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LA LEGGE DI FARADAY

In un precedente capitolo abbiamo analizzato lazione di un campo magnetico costante su di un circuito percorso da corrente. In questo capitolo, vogliamo analizzare la possibilit da parte del campo magnetico di generare una corrente. Abbiamo visto che per generare una corrente occorre porre in un circuito una batteria (generatore di corrente). E la batteria che mediante la sua energia chimica fornisce lenergia alle cariche per far loro compiere il giro del circuito. Non a caso abbiamo caratterizzato la batteria mediante una forza elettromotrice Vf em (energia per unit di carica). Ancora, possiamo dire che la batteria a generare il campo elettrico che muove le cariche nei conduttori. La questione che ora vogliamo analizzare se, per esempio, un campo magnetico esterno possa generare un campo elettrico in un conduttore e questi a sua volta possa far muovere i portatori e generare una corrente. In altre parole, vogliamo sapere se oltre alle batterie, esistono dei meccanismi che possano mettere in moto i portatori di carica nei conduttori. La risposta a questa domanda fu trovata dallinglese Michael Faraday (1791-1867) che nel 1831 esegu e quantic il seguente esperimento. Supponiamo di avere un circuito, nel quale inseriamo un galvanometro, ma in cui non presente alcun generatore di corrente (gura a sinistra).

Non essendoci alcuna sorgente di energia (forza elettromotrice) non dovremmo avere alcun passaggio di corrente. Infatti, il galvanometro non segna alcuna corrente. Prendiamo ora un magnete naturale ed avviciniamolo al circuito (gura a centro): il galvanometro segna il passaggio di una corrente. Allo stesso identico risultato giungiamo se avviciniamo il circuito al magnete (gura a destra). Possiamo immaginare che il qualche modo si prodotta nel circuito una forza elettromotrice, che diremo indotta, la quale causa il passaggio di corrente nel circuito:

Modichiamo un poco lesperimento. Supponiamo che inizialmente il circuito ed il magnete siano vicini ma fermi. Nel circuito non passa alcuna corrente, come conferma il galvanometro. Se ora si allontana o il magnete o il circuito, nch vi un moto relativo tra i due, il galvanometro segna una corrente, ma di segno opposto alla precedente.

Tutto accade come se vi fosse una forza elettromotrice (indotta) ma di segno opposto nel circuito. Il risultato complessivo di tutti gli esperimenti sintetizzabile dalla seguente aermazione: Finch il magnete e il circuito sono in moto relativo, nel circuito appare una forza elettromotrice indotta che genera un passaggio di corrente. Discutiamo ancora un esperimento. Si abbia un magnete naturale (per esempio, un anello di ferro) a forma di ciambella.

Da un lato(a destra) sia avvolto un circuito, collegato ad una batteria (circuito primario), mentre dallaltro lato (a sinistra) si abbia un circuito (circuito secondario) senza batteria ma connesso ad un galvanometro. Quando si chiude il circuito primario appare nel secondario una corrente, che diventa di segno opposto se si riapre il circuito primario. Poich nel secondo circuito cambiato solo il campo magnetico possiamo concludere dicendo che quando un circuito immerso in un campo magnetico variabile, si genera in esso una forza elettromotrice indotta. La risposta alla domanda di partenza che un campo magnetico per poter generare una corrente deve essere variabile. Ma non la semplice variazione del campo a generare la corrente indotta. Faraday, per primo, giunse alla seguente

conclusione generale (legge di Faraday): la corrente elettrica indotta in un circuito, in presenza di un campo magnetico, proporzianale al numero di linee di forza del campo che attraversano il circuito nellunit di tempo. Parlare di corrente indotta signica anche parlare di forza elettromotrice indotta Vfind . Infatti, se R la resistenza del circuito avremo sempre em I ind = Vfind em R (1)

dove E il campo elettrico indotto. Ed in termini della forza elettromotrice indotta che Newmann e Lenz formularono quantitativamente la legge di Faraday. Tale legge, tradotta in linguaggio matematico, dice che la forza elettromotrice indotta in un circuito l uguale alla variazione, col segno cambiato, del usso del campo magnetico,concatenato con il circuito: Z I d 2 E dl = B ua d a (3) dt l al

