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numero 39 anno III - 9 novembre 2011

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L.B.G. SANIT LOMBARDA. TUTTORO QUEL CHE NON RILUCE Luciano Balbo SANIT. OPINIONI FUORI DAL CORO PER UNA POLITICA VERA Marco Ponti PENSIERINI SULLA VENDITA DI SEA E SERRAVALLE Giuseppe Longhi A GRANDE PADANIA NONOSTANTE BOSSI Guido Lopez LETTERA A UN NIPOTE DI RITORNO IN CITT Franco DAlfonso MILANO, LAREA C E LA TRATTATIVA Martina Vitale 2015 MANIFESTO PER UN EXPO DEI POPOLI Emilio Battisti MILANO: QUANTA E COME LA CITT DEL PGT? Francesco Cappelli DIRITTO ALLA SCUOLA: QUESTIONI APERTE Guido Martinotti TRAFFICO. SENZA LA TESTA DEI CITTADINI NULLA Anna Gerometta MERCI SOSTENIBILI? UN MESSAGGIO AI COMMERCIANTI Beppe Balzarini MALPENSA, VOLI LOW COST E CODE SHARING DI ALITALIA VIDEO METODO PISAPIA? LA PAROLA A BOERI, DALFONSO, TABACCI LUCIA DE CESARIS: GLI ORIENTAMENTI URBANISTICI MILANESI

COLONNA SONORA Tory Amos - Winter

Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo TEATRO a cura di Emanuele Aldrovandi CINEMA a cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia

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SANIT LOMBARDA. TUTTORO QUEL CHE LUCCICA Luca Beltrami Gadola


La nostra Costituzione, della cui attuazione ci si fatti spesso beffe e che fortunatamente resiste ancora impavida nonostante i continui ripetuti attacchi, all'articolo 32 recita: " La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettivit, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno pu essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non pu in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. ". Sulle questioni dei trattamenti obbligatori ne abbiamo viste di tutti i colori cos come sul limite del rispetto della persona e in nome del trattamento obbligatorio abbiamo visto i pi incredibili contorcimenti ideologici, strumentali alle alleanze tra partiti, politica e religione; per dirla in parole povere spesso un'orgia di ipocrisia: la vittima come sempre l'uomo e la sua dignit nella libert. Dunque non deve sembrare strano che si voglia qui e ora riannodare i fili del discorso sulla salute e sul sistema sanitario italiano. Il fatto non casuale. Da qualche giorno il tribunale di Milano ha ammesso al concordato l'Istituto scientifico universitario San Raffaele, meglio conosciuto con il nome di ospedale San Raffaele (HSR) fondato nel 1969 da don Luigi Maria Verz, che ne stato presidente fino al luglio 2011, quando le note vicende l'hanno costretto a scendere dal piedestallo dorato che si era costruito. La minaccia del fallimento stata fortunosamente scongiurata dal Vaticano con le sue finanze. Quanti soldi ha bruciato quella fornace? Di chi erano quei soldi? Quanti di questi erano pubblici? Che margini aveva il San Raffaele sui rimborsi della Regione? Una serie d'interrogativi restano sul tappeto ma prima di affrontarli corre l'obbligo, come si diceva un tempo, di fare qualche considerazione. La salute e soprattutto la sua cura sono un terreno nel quale muoversi difficilissimo soprattutto se lo si affronta dal punto di vista che ci interessa di pi in questo momento: la salute una merce? La salute un mercato? A queste domande sono state date infinite risposte ma la situazione quella che Luciano Balbo, uomo che sulla sua pelle vive questi problemi tutti i giorni, ha dato sulle nostre colonne. Credo che si debba riflettere su fatti di cronaca e su realt quotidiane che videro coinvolte societ farmaceutiche di grido (mai condannate che si sappia) nello scandalo di Poggiolini e di sua moglie, del sangue infetto che ha provocato centinaia di morti, di protesi difettose impiantate senza scrupoli, d'interventi operatori inutili ma lucrosi, per finire tutto quello che con un modo di dire tipicamente italiano chiamiamo "mala sanit". Eppure, malgrado tutto investire nella sanit rende, senza fare clamore: da qualche clinica privata di modeste dimensioni si arriva a imperi sanitari, si entra nel Gotha della finanza. Si cresce e si prospera. Gli "accrediti" sono una manna, i controlli inesistenti: un vero oligopolio diffuso nato all'ombra di governi corrotti e compiacenti. Durante il giorno sento una pubblicit radiofonica con la quale la Presidenza del Consiglio offre, se non sbaglio, un finanziamento di 5.000 euro alle giovani coppie in attesa di un figlio. Che cosa sono 5.000 euro rispetto ai 28.000 che ognuno di noi si trova sulle spalle quando nasce? Se campiamo fino a 81 anni l'attesa di vita media tra uomini e donne avremo speso quasi 150.000 euro per curarci e pi invecchiamo e pi costeremo. Chi ci guadagna? Quanto "legittimamente"? Dove si ferma l'equo compenso nella sanit? Se lo sapessimo! E potessimo saperlo, ci indigneremmo. Ma la congiura del silenzio nella "casta" della sanit una regola ferrea. Fino a quando?

SANIT. OPINIONI FUORI DAL CORO PER UNA POLITICA VERA Luciano Balbo
Il dibattito sul tema della sanit e soprattutto del rapporto pubblico e privato spesso legato a visioni predeterminate e poco basato sulla comprensione delle reali dinamiche operative ed economiche. E quindi importante partire da una ricognizione dei fatti. Il principale che quasi tutta la sanit pagata dal pubblico, almeno nei settori in cui il settore pubblico ha deciso di dare una copertura sanitaria ai cittadini. In queste aree (medicina territoriale, diagnostica e servizi ospedalieri) infatti il pagatore ultimo del servizio lo Stato, attraverso le regioni, e la differenza principale quindi se lerogazione viene fatta direttamente dal settore pubblico stesso oppure attraverso privati. Lincidenza della spesa pagata direttamente dai cittadini al di fuori del sistema sanitario nazionale tuttora modesta a eccezione del settore delle visite mediche specialistiche. Il rapporto con gli erogatori privati regolato attraverso un complesso sistema di rimborsi per prestazione che diverso da regione a regione ma che, nella stessa regione, uguale a quanto viene riconosciuto allerogatore pubblico. Quindi dal punto di vista del pagatore finale (lo Stato) non vi quindi differenza se la prestazione viene erogata direttamente o attraverso privati accreditati. Questo fatto un punto forte dei sostenitori dellimportanza di aprire ai privati lofferta sanitaria. Essi sostengono che per lo Stato non cambiano i costi e anzi si crea una concorrenza che genera una migliore qualit e che tale concorrenza viene anche stimolata dalla possibilit dellutente di scegliere il proprio erogatore. Non si pu negare che questa argomentazione abbia del fondamento. Infatti tutti gli studi dimostrano che lassenza di concorrenza fa cadere lo stimolo verso la qualit e rende lerogatore autoreferenziale. Una conferma viene dal fatto che in Lombardia, dove la regione ha molto praticato questa politica di apertura ai privati, la qualit tra le pi alte in Italia. Tuttavia i problemi nella sanit non mancano ed essi derivano da vari elementi. 1) Le modalit dellofferta privata - I privati tendono sempre pi a pagare i medici con una remunerazione variabile legata alle prestazioni che realizzano. Questo diventa un forte incentivo non solo ad attrarre

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pazienti, ma anche a trattarli con un eccesso terapeutico in termini di esami diagnostici e di interventi chirurgici. E difficile quantificare questo effetto, ma tutti gli studi hanno mostrato che quando lincentivo rivolto ad aumentare le prestazioni i comportamenti si adeguano e quindi, con il passare del tempo questo rischio (gi riscontrato in alcuni casi) si materializzer facendo lievitare la spesa senza alcun vantaggio per gli utenti. Va inoltre aggiunto che spesso i privati selezionano la loro offerta concentrandola nelle aree a maggior redditivit e lasciando al settore pubblico le prestazioni meno remunerative. Ci permette loro una posizione di favore che non appare giustificata soprattutto se si considera che il settore offre buone redditivit in un mercato in continua crescita. Quindi gli operatori privati che hanno ottenuto laccreditamento godono di un mercato sicuro e redditizio. Questa posizione appare poco giustificata e vi da chiedersi se non serva pi concorrenza e non meno concorrenza aprendo a nuovi accreditamenti che permettano una maggiore concorrenza ed evitino una posizione di rendita. Dunque quando si aperto ai privati bisogna poi evitare che pochi eletti godano del privilegio di essere stati scelti. La concorrenza a met e molto peggio della vera concorrenza. 2) Lindebolimento dellofferta pubblica - Tutti ben sappiamo che il settore pubblico in Italia inefficiente, non premia la qualit e non motiva le persone. Nella sanit la situazione sta peggiorando. La restrizione agli investimenti ha fatto ancora pi emergere i difetti e i privati, soprattutto al Nord, riescono sempre pi a strappare al settore pubblico le persone di maggior qualit. Se questo trend non viene bloccato vedremo una ulteriore pressione verso lerogazione privata promossa dagli utenti stessi. Ci avviene gi al Sud

dove la migrazione sanitaria verso il Nord, e soprattutto verso il Nord privato, in continua crescita. I grandi oppositori della sanit privata, pur avendo alcune ragioni fondate, sono spesso i migliori amici dei privati perch non riconoscono la crisi del settore pubblico italiano e la necessit di una grande riforma che metta la performance al centro dellattenzione adottando le necessarie tecniche di formazione, valutazione e motivazione che non sono affatto orride, ma sono efficaci e vanno per utilizzare per linteresse pubblico e soprattutto dellutente. Solo cos facendo il settore pubblico potr competere bene con lerogatore privato e addirittura batterlo applicando una migliore appropriatezza medica che limiter la spesa totale dello Stato e gli utili dei privati. 3) Mancanza di innovazione - La sanit ha avuto una immensa innovazione tecnologica nei contenuti erogativi (farmaci, diagnostica e tecniche operatorie), ma poco cambiata nel modello erogativo. Ci dovuto anche al fatto che lerogazione viene conformata al sistema di rimborsi del Servizio Nazionale che molto rigido e statico. Un esempio viene dalla medicina territoriale e non acuta, che oggi, anche per lo stesso riconoscimento del ministero e delle regioni, unarea critica. La riduzione del ruolo dei medici di medicina generale e lincremento della diagnostica hanno fatto perdere allutente un vero riferimento. Il paziente viene quindi continuamente rimbalzato fra i medici di base, quelli specialistici e i laboratori diagnostici senza che vi sia spesso una vera presa in carico che lo rassicuri, gli dia una definizione e blocchi la continua ricerca di nuovi esami che plachino lansia. E stato dimostrato, in molti studi di ricerca, che la rottura del rapporto fiduciario porta a una caduta di soddisfazione

del paziente e a un incremento inutile della spesa. Occorre sperimentare nuove forme di erogazione di presa in carico. Per esempio realizzare delle unit territoriali che raggruppino medici di base, specialisti e diagnostica semplice in modo da offrire in queste unit la maggior parte della sanit in cui lutente ha bisogno. Limitando gli accessi ai pronto soccorso e agli ospedali. Ma il settore pubblico, pur auspicandolo, non capace di sperimentare e innovare e i privati non hanno interesse a sperimentare una attivit a bassi margini e che potrebbe andare contro i loro interessi attuali. Serve quindi un nuovo tipo di rapporto pubblico/privato che sperimenti e promuova nuovi modelli. 4) La bomba a tempo degli anziani - Gli anziani sono i principali consumatori di sanit e lallungamento della vita sta ponendo sempre pi il problema degli ultimi anni di vita dove i casi di non autosufficienza sono in continuo aumento. Nel futuro avremo una crescita di questo bisogno ma a fronte di continue restrizioni di spesa e minori pensioni. La situazione potrebbe diventar esplosiva. Anche qui serve sia sperimentare nuovi modelli erogativi, meno costosi e meno basati su scelte individuali, e nuove risorse da ricercare a scapito di altre spese private e pubbliche. I privati devono sempre pi capire che non possono pi permettersi di pensare ai servizi sanitari come qualcosa di dato, ma come a un prodotto di consumo, che pur parzialmente sostenuto dalle Stato, compete con gli altri loro consumi voluttuari. Peraltro va incentivata la sostituzione di consumi voluttuari (generalmente importati) con quella di servizi che prodotti localmente danno maggior benessere agli utenti e opportunit di lavoro per i giovani italiani.

PENSIERINI SULLA VENDITA DI SEA E SERRAVALLE Marco Ponti


In Italia, le autostrade e gli aeroporti fanno (pressoch sempre) elevati extra-profitti, e non dovrebbero farli. Infatti si tratta appunto di monopoli naturali, e quelli non sono profitti, ma inique e inefficienti rendite di monopolio, cio soldi indebitamente sottratti ai cittadini, per lo pi in questo caso milanesi. Ma nessuno ha interesse a farlo notare ai derubati: trattandosi di una tassa occulta, ce un tacito accordo bipartisan a mantenerla, e se possibile aumentarla. Chi scrive conosco bene la situazione, perch stato per due anni regolatore di questi settori al Ministero, ma senza poteri, e quindi senza alcun successo (alla fine gli interessi costituiti hanno ottenuto che questo inutile ruolo regolatorio avesse fine). Da qui il motivo per cui la sempre e da tutti auspicata autorit indipendente di regolazione dei trasporti non si realizza mai. Il Comune di Milano come proprietario si trova dunque in un grave conflitto di interessi: o difende i milanesi, o difende quelle rendite indebite. Ma vendere a privati nellattuale contesto significherebbe perpetuarle: i privati infatti comprano la garanzia che quelle rendite non gli saranno toccate (e hanno perfetta-

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www.arcipelagomilano.org fare alla londinese: vendere separatamente Malpensa, Linate, e la quota di Bergamo, in modo che questi aeroporti si facciano pi concorrenza possibile, a colpi di basse tariffe e buoni servizi per le compagnie aeree (per attirarne di nuove, e quindi generare nuovi collegamenti), e, analogamente, con buoni servizi per i passeggeri lato terra, il tutto a beneficio dei milanesi. Anche questa iniziativa avrebbe una grande eco politica, e Milano si presenterebbe come una amministrazione capace di forti innovazioni al servizio dei cittadini, e non solo delle proprie casse. Tra laltro del tutto possibile che una vendita frazionata a soggetti diversi generi ricavi superiori a una vendita in blocco (soprattutto di quote di minoranza): si pensi a operatori interessati a penetrare nel mercato italiano, o anche solo milanese... Occorrerebbe aprire un serio dibattito pubblico su questi temi, ma le speranze sono piccole. Si tratta di un tab molto radicato: i soldi che arrivano alle amministrazioni pubbliche sono sempre, per definizione, usati in modo virtuoso, e quindi innegoziabili.

