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Appunti di Impianti Industriali

Prof. A. Lambiase

Capitolo 1 Indici di prestazione


I principali parametri prestazionali di un impianto industriale possono essere identificati come segue: 1. La capacit produttiva 2. La produzione effettiva 3. Il rendimento 4. Il Tasso di Rendimento Sintetico (TRS) 5. La flessibilit 6. Lelasticit 7. Il grado di integrazione verticale 8. Il grado di integrazione orizzontale 9. Il Manufacturing Cycle Efficiency (MCE) 10. Il grado di meccanizzazione e di automazione 11. Il Break Even Point (BEP)

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1.1 La capacit produttiva


Fra i parametri caratteristici che consentono di esprimere valutazioni quantitative su un impianto industriale, uno dei pi importanti la Capacit produttiva (CP), o potenzialit produttiva: va precisato che i due termini citati sono sostanzialmente sinonimi, anche se spesso il termine capacit riferito a periodi di tempo medio-lunghi (dal mese allanno), mentre il termine potenzialit riferito a periodi brevi (dallora al giorno) [1]. Numerose aziende eseguono misure della loro potenzialit produttiva; spesso per tali misure risultano parziali ed imprecise, e vengono normalmente effettuate nellambito delle funzioni tecniche per uso interno, senza che ci sia alcun trasferimento delle informazioni ottenute alla direzione aziendale. In ogni caso, le misure esistenti sono specifiche dellazienda che le ha effettuate e quindi difficilmente esiste la possibilit di eseguire confronti fra aziende, anche dello stesso settore; per fare ci necessario riferirsi ad uno schema di misura unificato [1]. La capacit il valore massimo delloutput produttivo di un azienda o di un processo in un determinato tempo, con riferimento ad un assegnato numero di turni di lavoro al giorno. La capacit generalmente definita come segue: Il pi alto valore delloutput produttivo che possibile attendersi da un impianto di trasformazione o da un processo in un periodo di tempo fissato, una volta assegnate le caratteristiche del prodotto, il mix produttivo, la forza lavoro e le caratteristiche degli impianti. La capacit produttiva (Design Capacity) in sostanza la massima produzione che possibile attendersi per un periodo di tempo in condizioni ideali [2]. La misura della capacit produttiva permette di rispondere ai seguenti quesiti [1]: o a fronte di uno o pi possibili budget di vendita alternativi per i prossimi anni, qual la capacit produttiva effettivamente necessaria? o quale frazione della capacit produttiva mediamente ottenibile dagli attuali impianti? Di quale entit dovr essere un eventuale ricorso a subfornitori esterni? Qual lentit pi opportuna di un eventuale ampliamento della capacit produttiva? o dovendo far fronte a unesigenza straordinaria di breve durata, qual la capacit di punta degli impianti? o quanto efficientemente stata utilizzata in passato la capacit produttiva? La disponibilit di efficaci misure della capacit produttiva quindi un prerequisito essenziale per una corretta gestione strategica della stessa, sia in sede di dimensionamento, sia in sede di scelta delle modalit di utilizzo. Si pensi, ad esempio, alla cosiddetta filosofia di gestione Just in Time, Pagina 2 di 17

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che concordemente ritenuta una risposta efficace alle crescenti esigenze di aumento del livello qualitativo dei prodotti, di maggiore flessibilit della produzione, di riduzione delle scorte di prodotti finiti e di semilavorati. Come ovvio, un sistema produttivo pu funzionare efficacemente secondo la logica Just in Time, che prevede di produrre ci che il cliente ha ordinato adeguando la produzione alla domanda, soltanto se dotato di una capacit produttiva in eccesso rispetto alla richiesta media. Le moderne concezioni gestionali richiedono quindi esplicitamente una scelta progettuale con riferimento alla capacit produttiva; se ci si vuole orientare verso il Just in Time, occorre effettuare il dimensionamento dellimpianto in funzione della domanda massima da soddisfare, accettando un preassegnato livello di insaturazione degli impianti [1] da contenere comunque entro ristretti limiti, ci che capita soltanto con modeste oscillazioni del valore della domanda.