Daltra parte, il vantaggio di parlare di forza elettromotrice nel suo legame diretto con il campo elettrico indotto. Infatti, se indichiamo con l il generico circuito potremo scrivere I Vfind = em
l

E dl

(2)

dove al una qualunque supercie che abbia l per contorno. La prima considerazione che viene da fare che non sono i campi magnetici stazionari a generare le correnti ma i campi variabili; inoltre, dobbiamo aspettarci sempre unassociazione tra campi magnetici variabili (secondo membro) e campi elettrici variabili (primo membro). La legge (3) la prima legge esplicita dellelettromagnetismo. Dobbiamo usare, per la prima volta la parola elettromagnetismo, e non elettricit o magnetismo, perch essa collega (per la prima volta) il campo magnetico (attraverso la variazione del suo usso) alla variazione del campo elettrico (variazione del campo elettrico lungo un circuito-percorso). In altre parole, per la prima volta, si evidenzia che una variazione di un campo magnetico genera una variazione di un campo elettrico. Inne, osserviamo in maniera esplicita, che il campo elettrico, in generale, non pi conservativo: I E dl 6= 0

La forza elettromotrice indotta , per quanto riguarda la corrente che percorre un circuito, esattamente uguale alla f.e.m. di una batteria, per cui se nel circuito presente anche una batteria, bisogner sommare algebricamente le dierenti forze elettromotrici. Allora, in generale, il campo elettrico, sar costituito di una parte la cui origine dovuta ad una distribuzione di carica e di unaltra la cui origine sar legata a variazioni di usso di campo magnetico attraverso la supercie concatenata con il circuito.

Induzione in un circuito in moto

Nel precedente paragrafo per spiegare il moto degli elettroni in un circuito (corrente) abbiamo fatto ricorso ad un campo elettrico indotto. Ora mostreremo che la stessa legge pu essere spiegata facendo ricorso alla forza di Lorentz, almeno nel caso particolare in esame. Supponiamo di avere un circuito giacente nel piano xy (vedi Figura) immerso in un campo di induzione magnetica B uniforme, diretto lungo la direzione dellasse z. Il tratto AB di lunghezza l si pu spostare, nel piano xy, senza attrito.

Supponiamo che nellintervallo di tempo innitesimo dt, il tratto compreso tra A e B si sposti con velocit v verso destra, nella direzione positiva dellasse y. Lo spostamento innitesimo subito dal tratto AB sar stato dr = vdt. Quando il tratto AB si sposta, anche gli elettroni di conduzione si spostano con velocit v e la forza di Lorentz F = qe vB agisce su di loro e li fa muovere nel verso che va da B ad A (qe = e) (per convenzione, deve circolare nel circuito una corrente antioraria, verso ABCD). Per capire quello che accade facciamo un passo indietro e supponiamo di considerare il lato del circuito che si sposta come se fosse isolato dal resto del circuito. La forza di Lorentz tenderebbe ad accumulare nellestremo A degli elettroni (e delle cariche positive sullestremo B). Tra i punti A e B si genera una dierenza di potenziale (forza elettromotrice indotta). Ci che accaduto nora si pu sintetizzare nel modo seguente. Abbiamo spostato un pezzo di metallo (fatto un lavoro). Poich siamo in un campo magnetico, viene indotta ai capi della barretta una forza elettromotrice. Abbiamo trasformato, mediante la presenza del campo magnetico un lavoro meccanico in una dierenza di potenziale, quindi in una possibilit di utilizzo elettrico dello stesso. Infatti, se ora poggiamo il tratto di circuito tra A e B sul resto del circuito passa una corrente, che in parte dissiper lenergia in eetto Joule ma una parte pu comunque essere utilizzata ( nato il motore elettrico!). Riguardiamo quantitativamente quello che sta succedendo. La forza magnetica genera la dierenza di potenziale indotta ai capi A e B. Questa dierenza a sua volta genera un campo elettrico indotto E che si opporr alla forza magnetica, ovvero

qe E = qe vB la dierenza di potenziale tra A e B e quindi tra due punti qualunque del circuito, sar data da El = vBl (4)