mente ragione: che altro dovrebbero fare?). A suo tempo, su richiesta della Provincia di Milano, queste idee furono espresse in modo articolato, suscitando un vivo entusiasmo verbale, ma comportamenti del tutto opposti, ripetendo puntualmente quanto accaduto nellesperienza ministeriale. Che cosa si potrebbe/dovrebbe fare? Il Comune ha un disperato bisogno di soldi, e in Serravalle minoritario. Qui potrebbe certamente vendere, ma dando un segnale politico molto forte, dichiarando la verit (oggi un argomento fortissimo e in disuso): cio dichiarando che la regolazione delle autostrade inesistente, e consente rendite vergognose a danno degli utenti (il tutto accompagnato ovviamente da solidi elementi qualitativi, quali per esempio potrebbe fornire ad abundantiam il professor Ragazzi). Tra laltro, queste rendite generano spesso collusioni inammissibili tra pubblico e privato. Una dichiarazione di questo tipo (una sorta di atto pubblico di contrizione, assolutamente dovuto) avrebbe una eco politica straordinaria nella direzione della trasparenza. Sottrarre soldi agli utenti di un servi-

zio pubblico non in s proibito, ma la cosa come minimo dovrebbe essere trasparente e argomentata, e soprattutto da loro in qualche forma accettata. Infine luso sociale dei ricavi, che giustifichi il prelievo, dovrebbe poi dettagliatamente essere illustrato ai pagatori stessi. Per SEA, innanzitutto la buona prassi internazionale suggerisce di non vendere allo stesso soggetto che acquista un altro asset rilevante. Bisogna infatti sempre evitare di costruirsi controparti troppo potenti. Analogamente bisognerebbe evitare assolutamente di creare societ miste (la cultura amministrativa anglosassone giustamente le aborrisce). Sono fonti naturali di corruzione, meglio che il pubblico faccia il suo mestiere, e i privati facciano il loro. Ai soggetti pubblici tocca occuparsi della socialit e del consenso, a quelli privati di gestire bene le imprese: i due obiettivi sono tra loro scarsamente compatibili. Se politicamente indispensabile, si possono fare al pi societ miste in una prima fase, ma con un rigido programma temporale di privatizzazione totale. In mancanza di un regolatore indipendente, occorrerebbe per SEA

UNA GRANDE PADANIA NONOSTANTE BOSSI Giuseppe Longhi


Questa rivista ha seguito con particolare attenzione, da giugno a oggi, il rapido avanzare della politica del grande ponte cinese lungo il continente euro asiatico, a partire dallannuncio della nuova via della seta destinata a connettere la megalopoli di Shangai con Rotterdam e dallannuncio della presenza del padiglione di Shangai nel contesto di Porto Marghera. Questa politica supportata dallUnione europea, in modo diretto, per quanto riguarda la riqualificazione della nuova via della seta per ferrovia e telecomunicazioni, e in modo indiretto attraverso il prossimo ottavo programma quadro, che privilegiando i paesi balcanici, andr a riqualificare le citt lungo lasse europeo della via della seta (da Istanbul a Budapest). Linteresse motivato dalla convinzione che lesclusione della nostra megalopoli lombardo/padana dal grande ponte euro-asiatico la condannerebbero al declino. Il grande ponte avanza a grande velocit con vantaggio, sul fronte europeo, delle imprese tedesche, coinvolte nella riqualificazione ferroviaria, nella realizzazione delle nuove telecomunicazioni e, fra poco, nella riqualificazione urbana delle citt balcaniche. In questo scenario la nostra megalopoli milanese/lombarda/padana, accreditata di un sistema di relazioni che coinvolge tredici milioni di abitanti, data in declino per una serie di fattori: 1) Lostinata negazione della realt del bacino padano, teorizzata per dispetto al Bossi pensiero, trover anche severe motivazioni geostoriche, ma assurda per chiunque abbia la capacit per osservare il quotidiano ingorgo di relazioni lungo gli assi di comunicazione ferroviaria, autostradale e di telecomunicazione nella direttrice da Torino a Trieste. Al Bossi pensiero, quindi, va riconosciuta lintuizione dellintenso bacino di relazioni (la sua padania), ma con vigore occorre denunciare lassurdit della sua politica tesa a chiudere queste relazioni nei confini del Lumbard, negando ogni politica di inclusione per questo territorio ricco perch aperto alle relazioni con il mondo. Alla padania della Lega andrebbe vigorosamente contrapposta una leadership che punti a relazioni inclusive con le metropoli del mediterraneo e con quelle, consolidate o emergenti, delleuro-asia. E in grado Milano di sviluppare, con sollecitudine, una attendibile agenda su questo argomento? 2) La crisi di proposte innovative del mondo imprenditoriale e del comparto del sapere, a partire del brontosauro accademico, sono forse i pi forti handicap di cui soffre oggi la nostra megalopoli. Per far fronte al modello di azione degli orientali (vedi il piano quinquennale cinese sulla rivoluzione pulita) indispensabile unagenda per un rinnovo tecnologico coerente con il metabolismo delle risorse naturali. A questa dovrebbe affiancarsi un salto nella organizzazione pubblica, passando dallorganizzazione vittoriana per singoli piani a una piattaforma urbana, una nuova macchina urbana capace di gestire in modo sistemico la vasta gamma di interventi settoriali in calendario da parte dei diversi enti che governano la megalopoli. Pensare di affrontare la rivoluzione pulita con il documento politico di governo del territorio mi sembra ingenuo, fare una politica collage di

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piani contro il cambiamento climatico, per la mobilit, per la sicurezza, ecc semplicemente illogico. Se il Sindaco di Milano aprisse lUfficio del Sindaco per la nuova meccanica urbana, come il suo collega di Boston (www.newurbanmechanics.org), lanciando pochi ma qualificati progetti per aumentare la qualit urbana nei settori delleducazione, delle infrastrutture telematiche, della urbanistica partecipata darebbe una

fulminante dimostrazione di come una giunta ad alta valenza sociale capace, partendo dai ceti pi svantaggiati, con politiche di inclusione, di provvedere al rinnovo tecnologico e di dare una visione del territorio al di l della sterile dimensione fondiaria. La sfida orientale porta a vedere la vera natura dellExpo, superare le lobby fondiarie che ci stanno portando al fallimento per costruire un

ponte che lungo la via della seta illustri le potenzialit delle due agende sopra citate nel campo della nnovazione, dellimprenditorialit e della socialit. Quindi, non solo orti e padiglioni sulle aree ristrette dellExpo, ma un preciso piano di attive presenze nel cuore delle megalopoli mondiali, per integrare il locale con un dinamico sistema di fondaci, come sempre nella scia della nostra storia.

LETTERA A UN NIPOTE DI RITORNO IN CITT Guido Lopez


Carissimo, sono proprio contento che il giro del tuo lavoro ti riporti qui a Milano. Da quanto manchi? Tutto passa cos in fretta! Sono andato a vedere: l'ultima settimana che eri qui, in copertina del Milanese di allora, 1 settembre del '74, c'era una foto di traffico e la didascalia: Il progetto dell'assessore prevede la completa chiusura al traffico di via Montenapoleone. Risultato? In questi sei anni non hanno fatto che chiudere e riaprire e invertire due volte il senso di marcia, sempre con qualcuno che protesta e qualcuno che dice Bravo. Sar che invecchio, anzi, vado addirittura in pensione, e a proposito, lo sai?, ai pensionati faranno pagare mezzo biglietto, e mi pare giusto, oltre che, di pomeriggio, gi adesso si va al cinema col 50%, dopo i sessant'anni. Ti prego di credere che non mi riguarda. Non ancora. Cos'altro di nuovo? Hanno dato i numeri anche agli autobus e io ho perduto la mia P e la mia N. In compenso alle fermate ci sono certi nuovi tabelloni col percorso e hanno fatto delle bellissime casette di vetro con la pubblicit e con dentro le seggiole per aspettare al riparo. E poi ne hanno fatti altri per gli handicappati. Ed giusto anche questo. Quanto ai nuovi tram lunghi a serpente, ora che ci siamo un po' abituati, effettivamente tirano su un sacco di gente. Certo siamo troppi a voler andare in giro alle stesse ore: ah se facessero orari differenziati almeno i negozi! Per fortuna col Metro vanno avanti a scavare. Del resto, io giro in bici, far un po' ridere ma bello andare sulle corsie dei taxi, e sembra che faranno piste ciclabili e soprattutto rastrelliere nei punti strategici. Io ci conto. Certo, la questione del traffico una grana dura, come quella delle case, e nei giorni della Fiera, all'ora di chiusura un disastro. E poi di esposizioni ce n' ormai tutto l'anno, anche a Milano due con le sue sfilate di moda, io non ci sono mai stato, ma capperi, leggo che Milano diventata la capitale della moda, ha vinto su Parigi! E alle Stelline ci faranno una sede per gli studenti universitari che intendono, dopo la laurea, specializzarsi. Oltre a questo, si sono trovati, recuperati aperti o riaperti ex novo una quantit di posti. Sai Palazzo Dugnani ai Giardini, quello con davanti la fontana per le barchette? E' uno. Un altro ambiente-gioiello la chiesa di S. Maurizio, che serve per concerti e incontri di poesia. Dovrebbero fare idem con S. Paolo in corso Italia, dove incide la Mina (vedi che sono quasi aggiornato?). Sentiremo musica non so quale, persino nel cortilone del Palazzo del Senato; e al piano di sopra ci saranno mostre dell'Archivio di Stato per il bicentenario teresiano. Ah, dimenticavo il PAC! Il PAC sarebbe il Padiglione d'Arte Contemporanea in via Palestro: diventato di modissima frequentarlo per le vernici. Quanto ai Modigliani, Boccioni, De Chirico, insomma al patrimonio stabile, lo dovremmo ritrovare a Palazzo Reale: ci lavorano dietro. Questo Palazzo Reale sta diventando una reggia davvero. Invece a Brera, pensa un po', hanno scovato l'appartamento dell'astronomo, camera da letto e tutto; e hanno pensato di metterci i quadri, cos ne tirano fuori un po' dai depositi, e gli altri, prima o poi, andranno a Palazzo Citterio l accanto, coi laboratori di restauro e altre cose. Guarda: non esagero, se vuoi seguire tutto quel che succede con la cultura a Milano, non ce la fai pi. A parte le scienze, che non ti so dire, e le Gallerie Private, le associazioni, i circoli di zona... comincia con la mostra nella Rotonda di via Besana, pensare che volevano buttarla gi un quindici - vent'anni fa; poi c' la Permanente con i Medardo Rosso, i Segantini, i Galileo Chini... ora hanno cominciato ad adoperare anche il Palazzo Bagatti Valsecchi in via Borgospesso passato alla Regione.. e il Poldi Pezzoli, un gioiello cos ce n' pochi al mondo, ora ci hanno messo anche le meridiane da tavolo... E al Castello? La Trivulziana una mostra fa, un'altra gi l in preparazione: la Bertarelli tutta rimessa a posto con la sua raccolta di stampe, pubblicit, oggetti e oggettini, al primo piano finalmente si rivedono i quadri della Pinacoteca Civica, esposti con criteri nuovi: la riaprono in questi giorni, come hanno riaperto ai Giardini il Planetario con cupola riaggiustata, solo che l, caro mio, ci vorrebbe una conduzione pi vivace. Un'altra cosa da ripensare tutta, ecco, il Museo di Milano in S. Andrea, figrati quanto ci sarebbe da esporre su Milano, la sua storia e la sua gente. Teatro? Ma ora ce n' una filza, guarda, di teatri... come li chiamate voi?... alternativi. Oltre ai soliti nostri, si intende. In fatto di musica, mettono il Palasport a disposizione di Abbado o Pollini, e questa mi par proprio una bella cosa. Quanto al Piccolo, si parlato per trent'anni della nuova sede, ora c' il cartello lavori in corso. Fa differenza. Sono contento, tra le fresche frasche, vicino al vecchio Fossati che gi di fuori sul corso Garibaldi tornato un gioiellino dopo i restauri, anzi, come dicono, dopo gli interventi di riuso del quartiere. In parole povere: han salvato non solo il volto ma anche l'anima del quartiere, con la sua gente dentro. E se salveranno l'anima anche del Palazzo della Ragione con annessa piazza Mercanti, sar una gran bella cosa.

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Cose da guardare ce n' per tutti, dal fondo Stendhaliano in Palazzo Sormani al jazz in Palalido, ai disegni di Humor Graphic al Museo Archeologico, che d'altra parte sta lavorando a un'esposizione d'importanza mondiale sui reperti etruschi della Fondazione Lerici e Cerveteri, donati al Comune. Si prevede un bis del successo avuto con la mostra sui Longobardi: 650.000 visitatori, hai capito? Insomma, come tu ritroverai la tua Milano (vorrei scrivere il tuo Milano, secondo la vecchia formulazione) non so: molto diversa impossibile in cos pochi anni. Per certe cose sono venute fuori adesso. In un cer-

to modo, per certe ragioni, non casuali. E a me, tutto sommato, mi sta bene. Ciao nipote, ti aspetto lo zio G. da Qui Milano, 1980

Guido Lopez (1924-2010) ha pubblicato libri su Milano e la sua storia, il pi noto dei quali "Milano in mano", che dal 1965 stato aggiornato in 15 edizioni. Ha collaborato con varie testate tra le quali Repubblica. Presidente dell'Universit Popolare di Milano per trentanni, stato insignito dell'Ambrogino d'Oro dell'Assessorato Cultura e della Medaglia d'Oro della Provincia.

MILANO. LAREA C E LA TRATTATIVA Franco DAlfonso


La verit? Non abbiamo trattato con nessuno. Ci siamo sciroppati 77 delegazioni, decine di ore di incontri, una marea di dichiarazioni di principio (ancora qualche mettete le mani nelle tasche etc, che se lo risento metto le mani addosso a qualcuno), un discreto numero di sciocchezze e di proposte tipo il famoso abbattiamo il Turchino per eliminare la nebbia in Val Padana ma abbiamo ascoltato tutti e sentito le esigenze di tutti o quasi. E abbiamo imparato, siamo entrati nei dettagli delle esigenze anche minime di tutti, abbiamo scoperto un bel numero di situazioni impreviste e di richieste fondate, riuscendo in questo modo a formulare una proposta meno imperfetta di quella iniziale. Soprattutto fin quasi allultimo siamo riusciti a discutere con tutti quelli che vivono in questa citt, lavoratori e casalinghe, commercianti e artigiani, consumatori e animalisti, di una proposta - la Congestion Charge - dei suoi effetti previsti e prevedibili, confrontando opinioni senza sventolare libretti verdi o liste di firme contro a prescindere, nella consapevolezza generale che nessuno aveva in tasca la soluzione e che interesse di tutti rendere meno accidentato il pezzo di strada che la vita ci far fare assieme. Grazie a questo approccio siamo (quasi) riusciti ad archiviare Ecopass e i suoi fallimenti (pensare che linquinamento fosse abbassato da un intervento sul 2% scarso dellarea urbanizzata era una sciocchezza palese, anche se la si riconosciuta come tale da poco) passando all Area C, e a un obiettivo di riduzione traffico in una zona ben precisa, basata su una valorizzazione monetaria del suolo pubblico diventato bene scarso. Abbiamo poi potuto chiarire bene che Area C riguarda la ZTL 1 perch ci sono le telecamere e si potuto intervenire subito, ma solo il primo di una serie di interventi che riguarderanno lintera citt e, auspichiamo, lintera area metropolitana. Abbiamo avviato progetti riguardanti la gestione dei cantieri, la logistica di merci e servizi, limpatto delle infrastrutture delle utilities in una zona che vede una concentrazione di attivit commerciali, di servizio e prodotti (pi di 11 mila, su un totale di poco meno di 25 mila dellintero territorio comunale) che ha pochi eguali in Europa e che sta attraversando un momento di particolare e grave crisi. Abbiamo definito, di fatto, una vera sperimentazione che potr essere condotta con la partecipazione e il controllo di tutti, con il Comune nella funzione di regia e controllo di un processo che destinato a incidere profondamente nelle abitudini e nello stile di vita dei milanesi. Questa fase di analisi e confronto, durata oltre due mesi, si svolta in un clima incomparabilmente pi tranquillo rispetto a quello relativo a vicende analoghe: i fondamentalisti del ritorno alla vita agricola cos come quelli delle quattro ruote come diritto naturale sembravano essere in vacanza o distratti, il centrodestra riusciva a ritrovare su questo tema lunit di bercio ma, per mancanza di sponde intellettuali e materiali, ha tentato per ben tre volte di avviare raccolte di firme per attizzare una inesistente rivolta, tutte miseramente naufragate. Ma in cauda venenum, dicevano gli antichi e negli ultimissimi giorni prima del varo del provvedimento, dimprovviso lassessore alla mobilit Maran diventa Talemaran mentre chi scrive viene definito da alcuni come lalfiere del cedimento verso i grassi commercianti. Come dincanto hanno preso a suonare le trombe di chi pensa che si debba punire i responsabili del disastro avendoli individuati da tempo mentre le campane degli ci impediscono di lavorare hanno risposto subito a distesa, riproponendo leterno scenario da baruffe chiozzotte sul tema degli sconti e delle esenzioni. A nulla valso far notare che si stava parlando di un dettaglio che vale al massimo il 5-7% del traffico di zona (apriti cielo, ci sono i princpi e, come si sa, su questi non si transige) e che a Londra oppure a Stoccolma si discusso e ancora oggi si discute del fatto se sia giusto ed efficace o meno far pagare il ticket, non delle sue eccezioni o esenzioni). In fretta, troppo in fretta, ci si disinteressati del cambiamento e dellobiettivo ambiziosissimo fissato per perdersi dietro alla ricerca di improbabili tradimenti dello spirito del referendum in un senso o nellaltro. Per fortuna di tutti Milano ha un Sindaco dotato di grande equilibrio che con una apparente mediazione tra due marginali posizioni contrapposte ha riportato liniziativa in carreggiata, spiegando che sperimentazione va intesa in senso letterale, che il lavoro appena iniziato e che le verifiche saranno effettuate con il pragmatismo che ormai contraddistingue la sua amministrazione.