1.2 La produzione effettiva


Le inefficienze produttive, in ogni modo, limitano la produzione effettivamente ottenibile dallimpianto in misura non sempre prevedibile. Esempi di queste cause possono essere: scioperi degli operai, presenza di scarti, mancanza di materie prime a magazzino, guasti ai macchinari, etc. Per questi motivi necessario definire la Produzione Effettiva (PE) (Effective Capacity) che indica: loutput che pu essere realisticamente raggiunto, considerando tutte le inefficienze del processo produttivo. Di conseguenza la produzione effettiva normalmente pi bassa della capacit produttiva [2].

1.3 Il rendimento
Le definizioni precedenti (vedi par. 1.1 e 1.2) permettono di definire il rendimento di un sistema produttivo come:

PE CP

(1.1)

Il rendimento misura quindi la percentuale della capacit produttiva che porta alla realizzazione di prodotti di buona qualit, considerando tutte le perdite che si possono presentano nel sistema.

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1.4 Rendimento globale degli impianti


[ESTRATTO DA S.NAKAJIMA, TPM TOTAL PRODUCTIVE MAINTENANCE , ISEDI TORINO]

Se si afferma che il rendimento di una macchina in un certo stabilimento supera l'85%, si potrebbe ragionevolmente pensare che l'impianto stia funzionando in modo efficiente. Ma quale metodo di calcolo stato usato per determinare il rendimento e su quali dati sono basati i calcoli? Molte aziende usano il termine "percentuale di efficienza degli impianti" (rate of equipment effectiveness), ma i loro metodi di calcolo non sono omogenei. Per risolvere tale problema stato introdotto il rendimento globale degli impianti (o Tasso di Rendimento Sintetico TRS), che considera soltanto le "sei cause fondamentali di perdita di produzione", costituite da fermate per guasti e riattrezzaggi, microfermate e perdite di velocit, scarti e rilavorazioni. Esso dato da: Rendimento globale degli impianti = = Disponibilit x Efficienza delle prestazioni x Tasso di qualit dei prodotti Disponibilit Tale parametro considera le prime due cause di perdita di tempo, quelle dovute alle fermate per guasti e riattrezzaggi. La disponibilit' di un impianto (operating rate) un valore percentuale che si calcola come rapporto tra il tempo di funzionamento ed il tempo disponibile, essendo il tempo di funzionamento (operation time), che rappresenta il tempo durante il quale la macchina veramente operativa, la differenza tra il tempo disponibile ed i tempi di fermata. Risulta pertanto: Disponibilit = Tempo di funzionamento / Tempo disponibile = (Tempo disponibile - Tempi di fermata) / Tempo disponibile Il tempo disponibile (loading time), o la disponibilit netta giornaliera (o mensile), calcolato sottraendo le fermate pianificate dal totale del tempo teoricamente disponibile. Le fermate pianificate (planned downtime) rappresentano il valore complessivo delle fermate ufficialmente preventivate nel piano di produzione, che includono fermate per la manutenzione preventiva e per le attivit di direzione (come le riunioni di inizio turno).

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Appunti di Impianti Industriali Efficienza delle prestazioni