Mostriamo, ora, che il secondo membro di questultima indica una variazione di usso concatenato con il circuito. La variazione innitesima del usso concatenato con il circuito, poich il campo uniforme, dipender solo dalla variazione innitesima della supercie, d2 a = lvdt (ovvero, in termini vettoriale, d2 auz = dr dl ), quindi si avr d (B) = B ua d2 a = Bd2 a = Blvdt dove il segno meno deriva dal fatto che lorientamento della corrente indotta, verso ABCD, tale che la supercie spazzata ha una direzione positiva opposta al campo (usare la regola di percorrenza del bordo). Si pu anche dire che la corrente indotta genera un campo magnetico indotto il quale tende di opporsi alla variazione del usso (vedi legge di Lenz, pi avanti). La variazione, nellunit di tempo, del usso concatenato sar: Z d 2 B ua d a = Blv (5) dt al Ponendo insieme la (4) e la (5) troviamo Z d 2 El = B ua d a dt al

(6)

Poich il tratto parte di un circuito, possiamo dire che si generata una f.e.m. indotta, Vfind data da: em I Z d E dl = B ua d2 a (7) dt al l Abbiamo cos mostrato che, nel caso di circuito in moto, la legge di Faraday deducibile dalla forza di Lorentz. Tuttavia, siccome il solo caso in cui ci avviene, dobbiamo concludere che comunque la legge di Faraday una legge fondamentale dellelettromagnetismo.

La legge di Lenz

Il modo pi semplice di determinare la polarit della f.e.m indotta dedurla dalla legge di Lenz: la f.e.m. indotta ha una polarit tale da opporsi sempre alla causa che lha prodotta. In termini di corrente, si pu dire che la direzione della corrente indotta sempre tale da produrre un campo magnetico che si oppone alla variazione di usso che lha generata (legge di Lenz ). 5

Lesempio dato nel precedente paragrafo molto signicativo e noi ora lo approfondiremo. Mostriamo che nel caso del circuito in moto, il campo indotto, genera una forza che tende a frenare il moto del tratto di circuito in movimento, responsabile della corrente indotta stessa. Sappiamo che il tratto AB ha lunghezza l, ma ora aggiungiamo ad esso una resistenza R ed una massa M . La corrente indotta, generata quando abbiamo mosso il lo verso destra, diretta nel verso che va da A a B (direzione positiva dellasse x). Il campo magnetico nella direzione positiva dellasse z, quindi la forza di Laplace agente su tale lo sar, con le scelte fatte, F = I ind lBuy (a)

La forza nella direzione opposta al movimento del tratto di lo e quindi tende a frenare il movimento. Se si trascura lautoinduzione e lattrito tra i li possiamo scrivere M v = I ind lB e poich I ind = troviamo Mv = da cui 2 2 l B t vx (t) = vx (0) exp MR La velocit si sar dimezzata dopo un tempo 2 2 l B vx (0) = vx (0) exp t 2 MR ovvero t1/2 = MR ln 2 l2 B 2 (b) l2 B 2 v R Vfind Blv em = R R

Autoinduttanza ed induttanza

Se il usso di B concatenato con un circuito varia, la legge di Faraday ci dice che nel circuito si genera un campo elettrico indotto e quindi una f.e.m. indotta che tende a ridurre leetto della variazione del usso secondo la seguente legge: Z d Vfind = B ua d2 a (8) em dt al 6

Consideriamo ora un singolo circuito (si pensi ad una spira circolare) percorso da corrente I. Se la corrente subisce una variazione, il usso del campo B, generato dalla stessa corrente, concatenato con lo stesso circuito varier.