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Anime belle della sinistra e ultime raffiche del ventennio berlusconiano si rassegnino, a Milano il riformismo

vero tornato e si amministra la citt nellinteresse di tutti, non per quello dei principi o dei princpi.

MANIFESTO PER LEXPO DEI POPOLI Martina Vitale


Lo scorso 24 ottobre, il giorno prima dellapertura ufficiale del Primo International Participants Meeting svoltosi tra Milano e Como dal 25 al 27 - stato presentato, presso la sede regionale delle Acli in via Bernardino Luini a Milano, il Manifesto per lExpo dei Popoli: unassemblea aperta della societ civile mondiale che si svolger tra maggio e ottobre 2015 a Milano. In concomitanza o a ridosso dellAssemblea delle Nazioni Unite dovr valutare i risultati degli Obiettivi del Millennio e definire le successive strategie e discuter delle politiche di sviluppo e di lotta alla povert facendo giungere a tutti i governi riuniti allOnu, le proposte dei popoli del mondo per realizzare il diritto al cibo come diritto umano fondamentale, non negoziabile. Il Manifesto per lExpo dei Popoli il frutto dellimpegno del Tavolo di Lavoro, espressione di un numerosissimo gruppo di Associazioni, ONG, e reti di organizzazioni (*), espressione della societ civile nazionale e internazionale, che dal 2007 hanno iniziato a lavorare insieme non appena ci fu la candidatura di Milano al BIE. Una storia che parte da lontano discutendo i temi dellExpo 2015 Nutrire il pianeta energia per la vita. In questi anni di lavoro, limpegno comune tra le diverse realt che compongono il Tavolo stato significativo: uno scambio vero di punti di vista, un percorso di ascolto e condivisione, di discussioni e di crescita comune, i cuori e le menti di molte realt che hanno trovato nella diversit lelemento che pi le ha unite portandole alla crescita di un pensiero e di un documento condiviso per un EXPO dei popoli. Allincontro di presentazione sono state pi di cinquanta le realt della societ civile che hanno partecipato con entusiasmo e sono intervenute sottoscrivendo il Manifesto, mentre per il Comune di Milano lassessore Stefano Boeri e Fosca Nomis per Societ Expo, hanno concordato sulla necessit di adottare un percorso aperto per la partecipazione all'Expo di Milano. Sempre nello stesso giorno il documento stato in seguito nuovamente presentato e discusso con interesse allevento Milano chiama mondo organizzato dallAssessore Boeri a Palazzo Reale nella Sala delle Cariatidi. Durante la serata dedicata allincontro delle istituzioni milanesi e di Expo con le comunit straniere e internazionali di Milano stata lanciata lidea della Consulta Citt-Mondo, in altre parole un organismo di partecipazione permanente che porter le comunit internazionali milanesi a essere coprotagoniste di Expo e alla quale anche il Tavolo di Lavoro con il proprio Manifesto per LExpo dei Popoli avr il piacere di partecipare portando il proprio contributo, la propria esperienza maturata sul campo sia in Italia sia nei Paesi del Sud del Mondo affinch le buone pratiche realizzate a livello locale e globale, molte delle quali ormai entrate a far parte della letteratura e della casistica internazionale, siano parte integrante dellEsposizione Universale del 2015. Credo infatti che il prestigioso appuntamento del 2015 possa e debba rappresentare unoccasione importante non solo per indirizzare le risorse di quello specifico evento verso obiettivi di sostenibilit e compatibilit ambientale o di apertura allimpegno per la lotta contro la povert e lo sviluppo sostenibile, ma anche e soprattutto per la capacit di far emergere con forza e coerenza, durante e dopo lEsposizione Universale, le condizioni culturali, sociali, tecnologiche e ambientali necessarie per essere cittadini di un mondo pi sostenibile ed equo per tutti. A questo riguardo sar necessario, fin sa subito, costruire, attraverso un percorso diniziative e di eventi dedicati, una nuova consapevolezza e sensibilit diffusa intorno a beni e valori comuni come: l'acqua, le risorse alimentari, il suolo, le fonti energetiche, i diritti umani, la pace, la dignit e il diritto a una vita dignitosa. Beni che non possono e non devono sottostare alla pura logica del mercato, beni sulla cui gestione la politica e la societ civile devono poter dire la loro. E infine, ultima, ma non di minor importanza anche la presentazione del Manifesto dellExpo dei Popoli che stata fatta il 25 ottobre ai 400 delegati internazionali dei 57 paesi che hanno gi aderito allEsposizione, invitati al primo International Participants Meeting, nellambito del Convegno Da Shanghai 2010 a Expo 2015. Agricoltura e Metropoli: il futuro dellumanit organizzato sempre dal Comune con Expo 2015 a Palazzo Reale.

(*) Acli, Acli Anni Verdi Ambiente Milano, Acli Terra, ACRA, ActionAid, Africa 70, Agesci, Alma Ros, AMREF, ARCI, Arcs Cultura e Sviluppo, Associazione Contratto nazionale sull'Acqua, Associazione Parco del Ticinello, Aspem, Bambini in Romania, Campagna Italiana per il Sudan, Campagna Sulla Fame non si Specula, Cesvi, Chico Mendes Onlus, CIAI, COE, CoLomba Cooperazione Lombardia, Consorzio Altromercato, COSV, Fondazione L'albero della Vita, Fratelli dellUomo, Humana, Icei, Intervita, Ipsia, Legambiente, Link 2007, Mani Tese, Medici Volontari Italiani Onlus, Mondo e Missione, Nonsoloparole Onlus, Oxfam Italia, Pax Christi, Milano Save the Children, Soleterre, Tavolo Attori Sovranit Alimentare Parco Sud, Tavolo Res Italia, Terre di mezzo, Urgenci, WWF Italia.

MILANO: QUANTA E COME LA CITT DEL PGT? Emilio Battisti


La pubblicazione del Documento politico di indirizzo per la gestione del territorio rappresenta il segnale di apertura del dibattito in questa delicata fase di ridiscussione del Piano di Governo del Territorio al

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quale dovremmo tutti impegnarci a dare il nostro contributo. Milano sta infatti attraversando una fase molto cruciale della propria vicenda urbanistica perch sono allordine del giorno la nuova approvazione del PGT conseguente al riesame delle osservazioni, il recupero urbanistico degli scali con ladeguamento della cerchia ferroviaria alle esigenze del trasporto rapido di massa e lEsposizione Universale del 2015 da molti malgrado tutto considerata una grande occasione non solo per Milano ma anche per la Lombardia e lintero Paese. Ma si ha purtroppo la sensazione che, anche dalla nuova Amministrazione, ciascuno di questi temi sia stato, almeno fino a ora, considerato separatamente, senza tener conto che, se non saranno affrontati coordinatamente, si incorrer in gravi rischi e incognite per le prospettive di sviluppo della citt. invece necessario che essi vengano portati avanti in modo strettamente collegato, perch lefficacia delle soluzioni che potranno essere adottate dipender proprio dal loro coordinamento. LExpo, vista soprattutto come occasione per rilanciare Milano sullo scenario internazionale, dovrebbe rappresentare anche la scadenza per porre le basi dellarmatura della futura metropoli sostenibile e non lasciarci leredit, gi dimostratasi estremamente negativa per Siviglia e Hannover, di un sito irrecuperabile invaso da padiglioni in rovina, oppure oggetto di speculazione edilizia selvaggia. Tra le questioni da affrontare, considerando il PGT e lExpo come strettamente integrati, sarebbe possibile portare avanti un primo importante esperimento di quel governo metropolitano della cui assenza tutti si lamentano ma che, se si eccettua la recente iniziativa di coordinare tra Milano e una trentina di comuni della cintura linterruzione del traffico privato, non ci si impegna a cercare di attuare, neppure nella semplice prassi amministrativa. E ci si potr attuare purch si dia spazio a quella componente della manifestazione, che stata proposta in varie occasioni come Expo Diffusa e Sostenibile, fatta propria dal sindaco Pisapia e che, in analogia a quanto si verifica con il Salone del Mobile stata definita Fuori Expo Il recupero degli scali ferroviari dovrebbe essere considerato non solo al fine di avviare finalmente la riqualificazione della semiperiferia della citt esterna alla cintura ferroviaria, ma anche affinch il recupero della

Circle Line per il trasporto rapido di massa, possa effettivamente diventare una componente essenziale per riorganizzare la mobilit su scala regionale. E perch ci avvenga il recupero degli scali va inquadrato negli scenari futuri di sviluppo di Milano che il PGT dovr governare, e al tempo stesso la Circle Line deve essere considerata come opera di interesse strategico per la mobilit a scala metropolitana e regionale Lesigenza di attuare questo stretto intreccio di politiche deriva dal fatto che il passaggio dal Piano Regolatore Generale, strumento urbanistico statico e prescrittivo che alla prova dei fatti sempre stato sistematicamente disatteso, raggirato e contraddetto, al Piano di Governo del Territorio presuppone un approccio dinamico basato su uno scenario in divenire da adeguare nel tempo attraverso politiche integrate, e strategie appropriate. Lidea di citt che indispensabile elaborare per consentire il suo stesso governo, non pu certamente essere partorito dalla mente di qualcuno per quanto competente possa essere. considerato. Si deve invece formare e deve crescere attraverso la condivisione delle problematiche tra tutti i soggetti sociali e la partecipazione alla elaborazione delle scelte di piano attraverso il dibattito e listituto della consultazione referendaria, di cui i cinque referendum cittadini consultivi di indirizzo sui temi del traffico urbano, verde e consumo di suolo, Expo, risparmio energetico e sistema dei Navigli milanesi hanno rappresentato unesperienza molto significativa. QUANTITA Sono totalmente daccordo con la decisione assunta alla nuova Amministrazione che lo strumento urbanistico che regoler lo sviluppo di Milano nei prossimi anni, venga sottoposto a una drastica revisione ridiscutendo le centinaia di osservazioni che la precedente amministrazione aveva evitato di prendere in considerazione rigettandole in massa. Si cos evitato sia di annullare in toto il PGT approvato in fretta e furia e con molte lacunosit da Masseroli, sia di mandarlo avanti tentando poi di emendarlo tramite delle varianti che avrebbero richiesto procedure molto pi lunghe e onerose, mentre le osservazioni che verranno riesaminate e accettate in questo seconda tornata avranno leffetto di varianti automatiche. Una revisione generale del PGT attraverso il riesame delle osserva-

zioni resa necessaria anche perch consente di portare a compimento un dibattito interrotto in quanto gli adeguamenti sortiti dallacceso dibattito che si avuto in Consiglio Comunale con la presentazione di centinaia di emendamenti nella fase di adozione del piano, non potevano essere considerati sufficienti a qualificarne i contenuti. Infatti, per quanto si sia ottenuto la riduzione di tre milioni di metri cubi di costruzioni con laumento di un milione di metri quadrati di verde; lobbligo di realizzare in ogni intervento almeno il 35% di edilizia sociale; di subordinare leventuale realizzazione del tunnel dallaeroporto di Linate a Rho allapprovazione del piano della mobilit; di vincolare le Ferrovie dello Stato a investire i proventi derivanti dal recupero degli scali alla realizzazione di un nuovo anello di metropolitana che utilizzi il tratto della cintura ferroviaria esistente; che gli interventi previsti sullarea dellExpo dopo il 2015 abbiano un carattere ambientalmente sostenibile; che si metta in atto un sistema premiale aggiuntivo finalizzato a sostenere il risparmio energetico e, infine, la riduzione da 0,2 a 0,15 mq/mq e del conseguente gettito volumetrico delle aree agricole del Parco Sud sono certamente tutti aspetti importanti. Ma che nella loro formulazione definitiva si possono annoverare come mitigazioni di carattere quantitativo degli abnormi incrementi demografici ipotizzati, degli indici di edificabilit, delle volumetria e dei potenziali impatti sullambiente. Sono infatti personalmente convinto che, se anche il controllo delle quantit in gioco rappresenta un aspetto sostanziale delle politiche di governo della citt e della sua gestione urbanistica, esso non condizione sufficiente a garantire la qualit degli interventi a scala urbana e architettonica. QUALITA Tra i punti sopra citati non si menzionato praticamente nulla a proposito della perequazione, che resta una questione oscura ed estremamente critica non soltanto sul piano urbanistico ma anche su quello economico e del mercato immobiliare. Infatti con una applicazione della perequazione non appropriatamente governata e modulata, anche in assenza del gettito volumetrico che era stato assegnato alle aree del Parco Agricolo Sud, verrebbero resi disponibili da un giorno allaltro, milioni di metri cubi edificabili, senza

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criteri e regole certe per governarne gli effetti. Anche nel Documento politico di indirizzo per la gestione del territorio, la questione citata occasionalmente e non stato chiarito come le volumetrie generate dalle aree non edificabili potranno essere trasferite su quelle edificabili, dando luogo a quel processo di densificazione che dovrebbe evitare un ulteriore consumo di suolo, ma che finir per stravolgere lo scenario urbano, incentivando il fenomeno gi in atto a causa dei grandi interventi, al cui completamento stiamo assistendo con preoccupazione Come ho gi avuto modo di osservare in varie occasioni, se gli assessori e i consiglieri comunali, che si accingono a ridiscutere le osser-

vazioni del PGT avessero assistito alle simulazioni di alcuni interventi campione presentate nel maggio dello scorso anno dallOrdine degli Architetti, forse si sentirebbero incoraggiati a tentare di ottenere qualche sostanziale miglioramento. non solo e non tanto sul piano delle quantit in gioco che resteranno comunque ragguardevoli, quanto sul piano della qualit dei prevedibili effetti di trasformazione architettonica e paesaggistica della citt. C infatti il rischio, se non la certezza, che leffetto combinato di perequazione e densificazione possa essere del tutto ingovernabile. E non pare proprio che ci si possa aspettare molto da una fantomatica authority a prevalenza pubblica, che dovrebbe vigilare sulla materia. In-

fatti, indipendentemente dalla quantit di volumi edificabili che la perequazione generer, se non sar definito entro quale regime giuridico avverranno gli scambi dei diritti volumetrici, tale organismo avr ben poche possibilit di operare in un quadro di legittimit. Si parlato di una borsa delle volumetrie, ma non si sa ancora nulla riguardo a come potr essere organizzata e su che base potr essere definito il loro valore: se facendo riferimento a quello dellarea di provenienza o a quello dellarea in cui verranno trasferite. Su tutta questa complessa e cruciale materia, necessario che il Documento politico di indirizzo si esprima con chiarezza. (continua)