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Tale parametro considera altre due cause di perdite di tempo, quelle delle microfermate e delle riduzioni di velocit, che si generano durante il funzionamento dellimpianto. Esso dato dal rapporto tra il tempo netto di funzionamento ed il tempo di funzionamento. Il tempo netto di funzionamento rappresenta il tempo teoricamente necessario per effettuare una certa produzione, a meno delle perdite per microfermate e riduzione di velocit, cause di perdita di tempo non misurabili direttamente; quindi dato dal prodotto del tempo ciclo teorico necessario ad ottenere un pezzo per il numero di pezzi effettivamente realizzati nel tempo di funzionamento. Di conseguenza: Efficienza delle prestazioni = = tempo ciclo teorico x produzione totale / tempo di funzionamento Tasso di qualit dei prodotti Tale parametro considera le ultime due cause di perdite di tempo, dovute agli scarti ed alle rilavorazioni. Esso dato dal rapporto tra la produzione di pezzi buoni e quella totale. Di conseguenza: Tasso di qualit dei prodotti = (Produzione totale Produzione difettosa) / Produzione totale Passando ora ad un esempio numerico, con riferimento ad un turno giornaliero di lavoro di 8 ore - se le fermate pianificate fossero di 20 minuti al giorno, il tempo disponibile sarebbe di 460 minuti al giorno; - se le fermate giornaliere fossero costituite da 20 minuti per guasti e 40 minuti per set-up, il tempo di funzionamento sarebbe di 400 minuti al giorno e la disponibilit sarebbe pari a Disponibilit = (400 minuti / 460 minuti) x 100 = 87% - se il numero di pezzi prodotti al giorno fosse pari a 400, con un tempo ciclo teorico di 0,5 minuti per ogni pezzo, l'efficienza delle prestazioni sarebbe pari a Efficienza delle prestazioni = (400 pezzi x 0,5 minuti) x 100 / 400 minuti = 50% - se il numero di pezzi difettosi fosse pari a 8, il tasso di qualit dei prodotti sarebbe pari a Tasso di qualit dei prodotti = (392 pezzi / 400 pezzi) x 100 = 98% In definitiva, il rendimento globale risulterebbe pari a Rendimento globale = 0,87 x 0,50 x 0,98 x 100 = 42,6% Tale numero evidenzia complessivamente che limpianto preso in esame ha prodotto un numero di Pagina 5 di 17

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pezzi buoni inferiore al 50% della sua potenzialit, con significative perdite di produzione. Lattendibilit di tale valore dipende ovviamente dallaccuratezza dei dati elementari raccolti nelle varie fasi dellanalisi, ci che dipende dalla sensibilit aziendale. Spesso questi dati non vengono registrati con la necessaria attenzione, perch alcuni dirigenti pensano che il tempo utilizzato per la rilevazione dei dati sia sostanzialmente tempo perso, che dovrebbe essere usato pi proficuamente per attivit operative. In tali condizioni, evidentemente, lo studio del rendimento globale dellimpianto pu portare soltanto ad una gestione imprecisa e scorretta.

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Fig. 1.1 Schema del TRS Pagina 7 di 17

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1.5 La flessibilit
[ESTRATTO DA A.BRANDOLESE, A.POZZETTI, A.SIANESI, GESTIONE DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE, HOEPLI]

La flessibilit certamente una delle caratteristiche pi richieste in questi anni alle imprese, e in particolare al loro sistema tecnico-produttivo inteso in senso lato, dalla progettazione-sviluppo di nuovi prodotti, alla produzione vera e propria ed alla distribuzione fisica. Va ulteriormente precisato che, in questo contesto, fanno parte del sistema produttivo di un'impresa non soltanto i suoi reparti produttivi o stabilimenti, ma anche l'insieme delle eventuali unit esterne operanti con rapporti di subfornitura o contoterzismo. La flessibilit d'altra parte una delle prestazioni fondamentali di cui occorre tener conto in qualunque scelta di investimento riguardante i sistemi produttivi, anche se difficilmente riconducibile negli schemi classici di calcolo della redditivit delle varie alternative di investimento in esame. Infatti, sempre difficile quantificare in termini monetari il valore della flessibilit, trattandosi di una caratteristica essenzialmente "potenziale" la cui utilit soprattutto quella di permettere di far fronte a mutamenti di mercato o di tecnologia solo parzialmente prevedibili. Poich d'altronde, come detto, non v' alcun dubbio sul fatto che - soprattutto in questi anni - la flessibilit abbia un "valore" rilevante, essa dovr comunque far parte di qualunque metodologia di decision making multicriterio. La flessibilit una caratteristica richiesta al sistema tecnico-produttivo nel suo complesso, inteso cio come sistema costituito di macchinari e impianti, tecnologie e know-how, personale, strutture organizzative, procedure di programmazione e controllo, sistema informativo. Vista sotto quest'ottica, la flessibilit quindi un insieme di risposte a esigenze provenienti dal mondo esterno (cui certo non interessa se tali esigenze verranno soddisfatte mediante l'utilizzo di macchinario versatile o in altro modo), quali: o capacit di riassortire una gamma ampia di prodotti; o capacit di industrializzare o ingegnerizzare un nuovo prodotto; o capacit di modificare un piano di produzione gi stabilito. Presupposto per ottenere la flessibilit del sistema produttivo avere un impianto versatile, cio riconfigurabile e convertibile. Per riconfigurabilit si intende la capacit di riattrezzare rapidamente limpianto per passare da un prodotto ad un altro gi definito; per convertibilit, invece, si intende la capacit di riutilizzare limpianto, in tutto o in gran parte, per la realizzazione di un nuovo prodotto, non ancora progettato. Un impianto, pertanto, pu risultare riconfigurabile e non convertibile o viceversa; in tali casi limpianto non versatile e quindi non pu ottenersi un sistema produttivo flessibile. Pagina 8 di 17