Anche in questo caso nel circuito si generer una f.e.m. indotta (ora detta autoindotta) che tenter di ostacolare la variazione del usso concatenato. Si dimostra che il usso di B, concatenato con il circuito, risulta essere sempre proporzionale alla corrente che circola, ad un dato istante, nel circuito stesso: Z B ua d2 a = LI (9)
al

dove L un coeciente che dipende solo dalla geometria del circuito. Tale coeciente detto induttanza (o autoinduttanza) del circuito. Allora, la legge di Faraday pu assumere una forma dierente: dI (10) dt ovvero, la f.e.m. autoindotta, in un circuito in cui circola una corrente, proporzionale alla variazione della corrente che circola nel circuito. Linduttanza L si misura in henry (H): Vfind = L em [L] = H = s Lhenry un valore piuttosto grande di induttanza: i valori delle induttanze di uso frequente sono compresi tra H = 106 H e mH = 103 H. Si abbiano, ora, due circuiti separati (due spire circolari) percorsi da correnti I1 e I2 :

Se varia la corrente che circola nel circuito 1, il usso concatenato con il secondo circuito varier. Si dimostra che il usso concatenato con il circuito 2 risulta proporzionale alla corrente I1 Z B1 ua d2 a = L21 I1 (11)
a2

dove il coeciente (detto di mutua induzione), dipende solo dalla natura geometrica dei due circuiti. In maniera analoga, al variare della corrente I2 , nel circuito 1 varier il usso concatenato e si dimostra che Z B2 ua d2 a = L12 I2 (12)
a1

dove il coeciente di mutua induzione dipende solo dalla geometria dei due circuiti; anzi si verica che L21 = L12 . Anche i coecienti di mutua induzione si misurano in henry.

Esempi

Esempio 1: Determinare linduttanza di un solenoide rettilineo ideale di lunghezza l costituito da N spire.

Per ciascuna spira del solenoide possiamo assumere che il usso concatenato (B) sia lo stesso. Il usso concatenato con tutto il solenoide sar N (B) per cui, se con L indichiamo linduttanza del solenoide, avremo N l (B) = LI dove I la corrente che circola nel solenoide. Allora, L= N (B) I (E2) (E1)

Se con a indichiamo la sezione interna del solenoide, il usso di B (B costante ed ortogonale alla sezione) attraverso una spira qualunque sar (B) = Ba (E3)

Il campo magnetico nel solenoide rettilineo indenito ideale (vedi capitolo sulla legge di Ampre-Maxwell) B = 0 nI dove n = N/l, la densit lineare delle spire. Allora, la (E3) diventa (B) = 0 nIa e linduttanza, espressa dalla (E2), diventent N 0 nIa (E6) = 0 n2 al I Linduttanza proporzionale al quadrato della densit lineare delle spire (n2 ) ed al suo volume (al) interno. Esempio 2: Cosa sta succedendo nel circuito? Il prodotto di R per la corrente che uisce nel circuito uguale alla somma delle f.e.m. presenti nel circuito: L= RI = Vf em + Vfind em da cui (E5) (E4)

dI (E7) dt dove Vf em la f.e.m. del generatore e Vfind quella indotta. La soluzione di em tale equazione (vedi la carica di un condensatore) RI = Vf em L I (t) = Vf em [1 exp (t/ )] R 9 (E8)

dove abbiamo introdotto il tempo L R (E9)

La corrente allinizio cresce rapidamente, poi rallenta no a tendere al valore nale Vf em /R. Arrivati a tale valore, potremmo togliere f.e.m. esterna (generatore) e misurare in quanto tempo il circuito scarica lenergia accumulata. Il circuito, senza la f.e.m. esterna verica la seguente equazione L dI + RI = 0 dt (E10)

con la condizione iniziale (il valore nale ora valore iniziale) I0 = La soluzione della nostra equazione I (t) = Vf em R exp t R L (E12) Vf em R (E11)

Lintensit di corrente si smorza esponenzialmente. Gli induttori sono costituiti da solenoidi ed il loro simbolo

