attitudini caratteriali, in particolare per la fase di origination (ricerca e selezione delle opportunit di investimento). Nellattivit di merchant banking un bravo professionista deve comunque saper gestire con competenza le tre fasi del processo, facendosi eventualmente assistere da consulenti esterni quando necessitano pareri specialistici (in particolare nella fase di closing indispensabile lassistenza di un legale per gli aspetti contrattuali).
La ricerca delle opportunit di investimento

Anche nel settore del capitale di rischio lorigination, cio la creazione di un flusso costante di opportunit di investimento, rappresenta un fattore chiave per avviare il processo. In particolare nella gestione di un fondo chiuso la fase di origination si concentra ed esaurisce nei primi tre-quattro anni di vita del fondo (il cosiddetto investment period). Poich la cattiva semina pregiudica il buon raccolto anche se le condizioni climatiche sono favorevoli, sottovalutare limportanza dellorigination, senza dedicare a questa fase adeguate risorse professionali aventi attitudini e competenze specifiche - confidando solo nella rete di conoscenze e contatti esterni (o, per linvestitore di emanazione bancaria, nella rete di sportelli e di rapporti commerciali con le aziende clienti della banca), rischia di compromettere non solo la quantit, ma

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soprattutto la qualit e lesclusivit del deal flow. Inoltre, lassenza nel nostro Paese al contrario che negli Stati Uniti - di unindustria pluralista e competitiva del private equity fa si che le inefficienze informative siano ancora elevatissime. Mancando infatti dei referenti naturali per il finanziamento delle operazioni di venture capital, i piccoli e medi imprenditori, che pure abbiano sviluppato delle iniziative valide sotto il profilo tecnologico e dellinnovazione, non sanno normalmente a chi rivolgersi (eccezion fatta per lo sportello bancario sotto casa) e questa condizione di per s scoraggia lofferta di progetti innovativi. In Italia, in particolare per quanto riguarda le operazioni di private equity nei confronti di medie imprese, non esiste un forte mercato dellM&A e sono praticamente assenti consulenti e intermediari specializzati in questo tipo di operazioni. Pertanto gli operatori non possono normalmente contare su un flusso di offer documents professionalmente predisposti, com invece consuetudine nei mercati statunitense ed anglosassone, dove operatori di M&A ed intermediari qualificati affiancano ed assistono le aziende nellelaborazione del business plan e nella predisposizione della documentazione secondo gli standard richiesti dagli investitori finanziari, facilitando in tal modo lincontro tra domanda ed offerta. In Italia gli investitori in private equity devono piuttosto affidarsi alle capacit di origination interne (il cosiddetto proprietary deal flow) e sviluppare

una rete di intermediari/consulenti piuttosto informale e diversificata, dove non inconsueto avere a che fare con mediatori/segnalatori professionalmente poco qualificati, interessati ad incassare una commissione di intermediazione senza apportare valore aggiunto.
La gestione delle fonti esterne

Le fonti esterne (operatori di M&A, intermediari, consulenti, commercialisti, avvocati, altri professionisti, la rete commerciale della banca, ecc.) rappresentano il flusso di opportunit proveniente spontaneamente e disordinatamente dal mercato. Lapproccio necessariamente di tipo opportunistico. Rappresentano la fonte principale di nuove opportunit, caratterizzata per da: - casualit; - qualit generalmente scadente; - operazioni spesso gi note tra gli addetti ai lavori; - su quelle buone (poche) c bagarre. Vanno pertanto affinate le tecniche di selezione allingresso (griglie), al fine di evitare uneccessiva casualit e dispersione su operazioni di scarso interesse o non rientranti nelle strategie di investimento. Le fonti esterne vanno pertanto adeguatamente selezionate, istruite, indirizzate, motivate e gestite. In estrema sintesi, la qualificazione ed il follow-up della rete di corrispondenti pu avvenire: - informandoli sulle tipologie/priorit di operazioni interessanti

per gli investimenti (griglia di selezione); garantendo, se il caso, un coinvolgimento professionale nelloperazione (non solamente segnalatori/intermediari); dando comunque un riscontro sollecito alle loro segnalazioni anche in caso di non interesse (possibilmente motivandolo); effettuando un follow-up sistematico sui professionisti pi qualificati (ci crea anche una buona immagine, soprattutto in provincia); attuando azioni promozionali mirate (seminari, convegni); cercando di essere i primi della lista (rapporto non esclusivo ma almeno preferenziale).