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La versatilit quindi una caratteristica che si riferisce unicamente a macchinari e impianti, ed una condizione necessaria, ma certamente non sufficiente, per ottenere la flessibilit del sistema produttivo, dipendendo quest'ultima, oltre che dalla presenza di macchinario versatile, dall'assetto organizzativo (ufficio progetti, ufficio acquisti, produzione, ecc.) di tutta lazienda.

Fig. 1.2 Schema della flessibilit

1.6 Lelasticit
Tale parametro evidenzia la capacit dellimpianto di variare significativamente le quantit prodotte, senza comportare notevoli differenze nei costi di produzione. Ci risulta possibile in impianti che sono normalmente utilizzati per un unico turno di lavoro giornaliero, ci che consente di aumentare la produzione ricorrendo ad ulteriori ore lavorative, retribuite con straordinario. E evidente, invece, che un impianto che gi opera su tre turni di lavoro giornaliero, molto difficilmente potr consentire incrementi di produzione, risultando in genere impegnato anche il sabato per interventi di manutenzione preventiva.

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1.7 Il grado di integrazione verticale


Tutte le organizzazioni possono decidere quali fasi di un processo di trasformazione intendono realizzare allinterno e quali far realizzare da fornitori esterni (outsourcing). Queste decisioni di make-or-buy sono anche note come processi di posizionamento. Ad esempio, un birraio potrebbe produrre birra sia in bottiglie sia in lattine e anche produrre esso stesso le lattine di birra. Una fabbrica di birra completamente integrata dovrebbe possedere e gestire anche limpianto per la produzione dellalluminio per fare le lattine e le miniere per estrarre la materia prima. Tale integrazione normalmente impossibile perch i differenti processi richiedono sostanzialmente differenti competenze tecniche e differenti approcci manageriali. I principali aspetti a favore di un elevato livello di integrazione verticale sono: aumento del grado di autonomia produttiva, incremento del valore aggiunto, possibilit di risparmio rispetto allacquisto/esternalizzazione, migliore controllo dei tempi complessivi di produzione, possibilit di svolgere lavorazioni supplementari per conto terzi, acquisizione e mantenimento di know how strategici, particolarit del prodotto o del processo e conseguente mancanza di fornitori idonei entro il raggio economico di approvvigionamento. I principali aspetti a favore delloutsourcing sono invece: riduzione degli investimenti fissi, riduzione dellincidenza del costo di manodopera (diretta ed indiretta) rispetto allincidenza del costo di funzioni terziarie capaci di procurare maggiore valore aggiunto, aumento del grado di elasticit del sistema, opportunit di concentrarsi meglio sul core business dellazienda, contrazione del tempo di restyling e innovazione del prodotto, promozione di fornitori specializzati capaci di conseguire proprie economie di scala. Lintegrazione verticale verso i fornitori detta upstream or backword integration, mentre lintegrazione verso la distribuzione detta downstream or forward integration (vedi figura 1.3).

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Fig. 1.3 Esempio di integrazione verticale I motivi che portano ad una upstream integration sono spesso dettati dallesigenza di controllare lapprovvigionamento di materiali critici per la produzione o di incamerare i profitti del fornitore. Ma, in ogni caso, gli svantaggi restano tanti. Ad esempio, sebbene, una grande casa automobilistica potrebbe avere abbastanza domanda da acquistare uno stabilimento per la produzione di pneumatici, questo probabilmente potrebbe indurre il management ad essere meno focalizzato sul core business dellazienda e quindi a disperdere risorse in aree non strategiche. Una downstream integration garantisce accesso al mercato, permette una grande flessibilit nei prezzi, e di ottenere i guadagni della distribuzione. Tuttavia, tale integrazione genera alti costi operativi ed elevati immobilizzi di prodotti finiti in molti magazzini, una gran quantit di manodopera aggiuntiva e di strutture [2].

