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Baravalle-Gabellotto classe V Liceo scientifico

TIMORE E TREMORE (1843)


L'opera di Kierkegaard,Timore e Tremore, suddivisa in: - Introduzione - Atmosfera - Elogio di Abramo - Problemata - Epilogo Nell'Introduzione Kierkegaard effettua un confronto tra fede di un tempo e fede a lui contemporanea: egli afferma che, ai suoi giorni, ogni insegnante, ogni studente mette in dubbio ogni cosa, e pretende di andare oltre, cos come si pensa avesse fatto Cartesio, il quale invece mai aveva messo in dubbio la fede. Secondo Kierkegaard, i suoi contemporanei ritengono loro compito procedere oltre la fede, non pi il raggiungerla attraverso lotte interiori, riflessioni, crisi in un processo che dura tutta l'esistenza.
Ai giorni nostri, non ci si ferma alla fede; si va oltre. Che se poi volessi domandare dove si voglia arrivare, certo mi farei considerare uno sciocco. [] Non era cos una volta; allora la fede era compito dell'intera esistenza; perch, si pensava, l'attitudine a credere non si acquista in pochi giorni o in poche settimane.

Il problema della fede sar dunque il tema dell'opera. Kierkegaard chiarisce che non ha intenzione di dar vita a un sistema: l'argomento tale per cui non possibile ridurlo a un ci.
Si ha un bel formulare in concetti tutta la sostanza della fede; ci non significa che si sia afferrato come si entra in essa o come essa entra in qualcuno di noi. L'autore di queste righe tutt'altro che un filosofo [ e ci che scrive] non un sistema, non ha nulla a che vedere col sistema.

Atmosfera Il capitolo suddiviso in quattro sezioni che ripercorrono la scena del sacrificio di Isacco. L'autore parte dalla sua esperienza personale, dall'impressione che il racconto da parte del padre della storia di Abramo e Isacco aveva suscitato in lui. Col passare degli anni quel racconto diventato un pensiero fisso, e comprendere la storia di Abramo il suo desiderio pi grande. La vicenda minuziosamente analizzata, sviluppata in pi modi per colmare le lacune presenti nel testo biblico: cosa provavano i protagonisti? Cosa li spinse 1

ad agire come agirono? Che effetti ebbe la vicenda su di loro? Si tratta di un fatto esemplare (che deve essere da esempio per chi vuole diventare cavaliere della fede) di fronte al quale Kierkegaard si trova come sconfitto, in quanto sar incapace, per sua stessa ammissione, di comprendere completamente Abramo e di essere come lui.
Cos, e in vari altri modi, rifletteva su quell'avvenimento l'uomo del quale parlavamo [Kierkegaard]. Ogni volta ch'egli tornava dalla montagna di Moriah a casa sua, si lasciava cadere per stanchezza, giungeva le mani e diceva: Nessuno stato mai grande come Abramo. Chi potr dunque comprenderlo?.

Il capitolo comincia con la celebre frase delle favole c'era una volta e continua con la narrazione della storia di Abramo in quattro modi differenti. In essi vi sono tutti i tormenti, tutti i dubbi, tutti i timori che Kierkegaard vive cercando di comprendere Abramo. Tutti portano a un esito negativo: incomprensione, inquietudine, solitudine, perdita della fede. I. Abramo, dopo la richiesta di Dio di sacrificargli il figlio Isacco, part col ragazzo. Questo racconto focalizzato sull'impossibilit da parte di Isacco di comprendere i gesti del padre: egli invoca piet, cerca di convincere il padre a lasciarlo andare, non pu capire.
Ma Isacco non lo comprendeva. Abramo sal la montagna. Ma Isacco non lo comprendeva.

Di fronte a ci Abramo decide di offrire una spiegazione, per quanto fasulla, al suo comportamento: si mostra come un invasato, un folle, cosicch il figlio non debba perdere la fede in Dio, posto di fronte all'assurdit della sua terribile richiesta. II. Nel secondo racconto Abramo non parla, prepara in silenzio il sacrificio e in silenzio lega il figlio Isacco. Scorgere il capro inviato da Dio per la salvezza di Isacco gli permette di tornare a casa col figlioletto, ma la prova affrontata stata tale da mettere in dubbio la sua certezza nella bont di Dio (la sua fede).
Da quel giorno, Abramo fu vecchio; non poteva dimenticare ci che Dio aveva preteso da lui. Isacco continu a crescere. Ma l'occhio di Abramo si era fatto cupo; non vide mai pi la gioia.

