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Ennio Flaiano

Un Marziano A Roma
e altre farse
(1946-1971)

EmmeBooks 193
Teatro
Quello di Flaiano è un teatro di parole più che di even-
ti, di silhouettes più che di personaggi, di dialoghi inter-
rotti rivolti a un lettore più che a uno spettatore: conver-
sazioni in cui si aprono ampi squarci di silenzio e dove del-
la vita si rispecchiano solo brandelli, equivoci, malintesi.
Nelle cinque farse, composte tra il 1946 e il 1971, anno
della loro raccolta in volume, il lettore riconoscerà echi di
altre pagine di Flaiano. Incontrerà il tema della noia e del-
la solitudine, della volgarità e della banalità della vita
quotidiana, dell'equivoco e della metamorfosi. Ritroverà i
frammenti aforistici, le sentenze, gli epigrammi che, dopo
aver attraversato le pagine narrative, si sono trasformati
in queste farse nelle battute dei personaggi, collocandosi
nel tessuto di una azione scenica che si rivela tutta men-
tale: dalla satira antimilitare della Guerra spiegata ai
poveri alla comicità surreale della Donna nell'armadio;
dai malintesi del Caso Papaleo alla malinconia del Mar-
ziano a Roma, fino alle divagazioni incompiute della
Conversazione continuamente interrotta.



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Sommario

Un Marziano a Roma .................................................................................. 4

Quadro Primo .................................................................................... 9


Quadro Secondo ............................................................................. 27
Quadro Terzo .................................................................................. 42
Quadro Quarto ................................................................................ 69
Quadro Quinto ................................................................................ 79
Quadro Sesto ................................................................................... 93
Quadro Settimo ............................................................................ 106

La Guerra Spiegata Ai Poveri ............................................................. 118

La Donna Nell'armadio ......................................................................... 158

Il Caso Papaleo ......................................................................................... 182

La Conversazione Continuamente Interrotta ............................. 202

Quadro Primo ............................................................................... 204


Quadro Secondo ........................................................................... 219
Quadro Terzo ................................................................................ 226
Quadro Quarto .............................................................................. 229
Quadro Quarto Bis ...................................................................... 234
Intermezzo Facoltativo ............................................................. 245
Quadro Quinto .............................................................................. 249
Quadro Sesto ................................................................................. 253
Quadro Settimo ............................................................................ 258

Nota Dell'Autore ....................................................................................... 270

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Un Marziano a Roma

La commedia, in sette quadri, esordì al teatro Lirico di Milano la


sera del 23 novembre del 1960 (con repliche fino al 3 dicembre), per
la regia di Vittorio Gassman, che rivestiva anche i panni del marzia-
no, e musiche di Guido Turchi.
Il testo uscì nello stesso anno nel terzo Quaderno del "Teatro Po-
polare Italiano" (la compagnia fondata da Vittorio Gassman e
dall'impresario Giuseppe Erba), con una presentazione di Luciano
Codignola. L'episodio della straordinaria discesa di un marziano nel
mondo romano, prima curioso poi indifferente all'evento, figura già
in un racconto-diario pubblicato su "Il Mondo" del 2 novembre 1954,
con lo stesso titolo, e poi raccolto nel volume Diario notturno, uscito
nel 1956.
La rappresentazione della farsa si rivelò un vero e proprio insuc-
cesso, tanto che dopo le repliche di Torino, dal 23 al 25 dicembre,
Gassman decise di rinunciare alla già prevista trasferta romana: il
pubblico milanese, soprattutto quello della prima, fischiò a lungo; i
recensori, pressoché unanimi, stroncarono la commedia il cui "bel
naufragare" (come scrive Flaiano nella nota qui riprodotta) rappre-
sentò certo uno dei più importanti avvenimenti della stagione teatra-
le.
Così lo scrittore commentò la serata della prima in un articolo
pubblicato sulle "Ore" del 6 dicembre:

LA COMMEDIA: Il compito di uno scrittore che vuol dedi-


carsi al teatro, oggi, è quello di portare un po' di caos
nell'ordine. Con la mia commedia credo di esserci riuscito.

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Il pubblico (una parte del pubblico) è rimasto male. Ma io
l'avevo pensato. Non mi interessa di indovinare i gusti del
pubblico. Io indovino appena i miei gusti.
LA PRIMA SERA: Entusiasmante. Quando è cominciato il
chiasso del pubblico ho avuto la certezza che la mia com-
media era buona, cioè necessaria. E l'ho avuta guardando
gli attori che entravano in scena a denti stretti, decisi a
farsi ascoltare sino alla fine, perché credevano nella
commedia. Mi stringevano le mani, passando. Una ragaz-
za mi disse felice: "È il più bel giorno della mia vita". Il
mostro si muoveva nella sala nel suo pantano di stupidag-
gini, e le parole non arrivavano oltre le prime file. Era inu-
tile recitare davanti a un pubblico di visoni. Calato il sipa-
rio gli attori mi si strinsero attorno. E allora io li applau-
dii.
IL PUBBLICO: Si era diviso nettamente in due. Nella parte
di pubblico che zittiva e fischiava debbo notare un deciso
miglioramento. Nessuno mi ha offeso, come fecero con Fel-
lini alla prima della "Dolce vita", o con Visconti alla prima
di "Rocco e i suoi fratelli".
LA CRITICA: Magnifici Renzo Tian del "Messaggero", Raul
Radice, Possenti, Bartolucci, Domenico Manzella, Talarico,
Dursi. Bene gli altri. Male Mosca, Palmieri e Terron. Ma li
ringrazio lo stesso, conosco le loro commedie e la loro ap-
provazione mi avrebbe addolorato.
CONCLUSIONE: Scriverò un'altra commedia, migliore o
peggiore non so, so soltanto che l'azione si svolge a Mila-
no. Ci sarà da divertirsi.

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Personaggi

KUNT, marziano UN PRETE


ADRIANO, cronista DUE PASSANTI
FABRIZIO, artista TRE IMPIEGATI
FRED GOMES, professore
DUE OPERAI
d'arte varia
ALVARO, amico di ORLANDO DUE GUARDIE
MASSIMO DUE TELEFONISTI
giornalisti
OLIVIERO DUE SIGNORI
MARCO, fotografo TRE GIOVINASTRI
ALESSIO ANNA, ballerina
BELLARIO PATRIZIA
sue compagne
ROMANO intellettuali MARA
ERCOLANI GLORIA, contessa
LAZZARO ISABELLA, scrittrice
BARONE, funzionario AMALIA
loro amiche
DOTTORE, commissario DIOMIRA
ASTERIO, pittore GRAZIELLA, attrice
NARDONE, commendatore UNA SVEDESE
IL RE D'ARCADIA, in esilio UNA RAGAZZA
YOUNG, attore PASSANTI
UN MENDICANTE SUONATORI DI JAZZ
DUE STUDENTI AGENTI
UN SARTO GROOMS,
INVITATI,
UN FOTOGRAFO
CAMERIERI, ecc

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Note ai personaggi

Il marziano è un giovane sui trent'anni. Niente di "diabolico"


o comunque di strano nel suo volto e nelle sue maniere, che
sono quelle di una persona perfettamente educata, con im-
provvisi slanci e cupi pentimenti. La sua disinvoltura è sempre
meditata. Veste con sobria eleganza, cioè con una punta di gof-
faggine. Nell'ultimo quadro indossa un duffel-coat e si è fatto
crescere una leggera barba.
Adriano è un giovane di trentacinque anni. È appassionato,
volubile, confuso, cinico e sentimentale: un pasticcio di cui, egli
per primo, non capisce niente. Veste senza nessuna cura, pre-
feribilmente di grigio.
Fabrizio è l'artista libero, astuto, generoso e sempre a caccia
di emozioni. Intelligente, si ritira a tempo. Veste di scuro, blu o
nero, comunemente, senza eleganza. Ha trent'anni.
Fred Gomes ha quarantacinque anni, forse cinquanta. Si
mantiene bene, veste con la equivoca serietà del magnaccia in-
tellettuale. Un suo vezzo è di fissare, quando parla, l'interlocu-
tore. Ha belle mani e se le guarda spesso. Nell'ultimo quadro ha
perso un po' della sua sfrontatezza, parla a voce più bassa e ha
gli occhiali.
Anna ha ventiquattro anni, ma spesso ne dimostra diciotto.
È allegra ma pensosa e lontana, sfacciatamente dolcissima.
Nell'ultimo quadro è una donna un po' stanca. Il suo fascino è
anche nella prontezza delle risoluzioni, prese senza pensare
agli altri, unicamente per seguire ciò che l'attrae, ma senza
l'ombra di prostituzione. Veste di bianco, di celeste, di verde: è
bionda.
Gli altri personaggi sono un po' suggeriti dalle loro azioni.

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Comunque, nessuno deve giustificare la caricatura, nemmeno
le dame del quinto quadro, che anzi saranno belle ed eleganti, e
tanto meno i personaggi minori: quali, ad esempio, il re d'Arca-
dia, che sarà imponente e languido, o Nardone che sarà confi-
denziale e veemente, ma con simpatica istrioneria. I giornalisti
e gli intellettuali vestono con cura, hanno modi cortesi. Il pitto-
re Asterio, alto e dinoccolato, settentrionale, ha un paio di pan-
taloni di tela, una maglia, una giubba larga. Mara e Patrizia so-
no due brave, oneste puttanelle, indossano con grazia abiti
aderenti, ma senza sfarzo. Barone indossa un abito scuro e Dot-
tore un abito chiaro. Il costume da centurione romano di Young
è molto sobrio, senza elmo e mantello. Young ha i capelli taglia-
ti cortissimi, un volto bello e inespressivo, la disinvoltura degli
americani taciturni. Anna e Graziella, nello stesso sesto quadro,
indossano tuniche da schiave egiziane con ornamenti essenzia-
li, ma non ridicole parrucche.

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Quadro Primo

Musica astrale. Entrano il Marziano e Anna, leggendo


messaggi.

ANNA "Istruzioni per l'uso del migliore dei mondi possibili."


MARZIANO "L'arte è un investimento di capitali, la cultura un
alibi."
ANNA "Più una società è stanca, più ammira nella prostituzio-
ne la caduta dei suoi stessi ideali."
MARZIANO "Il tiranno più amato è quello che premia e punisce
senza ragione."
ANNA "Morire è un atto indecente. Tu sei nato in una società
che sopporta soltanto l'idea della vita quotidiana. Morire
è un atto indecente: ti sarà pagato, da chi resta, col silen-
zio e col rancore."
MARZIANO "Supplemento alle istruzioni per l'uso del migliore
dei mondi possibili: Se ammetterai che la m..." – qui, una
parola che non capisco – "in fondo non è cattiva, dovrai
mangiarla due volte al giorno."
ANNA "La parola serve a nascondere il pensiero, il pensiero a
nascondere la verità. La verità fulmina chi osa guardarla
in faccia."

Escono Anna e il Marziano. La musica smette. Entra


Adriano, trafelato.

ADRIANO Un essere di un altro pianeta è sceso a Roma con la


sua aeronave! Cercherò di mantenere la calma, che ho
perduto all'annunzio dell'incredibile evento, e di repri-
mere l'ansia che subito mi ha spinto fuori di casa, per sa-

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pere se è vero. Tutta la popolazione si è riversata al cen-
tro della città e ostacola ogni traffico. È dunque vero? Non
ci si muove più. La folla ondeggia, canta, grida, improvvi-
sa danze. Ho visto i primi ubriachi. Vorrei raggiungere la
redazione del mio giornale, certamente lì sapranno qual-
cosa, ma penso che sarà meglio non farsi vedere. Sono in
ferie, ancora per una settimana. Segnate questo giorno
come l'inizio della nuova storia! I tetti degli autobus bru-
licano di giovani e di ragazzi che urlano e agitano grandi
bandiere. A tratti arriva, portato dal vento, un lontano
scoppio di applausi, che riaccende la gioia e provoca
sbandamenti, e una più viva confusione. O giornata felice!
(Si leva il sipario. Un luogo cosiddetto "magnifico" di una
Roma ideale: una scalinata, un obelisco, una fontana, pa-
lazzi. E una calda notte di metà maggio. Clamori di folla
lontana. Un carabiniere sale di corsa le scale, due preti le
scendono. Un vecchio mendicante con un berretto a visiera
dorme accucciato in un angolo. Urtato dai passanti che
salgono in fretta, Fabrizio scende le scale. E stravolto, ine-
betito, senza cravatta e senza scarpe, con calze di lana ros-
sa. Adriano gli va incontro, sorpreso di vederlo in quello
stato.) Fabrizio, che ti succede?
FABRIZIO Adriano! (scoppia in pianto.) Oh, non lasciarmi, che
ore sono? Io avevo un appuntamento, resta qui, non la-
sciarmi, aiutami!
ADRIANO Che ti succede, Dio mio! Parla, siediti, non ti reggi in
piedi. Dove hai messo le scarpe?
FABRIZIO Le scarpe? Non lo so.
ADRIANO La tua mano sanguina.
FABRIZIO Sì. È bello, il sangue... Quello degli altri mi fa orrore,
ma il mio, il mio è l'unica prova che ancora esisto. Oh,
Adriano! L'ho visto! L'ho visto scendere!
ADRIANO Dunque è vero! Quando? Dove? Racconta!

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FABRIZIO (siede su uno scalino) Lasciami respirare. No, non è
possibile. Tutto deve cambiare. Se è vero quello che ho
visto – e perché non dovrebbe essere vero? – se è vero, o
Adriano, tutto deve cambiare! Non parliamo di questa
nostra miserabile arte, che è un inganno, o forse una pie-
tosa consolazione, ma la vita, i rapporti col prossimo, il
determinismo cosmico, la religione, tutti questi concetti
elementari che ci uccidono... Dammi una sigaretta. Gra-
zie... La mano ti trema.
ADRIANO Sì, che mi trema. Mi dici cose che mi sconvolgono...
Sì, tutto deve cambiare, non è possibile questa vita che ci
prospetta solo l'orrore, il vuoto delle sue menzogne. Ac-
cendi bene... Dove l'hai visto?
FABRIZIO Al Galoppatoio. Proprio quando è sceso. Guardami in
faccia. Ti sembro pazzo? Ho l'aria di chi sta impazzendo?
Ebbene, io divento pazzo.
ADRIANO Calmati, racconta tutto con ordine. Comincia dal
principio.

Un Passante si ferma ad ascoltare.

FABRIZIO Ero uscito da casa. Avevo un appuntamento con una


signora, bella, materna, ma tu la conosci... la Panocchia.
No? Quella bruna dagli occhi larghi come l'inferno, ti pia-
ceva tanto... Insomma, dovevo telefonarle per la confer-
ma, perché andavamo in casa di una sua amica, che tra
parentesi è una tua ammiratrice. Basta, invece di telefo-
narle, evidentemente invecchio, entro a Villa Borghese.
L'aria era dolce, il cielo... hai mai visto un cielo più sereno
e carico di promesse? Mi metto seduto in un prato, mi
sdraio e mi esce di testa l'appuntamento. Ah, questo è il
segno premonitore, sai, che nella vita arriva un certo
momento in cui il cervello decide: sì, oggi vado con quel-
la, e qualcosa, dentro di te, ti porta al cinema, o in una li-

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breria, o in un prato. Stavo li, ero felice. Di colpo, un cer-
chio d'oro nel cielo... un anello. Credevo a un'allucinazio-
ne, ma era fisica, persistente... Scende diritto come una
spada, si ferma a una cinquantina di metri da terra, pro-
prio contro il sole al tramonto, mandava il fruscio di un
foulard di seta. Ho avuto tutto il tempo di guardarlo. Un
gran piatto d'oro con una mezza cupola. Bello, lucente! Di
colpo scende e si ferma, da qui a quella casa. Fremeva
come un calabrone. La gente intorno scappava, urlava, mi
trovo un bambino tra i piedi, casco in un fosso, scappo
anch'io. La paura? No, era uno sgomento nuovo, che mi
dava le vertigini, scappo senza vedere dove, piangendo e
ridendo, preso a tratti da una felicità insostenibile, assur-
da, ma anche dal terrore. Sarò caduto cinque o sei volte,
senza accorgermene. Guarda le mani. Quanto tempo ho
girato? Non lo so, sei la prima persona con cui parlo...
(scoppia in pianto.)
ADRIANO (commosso) Calmati, ti scongiuro! E le scarpe?
FABRIZIO Non lo so. Non ricordo niente. Solo questa felicità in-
sostenibile, che mi faceva piangere... Vorrei telefonare a
casa, ma non ricordo il nuovo numero. E poi, che impor-
tanza ha? Tutto deve cambiare. Dammi un bacio. Abbrac-
ciamoci, Adriano, tutto ricomincia.

Si abbracciano e piangono.

PASSANTE Sì, è vero, è sceso al Galoppatoio. Ma non si passa, ci


sono i carri armati, la polizia.
ADRIANO E non si sa altro?
PASSANTE Dice che è venuto da Marte. Almeno, così dicono.
FABRIZIO Da Marte?
PASSANTE Dice che da Marte, siccome è il momento in cui si
trova vicino alla Terra, ci ha messo tre giorni.

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FABRIZIO Da Marte! Tutto deve cambiare. È chiaro che se han-
no questi mezzi per arrivare sino a noi, lassù le cose sono
più semplici da un pezzo. Per forza hanno dovuto elimi-
nare, e forse non hanno nemmeno conosciuto, tutto il
fango che rende opaca la nostra filosofia, la nostra scien-
za. Ti dirò di più: il nostro amore! Come ti chiami, tu?
PASSANTE Pascotto Lorenzo.
FABRIZIO Abbracciamoci. Siamo tutti fratelli. Tutto deve cam-
biare, non è possibile altrimenti. Oh, Lorenzo!
ADRIANO Sì, abbracciamoci! Che giorno grande e terribile.

Si abbracciano, ma Pascotto è poco convinto. Scendo-


no due Studenti.

PRIMO STUDENTE No, è assurdo. Tre giorni sono 72 ore. Dividi


56 milioni, che è la distanza nel periodo di massima op-
posizione al sole, per 72 e hai, grosso modo, 780.000 chi-
lometri l'ora. Andiamo, ti sembra una velocità concepibi-
le? Quando avremo altri dati, ragioneremo.
SECONDO STUDENTE È un trucco.
PASSANTE Io vado.

Escono gli Studenti e il Passante.


Scendono Alvaro e Orlando, sconvolti anche loro.

ALVARO Ecco Adriano!


ORLANDO Adriano!
ADRIANO Orlando! Alvaro!
ALVARO Non si passa, siamo stati travolti dalla folla, su a Porta
Pinciana, per un vero miracolo eccoci qui.
ORLANDO Ah, io l'ho visto, e adesso basta. Voglio vedere chi ha
più il coraggio di venirmi a dire: tu non fai niente, tu non
lavori, sei un frivolo e roba del genere. Sì, sono un frivolo!

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Ed è questo il motivo, che io avevo intuito, lo dicevo da
anni, quando tutti ridevano. È venuto, siete contenti? E
adesso ve la pigliate nel sedere col vostro lavoro, tutto da
buttar via, non ci sarà una pietra, ma che dico una pietra,
un foglio, una piuma, un pensiero che potrà inserirsi nella
nuova armonia. Sbaglio, forse?
FABRIZIO Dove l'hai visto?
ORLANDO Ciao, Fabrizio. Quando lo scortavano all'automobile.
ADRIANO Parla, racconta.
ORLANDO È alto, biondo, virile. La folla sembrava impazzita,
un bambino gli è andato incontro, lui l'ha baciato. Così,
semplicemente!
ALVARO Ha un aspetto serio, nobile.
ORLANDO E ti meravigli? Veste con un'eleganza sobria, che qui
nemmeno ce la sogniamo. Noi, vestiti tutti come ballerini
o magnaccia, gli spacchetti dietro, le scarpe a punta!
ALVARO Sembrava uno del Nord, uno svedese. Era stanco, ma
sorrideva. Hai visto quando sorrideva e agitava le brac-
cia?
ORLANDO Certo. Semplice, alla mano, e avrebbe potuto schiac-
ciarci tutti.
ALVARO È un'altra mentalità.
ORLANDO Se gli uomini sono così, pensa le donne. Le marzia-
ne! Qui è tutto da rifare, amici miei, preparatevi. Tra due
mesi le vostre donne vi sembreranno scarpe vecchie, an-
corate ai loro pregiudizi, al loro concetto utilitario della
bellezza... (A Fabrizio) E tu, dove hai messo le scarpe?
FABRIZIO Non lo so, lasciami.
ADRIANO Lasciatelo, è sfinito. L'ha visto anche lui.
ORLANDO Ah! E che impressione ti ha fatto? Buona?

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FABRIZIO Lasciami in pace. Io non posso ascoltarvi. Tutto ciò
che posso fare è restare solo con me stesso, chiarire,
chiarire, arrivare in fondo. Ci dev'essere, dentro di noi, in
fondo, tra il fango e lo sterco che abbiamo accumulato in
tanti anni, quell'idea, quella scintilla che doveva salvarci.
Ma dobbiamo aprirci, rovesciarci come un guanto, cam-
minare in ginocchio, leccare la terra... (Cade in ginocchio.)

Un Passante si ferma.

SECONDO PASSANTE Si sente male?


ADRIANO No, è un nostro amico.
FABRIZIO Addio. Io vado. Non so dove. Non ricordo nemmeno
il telefono di casa.
ADRIANO No, resta.
ALVARO Veniamo anche noi.
ORLANDO Certo, è tutto da rifare. Non ci sono dubbi. Ma come?
Da che parte si comincia?
FABRIZIO Da te! Da te stesso! Da dove vuoi cominciare, fratel-
lo? da te stesso!
ORLANDO Si fa presto a dire. Bisognerebbe prima mettersi tut-
ti d'accordo.
FABRIZIO Ma è questo il significato del suo arrivo tra noi! Non
può essere altro. O pensate che sia un turista? E che ven-
ga qui per mangiare i vostri spaghetti?
ORLANDO I miei? Io odio gli spaghetti! Anzi, mi domando che
cosa ci sto a fare in questo paese. Non sono facinoroso,
non mi piacciono gli spaghetti, non mi piace il sole, mi
piace il verde, mi piace la natura, il silenzio, la Svezia! A
me fai questi discorsi?

Scendono tre Impiegati, allegri.

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PRIMO IMPIEGATO Aprono le chiese, hai visto, espongono il
Sacramento.
SECONDO IMPIEGATO C'è il richiamo alle armi.
ORLANDO Per la guerra?
SECONDO IMPIEGATO No, per il servizio d'ordine. Se ne arriva
uno in ogni città, come si ferma la gente?
TERZO IMPIEGATO Domani è festa.
PRIMO IMPIEGATO Domani soltanto? Per tre giorni io in ufficio
non mi faccio vedere. È una data storica. Guarda il mio
ministero, tutto illuminato. E il tuo? il tuo?
TERZO IMPIEGATO Il mio non si vede da qui, è dall'altra parte.
PRIMO IMPIEGATO Non avete neanche le candele, voi!
SECONDO IMPIEGATO Pensa, andare dal capufficio e fargli una
bella pernacchia!
PRIMO IMPIEGATO E se te la fa lui a te? Chissà da che parte si
mette, lo sai tu da che parte si mette?

Gli Impiegati escono. Salgono due Operai.

PRIMO OPERAIO È al Quirinale!


SECONDO OPERAIO Sta parlando col Presidente! E finita la
pacchia!
ADRIANO Dove sta? Al Quirinale?
PRIMO OPERAIO Sì, lo porta il giornale! Domani ci sarà l'amni-
stia, tanto per cominciare! Dice che intorno alla Terra ci
sono almeno un migliaio di altri così, che aspettano. Or-
mai comandano loro, è finita la pacchia. Con una bomba,
sistemano tutti.
FABRIZIO No, non useranno bombe! Ma non capite che la no-
stra dialettica da bambini cattivi e stupidi è finita per
sempre? Tutto cambierà, sono d'accordo con voi, ma sen-
za bombe. Tutto diventerà chiaro, semplice. Spettacoli
16/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
che sino a oggi ci sono parsi indispensabili, umani, ci
sembreranno ridicoli, resti di superstizioni. È finita la
menzogna, questo sì, finito l'errore, finita l'ingiustizia. È il
giudizio universale! Ognuno sarà giudicato per quel che è.
Ma non vai al giudizio universale con le bombe in tasca.
SECONDO OPERAIO Io dico quello che c'è sul giornale.
PRIMO OPERAIO Sì, lo dice il giornale. È finita! Avanti popolo,
alla riscossa! (Canta) Bandiera rossa, bandiera rossa!

Gli Operai salgono di corsa, cantando.

FABRIZIO (grida) Ma non ci sono più bandiere! Non c'è più po-
polo! Non c'è più niente! C'è l'uomo, nudo! È il primo
giorno del mondo!

Scendono, calmi, tre signori: Bellario, Alessio e Erco-


lani.

ERCOLANI Io non ci credo.


ALESSIO Il comunicato è stato smentito dalla Radio stessa.
BELLARIO Non ci credo nemmeno se lo vedo. Olà, Adriano, hai
visto quanto chiasso per niente?
ADRIANO Per niente? Ma è arrivato!
BELLARIO Sì, lo dicono. E poi, anche se fosse arrivato? E, bada
bene, io non ci credo. Anche se fosse arrivato? La situa-
zione può cambiare? Siamo ai blocchi, ormai. È la pace.
FABRIZIO Ma tutto deve cambiare!
ALESSIO E perché tutto, scusi? Per fare il giuoco dei cretini? Io
sono per le riforme, ed è giusto che si facciano, ma nella
legge.
FABRIZIO Ciò che lei dice è assurdo, superato. Lei si preoccupa
di questa miserabile situazione interna e mondiale?

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BELLARIO Ma certo! Non siamo sulla luna, è la nostra situazio-
ne, questa.
FABRIZIO E a se stesso, non pensa? Non vede che questo arrivo
è il segno della fine?
ALESSIO L'anno mille!
FABRIZIO L'anno zero! Si ricomincia daccapo. Dobbiamo spol-
verare i nostri cervelli, le nostre anime, ripresentarci co-
me siamo venuti sulla terra, tabula rasa.
ERCOLANI Snobismi! Qualunquismo apocalittico!
FABRIZIO L'innocenza sola trionferà, la verità sta arrivando e
tenetevi pronti, perché l'inferno è pieno di gente come
noi e come voi, che gira in cappello e cappotto, dicendo
che l'inferno non esiste.
ALESSIO Ma non esageri. L'inferno è una comoda ipotesi e, nel
migliore dei casi, un calcolo di probabilità.
BELLARIO La realtà è un'altra cosa.
ERCOLANI Restiamo coi piedi a terra, per favore.
FABRIZIO Guardiamola, la vostra realtà. Vi piace?
ERCOLANI Moltissimo, se proprio vuoi saperlo.
BELLARIO Non si scaldi. Tra due anni andremo anche noi su
Marte. E tutto finirà con i soliti scambi culturali e le gite
in comitiva, nelle quali noi italiani siamo maestri.
FABRIZIO Lei è un uomo arido e probabilmente cretino!
BELLARIO Io ti spacco il muso!

Lottano. Adriano e Alessio li dividono. Ercolani si al-


lontana, gli altri due lo seguono.

FABRIZIO Ecco la cultura. C'è da piangere.


ADRIANO Lasciali stare.
ALVARO Sono signori, non hanno mai saltato un bagno.

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BELLARIO Non fatevi illusioni!
FABRIZIO E voi neppure! I duri di cuore morranno! (Bellario
risponde con un suono sguaiato.) Tu vedi, tu vedi! La lotta
non sarà facile, ma quale potente alleato abbiamo. Grazie,
Signore, hai mandato il tuo angelo revisore, la sua spada
manda fiamme contro il sole. Io l'ho vista. (Scendono tre
giovani di una banda di jazz, suonando. Dietro vengono
Fred, Anna, Mara e Patrizia. Escono i giovani jazzisti. Cla-
more di una folla lontana.) Sentite, il vento porta il grido
di gioia della folla. È il grido della nostra vittoria, lo rico-
nosco!
ADRIANO Vinceremo anche noi, una volta? Non ci credo!
FABRIZIO È in un giorno come questo, in un momento simile,
che si capisce questa città, questa povera e grande Roma.
Guarda le luci che scrutano il cielo e radono le cupole,
guarda là in fondo, verso occidente, come le stelle palpi-
tano di nuova speranza. O Roma. Ti avevamo scambiato
per una garçonnière! Ma è qui che i martiri hanno versato
il loro sangue, e tutti i giorni il martirio si ripete, tra la
nostra bieca indifferenza. O povera Sodoma, povera Go-
morra! La palla di fuoco è venuta a purificarti!