DIRITTO ALLA SCUOLA: QUESTIONI APERTE Francesco Cappelli


Cosa ha significato per me essere stato per ventanni Capo dIstituto? Non di cos facile percezione: diciamo che la riflessione appena iniziata. Certamente ho la certezza di aver fatto con passione il mio lavoro, di aver cercato di esserci in modo pieno, responsabile, consapevole della alta funzione che mi era affidata: coordinare il funzionamento di una scuola pubblica garantendo a tutti gli alunni il migliore godimento possibile del loro diritto allo studio e alla scuola. Scusate se poco si potrebbe dire, ma per me non era poco o tanto, era l'unico modo possibile di fare il mio lavoro. Ed era lavoro, non ricerca di considerazione, di apprezzamento, di fama (per quanta fama possa dare oggi lavorare nella scuola). E' stato lavoro anche andando contro talune malintese applicazioni di normativa diventate prassi, contro un modo di amministrare burocraticamente ineccepibile, ma nella sostanza lesivo del diritto alla scuola, contro una idea di utenza che considera alunni e genitori sudditi e non protagonisti. Le regole sono necessarie perch il funzionamento della macchina vada a beneficio di tutti, ma non possono essere fine a se stesse. Ho spesso ricordato che la ragione per la quale docenti, personale ATA e dirigent rappresentano l'organizzazione che amministra la complessa macchina scolastica, una e una sola: la scuola e il diritto alla scuola. Se tale la convinzione, ogni regola, ogni norma burocratica si pu e si deve rispettare con modalit chiaramente evocanti la ragione di fondo, altrimenti diventano rappresentazione di una scuola autoreferenziale, finalizzata ad altro. La norma perde il suo valore se non favorisce sempre e comunque il diritto alla scuola. Ci comporter evidentemente doveri per l'alunno e i suoi genitori, doveri che sono tali perch sono visti come percorso facilitante la piena fruizione del diritto. Ogni altra visione diventa respingente, scoraggiante e persino espulsiva. Si apre quindi una riflessione seria, oggi in modo ancora pi eloquente e pressante: la scuola cos come oggi strutturata, pensata (o dimenticata), condotta e alla fine agita nelle aule innumerevoli dove si assiepano migliaia di bambini e adolescenti, risponde o no alle esigenze e ai bisogni? Forma e in che modo le nuove generazioni? Rispetto ai problemi che trenta o quaranta anni fa, agli esordi del mio (e di tanti altri) impegno professionale, cambiato qualcosa? Se cambiato, in meglio o in peggio? Mi rendo conto che rispondere a queste domande necessita di svariate pagine, senza peraltro avvicinarsi a risposte esaurienti: mi sento comunque di elencare soltanto le questioni aperte che, a mio avviso, solo se affrontate con seriet e risorse da parte dello Stato, potranno rendere la nostra scuola meglio adeguata ai bisogni di oggi. a) Il lavoro del docente, la struttura stessa della sua professionalit (orario, contratto, diritti e doveri, carriera, reclutamento) va profondamente rivisto, va soprattutto valorizzato e fatto emergere tutto il lavoro di preparazione, programmazione, progettazione educativo - curricolare, che oggi largamente presupposto, ma che va collocato, riconosciuto, reso visibile e valutabile. b) vanno ridefiniti gli organici sulla base di una dimensione strettamente legata al servizio che una scuola oggi deve dare, servizio di insegnamento in presenza della grande, necessaria eterogeneit dei soggetti e dei bisogni; c) la riqualificazione della professionalit docente e la formazione sono le priorit: docenti non si nasce, una riflessione continua sullesperienza e un confronto reso struttura intima del lavoro, aiutano a diventarlo. Bisognerebbe creare le condizioni affinch chi non ama tale lavoro e lo ha intrapreso solo perch certe porte gli hanno spalancato laccesso, possa trovare altre professioni, chi viceversa ha imparato ad amarlo, ne riconosce lalto valore civile, deve poterlo esercitare come una professione nobile, a tempo pieno (non il mezzo tempo che la vulgata ritiene e che lo ha fatto considerare un ottimo impiego pubblico, ipergarantito in ogni aspetto); d) va resa pi stretta e funzionale la saldatura tra scuola e societ: la scuola la garanzia del futuro, la scommessa per intravvedere nuovi orizzonti, lavvenire della storia di un popolo: chi tra chi ci governa o si prepara a governarci ha questa convinzione? Pu bastare: sono consapevole che tutto quello che ho cercato di mettere in evidenza, e molto altro, ter-

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reno di lavoro ancora da fare. Nel mio piccolo ho solo il desiderio di poter contribuire, in altro modo e

altre forme, alla riqualificazione di questa splendida avventura che la scuola, linsegnamento e laccompa-

gnamento delle giovani generazioni verso nuove frontiere.

TRAFFICO. SENZA LA TESTA DEI CITTADINI NULLA Guido Martinotti


Sono daccordo con Marco Ponti: non possiamo continuare a far fronte con metodi obsoleti a un problema nuovo. La regolazione intelligente del traffico automobilistico non un accessorio della politica di governo di una grande citt, ma il nucleo centrale della vita associata. Dal modo con cui organizzata la mobilit delle persone e dei veicoli, prevalentemente individuali, che esso conducono, dipendono moltissime componenti basilari della qualit della vita: a cominciare dalle regole. Non pensabile che milioni di persone spendano ogni giorno ore in attivit altamente pericolose a scambiarsi lun laltro diti medi e ad approfittare di ogni interstizio per fregare il vicino. Parcheggiare le SUV per prendersi un cappuccino bloccando una intera corsia nei pressi di un semaforo frequentato, sfrecciare a destra e sinistra lun laltro, con i ciclisti che salgono sui marciapiedi con laria di esercitare un diritto e ciascuno odiando tutti gli altri individualmente e collettivamente. Non si pu pretendere che persone abituate a questo tipo di esercizio poi non lo trasportino nelle rispettive quotidianit, e anche in politica. Il traffico di un grande sistema metropolitano un complicato sistema di divisone sociale del lavoro, con momenti di cooperazione collaborativa (tutti vogliamo arrivare a destinazione presto e sicuri) e di collaborazione competitiva (se posso ti frego un posto). Questa contraddizione strutturale ed complicata dalla circostanza che i soggetti impegnati della divisione sociale del lavoro non si conoscono e comunicano tramite segni spesso minimali, la freccia messa o non messa, il rallentamento, lo stop lo scarto e via dicendo. Sono solo le regole e le buone infrastrutture che permettono di trasformare la competizione odiosa in collaborazione positiva. Non impossibile, ma a Milano praticamente s, anche in questo la nostra citt ostile soprattutto verso i deboli, mercificata nel senso che alla merc dei mercanti e profondamene inefficiente e inadeguata. Poi ci sono tutte le altre conseguenze negative che tutti ben conosciamo, dallinquinamento, alle morti, alla perdita di tempo e allo spreco, non sto a ridirle se non per sottolineare che messi tutti assieme questi problemi costituiscono il bolo interdisciplinare e multifunzionale che sta nella gola di una citt come Milano. E la soffoca. Questi problemi non si risolvono n dalloggi al domani e neppure affettando antichi insediamenti urbani con arterie veloci, superponti o Gelmini_tunnels. Occorre un progetto avanzato e rivoluzionario che non pu avere che una sola configurazione: la trasformazione dei sistemi attuali in un meccanismo intelligente unitario: una citt intelligente, ma con le intelligenze di tutti non dei soliti succhiatori di soldi. Pezzi ci sono gi, ma una giunta innovatrice deve por mano a un progetto rivoluzionario. Si pu fare, ma non si possono risolvere i problemi solo con il bastone, che pure serve, come suggerisce Marco Ponti; non funziona. Occorre che tutti siano coinvolti, come dice Latour, che si iscrivano al progetto che unico modo per lanciare le grandi rivoluzioni tecnologiche (treno, elettricit, automobile era tutti progetti cui si sono iscritti in milioni, pagando i costi relativi). Oggi le risorse ci sono, chi vuole usare il mezzo privato ha molte risorse che possono essere impegnate positivamente. Le grandi tecnostrutture che vendono energia hanno gi iniziato il tam-tam per vendere le loro citt intelligenti. Non facciamo lerrore di rifare quel che successo allinformatica prima dellarrivo dei Steve Jobs, milioni di metri cubi di cavi inutili venduti dai manager dellIBM e altri ai ministeri di tutto il mondo. Questi grandi signori dei flussi sono indispensabili ma non possono essere lasciati a fare affari (e guasti) a briglia sciolta: le grandi infrastrutture sono un patrocinio comune come la Fabbrica del Duomo e devono esser costruite con altrettanta partecipazione, altrimenti avremo la mungitura dei Ponti di Messina e (direbbe Marco) delle TAV. Conclusione: la nuova Giunta si concentri per qualche giorno sul tema, convochi tutti, si faccia una idea e poi lanci un progetto di Smart City per tutti, affidando poi la progettazione esecutiva e la realizzazione a un processo progettuale in cui vengano coinvolti anche i grandi signori dei flussi, cui va garantito un onesto profitto (badando a che non si trasformi nella solita rapina in nome del progresso) le intelligenze collettive della citt a partire dalle universit, sulla base del chi pi ha dato pi avr e quella parte di Milano attiva che la Giunta ritiene di avere dietro di s, con i modi che la innovazione politica di questa giunta riuscir a sperimentare. Si dica ai milanesi onestamente che cosa si possono aspettare quando il progetto sar attuato, quali saranno i costi e i disagi, quali le difficolt, da confrontare con i guasti attuali, e futuri se si continuer con le pappine calde (e costose).

MERCI SOSTENIBILI? UN MESSAGGIO AI COMMERCIANTI Anna Gerometta


Negli ultimi anni i commercianti milanesi dai negozianti alla grande distribuzione, dagli artigiani al mondo della moda e il terziario che trasporta o riceve ogni giorno merci e rifornimenti - sono saliti agli onori della cronaca prevalentemente e ripetutamente per lostilit a interventi di riduzione di traffico e inquinamento che comportino limitazioni alla circolazione dei mezzi commerciali a Milano, dichiarata dai vertici delle loro associazioni di categoria. Riportando le posizioni delle associazioni di categoria i giornali hanno cos rappresentato i commercianti come una categoria contraria a tutti quei cambiamenti che si propongo-

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no di ridurre con varie modalit (tariffa, orari) la circolazione dei veicoli anche merci - in citt. Eppure, negli stessi anni, maturata a Milano nella stragrande maggioranza dei cittadini come dimostrato dagli esiti dei referendum cittadini la consapevolezza di vivere in una citt scarsamente vivibile e molto inquinata, dove il trasporto, con lenorme numero di veicoli in circolazione, gioca un ruolo primario sia sulla vivibilit, sia sui livelli di inquinamento. Qualche dato. Le merci vengono trasportate in citt prevalentemente con mezzi diesel che, anche se di ultima generazione, emettono grandi quantitativi di NOX (ossidi di azoto). Nel IX e ultimo Rapporto sullinquinamento in Lombardia pubblicato dal Joint Research Center di Ispra della Commissione Europea, si legge che la progressione delle categorie EURO (1/2/3/4/5) dei veicoli ha avuto scarsissimo impatto sulla riduzione delle emissioni di NOX dei veicoli. Si legge inoltre che a Milano la componente secondaria del particolato atmosferico, derivante in grandissima proporzione dalle emissioni di NOX dei veicoli diesel, supera spesso il 60% del totale del particolato atmosferico. E ancora si legge nello studio EPIAIR recentemente pubblicato dal dottor. Forastiere con il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie del Ministero della Salute (www.ccm-network.it), che lincremento percentuale di rischio di mortalit cardiaca, cerebrovascolare e respiratoria allaumento per 10 g/m di NO2 (direttamente proporzionale ai livelli di NOX) rilevante (da 0,99% a 3,3% ogni 10 g/m) e comunque maggiore in relazione ai livelli di N02 di quello relativo derivante dai livelli di PM10. Fatto sta che i commercianti, nel ruolo di avversari ai cambiamenti per la riduzione e razionalizzazione della circolazione, si sono presentati

alla cittadinanza, per dirla in termini semplicistici, come indifferenti ai problemi ambientali e sanitari che da pi parte sono stati denunciati come effetto dellinquinamento atmosferico. Ma davvero cos? I commercianti non hanno forse famiglie, figli piccoli, anziani che subiscono esattamente come tutti gli altri gli effetti dellinquinamento e della scarsa vivibilit della citt? Non subiscono forse loro stessi gli effetti pi diretti del traffico lavorando a livello strada? E allora sorgono spontanee alcune domande. Quanti, ai vari livelli in cui operano, condividono la posizione ufficiale della categoria alla quale appartengono, che bisogna darne atto si attenuata di recente, e quanti invece non sarebbero pi soddisfatti di condividere lo sforzo della citt per un ambiente migliore, trovando soluzioni di mobilit delle merci che li rendano una componente sociale costruttiva e creativa dellevoluzione di Milano verso un ambiente migliore? Quanto il problema consiste nella mancata corretta informazione sul potere inquinante dei mezzi diesel utilizzati per il trasporto merci e sullimpatto importante che pu avere la riduzione del traffico anche su aree di dimensione ridotta? Quando alla base stata proposta una reale alternativa che fosse praticabile in termini di costi ed effettiva disponibilit? I commercianti sono stati messi, in conclusione, in condizione di avere una scelta alternativa a quella odierna? Se la risposta a questultima domanda fosse affermativa, in questi anni, non si sarebbero avvicinati allassociazione di cui faccio parte (www.genitoriantismog.it), cos tanti commercianti per aiutarci. Per rispondere a queste domande, grazie a un gruppo di veri volonterosi, abbiamo presentato a ottobre al Comune un progetto di mobilit di ultimo miglio delle merci con veicoli elettrici e il cui punto di forte rottura rispetto al passato consiste nel tra-

sformare radicalmente il ruolo dei commercianti a Milano. Non entrer nel dettaglio. Il progetto - che parte da unipotesi minima realizzabile a breve termine di consegna delle merci dai commercianti ai clienti, ma pu estendersi a coprire una fascia di logistica di prossimit - prevede un trasporto con mezzi elettrici, per definizione non inquinanti e silenziosi, nel centro di Milano. Il commerciante che partecipa al sistema (msm merci sostenibili a milano) diventa protagonista della diffusione di buone pratiche. In strada, con unapposita campagna di comunicazione, appare innanzitutto come cittadino che desidera una citt pi vivibile e meno inquinata. Nellambito del sistema previsto pu creare sinergie con gli altri commercianti aderenti e vicini al fine di realizzare, con il sostegno del Comune, aree di vivibilit o piccoli interventi in favore dei passanti (panchine, rastrelliere, piantumazione di alberi) o in favore proprio (aree di carico scarico di prossimit), divenire punto di consegna porta a porta per il vicinato, entrare a far parte e diventare protagonista di un sistema cittadino di mobility management che proprio tramite i commercianti, al fine di ridurre i veicoli in ingresso, metta in relazione tutti quelli che, lavorando a Milano, vivono fuori dalla citt. Ed entra in un circuito di mobilit delle merci che, razionalizzando i percorsi, riduce i chilometri percorsi e quindi la congestione oltre che le emissioni. A Milano giunta lora di scardinare limmagine di questa pretesa ostilit dei commercianti allambiente. Commercianti, a ogni livello, battete un colpo. Lo ha detto il Presidente dellUnione del Commercio non molto tempo addietro: La qualit della vita in citt e la lotta allo smog sono una priorit anche per i commercianti, che vivono pi di chiunque altro a contatto con la strada e le polveri sottili. Ben detto, basta chiacchiere. Ci si metta a lavorare.

