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Lezione n1

Premessa
Usualmente indichiamo con il nome di chimica quella branca delle scienze naturali che si interessa allo studio della costituzione, delle propriet della materia e delle trasformazioni di essa, siano esse naturali o provocate dalluomo. La Materia costituita da atomi eguali o diversi, uniti fra loro da forze di legami che dipendono strettamente dalla struttura elettronica degli atomi. ora importante considerare che le propriet della materia dipendono non solo dalla natura degli atomi che la costituiscono, ma anche dalla natura dei legami che tali atomi tengono uniti. Es. : Le molecole di cianato ammonico (a) e di urea (b) sono costituite dal medesimo numero degli stessi atomi (4 atomi H, 2 atomi N, 1 atomo C, 1 atomo O)

H2N NH
+ 4

N =C=0 H2N (a)

C=0 (b)

ma poich questi due atomi sono fra loro legati in modo diverso nelle due molecole, queste presentano propriet del tutto diverse. E sempre i legami fra atomi e/o fra molecole rompendosi o formandosi secondo rigide regole, determinate da fattori energetici, sono i principali protagonisti nelle trasformazioni della materia. A questo punto possiamo allora dare una definizione senzaltro pi moderna della chimica:

Essa studia essenzialmente la natura e le trasformazioni dei legami fra atomi.

Generalit sulla struttura dellatomo.


Da un punto di vista razionale lo studio dellatomo inizi nel 1911 quando E. Rutherford ide per la sua struttura un modello chiamato planetario che segn linizio delle speculazioni nel campo della fisica e della chimica. Secondo questo modello latomo costituito: Da un nucleo centrale in cui risiede la quasi totalit della massa dellatomo (1) ed in cui sono presenti cariche elementari positive(2) in numero costante per ogni specie atomica; Da elettroni ruotanti attorno al nucleo (ogni elettrone costituito da una carica elementare negativa) in numero eguale a quello delle cariche positive presenti nel nucleo stesso. Il sistema atomo perci, nel suo complesso, elettricamente neutro. Per quanto riguarda il valore attribuito alla massa dellelettrone (m0 = 9,106610-28 g.) dobbiamo fare qualche ulteriore considerazione: la teoria della relativit ci informa che la massa dellelettrone funzione della velocit con cui esso si muove. Se indichiamo ora con m la massa dellelettrone, con v la sua velocit, e con c la velocit della luce: 1 ( 1 - v2 /c2 )1/2 ed essendo usualmente i valori di v di gran lunga minori di c, il termine v2/c2 diviene trascurabile rispetto allunit e quindi m m0 ed il valore di m0 viene indicato come massa dellelettrone in quiete (rest mass), e ad esso ci si riferisce quando, genericamente, si parla di massa dellelettrone. m=m0

I raggi degli atomi, che in prima approssimazione possiamo considerare di forma sferica, sono dellordine di 10-8cm. e quelli dei nuclei di 10-12 10-13cm.; quindi meno di un bilionesimo del volume dellatomo occupato da materia e la struttura atomica si pu considerare una struttura vuota. Il modello atomico di Rutherford, considerando gli elettroni in moto attorno al nucleo, un modello dinamico, infatti non ci si pu immaginare per latomo un modello statico, poich un sistema di cariche elettriche ferme non pu stare in equilibrio(3). Questo modello dinamico, per, era in disaccordo con la teoria elettromagnetica classica, che era lunica esistente al momento della presentazione del modello atomico di
Rutherford elabor il modello atomico in base ai risultati ottenuti studiando il passaggio di particelle attraverso sottilissimi fogli metallici e le conseguenti deviazioni delle traiettorie da esse percorse 2 possiamo considerare la massa dellatomo concentrata nel nucleo; questo formato, in prima approssimazione, da neutroni (particelle neutre) e da protoni (particelle cariche positivamente), e la massa di ciascuna di queste particelle 1836 volte maggiore di quella dellelettrone; quindi la massa degli elettroni presenti in un atomo trascurabile rispetto a quella del nucleo.
1 3

S.Earnshaw aveva mostrato che particelle in quiete in un mezzo elastico non possono essere mantenute in equilibrio mediante forze agenti con la legge dellinverso del quadrato delle distanze; J.Maxwell dimostr la validit del teorema anche nel caso di particelle cariche elettricamente.

Rutherford; la vecchia teoria , infatti, prevedeva che un elettrone che si muove nellatomo, irradi energia sotto forma di onde elettromagnetiche, e ci in disaccordo con la stabilit degli atomi(4).