Rintocco di campana.

ORLANDO Ragazzi, è l'una.


FABRIZIO L'una? Io vado. Ho dimenticato il numero di telefo-
no, vado a piedi... Oppure tutto è diventato inutile?
ADRIANO Non hai le scarpe, ti farai male.
FABRIZIO O Adriano, nessuno di quei martiri aveva le scarpe!
Addio, lasciami andar solo. (Esce.)
ALVARO È rimasto scosso, se non sbaglio.
ADRIANO Tutti, siamo rimasti scossi. Se io penso a me stesso,
ai miei ridicoli progetti di questa mattina, sento una

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 19


grande pietà, nemmeno disgusto, una grande pietà.

Rintocco di campana. Anna, Mara e Patrizia seggono


sugli scalini, annoiate.

FRED Con questa storia del marziano oggi è una bella confu-
sione. Io sono un uomo d'ordine e anche un po' moralista,
dovevo muovermi, combinare, e la giornata è persa. Co-
me può uno senza un fisso battersi contro un calendario
che prevede cento giorni festivi, più il marziano? (Ad
Adriano) Mio grande amico, Roma non è possibile, non
siamo di ferro, la volontà ha un limite, e anche la fantasia.
Glielo dice un disgraziato intellettuale che ha molta fan-
tasia e che sa dominare la volontà. Ma che gli racconto
domani all'ufficiale giudiziario per farmi sganciare i bauli
col corredo scenico? Che è venuto un marziano? Lo sa!
Forse nei limiti della sua immaginazione ne gode persino.
Se posso permettermi, che sta facendo di bello lei, nel
campo letterario?
ADRIANO Professore, ho la testa per aria.
FRED E io? Siamo in un'epoca di transizione, ne sopportiamo le
conseguenze. I valori spirituali vanno a farsi fottere, ca-
rissimo amico. L'uomo cerca facili miti, rifiuta il sopran-
naturale; non serve nemmeno rifugiarsi nell'arte.
ADRIANO Sì, sì, d'accordo. Io...
FRED Arte, ultimo inganno. (Cava delle fotografie di tasca.) Bal-
letto Orléans, stile anni venti. Cambio nome, mi trucco da
negro, balliamo. Lei dirà: è la fortuna! Nossignore! Da una
settimana in attesa di un sì e oggi, che dovevo concludere,
arriva il marziano. Non ho falsi orgogli, amico, mi svendo.
Tre bambole, più il sottoscritto da mettere insieme, a for-
fait, per una festa, in una villa, in casa di qualcuno. (Insi-
nuante) Lei non immagina di quale aiuto può essere la
mia volontà. Conosce nessuno? Anna, saluta il signore. La

20/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


mia fidanzata.
ANNA Ciao.
FRED Mara. Patrizia. Quasi minorenni. Allora? (Fissando, da ip-
notizzatore, Adriano) Lei farà ciò che le dico? Lei vuol far-
lo!
ADRIANO (stordito) Sì, sì, ciao. Mi scusi, professore. Mi scusi,
ne riparleremo. Non ora, non ora, la prego. (Torna verso i
suoi amici.)
ORLANDO Simpatiche. Italiane?
ALVARO Decidiamo. Un sì e un no.
ADRIANO Andate, siete liberi, io non partecipo. (Siede affran-
to.)
FRED È triste sopravvivere alla propria arte. Lettura del pen-
siero, dominio della volontà. Non le vogliono più nemme-
no in provincia. O è il mio sguardo che non convince? Sto
diventando anche miope. E sono io che mi perdo, che mi
affascino, negli occhi del soggetto. Ma che cosa voglio ve-
derci? Non c'è niente nello sguardo di un uomo, solo un
mucchietto di immondizia. Anna, le sigarette. No, tenterò
di raggiungere il centro. E l'impresario. La mia presenza,
qui, frena questi ipocriti.
ANNA Ti aspettiamo?
FRED Se avete sonno, dormite nella macchina. Ma l'aurora non
avrà dischiuso le palpebre che io sarò di ritorno. Ciao,
donne. E state attente, che il popolo in festa ridiventa
bambino e tende a non pagare i piaceri di cui gioisce.
(Esce. Si incontra con Massimo, che trascina una ragazza
bionda e brilla.)

Vedendo gli amici, Massimo si ferma e ride da ubriaco

MASSIMO Ciao, ragazzi! Oh, Orlando! Qui si respira, laggiù è


una bolgia, tutto fermo e pieno di bandiere. E la gente. Da
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 21
dove è uscita fuori, tanta gente? Vecchie popolane ubria-
che, una con un vestito tricolore... Al parlamento si stan-
no picchiando. Stanotte entra in vigore la legge marziale.
Io ho fatto un epigramma.
Quando un marziano ci assale
Noi promulghiamo la legge marziale!
ADRIANO L'hai visto, tu?
MASSIMO Era in giro poco fa in automobile, scortato da un
reggimento, la gente impazzisce, sono sbronzo! Voglio
vedere chi torna a casa stanotte! Si trovano donne, quan-
te ne volete! Questa è svedese! Si chiama Eva.
ORLANDO Svedese? Stureplan!
SVEDESE Tak! Tak!
MASSIMO Ma è pieno, ne trovi quante ne vuoi! Una cosa simile
non l'ho mai vista. Ci sarebbe da fare un'inchiesta, rela-
zione tra impulso erotico femminile e i violatori dello
spazio. La farò! Per arrivare all'automobile le donne si
ammazzano. E i bambini? Io ne avrò calpestati cinque o
sei. Ma tanto, in questo paese, non sono i bambini che
mancano. Io vi saluto!
ADRIANO Ma viene proprio da Marte?
MASSIMO Se ci muoviamo e facciamo soltanto: ah! È finita per
noi! Ho piacere, così impariamo a vivere. Ecco la prima
straordinaria, tenete, addio! (Getta loro un foglio ed esce
con la ragazza.)

Essa saluta tutti. Alvaro raccoglie rapido il foglio.

ADRIANO "Un'impresa che apre nuove prospettive al mondo...


Un marziano a Roma!" La fotografia… oh, che nobile vol-
to!
ORLANDO Virile! Che vi dicevo?

22/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


ALVARO "L'astronave circondata da truppe... L'esultanza della
folla… Il marziano parla italiano! Il marziano saluta la
Terra! Sbalordimento in tutto il mondo… I colloqui pro-
seguono." (Volta il foglio) "Strangola l'amante…"
ADRIANO Non c'è altro? Ma è poco! È poco!

Grida di gioia portate dal vento. Una campana suona


a festa.

ORLANDO Andiamo verso il centro, anche noi! Che facciamo


qui, partecipiamo, muoviamoci"
ADRIANO Non potremo vederlo. E poi, io non voglio vederlo!
Non ho di queste curiosità plebee, la dittatura me le ha
tolte per sempre. Mi basta la certezza che è arrivato. E
forse, lui, è arrivato quaggiù per farsi fotografare?
ORLANDO No, che ragionamenti, ma dobbiamo seguire l'im-
pulso della folla. Che cos'è questo rinchiudersi nella torre
d'avorio?
ALVARO è un giorno eccezionale. Dobbiamo vedere.
ADRIANO No restate, amici. Almeno voi restate. Lasciate anda-
re la folla, che fa il suo mestiere, e applaude tutto. Non ci
salviamo, applaudendo. Forse quel mendicante sarà sal-
vato... Ma noi, no. Siamo ciechi e vogliamo vedere, siamo
sordi e vogliamo sentire! (Al mendicante) Fratello! Vuoi
abbracciarmi? Abbracciami.
MENDICANTE Che ho fatto? Io stavo a dormire. Che adesso vi
rode il culo, che non si può neanche dormire?
ADRIANO Abbracciami e perdonami. Da oggi siamo tutti fratel-
li.
ANNA (ironica) E sorelle!
ADRIANO Sì, fratelli e sorelle! Anche voi, sorelle! Ma forse c'è
un solo modo di farvi capire ciò che voglio dire. Tenete,
ecco. Il mio denaro. Divido con voi quello che ho. E per-
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 23
donatemi. Il superfluo!... Altro che superfluo, io vi do tut-
to!

Rintocco di campana.

ALVARO È vero, perché no? Siamo tutti fratelli. Tenete! An-


ch'io.
ADRIANO Ci ammazziamo per questa porcheria del diavolo.
ORLANDO Io non ho un soldo. Se li avessi ve li darei volentieri.
ALVARO Io mi tengo cento lire per il tram.
ADRIANO Oh. Ci si sente diversi, più liberi, innocenti come
bambini. Non provi la stessa sensazione?
ALVARO Certamente.
ADRIANO Provo una dolcezza mai prima provata, vorrei canta-
re. Adesso capisco perché ogni nuova comunità, al sorge-
re di una nuova fede, cerca liberazione nel canto. Ma noi
che cosa possiamo cantare?
ORLANDO Non sappiamo un inno. Non è mica come nel Nord,
dove tutti cantano.
ADRIANO È la nostra ignobile abitudine allo scetticismo. Come
gli scaccini di una chiesa, abituati a vivere tra le cose del
culto, a toccare e a spolverare, e non le vedono più. La no-
stra filosofia: il possibile! Che cosa possiamo cantare?
ORLANDO Non abbiamo un inno.
ALVARO Il peggio è che non abbiamo un Libro.
ADRIANO Ci siamo nutriti di libri, di saggi e di romanzi. Ma
adesso viene il momento, e non possiamo cantare un ro-
manzo.
ALVARO O magari un saggio.
ORLANDO Possiamo dire una poesia. Chissà, i marziani, che
poesia diversa dalla nostra.

24/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


MENDICANTE Io so uno stornello. Ma è un po' sporco.
ANNA Noi sappiamo una canzone.
ADRIANO Cantatela! Qualunque cosa, ma cantiamo.
ANNA Vale come ringraziamento. Facciamo Il lamento del ta-
baccaio?
PATRIZIA Comincia tu.
MARA Noi entriamo al ritornello.
ADRIANO Che cos'è, un inno?
ANNA No, è il lamento di un tabaccaio. Non so poi perché si
chiama così. Ma è tanto commovente. (Canta.)

Il lamento del tabaccaio


Stammi a sentire, da bambino ero un paggio.
Tu non mi credi? Ero buono e cortese.
Schiudi le orecchie, da bambino ero saggio, crede-
vo in Dio, amavo il mio Paese.
Guardami in faccia: ero serio e gentile. Rispettavo
le piante, i gatti. Ero vile.
CORO RAGAZZE
Da vecchio, sarò l'onta del quartiere.
Da vecchio, tutte le voglio vedere.
Da vecchio, solo le donnacce e il bere.
ANNA
Perché mi guardi? Da bambino ero bravo.
Mi devi credere, ero savio e ubbidiente.
Da bambino, perdio, mi ti mangiavo
nello studio. Da bambino ero prudente.
Tu ridi, fesso? Ero ben pettinato.
Rispettavo le aiuole, i cani. Ero ordinato.
TUTTI
Da vecchio, sarò l'onta del quartiere!
Da vecchio, tutte le voglio vedere!
Da vecchio, solo le donnacce e il bere.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 25


Mentre ripetono il ritornello, formano coppie e balla-
no. Il mendicante balla solo. E tutti, ballando, escono.
Un rintocco di campana.

Sipario.

26/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


Quadro Secondo

Lo stesso luogo, qualche ora dopo, all'alba. Entrano


Anna e Adriano stanchi. Anna siede subito su un mu-
ricciolo, poggia la schiena a un fanale e chiude gli oc-
chi. Adriano, eccitato e pensoso, si scosta.

ADRIANO I riflettori illuminano a giorno il Galoppatoio, sul


parco passa stanotte un gran soffio di vita, sta ancora
esplodendo in un erotico abbandono, un ansimare tra i
cespugli, grida, risa, lamenti... (Con schifo) Anch'io... An-
ch'io! Ma non è forse il segno che tutto cambierà? Questo
sfrenarsi dei sensi non è già un purificarsi? Così doveva-
no essere, o Roma, i tuoi cupi saturnali, ma senza questa
felice speranza che spinge la nostra follia. Dov'è il mar-
ziano, che cosa sta facendo? Gridaci una sola parola, capi-
remo il resto! Poco fa mi sono fermato a leggere un mani-
festo di un partito, pieno di offese contro un altro partito.
Tutto di colpo mi è sembrato ridicolo. Dove sono i miei
amici? (Indicando Anna) Dorme!... "Questa Dea si chiama
OCCASIONE! Imparate a conoscerla, vi appare spesso, ma
sempre in diverse sembianze!" Oh, Goethe, proprio ac-
canto alla tua statua! Addio, donna, com'è triste la carne,
forse alla stazione troverò da comprare un libro. (Esce.)

Entra il Marziano seguito dal funzionario Barone, dal


commissario Dottore e da Agenti. Tutti appaiono
preoccupati, meno il Marziano che, felice e stordito, si
guarda attorno.

BARONE Ecco l'albergo, signor Kunt. Qui potrà riposare tran-


quillo.
DOTTORE Ho predisposto una stretta sorveglianza.
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 27
BARONE E il segreto più assoluto. Tutti la credono ancora al
Quirinale.
DOTTORE Nemmeno il direttore conosce la sua identità. Ah,
che giornata incredibile.
BARONE Affrettiamoci, signor Kunt.
MARZIANO Un momento, vi prego. Che stupendo spettacolo! Vi
dispiace se guardo la vostra città? Dovete perdonarmi, è
la prima volta che mi succede.

Tutti ridono educatamente.

DOTTORE Oh, sì, guardi. Monte Mario, San Pietro, Castel


Sant'Angelo, il Gianicolo...
MARZIANO E quello laggiù?
DOTTORE Il gasometro.
MARZIANO Magnifico. Così bianco, immacolato!
BARONE No, quel bianco è l'Altare della Patria. Un monumen-
to...
DOTTORE In fondo, il mare. Ma non si vede.
MARZIANO O città felice e desiderata! (Quattro rintocchi di
campana.) L'alba ha dappertutto lo stesso colore dell'at-
tesa e infonde sempre nuove speranze, forse irragionevo-
li, ma qui sento che la mia vita non è stata inutile.

Tutti annuiscono.

DOTTORE È vero, l'alba...


MARZIANO Se questo viaggio non avesse altri scopi, o altre
prospettive, basterebbe a non renderlo vano la certezza
che nell'universo valgono dappertutto gli stessi senti-
menti. Lo stesso amore vale dovunque. Io vi ringrazio, si-
gnori, di avermi tolto alla folla e di essere con voi in inco-
gnito. È un momento che non dimenticherò. Sembra che

28/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


tutto debba cominciare per me, anche il giorno. Guardate
laggiù come il cielo comincia a tingersi di rosa... è sempre
così?... da noi il passaggio è più rapido e non conosce que-
ste sfumature. Il rosso succede al nero, il bianco al rosso...
Non sono stanco. Cerco di capire.
DOTTORE Più che giusto!
MARZIANO Ogni nuova città, arrivandoci per la prima volta,
nasconde una promessa. Che cosa può nascondere un
mondo nuovo? C'è da tremare. Le acclamazioni non mi
hanno sorpreso, ma fino all'ultimo momento, prima di
posarmi su quel prato, ho avuto paura. La gente fuggiva.
Non sapevo che sorte mi riserbava questo pianeta, che
noi, nelle notti della nostra lunga estate, guardiamo in un
misto di ansia e di nostalgia... Come adesso io guardo quel
puntino rosso, là, esattamente sopra quel colle, quel pun-
tino rosso che è il mio pianeta.
DOTTORE Quello è Marte? Bellissimo.
BARONE (declamando)
"... Ed ecco qual, sul presso del mattino
per li grossi vapor Marte rosseggia..."
MARZIANO (interrompendolo) "... giù nel ponente sovra 'l suol
marino." Questi versi mi hanno sempre commosso. È co-
me se improvvisamente vi fosse data facoltà di vedervi,
non allo specchio, ma staccati, camminare, volgervi, vive-
re. Ci vedevo la vostra ansia di sapere qualcosa di noi. II
nostro pianeta non è grande come il vostro, voi lo chia-
mate Marte, noi con una parola che significa: fratello. Fra-
tello, di chi? Ma di chi? Ma di questo pianeta! Noi vi
amiamo. Temevo una gelida accoglienza, anche la morte.
TUTTI No, ma che dice! La morte!
MARZIANO Anche la morte, che è l'estrema risorsa del sospet-
to verso lo straniero. Ciò che non si capisce, lo si uccide. È
più comodo, no? Ma i vostri poeti mi confortavano. Il loro

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 29


amore per le cose che non conoscono è così grande! Qui
ho trovato una nuova vita. Anzi, ho ritrovato una vita di
cui sapevo l'esistenza, ma che s'era persa nelle nostre
leggende. Io non sono il primo a venire quaggiù.
BARONE Non è il primo? Altri sono scesi prima di lei? Recen-
temente?
MARZIANO Anticamente. Questo dicono le nostre leggende.
Quel che sappiamo di voi è un risultato scientifico. Il re-
sto, un affascinante argomento di conversazione per le
nostre notti d'estate. Mischiando scienza e leggenda, sap-
piamo abbastanza di voi...
DOTTORE Con i vostri mezzi!
MARZIANO Sapevamo che Bene e Male valgono quaggiù come
altrove, che la gioia si contrappone al dolore e che tutto si
bilancia nell'armonia che ci governa. Ma averne la certez-
za è stato inebriante.
DOTTORE Il progresso fa girare la testa. Se penso che lei tre
giorni fa stava su quel puntino rosso e adesso, così, natu-
rale...
BARONE Il suo arrivo, signor Kunt, sta suscitando grandi spe-
ranze. Riassumendo le impressioni generali, mi domando
se qualcosa cambierà.
MARZIANO Voi sperate questo da me, da noi?
BARONE Sarebbe un bene per tutti che lo sapessimo. La folla
che oggi applaude domani si chiederà perché ha applau-
dito. E, dopodomani, chi può sobillarla? Sarebbe un bene
che noi prima sapessimo. Per prevenire, indirizzare, per
fugare ogni sospetto di minaccia. (Dolce-mente) Qual è il
suo programma, signor Kunt?
MARZIANO Il mio programma personale non è interessante
che per me: conoscere, vedere, vivere. E il vostro pro-
gramma?

30/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


BARONE Signor Kunt, temo che lei avrà una giornata molto
piena. E che sarà così per molti giorni. È umano. Lei ap-
partiene al mondo, tutto il mondo ha gli oc-chi su questa
città e su di lei.
DOTTORE Non si parla d'altro. E su Marte, che si dice, che si di-
ce?
BARONE Dovrà affrontare la grande curiosità. Stampa, fotogra-
fi, televisione, cinema, corpo diplomatico, visite di corte-
sia, banchetti. E gli scienziati. E la folla. Tutti vorranno ac-
clamarla. Lei adesso ha poche ore da riposare. E anche
noi. Poi tutti rientreremo nel turbine.
DOTTORE Noi rispondiamo della sua persona. Un onore im-
menso, d'accordo, ma che ci preoccupa. Vogliamo andare
in quest'albergo?

Si avviano. Ma, vedendo Anna dormiente, il Marziano


si ferma.

MARZIANO Lasciatemi guardare ancora un istante... La più


sfrenata fantasia non potrebbe immaginare niente di si-
mile. Il colore... gli alti palazzi di una pietra che sembra
viva... quelle cupole immense... le cattedrali.... Dovrò abi-
tuarmi al disordine apparente, perché in queste cose sen-
to vibrare un'anima. Strassen, redet ein Wort! Genius,
regst du dich nicht?
DOTTORE Di qui il panorama è bello, ma io lo preferisco al
tramonto. Il sole si nasconde dietro la cupola e il cielo si
incendia!
MARZIANO Il cielo non può incendiarsi.
DOTTORE Oh, certo, dicevo così, è un'immagine.
MARZIANO Ma sono proprio le immagini che ci fregano, come
dite voi.

Sorpresa dei due Funzionari.


Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 31
BARONE Lei conosce le sfumature della nostra lingua?
MARZIANO Non avevo altro da fare, lassù, che pensare a voi.
BARONE Pensare a noi... Sarebbe interessante conoscere il mo-
tivo che l'ha spinto verso questa città, piuttosto che verso
un'altra.
MARZIANO Se volete un motivo, ebbene è perché visto dai cieli,
capovolto, il nome di questa città è Amor. (Ride.) Voi mi
amate, io vi amo. Se volete, questo è lo scopo della mia
venuta. Vi sembra puerile, siete delusi?
TUTTI (insieme) No, no.
MARZIANO Siete delusi! Ma non so dirvi altro. Vi amo. (Finge
sorpresa) Guardate... Una donna. È una donna, o mi sba-
glio?
DOTTORE È una donna.
MARZIANO E sta dormendo. Anche da noi, l'estate, si dorme
all'aperto. Come dorme serenamente, e che strana crea-
tura. Permettete che la osservi un istante? È la prima
donna che vedo così da vicino e che non grida e non ap-
plaude. Curioso. Mi piacerebbe interrogarla, se non dor-
misse. Lasciamola riposare. Oppure?... No, addio.
BARONE Come sono le donne sul suo pianeta, signor Kunt?
Belle, immagino.
DOTTORE Chissà che meraviglia!

Escono. Cinque rintocchi di campana. Anna si sveglia.


Entrano Asterio e Fabrizio, sempre senza scarpe e an-
gosciato.

ASTERIO Ma in fondo, caro, questa è la logica conclusione delle


nostre ricerche. Ti sei mai domandato perché il figurativo
è finito? Lascia stare il cinema, che è un'arte in ritardo di
quarant'anni e poi fa un lavoro di consumo. To', guarda la
Cina. Sei mai stato in Cina?
32/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
Fanfara lontana.

FABRIZIO No...
ASTERIO (ad Anna) Ciao, cara. Come mai non sei a festeggiare
il marziano? Senti? Nessuno è andato a dormire. Tutta
Roma ha perso la testa. Che, tra parentesi, non ha.
ANNA Hai visto il professore?
ASTERIO No. Ciao... Dico la Cina per dire. È una rivoluzione pa-
cifica. Ma anche noi, nell'arte, l'abbiamo fatta questa rivo-
luzione. Noi abbiamo rappresentato il mondo di domani,
con gli elementi che oggi sfuggono alla massa. Pensa all'e-
lettronica. Pensa all'atomo, pensa all'antiprotone. Ci pen-
si?
FABRIZIO No...
ASTERIO Noi che abbiamo fatto? Non abbiamo spaccato l'ato-
mo, forse? Non abbiamo cercato l'antiprotone? E ti mera-
vigli se adesso arriva uno da un altro pianeta? Ma noi l'a-
vevamo previsto con le nostre opere, fin dal '47, che
qualcuno sarebbe venuto.
FABRIZIO Io voglio tornare a casa, o telefonare. Ma non ricordo
il numero. Dammi un bacio. Abbracciami. Non voglio re-
stare solo!
ASTERIO Sì, caro, tieni un bacio. Strano paese, la Cina...

Escono Asterio e Fabrizio.

ANNA La solitudine è una compagna dolce da quando gli uo-


mini cercano in me soltanto una bellezza che io detesto.
Non era così, una volta. Ricordo, o forse l'avrò letto in un
libro, e non capisco più se è vero o falso, io ero vestita di
bianco, in un giardino pieno di fontane, e di leoni che si
lasciavano carezzare. Dove? Allo zoo, in Africa? Un uomo,
mio padre, suonava il violino. (Pausa.) E così, è andato
via. Dopo tutto il suo entusiasmo... Se Fred non torna va-
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 33
do in albergo. Che giornata afosa avremo, guarda che cie-
lo, dico io, sembra fatto di polvere e di stracci. Prima ho
sognato un uomo alto che voleva sapere se ero un angelo
o una donna. Io gli rispondevo, sguaiata: "C'è un solo mo-
do di appurarlo, e non costa neanche molto." E ridevo.
Sentivo di odiarmi. Dietro le spalle mi palpitavano due ali.
To', ecco una piuma! (Soffia.) Strano sogno. L'arrivo di
questo marziano farà perdere la testa a tutti, alle donne
per bene specialmente. Quello che ho visto stanotte non
lo dimenticherò... Alla mia età non si dovrebbe desiderare
la morte.

Entra il Marziano, guardingo.

MARZIANO Buongiorno. Ha dormito bene?


ANNA Non così profondamente come stavo pensando. E lei non
ha sonno?
MARZIANO Non ancora. Il vostro giorno è troppo corto per le
mie abitudini.
ANNA È un indovinello? Non sono molto intelligente.
MARZIANO Lei prima dormiva, qua, ferma come una statua, re-
spirava appena. Ero con amici, ci siamo fermati a guar-
darla. C'era da domandarsi, l'abbandono del sonno la
rendeva diversa... assente... se era una donna oppure...
ANNA Un angelo? (Ride.) Ecco un altro sogno che non significa
più niente!
MARZIANO Sì. Un angelo può essere una donna, e viceversa? Io
non sono ancora in grado di distinguere.
ANNA Lei è straniero?
MARZIANO Sì. Sono uscito dal mio albergo di nascosto, appun-
to perché volevo parlare con lei. Non potrei dormire. Ho
bisogno di vedere, di parlare con qualcuno. Non le succe-
de mai scendendo in un paese straniero di sentire che

34/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


ogni momento è prezioso, che bisogna cogliere le diffe-
renze delle cose, degli sguardi, dei colori, e confrontare,
gioire delle voci, dei suoni così diversi?...
ANNA Perché, di nascosto?
MARZIANO Perché mi sorvegliano. Vede quel puntino rosso, là,
sopra il colle? Io vengo da li. Da Marte. Il marziano – scusi
se rido, ma questa parola mi fa ridere – sono io.
ANNA (cade in ginocchio) No! Non è possibile...
MARZIANO Sono io. Guardi il giornale, la mia fotografia. Io non
posso star solo, ho bisogno di parlare, di guardare qual-
cuno negli occhi. La felicità mi stordisce, ma la folla non
mi basta, devo dirlo a una sola persona, una sola, convin-
cermi che è vero. Mi perdona?
ANNA Oh, santo Dio, oh! (Bacia le mani del Marziano.)
MARZIANO Che cosa sta facendo?
ANNA Niente, non si preoccupi, io che non ci credevo e non vo-
levo nemmeno vederla, e lei è venuto... Mi lasci fare! Oh,
Signore!
MARZIANO Ma, allora, anch'io! (Bacia le mani a Anna, che sin-
ghiozza.)
ANNA No, lei no! (Si inginocchiano.) Lei, no! Sono io che devo!
Come sono contenta di averla vista, signore. Abbiamo
parlato tanto di lei, prima. Lei ci ha riaperto un po' il cuo-
re alla speranza.
MARZIANO Anche a me è successo la stessa cosa.
ANNA C'era un tale, là, che piangeva e baciava la terra. Un altro
ha dato via tutti i suoi soldi. E io? Ah, quante volte dicevo:
stai calma, le cose si mettono bene, lo dicono anche i
giornali, uno di questi giorni arriva.
MARZIANO (carezzandola) I tuoi capelli sono morbidi, è la
prima cosa vera che tocco, di questa terra. Tutte quelle

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 35


mani orribili!
ANNA (sorride) Qui si fa una vita da cani.
MARZIANO (si alza) Il sorriso tra le lacrime! Ecco, è questo!
Come potevo immaginare? Era una frase vuota di senso!
ANNA No, lei non può capire. Lei è troppo in alto.
MARZIANO (riabbassandosi) Posso riabbassarmi, se è necessa-
rio.
ANNA Sono io che dovrei alzarmi fino a lei. Ma come? Lei non
andrà via subito, vero? Possiamo vederci con un po' di
calma?
MARZIANO Le tue mani scottano, lasciami! Lasciami la mano!
ANNA No, la voglio tenere e poggiarvi la guancia. Oh, fa bene,
sa?
MARZIANO Sì, fa bene.
ANNA Una nuova dolcezza...

