Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
A. Gordon Bennett
Biblioteca Uranica 28
Urania n. 28 - 20 novembre 1953
L'attenzione degli uomini si è spesso fermata sul
mondo meravigliosamente ordinato delle formiche,
che sembra sia retto da un'intelligenza obbiettiva,
astratta, con facoltà che sono state definite telepatiche
da scienziati e filosofi. L'autore di questo magnifico
romanzo, basandosi appunto sulle osservazioni e i dati
raccolti da naturalisti e entomologi famosi, immagina
che lo sviluppo organico delle formiche e il loro pro-
gresso siano arrivati a un punto tale da costituire una
terribile minaccia non solo per l'umanità e la sua culla,
la Terra, ma per tutti i pianeti dell'universo.
Immaginiamo, infatti, che questi insetti che si possono
schiacciare a decine sotto il tacco d'una scarpa rag-
giungessero una statura di cinque-sei metri e che le lo-
ro facoltà intellettive e telepatiche si sviluppassero di
conseguenza. Che cosa accadrebbe?
Ciò che accade in questo avventuroso romanzo. Le
formiche giganti fabbricano razzi ultrasonici, armi
atomiche, organizzano eserciti, ipnotizzano schiavi
negri per farsi servire, adoperano l'oro delle leggenda-
rie miniere di Re Salomone per fabbricare i loro auto-
mi e le loro armi. Come due giovani riescano a sconfig-
gere questa specie di pericolosi e spietati semidei, ve lo
dirà questo avventuroso, bellissimo romanzo..
I - LE PRIME VOCI
II - CAPO D'AFRICA
IV - LA STORIA DI STACEY
Ottobre 19...
Fra i passeggeri sbarcati stamane dal Beeston Castle,
abbiamo notato Sir Aubrey N., John Montgomery, il noto
romanziere, e la signorina Kathleen Stacey, figlia del ce-
lebre entomologo che sta attualmente occupandosi delle
ricerche sulle formiche presso la nostra Università...
I - IL PROBLEMA DI MENO-TRE
III - I SEMIDÈI
"Semidei o demoni?.."
La domanda continuava a echeggiare nella mente di Stacey,
ossessionante, mentre scendeva lentamente e con estrema pru-
denza nell'interno della torre abbandonata. Ricordando la pro-
pria esperienza con le formiche nel laboratorio dell'Università di
Città del Capo, e tutte le informazioni di George sul formicaio,
lo scienziato propendeva a credere che le formiche giganti fosse-
ro dei semidei... Perché chi, dunque, se non dei semidei, avreb-
bero potuto concepire il piano di civilizzazione superscientifica
elaborato da quegli esseri mostruosi e meravigliosi? Cercò di
dimenticare il fastidio di quell'odore di gas e di acido che gli
pizzicava le narici da che aveva incominciato a scendere nel
pozzo artificiale, e continuò a divagare per tenere compagnia a
se stesso. Naturalmente, non doveva dare troppo credito a tutto
ciò che gli aveva detto George. George non era uno scienziato,
ma un giornalista, e i punti di vista dovevano per forza essere di-
versi, fra loro. E poi tanto lui, quanto la sua giovane moglie,
avevano sofferto tante torture nella piccola cella in cui erano sta-
ti rinchiusi che buona parte di quello che gli avevano raccontato
poteva essere dovuto al delirio sopraggiunto per la debolezza e
la prostrazione. Già, perché era evidente. che, nonostante la
"gentilezza" di Meno-Tre, avevano cercato di farli morire di fa-
me, là nella cella dalla porta d'oro!
Stacey si chiedeva perfino, mentre passo passo scendeva lun-
XI - KRAMER DÀ BATTAGLIA
XII - IL CRATERE
XIII - I NAUFRAGHI
FINE
Puntata 2/3
IV
Adele Bosley era stata seduta e tranquilla, osservando tutto,
sorseggiando occasionalmente rum Collins, era il secondo bicchie-
re, con un'aria che io trovavo terribilmente intelligente e superio-
re. Sebbene fossimo a metà di agosto, ella era l'unica delle sei per-
sone presenti che avesse una buona. abbronzatura: le sue relazio-
ni con il sole erano eccellenti.
Ella scosse la testa.
«Non avevo alcuna parte e non tenevo né per l'uno né per l'al-
tro, signor Wolfe. L'unico interesse che mi stesse a cuore era quel-
lo del Teatro dell'Opera Metropolitan, da cui dipende, e natural-
mente desideravo che tutto si sistemasse privatamente, senza
scandalo. Non avevo alcuna opinione in merito ai punti in discus-
sione».
«E non ne avete espresso alcuna?»
«No, mi limitai a far pressione perché arrivassero ad un accor-
do definitivo, se era possibile».
«Molto bello!» scoppiò Clara James, con estrema asprezza.