III. Nel terzo capitoletto si indagano i pensieri di Abramo dopo aver compiuto il gesto, l'impossibilit da parte dello stesso Abramo di giustificare i suoi atti, di uscire dal paradosso in cui la richiesta di Dio lo ha gettato: da un lato egli chiede perdono a Dio per non aver rispettato i suoi doveri di padre, accettando di sacrificare il figlio (Ci pu essere infatti un peccato pi terribile? Come pu Dio averlo perdonato dopo una debolezza simile?); dall'altro non pu esser peccato aver rinunciato a quanto di pi caro per Dio. Questa situazione senza via di uscita lo getta nello sconforto e nell'impossibilit di trovare comprensione negli altri esseri umani:
Pi di una volta riprese il suo solitario cammino, ma non trov pi la pace.

IV. Il quarto racconto scava nell'animo di padre e figlio. Abramo trema per la 2

disperazione (la sua fede sta vacillando). Isacco vede il fremito nel corpo del padre e perde la fede, senza dire nulla a nessuno, senza che Abramo lo possa sospettare. Elogio di Abramo Questo capitoletto inizia colla descrizione di quale sarebbe la condizione umana se non vi fosse una coscienza eterna data da Dio all'uomo stesso. Tale coscienza permette di riflettere sugli uomini del passato, di superare l'oblio, di ammirare l'esempio di coloro che ci hanno preceduti. Nessuno di quelli che furono grandi sar dimenticato. Ma vi sono diversi modi di essere grandi. La grandezza di ognuno si basa su quello che sper, che combatt, che am durante la sua esistenza. In ogni caso, ci che eleva l'uomo oltre gli altri individui il rapporto totalmente peculiare che ha con Dio.
Ciascuno fu grande a modo suo, ciascuno in proporzione alla grandezza che am. Chi am se stesso fu grande nella propria persona e chi am gli altri fu grande per la sua dedizione ma chi am Dio fu il pi grande di tutti. Ognuno rimarr nel ricordo; ma ognuno fu grande secondo quello che sper. Uno fu grande sperando il possibile, un altro sperando l'eterno ma chi sper l'impossibile fu il pi grande di tutti. Ognuno rimarr nel ricordo ma ognuno sar grande secondo l'importanza di quel che combatt. Perch chi combatt contro il mondo fu grande trionfando sul mondo, e chi combatt contro se stesso fu pi grande per la vittoria su se stesso, ma chi lott contro Dio fu il pi grande di tutti.

Ha inizio cos l'elogio di Abramo. Egli, ormai anziano, ebbe un figlio da Sara, anch'ella di et avanzata. Nonostante il tempo passasse senza che la promessa di Dio di concedere loro una enorme discendenza non si realizzasse, Abramo non dubit, non si lament con Dio, rimase giovane per fede, credette all'assurdo e per questo la promessa si pot compiere. La gioia era scesa sulla sua casa; Dio aveva compiuto il miracolo ma ecco che Abramo viene messo alla prova da Dio stesso che, un attimo prima, lo aveva reso felice. Dio chiede in olocausto la cosa a cui Abramo tiene di pi, Isacco, suo unico figlio. Se Abramo fosse stato grande sarebbe salito sul monte Moriah e avrebbe agito secondo morale offrendo a Dio come sacrificio se stesso e non il suo unico figlio.
Ma Abramo credette e non dubit. Credette l'assurdo. Se avesse dubitato, avrebbe agito altrimenti. Avrebbe compiuto un atto grande e magnifico. Che altro avrebbe potuto fare? Sarebbe andato alla montagna di Moriah, avrebbe spezzato la legna, acceso il rogo, levato il coltello; avrebbe gridato a Dio: Non disprezzare questo sacrificio. Non quel che io possiedo di meglio, lo so. Che cos' un vecchio di fronte al figlio della promessa? Ma il meglio che ti possa dare. Fai che Isacco non ne sappia mai nulla, cos che la sua giovane et si consoli. E si sarebbe piantato il coltello nel petto. Il mondo lo avrebbe ammirato, e il suo nome non sarebbe stato dimenticato. Ma altro essere oggetto di ammirazione e altro esser la stella che guida e salva chi nell'angoscia.

