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Linfortunio sulla Elisabetta Montanari

Leonardo Candito
Il 13 marzo del 1987 a Ravenna, allinterno del cantiere Mecnavi, ebbe luogo linfortunio sul lavoro pi grave del dopoguerra in Italia che caus la tragica scomparsa di 13 vite umane. Uno degli aspetti pi preoccupanti della tragedia, stato il fatto che questa avvenne in un cantiere navale no a quel momento considerato tra i pi avanzati dellintero territorio italiano anche dal punto di vista della prevenzione e protezione dagli infortuni. Lentit della tragedia e la successiva individuazione degli errori e delle responsabilit coinvolte, portarono negli anni ad una profonda e generale rivoluzione delle norme tecniche e di sicurezza da adottare allinterno di ogni cantiere navale italiano.

Il luogo

La zona portuale di Ravenna, nel 1987 caratterizzata da un cantiere navigabile dal quale si dipartono diversi bacini di carenaggio circondati da ocine ausiliarie, in cui le navi possono essere sottoposte ad interventi di manutenzione o di riclassicazione. La riclassicazione in particolare consiste nel vericare che le caratteristiche di una nave atte allo svolgimento di particolari funzioni, siano ancora valide ed in caso contrario nellindividuazione degli interventi necessari a ristabilirle. I lavori allinterno del bacino di carenaggio presentano molteplici e peculiari dicolt, come ad esempio la realizzazione di complesse impalcature per i lavori in altezza attorno alla nave, qualora non sia possibile ricorrere al pi semplice utilizzo di ceste mobili in altezza. Inoltre, la conformazione del bacino di carenaggio rende molto dicoltoso qualsiasi intervento in caso di emergenza, in quanto gli stessi mezzi di soccorso non possono raggiungere le immediate vicinanze del luogo dellaccaduto. Uno dei bacini di carenaggio del porto di Ravenna di propriet della Mecnavi, unazienda che si occupa degli interventi di riclassicazione delle navi che riceve in consegna. Tra queste, nel 1987 c una nave del Compartimento Navale di Trieste : lElisabetta Montanari.

La nave

LElisabetta Montanari una motonave gasiera con scafo in acciaio, costruita dal cantiere KRISTIANSAND MEK. VERKSTED A/S di Kristiansand (Norvegia) nellanno 1969 e classicata dal Registro Navale Norvegese (Det Norske Veritas) con la pi alta classe per il servizio di trasporto di gas liquefatti.

Il nome originale era Cabo tres montes, mutato poi nel 1971 in Caty Multina. Nel 1978 stata acquistata dalla Societ Armatrice Italiana C.I.S.P.A. S.p.A. con sede a Trieste ed ha cambiato il nome in Elisabetta Montanari, venendo iscritta al Compartimento Marittimo di Trieste col n. 729. Contemporaneamente la nave stata presa in classe dal Registro Navale Italiano (R.I.Na.) con le caratteristiche che esprimono la pi alta classe del R.I.Na. assegnabile ad una nave acquisita dallesercizio. Nel Certicato di classe essa riconosciuta idonea al servizio di trasporto alla rinfusa in grandi serbatoi installati permanentemente a bordo di prodotti gassosi liquefatti per pressione e/o sottrazione di calore. I serbatoi per il trasporto dei gas liquefatti sono rivestiti allesterno con della schiuma poliuretanica e con una guaina rivestita a sua volta da uno strato di catrame. Allinterno della nave questi sono disposti longitudinalmente allinterno della stiva e tenuti in posizione da appositi sostegni in acciaio montati trasversalmente rispetto allo scafo. La particolare disposizione dei sostegni rende quasi impossibile per un uomo lavanzamento allinterno della stiva, mentre le dimensioni imponenti dei serbatoi li portano ad essere estremamente vicini alla parete interna e al fondo della stiva, aumentando ulteriormente le diclot per qualsiasi spostamento. La stiva della nave inoltre presenta un doppiofondo, in cui possibile depositare dellacqua per la zavorra o del carburante. Tale spazio costituito da unintercapedine alta circa 90 cm che separa linterno della nave dallesterno e risulta suddiviso tramite delle lamiere di acciaio in un enorme numero di celle quadrate, comunicanti tra loro attraverso dei fori circolari nelle lamiere di separazione. Il doppiofondo della stiva numero 2 dellElisabetta Montanari in particolare risulta suddiviso in due parti distinte : una contenente acqua, laltra contenente combustibile.

Gli interventi sulla nave

Nel 1987 lElisabetta Montanari viene presa in consegna dal cantiere Mecnavi in quanto i tecnici del R.I.Na. individuano una serie di interventi necessari alla sua riclassicazione. Risulta infatti necessario sostituire delle lamiere arrugginite sopra la porzione del doppiofondo della stiva 2 contenente il combustibile ed altre lamiere sovrastanti la parte del doppiofondo contenente acqua. La rimozione e la sostituzione delle lamiere comporta dunque dei lavori a caldo, quali il taglio delle stesse e la successiva saldatura delle nuove lamiere ad opera di 6 squadre di lavoratori, ciascuna composta da 2 saldatori. Tali operazioni, essendo accompagnate dalla presenza di un elevato numero di scintille, devono essere oggetto di particolari precauzioni : in particolare, prima di operare sulle lamiere del doppiofondo contenente il combustibile, questo deve essere completamente ripulito da ogni traccia di morchia che potrebbe incendiarsi a contatto con le scintille. Tale intervento deve essere svolto manualmente da lavoratori, detti picchettini, che con un secchio e una paletta sono costret-