MALPENSA, VOLI LOW COST E CODE SHARING DI ALITALIA Beppe Balzarini


Dopo assemblee, discussioni, articoli e polemiche sui contenuti del masterplan presentato da SEA al Ministero dellAmbiente e dopo la stagione delle osservazioni liberamente presentate, per legge, da chiunque avesse qualcosa da far notare, sembrava che fosse calata su Malpensa una relativa calma. Ma ecco la bomba, cio lo stop alla procedura deciso dalla Commissione ministeriale VIA/VAS. Per ora nulla di definitivo ma, in attesa di avere maggiori dettagli sulla portata di questa decisione, possiamo indagare brevemente sullaria che tira nellaeroporto di Malpensa, oggetto di uno dei piani di sviluppo temporaneamente parcheggiati. Laria che tira, nel senso fisico, sempre poca per la normale assenza di vento e per la frequente inversione termica che provoca persistenti alte concentrazioni di inquinanti e infatti, per questo motivo, sarebbe meglio costruire gli aero-

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porti in zone con buona ventilazione e loptimum sulle coste. Ne discende che Malpensa ubicato nel posto sbagliato. Nellinterno dello scalo di Malpensa laria o, per meglio dire, latmosfera un po dimessa, sotto tono, perch le strutture che anni fa, cio fino allinizio del 2008, vedevano passare ca. 65.000 passeggeri al giorno ne vedono ora poco pi della met, circa 35.000. Questa , con le dovute approssimazioni, la fotografia attuale del Terminal 1 (T1) di Malpensa e, siccome i terminal aeroportuali sono ormai dei centri commerciali, la depressione del centro commerciale T1 palpabile, inoltre non nemmeno migliorata lefficienza perch, di fronte al calo dei clienti (i passeggeri), sono stati ridotti anche gli addetti, i lavoratori aeroportuali. Ridotti in proporzione ma, forse, anche oltre perch questi fenomeni non sono mai lineari e, in questi casi, magari si approfitta della situazione per sfoltire un po le fila, a seconda dei contratti, con la cassa integrazione o, per i molti precari, con il mancato rinnovo. Precariato a Malpensa? Alcuni anni fa i Sindacati denuciarono che i lavoratori precari erano oltre il 65% degli occupati. C pi vita nel Terminal 2, interamente dedicato alla compagnia low cost Easy Jet, che ha ormai conquistato il titolo di primo vettore di Mal-

pensa per numero di voli e di passeggeri. Anche il T2 dotato di un vasto centro commerciale di cui pare difficile dire se sia fiorente o no perch resta il dubbio se chi ha pagato meno il biglietto sia poi disposto a spendere i soldi risparmiati al cos detto duty free, dove ormai tutto pi caro che altrove. Lefficienza? No, qui c pi intasamento, cio pi code. Forse il passeggero attirato dal low cost potr chiedersi, al ritorno dal suo viaggio: fu vero risparmio? I passeggeri arrivano a Malpensa da un vasto bacino che comprende Firenze e Trieste, coprendo fino a 800 chilometri andata e ritorno pi il costo del parcheggio e, in qualche caso, un pernottamento nelle vicinanze e se poi la data di prenotazione vicina alla data del volo il biglietto costa ormai di pi, i bagagli da mandare in stiva sono a pagamento e altre opzioni sono monetizzate, tipo il servizio a bordo mica gratis. Viaggio low cost? No, grazie forse Ma ormai qualche compagnia low cost ha cominciato a offrire dei voli decentrati in alcuni dei numerosi aeroporti minori secondo il criterio di portare il servizio allutenza, non lutenza al servizio che la deleteria linea guida del concentrare tutti in un grande aeroporto, cio il sistema malpensocentrico.

Nellaeroporto, come si diceva, gli aerei sono soprattutto quelli di Easy Jet che opera 110-130 voli al giorno. Alitalia il secondo vettore con 90-110 voli ma praticati in code sharing con circa venti diverse compagnie. Significa che, acquistando un biglietto AZ, laereo, oltre che Alitalia, potrebbe essere Air France, China Southern, Darwin, Egyptair, Etihad, KLM, Korean, Lot, Malev, Tarom, ecc. Dopo Alitalia segue Lufthansa con circa 80 voli e poi il deserto, Air France 20, Iberia 18, British Airways 8 Questa la situazione dellex presunto grande hub, mai oltre il 14 posto in Europa, ora salvato dal low cost. Si consideravano varie prospettive dopo il dehubbing di Alitalia che, nellaprile 2008, avvi il declino di Malpensa, cerano proclami di grandi recuperi, cera il salvataggio della cordata per Alitalia, si voleva far credere in una rivalit tra Air France e Lufthansa ma, in realt, confermata dalle decisioni di Alitalia, si abbatteva su Malpensa la scure del mercato. Considerato che ora il traffico totale di 400-500 voli secondo i giorni della settimana, senza il contributo dei 120 voli di Easy Jet, che ovviamente costituiscono traffico drogato, sarebbe stata ben altra storia

Scrive Paola Giuliani ad ArcipelagoMilano


Prima di lanciare fango e dove arriva, arriva, non sarebbe il caso di informarsi e poi meditare tre minuti? Fare un fascio di Formigoni, Don Verz, CL, CdO e chi pi ne ha pi ne metta ... a che serve? Vediamo chi costruisce cose positive e lasciamoci tentare dal farne migliori!

Risponde Luca Beltrami Gadola


Gentile signora Giuliani, non credo di aver lanciato fango ma solo riportato fatti e notizie note e incontrovertibili. Da tempo mi occupo di quello che per me un "problema": l'invadenza e la prepotenza della Compagnia delle Opere e della struttura ideologica che la sostiene ossia Comunione e Liberazione. Cos come successo nella sanit lombarda non solo a mio giudizio ma anche secondo moltissimi clinici coi quali ho rapporti le scelte che vengono fatte non seguono il principio della competenza ma quello della appartenenza, la stessa cosa avviene in molti altri ambiti tra i quali gli incarichi professionali o la scelta degli appaltatori e fornitori di servizi. Questo disgraziato costume l'ho combattuto e lo combatto senza distinzioni ideologiche. Le mie battaglie contro lo strapotere delle cooperative "rosse" mi sono costate molte inimicizie e ritorsioni fin tanto che ero titolare di una impresa di costruzioni. Anche di recente ho stigmatizzato operazioni immobiliari indegne dove vedevo alleati di ogni colore all'insegna del "business is business". La mia insofferenza per queste pratiche deriva anche dal fatto che le speranze di carriera e di lavoro di molti giovani vengono cos frustrate. Perch non vogliamo capire che non solo il poco lavoro che allontana i giovani ma anche il sapere che si vive in un Paese che si muove per bande? Per parte mia cerco di avere un ruolo pratico come consigliere di Aler per cercare di dare pi case possibile a chi ne ha "realmente" bisogno. Non sto con le mani in mano.

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Scrive Vito Antonio Ayroldi a Marco Ponti


"Esternalit di club": ma che belle parole, ma come siamo sapienti! Ricordiamo che il premio Nobel a cui forse allude il professor Ponti un certo Coase ideatore di un sedicente teorema sulle esternalit e sull'efficienza del privato basato niente di meno che sull'esistenza di Fari privati nell'Inghilterra di qualche secolo fa, il nume ispiratore dei "certificati verdi", che hanno prodotto in Italia i seguenti risultati: 1. Sotto il profilo ambientale: un disastro totale; 2. Sotto il profilo finanziario: hanno creato semplicemente un mercato di titoli speculativi; 3. Sotto il profilo fiscale: una quantit non precisata di truffe "carosello". Fossi in Lei mi asterrei in certe sedi - Arcipelago Milano ad esempio - dal discettare di esternalit in relazione a Premi Nobel. Quanto alla citata "esternalit di Club" in Milano -"i congestionatori sono i primi danneggiati dalla congestione" - credo che, chiunque abbia un lavoro serio che lo faccia alzare al mattino presto, possa verificare quanto pm 10 respiri la gente che si muove con i mezzi pubblici o meglio ancora i pochi eroici cittadini in bici, mentre ogni automobilista solipsista, solo dentro la propria scatoletta, inquina e "smadonna" a ogni semaforo, a ogni tram o filobus che intralcia il suo cammino. Le auto rallentano il percorso dei mezzi di superficie che sarebbe molto pi rapido e meno inquinante se ci fossero meno auto per strada. Vien da chiedersi perch non copiare? Basta andare in dieci grandi citt nord europee Amsterdam, Berlino, Copenaghen da clima ben pi rigido del nostro e copiare, semplicemente copiare! Difficile eh? Si lo ammetto, difficile e allora continuiamo cos, a pancia piena e a polmoni intasati a fare a gara a chi la sa di pi di premi Nobel a che c'ha la definizione pi "cool" che dice tanto a quelli che sanno poco.

Scrive Anna Gerometta a Marco Ponti


Condivido pienamente lanalisi sulla rilevanza del problema della sosta e dellindisciplina degli automobilisti. ora che il Comune, attraverso i vigili, si occupi della repressione delle numerosissime forme di malcostume che affliggono molti automobilisti milanesi (parcheggio in doppia fila, mancanza di rispetto per i pedoni, sosta a motore acceso) e utilizzi anche la tariffazione della sosta (anche dei residenti) come metodo di decongestionamento e reperimento dei fondi per la riqualificazione della citt. Tuttavia una cosa non esclude laltra. Individuare e attuare interventi isolati non pi sufficiente a Milano mentre ben pi efficace un piano di azioni coordinate verso lo stesso obiettivo: meno inquinamento e pi vivibilit.

Risponde Luca Gibillini a Guido Marinotti


Tralascio il tema, corretto della frivolezza e del sottoscritto proponente anche se, credo e spero, in conclusione converremo che il tema ben poco frivolo e molto attuale per essenzialmente tre ragioni. La memoria, innanzitutto: mia nonna, anziana e saggia come la ricordo, non era una donna colta. Viveva nelle case popolari di Via Borsi ed era una ragazza del 96. Partigiana e aveva avuto due fratelli morti a Caporetto. Lei mi ripeteva sempre: senza memoria non c futuro. E io sono, oggi, daccordo con lei. Una piazza fondamentale di Milano ha un nome piuttosto che un altro, mi sembra giusto e importante che nel tempo, come dice Baumann, dellistante fotografato nelloggi, si provi a ricordare a chi e perch dedicata questa piazza. Luigi Cadorna, fu un carnefice. Non una discussione in campo, non di destra n di sinistra, un fatto storico. In Parlamento arriv a dire che Caporetto non fu colpa sua, ma degli Italiani, popolo vile e arrendevole. Ma non mi soffermer sulla sua figura, n su Caporetto, simbolo della disfatta di un popolo. Mi interessa di pi che in una citt come Milano, ogni tanto, tra una discussione su una escort e un evento di Moda Milano, qualcuno, anche solo per una provocazione, provi a guardare su Wikipedia chi fu Cadorna, cosa combin sulla pelle di migliaia di italiani e come a volte i simboli della nostra citt stridano con lanima della nostra citt. Loggi. Lo sappiamo tutti ormai, il governo taglia e taglia soprattutto agli enti locali. La sottrazione di risorse ai Comuni porta con se il rischio serio di dover ridurre o eliminare i servizi essenziali alle persone e limitare il tentativo di sviluppo di un welfare metropolitano. Ma c una cosa che mi tormenta: possibile che tra tutti capitoli di spesa che il governo riduce ce n uno solo che invece aumenta seppur di poco e non viene mai messo in discussione? E il capitolo spese militari. Negli ultimi due anni abbiamo, cittadini italiani, speso 27 mld di Euro in missioni (non sempre) di pace. In pi quasi il 4% del Pil Italiano in spese militari o di difesa. A me sembra evidente che ridurre le spese militari a beneficio degli investimenti sui nostri cittadini debba essere razionalmente e urgentemente messo in conto. Cadorna simbolo di guerra, chiunque legga di storia non pu fare a meno di ammetterlo. Il simbolo di una citt che mette in discussione la guerra e prova a dire che se vogliamo uscire da una profonda crisi dobbiamo investire nei nostri cittadini e non in armi e armamenti. Il domani. Il piazzale un simbolo, dicevamo. Di simboli, la nostra cultura si nutre, lo sappiamo da Aristotele in poi. Secondo me i milanesi, oggi, dovrebbero potere e volere, anche nei simboli, partecipare alla costruzione del nuovo millennio. Penso che oggi, una piazza come Cadorna, dedicata a Falcone e Borsellino, per fare un esempio, sarebbe un grande simbolo di legalit, di lotta alla criminalit organizzata, di pace. Soprattutto se saranno i cittadini milanesi a deciderlo. E la priorit assoluta di questa citt? No, ne sono consapevole. Ma la politica delle priorit inizia a essere un gravissimo problema nel nostro paese. Passiamo il tempo ad affrontare una alla volta le emergenze, non pensiamo mai al domani, a come costruire una societ che non oggi, ma dopodomani sia in grado di camminare sulle sue gambe. La politica delle priorit anche quella che continua a dire ai cittadini che dei diritti e della cultura non dobbiamo occuparci. Perch prima viene il lavoro (la priorit) e poi il divertimento o la cultura. Questa la ragione per cui in Italia il diritto sacrosanto dellunione civile non riconosciuto. Perch non una priorit. Questa la ragione per cui in Italia sulla cultura si pi non investire, perch con la cultura non si mangia.

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www.arcipelagomilano.org Questa la ragione per cui ogni giorno la precariet sempre di pi la condizione normale per milioni di giovani, perch la priorit lavorare, il diritto al futuro, non lo .

Replica Pietro Cafiero a Gregorio Praderio


Rispondo sia alla lettera che allarticolo di Gregorio Praderio. Sulle osservazioni diciamo la stessa cosa: la prassi prevede che si accolgano osservazioni che non vadano a incidere profondamente sullassetto e sulle previsioni del piano. Altrimenti il piano stesso va ripubblicato. Credo che nel caso del PGT di Milano questa strada sia difficilmente praticabile visti i tempi stretti. A meno di non ricorrere ad altri bizantinismi, che per hanno poco a che vedere con lurbanistica. Su indici e indifferenziazione funzionale rimango della mia idea (suvvia, le mancate bonifiche sono un problema grave, ma non centrano con il mix funzionale), anche se trovo ragionevoli e molto interessanti le proposte fatte da Praderio nellarticolo di commento al presunto documento segreto (che in realt una bozza di una trentina di pagine scritta da colleghi del PIM). Quanto alla capacit predittiva della Giunta Pisapia, so perfettamente che il Decreto Sviluppo era quello di questa estate. Mi sono permesso lironia di quel commento, perch sarebbe stato sufficiente scriverlo nel Documento politico di indirizzo per il governo del territorio, visto che lo stesso documento stato redatto non a luglio ma in queste settimane e quindi dopo luscita (ahim) di altri Decreti Sviluppo.