Lezione n2
Interpretazione quantistica dellatomo di idrogeno.
N. Bohr nel 1913 diede al modello atomico di Rutherford le basi teoriche che gli mancavano e che costituirono il punto di partenza di un rapidissimo progresso scientifico. Bohr, partendo dallammissione che nellatomo gli elettroni sono in moto ma non irradiano necessariamente energia, ipotizz, in contrasto con la teoria elettromagnetica classica, che esistessero alcuni stati, fra gli infiniti possibili, in cui lelettrone potesse muoversi senza emettere energia, conservando quindi costante la sua energia totale(energia cinetica + energia potenziale). Questi stati presero il nome di stati stazionari. Postul poi, come condizione che un elettrone muovendosi su di unorbita non emetta energia, che si trovi cio in uno stato stazionario, che il valore del momento angolare dellelettrone che percorre lorbita sia un multiplo intero della grandezza h/2 (h costante di Planck = 6,62510-27 erg.sec.).(5 ) Questa condizione implica allora che il momento angolare dellelettrone non pu assumere tutti i valori possibili, ma solamente alcuni. Imporre questa limitazione significa quantizzare il momento angolare; questo, quindi, pu variare solo per quanti, multipli interi di un valore minimo (h/2)(6). Il valore (modulo) del momento angolare di un punto materiale di massa m che ruota lungo una circonferenza di raggio r con velocit v dato dal prodotto mvr, cio dal prodotto del raggio per la quantit di moto (mv).

Se ora indichiamo quindi con m la massa dellelettrone, con v la velocit, con r il raggio dellorbita, supposta circolare, la quantizzazione del momento angolare espressa secondo Bohr, dalla h 2 in cui n pu assumere i valori interi 1,2,3,4,..
4

mvr = n

(1)

Se lelettrone emettesse onde elettromagnetiche durante il suo moto, diminuirebbe continuamente il suo contenuto in energia ed il raggio della sua orbita ,e ci lo porterebbe a cadere sul nucleo, seguendo un moto a spirale in un tempo brevissimo dellordine di 10-11secondi. 5 Questo postulato assume grande importanza poich attribuisce allelettrone la possibilit teorica di ruotare indefinitamente attorno al nucleo senza diminuire la sua energia, cio senza emettere radiazione. 6 Ogni qual volta una grandezza pu assumere solo valori discontinui, si dice che essa quantizzata: ad es. una quantit di elettricit una grandezza quantizzata perch pu assumere soltanto valori multipli della carica dellelettrone, che , in questo caso, rappresenta il valore minimo permesso di carica elettrica, cio il quanto di elettricit.

Quantizzazione dei raggi delle orbite dellatomo H


Usiamo ora la (1) per la trattazione quantistica dellatomo di idrogeno secondo la teoria di Bohr. Per quanto riguarda lunico elettrone dellatomo di idrogeno che ruota attorno al nucleo, deve essere soddisfatta la condizione che il valore della forza coulombiana (e2/r2)(7) che attrae lelettrone (negativo) verso il nucleo (positivo) sia eguale a quello della forza di inerzia (mv2/r) diretta lungo il raggio e volta verso lesterno, che tende ad allontanarlo dal nucleo stesso: e2/r2 = mv2/r (2) dalla (1) ricaviamo r= nh 2mv cio r2 = n2h2 42m2v2

e sostituendo questa espressione di r2 nella (2) avremo: 42m2e2v2 n2h2 da cui r = n2 _____h2____ 42me2 = r mv2

(3)

espressione in cui non compare pi la velocit dellelettrone e che mostra come, in conseguenza della (1), risultano quantizzati anche i raggi delle orbite dellelettrone dellatomo di idrogeno corrispondenti ai possibili stati stazionari(8) . Proviamo ora a fare due conti: (6,62510-27)2 n = 1; r =1
2

= 0,53 10-8cm. = 0,53A 42 (9,11 10-28) (4,80 10-10)

n = 2; r = 22 0,53A = 2,12A n=3 r = 32 0,53A = 4,77A

Stiamo ora considerando la forza che si esercita fra lunico elettrone dellatomo di idrogeno e il corrispondente nucleo, che viene indicato con il nome di protone. Questi due corpuscoli sono dotati di cariche eguali ed opposte ed interagiscono proprio secondo la legge di Coulomb, la quale funziona non solo fra corpi macroscopici carichi, ma anche fra i costituenti dellatomo: F = k0 e2/r2 8 Indicheremo col nome di stato stazionario (dellelettrone) anche lorbita ad esso relativa.

Lezione n3 Quantizzazione delle energie dellelettrone dellatomo H.


Ad ogni orbita corrisponde un definito valore dellenergia dellelettrone che la percorre ed anchessa quantizzata. Lelettrone dellatomo di idrogeno che percorre unorbita di raggio r attorno al nucleo di carica +e possiede una energia potenziale V dovuta alla posizione dellelettrone nel campo elettrostatico del nucleo, ed una energia cinetica T dovuta al moto. Lenergia totale dellelettrone quindi la somma di queste due energie. E poich: Energia potenziale V = - e2/r ( 4 )9

Energia cinetica

T = mv2/2

( 4 )

Definiamo lenergia potenziale di un elettrone in riferimento ad un arbitrario zero di energia potenziale. Assumiamo come energia zero quella dellelettrone a distanza infinita dal nucleo. Nel passaggio di un elettrone da distanza a distanza r dal nucleo lenergia potenziale dellelettrone diminuisce, e ci spiega il segno nella 4.