Dall'alto un segnale misterioso.

MARZIANO Non sta a me dirlo, ma l'universo non manca di un


certo metodo. Quest'incontro lo dimostra... Guardi, si sta
levando il sole.

Musica d'organo in sordina. Il Marziano e Anna de-


clamano, sempre restando in ginocchio:
L'universo sensibile.
MARZIANO
La follia universale non è senza umorismo,
in se stessa ripete un teorema riuscito.
Ci spinge l'implacabile, stupendo meccanismo
del cosiddetto infinito.
ANNA
Del cosiddetto infinito.

36/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


MARZIANO
Miriadi di ellissi fanno questo lavoro.
Così un uomo e una donna girano attorno al sole.
Mondi che evoluiscono si ignorano tra loro,
come un Eterno vuole.
ANNA
Come un Eterno vuole.
MARZIANO
Agli scienziati bastano le quattro dimensioni,
li attira il labirinto dov'è chiuso l'errore.
L'uomo e la donna aggiungono, alle loro invenzio-
ni,
la dimensione Amore.
ANNA
La dimensione Amore.

L'organo tace. Entrano di corsa il Dottore, il Barone e


gli Agenti. Restano immobili, stupiti. Un silenzio.

BARONE Signor Kunt. Lei ci ha messo uno spavento!


DOTTORE (ad Anna) E tu, piantala.
BARONE Alle otto dobbiamo essere in piedi un'altra volta. Io
rispondo della sua persona. Debbo pregarla!
MARZIANO Sì, andiamo. Arrivederla, signora. (Si avvia.) E voi
dite che l'amore non è un motivo sufficiente per il mio
viaggio? Conoscete quella signora?
DOTTORE È una passeggiatrice.
MARZIANO Passeggia? Vorrei mandarle dei fiori, e un invito.
BARONE Signor Kunt, è una prostituta.
MARZIANO Pros?...
DOTTORE Una volgare meretrice. Una piaga, creda signore,
una piaga. Eh, quante cose da sistemare sul nostro piane-
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 37
ta!
BARONE Per questo dobbiamo seguirla, signor Kunt. Non è dif-
fidenza. Ma non tutti gli incontri che lei potrebbe fare so-
no consigliabili.
MARZIANO Una meretrice?
BARONE Una che vende al minuto il "motivo" che ha spinto lei
quaggiù. Vende l'amore. O il suo corpo. Ma qui, purtrop-
po, lo chiamano amore.
MARZIANO Meretrice? (Torna verso Anna, che è rimasta in gi-
nocchio.) Lei, meretrice? Amore? Pros?...
ANNA (disperata) Sì, hai ragione, insultami. È vero. Dammi un
calcio, schiacciami col tacco... Tu hai il diritto di farlo! Non
loro! (Al Dottore) Io sono un'artista, ecco la mia tessera, e
non avete il diritto di insultarmi. Io ballo, ho fatto anche
qualche particina nei film, se volete saperlo.
DOTTORE Commediante! (Al Marziano) Di queste ne trova
quante ne vuole, e anche meglio. Non ci perda tempo.
ANNA Sì, vada a perdere il tempo con loro! Possiamo aspettare.
MARZIANO Domani? Dopodomani? Amore?
ANNA E lasciami, anche tu! Non mi convinci, sai, con la tua aria
ipocrita. Ritiro i miei pentimenti, io non cerco l'approva-
zione di nessuno, ma non mi piacciono gli ispettori che
vengono a vedere se tutto è in ordine. Io sono quello che
sono! (Pausa.) Mi perdoni. Vada con loro, le spiegheranno
che non c'è niente da fare, ci nasciamo proprio, così, lei
parla bene, prima mi sono commossa, ma a che servono
le sue parole? Abbiamo solo bisogno di un po' di soldi.
MARZIANO Non volevo offenderla. Domani? Dopodomani?
ANNA Mai! Lei mi offende con la sua sola presenza! Lei è una
perfezione irraggiungibile, parliamo un linguaggio diver-
so, viene da un altro mondo. Mi domando perché. Noi l'a-
spettavamo. Ah, le cose che si desiderano veramente non
38/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
dovrebbero mai succedere! Dicevamo è finita, comincia
una vita nuova! E perché? Io sono qui, e dov'è la vita nuo-
va? Devo cominciarla io? Da che parte?
BARONE Sciocchezze. Signore, andiamo.
ANNA Perché crede che la gente le battesse le mani? E si am-
mazza per vederla? Per fortuna, eccomi già senza illusio-
ni. Quanto a lei, Dottore, lei non ha il diritto di offendere
una signora che non conosce. Io sono un'artista. Usciamo
dall'equivoco.
DOTTORE Vuoi vedere che finisce male?
ANNA Vediamo! Non ho paura. Ma non voglio trattenervi, an-
date a dormire, tra poco la festa ricomincia. (Al Marziano)
Mi guardi? Il guaio è che per un momento ci ho creduto.
MARZIANO Domani? Dopodomani? Amore?
ANNA Chi mi parla d'amore, se non l'abbiamo mai conosciuto?
Chi mai ha avuto tempo? (Piange. Al Barone) Lei, con
quella faccia! (Al Dottore) Lei? L'amore è una cosa per lei,
che viene da un altro mondo. Voglio morire. (Singhiozza.)
MARZIANO (la cinge alle spalle, teneramente) Lei sbaglia, io so
tutto, so tutto. Non ha fiducia in me?
ANNA Fiducia? Ecco un'altra parola che non capisco.

Escono la folla e il Mendicante. Sei rintocchi di cam-


pana. Entrano Alvaro e Adriano. Entra Fred.

FRED Che succede?


DOTTORE Senti, poche storie e portala via!
MARZIANO Silenzio! (Ad Anna) Oggi? Adesso? Venga con me,
signora. Parleremo delle cose che ci feriscono e ci daremo
nuovo coraggio... "Erano i capei d'oro all'aura sparsi... che
in mille e dolci nodi l'avvolgea..." Togliamoci dalla strada,
i miei amici sono impazienti, come tutti i burocrati, impa-

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 39


zienti di un tempo infinito che è soltanto loro e che li an-
noia. Andiamo! (Solleva Anna tra le braccia e si avvia.)
TUTTI Oh!
MARZIANO Ho molte cose da chiederle e molte da dirle. Un
nuovo giorno è nato, pieno di promesse...
FRED (grida) Ma chi è?
ANNA (grida) È troppo lungo spiegarti!
BARONE Signore!
MARZIANO ... e un nuovo giorno è un nuovo giorno per tutti.
Anche per voi, amici. (A Fred) Anche per lei. Venite. Sì,
tutti insieme, tutti insieme. (Esce portando Anna tra le
braccia.)

Tutti lo seguono. Dalla scalinata scende in processio-


ne una piccola folla silenziosa, recando cartelli inneg-
gianti allo Spazio e al Marziano. Il Mendicante offre
con voce querula fotografie del Marziano.

MENDICANTE Immagini del marziano! Il marziano aiuta e gua-


risce. Immagini del marziano! Il marziano aiuta e guari-
sce. Immagini del marziano...
ALVARO La prima fotografia l'ha fatta Marco, il fotografo am-
bulante del Pincio. Stava fotografando due soldati quando
lui è sceso. Pensa, gli hanno offerto un milione, che anco-
ra la stava stampando. Poteva farci di più, ma è crollato
davanti al milione, tutto in biglietti da diecimila. Non pos-
so dargli torto... ma non trovi che in ogni avvenimento
eccezionale, anche risolutivo come questo, gioca sempre
un elemento di corruzione? E non ti fa pensare?
ADRIANO Non lo so. Camminiamo come formiche impazzite,
questo so, cercando amici e amici, per comunicarci la no-
stra inebriante felicità. Tu hai visto la gente, che altri oc-
chi, che altra gioia? Ogni cosa ci appare in una sua nuova

40/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


dimensione... Non ho più sigarette.
ALVARO Neanch'io.
ADRIANO E non ho più un soldo... Potremo allungare la nostra
vita, combattere le malattie, il male, l'ignoranza, evitare le
guerre, mettere fine ai nazionalismi, dare pane a tutti, vi-
vere come in un Eden ritrovato? Io dico di sì. Più ancora
di ieri, sento che qualcosa si prepara. O mio Alvaro, ascol-
ta quello che ti dico. Non è la fine del mondo, ma il prin-
cipio del mondo. Non senti? C'è l'attesa del levarsi del si-
pario, resa più acuta, febbrile, da uno spettacolo che non
conosciamo, ma del quale possiamo intuire la suprema
bellezza, la suprema verità.

Sipario.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 41


Quadro Terzo

Venti giorni dopo, ai primi di giugno. Un salotto


nell'appartamento di un grande albergo. Porte di
fondo e laterali. Due enormi divani, poltrone, e altro
arredamento confuso nel quale spicca un armonium,
un telescopio, una bombola d'ossigeno e una biciclet-
ta. Sui tavoli, bottiglie e mucchi di giornali. Nel fondo,
la prima Guardia dorme, seduta. Anna, vestita elegan-
temente e col cappello, dorme su un divano. Mara e
Patrizia spogliano alacremente mucchi di corrispon-
denza dividendola in vari scaffali. Al levarsi del sipa-
rio, la scena è in forte penombra. Dal proscenio, en-
trano Massimo, Oliviero e Adriano.

ADRIANO Ieri finalmente dopo tanti giorni, sono riuscito a ve-


dere l'aeronave. Perdersi nella folla! Ho sentito una pro-
fonda, calma emozione. Io e uno sconosciuto, un operaio,
ci guardavamo sorridendo e infine ci siamo stretti la ma-
no, spinti da un impulso fraterno. Sono cose vere, belle.
MASSIMO Sabato scorso ero al concorso dei Nuovi Volti per il
cinema. Che confusione, che applausi, che eccitazione.
Non per le ragazze, per lui! Non ha detto una parola, ma
doveva essere sconvolto.
ADRIANO Un cigno imbrattato di fango!
OLIVIERO Secondo voi, non partecipa a troppi ricevimenti,
banchetti, cocktail? Ogni giorno, ogni giorno!
ADRIANO Ha dei doveri di rappresentanza. Che deve fare? Io
dico che c'è una congiura del silenzio sulle sue intenzioni.
Alle autorità avrebbe parlato chiaro. Ma adesso sapremo.

42/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


Escono dal proscenio. La scena si illumina a giorno,
una pendola suona le dieci.

MARA Lo amo, sì, ma se togli gli attimi fuggenti, che ci resta?


PATRIZIA Ci resta tutto: servirlo, volergli bene, classificare la
corrispondenza. To', una lettera anonima.
MARA La nostra vita disordinata aveva il suo fascino.
PATRIZIA Non la rimpiangere. Qui siamo su un altro piano, qui
c'è il fascino dell'assoluta dedizione. Dorme, la favorita.
Andiamo un po' a sbirciare.

Vanno all'uscio di una stanza.

MARA Si gira!
PATRIZIA Si è girato sull'altro fianco!
MARA Hai ragione, lo amo...
PATRIZIA Attenta!

Tornano di corsa agli scaffali. Entrano Fred, Adriano,


Oliviero e Massimo.

FRED Nel senso generale e primitivo lo sentono molto, d'ac-


cordo. È il male morale. Non sentono la trasgressione vo-
lontaria, ma questo si spiega con la loro avanzata civiltà.
Buongiorno. Novità?
MARA Nessuna, dorme.
FRED (indicando le ragazze) Dopo tanti folli piaceri, finalmente
hanno un orario. Eccole felici!
MASSIMO Lei ha studiato teologia?

Oliviero ride.

FRED (si irrigidisce) Teologia? Studiato? Ho fatto anche un an-


no di seminario, se è per questo. Ho fatto tutto. Artista,

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 43


pittura, musica, la fame, il poeta, il signore... soprattutto il
signore.
OLIVIERO Me lo ricordo, lei, anni fa, in un cinema... Esperimen-
ti di?...
ADRIANO Metapsichica.
FRED Dopo l'ulcera ho smesso. Genere finito. No, il male è più
vasto, siamo soltanto superati, oggi la persuasione
dev'essere totale, scientifica, e il pubblico che ride dell'o-
nesto ciarlatano, non ride del tecnico. Melanconiche con-
siderazioni. (Fruga sotto un divano con un bastone. Un
grido. Dal divano esce un Fotografo.) Fuori!
FOTOGRAFO Non facevo niente, vi scongiuro, una sola fotogra-
fia! Un secondo! Non sono ancora riuscito a fargliene una.
In tutta Roma, io solo!
FRED Alè, alè! Fuori, fuori! (Va a scuotere la Guardia che dor-
me.) Caruso, sveglia, non ti pago per dormire. Gioca, di-
vertiti, fai il solitario. Leggi, analfabeta!
PRIMA GUARDIA Sì, professore.
FRED (guarda Anna) Dorme anche la mia fidanzata. (Fruga sot-
to il divano.) Nel suo sonno c'è qualcosa che mi ricorda il
servizio militare. Forse, l'irresponsabilità? Dunque, voi
non siete giornalisti. Siete miei amici. Fidiamoci, dopo
non avremo tempo. Niente ringraziamenti.

I Giornalisti gli danno del denaro. Fred prende un vas-


soio con la colazione ed esce.

ANNA (si sveglia) M'ero seduta per levarmi le scarpe e ho dor-


mito un po'. Mi sveglio sempre come se avessi chissà qua-
le buona notizia da gridare, pensieri smaglianti, idee che
risolvono tutto. Poi, ecco, ogni cosa ritorna grigia. I primi
giorni quest'albergo era meraviglioso, adesso vorrei an-
dare al mare. Ma non in un posto fisso, camminare lungo

44/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


la riva... Buongiorno.
TUTTI Buongiorno.

Anna e Adriano si guardano ma non si riconoscono.


Rientra Fred.

FRED S'è svegliato. Alle dodici avremo una commissione per


un banchetto. Poi, fino alle tre, le quattro del mattino... E
la gente mi invidia. Su Marte il giorno dura quarantotto
ore. (Bussano.) Avanti! (Entrano due Grooms con un cesto
di lettere. Dietro di loro entra furtiva una Ragazza. Fred la
blocca di corsa.) Via! Via! Caruso!
RAGAZZA Solo vederlo, solo vederlo, pietà! Lo amo! Io gli ho
scritto, non risponde, che debbo fare? Solo vederlo, sarò
buona! Carcerieri, canaglie! Il mio amore!

Fred e Caruso la spingono fuori. Gente che guarda, nel


corridoio. I Grooms escono.

FRED Dobbiamo difenderci. Mara, Patrizia, occupiamoci della


posta. Lo spoglio di ieri.
MARA Settecentododici inviti. Poi, richieste di denaro, lettere
di elogio, le solite domande di matrimonio, tra poco non
ci entreremo più in questa stanza. Ah, c'era una lettera
anonima.
ANNA Vediamola. (La prende.) Che imbecille!
MASSIMO Possiamo leggere?
ANNA Bel documento della nostra miseria morale. Legga, legga
ad alta voce.
MASSIMO (legge) "Cornuto."

Oliviero scoppia a ridere.

ANNA No, carissimo, non ridiamo. Piangiamo. Tra parentesi, lui

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 45


non sa nemmeno che significa.
OLIVIERO Sì, è bello perché è irrazionale. Lui può essere cor-
nuto, ma che c'entra? Come se fosse in discussione la fe-
deltà di sua moglie, una marziana.
ANNA Il dottore non è cornuto e non ha moglie.
OLIVIERO Appunto fa ridere. È assurdo!
ANNA Questo è il genere di letteratura che attacca con la plebe.
Se lo scrivete, ne arriva un carretto.
MASSIMO Riceve molte lettere anonime?
MARA La prima!
PATRIZIA La prima su centomila!
FRED Il mondo intero ci scrive e anche le richieste di denaro
sono un segno di fiducia in noi. Non diamo niente, ma
contano moralmente. Le richieste di guarigione, soprat-
tutto.
OLIVIERO Il dottore... (ride) ... opera miracoli?
ANNA Non è la parola.
FRED Che ne sappiamo? Viene da Marte. Ha un fluido? Non ce
l'ha? La gente si rivolge a lui con fiducia. Vuoi vedere, di-
cono, che su Marte?... Parlare di miracoli? Sapete tutti di
quel sedentario che appena l'ha visto si è messo a ballare.
Dicono che c'è una spiegazione scientifica: l'emozione
violenta. (Pensoso) Ma io mi domando: che sappiamo,
noi? Chi siamo, noi?
ADRIANO Chi siamo e dove andiamo?
FRED Già. Dove andiamo?
OLIVIERO Dove andiamo e che cosa vogliamo? (Ride.)
FRED Interrogativi senza risposta. Ci sono richieste interessan-
ti?
MARA Questo novantenne. Si annoia e vuole un violino.

46/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


ANNA Ma lo sa suonare? Mio padre suonava il violino.
MARA No. Vuole imparare.
PATRIZIA Un pedone ha inventato una macchina per vincere le
lotterie. Chiede cinque milioni per mettere a punto la
macchina.
OLIVIERO Potrebbe vincere una lotteria da cinque milioni.
ADRIANO Sono le più difficili. È proprio la somma che tutti vo-
gliono vincere.
ANNA Sì, è vero, anch'io una volta. (Ad Adriano) Noi ci siamo
già conosciuti?
ADRIANO Credo di no. Non ricordo.
ANNA Lei frequenta gli ambienti intellettuali?
ADRIANO Sì, verso l'ora della chiusura. Prego, continuate.
MARA Una sedicenne si lamenta di non poter trovare un posto,
perché appena trova un posto il principale le dà fastidio.
Acclude fotografia.
FRED Ma è nuda.
MARA Sì, dice di essere abbastanza ben fatta.
FRED Questo dovete scriverlo! È divertente.
PATRIZIA Un bambino che ogni giorno deve portare sulle spal-
le il nonno all'osteria, lontana un chilometro...
ANNA Vuole il miracolo per il nonno?
PATRIZIA Vorrebbe che il dottore interessasse il governo per
far costruire una osteria vicino a casa sua.
FRED Ecco, io ero felice, creavo, organizzavo e adesso sono sfi-
nito. Il marziano è una responsabilità. Se la stampa alme-
no mi aiutasse.
OLIVIERO La stampa non lo tratta bene, forse?
FRED È piatta, amministrativa, senza fantasia. Non indaga, non
mette a nudo il suo lato umano. Io dico che l'obiettività
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 47
non serve a nulla senza l'immaginazione. Immaginate,
qualcosa resterà!
MASSIMO Che ne pensa delle donne italiane?
FRED Finalmente una domanda stupida!
MARA Le adora.
PATRIZIA Lo adorano.
MASSIMO Scriverò sugli amori del marziano. Sesso e Infinito.
Ha un avvenire il Sesso nello Spazio? È vero che si è in-
namorato di una ballerina che parla di lui in termini
ignobili?

Un silenzio imbarazzato.

FRED Non limitiamoci ai particolari, che ogni particolare, get-


tato là senza simpatia, cari amici, diventa solo un capo
d'accusa. Nei particolari siamo tutti degni della galera.
Voi dite: è innamorato. Ottimo. E tutti pensano: poverac-
cio, perché da noi innamorarsi non è un arricchimento
della personalità come da lui, o negli Stati Uniti, ma una
disgrazia. Voi dite: è incorruttibile, disprezza il denaro.
Ma allora disprezza anche noi, sciagurati, che stiamo al
chiodo per questo sporco denaro e aspettiamo tutta la vi-
ta, invano, un corruttore, sbaglio? Voi dite: parla poco.
Dovreste aggiungere: ma pensa molto. Invece, lasciate in-
tendere: non ha niente da dire. Datemi una virtù e io ve la
respingo su un piatto come il più insultante dei vizi. Sia-
mo seri, lasciamo da parte le virtù, che annoiano! E scri-
vete tutto! La discrezione è il segno dello stile, e il segreto
della qualità, ma si tratta la storia in modo vile, senza il
coraggio dell'infedeltà. (Siede all'armonium.)
Tutti cantano:
Le strofe della stampa indiscreta.

48/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


FRED
Un vecchio amico della verità
può guardare negli occhi l'incredibile.
Scrivere è solo rendere possibile,
ciò che supera, spesso, la realtà.
TUTTI
Il vero che diventa verosimile:
questo è il fine dell'imparzialità.
Per ottenere un risultato simile,
noi dobbiamo inventarne la metà.
FRED
Scandalizzarsi è sciocco ed imprudente
per ogni abuso di curiosità.
Quando lo stile è impassibilità
ogni invenzione non è mai indecente.
TUTTI
Bisogna dedicare molto spazio
e rasentare l'immoralità,
frugando a fondo nell'intimità
di un brav'uomo che viene dallo Spazio.
FRED
L'uomo in sé non sarebbe mai perfetto
senza il miraggio della castità.
Noi stimoliamo appunto l'intelletto,
facendo audace ogni attualità.
TUTTI
Sollevare gli umani dal lor tedio
è una premessa alla felicità.
Mescolando erotismo e umanità,
noi rendiamo pensoso il ceto medio.

Un silenzio. Entra il Marziano in vestaglia, assonnato.

MARZIANO Senta, professore, nel bagno c'è un idraulico che mi


vuole fotografare. Ma forse vi disturbo.
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 49
FRED Dottore, sono miei amici. All'idraulico penso io.

Mara e Patrizia baciano il Marziano. Fred esce.

MARA Ben levato, signore!


PATRIZIA Buongiorno amore!
MARZIANO Buongiorno. (Bacia tutte, anche Anna.) Mi sono
svegliato, vado nel bagno per fare la doccia, e c'è un tale
che mi dice: "Si spogli, faccia pure la doccia, io devo ripa-
rare un tubo." E voleva fotografarmi nudo.
MASSIMO Dev'essere Marco. Il successo gli ha dato alla testa.
OLIVIERO Oddio, oddio! Ah, ah! (Ride.)
MARZIANO Il signore non si sente bene?
MASSIMO No, è sempre così. Adesso gli passa. Non lo guardi. Se
lo guarda, è peggio.

Entrano Fred e Marco, con una antiquata macchina


fotografica a treppiedi.

FRED Abuso, abuso e violazione di domicilio. Si scambia la li-


bertà per licenza. (A bassa voce) Non avevi una macchina
meno vistosa?
MARCO È la mia macchina!
MARZIANO Voleva fotografarmi nudo.
MARCO Per una pubblicazione scientifica. Ecco il telegramma,
da New York.
MARZIANO Io non voglio farmi fotografare nudo.
MARCO Lo sapevo. Per questo m'ero travestito. (Felice.) Ho
imparato tutti i trucchi! Se crede che mi piaccia andare
vestito così.
MARZIANO Io apprezzo il suo tatto, ma non voglio farmi foto-
grafare nudo.

50/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


MARCO A che serve l'esperienza del Pincio? In questi casi non
capisco se si tratta di pudore o di testardaggine. A me
piace lavorare con la donna, perché la donna è Natura, e
la Natura accetta l'arte, anzi fino a pochi anni fa la copia-
va. Se uno di voi dice a una bella donna: Spogliati, essa ri-
fiuterà indignata, ma perché dovrebbe resistere al foto-
grafo? (A Patrizia) Spogliati! (Patrizia comincia a spo-
gliarsi.) Davanti al fotografo, la donna diventa paesaggio,
nuvola, montagna, valanga, fiume, campo di grano, mare,
cielo. E Natura.
ANNA (pensosa) Basta, Patrizia.

Patrizia smette di spogliarsi.

MARCO Gli uomini invece restano sempre uomini. Esseri artifi-


ciali!
FRED Ci hai convinto. Adesso te ne vai.
MARZIANO Ma no... resti pure. Il suo punto di vista è interes-
sante. Che cosa prende?
MARCO Una birra, grazie. Ragazzi, ma lo sentite voi il caldo, o è
una mia impressione?
ANNA A giugno di solito fa caldo. Sulla riva del mare fa meno
caldo.
MASSIMO Su Marte, fa caldo come qui?
MARZIANO Meno. Noi stiamo un po' più lontani dal Sole.
OLIVIERO Dev'essere come la Norvegia.
ANNA Dev'essere come in certe giornate d'aprile, tiepide, sulla
riva del mare.
ADRIANO Dev'essere come nei ricordi dell'adolescenza. Come
nei racconti giapponesi.
ANNA Lei è mai stato in Giappone?
ADRIANO Credo di no. Non ricordo.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 51


Un silenzio.

MASSIMO Mi tolga una curiosità, Kunt. A che punto siamo, su


Marte, con l'unificazione dei sessi?
OLIVIERO Già! E non trova che il nostro imperfetto sistema ha
pure i suoi vantaggi?
MASSIMO Uno alla volta! La densità atmosferica influisce sul
comportamento erotico?

Un silenzio.

MARZIANO Voi chi siete? Amici del professore, ma che genere


di amici? Giornalisti? (A Fred) Le avevo proibito!
FRED Sono giornalisti amici.
MARZIANO Uscite, prego.
ADRIANO Va bene, siamo giornalisti, signor Kunt. Noi facciamo
un lavoro, tra parentesi io non ci sono nemmeno tagliato.
Crede forse che mi esalti scrivere ogni giorno due colon-
ne su di lei, quello che fa, che dice, che mangia? Lei l'altra
sera ha cenato in una sordida cantina elegante di Traste-
vere. Ha mangiato cibi dai nomi immondi, ascoltato can-
zoni mielate, perché la canaglia impone oggi anche i suoi
falsi rimorsi. Interrogato da una o due signore su ciò che
l'ha colpito del nostro paese, ha risposto, non lo neghi: "Il
sole, le canzoni." Io ho dovuto scrivere queste futilità, si
figuri con quanto disgusto. Perché? Perché la condanna
del nostro tempo è la diffusione delle notizie inutili. E a
forza di scrivere l'Inutilità, io mi guasto lo stile. Sì, io vo-
levo fare il narratore, voglio farlo, ma appena mi metto a
scrivere qualcosa, un racconto, le parole se ne vanno. Op-
pure si raggruppano tra di loro, si aggrumano, diventano
frasi fatte, ideogrammi. Debbo far parlare due personag-
gi, un uomo e una donna. Li mando a spasso. Pensano,
forse? Riflettono sulle cose che vedono, sulla strada che

52/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


percorrono, sul passato, sul cielo, sui loro sentimenti? No.
Guardano le vetrine, fanno spese nei negozi, aprono e
chiudono porte, fumano sigarette, bevono, salutano. E io
finisco per scrivere queste miserie.
ANNA Perché non tenta la poesia?
ADRIANO Dev'essere una sensazione curiosa, i primi tempi.
ANNA Dev'essere come in un bosco. O in una cattedrale senza
panche.
OLIVIERO E io che volevo scrivere commedie?
MASSIMO Non diamo la colpa al signor Kunt. Io non ho rimorsi.
Voglio fare questo e lo faccio.
MARCO Anch'io. Non ha caldo, dottore? Perché non si leva la
vestaglia?
MARZIANO Io non amo i cronisti. Vi chiedo perdono. Singolar-
mente, vi amo. Amo lei, lei, lei, lei.
TUTTI Grazie.
MARZIANO Non vi amo quando mi assalite, in gruppo. Voi mi
trattate come una curiosità e io invece mi sento simile a
voi. Le vostre domande mi avviliscono, le vedo riflesse
contro di voi, creature animate da un soffio immortale, e
ne provo pena. Voi abbassate l'umanità cercando di dare
una risposta alle questioni più oziose che vi sfiorano l'in-
telletto e che presumete possono riguardarmi. Questioni
che riterreste offensive, se rivolte a voi. Nessuno mi ha
ancora domandato chi sono. Era una domanda semplice,
che un bambino poteva pensare. Avete accettato l'ipotesi
del marziano, che è vera. Ma l'avete accettata subito. Ave-
te preferito chiedermi che cosa faccio, se preferisco que-
sto o quello, se mi tratterrò molto, e seguite le mie gior-
nate con la tenacia di una muta di cani che insegue la vol-
pe, non perché la volpe vi incuriosisca realmente, ma per
straziarla, farla a pezzi, eliminarla. Questo è il vostro la-

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 53


voro.
ADRIANO Non è vero. Noi siamo dei cani che la seguiamo con
simpatia.
MARZIANO Sì? Allora venga qui e mi abbracci. Vediamo.