RUBRICHE MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org La prova aperta di Barenboim
Come ormai tutti sanno lera di Barenboim alla Scala non prender inizio con il Don Giovanni del prossimo 7 dicembre ma cominciata il 2 novembre, giorno dei morti, con la prova aperta del concerto con il quale lorchestra Filarmonica ha inaugurato la stagione sinfonica del 2011-2012. Con louverture dei Vespri Siciliani di Verdi, il Till Eulenspiegels Lustige Streiche opera 28 di Strauss, e con il Debussy de La mer, Le jet deau e le tre Ballate per Franois Villon (con la voce di Anna Prohaska), Barenboim ha voluto accostare tre autori fortemente caratterizzati della loro origine nazionale Italia, Francia, Germania e tre nazioni a loro volta molto rappresentative del momento che stiamo vivendo, quasi a volerle riunire in una sorta di abbraccio musicale! Prova aperta nel vero senso della parola, cio aperta a tutti: bastava chiedere gli inviti a una qualsiasi Istituzione musicale milanese (Serate Musicali, Quartetto, Conservatorio, ecc.) per ottenere gratuitamente posti, ovviamente numerati, di platea o di palco e, per gli ultimi arrivati, delle due gallerie. Passare attraverso una Istituzione musicale, senza alcuna formalit e senza obbligo di appartenenza, aveva lovvio e unico scopo di selezionare ospiti in grado di apprezzare linvito. Un pubblico dunque di veri appassionati, senza alcuna attenzione allapparire e tanto meno al vestire (daltronde anche lorchestra e il direttore erano scamiciati), mai un applauso fuori posto n un colpo di tosse. Due ore di vero lavoro - dalle 14.30 alle 16.30 in quanto non si trattava della cosiddetta prova generale (finale e riassuntiva, di controllo, quasi sempre senza interruzioni e del tutto simile alla successiva prima) ma della seconda di tre prove in cui Barenboim dopo aver fatto eseguire Verdi e Strauss tutto dun fiato, per verificare appunto che tutto fosse a posto e come concordato nella prova precedente ha costruito i primi due pezzi di Debussy facendo partecipe il pubblico delle intenzioni, delle difficolt, delle scelte, delle correzioni, insomma del vero lavoro di preparazione dellorchestra, quello che non appare mai in concerto ma grazie al quale vengono definiti i caratteri della interpretazione e affinata la qualit dellesecuzione. E stato sorprendente scoprire lenergia sprigionata da Barenboim e trasferita ai professori dorchestra, la capacit di comunicar loro - con poche parole e pochi gesti - sottigliezze interpretative e raffinatezze esecutive, la disinvoltura con cui passava da un autore allaltro, da unaura allaltra, ottenendo dalle singole sezioni dellorchestra il fraseggio, il colore, il suono desiderato; dobbiamo riconoscergli e allinizio del suo ciclo scaligero lo facciamo con grande gioia che a differenza di tanti colleghi suoi coetanei o poco pi anziani di lui Barenboim mostra un impegno e una passione ammirevoli e rassicuranti. Ci che pi ci ha colpito stata lidea di riappropriarsi fin da subito di una delle migliori tradizioni scaligere, quella di aprire le porte del nostro mitico teatro a tanti che normalmente non potrebbero permetterselo e di mettere a nudo il lavoro de direttore e dellorchestra anche nei momenti pi delicati e riservati, come quello in cui deve far ripetere tre volte una battuta a un professore che ne ha in testa unidea diversa, o un determinato passaggio allintera orchestra per ottenere un risultato leggermente ma sostanzialmente diverso da quello scaturito dalla prima lettura. Non esiste modo migliore per avvicinare il pubblico alla musica classica e per educarlo allascolto, e lo si potuto riscontrare molto bene in questoccasione in cui un pubblico eterogeneo moltissimi giovani ma anche molte persone in et avanzata ha riempito la Scala mostrando una attenzione e una concentrazione che raramente si osservano durante i concerti ufficiali. Bravo Barenboim, un ottimo incipit per un lavoro che inizia non certo in discesa, con i tagli ai finanziamenti e le difficolt economiche degli sponsor, con unorchestra che da anni senza una guida sicura e costante (cosa che forse non le ha

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www.arcipelagomilano.org nuociuto in termini di creativit e di freschezza, ma che ora rischia di penalizzarla in termini di rigore e di disciplina) e che dunque deve trovare nuovi assetti e diversi equilibri. Lo si visto proprio in Debussy, autore non fra i pi presenti nel repertorio della Scala, sul quale il lavoro di messa a punto stato visibilmente e particolarmente laborioso. Le prove aperte continueranno, grazie alla collaborazione di uno sponsor, ma dora in avanti saranno a pagamento, con prezzi molto contenuti, per devolverne l'incasso ad associazioni di volontariato. Che anche questo faccia parte dellaria nuova che si respira in citt? Musica per una settimana *gioved 10 e sabato 12 al teatro Dal Verme lOrchestra dei Pomeriggi Musicali, diretta da Carlo De Martini con le trombe Gabriele Cassone e Luciano Marconcini, eseguir musiche di Vivaldi (Concerto per due trombe ed archi), Haydn (Concerto per tromba ed archi e una Marcia) e Mozart (Sinfonia n. 20 in re maggiore K. 133) *venerd 11 (attenzione, non gioved come di consueto!), sabato 12 e domenica 13 allAuditorium Zhang Xian diriger lormai sua Orchestra Verdi nellOuverture del Guglielmo Tell di Rossini che a sua volta in un gioco di specchi introdurr le Matines e le Soires musicales da Rossini (rispettivamente opere 24 e 9) di Benjamin Britten; nella seconda parte ascolteremo la Settima Sinfonia in la maggiore opera 92 di Beethoven *domenica 13, al mattino alle 11, per il ciclo MAGGIOREminore, storia della musica attraverso i compositori dimenticati, la stessa orchestra sempre allAuditorium propone tre opere scritte fra il 1815 e il 1816: lOuverture in re maggiore di Muzio Clementi, il Concerto per due clarinetti (Raffaella Ciapponi e Fausto Ghiazza) di Franz Krommer e la Sinfonia n. 4 in fa maggiore (la cosiddetta Tragica) di Schubert *luned 14, al Conservatorio per le Serate Musicali, la diciannovenne padovana Leonora Armellini e il ventunenne polacco Marcin Koziac, vincitori entrambi del concorso di Varsavia, si alterneranno al pianoforte in una miriade di brani di Chopin Alla Scala un programma intenso: *sabato 12 concerto dei Solisti di Pavia con Enrico Dindo per i decennali di quellensemble e del Museo Diocesano, con musiche di Mozart, Haydn (il concerto per violoncello e orchestra recentemente riportato alla luce dallo stesso Dindo) e aikowskij *domenica 13 concerto dei Mnchner Philharmoniker diretti da Christoph Eschenbach, in collaborazione con Serate Musicali per il Fondo Ambiente Italiano, con Beethoven (Egmont, ouverture opera 84), Max Bruch (Concerto n. 1 in sol minore opera 26 per violino e orchestra, solista Vadim Repin) e Dvok (Sinfonia n. 9 in mi minore opera 95 dal Nuovo Mondo) *marted 15 e venerd 18 ricordiamo e segnaliamo le ultime due repliche de La donna del Lago di Rossini diretta da Roberto Abbado.

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Le Gallerie dItalia nel cuore di Milano
Dopo il Museo del Novecento, apre a Milano, in centro che pi centro non si pu, un altro museo destinato a diventare una realt importante del panorama artistico milanese. Hanno infatti debuttato in pompa magna le Gallerie dItalia, museopolo museale in piazza Scala, ospitato negli storici palazzi Anguissola e Brentani, restaurati per loccasione. Un avvenimento cittadino, che ha avuto unintera nottata di eventi e inaugurazioni dedicate. Si iniziato con Risveglio, videoproiezione sui palazzi di piazza Scala, a cura di Studio Azzurro, ispirate allomonimo dipinto Risveglio (190823) di Giulio Aristide Sartorio (di propriet della fondazione Cariplo), artista liberty e simbolista, esposto allinterno del museo. C stato poi un incontro con il filosofo Remo Bodei, con una riflessione sul bello e sul valore dei musei, per poi passare alle visite gratuite per il grande pubblico del Teatro alla Scala. Una serata fitta dimpegni, che si protratta fino alluna di notte, per permettere ai tanti visitatori in fila nonostante la pioggia battente, di visitare gratuitamente il nuovo museo. E in effetti valeva la pena di aspettare per vedere le tredici sezioni di questo museo che comprende, cronologicamente e per temi, tanti capolavori del nostro passato per approdare poi ai Futuristi. Un ideale partenza per visitare poi il vicino Museo del Novecento. Un museo voluto e creato, nonostante i tempi poco propizi, da Intesa Sanpaolo e Fondazione Cariplo, da sempre attente allarte e alla cultura, che grazie al progetto architettonico di Michele de Lucchi, ospita 197 opere dellOttocento italiano, in particolare lombardo, delle quali 135 appartenenti alla collezione darte della Fondazione Cariplo e 62 a quella di Intesa Sanpaolo. Il percorso espositivo di 2.900 mq, curato da Fernando Mazzocca, propone un itinerario alla scoperta di una Milano ottocentesca, assoluta protagonista del Romanticismo e dellindustrializzazione, ma anche di altre scuole artistiche e correnti. Aprono il percorso i tredici bassorilievi in gesso di Antonio Canova, che gi di per s varrebbero la visita, ispirati a Omero, Virgilio e Platone; si passa poi ad Hayez e alla pittura romantica, con il suo capolavoro I due Foscari; largo spazio stato dedicato a Giovanni Migliara e Giuseppe Molteni, per passare a Gerolamo Induno; alla sezione dedicata al Duomo di Milano e alle sue vedute prospettiche e quella dedicata ai Navigli. Se a palazzo Anguissola tutto era un trionfo di stucchi, specchi e puttini, lambientazione cambia quando si passa al contiguo palazzo Brentani, con la pittura di genere settecentesca, i macchiaioli, con Segantini e Boldini, i divisionisti, il Simbolismo di Angelo Morbelli e Previati, per arrivare allinizio del 900 con quattro dipinti di Boccioni, ospitati in un ambiente altrettanto caratteristico ma pi neutro e museale. Al centro, nel cortile ottagonale, troneggia un disco scultura di Arnaldo Pomodoro. Ma non finita qui. Al settecentesco Palazzo Anguissola e alladiacente Palazzo Brentani, si affiancher nella primavera del 2012 la storica sede della Banca Commerciale Italiana, che ospiter la nuova sezione delle Gallerie e vedr esposta una selezione di opere del Novecento.

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www.arcipelagomilano.org Insomma un progetto importante che, in un momento di crisi e preoccupazione globale, vuole investire e rilanciare arte, cultura e il centro citt, facendo di piazza della Scala un irrinunciabile punto di riferimento, un salotto cittadino adatto ai turisti, ma, si spera, non solo. Gallerie dItalia piazza della Scala - entrata libera fino allapertura della sezione novecentesca del Museo, prevista nella primavera 2012 Orari: Da marted a domenica dalle 9.30 alle 19.30. Gioved dalle 9.30 alle 22.30. Luned chiuso

LArte Povera invade lItalia


Sono numeri da capogiro quelli legati alla mostra Arte Povera, esposizione organizzata da Triennale Milano e dal Castello di Rivoli, a cura di Germano Celant, che vuole celebrare coralmente questo movimento italiano con una serie di iniziative sparse per il Bel Paese. Sette le citt coinvolte, otto i musei ospitanti, 250 le opere esposte, 15 mila i metri quadrati, tra architetture museali e contesti urbani, usati per contenere ed esporre le spesso monumentali opere darte. Loperazione ha delleccezionale, mettendo insieme direttori, esperti, studiosi e musei, che si sono trovati daccordo nel creare e ospitare una rassegna che testimoni la storia del movimento nato nel 1967 grazie agli artisti Alighiero Boetti, Mario e Marisa Merz, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Jannis Kounellis, Giulio Paolini e tanti altri. Un movimento che deve la sua definizione proprio al curatore e al creatore di questa impresa, Germano Celant, che us il termine per la prima volta in occasione di una mostra genovese di quel anno, volendo definire una tendenza molto libera, in cui gli artisti lasciavano esprimere i materiali e le materie (acqua, fuoco, tele, pietre ecc.), non controllati esteticamente o plasticamente, ma anzi usati per esprimere energie e mutamenti interni ad essi. Cos ecco lanciata la sfida, raccontare la storia di questo movimento, prontamente raccolta da alcune delle istituzioni museali pi importanti dItalia: Triennale Milano e il Castelli di Rivoli Museo dArte Contemporanea, veri promotori, la Galleria Nazionale dArte Moderna di Roma, la GAMeC di Bergamo, il MADRE di Napoli, il MAMbo di Bologna, il MAXXI di Roma e il Teatro Margherita di Bari. Ogni sede ospita un pezzo di storia del movimento, che in una visione dinsieme, permetteranno al visitatore-pellegrino di ricomporre e afferrare ogni aspetto dellarte dagli anni 60 ad oggi. In particolare presso la Triennale, sede cardine dellevento, si potr avere una bella visione dinsieme grazie ad Arte Povera 2011, rassegna antologica sul movimento, che in uno spazio di circa 3000 metri quadrati, raccoglie oltre 60 opere, per testimoniare levoluzione del percorso artistico fino al 2011, grazie alla collaborazione di musei, artisti, archivi privati e fondazioni. La prima parte si sviluppa al piano terra, ed dedicata alle opere storiche degli artisti, realizzate tra 1967 e 1975, e che ne segnano in qualche modo il loro esordio nel mondo dellarte: i cumuli di pietra e tele di Kounellis; gli intrecci al neon di Mario Mez; gli immancabili specchi di Pistoletto; i fragili fili di nylon e le foglie secche nelle opere di Marisa Merz; le scritte in piombo e ghiaccio di Pier Paolo Calzolari; e tanti altri. Al secondo piano, nei grandi spazi aperti, in un percorso fluido e spazioso, sono documentate le opere realizzate dagli artisti tra 1975 e 2011, in un continuo e contemporaneo dialogo tra loro. Nei 150 anni dellUnit dItalia, una grande operazione museale ed espositiva che riunisce artisti, musei e grandi nomi, in unoperazione nazionale che rende giustizia, e ne tira idealmente le somme, di un movimento, italianissimo, e tuttora vivente.
Mario Merz Le case girano intorno a noi o noi giriamo intorno alle case?, 1994

Arte Povera 1967 2011-fino al 29 gennaio - Triennale di Milano - Ingresso 8,00/6,50/5,50 - Orari:marted-domenica 10.30-20.30, gioved e venerd 10.30-23.00 Le altre sedi: *24 settembre 26 dicembre 2011, MAMbo Museo dArte Moderna di Bologna, Bologna Arte Povera 1968 *7 ottobre 2011 8 gennaio 2012, MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma Omaggio allArte Povera *9 ottobre 2011 19 febbraio 2012 Castello di Rivoli Museo dArte Contemporanea, Rivoli Arte Povera International *25 ottobre 2011 29 gennaio 2012, Triennale di Milano, Milano Arte Povera 1967-2011 *novembre 2011 - aprile 2012, GAMeC Galleria dArte Moderna e Contemporanea di Bergamo Arte Povera in citt *11 novembre 2011 - aprile 2012, MADRE - Museo dArte contemporanea Donnaregina, Napoli Arte Povera pi Azioni Povere 1968 *7 dicembre 2011 4 marzo 2012, Galleria nazionale darte moderna, Roma Arte Povera alla GNAM *15 dicembre 2011 11 marzo 2012, Teatro Margherita, Bari Arte Povera in teatro