possiamo pi comodamente esprimere T servendoci della ( 2 ) : e2/r = mv2 T = e2/2r (5)

quindi secondo la (4) e la (5) lenergia totale E dellelettrone risulta: E = - e2/r + e2/2r = - e2/2r Se poi sostituiamo nella (6) lespressione di r ottenuta nella (3) avremo per quanto riguarda lo stato stazionario n: Formula Quantizzazione En = - 22me4 = -1/n2 22me4 2 2 2 Energia (7) nh h Daltra parte noi gi sappiamo che n, che indichiamo col numero quantico principale, pu esclusivamente assumere valori interi ( n= 1,2,3,4, .) e quindi la (7) esprime la quantizzazione dellenergia dellelettrone dellatomo H. Conseguentemente, poich lelettrone dellatomo di H pu soltanto avere i valori di energia definiti dalla (7), cui corrispondono le orbite, cio gli stati stazionari i cui raggi sono definiti dalla (3), se forniamo energia allelettrone che ad es. si trova sullo stato stazionario caratterizzato da n=1, essa potr essere assorbita dallelettrone solo se sufficiente a far saltare lelettrone dal primo stato stazionario ad uno sccessivo.10 Lelettrone eccitato tende poi a tornare spontaneamente nello stato di minore energia (n=1) rimettendo sotto forma di radiazione lenergia assorbita nelleccitazione. A questo punto dobbiamo ricordare che M. Plank ed A. Einstein avevano stabilito che ad una radiazione di frequenza associato un quanto di energia (fotone), definito dalla: =h (8)

dove h la costante di Plank (h=6,62510-27ergsec.). La (8) esprime il fatto che una radiazione manifesta la propria energia in modo discontinuo, per quanti di energia , e mostra la relazione fra il valore di questi e la frequenza della radiazione. Quindi, per fornire allelettrone energia radiante, dobbiamo servirci di una radiazione di frequenza opportuna: lelettrone cos assorbe il quanto di energia, si eccita e passa da uno stato stazionario ad un altro a maggiore contenuto energetico. Nel ritorno allo stato iniziale lelettrone eccitato rimette energia sotto forma di radiazione.

Valore di n

Energia (erg)

1
10

-217,310-13

Aumentando il valore di n, cio allontanandosi lelettrone dal nucleo, passando da uno stato stazionario ad uno successivo, aumenta per la (7) il contenuto di energia dellelettrone e si dice che latomo o lelettrone eccitato; ed al limite, per n tendente ad il valore di E tende a zero.

2 3 4 5 6

-54,3 -24,2

-13,60 -8,7 -6,04

Ad es. in base ai dati della tabella precedente possibile calcolare la lunghezza donda della radiazione emessa dallelettrone dellatomo H, eccitato sullo stato n=2, che torna allo stato fondamentale n=1; =(-54,3+217,3)10-13 erg, e, per la (8) si ha: 16310-13 = 6,62510-27 ; = 24,61014sec.-1

e poich la frequenza () di una radiazione di data lunghezza donda () e velocit della luce (c) esiste la relazione =c/, = 31010 = 1220A

Abbiamo cos stabilito che al salto appena descritto dellelettrone dellatomo H corrisponde lemissione di una radiazione di lunghezza donda = 1220 A.

Lezione 4 Completamenti successivi alla quantizzazione di Bohr


La teoria di Bohr si dimostr presto insufficiente a descrivere il comportamento spettroscopico di atomi pi complessi dellatomo H, cio contenenti pi di un elettrone. Negli spettri di questi atomi si rivelarono infatti aggruppamenti di righe vicinissime fra loro (multipletti) che non si potevano interpretare rispetto al modello atomico di Bohr. A. Sommerfeld diede una spiegazione della esistenza dei multipletti (1915) applicando agli elettroni degli atomi le leggi di Keplero. Ipotizz, infatti, che nellatomo lelettrone percorresse orbite ellittiche di cui il nucleo occupa uno dei fuochi e quantizz questo nuovo sistema analogamente a quanto aveva fatto Bohr con il suo sistema ad orbite circolari. La sostituzione di orbite circolari (definite da un solo parametro: il raggio) con orbite ellittiche (definite da due parametri: i due assi) ebbe come conseguenza che nella nuova quantizzazione delle orbite elettroniche ellittiche fu necessario introdurre due numeri quantici che indichiamo con le lettere n ed l, invece di uno soltanto, come nella 7