1.8 Il grado di integrazione orizzontale


Lacquisizione di nuove attivit di business allo stesso livello della catena del valore di quelle gi in possesso dellazienda, rappresenta un processo meglio noto come integrazione orizzontale. Questa forma di espansione contrasta con l integrazione verticale nella quale lazienda espande le sue attivit verso lalto o verso il basso della catena del valore. La crescita orizzontale pu essere Pagina 11 di 17

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ottenuta mediante lespansione interna oppure attraverso lespansione esterna con fusioni o acquisizioni di aziende che offrono prodotti e servizi simili a quelli nei quali si vuole investire. Alcuni esempi di integrazione orizzontale sono: o Una compagnia petrolifera tradizionale che ha acquisito raffinerie; o Unazienda produttrice di automobili che produce molti tipi di auto: utilitarie, di media cilindrata, di lusso, sportive, ecc, cos da soddisfare molteplici esigenze; o Una compagnia che si occupa di comunicazioni che possiede radio, televisioni, giornali, case editrici, ecc. I vantaggi principali di unazienda integrata orizzontalmente sono: la possibilit di sfruttare le economie di scala, lo sfruttamento di economie di scopo grazie alla condivisione di risorse comuni a differenti prodotti (le cosiddette sinergie), lincremento di potere sul mercato (sia dei fornitori, sia degli operatori del canale distributivo), la riduzione dei costi di commercializzazione internazionale attraverso lacquisizione di aziende in paesi stranieri. Talvolta i benefici possono essere raggiunti anche semplicemente mediante la percezione che il cliente ha del legame tra i prodotti della stessa azienda. Per esempio, la pubblicit di un marchio immediatamente rimanda agli altri marchi posseduti dalla stessa azienda. Lintegrazione orizzontale ottenuta attraverso lacquisizione di aziende concorrenti generalmente incrementa la quota di mercato detenuta dallazienda, ma potrebbe comportare problemi di concentrazione industriale, oggi molto sentiti, che possono dar luogo ad interventi anche drastici da parte di strutture anti-trust (vedi caso Microsoft). Al di l degli aspetti legali, un altro problema che lintegrazione pu portare riguarda i vantaggi economici. Occorre, infatti, valutare attentamente se questi saranno reali o soltanto attesi. Molte aziende hanno acquisito attivit puntando su sinergie che, a posteriori, si sono rivelate illusorie, come spesso capitato nel caso di produttori di computer che hanno acquisito software house.

1.8 Il Manufacturing Cycle Efficiency (MCE)


Il Manufacturing Cycle Efficiency esprime lindice che misura lincidenza del tempo speso per le lavorazioni (Value-add time) rispetto al tempo di flusso complessivo (Lead Time), definito come il tempo che intercorre tra linizio e la fine di un ordine di produzione, che pu essere espresso come la somma di 4 tempi che sono [6]: 1. Processing Time (PT) tempo di lavorazione 2. Waiting Time (WT) tempo di attesa 3. Moving Time (MT) tempo di trasporto Pagina 12 di 17

Appunti di Impianti Industriali 4. Inspection Time (IT) tempo di collaudo Quindi lMCE espresso dalla formula:

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MCE =

PT PT + WT + MT + IT

(1.2)