ti a muoversi con enorme dicolt allinterno del doppiofondo, nelloscurit, attraverso i fori nelle lamiere detti appunto passo duomo. Il gruppo dei 12 lavoratori che si occuperanno della riclassicazione risulta interamente composto da ragazzi dei paesi vicini, assunti dalla stessa Mecnavi nei giorni precedenti allinizio dei lavori e sono privi di alcuna formazione riguardo le operazioni che dovranno svolgere. A causa degli spazi estremamente ridotti allinterno della stiva, lingresso dei lavoratori al suo interno reso possibile anche dalla realizzazione nello scafo di una serie di apposite aperture laterali. Inoltre, per facilitare i movimenti allinterno della stiva, le tubazioni che vanno dal doppiofondo con il combustibile alla sale macchine sono stati rimossi, ma una delle tubazioni, allinsaputa dei tecnici, ha perso del gasolio che si depositato andando a formare una pozza.

La ricostruzione della tragedia

La mattina del 13 marzo, alle 9.15 i 12 lavoratori iniziano ad operare nella stiva. Inoltre, la sera precedente il comandante dellElisabetta Montanari, ad insaputa della Mecnavi, ha scaricato dalla nave tutti gli estintori per sottoporli a manutenzione. Inizialmente tre saldatori-carpentieri si occupano della lamiera da sostituire tra i serbatoi, in corrispodenza del doppiofondo contenente acqua, a circa un metro e mezzo dalla pozza di gasolio, mentre contemporaneamente i picchettini iniziano a ripulire il doppiofondo adiacente adibito al carburante. Probabilmente a causa del calore sprigionato dalla amma per la saldatura, la lamiera sulla quale i carpentieri stanno lavorando inizia a riscaldarsi, provocando la progressiva evaporazione del gasolio. Improvvisamente la miscela aria-fumi del gasolio, a causa delle scintille prodotte dalla saldatura si incendia, andando a lambire il rivestimento di catrame dei serbatoi, che inizia a sciogliersi e colando sulla amma continua ad alimentarla. Nel frattempo loperaio che sta saldando la lamiera, nel tentativo di spegnere il principio dincendio cerca invano un estintore allinterno della stiva. Non trovando alcun ostacolo le amme iniziano anche a bruciare il rivestimento in poliuretano, dalla cui combustione si sprigionano fumi molto scuri contenenti acido cianidrico estremamente tossico. Uno dei carpentieri, nel tentativo di salvarsi decide di gettarsi dallapertura laterale dello scafo e cadendo nel bacino di carenaggio si sloga solamente una caviglia. Un altro operaio invece, nel cercare unaltra via duscita si dirige dalla parte opposta allapertura, morendo intrappolato tra la parete della stiva ed i serbatoi. Intanto i picchettini nel doppiofondo, investiti dalla nube tossica e nera che sfrutta i passo duomo come un camino, non possono in alcun modo trovare la via che li porti alla stiva e muoiono di edema polmonare dopo unagonia di 45 minuti. Anche i boccaportelli che portano verso lesterno della nave fungono da camino, alimentando ulteriormente lincendio e rendendo impossibile lingresso dei soccorsi, che nel momento in cui scatta lallarme non possono conoscere le cause delle amme.

Tra gli aspetti pi sconvolgenti c il fatto che la Mecnavi, giunta a conoscenza dellaccaduto, per tutelarsi decide di recarsi nelle case degli operai per ritirare i loro libretti di lavoro, in modo da regolarizzarli. Inoltre, a rendere ancor maggiore il rimpianto per ci che sta accadendo, c la consapevolezza che alcuni giorni prima, durante dei lavori allinterno della stiva numero 1, si era innescato un incendio del catrame dei bomboloni, spento per immediatamente grazie allutilizzo di un estintore. I vigili del fuoco giunti per primi al bacino di carenaggio non sanno come agire, ma per scongiurare uno scoppio della nave praticano dei fori sul fondo e sulla sommit dello scafo per inondarlo di schiuma. Solo dopo essere riusciti a domare le amme, riusciranno ad estrarre dallElisabetta Montanari le salme di 13 operai.

Le conseguenze della tragedia

In seguito alla tragedia, lo Stato italiano ha nominato una commissione dinchiesta che recandosi nei cantieri italiani ha analizzato le modalit seguite per lavorare al loro interno. Il frutto di questi studi, nel 1999 stata una nuova serie di norme del lavoro da applicare appositamente sulle navi in ristrutturazione. Uno degli aspetti pi importanti che tale nuova serie di norme sancisce lobbligo, da parte del Capo Commessa, di vigilare anch non ci sia assolutamente la contemporaneit di operazioni tra loro incompatibili. Nel caso dellElisabetta Montanari infatti la simultanea presenza dei saldatori e dei picchettini a pochi metri di distanza allinterno della stiva, stata tra le principali cause della tragedia che li ha coinvolti. Ci che avvenne il 13 marzo 1987 a bordo dellElisabetta Montanari dunque, oltre ad aver spinto lo Stato italiano a rivedere tutte le norme nellambito della sicurezza, deve servire allintero mondo del lavoro come monito per il futuro, in modo tale che sciagure di questo tipo non possano mai pi accadere.

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