quantizzazione delle orbite elettroniche circolari. I numeri quantici n ed l regolano, rispettivamente, la quantizzazione dellasse maggiore e dellasse minore dellellisse. Ambedue i numeri quantici n ed l (in special modo n) concorrono a determinare i valori quantizzati delle energie, mentre solo il numero quantico l che determina la quantizzazione della eccentricit (quindi della forma) dellellisse che lelettrone pu percorrere nei suoi stati stazionari. Sommerfeld mostr che i numeri quantici n ed l non possono assumere valori a piacere=2, ma solo determinati valori, fra loro dipendenti. Ad esempio, per ogni valore di n, l pu assumere i valori compresi fra 0 ed (n-1) cio: n = 1,2,3,4. l = 0,1,2,3, (n-1) Tutto questo significa che per un elettrone per cui ad es. n=2; l pu assumere i valori 0 ed 1; a questi valori dei numeri quantici corrispondono due orbite (n=2, l=0; n=2, l=1) che differiscono per la forma de anche, seppur di poco, per i valori di energia (E2,0; E2,1).11 Secondo Bohr, invece, ad un unico numero quantico, ad es. n=2, corrisponde una sola orbita, circolare, ed un unico valore di energia (E2) per lelettrone che la percorre. La molteplicit prevista da Sommerfeld per i valori dellenergia (poco differenti fra loro per elettroni co medesimo numero quantico n) aumenta il numero dei salti possibili, cio delle righe dello spettro, che risultano assai vicine per salti relativi ad uno stesso numero quantico n.

l =1 n=2 E2 n=2 l=0

E2,1 E2,0

= hv

0=hv0 1=hv1

n=1 Energia

E1

n=1

E1

Nella figura mostrato come possibile interpretare lo sdoppiamento della riga di frequenza v in due frequenze v0, v1, assai vicine fra loro (doppietto).

Questo affinamento della teoria di Bohr si mostr ancora insufficiente per linterpretazione di certi altri sdoppiamenti di righe che si riscontravano negli spettri degli atomi sottoposti, durante leccitazione, ad un campo magnetico esterno (effetto Zeeman, 1896).
11

Avevamo detto precedentemente che se nella trattazione di Bohr si ammette che lelettrone dellatomo di idrogeno percorre unorbita ellittica invece che circolare, si giunge agli stessi risultati essenziali: in particolare lenergia dellelettrone che percorre unorbita ellittica data anchessa dalla espressione (7). Poich nella (7) non compare il numero quantico l, ci significa che lenergia dellelettrone dellatomo di idrogeno indipendente dalleccentricit dellellisse, e dipende solamente da n, cio dalla lunghezza dellasse principale.

Si ipotizz, allora, che come una corrente elettrica (flusso di elettroni) percorrendo una spira genera un campo magnetico, cos lelettrone di un atomo ruotando attorno al nucleo genera anchesso un campo magnetico. Tenendo quindi conto di questo campo magnetico, risult necessario, per caratterizzare lelettrone, introdurre un nuovo parametro, cui fu dato il nome di numero quantico magnetico(m) che pu assumere i valori 0,+-1, +-2, +-3, +-l . Infine lo studio di altri sdoppiamenti particolari e la relativa trattazione teorica indussero a ritenere che lelettrone durante il suo moto attorno al nucleo ruotasse anche su se stesso, in senso orario o antiorario, generando cos un secondo campo magnetico nellatomo; per tener conto di ci fu introdotto un quarto numero quantico, chiamato numero quantico magnetico di spin (o semplicemente spin) indicato con ms, che pu assumere i valori +-1/2 a seconda del senso di rotazione. (S.Goudsmit e G. Uhlenbeck, 1925) Possiamo per finire notare che mentre in assenza di campo magnetico esterno sono soltanto i valori di n e di l che, come abbiamo detto, determinano i valori delle energie degli elettroni dellatomo, in presenza di tale campo anche i numeri quantici magnetici influenzano, sia pure modestamente, i valori delle predette energie (donde gli sdoppiamenti di righe in campo magnetico). Di regola, comunque, in un corso elementare di chimica, rarissimo incontrare casi in cui sia necessario tener conto dei numeri quantici magnetici agli effetti delle energie degli elettroni di un atomo.

Lezione n5 Principio di esclusione.


Rispetto a quanto appena detto, sono 4 i numeri quantici necessari per caratterizzare lo stato di ciascun elettrone di un atomo, ed i valori possibili di ciascuno di essi, sono cos riuniti: n l m ms = 1, 2, 3, 4 = 0, 1, 2, 3, ..(n-1) = 0, =
+ + -

numero quantico principale numero quantico angolare numero quantico magnetico numero quantico di spin

1,

+ -

2,

+ -

3, ..+-l

1/2

Assume ora grande importanza lenunciazione del principio di esclusione (W.Pauli, 1925): in uno stesso atomo non possono coesistere due elettroni che abbiano i quattro numeri quantici uguali.

Ci significa che in un atomo con pi elettroni, distribuiti su tutti i livelli energetici possibili, ogni elettrone caratterizzato da una quaterna di numeri quantici diversa da quelle relative a ciascuno degli altri elettroni.

La trattazione dellatomo iniziata da Bohr e perfezionata da Sommerfeld, Goudsmit, Uhlembeck ed altri fra il 1913 ed il 1925, non pu essere ritenuta soddisfacente, perch essa non il prodotto della elaborazione di una teoria unitaria, ma della necessit di interpretare successivi risultati sperimentali; come tale essa sarebbe perennemente soggetta a dimostrarsi insufficiente per linterpretazione di un nuovo imprevisto risultato sperimentale. Possiamo per ritenere valide le sue conclusioni perch confermate da successive rigorose applicazioni della meccanica ondulatoria della struttura dellatomo.