Tutti ridono, meno Anna e Oliviero.

ADRIANO Ho detto simpatia, non amore.

Tutti ridono, meno Anna e Oliviero.

OLIVIERO Quando gli altri ridono, io non rido. Questo è il mio


carattere. Anzi, divento serio e penso. Dai vostri discorsi,
deduco una morale: che noi giornalisti svolgiamo un ser-
vizio igienico. Noi distruggiamo ciò che aspetta di essere
distrutto. Se una cosa, una persona, sono vere, non le in-
tacchiamo nemmeno. Se sono false, la nostra curiosità le
distrugge, le elimina. I cani che rincorrono la volpe, rin-
corrono una povera cosa. Un leone si ferma appena a
guardarli e i cani cambiano strada.
ANNA Voi lo distruggerete?
ADRIANO Lei lo teme?
ANNA Credo di no. Ma a volte si ha la sensazione.
ADRIANO Sì, di essersi già conosciuti.
MARZIANO Posso andarmene da un momento all'altro, se vo-
glio. Potrei andarmene lunedì. Chi mi trattiene? Non voi,
né il vostro governo, né gli applausi, né la certezza di
averne finché voglio o i sorrisi delle vostre donne e le let-
tere dei vostri bambini buoni. Potrei andarmene anche
adesso. Non ho che correre al Galoppatoio, chiudermi nel
mio apparecchio, premere un bottone. In pochi secondi di
questa città vedrei una macchia bianca, una pustola infet-
ta, poi nulla. Potrei scendere in un'altra città, ricomincia-
re... altri applausi, altre offerte, altri giornalisti. Potrei di-

54/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


vertirmi a scatenare odi, conflitti, e ridere di voi. Potrei
diventare ricco e sarei ritenuto saggio, perché voi ammi-
rate una sola riuscita: la ricchezza.
ADRIANO Non è giusto. La ricchezza mi lascia indifferente.
ANNA La grande ricchezza, non la media. O lei preferisce la
piccola?
ADRIANO Non so. Non ricordo. Forse.
MARZIANO Ha ragione, sono ingiusto. In un certo senso, noi
siamo fratelli. Tanto io che voi inseguiamo qualcosa che
ci sfugge, perché supera la nostra conoscenza. Voi inter-
rogate me, sperando di cavarne un ritratto, una storia da
vendere, io interrogo un mondo che non è mio, cercando
di cavarne... che cosa? Posso dire: una verità? O questa
parola mi bolla di presunzione?

Una pausa.

FRED Dottore, vogliamo vestirci?


MASSIMO Ancora una domanda, quella che potrebbe fare un
bambino: chi è lei, dottore?
MARZIANO Perché mi chiama dottore?
MASSIMO Sento che tutti la chiamano così.
MARZIANO E lei crede a quello che dicono gli altri?
MASSIMO Per cortesia, in questo caso.
MARZIANO Se lei è un uomo cortese, non mi faccia domande
impertinenti.

Tutti ridono, meno Anna e Oliviero.

OLIVIERO Seguiteremo allora a occuparci di ciò che lei mangia,


dei suoi apprezzamenti sul nostro clima, sulle nostre
donne, eccetera?

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 55


MARZIANO (va alla bombola d'ossigeno, respira) Sta a voi deci-
derlo. Se vi sembra che non ci sia altro, continuate così. Io
non posso imporvi di vedermi altrimenti. (Va al telesco-
pio, guarda.) Ma non è certo per rispondere a queste do-
mande che ho lasciato il mio pianeta. Da laggiù questo
mondo mi appariva pieno di promesse. (Va alla bicicletta,
suona il campanello.) E io so che non sono vane, ho guar-
dato la gente negli occhi, ho visto che la mia persona su-
scitava brucianti speranze in qualche cuore. (Getta via un
pacco di giornali.) Non mi riferisco ai commenti entusia-
stici dei primi giorni. Allora... allora si è parlato come di...
come di un nuovo messia. (Bussano.) Avanti!

Entrano due Operai del telefono.

PRIMO OPERAIO Ci scusino, dobbiamo mettere la linea volante


per i due nuovi apparecchi. Buongiorno.
SECONDO OPERAIO Tanto non disturbiamo.
MARZIANO Non avranno macchine fotografiche?
PRIMO OPERAIO Fotografiche? E perché?
FRED Il signore è il marziano.
PRIMO OPERAIO Ah. E vuole che lo fotografiamo?
SECONDO OPERAIO Noi siamo del telefono. Lei può continuare
tranquillamente, in dieci minuti è fatto. Guardi il tesseri-
no. Colombino, comincia a tirare il filo.
PRIMO OPERAIO Cominciamo. (Va alla finestra.) Pomodoro!
Tira!
SECONDO OPERAIO Continuate. Noi lavoriamo sempre in mez-
zo alla gente, ci siamo abituati.
OLIVIERO Un nuovo messia... Un'ipotesi lusinghiera.
MARZIANO Sì, Cristo torna sulla Terra e viene assalito dai foto-
grafi, dai giornalisti, e dai cacciatori di autografi. Tra co-

56/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


storo si mischiano truffatori, spie, provocatori, agenti del
fisco, maniaci sessuali, un comitato internazionale, di-
plomatici, sindacalisti, osservatori. Il resto è gente del
popolo, in buona fede, la gente che lavora, il buon popolo
che piange e applaude. La televisione trasmette le scene
dei vari incontri. Pregato di fare alcune dichiarazioni alla
stampa... gli farebbero dire che è particolarmente felice di
essere in questa città, cara ai suoi migliori apostoli. Ma
potrebbe anche dire: E adesso chi mi ama ancora mi se-
gua...
VOCE Colombino, tira!
MARZIANO ... lasciate che i morti seppelliscano i loro morti, da-
te a Cesare quel che è di Cesare, porgete l'altra guancia,
non mettete la fiaccola sotto il moggio, gli ultimi saranno
i primi. Già, anche questo bisogna tener presente: gli ul-
timi e i penultimi.
OLIVIERO Sì, e poi?
MARZIANO Poi si passerebbe ai miracoli. Con cinque pani e
cinque pesci...
ANNA (pensa) La platea vorrebbe altri miracoli.
OLIVIERO Sì, qualcuno griderebbe: Noi non abbiamo visto! An-
cora!
MARZIANO Continuerebbe. E infine annuncerebbe a tutti di
prepararsi, perché la fine del mondo sarebbe prossima. E
sparirebbe in una gloria di luce, lasciando la folla a com-
mentare i miracoli e i giornalisti a descriverli e a discute-
re le sue dichiarazioni. (Pausa.) E i commenti sarebbero
sfavorevoli. Perché nessuno accetta più volentieri l'ipote-
si che il mondo debba finire e che il giudizio sia tanto
prossimo. Il mondo deve continuare. E così bello! Oggi le
idee si chiariscono, la tecnica si perfeziona, la scienza
promette di spiegare ogni fenomeno, i popoli si amano.
Lo Spazio vi tenta. Perfino dai lontani pianeti vi arriva un
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 57
messaggio, io, con la promessa implicita che tutto conti-
nuerà. L'avvenire della Terra è certo, tutti ci puntano so-
pra, forse è eterno. Non si tratta più di prepararsi alla fi-
ne, ma al più alacre dei proseguimenti. Si spera di allun-
gare l'esistenza umana, di scendere a patti con le leggi
che regolano l'universo, e forse dominarle. Dio lavora per
la continuità. Dunque, l'ipotesi che io sia un nuovo messia
è ridicola, infondata. Io avrei dovuto scuotere le folle, tra-
scinare gli uomini di buona volontà, cacciare i mercanti
dal tempio, precisare la entità del superfluo, smascherare
gli ipocriti, ammonire i perversi. Tutto ciò, in attesa di che
cosa? Della continuazione? Si aspettava da me un gesto,
una parola? Ma quale? Non è stato già tutto detto? O forse
qualcosa è stato taciuto?
ADRIANO Qualcosa è stato reso incomprensibile.
MARZIANO A chi? A voi, che siete i sacerdoti della verità quoti-
diana? E se qualcosa è stato reso incomprensibile, io sarei
sceso col compito del decifratore? (Ride.) Io, che sono qui
da venti giorni e della folla conosco soltanto la curiosità
per le minuzie della mia persona, io che vedo dappertutto
bocche sorridenti, mani tese, mani che applaudono, e
sento elogi, proposte di collaborazione, progetti di scam-
bi culturali, tentativi di corruzione, e non posso aprire
bocca senza che qualcuno si contorca, di piacere, di stu-
pore, di desiderio? La verità è che ognuno spera che io sia
venuto per risolvere le sue faccende. Patrizia!
PATRIZIA Dottore!
MARZIANO La cartella dei contratti, per favore... Ecco i contrat-
ti che mi offrono.
FRED Occasioni incredibili.
MARZIANO Me le offrono perché pensano che io sia sceso a da-
re una mano al buon proseguimento. Firmando una doz-
zina di questi contratti, io... Tutto, guardate: pubblicità,

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immobiliari, televisione, cinema, industria pesante e leg-
gera, applicazioni nucleari, sfruttamenti marziani, viaggi
spaziali, biscotti. Ho la scelta. E ho scelto. (Strappa i con-
tratti.)

I Telefonisti si scambiano segni di approvazione.

FRED È un gesto precipitato, dottore.


MARZIANO Ma tutto quello che faccio io è precipitato! E non ha
senso! Lei andrebbe su un altro pianeta?
FRED (offeso) Non sono un tecnico. Ma qualche contratto si po-
teva salvare. Ci ripenseremo, chiederò le copie.
MARZIANO Non sono venuto per firmare contratti. Semmai, ho
altre ambizioni. E siete stati proprio voi a darmele. Acca-
nendovi contro una falsa immagine del marziano, mi ave-
te mostrato quale può essere la vera.
OLIVIERO Quale?
MARZIANO È troppo presto per parlarne. Ho i miei doveri di
ospitalità, di rappresentanza... Ma oggi più che mai sento
che Roma era la mia giusta meta. Fidiamoci sempre delle
prime impressioni.
PATRIZIA Bravo, amore mio! (Lo abbraccia.)
MARA Anch'io, anch'io.
MARZIANO (le palpa, turbato) Anime semplici abitano talvolta
corpi complessi. Dovrò cominciare a prendere appunti o
molte cose me le scorderò. (Ad Adriano) Il suo silenzio mi
piace. Beviamo qualcosa.

Un silenzio. Tutti bevono.

ADRIANO Sì, beviamo. Io getto la maschera. Il suo arrivo, per


molti di noi, è stato qualcosa di più di una prodezza scien-
tifica. Dicevo appunto con un amico... non è la fine del
mondo, ma il principio. Non la continuazione. Ma adesso
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 59
mi accorgo con quanta arroganza, con quanta utilitarietà!
Il segreto dell'impresa è più sottile. Forse lo intuisco, ma
non voglio parlarne. Io debbo ascoltare. (Ride.) Ma il se-
greto è sottile. Lei prima mi chiedeva di abbracciarla. E io
ho rifiutato scherzando. Bisognava essere semplici come
queste due colombe? In noi poveri cronisti rimane sem-
pre un fondo giovanile, che ci fa volgere in scherzo le cose
veramente serie, perché appunto ne temiamo la gravità.
Quando il leone si ferma a guardarci, anche noi ci fer-
miamo e buttiamo la cosa in scherzo. Io non mi vergogno
di dirle che adesso sarei felice di toccarle il lembo della
veste.
ANNA Della vestaglia.
ADRIANO Non ho detto vestaglia? (Al Marziano) No, non frain-
tenda. Non aspetto miracoli e assoluzioni. Salto la barri-
cata. Che c'è dietro? Non lo so. Io non scriverò più niente
su di lei, almeno come ho fatto fino a oggi. Mi caccino pu-
re. Sarò il primo che ci avrà rimesso il posto, col suo arri-
vo. Mi darò alla narrativa neodecadente, o alla poesia
climaterica. Ma sì! Questo è il mio biglietto, telefono e tut-
to, se vuole può disporre di me.
OLIVIERO Che c'entra, anche di me.
MASSIMO Di me.
MARZIANO Grazie... sì, grazie. Confortante. Dovrò trovare la
forza di non deludervi. Il bello è che non so nemmeno io
che cosa...
SECONDA GUARDIA Buongiorno. (Dà il cambio all'altra Guar-
dia, che esce.)
PRIMA GUARDIA Buongiorno.
ADRIANO Lei non potrà darci più delusioni di quante ce ne
siamo date noi stessi. E non legga i giornali, non se la
prenda. Seguiti a guardare la gente negli occhi. È lì che

60/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


vedrà una risposta. Mi perdoni, io vado, debbo averla an-
noiata.
MARZIANO No! (L'abbraccia.) Diamoci del tu. Come ti chiami?
ADRIANO Adriano Martello.
MARZIANO È un buon nome per battere. E noi batteremo. Tutti
qui attorno a me! Voglio stringere le vostre mani, un pat-
to di amicizia, qualcosa di più solenne, che ci impegni.
Una congiura! (Pausa.) Ma non oggi. Giuriamo comunque
sulla nostra amicizia. Io...

Un lungo silenzio. Fred si apparta distratto e pensoso.

MARCO (si scuote) Adesso che siamo diventati tutti amici, lo


facciamo questo gruppo? Souvenir?
MARZIANO (debolmente) No, no...
OLIVIERO Kunt, si parla in giro di un tuo vago fidanzamento. È
vero? Sei favorevole ai matrimoni misti interplanetari?
MASSIMO Hai trovato differenze sostanziali nel corpo umano
terrestre?
OLIVIERO Tutto sommato... le tue esperienze in questo campo
sono positive?
ADRIANO Kunt, andiamocene. Lascia perdere i tuoi impegni,
per un giorno solo, o manda tutto al diavolo. C'è una Ro-
ma che tu non conosci, vecchie ali di muro, parchi nasco-
sti, strade dove le pietre sono uomini e gli uomini hanno
l'impassibilità e la saggezza delle pietre... navate nude e
fredde... un popolo generoso che tu amerai perché ti
guarda senza giudicarti. Di' alle ragazze di buttare all'aria
le loro carte. Venite anche voi. E lei, Fred Gomes. Tu, Oli-
viero. (Ad Anna) Arriveremo al mare! Conosco posti dove
la solitudine ha ancora un senso, rive selvagge... vi stare-
mo accampati come naufraghi felici. Faremo il bagno e ri-
cominceremo tutto daccapo. Nel tuo arrivo, Kunt, c'è uno

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 61


sbaglio, lo troveremo. Leviamoci da questa tana, dove c'è
il tanfo dello spreco... (Suona una pendola)... e dove anche
le pendole suonano ore che non significano niente.

Un silenzio.

ANNA (abbraccia Adriano) Saresti capace, tu, di amare una


donna?
ADRIANO Sono capace di tutto!
ANNA Allora portami via. Ogni cosa va fatta con un po' di entu-
siasmo, ho conosciuto un signore che ti somigliava, ma
dove? Se dici: sì, io posso amarti da questo momento.
Dev'essere bello amare. Dev'essere come ammalarsi.
Quello che conta è andarsene. Andiamo?
ADRIANO Lei si riferisce al mare?
ANNA Mio padre oltre che suonare il violino era anche poeta.
Una domenica sul treno di Ostia improvvisò questi versi:
Tutti al mare, tutti al mare!
Troveremo sulla spiaggia
l'innocenza degli istinti,
la certezza salutare!
Solitudine selvaggia,
ci farà degni di amare.
Ma non vedemmo l'acqua, era una domenica. Adriano, decidi.
Andiamo?

Tutti guardano il Marziano. Fred sbadiglia.

MARZIANO Sì, ho deciso, andiamo tutti al mare.

Esultanza. Un colpo di cannone.

PATRIZIA Mezzogiorno! Affrettiamoci!

Un Groom introduce due Signori, e il Sarto col suo


Aiutante. Silenzio.

62/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


PRIMO SIGNORE Il signor Kunt? Chiediamo perdono. Siamo
forse in anticipo? La commissione... Sono lieto di porgerle
il suo primo saluto...
secondo SIGNORE L'ansia di conoscerla... Disturbiamo?
MARZIANO No, no. Benvenuti. Dimenticavo il banchetto e la
commissione. E il sarto. Io adoro il mare... Anna, non vo-
glio turbare la gita. Andate. Oppure, andiamo tutti doma-
ni, senza fretta? O un altro giorno... lunedì. Sei tu, Adria-
no, che hai avuto l'idea del mare?
ADRIANO È un'idea semplice. Cominciamo col lavarci!
MARZIANO Sfuggire le responsabilità. Dicono: al mare! e tutto
sembra risolto. Ma certamente andremo. Vediamo questi
abiti? Presto, per favore, il mare ci aspetta.
SARTO Dovrebbe togliersi la vestaglia, dottore.
MARZIANO Marco, anche lei al mare, è prudente portarsi un
idraulico quando si va al mare.
MARCO (si affanna attorno alla macchina mentre il Marziano si
toglie la vestaglia) Un momento, così, devo fare la posa.
Ah, la fretta, il magnesio! Su, resti così, signor Kunt, anche
i geni oggi si fanno fotografare in mutande, anzi la fami-
liarità è proprio il segno del successo. Si spogli anche lei.
Spogliatevi tutti. Spogliatevi! Professore, metta un bel di-
sco, un po' di musica. Accidenti, le lastre! Dove ho messo
le lastre?

Fred aziona un giradischi. Musica suadente. Tutti si


immobilizzano, eccetto Adriano.

MARCO Trent'anni di esperienza nei giardini pubblici! Faccio


un gruppo, becco un altro milione, le lastre, la pera di
gomma! (A Fred) Professore, aiuto!

Fred si scuote. Mimica da ipnotizzatore.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 63


FRED Non avete sentito? O volete disobbedire? Sapete bene
che è impossibile, gli rendete soltanto un po' faticoso il
lavoro e quando lui si stanca perde simpatia per il sogget-
to. Coraggio, dopo sarete felici. Siamo granelli di sabbia,
già morti, nell'universo morto. Su, il pubblico vuole sol-
tanto un po' di spogliarello, con risultati artistici e morali.
Resistete pure, non cambia nulla, Marco testimonierà la
vostra ribellione, che è una forma più dolorosa di esibi-
zione. Dolorosa per voi... io me ne frego. Marco, spicciati.
MARCO La pera non funziona! Continui professore!
FRED Tutto esiste, amici, la libertà, la volontà, ma la libertà di
non volontà è assurda, non si può non volere, non crede-
re, non vivere. E così bello spogliarsi di ogni pregiudizio.
Su, piano, i signori uomini la cravatta, le signore donne la
cintura. Metti la lastra, cretino!
MARCO Non funziona il soffietto!
FRED Vedrete come sarà dolce liberarsi della non volontà, affi-
darsi agli istinti, ritornare alla natura, annullarsi nell'ab-
braccio di uno specchio profondo... Vi invidio. Io non rie-
sco a spogliarmi.
MARCO Forse ci siamo professore. Continui.
ADRIANO (scattando) No, basta, è ignobile, è stupido! (Ferma il
giradischi. Tutti si scuotono.) Io me ne vado. Scusi, signo-
ra, non resisto, rimandiamo la gita a tempi migliori. Ad-
dio, Kunt, se vuoi chiamami. Ma senza questa gente. Ad-
dio! (Esce.)
ANNA No, Adriano, aspetta.
MARZIANO Adriano, non abbandonarmi! Ti chiamerò io! Do-
mani! (Comincia a infilare varie giacche, indifferente a ciò
che segue.)

Marco siede accasciato: rinunzia.

64/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


PATRIZIA Sei tu, Anna, sei tu la causa di tutto! Era bello, dove-
vamo andarcene, via, liberi, anche loro, ma tu hai voluto
guastare l'accordo, gelosa, pazza, ridicola!
ANNA Patrizia, che ho fatto? Mi odi tanto?
PATRIZIA Sì, ti odio! Non guardarmi! (Schiaffeggia Anna.)

Confusione. Patrizia fugge, Mara la segue.

ANNA Patrizia, se ti ho offeso, ti chiedo perdono! Tutto così,


senza ragione? Che ho fatto?
MARCO Sarà per un'altra volta. L'arte è pazienza. (Esce.)

Anna piange e Fred si scuote.

FRED È il momento della pazzia. Lo sentivo. (Ai giornalisti) Sa-


rebbe bene togliere il disturbo.
MASSIMO Abbiamo argomenti per un mese.
OLIVIERO Oddio, oddio!

Escono, ridendo.

ANNA Come tutto succede senza una ragione! Sono infelice. La-
sciatemi, che fa quell'uomo, lì, in piedi?
FRED Guardia, seduto!

La Guardia siede.

ANNA E quei due? Sono fotografi anche loro?


PRIMO OPERAIO Siamo del telefono. Chi firma qui?
FRED Io. Grazie.
SECONDO OPERAIO È una gabbia!
Escono.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 65


ANNA Ci siamo diviso il pane e il lavoro come sorelle, e ades-
so... Io non posso capire. Adriano è un guastafeste. Dove
l'ho conosciuto?
SARTO Io per me ho finito. Le dispiace, dottore, un autografo?
Il mio bambino fa collezione. Le dispiace? Ecco, qui. La
penna. Grazie. Non si disturbino. Signora, i miei omaggi.
(Esce con l'aiutante.)
ANNA (piange) Arrivederla, sarto. Oh, si respira.

Un silenzio. Fred è distratto, turbato da nuovi pensie-


ri. Il Marziano si guarda allo specchio.

FRED L'evo moderno è finito. Comincia il medio evo degli spe-


cialisti. Oggi anche il cretino è specializzato. Mah, non fi-
nisce bene... (Pausa.) Dottore, lei prima ha strappato i
contratti, ci sono stati applausi, crede che non abbia capi-
to? Ma bisogna continuare, come fa la Natura, scavalcan-
do le tombe. Stasera ci propongono la inaugurazione di
un ritrovo marino. Andiamo tutti per un'ora. La sola pre-
senza. È un modo di andare al mare. Per un'ora, ci dan-
no...
MARZIANO (interrompe) Io non ho spese, sono ospite del go-
verno. (Ad Anna) Come ti sembra la marsina? Cade bene?
Le code? I risvolti?
ANNA Cade bene. Tutto bene.
FRED È vero, lei è ospite. Ma noi? L'assegno del concorso è fini-
to.
MARZIANO L'hanno pagato per me?
FRED Immediatamente.
ANNA Fred, dobbiamo cambiare strada. Lui non è venuto qui
per fare il pagliaccio. È un uomo serio, non finiamo per
favore nell'avanspettacolo. Non voglio divertirmi. Faremo
la fame, andremo vestiti di stracci, ma rispettiamolo.

66/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


MARZIANO E questa giacca? Tira bene? Aderisce? Come fa le
spalle?
ANNA Bene, bene. Voglio tutti qui, che lo stiano a sentire, che lo
adorino, come lo adoriamo noi.
MARZIANO I bottoni d'oro li lasciamo? Ma sì. Festa marina. Ci
andremo! Ma da domani, si cambia vita. Anzi, da lunedì.
Così sbrigo un po' di impegni. È abbastanza lunga? Sì, di-
rei.
ANNA Mi duole la testa. Puoi lasciarci, Fred? E licenzia quelle
puttanelle.
MARZIANO No, le puttanelle restano.

Sorpresa. Fred fa un dignitoso saluto definitivo ed


esce. Un silenzio.

ANNA Vèstiti, quei signori aspettano.


PRIMO SIGNORE Oh, fate pure, fate pure!
MARZIANO Stamattina non ti ho sentita uscire.
ANNA Dormivi, eri bello, sono uscita in punta di piedi. (Sospi-
ra.) Com'era gaia la nostra Roma, le strade erano piene di
sole e di gente, le vetrine, i gesti, i suoni e i colori. Io non
vedo che bei colori, adesso.
MARZIANO Questo colore ti piace? Midnight blu.
ANNA Sì. E certe volte, pensando a questa storia, mi viene una
felicità che non ho mai provata. Oggi ridevo e molti si vol-
tavano a guardarmi.

I due Signori si appartano. Uno va alla bicicletta, l'al-


tro all'armonium.
MARZIANO Ti guardavano perché sei bella.
ANNA Più bella delle tue donne di lassù? (L'abbraccia.)

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 67


MARZIANO Non ho mai pensato prima d'ora alla bellezza. Era
una parte di me stesso, come il fegato, il cervello. Non so
spiegarti, da noi la bellezza è un fatto interiore... Contem-
plazione? Organo? Non ne conosciamo altra.
ANNA Come mi vedi, tu? Come una cosa da contemplare? Come
un organo?
MARZIANO Come una cosa tangibile. Dà le vertigini. Che buon
odore.
ANNA In un giardino carezzavo i leoni. Adesso mi ricordo dove
ho conosciuto Adriano! Dietro la statua di un poeta, tra
un diavolo e una donna nuda.

Il primo Signore inforca la bicicletta, il secondo Si-


gnore tocca piano l'armonium. E sbirciano.

MARZIANO Donna nuda? Il tuo corpo è una certezza. La certez-


za dell'incerto, del morbido, del profondo. (Pausa.) Anche
quello di Patrizia. Anche quello di Mara.
ANNA Mi ami? Ci ami?
MARZIANO Non lo so. Non posso dirlo. Stasera tutti al mare.
ANNA Io ti ucciderò.

Campanello di bicicletta, note di armonium. Sipario.

68/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


Quadro Quarto

Un mese e mezzo dopo. Lo stesso luogo del primo


quadro. In più, a destra, una chiesa con portico. Il
Marziano è sotto il portico, in attesa. Sta leggendo un
telegramma. Seduto sugli scalini della chiesa, il Men-
dicante legge il giornale. Viavai di passanti. Entra
Adriano, leggendo un foglio. Un tuono lontano. Musi-
ca.

ADRIANO "Al Marziano, Grand Hotel, Roma. Urgente."


Il lamento dell'analfabeta.
Niente mi hanno insegnato all'Università,
solo a scrivere in chiaro il mio nome et cognome,
non a capire un gesto, aut il mistero di un occhio,
né la calma del tempo, aut il segreto di un sasso.
Stop.
Io non so scrivere altro, solo il mio nome et co-
gnome,
ho scritto sette romanzi per metterci sopra il mio
nome.

(Un tuono, più vicino.)


Niente mi hanno insegnato all'Università,
non a capire un uomo, non a guardarmi allo spec-
chio,
aut un paese morto, nemmeno un giorno di morte,
aut a svegliarmi un mattino rinchiuso in una bara,
io non conosco un paese, un mese di fame, un anno
di disperazione. Stop.
So scrivere solo il mio nome. Stop.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 69


Disoccupato da un mese e mezzo, mi sono chiuso in casa per
scrivere un romanzo, tutto quello che ho scritto, eccolo
qua. C'è da piangere. L'ho inviato per telegramma al mar-
ziano, ho speso una tombola, ma lo scuoterà la mia sati-
ra? Ah, marziano! Tradimento! Un segno, un segno che
sei ancora vivo!

Un tuono. Pioggia. Passanti che scappano. Adriano sa-


le di corsa le scale ed esce. Entrano di corsa Orlando e
Alvaro e si riparano sotto il portico.

ALVARO A luglio basta un acquazzone per portarsi via le ulti-


me illusioni sull'estate. Gli anni saltano uno alla volta, a
metà estate. Al mio paese oggi fanno una festa.
ORLANDO Le conosco quelle feste, me ne sono rimasti gli odori
nel naso. L'acetilene delle bancarelle, le noccioline, i co-
comeri, il caldo e i profumi delle donne che passeggiano
su e giù nel corso. Poi la sera, la banda in piazza che suo-
na la Carmen e Casta Diva.
ALVARO L'acuto della cornetta...
ORLANDO ... e il botto che annuncia i fuochi d'artificio.
ALVARO I primi amori sono rimasti laggiù.
ORLANDO Li rimpiangi? Mi hanno fatto sbagliare tutto!

Un silenzio. Il Marziano ascolta.

ALVARO Sei stato ieri al ricevimento in Campidoglio?