La grandezza di Abramo va oltre: egli, infatti, giunto al monte Moriah, lev il coltello per offrire il figlio in olocausto. L'ordine veniva da Dio e bisognava obbedire. Egli non esit, rispose chiaramente alla chiamata di Dio; non cerc di fare in fretta, non si lament, il suo braccio non trem, con gli occhi non cerc disperatamente qualcosa da sacrificare al posto del figlioletto, sapeva di dover affrontare la prova per riavere suo figlio. E avrebbe riavuto suo figlio in qualche modo, la certezza mai venne meno. Dio lo avrebbe 3

fatto tornare dai morti, forse, o in altri modi che l'uomo non pu pensare glielo avrebbe ridonato. Abramo supera cos la prova di Dio e per questo motivo guadagna la gloria eterna e poich ha creduto nell'assurdo il miracolo pu compiersi: Isacco cos libero. Cosa dunque la fede? La lezione di Abramo offre una chiave di lettura:
prodigiosa passione che sdegna la lotta terribile contro il furore degli elementi e le forze della creazione per combattere con Dio; [] sublime passione, sacra, umile e pura espressione della frenesia divina.

Abramo, padre della fede, fu il pi grande tra gli uomini, e mai and altre la fede (perch non vi un oltre, assurda pretesa umana questa). Anche l'autore come Abramo deve compiere una rinuncia. Infatti, egli rinuncia alla cosa pi cara che possiede: Regina Olsen, la donna amata. Kierkegaard rompe il fidanzamento tormentato dai dubbi. Egli ama la fanciulla ideale, ma teme che quando essa diventer la donna reale cesser di essere l'oggetto del suo amore. Il matrimonio con Regina impossibile sul piano estetico (il seduttore sar sempre deluso, non raggiunger mai la donna reale), e per Kierkegaard ( una condizione individuale, riguarda la sua particolare, peculiare, irripetibile esistenza) anche sul piano etico, poich gli manca la costanza della volont. Il matrimonio con la fanciulla sarebbe possibile solo sul piano religioso: se egli avr abbastanza fede, se sar saldo nell'assurdo, contro il tempo che passa, senza dubitare, allora potr rinunciare a lei e Dio, per un miracolo incomprensibile, gliela render; e sar sempre presente la fanciulla nella donna che diventer, e il tempo non porr fine all'amore. Ma Kierkegaard sa di non essere Abramo, non ha tale fede, e non sposer la fanciulla. Entrambi vivono senza essere felici. Problemata In questo capitolo Kierkegaard affronta tre specifici problemi filosofici che nascono dalla storia del sacrificio di Isacco. I problemi affrontati sono i seguenti: - PROBLEMA 1: esiste una sospensione teologica della morale? - PROBLEMA 2: esiste un dovere assoluto verso Dio? - PROBLEMA 3: si pu giustificare moralmente il silenzio di Abramo con Sara, Elizer e Isacco? Prima di affrontare i singoli problemi necessario fare due precisazioni. In primo luogo voler imitare Abramo non deve significare ripercorrerne la vicenda: Dio non mette alla prova ogni uomo chiedendogli di sacrificare il proprio figlio. Ogni vicenda umana diversa, e il rapporto con Dio esalta e realizza pienamente questa diversit: Dio entra in relazione con ogni uomo in modo unico e speciale. La prova di Abramo non la prova di un altro uomo. Chiunque, ascoltata la storia di Abramo, decidesse di uccidere i propri figli per offrirli in olocausto a Dio, commetterebbe reato e peccato. A questo si collega la seconda precisazione: il gesto di Abramo pu essere giudicato in due modi diversi, a seconda che lo si consideri dal punto di vista della morale o dal punto di vista della fede:
Dal punto di vista morale, la condotta di Abramo si esprime dicendo che volle uccidere

Isacco; e dal punto di vista religioso, dicendo che volle sacrificarlo. questa la contraddizione angosciosa capace di produrre l'insonnia e senza questa angoscia, tuttavia, Abramo non l'uomo che .