«Avreste pure potuto aiutare un poco mio padre, che vi aveva fatto
ottenere il posto. Ma forse..».
«Silenzio, Clara!» le ordinò James con autorità.
Ma ella ignorò l'interruzione, e finì la sua frase:
«Ma forse avevate già pagato bene per questo, vero?»
Io ero un po' scandalizzato. Il giudice Arnold appariva viva-
V
Per nove mesi all'anno l'ispettore Cramer della Squadra Omici-
di, grosso, quadrato e coi capelli brizzolati, interpretava il suo ruo-
lo abbastanza bene, ma durante l'estate il calore rendeva la sua
faccia tanto rossa da apparire imbellettata. Lui lo sapeva e si sec-
cava per questo: il risultato era che riusciva più difficile trattare
con lui in agosto che in gennaio. Se mi capiterà l'occasione di
commettere un delitto a Manhattan, spero che sarà d'inverno.
Verso il mezzogiorno di martedì era seduto nella poltrona di
cuoio rosso e squadrava Wolfe e me senza alcuna cordialità. Trat-
tenuto da un altro appuntamento non aveva potuto essere da noi
alle undici, l'ora in cui Wolfe aggiorna la sessione mattutina con le
orchidee, nella serra sul terrazzo. Neanche Wolfe era molto rag-
giante, ed io avrei desiderato un buon spettacolo di' vaudeville.
Ero anche curioso di vedere come avrebbe fatto Wolfe a tirar fuori
VI
La mattina dopo, verso le dieci e quaranta, ero seduto alla mia
scrivania quando il telefono squillò. Sollevai il ricevitore e dissi:
«Ufficio di Nero Wolfe, parla Archie Goodwin».
«Voglio parlare con il signor Wolfe».
«Non sarà disponibile fino alle undici. Posso fare qualcosa?»
«Ma è urgente. Parla Weppler, Frederick Weppler. Parlo da un
telefono pubblico in una drogheria della Nona Avenue, vicino alla
Ventesima strada, e la signora Mion è con me. Siamo stati arresta-
ti».
«Buon Dio!» Ero inorridito. «E perché mai?»
«Per interrogarci circa la morte di Mion. Avevano mandati di
VII
Alle quattro e un quarto, dopo che Wolfe era salito nella serra
per la sessione pomeridiana con le orchidee, me ne stavo seduto
allo scrittoio, guardando cupamente il telefono e sentendomi co-
me uno che ha dato un pugno a un cuscino credendolo di piume,
per accorgersi che era di marmo. Avevo telefonato a Clara James
per offrirle una giterella con me nella decapottabile, e lei mi aveva
fatto restare con un palmo di naso.
Non è che io mi reputi affascinante oltre ragione. So benissimo
che se mi capita di essere accolto con grida di gioia in migliaia di
casi, quando rivolgo inviti a damigelle, è perché non mi azzardo a
profferirne uno se le circostanze non indicano in modo evidente
che sarà accettato. Tuttavia sono abituato a sentirmi rispondere di
VIII
Ci volle una buona ora di telefonate per sistemare ogni cosa per
quella sera stessa, ma alla fine ci riuscii. Non mi riuscì invece di
mettermi in contatto con Gifford James, ma sua figlia si incaricò di
trovarlo e di portarcelo, il che fece con diligenza. Gli altri li rintrac-
ciai da solo.
Gli unici che mi fecero faticare furono i clienti, specialmente
Peggy Mion. Ella protestò vivamente all'idea di partecipare a una
riunione avente lo scopo ufficiale di far pagare dei danni a Gifford
James, ed io dovetti chiamare Wolfe in aiuto. Fred e Peggy vennero
invitati a venire prima degli altri per uno scambio privato di idee e
per decidere se rimanere o no. Peggy accettò il progetto.
Arrivarono in tempo per dividere con noi il caffè di fine pranzo.
Peggy si era presumibilmente lavata i denti, e anche fatto un son-
nellino e un bagno. Si era persino cambiati i vestiti, tuttavia non
era affatto brillante. Appariva stanca, scoraggiata, nervosa e scet-
tica. Non disse proprio che avrebbe desiderato non esser mai ve-
nuta da Nero Wolfe, ma fu come se lo avesse detto. Avevo il so-
spetto che anche Fred Weppler la pensasse così, però lui conti-
nuava a fare la parte del forte e leale cavaliere. Era stata Peggy ad
insistere per venire da Wolfe, e Fred non voleva che lei intuisse la
sua disapprovazione.
Non parvero molto colpiti neppure dalla dichiarazione con il
nome di Clara James, che Wolfe aveva mostrato loro. La lessero in-
sieme, lei seduta nella poltrona di cuoio rosso e appoggiato al
2/3 continua
Rex Stout, The gun with wings, 1949
I facili misteri
della "Grande Piramide"
Biblioteca Uranica 28