Lenergia magnetica: elementi

La similarit tra il condensatore per il campo elettrico e linduttore per il campo magnetico, ci inducono a pensare che anche nellinduttore venga immagazzinata dellenergia magnetica. Sul piano della descrizione qualitativa, possiamo dire che quando un generatore esterno inizia ad erogare corrente nel circuito, la f.e.m indotta si oppone allaumento di corrente e quindi il generatore deve compiere un lavoro per vincere tale opposizione. Questo lavoro si trasforma in energia immagazzinata nellinduttore e pu essere riutilizzata, quando si scollega il generatore esterno. Passiamo al calcolo diretto. Quando la corrente cresce con una rapidit pari a dI/dt, la f.e.m. indotta, Vfind data em Vfind = L em 10 dI dt (13)

Se moltiplichiamo per I tale espressione otteniamo il lavoro per unit di tempo compiuto dallinduttore: IVfind = IL em dI dt

quindi, lenergia immagazzinata per unit di tempo dU dI = IL dt dt ovvero dU = ILdI che, integrata con I (t = 0) = 0, dar U= 1 2 LI 2 (15) (14)

Una tale espressione pu essere usata facilmente per una verica sperimentale. Per il condensatore avevamo trovato U = Q2 /2C. Poich L = (B) /I, avremo una seconda forma per lenergia magnetica U= 1 (B) I 2 (16)

6.1

La densit di energia magnetica

Lespressione dellinduttanza di un solenoide rettilineo indenito ideale verr calcolata negli esempi e si trover: L = 0 n2 al (17)

dove 0 la permeabilit magnetica del vuoto, n la densit lineare delle spire del solenoide, a la sezione interna del solenoide ed l la sua lunghezza. Sostituendo la (17) nella (15) troviamo 1 (18) n2 I 2 (al) 2 0 Poich il campo B, allinterno di un solenoide rettilineo indenito ideale, U= B = 0 nI (19)

11

la (18) diventa U= B2 al 20 (20)

La (20) suggerisce di interpretare la quantit uB = B2 20 (21)

come una densit di energia magnetostatica (energia per unit di volume). Possiamo dire che per ogni volume unitario, interno al solenoide, vi una quantit di energia che proporzionale al quadrato del campo B. Questo risultato ha una validit generale: in ogni punto dello spazio in cui presente un campo di induzione magnetica si pu pensare immagazzinata unenergia per unit di volume espressa dalla (21).

Il circuiti LC

Supponiamo di avere in serie un induttore ed una capacit. Se il condensatore inizialmente carico, possiamo immaginare che a partire da un certo istante iniziale, inizier a uire una corrente. Lequazione di Kirchho, in presenza anche di una resistenza, sarebbe RI = V L dI dt (E1)

che, specicando la dierenza di potenziale ai capi del condensatore, = qC, diventa L e ancora, scritta per la carica L d2 q q + =0 2 dt C (E3) dI q + =0 dt C (E2)

Se confrontiamo tale equazione con quella di un oscillatore armonico semplice (particella legata ad una molla, che si muove su di un piano senza attrito) M d2 x + kx = 0 dt2 (E4)

notiamo delle analogie (x q; k 1/C ed M L) e possiamo subito scrivere 12

la soluzione come segue: q (t) = q0 cos ( 0 t + ) dove abbiamo posto 1 0 LC (E6) (E5)

Quello che succede nel circuito la seguente cosa: Alternativamente, le armature del condensatore si caricano di cariche di segno opposto; ci avviene no a quando la carica di un certo segno non si trasferita sullarmatura opposta a quella dove era inizialmente. Dopo di ch, si inverte il processo, che in assenza di attrito (la resistenza!), "oscillerebbe" per sempre. In particolare, se al tempo iniziale poniamo q (t = 0) = q0 , la fase () pu essere posta uguale a zero, e la soluzione diventa: q (t) = q0 cos ( 0 t) In tal caso, la corrente si evolve nel tempo secondo la seguente legge: q0 t I (t) = sin LC LC (E7)

(E8)

Esempi

Esempio 1: Si abbia una spira quadrata, inizialmente ferma, in un campo magnetico uniforme variabile nel corso del tempo, secondo la legge B = B0 sin (t) (1)

La spira sia nel piano xy e la direzione ed il verso del campo siano lungo lasse z.