Questa contraddizione quanto di pi difficile vi sia da comprendere e poi da sopportare. Il movimento della fede (non qualcosa di statico, ma che diviene con la vita stessa dell'uomo che su essa si costruisce) quanto di pi difficile vi sia da raggiungere e realizzare. il problema esistenziale, che va oltre ogni filosofia sistematica e davvero riguarda ogni uomo.
Dev'esser difficile comprendere Hegel; ma Abramo! Uno scherzo. Superare Hegel un prodigio. Ma superare Abramo, nulla di pi facile! Per conto mio ho impiegato un gran tempo nello studio del sistema hegeliano, e credo anzi di averlo abbastanza capito. [...] Ma quando mi metto a riflettere su Abramo, sono come annientato. Ad ogni istante i miei occhi cadono sull'inaudito paradosso ch' la sostanza della sua vita.

evidente la critica a un tipo di filosofia che si vuole onnicomprensiva e onniesplicativa, come quella hegeliana. Pretendere con la ragione di cogliere il problema della fede e di risolverlo presunzione. Kierkegaard a questo punto delinea due immagini di cavaliere: - il cavaliere dell'infinita rassegnazione - il cavaliere della fede Kierkegaard afferma che se la chiamata di Dio fosse giunta a lui, egli avrebbe compiuto il sacrificio con rassegnazione, poich egli non aveva fede in ci che stava compiendo. Sarebbe stato pronto, disposto a realizzare il desiderio di Dio, ma avrebbe creduto tutto perduto, non avrebbe avuto fede. Avrebbe perso Isacco, poich lo avrebbe conservato solo nel dolore. Non avrebbe potuto gioire nel ricevere indietro Isacco vivo, avendo dubitato, e avrebbe perso la serenit. Egli sarebbe stato dunque il cavaliere della rassegnazione, disposto a rinunciare a tutto per Dio, ma non credendo (non avendo fede, ovvero fiducia, in Dio). Abramo invece il vero cavaliere della fede, perch va oltre lo stadio della rassegnazione infinita e giunge alla fede. Ma il suo esempio difficile da comprendere, e anche compreso, difficile da seguire. Non basta analizzare la vicenda di Abramo per raggiungere la fede: si pretenderebbe di estrarre dal paradosso una regola di vita, mentre ogni esistenza peculiare. Kierkegaard sa di aver raggiunto lo stadio di cavaliere dell'infinita rassegnazione e sa che, per giungere allo stato di cavaliere della fede, egli deve credere l'assurdo come ha fatto Abramo. Credendo l'assurdo riotterr ci a cui tiene di pi. Secondo Kierkegaard, perci, bisogna andare oltre la rassegnazione tramite un processo di fede, come Abramo. Problema 1: esiste una sospensione teologia della morale? Per Kierkegaard, la morale pu essere detta il Generale, in quanto vale per tutti in ogni istante. Il singolo individuo inserito all'interno della morale e nella morale deve realizzarsi, essa rappresenta il confine all'interno del quale deve svolgersi la sua vita e ci cui deve tendere. Ma la fede proprio quel paradosso per cui l'individuo, dopo esser stato nel Generale, si isola e si pone al di sopra di essa. Nella fede l'individuo entra in rapporto 5

