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Il criticismo kantiano [] 2.

Linconoscibilit delle cose in s Con la filosofia di Immanuel Kant la filosofia moderna compie una svolta radicale: mostra nel modo pi perentorio che le cose in se stesse, esterne e indipendenti dalla conoscenza umana, non possono essere conosciute. Mostra cio che lopposizione tra certezza e verit definitiva. Non nel senso che la filosofia kantiana rinunci a essere epistme, ma nel senso che, proprio per essere la forma pi rigorosa di epistme, deve escludere la conoscibilit della "verit", ossia la conoscibilit delle cose come esse sono in se stesse. Infatti, anche qualora si fosse in grado di escogitare lo strumento conoscitivo pi perfetto, che consentisse di "passare" dallordine delle rappresentazioni allordine delle cose in se stesse (nella terminologia cartesiana: dallordine delle "idee" o "essere oggettivo", allordine dell'''essere formale"), anche in questo caso tale "passaggio" sarebbe pur sempre un conoscere, e il contenuto di tale conoscere sarebbe, appunto, qualcosa di conosciuto e non le cose come sono in se stesse al di fuori del conoscere. In tale presunto "passaggio", cio, si qualificherebbe arbitrariamente come "cosa in s" ci che invece sarebbe soltanto un contenuto della nostra conoscenza. Il "dogmatismo" appunto - rileva Kant -la convinzione che il contenuto conosciuto, in cui si imbattono le costruzioni conoscitive edificate dalluomo, possa essere linsieme delle cose in se stesse. E quindi la pretesa contraddittoria di poter uscire dal conoscere, mediante il conoscere stesso. Una pretesa analoga a quella di chi voglia saltare al di l della propria ombra. Dogmatismo stata appunto la filosofia razionalistica; e dimostrare lesistenza di Dio per ottenere la garanzia della corrispondenza tra le nostre rappresentazioni e le cose in se stesse un circolo vizioso, perch anche Dio una nostra rappresentazione, e se lo si vuole intendere come una cosa in s si riapre il problema del come sia possibile uscire dal conoscere mediante il conoscere, per raggiungere questa presunta cosa in s. In contrapposizione al dogmatismo, il "criticismo" kantiano la consapevolezza (epistemica) dei limiti della ragione umana. [] Kant, invece, rileva limpossibilita di conoscere una qualsiasi cosa in s: la cosa in s, come tale, inconoscibile. E poich la metafisica intende appunto essere una conoscenza delle cose in s, ne segue che la metafisica impossibile come scienza. La metafisica non appartiene allepisteme, cio alla conoscenza che, anche per Kant, non un'" opinione", non ha nulla a che vedere con "ipotesi", ma "assolutamente necessaria" Se cio la "verit" metafisica delle cose in s assolutamente inaccessibile allepistme daltra parte questultima verita "assolutamente necessaria": innanzitutto, nel senso che la verit che compete al contenuto del conoscere, ossia alla "certezza" - a ci che in Cartesio si presenta come "essere oggettivo" (oggetto della mente) e in Kant come "fenomeno"; termine, questo, che secondo il suo etimo greco significa "ci che appare" a noi, che si rivolge e si apre verso di noi e non se ne sta chiuso in se stesso, come cosa in s. Ma vedremo che in Kant il significato del termine "fenomeno" molto piu complesso. Intanto, proprio perch la "verita" metafisica delle cose in s ci inaccessibile, lopposizione tra questa "verit" e la certezza si mostra, nel pensiero kantiano, come insuperabile, definitiva. 3. Lesistenza della cosa in s A differenza di Hume, per il quale lesistenza di una cosa in s inevitabilmente richiesta dal modo in cui egli intende la "natura umana" e tuttavia non viene da lui mai presa direttamente in considerazione, Kant rileva invece in modo esplicito che dal concetto stesso di "fenomeno" segue che al fenomeno debba corrispondere qualcosa che non in se stesso fenomeno. Il fenomeno infatti il contenuto del conoscere e quindi non niente in se stesso, al di fuori del nostro modo di rappresentare: le cose delluniverso che ci circonda sono fenomeni, ma il fenomeno rappresentazione e quindi riferimento a qualcosa che da ultimo non fenomeno, ma una cosa in s. La