Cezanne e les ateliers du midi


Palazzo Reale presenta, per la prima volta a Milano, un protagonista indiscusso dellarte pittorica, colui che traghetter simbolicamente la pittura dallImpressionismo al Cubismo; colui che fu maestro e ispiratore per generazioni di artisti: va in scena Paul Cezanne. Sono una quarantina i dipinti esposti, con un taglio inedito e particolare, dovuto a vicende alterne che hanno accompagnato fin dallorigine la nascita di questa grande esposizione, intitolata Czanne e les atliers du midi. E appunto da questo titolo che tutto prende forma. Lespressione ateliers du midi fu coniata da Vincent Van Gogh, il cui progetto ero quello di creare una comunit di artisti riuniti in Provenza, una sorta di novella bottega, in cui tutti avrebbero lavorato in armonia. Un progetto che, come noto, non port mai a termine, ma dal quale Rudy Chiappini e Denis Coutagne, curatori della mostra, hanno preso spunto per delineare il percorso artistico di Cezanne. La mostra un omaggio al grande e tenace pittore solitario, nato ad Aixen-Provence, luogo al quale fu sempre attaccato, e che nei suoi continui spostamenti tra il paese natio, Parigi e lEstaque, cre quella che da sempre stata considerata la base dellarte moderna. Il tema portante dellesibizione riguarda lattivit di Cezanne in Provenza, legata indissolubilmente ai suoi ateliers: prima di tutti il Jas de Bouffan, la casa di famiglia in cui Cezanne compie le sue prime opere e prove giovanili; la soffitta dell'appartamento di Rue Boulegon; il capanno vicino alle cave di Bibmus; i locali affittati a Chteau Noir; la piccola casa a l'Estaque, e infine il suo ultimo atelier, il pi perfetto forse,

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www.arcipelagomilano.org costruito secondo le indicazioni del pittore stesso, latelier delle Lauves. Luoghi carichi di significato e memoria, in cui il maestro si divise, nelle fasi della sua vita, tra attivit en plein air, seguendo i consigli degli amici Impressionisti, e opere sur le motiv, una modalit cara a Cezanne, che della ripetizione ossessiva di certi soggetti ne ha fatto un marchio di fabbrica. Opere realizzate e rielaborate allinterno dello studio, luogo di creazione per ritratti, nature morte, composizioni e paesaggi. Ma latelier anche il luogo della riflessione per Cezanne, artista tormentato e quasi ossessivo nel suo desiderio di dare ordine al caos, cercando equilibrio e rigore, usando soprattutto, secondo una sua celebre frase, il cilindro, la sfera e il cono. In natura tutto modellato secondo tre modalit fondamentali: la sfera, il cono e il cilindro. Bisogna imparare a dipingere queste semplicissime figure, poi si potr fare tutto ci che si vuole. Una mostra che vanta prestiti importanti (quale un dipinto dallHermitage); che coinvolge una istituzione importante come il Museo dOrsay, e che ha nel suo comitato scientifico proprio il direttore del museo e il pronipote dellartista, Philippe Cezanne. Con un allestimento semplice ma accattivante, merito anche dei grandi spazi, il visitatore potr scoprire i primi e poco noti lavori del maestro francese, le opere murali realizzate per la casa paterna e i primi dipinti e disegni ispirati agli artisti amati, come Roubens, Delacroix e Courbet. Dal 1870 Cezanne trascorrer sempre pi tempo tra Parigi, in compagnia dellamico di scuola Emile Zola, e la Provenza. Nascono quindi inediti soggetti narrativi, usando lo stile en plein air suggeritogli da Pissarro. Si schiariscono i colori e le forme sono pi morbide: ecco le Bagnanti, ritratte davanti allamata montagnafeticcio Sainte Victorie. Stabilitosi quasi definitivamente in Provenza, eccolo licenziare alcuni dei suoi paesaggi pi straordinari, con pini, boschi e angoli nascosti, tra cui spiccano quelli riguardanti le cave di marmo di Bibemus, luogo amato e allo stesso tempo temuto da Cezanne, che vedeva nella natura il soggetto supremo, il principio dellordine, ma che al tempo stesso poteva essere anche nemica e minaccia. Capolavori della sua arte sono anche i ritratti, dipinti in maniera particolare e insolita. Sono ritratti di amici e paesani, di gente comune che Cezanne fissa su tela senza giudicare n esprimere pareri, figure immobili ed eterne, come le sue nature morte. E sono proprio queste le composizioni pi mature, tra cui spicca per bellezza Il tavolo di cucina - Natura morta con cesta, (1888-1890), dalle prospettive e dai piani impossibili, con una visione lontanissima dalla realt e dal realismo imitativo, con oggetti ispirati s da oggetti reali, tra cui le famosissime mele, ma reinventati in chiave personale. Una mostra dunque densa di spunti per comprendere lopera del pittore di Aix, complementare alla mostra del Muse du Luxembourg di Parigi, intitolata Cezanne et Paris, che indagher invece gli anni parigini e approfondir il rapporto tra Cezanne, gli Impressionisti e i post Impressionisti.

Czanne e les atliers du midi. Fino al 26 febbraio, Palazzo Reale. Orari: 9.30-19.30; lun. 14.30-19.30; gio. sab. 9.30-22.30. Costi: intero euro 9, ridotto euro 7,50.

Roberto Ciaccio. Revenance tra specchi e cariatidi


Il luogo di per s uno tra i pi incantevoli di Milano, la sala delle Cariatidi, cuore di Palazzo Reale. Un ambiente carico di storia e suggestioni, che con la sua atemporalit sospesa e silenziosa ben adatto a ospitare i lavori di Roberto Ciaccio, artista che tende a creare lopera darte totale, unione di pittura, scultura, architettura e musica. Sono lavori site specific, pensati in stretta identit con la sala ospitante, e che diventano il terzo momento di un percorso espositivo che porta lopera di Ciaccio a confrontarsi con la filosofia, la poesia e la musica, cos come era gi avvenuto a Berlino e Roma. Inter/vallum il titolo della mostra, curata niente meno che da Remo Bodei, Kurt W. Forster e Arturo Schwarz (tre giganti della filosofia, dellarchitettura e della critica darte); grandi lastre incolori fatte di metalli diversi ferro, rame, ottone, zinco , realizzate con un procedimento tecnico a rulli di stampa, con tonalit dal blu al viola; ma ci sono anche grandi opere su carta, la serie dei piccoli fogli di papier japon, che aprono illusori spazi tridimensionali al proprio interno attraverso molteplici stratificazioni di piani e valori cromatici. Sono appunto intervalli, come spiega il titolo, che scandiscono in modo seriale spazi reali e illusori, che diventano soglie, aperture e specchi che interagiscono e si completano in un percorso illusionistico, onirico e musicale. E la musica ha una grossa rilevanza nei lavori di Ciaccio, tanto che nel centro della sala troneggia un grande pianoforte a coda, usato il giorno dellinaugurazione per una straordinaria performance: lesecuzione di Mantra per due pianoforti, radio a onde corte, modulatori ad anello, woodblocks e cembali antichi di Karlheinz Stockhausen, eseguito dal duo pianistico Antonio Ballista e Bruno Canino, con Walter Prati e Massimiliano Mariani agli strumenti elettronici, che ripeteranno il concerto gi eseguito a Milano con la regia dello stesso Stockhausen oltre trentacinque anni fa. Uno spazio scelto, la Sala delle Cariatidi, perch carico di energia, spiega Ciaccio, che ben si sposa con le opere dal carattere misterioso ed esoterico delle lastre metalliche, veri revenance (spettri) dai colori immateriali ma energici, fatti di bagliori metallici e vibrazioni di luce, che sembrano riflettere allinfinito le note suonate dal pianoforte. Artista da sempre concettuale e astratto, in continuo dialogo con la filosofia, Ciaccio accarezza temi come la luce, lassenza, le tracce, la temporalit e il tempo, concentrandosi proprio su questultimo, per creare i suoi revenance - il ritorno fantasmatico dellimmagine -, opere concrete ma allo stesso tempo evanescenti, possibili vie per indicare nuovi percorsi e modi di indagine per larte e le infinite varianti di unimmagine. Sicuramente di grande suggestione e impatto visivo, unoccasione per vivere un luogo storico che mischia passato, presente ed eterno ritorno. Roberto Ciaccio- Inter/vallum Sala delle Cariatidi, Palazzo Reale, fino al 20 novembre Orari: Luned 14.30 19.30. Marted, mercoled, venerd, domenica 9.30 19.30. Gioved e sabato 9.30 22.30 Ingresso gratuito

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I Visconti e gli Sforza raccontati attraverso i loro tesori


In occasione del suo primo decennale, il Museo Diocesano ospita, fino al 29 gennaio, una mostra di capolavori preziosi e di inestimabile valore, intitolata Loro dai visconti agli Sforza. Una mostra creata per esplorare, per la prima volta in Italia, levoluzione dellarte orafa a Milano tra il XIV e il XV secolo, attraverso sessanta preziose opere tra smalti, miniature, arti suntuarie, oggetti di soggetto sacro e profano, provenienti da alcuni tra i musei pi prestigiosi del mondo. I Visconti e gli Sforza sono state due tra le famiglie pi potenti e significative per la storia di Milano. Con la loro committenza hanno reso la citt una tra le pi attive dEuropa artisticamente e culturalmente. Una citt che ha ospitato maestranze e botteghe provenienti da tutta Europa, che qui si sono trasferite per soddisfare le esigenze di una corte sempre pi ricca e lussuosa, che chiedeva costantemente oggetti preziosi e raffinati per auto celebrarsi e rappresentarsi. Oltretutto non va dimenticato che a Milano e dintorni due erano i cantieri principali che attiravano artisti di vario tipo: il Duomo, iniziato nel 1386 su commissione viscontea, e il castello di Pavia, iniziato nel 1360 per volere di Galeazzo Visconti. Due in particolare sono le figure a cui ruotano intorno le vicende milanesi del periodo, uomini forti che costruirono le fortune delle loro famiglie e che furono anche committenti straordinari: Gian Galeazzo Visconti e Ludovico il Moro. Gian Galeazzo fu il primo dei Visconti a essere investito del titolo ducale, comprato dallimperatore di Boemia nel 1395, titolo che legittim una signoria di fatto che risaliva al 1200. Laltra figura di rilievo fu Ludovico il Moro, figlio del capitano di ventura Francesco Sforza, che sposa la figlia dellultimo Visconti, dando inizio cos alla dinastia sforzesca. Ludovico il Moro, marito di Beatrice dEste, fu uomo politico intraprendente ma soprattutto committente colto e attivo, che chiam presso la sua corte uomini dingegno come Leonardo Da Vinci, Bramante e molti altri tra gli artisti pi aggiornati del panorama europeo. La mostra prende inizio da due inventari, quello dei gioielli portati in dote da Valentina Visconti, figlia di Gian Galeazzo, andata in sposa a Luigi di Turenna, fratello del re di Francia; e quello dei preziosi di Bianca Maria Sforza, figlia di Ludovico il Moro, andata in sposa allimperatore Massimiliano I. Proprio questi elenchi hanno permesso di ricostruire lentit del tesoro visconteo-sforzesco, e di ricostruire e di riunire insieme i principali oggetti per questa mostra. Il percorso si snoda tra pezzi di pregiata fattura, come gli scudetti di Bernab Visconti, zio di Gian Galeazzo, che ci mostrano una delicata tecnica a smalto traslucido; oppure la preziosa minitura con una dama, opera di Michelino da Besozzo, forse il pi importante miniatore del secolo, che con tratti fini e delicati ci mostra una dama vestita alla moda dellepoca, con maniche lunghe e frappate e il tipico copricapo a balzo, espressione modaiola delle corti lombarde. Lavoro da mettere a confronto con il fermaglio di Essen (opera in dirittura di arrivo), pezzo doreficeria finissima, una micro scultura rappresentante la stessa enigmatica dama. Altro pregevole pezzo sicuramente il medaglione con la Trinit, recante il nuvoloso visconteo, emblema della famiglia, dipinto in smalto ronde bosse, tecnica tra le pi raffinate e costose. Proprio gli smalti sono una delle tecniche pi rappresentative delloreficeria visconteosforzesca, con un ventaglio di tipologie vario e virtuosistico, attraverso cui le botteghe milanesi erano conosciute in tutta Europa. Ma daltra parte Milano aveva una lunga tradizione smaltista alle spalle, basti pensare allaltare di Vuolvino, nella basilica di santAmbrogio. Uno dei passatempi preferiti della corte erano le carte: ecco dunque sei bellissimi esemplari di Tarocchi, provenienti da Brera, interamente coperti di foglia doro, punzonati e dipinti, testimonianza unica e ben conservata della moda, dei costumi e delle tecniche dellepoca. Dalla dinastia viscontea si passa poi a quella sforzesca, con reliquari e tabernacoli che si ispirano al duomo di Milano per struttura e composizione, opere di micro architettura in argento e dipinte in smalto a pittura, come il Tabernacolo di Voghera o quello Pallavicino di Lodi. Ma la miniatura a farla da padrone, con il messale Arcimboldi, che mostra Ludovico il Moro, novello duca di Milano circondato dal suo tesoro; il Libro dOre Borromeo, famiglia legata a doppio filo a quella dei duchi di Milano; e il Canzoniere per Beatrice dEste, opera del poeta Gasparo Visconti, con legatura smaltata che ripropone fiammelle ardenti e un groppo amoroso, il nodo che tiene uniti i due amanti, raffigurazione illustrata di un sonetto del canzoniere. Anche Leonardo gioca la sua parte, indirettamente, in questa mostra. Il maestro si occup infatti anche di smalti, perle, borsette e cinture, che alcuni suoi allievi seguirono nelle indicazioni, come ci mostrano lanconetta con la Vergine delle rocce del museo Correr o la Pace proveniente da Lodi. Insomma un panorama vario e ricco che mostra tutto il lusso e la raffinatezza di una delle corti pi potenti dEuropa. Oro dai Visconti agli Sforza. Fino al 29 gennaio - Museo Diocesano. Corso di Porta Ticinese 95. Orari: tutti i giorni ore 10-18, chiuso luned. Costo: 8 intero, 5 ridotto, marted 4 .