SEGUE

Il marketing diretto

Lattivit di marketing diretto finalizzata a generare un proprietary deal flow di qualit e, per quanto possibile, esclusivo. Le strategie di marketing devono essere ovviamente coerenti con le politiche di investimento (come indicate nel regolamento di gestione, nel caso di un fondo chiuso). In altre parole, sin dalla fase di origination lapproccio ben diverso se gli obiettivi di investimento sono operazioni di buyout o di early-stage/expansion. Se, ad esempio, le politiche di investimento sono indirizzate su operazioni di buyout di aziende di grandi dimensioni e sulle privatizzazioni, sar fondamentale unazione di sviluppo ad alto livello sui canali istituzionali. Sar quindi indispensabile posse-

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dere unimmagine professionale ed un track record di prestigio, essere dotati di capacit diplomatiche e lobbistiche, essere introdotti negli ambienti che contano, aver costruito nel tempo un patrimonio di contatti con i decision maker istituzionali e politici, perch questo tipo di operazioni sono generalmente condotte attraverso alleanze, partecipazioni a cordate, scambi di favori. In questo articolo ci soffermiamo invece sullattivit di origination per operazioni di early-stage/expansion nei confronti delle piccole e medie imprese familiari, che rappresentano la grande opportunit di sviluppo per il private equity in Italia. Non si tratta semplicemente di incrociare i dati dei vari data-base disponibili e di raccogliere le segnalazioni pervenute al fine di predisporre a tavolino una lista di aziende e di nomi da contattare. Sono importanti lintraprendenza e la professionalit nellapproccio, la capacit di convincere e di costruire con la controparte un rapporto di fiducia basato sulla comprensione delle aspettative e la condivisione degli obiettivi, la creativit nel proporre soluzioni e nel sapersi inventare le operazioni, la sensibilit di intuire le potenzialit di sviluppo di unazienda e le qualit imprenditoriali di chi la gestisce (o di chi la gestir, nelle operazioni di management buyout) ancor prima di effettuare le opportune verifiche in sede di due diligence. inoltre importante la conoscenza del territorio e delle sue regole, anche comportamentali, e quindi la presenza sul cam-

po. Questo il motivo per cui i maggiori operatori stranieri interessati ad avviare politiche dinvestimento in Italia nel segmento del middlemarket, rappresentato quasi esclusivamente dalle aziende familiari, hanno deciso di costituire strutture domestiche dedicate assumendo management italiano. Alcuni dei vantaggi/caratteristiche del marketing diretto sono: - lanalisi preliminare effettuata a tavolino in base alle politiche dinvestimento predefinite, consente di identificare in modo selettivo una rosa di aziende target che, almeno sulla carta, possiedono i requisiti primari desiderati; - da ci deriva che il flusso di opportunit generato dallattivit di marketing diretto generalmente di buona qualit; - laffinamento della capacit di scouting consente di scoprire opportunit interessanti ma sconosciute perch poco appariscenti o giovani, prima che siano visibili anche dalla concorrenza; - consente di stimolare linteresse di imprenditori che altrimenti autonomamente non avrebbero contattato un investitore istituzionale (limprenditore si sente scelto), colmando il gap informativo tipico di un mercato ancora poco evoluto come quello italiano; - permette di scavalcare gli intermediari, ed quindi pi facile stabilire una relazione personalizzata e costruire un rapporto di fiducia con limprenditore/propriet; - una semina di medio-lungo periodo che consente di costruire nel

tempo un serbatoio di opportunit e di capitalizzare/valorizzare il proprio patrimonio contatti, consolidando il proprietary deal flow; - indispensabile per implementare progetti specifici (approccio sistematico) come richiesto ad esempio nelle strategie di investimento buy-and-build o nella gestione di fondi chiusi specializzati; - permette il cross selling di altri servizi (corporate finance, M&A, consulenza aziendale, ecc.).
La selezione delle opportunit di investimento

Lattivit di origination comporta un notevole impegno di tempo e di risorse, essendo il capitale di rischio per sua natura estremamente selettivo ed elitario nelle scelte dinvestimento. In particolare nelle operazioni di early-stage ed expansion il capitale di rischio si indirizza verso un target ristretto di aziende operanti in settori high-tech o comunque particolarmente innovative, con livelli attesi di crescita e di redditivit notevolmente superiori alla media (le aziende che cambieranno il futuro). Il tasso di mortalit delle operazioni in ingresso, vale a dire delle opportunit scartate rispetto agli investimenti effettivamente realizzati, quindi molto elevato (Tavole 2 e 3). Per alimentare il processo pertanto necessario poter disporre di un adeguato serbatoio di opportunit che deve essere costantemente rifornito. tuttavia oppor-

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LA SELEZIONE DELLE OPPORTUNIT DINVESTIMENTO

SEGUE

Nellesperienza degli Stati Uniti si stima che su 100 business plans sottoposti per proposte di investimento
60% delle proposte sono scartate quasi subito 25% sono scartate dopo unanalisi pi approfondita 15% sono analizzate in dettaglio, ma il 10% di queste sono scartate a causa di dubbi e perplessit riguardanti il business plan e/o la qualit del management, quindi solo 5 business plans su 100 rappresentano interessanti opportunit di investimento, e solo 3 business plans su 100 sono oggetto di effettivo investimento.
fonte: Pratts Guide to Venture Capital Sources (Tavola 2)