con l'Assoluto, con Dio, e in tale rapporto sospende la morale, ponendo al di sopra di essa ci che Dio chiede. La ragione non pu comprendere, la mente umana non pu pensare tale paradosso: se Abramo si fosse fermato a pensare, se avesse provato col ragionamento a dipanare la questione, non avrebbe agito, sarebbe entrato in una crisi religiosa. Egli ritrova Isacco per virt dell'Assurdo, il Generale, la morale, lo avrebbero portato a perderlo. In questa sezione Kierkegaard confronta il sacrificio di Abramo con quello di Agamennone: il comandante dei Greci stato colpito dalla collera della dea Artemide,vla quale per vendicarsi di un torto subito in passato produce condizioni sfavorevoli per ostacolare il viaggio del comandante e del suo esercito verso Troia. La collera della dea verr placata solo se Agamennone sacrificher sua figlia Ifigenia. Kierkegaard afferma che, a differenza di Abramo che ag secondo fede, Agamennone immol la figlia per la patria seguendo la morale. Il suo gesto era avvenuto senza seguire la fede, egli ha agito secondo la morale per favorire il bene patrio. Non ha dovuto credere nell'assurdo, non ha dovuto accettare di porsi al di fuori della sua societ, correndo il rischio di non essere compreso e dunque condannato come un assassino. Anzi ha avuto la gratitudine di tutti i suoi compagni, la gloria e l'onore. Ma non arrivato alla fede. Abramo, invece, fu il solo ed unico a sfidare la potenza di Dio, credendo l'assurdo. Problema 2: esiste un dovere assoluto verso Dio? Ogni dovere, per Kierkegaard, un dovere verso Dio. Nella morale, l'uomo determinato dall'esterno, dal Generale, e ad esso deve aderire. Nella fede, invece, l'interno che deve avere il sopravvento, un interno in cui si sia sviluppato il movimento della fede, attraverso cui sia entrato in relazione con l'Assoluto, e questa relazione deve diventare il fondamento del suo rapporto col Generale. A questo punto esiste un dovere assoluto verso Dio, poich nel rapporto con Dio che si fonda l'individuo. La morale, il Generale, di conseguenza, diventa un valore relativo, perch dipende dal rapporto tra l'individuo e Dio. Questo non significa che la morale debba essere cancellata o abolita, ma che il cavaliere della fede potr doversi comportare in modo contrario a quanto previsto dalla morale. Questo il paradosso. Nella storia di Abramo, il dovere prescritto dalla morale avrebbe imposto ad Abramo di amare il figlio. Ma l'amor di Dio lo porta a non riconoscere pi il Generale, a compiere una azione terribile, abbandonandosi assolutamente alla relazione con l'Assoluto stesso. I rapporti con gli altri uomini sono interrotti, nessuno potr comprendere, proprio perch manca il riferimento al Generale che l'orizzonte in cui la societ si muove.
La fede questo paradosso; e l'individuo non pu assolutamente farsi intendere da nessuno. [] Un cavaliere della fede non pu assolutamente soccorrerne un altro. O l'individuo diventa cavaliere della fede assumendo su di s il paradosso, o non lo diventer mai.

Problema 3: si pu giustificare moralmente il silenzio di Abramo con Sara, Elizer e Isacco? L'estetica ammette spazi di silenzio, quando questo possa servire a salvare qualcuno. L'uomo estetico pu parlare, ma sceglie di non farlo. L'etica richiede invece l'esser manifestato, l'accettazione tragica del dono di s e di tutto ci che proprio al Generale. L'uomo etico parla. La fede invece legittima l'esser nascosto non per salvare, ma per paradosso. L'uomo religioso non parla perch non pu parlare, e non pu parlare perch 6

non pu essere compreso per via del paradosso in cui si trova, in cui crede. Epilogo Nell'epilogo Kierkegaard condanna la pretesa di andare oltre nell'ambito della fede: in tale campo una generazione successiva non pu superare quanto raggiunto dalla generazione precedente, n partire da un punto pi avanzato. Il cammino della fede un compito che deve riempire l'intera vita dell'uomo, il quale non deve pensare di poter andare al di l di essa: la fede ci che contiene la vita dell'uomo, non un limite. Il desiderio di andare sempre oltre porta a snaturare ci che considerato il punto di partenza, come nel caso del discepolo di Eraclito che per superare il maestro arriv a negare il movimento.

Sitografia: http://www.filosofico.net http://www.sapere.it

Bibliografia: S. Kierkegaard, Timore e tremore, Edizioni di comunit, Milano, 1952 D. Antiseri G. Reale, Storia della filosofia, vol. 7, Romanticismo, Idealismo e i suoi avversari, Bompiani, Milano, 2010

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