Artemisia Gentileschi. Vita, amori e opere di una primadonna del 600


Artemisia Lomi Gentileschi stata una delle numerose donne pittrici dellarte moderna, ma la sola, forse, ad aver ricevuto successo, notoriet, fama e commissioni importanti in quantit. Ecco perch la mostra Artemisia Gentileschi -Storia di una passione, ospitata a Palazzo Reale e da poco aperta, si propone di ristudiare, approfondire e far conoscere al grande pubblico la pittora e le sue opere, per cercare di slegarla allepisodio celeberrimo di violenza di cui fu vittima. S perch il nome di Artemisia spesso associato a quello stupro da lei subito, appena diciottenne, da parte del collega e amico del padre, Agostino Tassi, che la violent per nove mesi, promettendole in cambio un matrimonio riparatore. Donna coraggiosa, che ebbe il coraggio di ribellarsi e denunciare il Tassi, subendone in cambio un lungo e umiliante processo pubblico, il primo di tal genere di cui ci siano rimasti gli atti scritti. La mostra, quasi una monografica, si propone anche di dare una individualit tutta sua alla giovane pittrice, senza trascurare per gli esordi con il padre, lingombrante e severo Orazio Gentileschi, amico di Caravaggio e iniziatore della figlia verso quel gusto caravaggesco che tanto fu di moda; o senza tralasciare lo zio, fratello di

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www.arcipelagomilano.org Orazio, Aurelio Lomi, pittore manierista che tanto fece per la nipote. Il percorso si snoda dunque dalla giovanile formazione nella bottega paterna, per una donna pittrice ai tempi non poteva essere altrimenti, per arrivare alle prime opere totalmente autonome e magnifiche, dipinte per il signore di Firenze Cosimo II de Medici. La vita di Artemisia fu rocambolesca e passionale. Dopo il processo a Roma si spost a Firenze con il neo marito Pietro Stiattesi, e fu l che conobbe i primi successi fu la prima donna a essere ammessa allAccademia del Disegno di Firenze- e un grande, vero amore, Francesco Maria Maringhi, nobile fiorentino con cui avr una relazione che durer per tutta la loro vita. Dati, questi, che si sono recuperati solo in tempi recentissimi grazie a uno straordinario carteggio autografo di Artemisia, del marito e dellamante. E proprio le lettere sono state un punto di partenza importante per nuove attribuzioni, scoperte e ipotesi su dipinti prima nel limbo delle incertezze. In mostra ci sono quasi tutte le opere pi famose di Artemisia (peccato per un paio di prestiti importanti che non sono arrivati): le due cruente e violentissime Giuditte che decapitano Oloferne, da Napoli e dagli Uffizi, lette cos spesso in chiave autobiografica (Artemisia-Giuditta che decapita in un tripudio di sangue Oloferne/Agostino Tassi); le sensuali Maddalene penitenti; eroine bibliche come Ester, Giaele, Betsabea e Susanna; miti senza tempo come Cleopatra e Danae, varie Allegorie e Vergini con Bambino. Ma Artemisia fu famosa anche per i suoi ritratti, di cui pochi esempi ci sono rimasti, come il Ritratto di gonfaloniere o il Ritratto di Antoine de Ville, cos come per i suoi autoritratti. Le fonti ce la raccontano come donna bellissima e sensuale, pienamente consapevole del suo fascino e del suo ruolo, che amava dipingersi allo specchio e regalare queste opere ai suoi ammiratori. Cos la mostra si snoda tra Firenze, da cui i coniugi Stiattesi scappano coperti dai debiti, per arrivare a Roma, Venezia, Napoli e perfino in Inghilterra, dove la volle il re Carlo I. Una vita ricca di passioni, appunto, come lamore per la figlia Palmira, che diverr anchessa pittrice e valido aiuto nella bottega materna che Artemisia aprir a Napoli fin dagli anni Trenta del Seicento, ricca di giovani promettenti pittori come Bernardo Cavallino. Una vita ricca anche di conoscenze e amicizie importanti: ventennale il rapporto epistolare con Galileo Galilei, conosciuto a Firenze, con Michelangelo il Giovane, pronipote del genio fiorentino, e anche con una serie di nobili e committenti per cui dipinse le sue opere pi celebri: Antonio Ruffo, Cassiano dal Pozzo, i cardinali Barberini e larcivescovo di Pozzuoli, per il quale fece tre enormi tele per adornare la nuova cattedrale nel 1637, la sua prima vera commissione pubblica. Insomma una donna, una madre e unartista straordinaria, finalmente messa in luce in tutta la sua grandezza, inquadrata certo nellalveo del padre Orazio e di quel caravaggismo che la resa tanto famosa, ma vista anche come pittrice camaleontica e dallinventiva straordinaria, capace di riproporre uno stesso soggetto con mille varianti, secondo quella varietas e originalit per cui fu, giustamente, cos ricercata.

Artemisia Gentileschi. Storia di una passione - Fino al 29 gennaio Palazzo Reale. Orari: 9.30-19.30; lun. 14.30-19.30; gio. e sab. 9.3022.30. Intero: 9,00. Ridotto: 7,50

Doppio Kapoor a Milano


Sono tre gli appuntamenti che lItalia dedica questanno ad Anish Kapoor, artista concettuale anglo-indiano. Due di questi sono a Milano, e si preannunciano gi essere le mostre pi visitate dellestate. Il primo alla Rotonda della Besana, dove sono esposte sette opere a creare una mini antologica; il secondo "Dirty Corner", installazione site-specific creata apposta per la Fabbrica del Vapore di via Procaccini. Entrambe curate da Demetrio Paparoni e Gianni Mercurio, con la collaborazione di MADEINART, gli stessi nomi che hanno curato anche la retrospettiva di Oursler al Pac. Una mostra di grande impatto visivo, quella della Besana, con opere fatte di metallo e cera, realizzate negli ultimi dieci anni e che sono presentate in Italia per la prima volta. Opere di grande impatto s, ma dal significato non subito comprensibile. Kapoor un artista che si muove attraverso lo spazio e la materia, in una continua sperimentazione e compenetrazione tra i due, interagendo con lambiente circostante per cercare di generare sensazioni, spaesamenti percettivi, che porteranno a ognuno, diversi, magari insospettabili significati, come spiega lartista stesso. Ecco perch non tutto lineare, come si pu capire guardando le sculture in acciaio C-Curve (2007), Non Object (Door) 2008, Non Object (Plane) del 2010, ed altre che provocano nello spettatore una percezione alterata dello spazio. Figure capovolte, deformate, modificate a seconda della prospettiva da cui si guarda, un forte senso di straniamento che porta quasi a perdere l'equilibrio. Queste solo alcune delle sensazioni che lo spettatore, a seconda dellet e della sensibilit, potrebbe provare davanti a questi enormi specchi metallici. Ma non c solo il metallo tra i materiali di Kapoor. Al centro della Rotonda troneggia lenorme My Red Homeland, 2003, monumentale installazione formata da cera rossa (il famoso rosso Kapoor), disposta in un immenso contenitore circolare e composta da un braccio metallico connesso a un motore idraulico che gira sopra un asse centrale, spingendo e schiacciando la cera, in un lentissimo e silenzioso scambio tra creazione e distruzione. Unopera, come spiegano i curatori, che non potrebbe esistere senza la presenza indissolubile della cera e del braccio metallico, in una sorta di positivo e negativo (il braccio che buca la cera), e di cui la mente dello spettatore comunque in grado di ricostruirne la totalit originaria. Il lavoro di Kapoor parte sempre da una spiritualit tutta indiana che si caratterizza per una tensione mistica verso la leggerezza e il vuoto, verso limmaterialit, intesi come luoghi primari della creazione. Ecco perch gli altri due interessanti appuntamenti hanno sempre a che fare con queste tematiche: Dirty Corner, presso la Fabbrica del Vapore, un immenso tunnel in acciaio di 60 metri e alto 8, allinterno dei quali i visitatori potranno entrare, e Ascension, esposta nella Basilica di San Giorgio Maggiore a Venezia, in occasione della 54 Biennale di Venezia. Opera gi proposta in Brasile e a Pechino ma che per loccasione prende nuovo significato. Uninstallazione site-specific che materializza una colonna di fumo da una base circolare posta in corrispondenza dellincrocio fra transetto e navata della maestosa Basilica e che sale fino alla cupola. Anish Kapoor - Fabbrica del Vapore, via Procaccini 4 fino all12

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gennaio 2012 Orari: lun 14.30 19.30. Mar-dom 9.30-19.30. Giov e sab 9.30-22.30. Costi: 6 per cia-

scuna sede, 10 per entrambe le sedi.

CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org

Una separazione
di Asghar Farhadi [Jodaeiye Nader az Simin, Iran, 2011, 123] con: Peyman Moaadi, Leila Hatami, Shahab Hosseini, Sareh Bayat, Sarina Farhadi, Babak Karimi, AliAsghar Shahbazi
Il mio problema il futuro di mia figlia, ripete Simin (Leila Hatami) al giudice chiedendo il divorzio dal marito Nader (Peyman Moaadi). Simin e Nader si amano, ma il rapporto in crisi: hanno ottenuto il permesso di lasciare lIran, ma Nader non vuole abbandonare il padre malato dAlzheimer (Ali-Asghar Shahbazi). La donna, forse soltanto per scuoterlo un poco, va ad abitare dalla madre lasciando il marito con la figlia undicenne Termeh (Sarina Farhadi). Una separazione [Jodaeiye Nader az Simin, Iran, 2011, 123], quindi, nel cui mezzo c Termeh. Ma in quella fessura aperta da Simin e Nader, oltre alla figlia, Asghar Farhadi butta anche Teheran, uno squarcio dIran, e noi. La macchina da presa si posa delicata sui luoghi e sulle persone: sul velo indossato dalle donne, sullinsistente presenza della religione e di Dio in ogni situazione; contesti, dialoghi e parole che fanno assaggiare lIran senza permettere di darne sentenza. Il verdetto complicato anche quando Razieh (Sareh Bayat) badante in aiuto al padre di Nader lascia il vecchio a casa solo e Nader, arrabbiato, la caccia bruscamente fuori di casa. Lei incinta e, cadendo, perde il bambino. Davanti al giudice ci sono pi dubbi che certezze: scivolata da sola oppure stato Nader a spingerla dalla scale? Di chi la colpa? proprio a questo punto che la sceneggiatura di Farhadi sceglie di coinvolgerci. A quelle domande non c risposta: la costruzione dei personaggi non permette di prendere posizione. Non ci sono buoni e cattivi nel film di Farhadi, ma soltanto storie e di conseguenza interpretazioni. E le interpretazioni sono nostre, del pubblico in sala, siamo liberi di scegliere la nostra versione. Locchio del cinema non impone una verit (cosa che, al contrario, avrebbe fatto la televisione) e ci trasporta appunto in quella separazione obbligandoci a partecipare alla costruzione del senso. Tra Nader e Simin, tra Razieh e Nader, tra lIran e lOccidente, c il non detto, ci che il cinema non dice esplicitamente. Quindi, ci siamo noi, coi nostri dubbi e pensieri. Il piccolo schermo avrebbe decretato un vincitore e un vinto nel nome dello spettacolo, il documentario sarebbe scivolato sulla noia del dover di cronaca. Farhadi fa cinema. Poco importa la verit, poco importa la dittatura di un punto di vista. Racconta la sua storia quotidiana in modo semplice, seppur immersa in un contesto che semplice non . Il regista ha la sua opinione sullIran di oggi, ma non la impone; Farhadi sa bene che il mondo oggi ha pi bisogno di domande che di risposte. Paolo Schipani In sala: Anteo SpazioCinema, Arlecchino, Multisala Capitol SpazioCinema

Four lions
di Chris Morris [Gran Bretagna, 2010, 94] con Riz Ahmed, Benedict Cumberbatch, Julia Davis, Alex MacQueen, Kayvan Novak
Un ragazzo arabo tiene tra le mani un piccolo fucile giocattolo mentre registra un messaggio che appare un farsesco richiamo alla guerra santa. Allora mi avvicino cos si ingrandisce lingenua intuizione che scatena le proteste dei confratelli per levidente ridicolezza della immagine. questo linizio di Four Lions, esordio cinematografico di Chris Morris, autore e presentatore televisivo inglese, maestro della satira che intrattiene e sbalordisce il pubblico con la sua audace commedia innovatrice. Quattro ragazzi di una piccola citt industriale britannica sognano di cambiare il mondo, vogliono segna-

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re la propria epoca. Le loro gesta sono finalizzate al folle desiderio di essere ricordati e osannati per lautodistruzione. Omar (Riz Ahmed), il leader del gruppo e personaggio centrale di Four Lions, ha un fanatismo che viene solo espresso senza mai essere spiegato n soprattutto spiegato. Le sue disavventure durante il periodo di addestramento in Pakistan ci mostrano lironia pi potente sulla militanza terrorista.

La scelta di Chris Morris di adottare uno stile documentaristico esalta la spontaneit dei personaggi. La macchina da presa sembra gestita da uno dei quattro improvvisati terroristi. Lidea del regista di un film sulla jihad nata prima degli attentati a Londra del luglio 2005 e se sia stato giusto perseverare con questo film esilarante ma su una tematica cos delicata, dipende dal senso dellumorismo di ciascun spettatore. Una cosa certa, davvero difficile

non ridere di fronte a questo gruppo di sprovveduti che cercano ostinatamente di spargere terrore intorno a loro. La fine del film nelle strade di Londra, durante la maratona, un crescendo intenso di ridicolo. Un ridicolo che uccide. Marco Santarpia In sala a Milano: 11 novembre Cinema San Fedele di Via Hoepli

TEATRO questa rubrica a cura di Emanuele Aldrovandi rubriche@arcipelagomilano.org 456


scritto e diretto da Mattia Torre con Carlo De Ruggeri, Massimo De Lorenzo, Cristina Pellegrino e Franco Ravera. dal 12 Ottobre al 6 Novembre al Teatro Franco Parenti
Per scrivere Boris bisogna essere geniali e allo stesso tempo scemi nellaccezione migliore del termine e cio in grado di distillare, una dopo laltra, scemenze che facciano ridere e aprano allo stesso tempo una voragine di profondit sulla realt che si sta descrivendo. Mattia Torre uno dei tre autori della serie tv Boris dimostra con 456 di essere in grado di farlo anche a teatro. Protagonista dello spettacolo una famiglia meridionale di un meridione non precisato che, con un dialetto inventato contenente termini presi da tutti i dialetti del sud, aspira a una dimensione che sia la pi simbolica e trans-regionale possibile. Madre, padre e figlio vivono in un salotto in cui, da quattro anni, continua a bollire il sugo della nonna morta: il sugo perpetuo che, come tutto il resto e come gli stessi personaggi da parecchio tempo non ha nessuna evoluzione. Il figlio vorrebbe andare a Roma per realizzare se stesso, ma non ha il coraggio di decidere davvero di farlo. Si limita a una speranza vaga e vana che, come quella delle tre sorelle di Cechov per Mosca, allo stesso tempo straziante, perch non si concretizza mai, e consolatoria, perch viene continuamente reiterata. La madre, una bravissima Cristina Pellegrino, prova senza troppa convinzione a essere il tramite fra i due uomini della famiglia e vive nella speranza che le sia riportata la teglia prestata molto tempo prima. Il padre sembra essere lunico ad avere un reale obiettivo e a essere seriamente intenzionato a realizzarlo. Tutto lo spettacolo, infatti, ruota attorno alla visita di un uomo che dovr aiutarlo a concludere un certo affare. Per questo viene preparato un pranzo con diciotto portate e viene allestita unesilarante messa in scena atta a convincere lospite. Peccato che il certo affare consista nellacquisto da parte della famiglia con tutto il gruzzoletto risparmiato negli anni di tre loculi nel nuovo cimitero del paese, i loculi numero quattro, cinque e sei. Cos il figlio non ha i soldi per andare a Roma e sar costretto a restare ancora in quella casa, lanciando noci contro un cuc rotto e facendo roteare linsaccato legato con un filo al soffitto. Una situazione stantia, priva di prospettive che non siano la morte e la degna sepoltura, che emerge nella sua pienezza solo nel tragico finale, ma che stata preparata sapientemente durante tutto lo spettacolo dosando realismo e ironia. Una regia al servizio delle parole vere protagoniste nellaffascinante linguaggio inventato e degli attori, decisamente ottimi nellessere sempre sopra le righe e allo stesso tempo sempre veri; un dramma cos grottescamente reale che riderci, con la giusta amarezza, non pu che essere salutare e liberatorio. In scena Al Teatro Grassi torna in scena, fino al 20 Novembre, lo storico Arlecchino con la regia di Giorgio Strehler. Al Teatro Strehler fino al 27 novembre Itis Galileo di Marco Paolini. Dall8 novembre al Teatro Manzoni Stanno suonando la nostra canzone, di Neil Simon con Gianpiero Ingrassia e Simona Samarelli. Continuano allElfo Puccini Racconto dinverno, fino al 13 novembre, e The History Boys, fino al 20 novembre. Al Teatro Libero dal 10 al 19 novembre La confessione, messa in scena del capitolo censurato da I demoni di Dostoevskij. Fino al 13 novembre al Teatro Arsenale Un ora con Dante: in paradiso, a cura di Marina Spreafico. Fino al 27 novembre al Teatro Litta Non si sa come di Luigi Pirandello, regia di Pasquale Marrazzo. Dal 9 al 27 novembre al Teatro I Prima della pensione di Thomas Bernhard, regia di Renzo Martinelli.

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VIDEO METODO PISAPIA? LA PAROLA A BOERI, DALFONSO, TABACCI


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LUCIA DE CESARIS: GLI ORIENTAMENTI URBANISTICI MILANESI


http://youtu.be/DL4Zer7XRLQ

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