Lezione n6
10

Onda associata.
In seguito alla teoria quantistica di Bohr fu sviluppata una nuova teoria sulla struttura dellatomo, nata dalla geniale intuizione di L.De Broglie della natura ondulatoria dellelettrone. Largomento di notevole complessit e quindi ne accenneremo solamente alcuni aspetti ed alcuni risultati che si ritengono essenziali. A.Einstein enunci nel 1923 la teoria della natura dualistica corpuscolare-ondulatoria della luce, che associava ad unonda di frequenza n un fotone di energia secondo la (8); egli aveva anche dato lequazione di equivalenza fra massa (m) ed energia () = mc2 dove c la velocit della luce. Dalle (8) e (12) otteniamo che: hn = mc2 e ricordando che n=c/ avremo: = h/mc dove mc prodotto della massa del fotone per la sua velocit, rappresenta la quantit di moto del fotone stesso. De Broglie (1924) estese lassunto di Einstein, relativo al fotone, dimostrando che ad ogni corpuscolo materiale di massa m in moto con velocit v associata una radiazione la cui lunghezza donda data dalla relazione: = h/mv (12) (12) (12)

Nel 1927 C. Davisson e L.Germer applicarono i risultati teorici di De Broglie al caso di elettroni in moto in un campo elettrico: essi pensarono che se agli elettroni in moto era associata unonda, un fascio di elettroni in moto avrebbe dovuto presentare le propriet di una radiazione; riuscirono a dimostrare ci sperimentalmente12 e verificarono lesattezza della relazione (12).
12

Dimostrarono che bombardando un cristallo di nichel con un fascio di elettroni di opportuna energia si ottenevano gli stessi effetti di diffrazione che si ottenevano con raggi X di lunghezza donda pari a quella calcolabile con la (12) per londa associata agli elettroni. Una nota applicazione di questa associazione elettrone-onda elettromagnetica si ha nel microscopio elettronico: lingrandimento ottenibile in una osservazione microscopica legato al valore della lunghezza donda () della radiazione con cui viene effettuata losservazione; se indichiamo con d il potere risolutivo di un microscopio, cio la minima distanza a cui possibile distinguere due punti, esiste la relazione (di E. Abbe 1873): d = /2nsin dove n rappresenta il valore dellindice di rifrazione del mezzo ed langolo fra lasse dellobiettivo ed i raggi pi inclinati che possono venir raccolti dallobbiettivo stesso. La formula ci dice che anche con obiettivi di grande luminosit (nsin tendente a 1) non possibile distinguere due punti la cui distanza sia < /2. Negli attuali microscopi ottici il valore minimo di d circa 2500A e scende a circa 1000A per osservazioni compiute con luce ultravioletta (=1800A). Il grande potere risolutivo del microscopio elettronico dovuto al fatto che associata ad un fascio di elettroni (che si muovono nel vuoto) pu essere resa assai piccola, in base alla relazione =h/mv, accelerandoli con un opportuno campo elettrico, cio aumentando a piacere il valore di v. Il microscopio elettronico, allora, consiste schematicamente, in un tubo mantenuto sotto alto vuoto, in una estremit del quale contenuto un filamento riscaldato elettricamente che emette elettroni; questi accelerati da un campo elettrico e focalizzati sul preparato in esame da un sistema di lenti elettrostatiche e magnetiche, lo attraversano e ne danno limmagine su una lastra fotografica o su uno schermo fluorescente posto allaltro estremo del tubo.

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In seguito, nel 1932, O. Stern prov che anche un fascio di atomi o di molecole d luogo a fenomeni di diffrazione, come un fascio di elettroni, e dimostr cos che il concetto di onda associata valido per ogni forma di materia. Il concetto di onda associata allelettrone di enorme importanza. Possiamo fare riferimento ad alcune analogie con la pi familiare onda luminosa. In unonda di questo tipo noto che il quadrato dellampiezza dellonda in ogni punto proporzionale alla misura dellintensit luminosa in quel punto; se pensiamo alla luce come avente doppia natura corpuscolare-ondulatoria (Einstein), lintensit luminosa anche concepibile come proporzionale alla probabilit di trovare in quel punto il fotone. Estendiamo ora quanto appena detto al caso elettrone-onda associata, possiamo considerare questultima come unonda di probabilit, tale cio che il quadrato dellampiezza dellonda in ogni suo punto proporzionale al valore della probabilit di trovare in quel punto lelettrone. Questo significa che londa di probabilit anche unonda di densit di elettricit , perch i punti dove maggiore la probabilit di trovare lelettrone saranno anche i punti di maggiore densit di carica elettrica.

Lelettrone, entit ben definita nella teoria quantistica, perde la sua individualit nella teoria ondulatoria, nella quale risulta delocalizzato in unonda di probabilit. Con lintroduzione di questi nuovi concetti, il generico elettrone di un atomo, ad esempio lunico elettrone di un atomo di idrogeno, non pi una particella che ruota attorno al nucleo su unorbita ben individuata, ma va considerato come elettricit delocalizzata in unonda che, in base al valore del quadrato dellampiezza in ogni suo punto, consente di conoscere la probabilit che lelettrone si trovi in quel punto.