ORLANDO Non sono potuto arrivare nemmeno a piazza Vene-
zia. C'era una folla enorme. Ignobile curiosità!
ALVARO No, c'era un'altra calma, nell'aria. Devo dirti che mi è
piaciuta. Mi sono fermato vicino a certi autobus, i bigliet-
tai e i conducenti erano anche un po' indifferenti. Sai,
bloccati lì da ore, qualcuno se la prendeva già col marzia-
no.

70/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


ORLANDO Sempre i soliti italiani, cinici. Non esiste una società.
Vogliamo partire, andarcene in Danimarca per una setti-
mana?
ALVARO Stai a sentire questo dialogo. C'era un bigliettaio che
diceva a un compagno: "Ma che c'è venuto a fare?"
ORLANDO Ah, che orrore, per loro ci vuole il cantante!
ALVARO E l'altro gli ha risposto: "Vuoi mettere come si sta a
Roma e come si sta su Marte? Tu ci staresti su Marte?"
"Manco morto" ha detto il primo.

Alvaro e Orlando ridono.

ORLANDO Certo, tutto sommato...

Dalla chiesa esce Anna, che resta accanto al Marziano


silenziosa.

ALVARO Ma non sai che è successo dopo al Campidoglio! Il


sindaco ha parlato di Roma maestra di civiltà.
ORLANDO Oddio, oddio, sul serio?
ALVARO Il giornale non lo porta. Ci sono stati colpi di tosse, ma
la gaffe era irreparabile. Così ha proseguito alla meglio,
elogiando il sistema planetario, ricordando Galileo Galilei,
che ha contribuito alla scoperta col cannocchiale, gli studi
del Sole, e che so io. Il marziano sorrideva, dice che si è
chinato verso un cardinale che gli stava vicino e gli ha
detto qualcosa all'orecchio. II cardinale ha sorriso, pater-
namente.
ORLANDO Io l'ho visto ieri notte, tardi.
ALVARO Dove?
ORLANDO A via Veneto. È sempre emozionante. Io e Pierino
stavamo fumando, quando lo abbiamo visto venire, sot-
tobraccio a due ragazze abbastanza belle, non quelle
principesse della festa...
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 71
ALVARO Lo hanno abbandonato.
ORLANDO Certo, è un intellettuale! Poi, sembra che non si di-
verta. Dicevo, due belle ragazze, normali, forse di un bal-
letto. Lui rideva, simpatico. Ha smesso di ridere quando ci
è passato davanti, benché noi evitassimo di guardarlo.
Più giù ha incrociato l'ex re d'Arcadia, che si annoiava e
sbadigliava. Non si sono salutati.
ALVARO Se almeno smettesse di piovere. (Grida) Fabrizio!

Fabrizio arriva di corsa e si ripara.

FABRIZIO Orlandino! Alvaro! Bella, la pioggia, vero? Ah, mi


mette sempre un'allegria irresponsabile! La gente che
corre, le diverse cose che uno si mette sulla testa, un
giornale, una scatola, una sedia, ho visto uno che si ripa-
rava con un bambino. Pensa, e il bambino batteva le ma-
ni, contento! Che mi dite? Siete ancora schierati a favore
della donna, o siete passati dall'altra parte?
ALVARO La donna resta per me un bel mistero.
ORLANDO Io amo le donne del Nord, più chiare, responsabili,
inserite però nella Natura. Semmai il loro mistero è que-
sto: la naturalezza.
FABRIZIO Io adesso devo vedere una specie di tigre che mi fa
paura. Mi sento emozionato come se dovessi dare gli
esami. L'altro ieri stavamo in macchina, io ero distratto,
mi volto a guardarla, s'era spogliata. In camicia, ti dico!
"Ma che fa?" le ho detto. E lei, guardandomi con certi oc-
chi da bambina, sembrava che volesse piangere: "Uffa,
dottore! Ho caldo." Scottava come una stufa. Datemi una
sigaretta. Grazie.
ORLANDO Il mistero per me è un altro. Bello anche questo, pe-
rò.
ALVARO La semplicità non si ripete mai. È il suo fascino.

72/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


FABRIZIO Sì, fascino. Non avete per caso anche diecimila lire?
Non fate quella faccia, come se scherzassi. Dico sul serio.
Non importa, la lezione del marziano non vi serve a nien-
te, anime opache. Nessuna libertà, nessun estro nell'ac-
cettare le domande più affettuose degli amici. Oh, ecco
laggiù la tigre, sulla porta del caffè. Io vado. Guardate che
fianchi. Un'anfora!
ALVARO Che fai stasera? Ti vediamo?
FABRIZIO Stasera? Non so. Mi ha telefonato Gloria, quella con-
tessa che scrive, poverina – a proposito, come scrive? –,
per invitarmi a una cena fredda che dà in onore del mar-
ziano. Ho risposto io, imitando la voce della cameriera, e
dicendo che avrei riferito. Non ci andrò. Conoscere il
marziano, tra gente che vorrà accaparrarselo, chi per rac-
contargli come stanno veramente le cose in Italia, chi per
invitarlo a un'altra cena, chi per coinvolgerlo in una giu-
ria, mi sembra inutile. Ci vediamo, amici. E pensatemi! Io
vi penso sempre. (Esce correndo.)

Un silenzio.

ORLANDO Partiamo, ci fermiamo a Copenaghen tre giorni, poi


magari una puntata in Svezia.
ALVARO Il mare, lassù, non sembra neanche mare, sulla riva
cresce l'erba. E il grande amore di una settimana se ne va
dandoti la mano e dicendo: "Arrivederci, signore." E que-
sta purezza che mi turba. L'assenza di complicazioni, di
passioni.
ORLANDO Se domani fa bel tempo, vado a trovare Adriano.
ALVARO Se domani fa bel tempo, mi sparo. Le cinque! Devo la-
sciarti.
ORLANDO Aspettami, che faccio io qui, solo? Accompagnami a
casa! Non ti piace il mio quartiere? Sì, hai ragione, è
squallido.
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 73
Escono correndo. Una pausa. Un tuono più forte.

ANNA Il parroco viene tra poco. Possiamo entrare, intanto.


MARZIANO No, guardo la pioggia. Mi calma. Mi calma un po'
l'ansia di andarmene.
ANNA Vuoi andare? Dove?
MARZIANO Non lo so. Mi sento davanti a un muro. Dovrei tro-
vare la forza di scalarlo, o tornare indietro. Oppure, se-
dermi ai piedi del muro e aspettare. Che cosa? Che mi
crolli addosso. Oppure, potrei dargli una mano di calce e
affrescarlo. O farci un buco e guardare che c'è dall'altra
parte. Quante soluzioni! Forse ho bisogno di star solo, di
chiudermi dentro una torre, e la vorrei in riva a un lago,
per potermi quetare con un salto a portata di mano. O
sputare, forse? Sputare nell'acqua, fare dei cerchi perfetti,
una miriade di cerchi e creare così un piccolo universo
con uno sputo? E anche nel cerchio più piccolo, un micro-
bo che divora un altro microbo non sognerebbe il domi-
nio della sua goccia di sputo? O forse dovrei agire, ma il
peggio che può capitare a un genio è di essere compreso
prima ancora di dire: "a". Tutti mi applaudono, ma
nell'applauso sento già lo scalpiccio dei piedi che si av-
viano all'uscita. (Pausa.) No, devo agire.
ANNA Dovresti calmarti. In fondo hai tutto quello che un uomo
può desiderare. E io, non conto?
MARZIANO Non è questo, è qualcosa di più.
ANNA Non ci credo.
MARZIANO È proprio così.
ANNA Allora, partiamo, andiamocene dove vuoi.
MARZIANO Lo dici come una soluzione di ripiego, come se do-
vessimo partire per toglierci dalla noia e fare un po' di
vacanze! Per me la cosa è diversa, è un'altra partenza

74/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


quella che mi propongo, e che ti esclude. Partire, per me,
significa muovere un piede da questo gradino e cammi-
nare, perdermi nelle strade qua attorno, scrutare il mi-
stero di un sasso, conoscere un paese, un mese di fame,
fare altri incontri, cercare nuovi amici, ma soprattutto ri-
spondere alla domanda che sento nell'aria. Tu non c'entri
in questa storia. Adesso più che mai.
ANNA Ah, no? Io volevo andare al mare quando tu non volevi.
MARZIANO E chi dice che ora lo voglia? Forse dovrei raccoglie-
re un po' le idee. Ci sarebbe un'altra soluzione: toccare il
fondo, abbandonarsi. Sì, è la soluzione migliore. Che co-
nosco, io? Niente. Fino a ora, un pacchetto di varie sensa-
zioni, molto gradevoli, alcune noiose, ma non conosco
niente. Neanche te.
ANNA Non c'è bisogno di conoscersi... Forse il giorno in cui tu
arrivassi a conoscermi, me ne andrei. E potresti trovarmi
che so? dove ci siamo incontrati la prima volta. E preten-
dere di essere pagata.
MARZIANO Bisognerebbe ricominciare daccapo.
ANNA Per ritrovarci qui.
MARZIANO Dovevo arrivare di nascosto.
ANNA Ci saremmo incontrati di nascosto.
MARZIANO Adesso che ho tutto, sento che tutto mi sfugge.
Vorrei essere un uomo come gli altri, come quei giovani
che erano qui poco fa, parlare, ridere, avere amici che ti
riscaldano con la loro amicizia, che danno un senso alle
strade, alle piccole abitudini, anche alla noia. Oh, poter
dare importanza alle cose che non ne hanno, sentirsi in
quel perfetto stato di mediocrità, che permette tutte le
delusioni! Mio Dio, perché non sono un uomo mediocre?
Dammi oggi le mie mediocri ambizioni quotidiane! Dam-
mi un limite, dammi un amico pigro e disoccupato!

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 75


ANNA Sono io, un amico.
MARZIANO Tu? Ma ne voglio cento, mille, un miliardo, tutti con
me, poter dire: seguitemi!
ANNA Aspettando che ti si chiariscano le idee?

Una pausa. Un tuono lontano. Entra Fred che, veden-


do i due, si nasconde dietro una colonna, in vista del
pubblico.

MARZIANO Tu mi seguiresti senza fare domande?


ANNA Io sì. Ma è un altro discorso.
MARZIANO Allora, cominciamo noi due.
ANNA Quando ero io a volerlo...
MARZIANO Niente recriminazioni. Cominciamo. Da questo
momento è finita con questa città, il chiasso e gli applausi.
Basta coi ricevimenti! Ma certo, ecco la strada, e non
averla vista prima! Possiamo prendere con noi anche
Adriano, un cuore generoso, un amico.
ANNA È al mare, sta lavorando. Scrive un romanzo.
MARZIANO Come lo sai?
ANNA Qualcuno me l'ha detto.
MARZIANO Bene. Adriano. E tre. Escludiamo Fred, che è troppo
cinico e utilitario e pretenderebbe di organizzarci.
ANNA Escludiamo anche le ragazze.
MARZIANO Escludiamole. E questo mendicante?
ANNA Non credo che verrebbe. Lavora.
MARZIANO Escludiamolo. Ma siamo in tre! Non capisci che è
già enorme essere in tre e moltiplicarsi secondo una pro-
gressione geometrica, purché ognuno di noi tre convinca
altri tre, e questi a loro volta altri tre? O possiamo imbar-
carci sulla mia nave e tentare altrove. Insomma, tutto

76/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


fuorché questa accettazione supina di un successo che
sembra nato da un equivoco. Io debbo chiarire quest'e-
quivoco, se c'è. O forse renderlo più oscuro, fondo, per
prendere tempo, studiare meglio la situazione, colpire al
momento giusto, quando nessuno si occuperà più di me
con la morbosa curiosità che oggi mi gettano in faccia?
No, no, agire! Andar via a piedi, l'idea del mare, le rive
selvagge di Adriano cominciano ad attirarmi. E com'è bel-
la la pioggia! Che allegria irresponsabile mette nel cuore!

Un Prete esce dalla chiesa.

PRETE Il padre vi aspetta.


ANNA Il padre ci aspetta. Andiamo.
MARZIANO Non oggi! Adesso so quello che debbo fare. Un le-
game più forte ci unisce da questo momento: la complici-
tà. E poi non mi piacciono le cose fatte di nascosto, né è il
caso di suscitare altro chiasso. Abbiamo cambiato idea.
Tu mi segui?
ANNA Ci scusi, padre. Abbiamo cambiato idea.
MARZIANO Corriamo da Adriano, tu avevi visto giusto. Le cose
si fanno subito o non si fanno.
ANNA Ci perdoni, padre, abbiamo cambiato idea! Aspettami,
Kunt! Non posso correre!

Escono. Il Prete guarda il cielo e rientra nella chiesa.


Un tuono lontano. Anche Fred guarda il cielo.

FRED Un uomo come me tocca il fondo. Tutto è chiaro. E in


vantaggio, sa che tutto è chiaro, finita la responsabilità, la
paura... Con questo marziano volevo sistemarmi e posso
riuscirci. E ora me lo lascio scappare... Sono un fesso? Che
mi prende? Una specie di stanchezza per l'imbroglio? Una
specie di pena... di pena... per lui? È questa la noia? Che

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 77


sapore di vecchiaia lascia in bocca. No, caro professore,
vattene anche tu! Piglia il tuo bravo baule, vattene in
tournée. Solo. Lettura del pensiero, telepatia, esperimenti
magici... I teatrini comunali, i cinema di paese, i manifesti
scritti a mano, le trattorie con alloggio, e le stanze umide,
le lampadine vecchie, le mosche, le attese alla stazione... i
treni! Se tutto almeno fosse rimasto così... come allora!

Un tuono. Fred esce, correndo.

Sipario.

78/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


Quadro Quinto

La sera dello stesso giorno. Salone con colonne. Nel


fondo, altra sala, con una tavola imbandita per una
cena fredda. Gli invitati sono in abito da sera. Il Mar-
ziano, in marsina, è allungato su un divano. Tra gli
invitati: Oliviero, Lazzaro, Massimo, Alessio, Ercolani,
Romano, Anna, Mara, Patrizia, Isabella, Amalia e
Diomira. La padrona di casa, Gloria, sorveglia felice la
festa. Al levarsi del sipario, tutti gli invitati, meno il
Marziano, cantano:
La canzone della ricchezza che porta all'indecisio-
ne.
CORO FEMMINILE
Milady, Monseigneur, Mylord, Sir,
Veranda, Belvedere, Ambassador?
Rivoli, Tivoli, Florida, Eclair,
Grandair, Grandieu, Thunder, Commodor?
CORO MASCHILE
Converti, Convertible, Caravan, California, Inverti-
ble, Kapitan, Capri, Corsaire, Metropolitan?
CORO FEMMINILE
Regence, Empire, Fregate, Roi, Corniche, Zephir,
Esquire, Riviera, Luxurial?
Riche, De Riche, Très-Riche, Extra-Très-Riche, Lu-
xurious, De Luxe, Lux-Perpetual?
CORO MASCHILE
Amalfi, Portofino, Queen, Sultan, Skyline, King,
Bermuda, Manhattan, Montecarlo, Biarritz, Deau-
ville, Can-Can?

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 79


Finita la canzone, gli invitati si dispongono variamen-
te a continuare la loro cena in piedi.

GLORIA Si sente meglio, adesso, Kunt?


MARZIANO Sì meglio. Io non capisco ancora quando bisogna
smettere di bere. In acqua, credo che affogherei.

Tutti ridono.

MARZIANO Che cosa stavate cantando?


GLORIA Una canzone sulle automobili. Il benessere porta
all'indecisione, che tipo di automobile comprare?
MARZIANO Non solo il benessere porta all'indecisione. Credo
che l'indecisione sia una qualità della intelligenza. O di-
fetto? Vedete, sono indeciso, anche nelle definizioni.
ROMANO L'automobile, che noia! Aumenta la solitudine
dell'uomo. L'ho anche scritto.
ALESSIO Tu hai scritto tutto.
ROMANO Faccio quello che posso. E tu sei un pigro!
LAZZARO Ieri guardavo certe automobili. (Tutti mangiano. Un
silenzio.) Non è possibile che soltanto lo sfarzo volgare
della nostra epoca possa suggerire il barocco di certe de-
corazioni. Ci dev'essere un motivo più profondo. (Al Mar-
ziano) Potrebbe essere un motivo religioso, un residuo
totemico? Lei che ne dice?
ERCOLANI No, l'automobile è un tentativo inconscio di glorifi-
care il corpo femminile. Io lo so.
LAZZARO Già, con la tecnica di scomposizione dei cubisti!
ERCOLANI Ma è chiaro! Il seno fa da paraurti, il cofano è il ven-
tre, le code, le gambe.
ISABELLA È vero!
ALESSIO C'è da chiedersi se il guidatore si accorge di guidare

80/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


una Venere Callipigia o le Tre Grazie!
ROMANO Trascurato dalle Arti, il corpo umano ispira l'Indu-
stria. Più l'Arte diventa extraumana, più gli oggetti d'uso
diventano antropomorfici. Mi fate dire banalità! (Al Mar-
ziano) Lei, che ne pensa?
MARZIANO Io detesto le macchine, tutte. Finiranno per darci
consigli, e per giudicarci. Da noi si verificano già i primi
casi. No, non voglio parlarne. Un po' di champagne, se
non vi dispiace.
ANNA Non vorresti invece del caffè con un po' di limone?
MARZIANO (duro) Lasciami in pace! Lo champagne dà la stessa
sensazione dello Spazio. Anche lassù la mente si smarri-
sce in questo semplice piacere, che accende il desiderio e
allontana la sua realizzazione.
ISABELLA Ebbrezza per ebbrezza, vado al limite. Avete mai
provato l'acqua pura? Non la provavo da molto tempo,
ma l'altra sera, così per sbaglio, bevo un bicchiere d'ac-
qua e sono rimasta stordita! Una folla di immagini, di ri-
cordi, i ruscelli di montagna, un ritorno liquido della ado-
lescenza... Forse stiamo perdendo l'uso di certe sensazio-
ni, che sono inebrianti perché semplici.
ERCOLANI Non esageriamo. Anche l'acqua minerale è buona.
MARZIANO Dov'è il bagno?
ANNA Ti accompagno, vieni.

Escono. Tutti mangiano. Un silenzio.

GLORIA Che uomo eccezionale, non vi sembra? Romano, dica


qualcosa.
ROMANO Gli uomini eccezionali mi annoiano. Sono già io
un'eccezione, e abbastanza fastidiosa. Io mi odio.
ISABELLA Si odia! Vedete dove si caccia a volte la vanità.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 81


ROMANO Tu sei una regina scontenta. Scontenta e capricciosa!
AMALIA Io lo trovo un vero uomo. Ha quell'aria indifesa, che ti
fa desiderare di proteggerlo, di stargli vicino. Un uomo
per piacermi deve darmi il rimorso della purezza.
ROMANO Rimorso, purezza, Dio che discorsi, mi fa male la te-
sta! Me ne vado!
ERCOLANI È stato un errore invitarlo assieme al marziano. Un
grave errore.
ROMANO Tu sei un mangione! No, adesso leviamo gli scherzi, è
un uomo interessante, benché non si possa giudicare così,
a prima vista.
LAZZARO Io trovo che non ci sono punti in comune, sono anco-
ra in quella fase di rispetto che può preludere alla cata-
strofe. Io lo guardo, lo ascolto, tutto bene. Mi è anche
simpatico, come mi sono simpatiche tutte le persone che
hanno le qualità che io non ho. Lui beve, io no. Io sono ge-
loso, lui no. Lui è calmo, veste bene, questo soprattutto.
Sì, la persona vestita bene mi sembra subito di un altro
mondo.
OLIVIERO Ma lui è appunto di un altro mondo!
LAZZARO Insomma, mi piace, lo giuro. Solo trovo, non vorrei
sbagliarmi... lo trovo leggermente impegnato in qualcosa
che non lo riguarda.
ISABELLA Ma è una cosa che riguarda tutti.
ALESSIO Io non vorrei pronunciarmi. Ma penso che sia stato tu,
Oliviero, a montargli la testa. Tutte quelle storie ridicole.
OLIVIERO (ride) Io? Adriano, vorrai dire.
ALESSIO Tu e Adriano.
Entrano Anna e il Marziano.

MARZIANO Dalla finestra del bagno si vede una città scono-

82/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


sciuta, un deposito di baracche, un miscuglio di tetti
sfondati, di comignoli, la terra sembra rosicchiata, c'è un
topo giù nel cortile che mi guardava, ritto in piedi, e su
tutto un cielo giallo, cattivo. È ancora Roma? Dove sono le
cupole, c'è gente in quelle case?
GLORIA Il panorama migliore è dall'altra parte.
ALESSIO Sì, quello del bagno è il panorama di servizio.

Tutti ridono.

ROMANO Si trattiene molto a Roma?


MARZIANO Non credo. Ho intenzione di viaggiare, forse verso
il Sud, lungo la costa.
ROMANO Il Sud. Tutto parla di morte in un paesaggio erotico.
Conosce la questione meridionale?
MARZIANO Non conosco nemmeno un mese di fame.
ISABELLA Va col suo apparecchio?
MARZIANO No, a piedi.
GLORIA A piedi! Ma è meraviglioso!
MARZIANO Partiremo in tre. Io, Anna e un nostro amico.

Lazzaro e Oliviero ridono.

GLORIA Ah, come verrei volentieri. Chi vuole ancora champa-


gne?

Un silenzio. Tutti bevono.

ROMANO Come le appare la condizione umana, la nostra con-


dizione?
MARZIANO Lo scopo del mio viaggio è appunto di trovare una
risposta alla sua domanda.
ROMANO La condizione marziana è preferibile?

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 83


MARZIANO È un discorso difficile.
ROMANO Facciamolo.
MARZIANO Bene, vi farà ridere se vi dico che anche il marziano
non riesce a consolarsi del fatto di non essere più il cen-
tro dell'universo. Questo è successo all'Uomo qualche se-
colo fa, a noi da molto più tempo.
ALESSIO (ipocrita) Se è lecito, come vi siete confortati di que-
sto spostamento del... centro?
MARZIANO La meditazione... Meditandoci sopra.

Un silenzio.

ROMANO Allora, meditiamo! (Dà un colpo sulla schiena di Erco-


lani) Medita, mangione!
ERCOLANI No, no, mi fai cadere il piatto!
LAZZARO (ipocrita) Un momento, cerchiamo di capirci sul si-
gnificato del suo impegno. Meditare significa infine accet-
tare. O sbaglio? Ora (indica Romano) lui impegna il suo
"Io" verso un fine che annulla il suo "Io"? Non lo conosce!
Sarebbe un suicidio, per lui.
ROMANO Sì, vorrei proprio morire, invece.
GLORIA Chi vuoi suicidarsi?
ERCOLANI Lui, Romano.
MARZIANO Ammettiamo che la soluzione ultima offerta all'u-
manità sia appunto il suicidio. È una ipotesi. Un suicidio
collettivo. Per mancanza di fede in qualcosa, in se stessa.
Credo che il nostro impegno sia di impedire appunto
questa assurda soluzione. Se vogliamo continuare a par-
lare di suicidio, bene, ma che sia un suicidio nella dire-
zione opposta, cioè alla ricerca del centro "nell'Io". No?
Ogni uomo sia il centro del "suo" universo. Chiamiamola
teoria del suicidio vitale. Un annullamento che è rinascita.

84/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


Champagne, prego.
AMALIA Io trovo che è meraviglioso.
ISABELLA Io, sola, mi sento infatti un universo. A voi non suc-
cede?
ROMANO Sì, e appena sei sola mi telefoni, per noia. Bugiardel-
la!
ISABELLA Presuntuoso e canaglia!
ROMANO (le fa il solletico) Civettuola!
ISABELLA Oh, no, il solletico, no! (Rovescia il suo piatto addos-
so al Marziano.)
GLORIA Sbadata, ma guarda che hai fatto!
ISABELLA Oh, perdono signor Kunt! La colpa è di questo genio
maleducato. Venga, venga, lo laviamo subito, l'accompa-
gno anch'io.
MARZIANO Non è nulla, vi prego.

Escono il Marziano, Isabella e Anna. Un silenzio.

ERCOLANI No, no, no...


ALESSIO Che devo dirvi? Siamo a corto di informazioni. La mia
può essere, anzi lo è senz'altro, presunzione. Ma io mi
domando, capisco Kant, capisco Hegel, perché non devo
capire questo marziano che, via, diciamolo pure, sarà una
degna persona, ma non è un genio? Non metto in dubbio
la sua sincerità. Sono perplesso.
ROMANO C'è una paginetta di Leopardi sugli stranieri. Leopar-
di, neanche lui era un genio, nel senso moderno, ma certe
cose le aveva capite. Dice, appunto: lo straniero fa sempre
un'ottima impressione, la prima volta, perché arriva con
una carica di novità, con un brio che è diverso dal nostro
e ci interessa. Poi, si scopre che è un cretino.
GLORIA Non direi che questo sia il caso di Kunt.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 85


AMALIA È un essere affascinante!
PATRIZIA Per giudicarlo, bisogna averlo conosciuto.
DIOMIRA A me piace quel suo modo sereno di guardare. È così
maschile. Dà il senso di una sicurezza nuova.
ERCOLANI Sicurezza! Voi non sapete che farvene della sicurez-
za, in un uomo. Voi avete bisogno di uomini deboli come
noi.
ROMANO Concludendo, mi consola sapere che non soltanto la
Terra è piena di cretini, ma anche l'universo. Lo sospetta-
vo da tempo. Dio è uguale per tutti. Io vado, debbo alzar-
mi presto, lavoro al nuovo romanzo.
ALESSIO Se penso che basterebbe un sonnifero. No, aspetta.
MASSIMO Volete sapere l'ultima sul marziano? Sta venendo?
No. Due sere fa, stavo a via Veneto, lui doveva essere in
un'automobile ferma, perché, camminando, mi avvicino a
due ragazze che stazionano sempre là, all'angolo, e vedo
che parlottano tra loro. Aguzzo l'orecchio. Una diceva:
"Vieni col marziano? E su, vieni!" L'altra sembrava nervo-
sa e seccata: "Io no, vacci tu. Io col marziano non ci vado."
AMALIA È enorme!
GLORIA Davvero?
ROMANO Bisognerebbe sapere se il rifiuto della ragazza era
dovuto a timore dell'ignoto, o soltanto a spirito di nazio-
nalismo. È noto che le prostitute sono conservatrici. L'ho
anche scritto.

Tutti ridono.

ALESSIO Bene, se ci mettiamo su questa strada, io vi dico: sa-


pete quanti film sono in preparazione sul marziano? Lo
so perché oggi mi trovavo da un produttore. Nove! Non
uno, nove!

86/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


Tutti ridono.

ERCOLANI Vi dirò di più. È in ribasso anche con le fotografie.


Erano arrivati a pagare un servizio tre milioni.
OLIVIERO È vero, è vero.
ERCOLANI Ieri parlavo con un tale, un fotografo, e mi ha detto
che il marziano, invitato all'aeroporto per accogliere
un'attrice americana – che, badate bene, aveva pagato
per questa pubblicità – è stato pregato da un paio di foto-
grafi di allontanarsi. Sembra infatti che se c'è lui, in una
fotografia, certe riviste illustrate non la comprano.
OLIVIERO È possibile!
MASSIMO Sì, una scena penosa. C'ero. "A marzià, te scanzi?" gli
dicevano. E lui, senza capire bene, agitava la testa e le
mani, salutando.
AMALIA Attenti, viene.

Rientrano il Marziano, Isabella e Anna.

MARZIANO Vogliamo bere su questo grazioso incidente? Ogni


macchia è stata tolta. Era del gateau à l'orange, e l'arancio
è un po' il simbolo di questo paese.
ROMANO Se adesso tiriamo fuori quel noioso di Goethe, me ne
vado davvero.
GLORIA Sì, beviamo! Versate!
LAZZARO E su Marte... su Marte, a che punto siamo con le teo-
rie estetiche?
MARZIANO C'è una sola arte: la Vita. Una sola bellezza: il Nulla.
LAZZARO Non dev'essere molto divertente. (Tutti ridono.) No,
perché ridete, ma guarda che mascalzoni! Mi scusi, i miei
amici sono disabituati alle discussioni serie e anche leg-
germente portati, con una punta di bontà, verso un'atten-
zione canagliesca. Ridono perché credono che io stia
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 87
scherzando.
MARZIANO Dalla finestra del bagno, un quartiere sordido, e un
cielo che non promette niente di buono.