quale quindi indipendente anche dalla nostra sensibilit, anche se la sua immediata rappresentazione sensibile. In altri termini, il fenomeno rappresentazione, cio apparenza: se non esistessero le cose in s "seguirebbe lassurdo che ci sarebbe unapparenza senza qualche cosa che in essa appaia" - dove, si badi, questo "qualche cosa" non il contenuto immediato del fenomeno, ma ci che, come cosa in s, sta al di fuori del fenomeno, per il motivo che il contenuto stesso del fenomeno rappresentazione, secondo quanto sin dal suo inizio la filosofia moderna ha messo in luce. Il concetto di "fenomeno" cio inevitabilmente connesso al pensiero dellesistenza delle cose in s; ma questo pensiero non ci fa conoscere nulla di esse, s che esse, in quanto pensate, sono un "noumeno" (termine, questo, che significa appunto "pensato"), sono appunto un "noumeno" in senso negativo e non in senso positivo, come avviene nel dogmatismo, che ritiene di poter conoscere positivamente con la ragione ci che sta al di l dellesperienza. 4. Episteme e inconoscibilit delle cose in s Ma se Kant rafforza la tesi humiana della impossibilit della metafisica, lepistme presenta, nel pensiero kantiano, una imponenza e complessit di struttura del tutto sconosciuta alla dimensione estremamente ridotta (e consistente, come sappiamo, nellindubitabilit degli oggetti della mente) alla quale Hume ha identificato lepistme. Si pu certamente ancora dire che anche in Kant, come in Hume, quello che per Cartesio soltanto il primo passo nella ricostruzione dellepisteme diventa lunico passo; ma questunico passo presenta unarticolazione che va ben oltre il semplice seppur fondamentale - riconoscimento dellindubitabilit del pensiero. [], in Kant lepistme, per svilupparsi, non ha bisogno di uscire dal soggetto: all'interno stesso del soggetto che possibile mettere in luce una complessa struttura di conoscenze universali e necessarie, che dunque hanno una natura radicalmente diversa dalle conoscenze universali e necessarie con cui la metafisica (1epistme metafisica) pretende cogliere le cose in se stesse. [] Non solo, ma Kant mostra come sia proprio lessenza dellepistme, cio della conoscenza universale e necessaria, ad esigere affermazione dellinconoscibilit delle cose in se stesse. Innanzitutto egli richiama un principio ben noto nella storia del pensiero filosofico, e cio che la semplice esperienza ci dice ci che , ma non ci dice che necessariamente cos e non pu essere altrimenti. Appunto per questo essa non d alluomo una conoscenza universale. Anche Leibniz aveva rilevato che le "verit di fatto" - che esprimono appunto il modo in cui di fatto si dispongono gli oggetti dellesperienza (ad esempio "questo libro aperto", "questo uomo corre") - sono tali che la loro negazione (ad esempio "questo libro non aperto", "questo uomo fermo") pu essere pensata senza contraddizione; le verit di fatto ci dicono ci che di fatto , ma non dicono che necessariamente cos. La conoscenza universale e necessaria non pu dunque essere il semplice rispecchiamento di ci che di fatto si presenta nellesperienza - non pu essere cio derivata dallesperienza, ossia a posteriori - ma a priori rispetto allesperienza, ossia non ottenuta sulla base dellesperienza ed quindi indipendente da essa. In Leibniz e Hume il rilievo di Kant non solo gi presente, ma espresso con gli stessi termini. Ma a questo punto che Kant introduce un elemento che porta oltre la filosofia precedente. Infatti, se (per assurdo) la nostra conoscenza cogliesse le cose come sono in se stesse, essa non potrebbe essere una conoscenza a priori, ma sarebbe a posteriori, cio sarebbe una esperienza del suo oggetto. Giacch, nellipotesi (per Kant assurda) che la conoscenza umana colga le cose come sono in se stesse, il conoscere potrebbe sapere che cosa contenuto in esse, solo se esse fossero "date" alluomo, e cio solo se esse fossero presenti alluomo come oggetti di esperienza. Il che significa - per quanto si visto qui sopra a proposito del valore delle conoscenze attinte dallesperienza - che se la nostra conoscenza degli oggetti fosse tale da cogliere le cose come sono in s, luomo non potrebbe avere alcuna conoscenza universale e necessaria.