Nonostante le premesse allo studio dellatomo con la teoria ondulatoria siano totalmente diverse da quelle viste nel caso della teoria quantistica di Bohr, comunque vedremo che le due teorie portano a molti risultati formalmente coincidenti.

Lezione n7

12

Trattazione ondulatoria degli elettroni di un atomo ed orbitali.


Londa associata di un elettrone, che si muove circolarmente attorno ad un nucleo, unonda stazionaria

comprendente un numero intero (n) di lunghezze donda (); se indichiamo con r la distanza media fra il nucleo ed il treno donde (che riteniamo circolare) possiamo scrivere: 2r = n e per la (12) 2r = n h/mv od anche mvr = n h/2 (13)

La (13) che stata ottenuta ammettendo la teoria ondulatoria dellelettrone, esprime anche la condizione di quantizzazione che abbiamo visto introdotta da Bohr. Questa coincidenza rappresenta un primo punto di contatto fra teoria ondulatoria e teoria quantistica. Il modello ondulatorio dellelettrone consente di stabilire le zone dello spazio attorno al nucleo di un atomo ove massima la densit di carica elettrica negativa. Poich dalla ricopertura di queste zone di massima densit di carica, indicate con il nome di orbitali, che si formano i legami fra gli atomi, la conoscenza del numero delle forme e dellorientamento degli orbitali nei vari atomi di fondamentale importanza per interpretare e prevedere struttura e propriet delle specie chimiche. Tale conoscenza resa possibile tramite lequazione di Schrdinger, dalla cui risoluzione si ottengono funzioni (che indicheremo con la lettera ) che permettono di rappresentare geometricamente gli orbitali. Lequazione di Schrdinger matematicamente complessa e non ci interessa in questa sede neppure formularla non essendo essenziale per la comprensione delle parti successive. Le funzioni scelte fra le infinite funzioni che rappresentano le soluzioni dellequazione di Schrdinger, consentono di rappresentare la distribuzione spaziale della carica elettrica dovuta agli elettroni di un atomo. A queste della teoria ondulatoria fanno idealmente riscontro le orbite della teoria quantistica: secondo questultima ciascun elettrone ruota attorno al nucleo su unorbita definita e con un determinato valore dellenergia; secondo la teoria ondulatoria, invece, lo stesso elettrone si trova delocalizzato attorno al nucleo, in una definita onda stazionaria cui corrisponde egualmente un determinato valore dellenergia dellelettrone. Per queste analogie formali le prendono comunemente il nome di orbitali. 13

Nelle espressioni matematiche di questi orbitali compaiono tre coefficienti, fra i cui valori sussistono le medesime relazioni viste per i numeri quantici n, m, l nella trattazione quantistica. Se indichiamo i predetti coefficienti con queste stesse lettere abbiamo: n l m = 1, 2, 3, 4 = 0, 1, 2, 3, ..(n-1) = 0,
+ -

1,

+ -

2,

+ -

3, ..+- l

Successivi sviluppi teorici portarono P. Dirac ad introdurre un quarto coefficiente anchesso formalmente identico al gi visto numero quantico di spin (ms = +- ); quindi in ambedue le teorie, quantistica ed ondulatoria, ciascun elettrone definito dai medesimi numeri quantici. Questo risultato rappresenta una seconda coincidenza fra teoria quantistica e teoria ondulatoria ed anche in questo caso la coincidenza formale. Infatti nella teoria quantistica a ciascun numero quantico associata una realt fisica (assi dellellisse percorsa dallelettrone e campi magnetici da esso generati), mentre nella teoria ondulatoria i numeri quantici rappresentano esclusivamente coefficienti numerici di equazioni ai quali non pu attribuirsi alcun significato fisico visualizzabile. Possiamo ancora notare che la coincidenza di risultati fra le due teorie, per quanto riguarda i numeri quantici, va oltre quanto detto; infatti anche nella teoria ondulatoria come in quella quantistica, sono i valori dei numeri quantici n ed l, particolarmente di n, quelli che determinano (in assenza di campi magnetici esterni) le energie degli orbitali, le cui forme sono invece principalmente definite dal valore di l, e le cui orientazioni relative sono dipendenti dal valore di m. Il generico orbitale con numeri quantici di valore n, l, m, si scrive dando tali valori come indici, nellordine n, m, l, : nlm. Ad esempio un orbitale con n=2, l=1, m=0 si scriver: 210 . Possiamo ancora aggiungere che corrispondentemente ai diversi valori che pu assumere l, i relativi orbitali vengono convenzionalmente indicati con le seguenti lettere:

orbitali con l=0 orbitali con l=1 orbitali con l=2 orbitali con l=3

orbitali s orbitali p orbitali d orbitali f

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Lezione n 8 Forme degli orbitali.