1.9 Il grado di meccanizzazione e di automazione


Il termine automazione la traduzione letterale della parola americana AUTOMATION, coniata ex novo nel 1946 da D. S. Harder (Vice Presidente della Ford Motor Company) per indicare il trasferimento automatico dei materiali da una stazione di lavoro alla successiva. I significati che la parola ha via via assunto, sono comunque riconducibili ai due concetti seguenti: a) l'automazione non si identifica con una specifica tecnologia, ma individua un criterio di razionalit nell'applicazione delle diverse tecnologie o nell'organizzazione della gestione aziendale (azienda come SISTEMA); b) l'automazione consiste nell'impiego di particolari automatismi. Secondo il primo concetto necessario inquadrare nel "sistema dell'azienda" il ricorso ad automatismi di grado pi elevato, con una visione che non sia soltanto quella particolare dell'operazione in esame. E' appunto questa la differenza tra Automazione e Meccanizzazione: mentre quest'ultima si realizza con una qualsiasi sostituzione di automatismi al lavoro umano o con l'introduzione di automatismi di grado elevato al posto di quelli pi elementari, la prima invece si ottiene con una meccanizzazione inquadrata in una visione di insieme di tutto il sistema aziendale. Facendo ora riferimento al secondo concetto, all'automazione sono stati attribuiti i seguenti significati: a) "INTEGRAZIONE" E' noto che in FORD con il termine "automazione" si inteso l'impiego di sistemi di trasporto meccanizzati per il collegamento di macchine operatrici, al fine di ottenere una drastica riduzione dei tempi morti. In tal senso l'automazione l'integrazione delle fasi attive di lavorazione con quelle passive di trasporto, passando cos dalla macchina automatica al ciclo automatico. b) "IMPIEGO DELLA REGOLAZIONE AUTOMATICA" L'automazione si identifica con l'impiego della regolazione automatica, cio di dispositivi di controllo che mostrano una spinta analogia di funzionamento con la guida umana delle macchine. c) "IMPIEGO DI AUTOMATISMI DI GRADO ELEVATO" Pagina 13 di 17

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In tal caso non si fa esplicito riferimento all'impiego degli elaboratori elettronici, ma soltanto a sistemi complessi. d) "GUIDA AUTOMATICA DELLE MACCHINE" Questo significato estende ulteriormente quello di cui al punto precedente. AUTOMAZIONE RIGIDA E FLESSIBILE Un sistema automatico generalmente costituito da una parte rigida, cio dipendente dallo specifico prodotto che si intende realizzare (ad es.: attrezzatura di staffaggio, programma di lavorazione per una macchina a Controllo Numerico), e da una parte flessibile (ad es.: macchina CN). Le variabili fondamentali che devono essere considerate per il calcolo di convenienza economica, relativo all'utilizzo di sistemi di produzione automatici in sostituzione dell'uomo, sono: N = numero globale dei pezzi da produrre; Tc = tempo ciclo manuale; Cs = costo di un operaio, per unit di tempo; Tr = tempo ciclo per il sistema automatico; Ta = tempo di intervento dell'uomo, per ogni pezzo prodotto con il sistema automatico; Ia = costo dell'investimento rigido; Kr = quota di ammortamento, per unit di tempo, della parte flessibile. La condizione fondamentale di convenienza del sistema automatico rispetto alla soluzione manuale espressa da: N Tc Cs N Kr Tr + N Cs Ta + Ia Risolvendo la (1.3) rispetto a Tr si ottiene: Tr [Cs (Tc - Ta) - Ia / N] / Kr . Tr [Cs (Tc - Ta)] / Kr . pertanto la sua assistenza, anche Ta = O e la (1.5) si semplifica in Tr (Cs Tc) / Kr ovvero Tr/Tc Cs/Kr dell'uomo deve essere minore o uguale al rapporto inverso dei rispettivi costi. Risolvendo ora la (1.3) rispetto a Ta si ottiene: Ta Tc - (Kr Tr / Cs) - (Ia / N Cs) (1.8) (1.7) che esprime la condizione che il rapporto tra il tempo ciclo del sistema automatico e quello (1.6) (1.4) (1.5) Se facciamo l'ipotesi che non occorrano attrezzature specifiche, cio Ia = 0, la (1.4) diventa: Se ipotizziamo inoltre che il sistema automatico sostituisca completamente l'uomo e non richieda (1.3)