Un silenzio.

ALESSIO Un paese assurdo, dove tutti giocano con la loro noia,


ma non è la pura noia dell'analfabeta, è la noia del gorilla
chiuso in gabbia. Nove film! Che mancanza di immagina-
zione, nella fantasia dei pulcinella. Il sesso e il ventre. E
tutto il resto, vuoto, nulla, gabbia! Io me ne vado.
GLORIA No, Alessio, resti ancora! Anna, che le succede, lei non
beve, è triste, non dice una parola.
ANNA Sono triste? Non credo. Ma lo divento, se mi dite che lo
sono.
ISABELLA Oh, cara, com'è vero!
GLORIA Cara, cara, Anna, dal viso melanconico di bambina re-
sponsabile.
ANNA Se mi ci fate pensare, divento triste. E piango.
GLORIA Facciamo qualche gioco? La verità? La torre?
ROMANO No, no, per favore! La Sfinge è sempre banale!
GLORIA Dentro o fuori?
TUTTI No, no, niente giochi.
LAZZARO C'è ancora gente a cui piace giocare? (Declama)
La donna è dentro? No, fu fatta fuori.
E il commendatore? È sempre dentro.
L'amore come va? E ancora dentro.
Sei stasera da me? No, ceno fuori.

Tutti ridono. Entrano Fabrizio e Adriano.

FABRIZIO Carissima Gloria, sono mortificato per il ritardo. In

88/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


compenso vi porto un amico, Adriano, veramente non è la
persona che si dovrebbe portare tra gente per bene,
chiudete l'argenteria. Carissima, ho letto cose sue bellis-
sime, toccanti, mi hanno commosso.
GLORIA Davvero? Ma non ci davamo del tu, caro?
FABRIZIO Ma certo, bella bambolona mia, vieni qua, fammi
sentire un poco. (L'abbraccia.) Come stai bene, tu sai che
mi turbi sempre.
GLORIA Oh, che furore. Fabrizio, vorrei presentarti...
FABRIZIO E tu cattiva Diomira, non mi vuoi più bene? Perché
mi guardi severamente?
DIOMIRA Fermo!
GLORIA Fabrizio, vorrei...
FABRIZIO No, Oliviero, non ti abbraccio, niente paura, mi sei
antipatico. Abbraccio questa, invece. Ecco la stella Isabel-
la, che viene nei miei sogni, verso l'alba, col suo passo di
gatta.
ISABELLA Niente carezze, ho ripreso a scrivere, non posso tur-
barmi.
FABRIZIO Bene, brava, scrivi! (Vede Anna.) Deliziosa e sconcer-
tante creatura! (L'abbraccia.) Quanto tempo, sei un'altra,
qualcosa di nuovo nei tuoi occhi, mi piaci di più. E ricordo
anche come ti chiami. Anna! Oh, Anna, sono maturo per il
totale abbandono. Sei sempre con quel missionario di
Fred Gomes?
GLORIA Fabrizio! Vorrei presentarti al signor Kunt, il fidanzato
di Anna.

Oliviero ride. Un silenzio.


FABRIZIO Ah, certo! II signor Kunt, lei? Bene, non so che cosa
dire. Ridete? Ho atteso tanto questo incontro, che ho pau-

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 89


ra di mettermi a balbettare. Mi scusi, certi momenti han-
no una loro magia, un loro significato, non voglio turbarli.
(Pausa.) Forse quest'ambiente frivolo non è il più adatto
per dirle che cosa è stata per noi la sua venuta quaggiù.
Grazie. Io sbaglio sempre tutto. Spero di diventare suo
amico.
MARZIANO Un amico?
FABRIZIO Di quante cose vorrei parlarle, ma non ora, non ora.
Spero che un giorno, tra un anno, tra due anni, con più
calma... che cosa fa domani, perché non stiamo insieme?
MARZIANO Domani parto e non so se avrò occasione di torna-
re in questa città. Il mistero di un occhio, un anno di di-
sperazione...
FABRIZIO Parte? Impossibile. Ma la capisco. Levarsi, togliersi
da una città quando diventa un'abitudine! L'abitudine uc-
cide la conoscenza. Sembra un paradosso.
MARZIANO Non lo è?
FABRIZIO O forse il segreto è guardare ogni giorno la stessa
realtà con occhi sempre nuovi, sempre accesi di amore?
ADRIANO Qui si parla ancora d'amore?

Stupore di tutti. Una pausa.

ANNA Perché è venuto, lei? Non doveva.


ADRIANO Sapevo di trovarti. Sono venuto per riprendere un
discorso che abbiamo lasciato a metà. Vieni con me?
ANNA (dopo un silenzio) Credo di sì.
ADRIANO Non ti offro un grande amore, ma un'imitazione da
quattro soldi, propria di quest'epoca senza amore. È tutto
quello che ho. Un pasticcio da farsi dove capita, da talpe,
scappando. Ho giù la macchina. Vieni?
ANNA Credo di sì. Mi offri troppo. Non posso rifiutarlo.

90/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


ADRIANO Aspetta, non ho finito, mi sono dato alla poesia an-
ch'io, come tuo padre. Stai a sentire:
Andiamo, donna, è tempo d'amare,
sul raccordo anulare.
La campagna ci attende, il cacciatore,
e il fido pastore.
Andiamo, donna, togliti il rossetto.
Offriti. Aspetto.

(Adriano e Anna si baciano.)


Così furtivo, il desiderio passa,
nell'uomo-massa.
TUTTI
Andate, amanti, è tempo d'amare
sul raccordo anulare!

Escono Anna e Adriano, di corsa. Emozione.

MARZIANO Anna! Anna! Adriano! Aspettatemi! Un silenzio.


ALESSIO Io vado.
ROMANO Anch'io.
MARZIANO No, restate. Conosco il suo carattere. Credo che sia
meglio bere alla sua felicità. La felicità di un momento,
l'unica che dura tutta la vita. (Beve.) Riprendiamo la con-
versazione. Parlavamo dell'abitudine del guardare le
stesse cose ogni giorno con occhi nuovi... O sbaglio?

Un silenzio.

ALESSIO Un paese brulicante di maschere, una società di ma-


schere, che suda sotto la sua maschera, ma non se la può
togliere, perché il suo volto è orribile, senza lineamenti,
liscio come un uovo! Alle due chiude il caffè, faccio ancora
in tempo, addio, addio.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 91


ROMANO Stia bene, Kunt, sono contento, ci vedremo. Anche da
noi, come vede, la vita di società ha questo di buffo, che
ognuno crede di recitarvi la parte principale.

Alessio e Romano escono. Un silenzio.

FABRIZIO Parlavamo dell'abitudine, sì.


AMALIA E di come può diventar vita.
MARZIANO Il mistero di un sasso. (Getta il bicchiere.) Oh, scu-
satemi. No, vi prego, non è niente, beviamo. Mara, Patri-
zia, qui. (Le abbraccia.)
GLORIA Sì, prendiamo le cose come vengono. Begli amici, Fa-
brizio, che mi porti in casa!
FABRIZIO Lo invidio, vorrei poterlo imitare! La donna d'altri! È
la sola cosa che mi turba. Ma una volta il rimorso veniva
dopo, adesso mi precede. E lo trovo là, che mi aspetta.

Musica: valzer o tango.

MARZIANO Brindiamo alla vita! Balliamo!


ISABELLA Brindiamo all'universo!
ERCOLANI La Terra mi basta, ma brindiamo!
OLIVIERO Massimo, ricordi la lettera anonima? La lettera di un
profeta! Oddio, oddio!
GLORIA Silenzio. Balliamo. Kunt, balliamo.

Tutti formano coppie.

MARZIANO Miriadi di ellissi fanno questo lavoro! Uno... due...


tre!
Al "tre" tutti ballano, facendo complicate figure, il
Marziano con allegro impegno.

Sipario.
92/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
Quadro Sesto

Due mesi dopo. Un giardino ai piedi di una antica tor-


re, sulla riva del mare. Un grande cancello oltre il
quale si vede la spiaggia, con capanni e barche. Arre-
damento marino, con divano a dondolo e poltrone di
vimini. È un pomeriggio di fine settembre. Entrano il
Marziano, in tenuta trasandata da mare, e Alvaro.

MARZIANO Vuoi sedersi? Sono subito da lei. (Entra in casa.)


ALVARO È la prima volta che parlo col marziano. Non è antipa-
tico. Mi trovavo sulla spiaggia, poco fa, e l'ho subito rico-
nosciuto. Eravamo noi due soli, eppure il mare di questa
stagione è così bello, rilassato, stanco dopo tanti bagni,
sembra più profondo. (Siede.) Guardava l'orizzonte e ogni
tanto si fermava a raccogliere una conchiglia, qualcuna se
ne metteva in tasca. Si è avvicinato per chiedermi un
fiammifero. Io ho fatto le viste di non conoscerlo, per non
offenderlo con la mia curiosità. È stato lui a dirmi, pun-
tandosi un dito sul petto: "Io, marziano." Ho finto un po'
la sorpresa. "Ah, davvero, come sono contento." Poi mi è
balenata l'idea di intervistarlo. Pensavo di mettere giù
un'intervista diversa dalle altre, un po' letteraria, ma... la-
sciamo perdere. Mi sembra indifeso, come certe persone
che mostrano un'età inferiore a quella che hanno. È alto,
e io le persone alte non le capisco. L'ho invitato a bere
qualcosa al chiosco. "No," ha detto, "sono io che invito,
andiamo a casa mia." Poveraccio, deve annoiarsi. Tra pa-
rentesi, ho anche fretta.

Entra il Marziano con un vassoio e serve da bere. Un

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 93


silenzio.

MARZIANO Non ho capito bene il suo nome.


ALVARO Alvaro Di Giovanni. (Pausa.) Si sta bene qui. Forse la
notte... ma il giorno dev'essere ridente.
MARZIANO Sì, abbastanza ridente. Beva.
ALVARO Non è la solita spiaggia. Ha un suo carattere.
MARZIANO Sì, ha un suo carattere. Che cosa fa, lei?
ALVARO Teoricamente, non faccio niente. Vivo ancora coi miei,
del resto sono figlio unico. Ho preso la laurea in lettere e
filosofia e adesso sono incerto se fare il concorso o met-
termi a scrivere.
MARZIANO Ah, scrivere. Scrittore. Lei ha molto tempo libero?
ALVARO Le dirò... A volte sì, a volte no. Leggo molto.
MARZIANO Io sto scrivendo un libro. Avrei proprio bisogno di
qualcuno, una persona seria, preparata, che mi dia una
mano, corregga qua e là, riveda la sintassi.
ALVARO Ah, un libro. Interessante.
MARZIANO Qualcosa tra il diario e la relazione di viaggio, ma
c'è anche un'appendice dedicata ai problemi urgenti
dell'Umanità. Il titolo è: Un marziano a Roma. Le piace?
ALVARO Le dirò... mi sembra un po' cronistico. Ma forse è me-
glio. Più chiaro. E quali problemi affronta, se è lecito?
MARZIANO Diciamone uno solo: l'emigrazione.
ALVARO È una cosa per specialisti. Dovrebbe consultare uno
specialista.
MARZIANO Beva. Ho studiato un piano per l'emigrazione di
massa dalla Terra.
ALVARO Interessante.
MARZIANO Con grandi aeronavi attrezzate allo scopo... dove

94/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


sono i miei appunti? (Cerca sul tavolo.) Ah, ecco. Con una
sola di queste aeronavi io posso fare... trenta diviso sei,
cinque... cinque per dodici, sessanta... sessanta viaggi
l'anno. Ogni viaggio, cinquecento persone, sessanta per
cinquecento... trentamila. Cento aeronavi: tre milioni di
persone l'anno. Poco?
ALVARO No, anzi. E questi tre milioni di persone le porta su
Marte?
MARZIANO Assurdo, no? (Ride.) Bisognerebbe studiare i parti-
colari, l'organizzazione, un lavoro immenso, di anni. Per il
momento inutile pensarci. Sì, è uno stupido progetto,
perché gli uomini non vorranno mai saperne di lasciare la
Terra.
ALVARO Ci sono pregiudizi molto radicati. Forse, col tempo...
MARZIANO Eppure, ha mai pensato lei, Di Giovanni, che la Ter-
ra potrebbe essere l'inferno di un altro pianeta?
ALVARO Francamente, non ci ho mai pensato.
MARZIANO Lei è giovane. A cinquant'anni troverà difficilmente
un'altra teoria per giustificare questo pianeta.
ALVARO Conto molto sull'abitudine. (Ride.)
MARZIANO Lei ama il suo prossimo?
ALVARO Le dirò... non come me stesso, ma in generale. Se ci
penso bene, lo amo.
MARZIANO Stavo pensando che amare il prossimo, in fondo, è
la forma più raffinata di disprezzo verso il prossimo. Lo si
ama! Si ammette che non si può fare altro che amarlo e
che per tutto il resto è inutilizzabile. Mi aiuta per il mio
libro? Mi dia il suo numero di telefono, le dispiace?
ALVARO Mi dia lei il suo, io non ho telefono. L'abbiamo tolto,
mia madre non può sentire lo squillo, è un po' ansiosa. Sa,
è meridionale.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 95


MARZIANO Neanch'io ho telefono. Ma lei può telefonare al
chiosco e chiedere di me. Mi avvisano subito. Beva. (Pau-
sa.) E che cosa sta leggendo di bello?
ALVARO Sto leggendo tutto Shakespeare.
MARZIANO Le piace?
ALVARO Le dirò... è un po' troppo drammatico. Ogni tanto
qualcuno entra e suona una tromba.

Breve silenzio, poi squillo di tromba modulato di


un'automobile. Sorpresa.

FABRIZIO (al cancello) Kunt! Disturbo? Ehilà, come va carissi-


mo Kunt?
MARZIANO Fabrizio carissimo!
FABRIZIO Come stai bene, sembri un altro, ho un sacco di cose
da dirti. Però non vogliamo disturbarti, devi scrivere? Un
momentino solo, siamo di passaggio. (Ad Alvaro) Ma tu
sei sempre tra i piedi! Hai una sigaretta? Volevo dirti,
Kunt, c'è anche Anna.

Entrano Nardone, Anna, Graziella e Young. Anna e


Graziella sono vestite da schiave egiziane, Young da
centurione romano, ma tutti sobriamente, senza om-
bra di caricatura né ridicoli copricapi.

MARZIANO Avanti, vi ringrazio della visita. Ciao, Anna.


FABRIZIO Sono stato con Nardone qui a Fossoscuro dove gira-
no quel film e siamo venuti a trovarti. Nardone voleva
conoscerti, è un amico. Questo è Young, bello ma di una
stupidaggine incredibile, parla pure chiaro, tanto non ca-
pisce una parola d'italiano. E questa è Graziella, buona e
bella, col cuore a ciambella!
GRAZIELLA Non puoi parlare senza toccarmi?
FABRIZIO Voglio farti capire tutto, perché tu hai una testolina
96/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
bizzarra, e non afferri le allusioni. Kunt ti invidio! C'è uno
scoramento, una felicità calma nel cielo, ma guardate il
colore, tutto liquido. Facciamo un salto sulla spiaggia?
MARZIANO Non volete bere?
NARDONE Io vorrei, se possibile, parlare al dottore di quella
cosa.
FABRIZIO (ipocrita) Che cosa? Io vado in casa a vedere, per-
metti Kunt, se trovo un biscotto, ho fame, vieni Graziella,
ho una grande sorpresa per te.
GRAZIELLA La conosco. Non è tanto grande.
FABRIZIO E nemmeno una sorpresa... (Esce.)
MARZIANO Anna, siedi. Lo scrittore Di Giovanni. E lei? Che de-
ve dirmi?
NARDONE (Si concentra, poi) Se lei mi toglie la speranza, dot-
tore, che cosa mi succede? Io mi uccido. Perché io ho bi-
sogno di speranza come ho bisogno del pane, tutti hanno
bisogno di speranza. A chi deve parlare l'arte del nostro
tempo? Alla folla. Non è vero? Invento, forse? E la folla,
dottore, ha un solo occhio. Il nostro. Quel piccolo occhio
di cristallo che abbraccia i sentimenti e le passioni, le
gioie e i dolori, in una parola: la VITA. Io dico al poeta:
guardami negli occhi, FESSO, perché io e te siamo la Folla
e dobbiamo capirci. Il poeta si nasconde? Ma anche lo
struzzo si nasconde! E con ciò? Dov'è l'arte? Dov'è la poe-
sia? E dove va a farsi fottere la SPERANZA? (Pausa.) Ieri
viene da me Fabrizio e, così parlando, mi dice: Perché
non fai un film sul marziano? Ma non devi farlo serio, il
marziano è solo uno spunto, tu lo fai comico! Ho detto
comico? Divertente, umano, poetico! Bene, questa per me
è un'idea. Guardami negli occhi, Kunt. Non mi abbracci?
Tutto è pronto, voglio soltanto firmare con te.
MARZIANO Con me? Non capisco.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 97


NARDONE Tu devi fare una parte nel film. Questa è l'idea! (Si-
lenzio. Il Marziano si irrigidisce. Rientra Fabrizio.) Tu mi
dici la cifra e io accetto.
FABRIZIO Hai sistemato davvero bene dentro, c'è un calore di
famiglia, io ci verrei a lavorare. Facciamo una corsa alla
spiaggia, questo è il momento d'oro, quando la sabbia
comincia a diventare fredda e le ombre si allungano.
NARDONE Ho parlato al dottore della nostra idea. Parla anche
tu.
FABRIZIO (ipocrita) Che idea? Sì, dicevo, in generale, ogni idea
può diventare interessante se a sostenerla c'è una realtà
evidente, diciamo controllabile.
NARDONE No. Un personaggio. Un famoso personaggio! La
poesia che si compenetra della cronaca e la fa lievitare!
L'hai detto tu!
FABRIZIO Io? L'ho detto?
MARZIANO (grida) Lasciatemi in pace! (Un silenzio.) Ho grida-
to, scusatemi, non volevo gridare.
Un silenzio.

FABRIZIO Andiamo un po' sulla spiaggia? Vieni anche tu, Kunt.


MARZIANO Sono un po' stanco, andate.
FABRIZIO Passiamo dopo a salutarti. Devo dirti molte cose.
ALVARO Non vorrei perdere la corriera. Arrivederla, signor
Kunt, e grazie.
MARZIANO Oh, lei, grazie. Mi telefoni, al chiosco. Quando? Do-
podomani?
ALVARO Uno di questi giorni.
FABRIZIO Stammi vicino, Graziella, che ti spiego tutto il mare.
Vedi, il mare è quella cosa piena d'acqua...

98/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


Escono tutti, meno Anna e il Marziano. Un lungo si-
lenzio, impacciato.

MARZIANO Mi fa piacere vederti. Sono quasi due mesi.


ANNA Sì, due mesi. Stai bene, qui. Forse la notte è un po' cupa,
se non c'è la luna, ma il giorno dev'essere bello.
MARZIANO Sì, abbastanza bello. Bevi?
ANNA Mi piace perché non è la solita spiaggia piena di gente.
MARZIANO Sì, è piuttosto deserta. (Pausa.) E tu, che cosa fai?
ANNA Lo vedi. Per mangiare. Non ho nessuna ambizione. Mi
chiamo Afté e dico due battute. La prima è: "Ma questo il
Faraone non lo permetterà mai." La seconda è: "Guardalo,
padroncina, è bello come il Dio Api." L'importante è an-
dare avanti e finire, non ho nessuna ambizione, come in
carcere quando ti danno un solo foglio per scrivere una
lettera, tu sbagli, vorresti ricominciare, ma vai avanti,
tanto è inutile farsi capire. Io vorrei ricominciare daccapo
e invece vado avanti.
MARZIANO Sei stata in carcere?
ANNA Pochissimo... (Pausa.) Anni fa. (Pausa.) Ho lasciato
Adriano. Anzi, mi ha lasciata lui, dopo due settimane, per-
ché cominciava a volermi bene. Dice che nella vita biso-
gna avere una sola valigia, non possedere altro, essere li-
beri di partire senza dover avvisare nessuno, altrimenti è
inutile partire.
MARZIANO E come hai vissuto, dopo? Fred?
ANNA No, è sparito. Ora che ci penso: che non sia dentro? No,
m'avrebbe scritto.
MARZIANO Quel signore del cinema?
ANNA No, adesso c'è Young. Diceva Adriano che Young è l'uni-
co uomo che non dice mai sciocchezze, ma che le pensa
sempre. Il suo corpo però è intelligente.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 99


MARZIANO Una sola valigia, dici? Adriano ha ragione, il mio
torto è di averlo sottovalutato. Io ho una valigia. E tutto il
resto potrei lasciarlo senza rimpianti. Ricordi quel pro-
getto di viaggi? Non devo avvertire nessuno, quindi il
viaggio può essere utile. Ci penso ancora. (Una pausa.)
Verresti con me?
ANNA Tu sai bene che all'ultimo momento non partirai.
MARZIANO No. Bisognava arrivare a questo punto. Quell'orri-
do uomo che vuoi pagarmi per... Tu, il mio fiore, la mia
sciagurata speranza, che ti vai imbrattando nei letti sco-
nosciuti. Andiamo via, Anna. Vedi, io vivo un giorno alla
volta, non riesco a mettere insieme due giorni. Con te, sa-
rebbe differente. Vado a prendere la valigia! (Entra in ca-
sa di corsa.)

Un silenzio.

ANNA (pensosa) Ma questo il Faraone non lo permetterà mai.

Ritorna il Marziano con una valigia.

MARZIANO Lascerò le chiavi al chiosco, avvertirò il proprieta-


rio della... No, non avverto nessuno. Nemmeno le ragazze.
ANNA Tra poco scenderà la sera. La notte è fredda. Vuoi pro-
prio partire, o non sarà meglio rinviare a domani?

Un silenzio.

MARZIANO Che significa domani? La notte! È vero, le nuvole


laggiù diventano un lungo telone, il sole si copre la faccia
prima di tramontare come quegli antichi senatori rag-
giunti dai sicari. È orribile, la notte.
Una pausa. Poi declamano:
Il lamento del tramonto e degli anni.

100/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


MARZIANO
S'oscura il mare, vedi? La fredda notte s'appressa.
Troveremo il nepente, la pace ai nostri affanni?
ANNA
Torniamo indietro, caro, la fine non m'interessa.
MARZIANO
Gli anni, uno alla volta, saltano e vanno via.
E, da fedeli amici, diventano poveri inganni.
ANNA
Gli anni non hanno fretta, prova a mandarli via.
MARZIANO
Tutto è un inganno, amore, anche la mia verità,
anche quella dolcezza che provai sul tuo seno.
ANNA
Il naufragio consola di ogni mediocrità.
Viene la notte fonda, guarda il cielo sereno.

Un silenzio. Il Marziano beve. Entrano Fabrizio, Nar-


done, Graziella, Young.

FABRIZIO C'è un reattore, su in alto, una punta di spillo, che di-


videva il cielo in due, esattamente, col gesso, come un
bambino. Ah! Io non posso pensare di tornare in città. E
questa torre? Non è la torre della figlia del re? "In mezzo
al mare un'isola c'è / e vi comanda la figlia del re." Venite
a vederla dentro. E poi diciamo che la realtà non è favola.
Tu, Kunt, farai grandi cose, in questa solitudine. Alle cose
fatte senza il tempo e la solitudine non ci credo. Possiamo
entrare?
MARZIANO Vi prego. Le ragazze sono andate a Roma, oggi, non
ho nemmeno riordinato.
GRAZIELLA Anche la mia zia aveva una casetta così. Però in
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 101
montagna.
FABRIZIO Sei la solita intellettuale. Anna, vieni! Come on,
Young!

Escono Fabrizio, Graziella, Anna e Young.

MARZIANO Volevo dirle. Mi dispiace di aver perso la calma,


prima.
NARDONE Io la capisco, le voglio anche bene. Non volevo pro-
prio offenderla.
MARZIANO Non mi ha offeso. Sono un po' stanco. Ne riparle-
remo, ma non oggi. Beva.
NARDONE Verrò a trovarla col mio avvocato. (Pausa.) Si sta
bene, qui. Io la notte preferisco la città, ma il giorno qui,
francamente...
MARZIANO Sì, il giorno è abbastanza...
NARDONE Io non posso soffrire le spiagge affollate. Questa non
è affollata.
MARZIANO Sì, ha questo di buono, che è quasi deserta.
NARDONE Una torre così, è un'idea.
MARZIANO Sì, è comoda, non impegnativa.
NARDONE E poi ha un suo carattere.
MARZIANO Un suo carattere.

Rientrano Fabrizio e Graziella.

FABRIZIO Sono sempre più entusiasta. Quando partirai, Kunt,


la prendo io questa torre.
GRAZIELLA Io la dipingerei tutta di rosa.
MARZIANO Bevete!

Bevono, in silenzio. Il Marziano guarda verso la torre,

102/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


ansioso. Di scatto corre in casa. Trambusto, grida.
Dalla torre esce correndo Young, inseguito dal Mar-
ziano, che brandisce la spada di legno del centurione.
Emozione. Grida.

YOUNG No, no, Fabris, Nardona! Help!

Il Marziano lo raggiunge e colpisce. Viene trattenuto.


Confusione. Young si tampona un orecchio.

FABRIZIO Ti scongiuro, Kunt, non facciamo pazzie!


NARDONE Calma, vi prego Kunt, calma! Young, non è niente,
un equivoco. Fai vedere l'orecchio, solo uno sgraffio, ne
vorrei di questi sgraffi! Niente di grave. Un po' d'alcool,
ecco mettici il cognac. (Il Marziano tace, annichilito.) Per
favore non perdiamo lo stile, siamo tre gentiluomini, non
ingrandiamo un incidente ridicolo, e tu, Poeta, sorridi!
Parlo io a Young, tutto si accomoda. L'essenziale è colla-
borare!
FABRIZIO Ma certo, tutto s'accomoda, non è niente, la stan-
chezza, i nervi, anch'io sono nervoso. L'aria marina. Kunt,
ti dispiace? La spada. (La rimette nel fodero alla cintura di
Young.)

Un silenzio.

NARDONE Noi andiamo, dottore. Mi farò vivo. Sono proprio


contento.

Escono Nardone, Young e Graziella. Sulla porta della


torre appare Anna. Si avvia verso il cancello.

FABRIZIO Va', Anna, io resto. Andate.


ANNA Adriano diceva che era condannato alla pena di vivere,
perché gli avevano respinto la grazia. Ognuno gioca con
quel che ha. Adriano, tu, con la disperazione, io... Ciao,

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 103


Kunt. Perdoniamoci. (Esce.)

Tromba di automobile. Un silenzio.