Abbiamo detto che dal valore del numero quantico l dipende la forma dellorbitale nello spazio. Quello che per ci interessa conoscere maggiormente per scopi chimici non la forma dellorbitale ma la forma della funzione (ricavata da ) che ci fornisce la probabilit di trovare lelettrone in un punto dello spazio: essa descrive infatti forma e densit elettronica della nube di elettricit corrispondente ad un elettrone che si trova sullorbitale , e sono appunto queste nubi che troveremo alla base dei legami chimici. Orbitali s (l=0) La trattazione ondulatoria dellatomo di idrogeno (che abbiamo omesso) porta alla conclusione che la probabilit radiale di trovare nello spazio lelettrone dellatomo H (nel suo stato fondamentale n=1, l=0 ) massima alla distanza di 0,53 A dal nucleo, cio su una superficie sferica con raggio 0,53 A, e centro nel nucleo.

15

Quanto abbiamo detto nel caso particolare dellelettrone 1s (13 ) dellidrogeno pu essere generalizzato per ogni elettrone ns, e pertanto la distribuzione di elettricit in un orbitale s sempre sferica.

Orbitali p (l=1) Gli orbitali p possibili (tab. sopra) sono sempre in numero di tre, perch ad l=1 corrispondono per m i tre valori m=1, m=0, m=-1; per un generico numero quantico principale n>2 gli orbitali p sono quindi: n,1,1 n,1,0 n,1,-1

Il calcolo relativo alla distribuzione angolare della carica degli elettroni sugli orbitali p, porta ad attribuire ad essi le tre forme, ortogonali tra loro, di fig.5b. Abbiamo spesso ripetuto che i numeri quantici che determinano il valore dellenergia di un orbitale (14) sono n ed l; poich allora i tre orbitali p relativi ad uno stesso n hanno sempre uguali i valori di n e di l, essi sono isoenergetici: orbitali di eguale energia vengono indicati con il nome di degeneri, e pertanto si usa dire che il livello p 3 volte degenere. Laffermazione che gli orbitali degeneri hanno stessa energia esatta soltanto per atomi singoli: infatti quando un atomo fa parte di una molecola, le integrazioni fra i suoi orbitali degeneri e gli orbitali degli altri atomi portano a (piccole) differenze di energia fra gli orbitali degeneri stessi. Possiamo avere differenze di energia fra orbitali degeneri anche in atomi singoli assoggettati a forti campi magnetici od elettrici esterni. Orbitali d (l=2) Gli orbitali d possibili sono sempre in numero di cinque, perch (tab. sopra) ad l=2 corrispondono 5 valori di m: 2, 1, 0, -1, -2; quindi per un qualsivoglia valore del numero quantico principale n>3 gli orbitali d saranno: n,2,2 n,2,1 n,2,0 n,2,-1 n,2,-2

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Spesso si indicano gli elettroni servendosi degli indici degli orbitali che essi occupano: cos un elettrone che occupa lorbitale 2s si dice essere un elettrone 2s. 14 in realt lenergia riferita allelettrone che occupa lorbitale: tuttavia si usa parlare di energia di un orbitale, intesa come energia dellelettrone che occupa quellorbitale.

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Le forme calcolate per la distribuzione della carica degli elettroni sugli orbitali d sono rappresentate in fig. 5c. I cinque possibili orbitali d, similmente a quanto detto per i 3 orbitali p, e con le stesse limitazioni, possiedono medesima energia e quindi si dice che il livello d 5 volte degenere (trascuriamo i successivi orbitali f). In queste ultime considerazioni ci siamo in special modo interessati della forma e dellenergia degli orbitali in generale; ci interessa ora occuparci degli elettroni che possono occupare tali orbitali, e che sappiamo essere definiti ciascuno dai quattro numeri quantici n, l, m, ms . Poich il principio di Pauli esclude che in uno stesso atomo possano esistere due (o pi) elettroni con i quattro numeri quantici uguali, ne consegue che un qualsiasi orbitale n,l,m pu al massimo essere occupato da due elettroni, i quali hanno ovviamente uguali i tre numeri quantici n, l, m, e differiscono solamente per il valore di ms (ms = 1/2): i due elettroni che possono esistere sullorbitale n,l,m sono perci en,l,m,1/2, en,l,m,-1/2. Quindi un orbitale pu essere: 1. Non occupato15 2. Occupato da un elettrone 3. Occupato da due elettroni riferiamoci alla tab.2 : risulta che gli orbitali che possono esistere in corrispondenza ai valori di n sono: uno quattro nove se n=1 se n=2 se n=3

in generale n2. Ricordando poi che su ciascun orbitale possono esistere al massimo 2 elettroni, concludiamo che il numero massimo di elettroni che in un atomo polielettronico pu occupare il livello16con numero quantico principale n 2n2 17,risultato gi trovato nella trattazione quantistica.