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Con l'ipotesi che risulti kr = 0, cio che il sistema automatico sia completamente rigido, la (1.8) si trasforma in: Ta Tc - (Ia / N Cs) ovvero Ia N Cs (Tc - Ta) (1.10) che esprime la condizione limite di convenienza per la scelta delle macchine specifiche o attrezzature monoscopo, condizione per la quale il costo di tali attrezzature deve essere interamente recuperato durante lo svolgimento di quella sola operazione. Se nella (1.9) ipotizziamo che N tenda all'infinito, risulta: Ta Tc . Se invece nella (1.10) poniamo Ta = 0, si ha che Ia N Cs Tc . considerazione possono variare entro i seguenti limiti: 0 Tr (Cs Tc) / Kr 0 Ta Tc 0 Ia N Cs Tc individuare il dominio di convenienza stabilito dalla condizione (1.3). (1.13) (1.14) (1.15) (1.12) In definitiva, le analisi finora fatte consentono di concludere che le tre variabili Tr, Ta e Ia prese in (1.11) (1.9)

In fig.4 riportata una rappresentazione spaziale delle tre condizioni introdotte, che consentono di

Fig. 1.4 Tetraedro della convenienza economica

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1.10 Il Break Even Point (BEP)


Uno degli strumenti di analisi pi significativi il diagramma del punto di pareggio (Break Even Point). Questo diagramma descrive due relazioni [2]: 1. I costi totali di produzione (CT ), che sono la somma dei costi fissi (CF ) indipendenti dal volume di produzione e dei costi variabili (CV ) funzione del numero di prodotti realizzati; 2. I ricavi (R), che sono pari al prodotto del prezzo unitario (P) per i pezzi venduti (V). Il diagramma corrispondente, detto diagramma del punto di pareggio (vedi figura 1.5), mostra il punto nel quale il processo produttivo recupera i costi: infatti il BEP proprio il punto del diagramma ove i ricavi ottenuti dalle vendite uguagliano i costi totali di fabbricazione. Esaminando il diagramma possibile individuare la quantit di prodotto che necessario produrre e vendere per ottenere il pareggio tra i ricavi e i costi.

Costi/Ricavi

Ricavi CT CV

CF BEP
Fig. 1.5 Diagramma del BEP Per calcolare il BEP necessario stimare i costi fissi e variabili per differenti volumi di produzione. Quando la Break Even Analysis (BEA) viene utilizzata per decidere lacquisto di un macchinario, i costi fissi sono principalmente i costi di ammortamento, i costi di installazione e di assicurazione. I costi variabili sono, invece, quasi interamente costituiti da materie prime e manodopera diretta [7]. Analiticamente e considerando le relazioni precedenti si ha: CT = CV + CF Pagina 16 di 17 (1.16)

Quantit

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R = P V

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I costi variabili sono proporzionali al volume di produzione, quindi assumendo C pari al costo per unit di prodotto realizzato abbiamo:

CV = C1 V
dalla definizione di BEP abbiamo che CT = R e quindi:

(1.18)

C 1 V + CF = P V V= CF V P C1

(1.19) (1.20)

Questa relazione consente di calcolare il volume di produzione necessario per raggiungere il punto di pareggio e, quindi, fornisce indicazioni sulla capacit da parte del processo produttivo di realizzare utili con i volumi produttivi attesi. Ad esempio, se il prezzo di acquisto di un nuovo pannello solare `e di $100 per ogni unit, i costi per le materie prime e per la manodopera sono di $80 per unit, e i costi fissi sono di $20000 mensili, si potr calcolare quanti pannelli dovranno essere prodotti e venduti per raggiungere il punto di pareggio:

V=

20000 = 1000 unit 100 80

Bibliografia
[1] A. Grando. Produzione e Logistica. Enciclopedia dellImpresa. UTET Libreria, 1996. [2] Fogarty, Hoffmann, and Stonebraker. Production and Operation Management. International Thomson Publishing, international student edition, 1989. [3] S.A. Melnyk and D.R. Denzler. Operations Management. McGraw-Hill, 1996. [4] G. Azzone and U. Bertele. Measuring the economic effectiveness of flexible automation: a new approach. International Journal of Production Research, 27:735746, 1989. [5] P.H. Brill and M. Mandelbaum. On measure of flexibility in manufacturing system. International Journal of Production Research, 27:747756, 1989. [6] L. Kren and T. Tyson. Using cycle time to measure performance and control costs in focused factories. University of Wisconsin-Milwaukee and St. John Fisher College. [7] T.E. Hendrick and F.G. Moore. Production/Operations Management. IRWIN, Homewood Illinois, ninth edition, 1985.

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