13

Poich il circuito fermo, la derivata temporale si pu portare dentro lintegrale ed applicarla solo al campo I Z B E dl = (2) ua d2 a t l al ovvero, esplicitando I [B0 sin (t)] uz ua d2 a al t Z uz uz d2 a = B0 cos (t)
al

E dl =

= B0 cos (t) al

Esempio 2: Consideriamo una spira quadrata, inizialmente a riposo, nel piano xy, ma poi ruotante, intorno allasse x, con velocit angolare 0 . Il campo B nella direzione positiva dellasse z, ed costante ed uniforme, B = B0 .

Se la spira non nel piano xy, ma forma un angolo con lasse z, allora uz ua = cos ed il precedente risultato diventa I E dl = B0 cos cos (t) al (3)
l

Langolo che la spira, nel suo movimento, forma con il piano xy (o equivalentemente langolo che la normale alla superciesu cui giace la spira forma con lasse z) dato da = 0 t La legge di Faraday, si scrive Z I d E dl = B ua d2 a dt l al e il usso di B, attraverso larea variabile sar 14 (1)

per cui I

al

B ua d2 a = B0 al cos ( 0 t)

(2)

E dl =

d (B0 al cos ( 0 t)) = B0 al 0 sin ( 0 t) dt

(3)

Esempio 3: Si abbia una spira quadrata, inizialmente ferma nel pianoxy. Successivamente inizi a ruotare intorno allasse x, con velocit angolare 0 , mentre immersa in un campo magnetico variabile, diretto lungo lasse z, la cui legge sia B (t) = B0 sin (t) (1)

Rispetto al precedente esempio avremo = 0 t La legge di Faraday, si scrive Z I d 2 E dl = B ua d a dt l al (2)

per cui I

ed il usso di B, attraverso larea variabile sar Z B ua d2 a = B (t) al cos ( 0 t)


al

(3)

Edl =

d dB (t) (B (t) al cos ( 0 t)) = al cos ( 0 t)+B (t) al 0 sin ( 0 t) (4) dt dt

che esplicitata diventa I E dl = B0 cos (t) al cos ( 0 t) + B0 sin (t) al 0 sin ( 0 t)


l

(5)

15

e se = 0 , avremo I E dl = B0 al [cos (t) cos (t) sin (t) sin (t)] = B0 al cos (2t) (6)

Esempio 4: Un conduttore di un metro si sposta, nel piano xy, parallelamente allasse x con velocit V = 2, 50uy m/s. Sapendo che esso si muove in un campo uniforme e costante, diretto lungo lasse z, di valore B = 0, 50uz T , trovare la forza elettromotrice indotta ai capi del conduttore.

Abbiamo visto che per il circuito in moto d (B) = BlV dt che, esplicitamente calcolato, diventa d (B) = 1, 25V dt Esempio 5: Trovare la forza elettromotrice indotta, in un conduttore rettilineo, lungo 2 metri, immerso in un campo magnetico uniforme e costante, B = 0, 50uy T , che si muove nella direzione dellasse z, con una velocit v = 2, 50 sin 102 t uz m/s,

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Poich il circuito in moto E = v B = 1, 25 sin 102 t ux Z


2 0

Allora I

E dl =

Esempio 6: Un conduttore liforme posto nel piano xy, e racchiude una supercie di 0, 50m2 . Trovare la forza elettromotrice indotta se l conduttore immerso in un campo uniforme, ma variabile, secondo la seguente legge B = 0, 02 cos 102 t [uy + uz ]

1, 25 sin 102 t ux ux dx = 2, 50 sin 102 t V

Poich il circuito fermo la legge di Faraday si scrive I Z B E dl = ua d2 a t l al B = 2 sin 102 t [uy + uz ] t I E dl = Z ua d2 a = uz d2 a

avremo

al

2 sin 102 t d2 a = 2 sin 102 t al = sin 102 t V

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