LA SELEZIONE DELLE OPPORTUNIT DINVESTIMENTO


Un caso italiano: attivit di investimento della SO.PA.F. SpA negli anni 1990 1994 Pratiche esaminate: n. 522 (100 pratiche/anno circa) investimenti realizzati: n. 16 (3,2 investimenti/anno) percentuale di investimenti realizzati rispetto alle pratiche esaminate: 3,07%
fonte: interna (Tavola 3)

tuno, al fine di evitare dispersioni di tempo e di risorse professionali su opportunit di scarso interesse, effettuare una preselezione sin dalla fase di origination, non solo in base a criteri dimensionali od alla tipologia di operazioni, ma avendo ben presenti i principali fattori chiave di successo nellattivit di private equity, che in estrema sintesi sono: - capacit e qualit dellimprenditore/management (al primo posto); - settore e posizionamento dellazienda target; - prezzo di ingresso; - modalit/tempestivit del disinvestimento (way out). In conclusione, in un mercato dove la competizione si sta facendo rovente ed i capitali disponibili per operazioni di private equity scottano nelle (capienti) tasche degli investitori alla caccia di buone opportunit di investimento (che, nonostante le potenzialit del mercato, restano una risorsa scarsa), molto difficilmente il bravo imprenditore con un buon progetto prender liniziativa di bussare proprio alla nostra porta, e quindi la capacit di generare un proprietary deal flow di qualit emerger sempre pi come fattore critico di successo. inoltre opportuno sottolineare che per essere competitivi nel segmento delle medie imprese familiari, gli investitori nel capitale di rischio dovranno sempre pi essere in grado di offrire non solo finanza, ma anche competenze professionali. destinata infatti a diventare pi mar-

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cata la distinzione tra operatori aventi un expertise puramente finanziario/contrattuale (come nelle operazioni di buyout) e chi invece sapr presentarsi in una veste pi creativa e collaborativa, apportando oltre al capitale di rischio - un valore aggiunto strategico a supporto dello sviluppo, in affiancamento allimprenditore. Il venture capitalist pu essere infatti paragonato al navigatore di

un pilota di rally. Tutti gli imprenditori hanno la patente, ma il venture capitalist deve sapere individuare il campione, il potential winner. Oltre a fornire le risorse per finanziare la preparazione della macchina e la partecipazione al campionato, il venture capitalist deve saper rischiare al fianco del pilota, confidando nelle sue capacit di guida e stabilendo un rapporto di reciproca fiducia.

Deve saper dare suggerimenti sulla strategia da seguire in corsa, indicazioni sul percorso e sulla difficolt delle curve, incitandolo e spronandolo a spingere al massimo, condividendo rischi e successi.

La serie di articoli sul Private Equity

Il Gruppo di lavoro sul Private Equity, costituito allinizio di questanno nellambito della Commissione AIAF sullAnalisi fondamentale, ha promosso una trattazione sistematica di questo tema nella Rivista sotto le diverse angolature che coinvolgono investitori istituzionali, quali merchant banks, fondi chiusi, ecc., operanti sul capitale di rischio di aziende di medie dimensioni non quotate in Borsa. Scopo delliniziativa di fornire a tutti gli addetti ai lavori un punto di riferimento serio e documentato per lapprofondimento delle tematiche del settore che oggi pi che mai interessano ad un crescente numero di operatori finanziari. Qui di seguito segnaliamo i prece-

denti articoli sul tema che abbiamo finora pubblicato, nonch il prossimo in programma per il numero di fine anno. - Aprile 1999 (n 30): Performance e recenti tendenze del mercato italiano del private equity e venture capital di Anna Gervasoni e Roberto del Giudice. Questo articolo, che apre la serie, presenta una valenza istituzionale e di inquadramento in quanto descrive lo stato dellarte del Private Equity in Italia; Forme di attivismo e performance nelle imprese venture-backed: esame di alcuni casi di Cristina Soppelsa. - Luglio 1999 (n 31): La Due Diligence nellattivit di Private Equity di Matteo Carlotti. - 0ttobre 1999 (n 32): Ricerca e selezione delle opportunit di inve-

stimento: il property deal flow come fattore critico di successo di Daniele Pilchard, articolo pubblicato qui sopra. - Dicembre 1999/Gennaio 2000 (n 33) Alcuni strumenti per superare le iniziali divergenze di prezzo tra le parti nella pratica corrente degli investimenti istituzionali in Italia di Alessandro Papetti, Investment Manager in Arca Merchant S.p.A.
Tutti coloro che siano interessati a fornire contributi sul tema del Private Equity, sono invitati a prendere contatto con il Coordinatore del Gruppo di Lavoro MATTEO CARLOTTI, Director di Argos Soditic Italia, Milano (Tel. 02.7749330 - Fax 02.781175 - E-mail m.carlotti@argos-soditic.it).

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