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Lorbitale in s non ha significato reale: esso lo acquista solo se occupato solo da un elettrone, altrimenti rappresenta soltanto una possibilit. 16 Spesso vengono usate le dizioni livello energetico e sottolivello energetico: la prima sta ad indicare linsieme degli stati energetici corrispondenti ad un certo valore di n, la seconda i singoli stati energetici corrispondenti ai diversi valori di l possibili per quel certo valore di n. Ad esempio: al livello n=3 corrispondono 3 sottolivelli (s,p,d,) ciascuno comprendente un definito numero di orbitali.
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Cio 2 sul livello n=1, 8 sul livello n=2, 18 sul livello n=3 etc. Ad es. nellatomo di neon esistono 10 elettroni: 2 occupano il livello n=1, 8 il livello n=2.

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Lezione n9 Costruzione ideale di atomi (Aufbau).


Un problema di grande importanza in chimica quello di conoscere come sono distribuiti, sui possibili orbitali, gli elettroni di un determinato atomo nel suo stato fondamentale, di conoscere cio la configurazione elettronica di quellatomo nel suo stato di minima energia. Si segue allora il metodo di costruire idealmente latomo 18. Ad esempio per costruire latomo di un numero atomico n si immagina di disporre di un nucleo di carica +1, nel campo elettrico del quale viene portato un elettrone, formando cos latomo di numero atomico 1; al nucleo di questo viene poi addizionato un protone 19 ottenendo lo ione positivo dellatomo di un numero atomico 2, e la successiva aggiunta a questo di un elettrone genera latomo neutro di numero atomico 2; al nucleo di questo si aggiunge ancora un protone (ottenendo lo ione positivo dellatomo di numero atomico 3) e poi un elettrone, ottenendo latomo neutro di numero atomico 3, e cos via fino ad ottenere latomo neutro di numero atomico n. La configurazione che questi elettroni assumono attorno al nucleo pu essere determinata in base ai seguenti punti: a) ogni elettrone aggiunto durante lAufbau va ad occupare il livello di minore energia presente nello ione dalla precedente addizione di un protone al nucleo; lordine di riempimento dei successivi livelli energetici dato in tab. 3, ove per ciascun livello, anche indicato il numero di orbitali degeneri ad esso corrispondenti, ed il numero massimo di elettroni che su esso pu esistere.

La sequenza di tab.3 rappresenta anche un ordine crescente delle energie dei livelli in essa indicati. b) c)
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per il principio di Pauli, in un atomo non possono esistere due o pi elettroni con i 4 numeri quantici uguali,; conseguentemente su uno stesso orbitale n,l,m , potranno esistere al massimo due elettroni, con spin opposto. In una famiglia di orbitali degeneri gli atomi si distribuiscono, con spin paralleli, sul massimo numero possibile di orbitali (Principio di Hund).

La costruzione ideale di un atomo viene spesso indicata con la parola tedesca Aufbau (= costruzione). I nuclei sono formati da protoni, particelle dotate di massa e di carica positiva unitaria, e da neutroni, particelle anchesse di massa ma elettricamente neutre. Allaumento di una unit del numero atomico corrisponde quindi la giunta di un protone al nucleo.

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Esempio di Aufbau
Vediamo la costruzione di un atomo di ossigeno Latomo di ossigeno ha una carica nucleare positiva +8 e pertanto nellatomo neutro O esistono 8 elettroni attorno al nucleo. Immaginiamo di disporre di un nucleo con carica +1 e di porre attorno ad esso un elettrone, poi di aggiungere un protone (carica +1) al nucleo e successivamente un secondo elettrone, e cos via, alternativamente, fino a raggiungere 8 cariche positive nel nucleo ed 8 elettroni attorno ad esso. Tenendo presente i punti a), b), c), determiniamo ora su quali livelli si stabiliscono i successivi elettroni aggiunti, sottintendendo che precedentemente allaggiunta di ogni elettrone stato aggiunto un protone (carica +1) al nucleo. 1 elettrone. 2 elettrone 3 elettrone Lorbitale a pi bassa energia che pu essere occupato (tab.3) 1s, e su questo si dispone lelettrone. Sempre per lordine di tab.3 questo elettrone completa lorbitale 1s. Lorbitale 1s ora completo (punto b), e lorbitale libero a pi basso contenuto di energia (tab.3) lorbitale 2s; su questo si stabilisce quindi il terzo elettrone. Analogamente a quanto visto per il secondo elettrone nei riguardi dellorbitale 1s, questo quarto elettrone completa lorbitale 2s. Gli orbitali disponibili a pi bassa energia sono ora (tab.3) i tre orbitali degeneri 2p: il quinto elettrone occupa uno di questi tre orbitali possibili. Questo elettrone per il principio della massima molteplicit (punto c) va ad occupare un secondo orbitale degenere 2p e non completa il primo. Occupa il terzo orbitale degenere 2p. Completa uno dei tre orbitali degeneri 2p gi parzialmente occupati dal 5, 6, 7, elettrone.

4 elettrone 5 elettrone

6 elettrone 7 elettrone 8 elettrone

Concludendo degli otto elettroni presenti nellatomo di O, due hanno occupato lorbitale 1s, due lorbitale 2s, e quattro i tre orbitali 2p, dei quali uno completo, e due sono occupati da un elettrone ciascuno.

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