FABRIZIO Strana, Anna, come tutte le donne, dei resto. Chi riu-
scirà mai a capirne una? Ma è poi necessario? O non è
meglio restare sulla soglia di un mistero e immaginarlo
immenso? Sediamoci. (Siedono sul divano a dondolo. Pau-
sa.) È imprudente, inutile cercare la verità in fondo a que-
ste cose. La donna mi attira e mi spaventa sempre, come
una jungla dalla quale non sai se ritorni vivo. Sabbie mo-
bili, pantere, fiori stupendi e mortali. Quando ti amano è
peggio. Nel loro amore c'è la minaccia celata, il veleno che
agirà dopo. Vogliono ucciderti, questo è il loro scopo. Una
donna una volta mi amava a tal punto che io presi l'aero-
plano per raggiungerla e lei mi disse: "Ho pregato tutta la
notte che l'aeroplano cadesse." Aveva ragione. Mi amava!
Nell'amicizia, questo non succede. Io e te possiamo voler-
ci bene, ma senti sempre che c'è rispetto, un desiderare
l'uno la gioia dell'altro. Ho la febbre? Senti un po' se scot-
to, dammi la mano. Sulla fronte.
MARZIANO No, non hai febbre.
FABRIZIO Nell'amore c'è qualcosa di umido, di viscerale, di
conturbante. Ti senti preso, offeso, umiliato, aneli alla pa-
ce e vuoi che il supplizio continui, tremi che possa finire,
all'idea del vuoto che seguirà. Nella amicizia, come tutto è
chiaro, cristallino, come scalda! È un giorno di vacanza, il
piacere delle mute confessioni, di una solidarietà che non
chiede sacrifici. Si sta bene, qui, la notte dev'essere anche
meglio del giorno.
MARZIANO Sì, la notte.
FABRIZIO La spiaggia si popola di ombre, di voci.
MARZIANO Sì, un deserto diverso. Un deserto incomprensibi-
le... Un calabrone stanotte è entrato nella mia stanza, è

104/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


andato a battere velocemente contro la lampada, le pare-
ti, i mobili. Il rumore secco delle sue zuccate faceva crepi-
tare il silenzio. Dopo un po' si è acquattato per riprendere
forze, ha ricominciato contro la lampada, le pareti, i vetri,
e daccapo la lampada. Infine è caduto sul tavolo, zampe
all'aria, annaspava, e stamattina era ancora lì, secco, leg-
gero, morto. Non ha capito niente, ma non si può dire che
non abbia tentato... Vuoi restare a cena con me?
FABRIZIO Sì, volentieri.
MARZIANO Con la corriera delle otto torneranno Mara e Patri-
zia. Non ti danno fastidio?
FABRIZIO Mara e Patrizia? No, affatto. Io non voglio tornare in
città. Care ragazze, Mara e Patrizia. (Pausa.) Se non ti
scomoda troppo, resto anche a dormire. E domani fac-
ciamo il bagno. Abbandonarsi alla passione, rifiutarla?
Tentare di classificarla? Sono tutte uguali, le passioni.
Come si sta bene qui. La sera scende, una rugiada sui sen-
si... (Fa dondolare piano il divano.) Sei sicuro che non ho
la febbre? Stringimi la mano. Scotto?
MARZIANO Perché tanta tenacia, quale oscura follia lo spinge-
va?
FABRIZIO Chi?
MARZIANO Quel calabrone... No, non scotti. (Pausa.) Dal dolore
nasce il rifiuto e la geometria del nulla. Linee da percor-
rere, angoli e linee, e ancora angoli amari. Il sole annoia,
si cade in un pozzo e, quando il volo già piace, ecco il ton-
fo.
FABRIZIO Che silenzio, si sente il primo grillo. Quando hai det-
to che tornano Mara e Patrizia? Ah, questo è un momento
felice. Non trovi? Che fai, chiudi gli occhi? II vento è cala-
to. Appoggiati pure alla mia spalla. Guarda... La luna!

Un silenzio. Il divano dondola. Sipario.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 105


Quadro Settimo

Una tiepida notte di fine dicembre. Lo stesso luogo del


primo quadro, ornato di festoni natalizi. Sui vari piani
della scena, sedie e tavolini da caffè, vuoti, tra i quali
passano signori e signore, giovinastri, ragazze. Un
cameriere in marsina viene ogni tanto a controllare.
Un solo tavolo di proscenio è occupato da Adriano –
che legge un libro volgendo le spalle agli altri tavoli –
e da Orlando, Amalia e Oliviero. Tutti i personaggi in
scena cantano:
La canzone delle 52 settimane.

I.
Il lunedì mi riposo,
martedì non comincio mai niente,
mercoledì, che giorno noioso...
Muoversi, giovedì, chi se la sente?
Mi dici: Facciamo qualcosa.
Che cosa — ti dico — facciamo?
Muoviamoci — dici — su, andiamo...
Ma dove? — ti dico. — Calmiamoci.
Andare, levarsi? E fare
che cosa? Tu dici: Qualcosa!
Alziamoci, almeno proviamo — tu dici.
Io dico: Calmiamoci.

II.
Il venerdì sono superstizioso.
Di sabato non si combina niente.
La domenica è giorno di riposo.
Il calendario non è divertente.
Partire? E come? E fare

106/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


che cosa? Se tutto è già fatto!
Tu dici? Io dico: Nel letto tornare.
Tu dici: Perfetto.
Ma gli anni – tu dici – che passano...
Gli anni, va bene, è finita.
Svegliamoci – dici – Che vita!
Io dico: Ma no, addormentiamoci.

Un silenzio. Riprende il viavai.

ORLANDO Ma non sentite che caldo, stasera, eppure siamo già


a Capodanno. Voi che cosa fate per Capodanno?
OLIVIERO Non parlare sempre di feste, sono nauseanti.
ORLANDO Lo dici a me? Io le odio! Il Natale a Stoccolma è tutto
diverso; intanto fa freddo e la gente sa divertirsi. Roma
ha un clima infernale e la gente si annoia.
AMALIA Chissà come passa le feste il marziano.
OLIVIERO Il marziano! Ma non sapete?
ORLANDO (ride) No, no, racconta.
OLIVIERO Sembra dunque che ha fatto amicizia con un giovi-
nastro, un attorucolo, e che vive nella preoccupazione di
apparire politicamente ortodosso agli occhi dei suoi
complanetari, che certamente lo sorvegliano, coi mezzi
che posseggono loro e di cui a noi non ci frega niente.
Dunque, sembra che il marziano, adesso abita qui dietro,
un giorno, dopo essere rimasto nella sua stanza con que-
sto giovinastro si è levato in piedi e, proprio con l'aria di
chi si rivolge a un ascoltatore invisibile, oddio, oddio,
avrebbe detto ad alta voce, scandendo bene le parole:
"Ma tu perché non vieni a vivere su Marte, paese della ve-
ra democrazia?" Oddio, oddio, non è bella?
ORLANDO Ma no, questa è enorme! Ah, ah!
AMALIA Io trovo che è commovente, mi fa piangere. Ha sentito,
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 107
Adriano?
ADRIANO No.
ORLANDO Sembra che gli hanno sequestrato l'aeronave. I for-
nitori, i debiti.
OLIVIERO Bene, io non rido più. (Ride.) No, no. Ieri Alessio mi
ha fatto ridere tutto il giorno. Si parlava delle cose italia-
ne e ha avuto una battuta geniale. "Ma per quale ragione,"
ha detto, "per quale ragione sarebbe dovuto scendere
proprio qui? Io dico che non c'è venuto di proposito, c'è
cascato." Oddio, oddio! (Serio.) Tutta la sera non ho fatto
che ridere, ripensandoci. Cascato!
ADRIANO Il marziano è un caso tipico di idolatria dell'ignoto e
finirà linciato. Non parliamone, vi prego.

Fred attraversa la scena. È molto cambiato, ha gli oc-


chiali, veste male. Entra il re d'Arcadia in marsina e al
braccio di una signora vistosa, seguito da due guardie
del corpo.

ORLANDO Il re d'Arcadia! Simpatico, come porta bene il suo


esilio.

Musica. Il re d'Arcadia canta:


La città dormiente.

RE D'ARCADIA
L'Oriente ha un suo mistero profondo
che l'Occidente non ha – non ha.
Una donna è venuta al mondo,
per dare un mistero alla vanità.
Così fondo è il mistero
di una donna d'Oriente,
così vago, insincero,
così dolce e indolente!

108/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


L'uomo che scende in questo mare,
non torna – non torna a navigare.
Una città è una donna di pietra,
ti scalda ma sangue non ha – non ha.
E resta una statua di pietra
che ti schiaccia mentre si dà.
Così fondo è il piacere
di una città dormiente!
Ha le pose lubriche e severe
di una donna d'Oriente.
L'uomo che scende in questo mare
non torna – non torna a navigare.

(Esce col seguito.)

Amalia e Oliviero si alzano e si avviano.

ORLANDO Mi accompagnate a casa? O andiamo in un night?


Cerchiamo di divertirci, ciao Adriano, aspettatemi, voi!
Oliviero, ma è appena l'una, dove andiamo?

Escono. Entra il Marziano, esita, siede a un tavolo


centrale. È molto cambiato. Indossa un duffel-coat,
appare stanco. Adriano, che gli volge le spalle, non si
accorge di lui.

MARZIANO Eccoci qua, tra poco la fine e già la soluzione sem-


bra ovvia, inutile come lo stesso problema. Nella vita con-
tano i fatti della giovinezza, e i pensieri dell'età di mezzo,
ma niente sostituisce la gioia di scoprire la vita giorno
per giorno e di sapersi forte. Viviamo o ci sembra di vive-
re? Ora la stanchezza si insinua come un ladro in una casa
deserta. Che guaio. Ora l'amore è fastidio, il vivere una
certezza che peggiora, il sonno un agitarsi tra larve senza
luce, e il giorno arriva, per ricominciare tutto daccapo.
Dovrei rivedere i miei appunti. Mah, siamo al punto che
anche scrivere è già stato fatto, tuttavia vediamo... (Scrive

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 109


su un taccuino.) "I pensieri si mangiano tutto il raccolto."
Sì, non è male. "Oggi il cretino è specializzato." Che cosa
vorrà dire, mah, scriviamolo lo stesso. (Entra Fabrizio,
frettoloso.) Fabrizio, carissimo, vieni!
FABRIZIO Ciao, Kunt. Non posso sedermi, ho una persona che
mi aspetta, che ore sono, l'una e un quarto, ma sono con-
tento di vederti. Che fai? Scrivi? Bravo, un giorno mi farai
leggere. Come va?
MARZIANO Benissimo, vedi.
FABRIZIO Malissimo, vuoi dire? Mi dispiace. Non puoi aspetta-
re domani?
MARZIANO Ma non ho chiesto niente, solo un saluto. Siedi.
FABRIZIO Un momento, Kunt. (Va verso Adriano.) Ciao, caris-
simo Adriano, vedo che finalmente hai imparato a legge-
re. Una vittoria morale. Senti, dimentichiamo il passato,
sotto il triste aspetto economico, devo partire assoluta-
mente, mi servono cinquantamila lire. Quaranta. Trenta.
Guarda, che sotto venticinque non scendo, non farti illu-
sioni. Perché non rispondi? Mi porti il broncio, non mi
ami più? Venti? Sembriamo due clown. Su, Giacomino,
venti! Oh, Toni!
ADRIANO Diecimila. Non ho altro.
FABRIZIO Sono molto deluso. Grazie comunque, Adrianuccio,
scappo, ho un appuntamento. Un bacetto? Domani ti tele-
fono, pensami. (Torna verso il Marziano.) Ecco Kunt, ti ba-
stano cinque?
MARZIANO Ma sei sempre il caro adorabile amico! Grazie.
FABRIZIO Io scappo. Bello il Natale, vero? Che aria di festa di
bambini, e anche questo caldo irragionevole, confortante,
che ti assolve, così doveva essere il Natale a Betlemme,
un Natale con i palloncini e il castagnaccio, e la gente che
fa confusione, i pastori abruzzesi... Ciao, ciao, ciao. Tele-

110/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


fonami! (Bacia il Marziano ed esce.)

Entra Fred, vede il Marziano, va al suo tavolo, felice.

FRED Dottore... cercavo proprio di lei. Sono passato, prima.


MARZIANO Sieda, Fred. Quanto tempo! Ho saputo che lei è sta-
to fuori.
FRED Sì, ho viaggiato un po'. Riparto domani e volevo salutarla.
MARZIANO Organizza qualcosa? Un balletto? Le sue mille atti-
vità!
FRED No, vado in giro. Non posso vedermici, fermo. Così, viag-
gio.
MARZIANO Viaggia? Nel Sud?
FRED Anche. Sono stato in un'isola, uno scoglio, giù, un mese e
mezzo. Non c'era niente, ma è difficile spiegare. Qualche
vecchio, bambini, cani. Mi annoiavo? No. Sono tornato, ho
venduto la macchina e riparto. Chiudo un periodo. Sto
meglio, mi sembra di aver trovato una certa calma e allo-
ra ho detto: seguitiamo. Ho anche ripreso un po' i vecchi
studi, leggo...
MARZIANO Che studi? (Pausa.) È vero che lei da giovane voleva
fare il missionario?
FRED (sorride) Una delle tante idee. Sì, un anno di seminario,
poi niente. Chi glielo ha detto?
MARZIANO Anna, credo. O Fabrizio.
FRED Da ridere, no? Un ragazzo. Mi piaceva l'Africa, l'idea di
viaggiare, di convincere... Fissare la gente negli occhi e
convincere. Poi, niente, un bel giorno piantai lì.
MARZIANO A volte si cambia idea.
FRED No, io impazzivo. (Pensoso.) Cercavo la Causa prima.
MARZIANO La Causa prima?

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 111


FRED Succede, nei giovani. Così piantai tutto e cominciai a bal-
lare. Poi feci il venditore di automobili, l'attore e l'ipno-
tizzatore. Ah, ma perché rivanghiamo? (Pausa.) Dicevo:
siamo nati già morti, siamo granelli di sabbia nell'univer-
so, che è morto anche lui: che senso ha tutto questo im-
broglio? Chi lo muove? Chi ha interesse? Abbiamo un
bell'alzarci sulla punta dei piedi... i nostri capelli sono già
contati, contati e morti. Non avevo la forza di continuare,
e neanche l'intelligenza. La sproporzione era tra la mia
intelligenza e i problemi. Ma a che dovrebbe servire l'in-
telligenza se non a capire proprio che non serve? Se sba-
glio, mi corregga. Una sigaretta? (Pausa.) È strano, a ri-
cordarli, quei giorni, la mia pazzia... non crede che la cosa
che io cercavo era proprio dentro di me e si muoveva in
quel senso, giù, fino in fondo? Ero un morto che portava
un vivo. Lo sono anche adesso, ma è consolante saperlo,
perché... (Pausa.) E lei?

Entrano Ercolani, Alessio, Bellario e Lazzaro. Siedono


all'altro tavolo di proscenio.

MARZIANO (rigido) Parte domani, professore? Dove va?


FRED Ho tutto il tempo per pensarci. (Pausa.) Anna, sta bene?
Mara? Patrizia?
MARZIANO Non le ha viste? Sono sempre da queste parti. Anna
è a casa, credo.
FRED Me le saluti tanto. (Sospira.) Insomma, abbiamo passato
dei bei momenti, insieme. Quei giorni... io me li ricordo, in
fondo devo tutto a lei, dottore. Grazie. (È commosso.) Io
penso spesso a lei, sa?
MARZIANO Vattene, Fred. Buon viaggio. Vattene!

Fred esita e sorride, sorpreso, poi va via rapido e di-


gnitoso. Un silenzio.

112/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


ERCOLANI C'è il marziano, vi prego non cominciate.
LAZZARO Dicono che sta scrivendo un libro.
ALESSIO Un libro. Roma è piena di sciagurati che scrivono un
libro. Invece di comprarli e di leggerli, che farebbero me-
glio.
LAZZARO (al Marziano) Buonasera. Come va? Allora, che noti-
zie ci dà di questo suo libro di cui si parla tanto? Vedo lì
un taccuino.
MARZIANO Questo? Sì, prendo qualche appunto.
LAZZARO Appunti? Il signore prende appunti, avete sentito?
Interessante. Non pensa di pubblicarli? Io potrei aiutarla,
se crede.
MARZIANO Sono semplici appunti.
LAZZARO Mi faccia vedere. (Si alza, prende il taccuino.) Posso?
(Il Marziano non risponde, è disfatto.) Vedo, vedo. State a
sentire, lei permette? Sono riflessioni, pensieri. "Felici gli
antichi che credevano il cielo a tremila metri, e tenevano i
loro Dei su un monte alto meno di tremila metri. È l'Infi-
nito che ci distrae." Bello! Che monte era? Il Gran Sasso?
ALESSIO Ma che bambino questo Lazzaro.
LAZZARO Ah, l'Olimpo. La memoria! Senti, Ercolani, questo è
per te: "Quando la vanità si placa, l'uomo è pronto a mo-
rire e comincia a pensarci." Preparati!
ERCOLANI Sono ancora vanitosissimo! Ma il pensiero è pro-
fondo, mi piace.
BELLARIO Siamo sul piano di Pascal.
LAZZARO "Un gatto fa quello che io vorrei fare, ma con meno
letteratura." Delizioso. Veramente. "3 ottobre. Oggi sulla
spiaggia deserta un giovane e una ragazza che giocano a
lanciarsi una palla. Corpi pieni di grazia, quasi nudi" oh!
oh! "vascolari. Dare, se possibile, la purezza di questo

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 113


spettacolo senza turbamento." Qui ci scappa il racconto.
O una poesia.
ALESSIO Per favore, è diventato impossibile venire al caffè.
LAZZARO Tieni, leggi tu, Alessio.
ALESSIO Preferirei di no. (Prende il taccuino.) Non ci vedo be-
ne. "Conosci te stesso. Dopodiché ti diventerà impossibile
vivere con te stesso." Qui andiamo in profondità. Com-
plimenti.

Il Marziano non ascolta. Entra Anna e va al suo tavo-


lo, senza sedersi.

ANNA Ciao. Non prendi troppo freddo? Hai la sciarpa, almeno?


MARZIANO Siedi, sta qui, non fa freddo. Siedi.
ANNA (siede) Devo andare. Se hai fame, nella ghiacciaia c'è il
bollito. Ci sono anche le uova e il formaggio. Vino ce n'è
poco. Non ci ho pensato. Mi perdoni?
MARZIANO Non ho fame, ma forse più tardi. Devo lavorare
stanotte.
ANNA Comunque, non aspettarmi. (Gli fa una carezza.) Ha tele-
fonato un tale, ma non ho capito bene il nome. Ritelefona
domattina. Dice che deve vederti. Insisteva... Che cielo, le
nuvole non somigliano a niente, sembra una coperta. To'
una stella, una stella rossa. (Il Marziano guarda il cielo. Un
silenzio.) Gennaio, febbraio, e poi anche l'inverno sarà fi-
nito. Povero inverno. (Si alza.) Ciao, amore. Ah, ricordati
di lasciare fuori il gatto.
MARZIANO Ciao, ti aspetterò. Buonanotte.
ANNA Buonanotte. (Esce.)
ALESSIO Anche questo non va male, è azzeccato, mi sembra.
"Condannato alla pena di vivere. La grazia, respinta..." "Il
successo si paga con lo spogliarello." Ah, spiritoso!

114/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


Adriano volge il capo, un attimo, e vede il Marziano.
MARZIANO Datemi quel taccuino, per favore.
LAZZARO Ancora uno, questo: "Che fanno i leoni aspettando il
domatore? Ripassano la parte." Acuto, fine.
ALESSIO Una certa finezza, sì.
MARZIANO (sfinito) Il taccuino, prego.
LAZZARO Ecco, grazie. Complimenti.

Passano tre Giovinastri, uno dei quali ha una tromba.

PRIMO GIOVINASTRO Aoh! Er marziano. Guarda.


SECONDO GIOVINASTRO Pija er fresco, sotto le feste.
TERZO GIOVINASTRO Quant'è buffo. Me fa ride.
PRIMO GIOVINASTRO Forza, ragazzi, circolare.

Escono. Gli altri si alzano.

ALESSIO Andiamo dentro, fa freddo. Buonasera.


ERCOLANI Tra due giorni, Capodanno. Buonasera.
BELLARIO Buonasera.
LAZZARO Arrivederla, Kunt. I suoi pensieri sono precisi, hanno
un certo nerbo, sì veramente. Domani sera, se ci vediamo,
mi fa leggere gli altri, così, da amico, sono anch'io nella
stessa barca...
MARZIANO (secco) La prego. Buonasera.
LAZZARO Mi scusi. Buonasera.

Escono.

MARZIANO (sfoglia il taccuino e legge) "Amare il prossimo è la


forma più raffinata di..." Oh, basta. (Chiude il taccuino.)
Perché ridevano? Perché sono così spietati? Perché vole-
vo amarli? Perché mi abbandonano? Vado a casa.
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 115
VOCE A marziano!

Il Marziano si ferma. Il silenzio è squarciato da una


pernacchia e da uno stridulo suono di tromba.

ALTRA VOCE Marzianoooooooo!


TERZA VOCE Marzianoooooooo!

Un altro suono di tromba, comico, straziante, offensi-


vo, modulato di fiorettature. Nel silenzio che segue,
una risata.

MARZIANO (grida) Mascalzoni! (Risponde la tromba più forte,


e un coro infernale di sconce risate, che man mano si al-
lontana. Silenzio. Il Marziano mormora) Mascalzoni... ca-
naglie... (Getta via il taccuino e siede affranto, la testa tra
le mani.)

Entrano tutti i personaggi della commedia, disponen-


dosi variamente. Adriano raccoglie il taccuino, lo sfo-
glia e legge.

ADRIANO "Il profeta riceve tutti i giorni, eccetto il venerdì, in


cui viene ucciso."

Musica. Si declamano:
Le strofe della conclusione.
FABRIZIO
La cosa significa tutto
e niente. E soltanto un rito.
Sta a voi darle un costrutto,
fingendo di aver capito.
MARCO
Io fisso ciò che risplende.
La mia arte è puntualità,
souvenir. Ciò che oggi vi offende,

116/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


domani ci commuoverà.
FRED
Quando ha perduto il padrone,
al cane non serve abbaiare.
Non serve attorno girare,
non serve nemmeno il nome.
ANNA
Resto una puttana riscattabile,
e così voi mi sopportate —
voi, che avete una moglie abile
e quella altrui desiderate.
ADRIANO
Vivo con qualche riluttanza,
nel dubbio del dovere.
Un uomo senza importanza
può rifiutare il piacere?
MARZIANO
Tutto si muove nel mondo
verso un eterno amplesso.
Anche toccare il fondo
fa parte del successo.

Musica cambia: La città dormiente. Tutti cantano:

TUTTI
Così fondo è il piacere
di una città dormiente!
Ha le pose lubriche e severe
di una donna d'Oriente.
L'uomo che scende in questo mare,
non torna — non torna a navigare!



Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 117


La Guerra Spiegata Ai Poveri

Con questo atto unico venne inaugurata, la sera del 10 maggio


1946, nella sede del Circolo dell'Arlecchino, la stagione del Teatro
Tascabile, che prevedeva (ma il club ebbe vita breve) rappresenta-
zioni di soli atti unici in cui doveva trovare spazio la satira morale,
politica e sociale. Tra gli attori di quella sera: Vittorio Gassman (L'U-
sciere), Carlo Mazzarella (Il Giovane), Ninì Pirandello (Ninì), l'anti-
quario Tanino Chiurazzi (Il Ministro). La farsa venne poi rappresen-
tata, nelle serate del 9 e 10 novembre, a Milano, al Teatro Excelsior,
per la rassegna del "Festival degli autori italiani".
Il testo della commedia uscì sulla rivista "Il Dramma" del 1° set-
tembre dello stesso anno.
Flaiano aveva aperto la serata al Circolo dell'Arlecchino con un
discorso che venne poi pubblicato sulla "Fiera Letteraria" del 23
maggio 1946, presentando così la farsa:

La commedia è quella che è. Siamo convinti che se lo stes-


so autore si mettesse in platea troverebbe anche lui da ri-
dire. Ammirate almeno il suo coraggio. Egli vi addita, nel-
le peggiori delle ipotesi, la via dell'insuccesso, che è una
via feconda, credetelo. Si comincia sempre di lì, quando
non si finisce. L'autore, insomma, brucia la sinistra perché
la destra ha sbagliato. Per anni ha scritto delle critiche sui
giornali, senza cavarne altro che inimicizie ed errori tipo-
grafici. Ascoltate, dunque, serenamente la commedia per-
ché non è obbligatorio divertirsi e soprattutto tenendo

118/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


conto che tra un'ora al massimo avranno inizio le danze e
che quindi non vi avremo scomodato del tutto invano.

Interessanti suggerimenti per la regia, utili per conoscere quale


significato Flaiano attribuisse al proprio testo, si leggono in una let-
tera che l'autore inviò il 24 marzo del 1947 al direttore della Filo-
drammatica di Cremona2 che gli aveva chiesto l'autorizzazione a
mettere in scena la farsa:

A Milano [...] hanno travisato le mie intenzioni, riferendo


tutto ad avvenimenti troppo recenti. Mi raccomando, non
caschi anche lei nel tranello. Faccia parlare gli attori
semplicemente, li faccia vestire ancora più semplicemente.
[...] Per me, quei personaggi sono eterni potrebbero vestire
come antichi romani, o come pellirosse: l'essenziale è di
non vestirli come vorrebbe o come si aspetta lo spettatore.
Voglio dire che il GENERALE non deve vestire da generale,
ma deve indossare una vestaglia. In testa, una bombetta.
Il PRESIDENTE deve avere una tuba, uno stiffelius e scar-
pe da tennis. Il PERITO RELIGIOSO non deve vestire da
prete, anche per lui basterà uno stiffelius. Gli metta un fio-
re all'occhiello e un paio di guanti neri con le dita tagliate.
La SIGNORA deve vestire come una regina madre, un po'
démodé. L'AMBASCIATORE vesta elegantemente. Il suona-
tore di clarino vesta in smoking o meglio in frac. E suoni
un segnale di caserma, sempre lo stesso, ma non il "silen-
zio", che è troppo patetico: meglio "caporale di giornata".
NINÌ vesta di bianco, in tulle, molto scollata e dipinta.
L'AUTORE può essere lei stesso, il Direttore della filo-
drammatica, in maniche di camicia. Deve aver l'aria di un
direttore che controlla se tutto è a posto. Mentre parla,
accomoda la cravatta ad un attore, dà un colpetto da mo-
dista alle piume della SIGNORA, mette a posto una sedia.
Ci siamo capiti? La scena deve essere sobria, ottocentesca.
Non cada nei bei tranelli del moderno, esageri nel gusto
ottocentesco, con tendaggi, poltrone, poggiapiedi. Non

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 119


metta assolutamente cartelli con frasi storiche o pseudo
storiche, come hanno fatto a Milano, rovinando tutto.
Immagini il salotto della nonna. Se le dò questi consigli è
perché nella rappresentazione romana ho avuto agio di
constatarne la giustezza. Tenga alla recitazione un tono
svagato, molto garbato. Per esempio, il GENERALE sarà
fatuo, svagato, puntiglioso. La SIGNORA, tutta evanescen-
te. Il PRESIDENTE serio, buon uomo, onesto. Il MINISTRO
sarà come un cattivo avvocato di pretura. Si deve avere
l'impressione di essere capitati in una clinica per malattie
nervose, dove però i clienti siano troppo bene educati per
essere volgari. Un sospetto di pazzia e nient'altro. Ricorda
quella novella di Poe: Il sistema del dottor Piuma e del
Prof. Catrame? Ecco, una cosa del genere.
Vedrà che se terrà questo tono, potrà riempire le lunghe
pause dell'azione, specie nel primo tempo. Si attenga del
resto alle didascalie, che sono state aggiunte dopo la reci-
ta.
Spero che Lei non si sarà né offeso né annoiato di questa
lunga chiacchierata. Spero anche che non si annoieranno i
suoi attori. Si ricordi di mettere una mascherina bianca al
suonatore di clarino. È molto importante.

120/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


Personaggi

IL PRESIDENTE
IL GENERALE
LA SIGNORA
IL PERITO RELIGIOSO
L'AUTORE
L'USCIERE
LO STUDENTE
NINÌ
L'AMBASCIATORE
UN CLARINO
UN TAMBURO

Un palco da cerimonie addobbato con stemmi e ban-


diere. Una poltrona nel centro. A destra, in fondo, una
pedana con una poltroncina e una vittoria alata in
bronzo. A sinistra una panchina e un leone impaglia-
to. In fondo a sinistra un monumento ai Caduti della
penultima guerra, con un cartello così concepito:
"Progetti a richiesta".

Al levarsi del sipario si ode una fanfara di clarino e


tamburo. In piedi sulle poltrone, spalle rivolte alla
platea, sono il Presidente, la Signora, il Generale e il
Perito religioso. Agitano fazzoletti e cappelli, salutan-
do truppe immaginarie che partono. L'Autore si tiene
discosto, presso la ribalta, e osserva. La fanfara si al-
lontana, finisce. Allora i quattro personaggi, con un

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 121


elegante salto, scendo-no e si voltano. Respiro di sol-
lievo.

PRESIDENTE Un pensiero di meno!


SIGNORA Che ufficiali perfetti!
GENERALE A un soldato mancava un bottone!
PERITO RELIGIOSO Però il cappellano andava al passo.
PRESIDENTE Concludendo: sono partiti.

L'Autore si fa avanti. Tutti prendono pose ufficiali.

AUTORE Allora ci siamo, signor presidente!