Per Kant quindi lessenza stessa del sapere universale e necessario (ossia dellepistme) a richiedere che le cose in se stesse siano inconoscibili. Per il razionalismo le cose in s possono essere conosciute solo mediante una conoscenza a priori, non derivata dallesperienza. Ma Kant mostra appunto che se le cose in s fossero conosciute, questa conoscenza non potrebbe essere a priori, ma sarebbe a posteriori, cio dello stesso tipo della conoscenza empirica. 5. La rivoluzione copernicana Ma questa tesi kantiana possiede un ulteriore significato fondamentale. Se le rappresentazioni della conoscenza cogliessero le cose in s, e cio dovessero regolarsi sulla natura delle cose in s, non potrebbe esistere, si visto, alcun sapere universale e necessario, cio a priori. Lesistenza di tale sapere (cio dellepistme) richiede quindi che non sia la conoscenza umana a regolarsi sulla natura degli "oggetti", ma, allopposto, che siano gli "oggetti" a regolarsi sulla natura della conoscenza umana. chiaro che in questultima affermazione il termine "oggetto" compare con due significati diversi: poich le cose in s sono tali, proprio perch non dipendono dalla conoscenza umana, l'''oggetto'', di cui si dice che tale conoscenza non pu regolarsi su di esso (pena la vanificazione dellepistme), appunto la cosa in s; mentre l'''oggetto'', di cui si dice che si regola sulla natura della conoscenza, loggetto che appare nellesperienza. In altri termini, fino a Kant si ammesso che, per avere valore, la conoscenza debba adeguarsi, conformarsi, regolarsi pi o meno immediatamente sugli oggetti. A parte i risultati contrastanti, e quindi insoddisfacenti di questo atteggiamento, esso rende impossibile, si visto, luniversalit e necessit del sapere. Hume trae appunto questa conseguenza. Kant mostra quindi che, per quanta ci possa sembrare paradossale agli occhi del comune modo di pensare, sono invece gli oggetti a doversi regolare sulla nostra conoscenza la quale, proprio per questo, pu essere una conoscenza a priori e avere quindi il carattere delluniversalit e necessit. La stesso Kant paragona questo rovesciamento di impostazione alla rivoluzione di Copernico che, rispetto alla concezione astronomica tolemaica, inverte il rapporto tra il movimento della terra e quello degli astri del cielo. 6. Produttivit del conoscere Ancora, dire che sono gli oggetti a doversi regolare sulla nostra conoscenza in quanto essa conoscenza a priori (e tali oggetti sono pertanto non le cose in s, ma gli oggetti dellesperienza), significa che il conoscere a priori la legge secondo cui gli oggetti dellesperienza si realizzano, ossia la produzione dellordinamento essenziale e fondamentale degli oggetti dellesperienza, ossia la produzione della loro "forma" (questultimo termine indica appunto quellordinamento). Pertanto, ci che la nostra conoscenza conosce a priori degli oggetti appunto ci che la nostra conoscenza produce in essi: Noi delle case non conosciamo a priori se non quello stesso che vi mettiamo. per questo motivo che luomo pu conoscere le leggi alle quali dovranno sottostare tutti gli oggetti possibili dellesperienza, e quindi anche gli oggetti che ancora non sono dati: appunto perch ogni possibile oggetto dellesperienza deve sotto stare a quelle condizioni (o leggi) a priori degli oggetti dellesperienza, che sono prodotte dalla conoscenza umana. appunto quanto accade nella matematica e nella fisica. Ma per Kant si tratta innanzitutto della struttura fondamentale della ragione - sul cui fondamento possibile il sapere fisicomatematico. indubbia laffinit tra larticolazione di questi concetti e il principio di Vico (ma non solo di Vico) che si conosce veramente ci che si produce (verum ipsum factum []). Ma se Vico, come Kant (che non conosceva Vico), vede lapplicabilit di tale principio alla matematica, egli ben lontano dallimmaginare che esso debba valere anche per la conoscenza universale e necessaria della natura. Vico pensa ancora che luomo non possa conoscere la natura perch non lui a produrla, ma Dio (e quindi per Vico la fisica non ha luniversalit e necessit della "scienza"); Kant mostra invece che luomo pu conoscere la natura, proprio perch la produce. La "natura", infatti, non la cosa in s, ma loggetto dellesperienza in quanto esso si realizza conformemente alle leggi della conoscenza. In questo modo, la fisica e s scienza universale e necessaria (e

quindi, insieme alla matematica, appartiene allepistme), ma ha tale valore, praprio perch non scienza delle cose in s, ma dei fenomeni, cio dellesperienza. Che il mondo sia rappresentazione, questo la filosofia moderna lo sa sin da Cartesio. Kant mostra che le leggi che regolano il mondo sono prodotte dalla spirito umano. La conoscenza a priori non uno sguardo che luomo, scavalcando. lesperienza, riesca a gettare sulle cose in s, ma la coscienza che luomo ha della propria produzione delle leggi del mondo - di quella produzione, si badi, che non la produzione in cui consiste lusuale agire umano e sulla quale la filosofia riflette sin dal proprio inizio, ma la produzione in cui consiste il cono cere stesso.

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