PRESIDENTE Sì. Il dado è tratto. Dichiarata questa guerra, non
abbiamo adesso che uno scopo: vincerla o, perlomeno,
continuarla. Mentre si spegne nelle strade l'eco della ma-
nifestazione di gioia degli interventisti e gli studenti, ri-
piegate le bandiere, si dirigono verso le più economiche
case di tolleranza, noi ci siamo qui riuniti per discutere i
nostri piani. Desidera altro?
AUTORE Sì, eccellenza. A che ora precisamente sono comincia-
te le ostilità?
PRESIDENTE Il generale, ministro della guerra, le darà tutte le
informazioni del caso.
GENERALE Le ostilità propriamente dette sono cominciate alle
ore 10.25 di stamane. Ma possiamo affermare che il ne-
mico, sdegnando ogni leale condotta, le ha iniziate con un
intenso lancio di sassi e di materie fecali contro un nostro
doganiere alle ore 7.15: quindi tre ore e dieci minuti pri-
ma che noi sparassimo il rituale colpo di fucile.
AUTORE Come si chiama il soldato che ha sparato il primo col-
po?

122/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


GENERALE Per una gentile tradizione il primo colpo viene spa-
rato da persona estranea al conflitto. Si sceglie, di solito,
una personalità dell'arte o della scienza oppure un'attrice
o uno sportivo di fama. Debbo aggiungere però che il
primo colpo viene sparato in aria.
AUTORE Bene, chi ha sparato questa volta?
GENERALE La signora.
SIGNORA Sì, è stato davvero emozionante.
AUTORE Il conflitto s'inizia, dunque, sotto gentili auspici. E,
generale, cosa pensate di questa guerra?
GENERALE Ogni generale è un pochino poeta. (Si ode un segna-
le di caserma.) E i poeti non danno spiegazioni. Dirò che
le guerre si sentono ed è inutile spiegarsele. Io sento pro-
fondamente questa guerra. Anche il nostro popolo sente
profondamente questa guerra e non importa se sinora ne
ha perdute parecchie. Ciò che conta è che non abbia per-
duto la fiducia nella guerra in sé.
PERITO RELIGIOSO Volete dire: nel suo spirito di giustizia. La
guerra è un giudizio di Dio. (Si ritira verso il fondo e s'in-
ginocchia davanti alla Vittoria.)
PRESIDENTE Se noi riusciamo a mantenere vivo nell'individuo
il concetto che la guerra è il contrario della pace e che
questa esiste soltanto in contrapposto a quella – ergo:
deve esistere, altrimenti non avremmo mai pace – il più è
fatto.
AUTORE Il morale dell'esercito?
GENERALE Altissimo. È partito cantando, coi fucili infiorati e
doppia razione di sigarette. Tornerà cantando e con qual-
che malattia della pelle. È inevitabile.
SIGNORA Del resto, caro signore, l'unica maniera di smuovere i
nostri soldati è di prospettargli le guerre dal lato erotico.
Questo spiega il favore incontrato dalle nostre ultime

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 123


campagne coloniali. Ma, con i nuovi sistemi di cura, è inu-
tile preoccuparsi. Sono giovani, bisogna lasciarli fare.
AUTORE (preoccupato) Non si rendono dunque conto della ne-
cessità di questa guerra?
SIGNORA A loro modo, sì. Est modus in rebus.

Tutti ridono.

GENERALE Non reputo assolutamente necessario che i miei


soldati sappiano perché si fa questa guerra. Se comincias-
si a dare spiegazioni, me ne chiederebbero sempre di più
particolareggiate e arriveremmo al giochetto dei perché.
La guerra, oh, per molti resterà la più bella avventura del-
la vita!
SIGNORA Esclusa una percentuale di intolleranti, il resto della
truppa farà il suo dovere. Ogni soldato racconterà a casa
– a guerra finita – come e quanto il suo capitano gli voles-
se bene e lo tenesse in considerazione. Ve lo dico in con-
fidenza: le guerre si fanno amando il capitano e odiando il
colonnello.
AUTORE Com'è vero!
USCIERE Il presidente dell'associazione nazionale studenti
chiede di conferire.
PRESIDENTE Fatelo passare.

Entra lo Studente. Indossa il frac.

STUDENTE Signor presidente, a nome del consiglio dell'asso-


ciazione della quale mi onoro essere presidente, vengo a
porgerle i miei auguri e le mie felicitazioni per il passo
compiuto contro il nostro secolare nemico. Nello stesso
tempo vengo a chiarire un equivoco che, perdurando, di-
venterebbe increscioso. Negli ultimi tempi, noi studenti
abbiamo trascurato non poco gli studi per la preparazio-

124/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


ne psicologica di questa guerra. Ora il conflitto è avviato.
Paghi del nostro contributo e dello stesso volgere degli
eventi, noi dichiariamo di disinteressarci, a questo punto,
della guerra che, diventando un mero fatto tecnico, viene
a perdere quegli squisiti caratteri di polemica con cui ci
aveva attratti. Noi, dunque, gelosi custodi degli ideali del-
la nazione, ritorniamo ai nostri studi.
PRESIDENTE Non andrete alla guerra? È seccante.
STUDENTE Il governo potrà sempre contare su di noi per di-
mostrazioni e cortei, in occasione di vittorie parziali e to-
tali, ritirate, rivendicazioni territoriali, rettifiche di confi-
ne, riprese cinematografiche, eccetera.
PRESIDENTE Allora va bene. Riferite al vostro consiglio che mi
adoprerò favorevolmente. Arrivederla.
STUDENTE Grazie, signor presidente. Ossequi. (Esce.)
PRESIDENTE Sono fatti così. Non vogliono mai fare la guerra in
corso ma sempre quella che verrà.
AUTORE Tutto è a posto, mi sembra. Posso andarmene. Vuol
fare altre dichiarazioni?
PRESIDENTE Sarà bene che si sappia che il presidente è calmo
e ha fiducia nel popolo e nell'esercito. E che la guerra du-
rerà molto.
AUTORE Quanto, se è lecito?
PRESIDENTE (elusivo) Niente è più deleterio di un conflitto che
si risolve rapidamente: e niente è più antieconomico
dell'incertezza. Se annunciamo invece una guerra lunga
ognuno potrà guardare con una certa tranquillità al futu-
ro.
SIGNORA Abbiamo, del resto, esempi illustri. La guerra dei
Trent'anni, detta anche di Successione. Troia, che durò
dieci anni, grazie a una donna. Abbiamo le non mai abba-
stanza ricordate guerre puniche, che durarono comples-

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 125


sivamente... quanto, generale?
GENERALE Oh, moltissimo.
PRESIDENTE E abbiamo le prime quattro guerre mondiali, del-
le quali la terza veramente lunga.
PERITO RELIGIOSO Scusate se intervengo. Penso che una guer-
ra troppo lunga possa contribuire a minare il già trabal-
lante istituto familiare. Per esempio, un marito che lascia
la moglie fatica poi a ritornarvi. Anche in questo campo
abbiamo esempi illustri: Ulisse...
PRESIDENTE D'accordo, ma la maggior parte dei mariti va vo-
lentieri alla guerra proprio per il motivo da lei accennato.
Da noi la guerra sostituisce il divorzio. Caro ministro, è il
caso di dirlo: lei non può pretendere la moglie ubriaca e
la botte piena.

Tutti ridono.

SIGNORA D'altro canto abbiamo già approntato un piano per la


completa e decisiva ammissione della donna nella vita
militare.
PERITO RELIGIOSO Deploro questo piano.
SIGNORA Sostengo invece che bisogna inserire l'elemento
femminile nello sforzo bellico. Non si annoierà aspettan-
do che la guerra finisca. Senza contare che in guerra la
donna porta una nota di gentilezza.
GENERALE Marte e Venere di nuovo insieme. Che guerra!
PRESIDENTE L'incidente è chiuso. Anche in questa faccenda
potremo dire ormai: cherchez la femme. (Tutti ridono.)
Ma ora cerchiamo di ricapitolare i nostri piani.
AUTORE Allora vi lascio. Chi potrà fermarvi, se non le ali della
Vittoria? Ossequi, signora. (Esce.)
PRESIDENTE Arrivederci. Signori, un poco d'attenzione. Ecco-

126/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


vi, grosso modo, i miei piani. (Svolge sul pavimento tre
carte geografiche.) Inutile dirvi che rispecchiano anche il
pensiero del generale. Ecco: in un primo tempo noi attac-
cheremo qui, difendendoci qui e qui. Il nemico dovrà con-
trobattere qua e qua, inutilmente. Riuscita questa prima
manovra lasceremo che il nemico lanci la sua offensiva
qua e qua. Noi lo contrattaccheremo qui e qui, vittorio-
samente. Conquistate le posizioni chiave, svolgeremo la
penetrazione qua e qua (si avvicina alla lampada da tavo-
lo, l'accende. Poi indica un punto sul paralume coperto da
una carta geografica del Settecento), sempre tenendo ag-
ganciato il nemico qui e qui, affinché non distolga forze.
Chiaro? Per questo primo piano prevedo due anni di
guerra. Nel frattempo noi prepareremo i piani per gli an-
ni successivi.
SIGNORA Ma perché invece di attaccare qui non attacchiamo
qua?
GENERALE Signora, il nemico è convinto che attaccheremo qui.
Noi, allora, facciamo finta di attaccare qui e attacchiamo
qui. Capito?
SIGNORA Ma se il nemico se l'aspetta, perché attacchiamo?
GENERALE Ma è questa la sorpresa, signora.
USCIERE (annunciando) L'ambasciatore nemico in visita di
congedo.
PRESIDENTE Mettiamo via questi piani. Fate entrare. (Spegne
la lampada da tavolo mentre il Generale piega le carte
geografiche.)

Entra l'Ambasciatore.

AMBASCIATORE Buongiorno, signor presidente. L'irreparabile


è accaduto, eccomi in visita di congedo. (Legge un foglio)
"Nel porgerle i miei deferenti omaggi lasci che esprima la
speranza che in un prossimo avvenire i nostri due paesi
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 127
possano riallacciare quei legami di amicizia e di... di..."
PRESIDENTE (guarda il foglio) Di cooperazione.
AMBASCIATORE "... di cooperazione, che nel passato hanno
sortito sì buoni frutti. Nei secoli trascorsi i nostri due
paesi avevano una sola lingua e una sola bandiera. Studi
recenti hanno infine accertato che i nostri due paesi
combatterono più d'una guerra contro lo stesso nemico,
alfine distruggendolo. Eccetera, eccetera..." (Piega il fo-
glio.)

Il Generale e la Signora si addormentano sulla pan-


china.

PRESIDENTE La Storia non cessa di sorprenderci, signor am-


basciatore. Ma ove i nostri ricordi sostassero, là sarebbe
la morte della stessa Storia. I nostri paesi sono certamen-
te fatti per intendersi e si intenderanno. Nulla ci divide,
eccetto questa guerra, terminata la quale riprenderemo i
nostri buoni rapporti d'una volta e faremo scambi di in-
tellettuali, mostre d'arte, viaggi in comitiva di giornalisti,
eccetera.
AMBASCIATORE A chi la responsabilità di questo conflitto?
Non a noi, immagino.
PRESIDENTE Forse a noi, allora?
AMBASCIATORE La nostra versione ufficiale è che se ne poteva
fare a meno.
PRESIDENTE La nostra è, invece, che non se ne poteva fare a
meno appunto per il vostro voler permanere nell'equivo-
co. (Siede sul pavimento.)
AMBASCIATORE (lo imita) In confidenza, se ne poteva fare a
meno.
PRESIDENTE Non ne vedo il perché. Il primo colpo di fucile ha
segnato la fine di un periodo. Ieri tremavamo per l'inevi-

128/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


tabile catastrofe, oggi pensiamo già a organizzare la pace.
Leviamoci questo dente e non se ne parli più. E poi, se ci
combattiamo c'è di sicuro una ragione. Per esempio: la
diversa qualità delle sigarette. Conquistateci e noi fume-
remo il vostro tabacco. Inoltre, lei è biondo e io sono bru-
no. Lei crede che Dio ha la barba e noi neghiamo questo
particolare. E poi c'è l'abitudine. Negli ultimi due secoli ci
siamo battuti sette volte.
AMBASCIATORE E con questa, otto. Vi rinnovo dunque i miei
voti personali, che non impegnano perciò il mio governo,
e vi chiedo il permesso di ritirarmi. Non vi nascondo che
mi duole lasciare questo paese, dove ho trascorso anni
così belli.
PRESIDENTE Duole anche a noi, creda. Comunque ci rivedre-
mo alla fine del conflitto, no?
AMBASCIATORE Ma certo. S'è mai dato il caso di una guerra
che abbia ucciso un diplomatico?
PRESIDENTE (stringendogli la mano) Caro ambasciatore, la
guerra non porta pene. Le auguro buon viaggio.
AMBASCIATORE Grazie e ossequi a tutti. (Esce, svegliando il
Generale e la Signora.)
SIGNORA (camminando come negli esercizi di portamento) Le
guerre hanno un unico inconveniente, dobbiamo ricono-
scerlo. Si portano via i migliori giocatori di bridge.
GENERALE E non parliamo del golf.

Entra l'Usciere.

USCIERE Un giovane chiede d'esser ricevuto.


PRESIDENTE Che cosa vuole?
USCIERE Si rifiuta di partire per la guerra, a quanto ho potuto
capire, e vorrebbe esporre le sue ragioni.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 129


PRESIDENTE Siamo qui per questo, fatelo entrare. (Entra il
Giovane.) Avanti, giovanotto. Niente paura. Dunque, mi
dicono che non volete partire per la guerra. Siete per le
soluzioni di compromesso? No? Parlate, dunque. Vi ascol-
tiamo.
GIOVANE Io non posso andare alla guerra perché...
PRESIDENTE Su, avanti.
GIOVANE Non posso dirlo.
PRESIDENTE Suvvia, al presidente si deve dire tutto. Siete in-
namorato?
GIOVANE No.
PRESIDENTE E allora? Coraggio.
GIOVANE La faccenda è semplice: non so che cosa sia la guerra.
PRESIDENTE Che? Avete voglia di scherzare. E proprio mentre
siamo occupati coi nostri piani, le visite e tutto il resto?
GIOVANE Non so cos'è la guerra. Non lo so. Vogliate spiegar-
mela.
PRESIDENTE Se non si tratta che di questo. Vediamo...
USCIERE (annunciando) Il ministro della superproduzione.
PRESIDENTE Fatelo accomodare. Dunque, giovanotto, parla-
vamo della guerra.

Entra il Ministro della superproduzione.

MINISTRO (gioviale) Buona sera a tutti.


PRESIDENTE Buona sera. Accomodatevi, giungete a proposito,
ho alcuni appunti che vorrei controllare. Caro giovane,
dovete avere un poco di pazienza. Ecco, mettetevi là, sono
a voi tra un secondo. Dunque, signor ministro della su-
perproduzione, come va?
MINISTRO Ottimamente. Si può dire che abbiamo persino un

130/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


eccesso di superproduzione.
PRESIDENTE Non mi dispiace. Anzi, ascoltatemi. La filologia ci
dà la chiave di molte verità. Vediamo, cosa occorre se-
condo lei a un esercito per avanzare?
MINISTRO Un buon generale.
PRESIDENTE Non è tutto. Pensateci bene.
MINISTRO Per avanzare... per avanzare... Diavolo! Ah, ecco: oc-
corre che il nemico indietreggi.
PRESIDENTE In un certo senso, sì. Ma principalmente occorre
che la truppa abbia le sue brave scarpe. Diciamo infatti:
mettersi sul piede di guerra. Sul piede, non sulle mani.
Noi abbiamo dunque bisogno di scarpe. Per un esercito di
dodici milioni di uomini. Durata massima della guerra:
quindici anni. Quindici per dodici: centottanta. Per due:
trecentosessanta. Occorrono trecentosessanta milioni di
paia di scarpe, considerato che ogni soldato ne adopra un
paio l'anno e rivende l'altro. Siamo attrezzati per questo
sforzo?
MINISTRO Sì.
PRESIDENTE Ogni paio di scarpe avrà bisogno di due paia di
lacci. Potremo noi produrre settecentoventi milioni di
paia di lacci da scarpe?
MINISTRO Non è semplice, ma vedremo.
PRESIDENTE Ogni scarpa ha dieci buchi. Possiamo noi garanti-
re sette miliardi e duecento milioni di buchi?
MINISTRO Bisogna fare un piano. Ma suppongo di no.
PRESIDENTE Non voglio supposizioni. Mi farete un rapporto
su questa faccenda dei buchi. E uno. Ora a voi, generale.
Avete medaglie a sufficienza?
GENERALE (si batte il petto) Sì, signor presidente. A ogni modo
se sua eccellenza vuol riconoscere i miei meriti e i servigi

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 131


resi alla patria...
PRESIDENTE Parlo dei depositi di medaglie. Abbiamo medaglie
a sufficienza per premiare i nostri valorosi soldati?
GENERALE Non preoccupiamoci. Li premieremo secondo le di-
sponibilità e il ritmo della superproduzione.
PRESIDENTE Ora diamo un'occhiata all'esercito. Abbiamo
5500 generali. Alcuni sono tiranneggiati dalle mogli, altri
scrivono racconti per la Nuova Antologia: su tutti costoro
non si può fare affidamento. Dobbiamo perciò conservare
il più a lungo gli altri. Dopo trenta anni di servizio, un ge-
nerale costa allo Stato per educazione ricevuta, stipendi,
indennità, trasferte, soprassoldo, decorazioni, danni al
casermaggio, attendenti, cavalcature ed errori tattici più
di mezzo miliardo. Vi faccio notare che abbiamo anche
generali con quaranta anni di servizio e più.
GENERALE (aggiustandosi il pince-nez) Propongo di dividere i
generali in due categorie. Quelli che hanno il "pince-nez"
e quelli che non l'hanno. Voi sapete che non c'è vera stra-
tegia senza occhiali. E ormai accertato che le guerre si
vincono a tavolino. Propongo dunque di affidare la con-
dotta della guerra a generali forniti di "pince-nez". E, agli
altri generali, la condotta delle battaglie. (Lirico) Ogni
battaglia è in fondo un malinteso.
PRESIDENTE Non ho nulla in contrario. Veniamo ora alla con-
tabilità. I miei esperti hanno calcolato che avremo circa
90.000 morti ogni anno, che non sono troppi. In definitiva
si riducono a circa 250 morti al giorno, cifra che possia-
mo permetterci largamente, dato che andrà suddivisa e
ripartita in un numero venti volte maggiore di comuni.
Sorge piuttosto un grave dubbio. Possiede il nostro mini-
stero della guerra l'attrezzatura telegrafica sufficiente
per comunicare le notizie alle famiglie dei caduti?
GENERALE Sì, possiamo spedire 1300 telegrammi il giorno. In

132/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


caso di offensive e ritirate, faremo dei telegrammi con-
cordati, come per le feste pasquali.
PRESIDENTE C'è dunque un largo margine. Le mie apprensioni
erano infondate. Comunque, dovevo preoccuparmi. Di-
mostreremo subito che noi facciamo tutto il possibile per
venire incontro ai giusti desideri delle famiglie. Da do-
mani desidero che comincino a partire i primi telegram-
mi.
SIGNORA Predisponiamo anche un piano per l'invio di falsi an-
nunci in modo che, facendosi poi vivi i militari dati per
morti, ne sortirà un benefico effetto propagandistico,
specie nei piccoli comuni. Resta però il problema dei feri-
ti. Dobbiamo affrontarlo? Non chiedo che di essere utiliz-
zata.
PRESIDENTE Con la massima decisione, cara signora, ma senza
preoccuparci. I feriti, per la maggior parte non protestano
e conservano della guerra un buon ricordo. Molti conser-
vano tra l'ovatta persino la pallottola che li ha colpiti. Al-
cuni poi sposano infermiere, altri scrivono diari. La sod-
disfazione di aver fatto il proprio dovere ripaga tutti del
sacrificio compiuto. Noi dobbiamo invece preoccuparci di
coloro che, dopo due o tre anni di guerra, non sono stati
feriti e tanto meno sono morti. Costoro sono i più turbo-
lenti, perché affezionati alla loro incolumità. Ma sapremo
individuarli e comunque non c'è fretta. Lei vuol parlare?
MINISTRO (si alza in piedi) Vorrei fare alcune dichiarazioni re-
lative alla guerra. (Solenne) Signori, siamo su una falsa
strada. La guerra, così com'è ancora concepita, è un as-
surdo che disonora l'ingegno dell'uomo. Vi confesso che
pensando a quanto va sprecato in una guerra, io mi sento
pacifista. È ridicolo, lasciatemelo dire, è ridicolo che il
mondo ricorra così spesso alla guerra e non abbia ancora
pensato a soggiogarne l'energia. Si risolverebbe in pieno
il problema che tanto tormenta i migliori statisti, cioè l'al-
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 133
to costo delle guerre. Quante nazioni non possono ricor-
rere alla guerra per mancanza di mezzi? Troppe, signori.
Ed è perciò che intendo parlarvi della mia concezione
della guerra-autonoma, ovverossia guerra semiperpetua.
GENERALE Straordinario; seguitate.
SIGNORA Oh, non si può dire che perdiamo il nostro tempo!
MINISTRO Il sogno degli antichi fisici era il moto perpetuo. Af-
finché questo sogno si realizzasse è sempre mancata ai fi-
sici una forza altrettanto perpetua da assoggettare. Io og-
gi non esito a dire che la soluzione non è fuori di noi, ma
in noi. Io propongo l'uovo di Colombo: l'uomo. L'uomo è
composto di due entità, come il perito religioso qui pre-
sente c'insegna. Di queste due entità, l'anima – incorrut-
tibile – è la più pregevole. Non discuto, ma non è di essa
che voglio occuparmi. Ammesso che l'anima, una volta
distaccatasi dal corpo, ritorni alle regioni da cui s'era par-
tita, è chiaro che non potremmo utilizzarla. Ci resta però
il corpo, un deposito di elementi che un vecchio pregiudi-
zio ci impone di ignorare come energia in potenza, anzi –
risum teneatis – di onorare. E come si onora quest'energia
in potenza? Occultandola, miei signori. E vi sembra giu-
sto? Una volta ucciso l'uomo – con tutto il rispetto per il
caduto – la morale lasci il posto all'economia, la pietà ce-
da alla superproduzione. Soltanto l'economia ha il diritto
d'indicarci come dobbiamo utilizzare le nostre sventure,
atteso che un uomo che muore è una sventura per la so-
cietà – su questo non c'è dubbio – e volgerle a nostro pro-
fitto. Datemi, signori, un milione di cadaveri e io...
SIGNORA (bruscamente) Ma che razza di idee! A questo modo
finiremo per distruggere ogni poesia in una guerra.
PRESIDENTE Lo zelo nel servire la Patria vi ha fatto dimentica-
re che il nostro popolo sin dalle più remote età si distinse
per le sue pratiche inumatorie. La tradizione è pur sem-

134/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


pre la tradizione. E anche il sentimento vuole la sua parte.
MINISTRO A sentimentale, sentimentale e mezzo! Si seppelli-
sca di ogni caduto il solo cuore, oppure la mano che im-
pugnò la vindice arma. Si troverà pure il precedente nella
nostra mitologia! Mi dite che il culto dei defunti è pecu-
liare del nostro popolo. Bene, e qual modo migliore di
onorare un caduto che quello di renderlo utile?
GENERALE (conciliante) La guerra che si alimenta da sé è certo
la più grande invenzione dopo la guerra dei Cent'anni.
Praticamente abolisce la pace e tutti gli inconvenienti che
ne derivano. Io, in linea di massima, approvo.
MINISTRO Non venite poi a chiedermi calcio, fosforo, lecitine,
grassi, ferro e proteine. Sapete che cosa vi risponderò:
bacioni cari!
SIGNORA Certo, la proposta, a considerarla meglio, è seducen-
te. Senza contare che le nostre armate saranno così uti-
lizzate due volte.
GENERALE Volete dire che le porterò tutte al massacro? Biri-
china!
SIGNORA Siete spronato a fare del vostro meglio, ora, caro il
mio napoleoncino.
PRESIDENTE Silenzio, signori. Noto in voi la tendenza a ironiz-
zare gli avvenimenti e le proposte. Sembra di stare al caf-
fè!
PERITO RELIGIOSO (si alza e interviene) Ero distratto e non ho
capito bene. Ma, se non sbaglio, parlavate di caduti. Ten-
go a farvi notare che essi sono accolti senza distinzione
nella gloria del Signore, quando combattono per una cau-
sa giusta, ossia necessaria.
PRESIDENTE La nostra causa è giusta, secondo lei?
PERITO RELIGIOSO Se è nostra non può essere che giusta. E
necessaria.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 135


PRESIDENTE Allora siamo a posto anche da questo lato.
PERITO RELIGIOSO En passant, lasciate che vi dica che una
guerra senza religione disonorerebbe l'umanità. Altro –
come pretende la critica storica – che guerre per i com-
merci e per le vie di comunicazione! Concedetemi che
l'uomo non sarebbe tanto sciocco da battersi per le vie di
comunicazione. Le vie del commercio sono infinite. E
quelle del Signore, misteriose. La differenza, vi prego di
notarlo, è sostanziale.
PRESIDENTE Giustissimo. Iddio. Sì, questo è un punto delicato.
Il nostro popolo sa che il Signore è dalla nostra parte e
condivide pienamente il punto di vista del governo. Ma
non ripeteremo mai abbastanza che Iddio è con noi.
SIGNORA (candida) Probabilmente, a furia di ripeterlo, convin-
ceremo anche lui.
PERITO RELIGIOSO Eretici impenitenti! Noi diciamo che Iddio
è con noi, volendo significare che noi siamo con lui. La co-
sa è diversa. Ma se lasciamo l'iniziativa al nemico...
SIGNORA Ma Iddio non prenderà sul serio il nostro nemico. Se
ci battiamo appunto contro il nostro nemico!
PERITO RELIGIOSO Bisogna allora stabilire subito che il grave
fardello impostoci dalla Storia è portato da noi in gloria
di Dio. E per lui che combattiamo, per stabilire e riaffer-
mare i suoi principi.
PRESIDENTE Ecco, capisco, ma è proprio qui il punto delicato.
Dobbiamo capovolgere l'affermazione e dire che è per noi
che Iddio combatte. Del resto, non scopro niente di nuo-
vo, io!
MINISTRO Dopodiché lanceremo un prestito nazionale. Sicuro!
Il popolo associa volentieri l'idea della guerra con quella
del prestito. Metteremo anche due nuove tasse. Una sulla
bellezza e una sull'intelligenza. Non vi nascondo che le

136/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


pagherò anch'io.
GENERALE Anch'io.
SIGNORA Anch'io.
PRESIDENTE Anch'io.
PERITO RELIGIOSO Poiché parliamo di tasse nuove, pigliamo
due piccioni con una fava. Serviamo i buoni costumi e l'e-
conomia. Io sono per l'inasprimento della tassa sui vini e
per una nuova tassa sui rapporti sessuali.
SIGNORA Dissento fermamente. La nostra politica di questi ul-
timi anni ha molto influito sul carattere del popolo. Il po-
polo non si ubriaca più e non fa più quella cosa con l'en-
tusiasmo di una volta. Rischiamo poi di allontanare la
simpatia popolare da un oggetto di largo consumo. La
donna – anche sua eccellenza è d'accordo, immagino –
non bisogna renderla troppo preziosa. I nostri giovani
sono già così propensi a farne a meno!
GENERALE L'alcool è poi necessario per le industrie di guerra.
MINISTRO Possiamo, volendo, estrarre l'alcool dai cereali.
PRESIDENTE Buona idea. E da che cosa estrarremo i cereali?
MINISTRO Volendo, dall'alcool.
PRESIDENTE Ma siamo al circolo vizioso!
MINISTRO Non so proprio che farci! Anche la superproduzione
ha un limite. Ma noi possiamo porre termine al conflitto
quando ci parrà, se dovesse venirci a mancare l'essenzia-
le.
GENERALE Giusto. Il termine di quindici anni ce lo siamo im-
posto come preventivo. Possiamo far cessare subito la
guerra, se vogliamo: abbiamo le armi segrete.
PRESIDENTE Sono contrario all'uso di queste armi.
GENERALE La cosa mi riesce nuova. Perché?

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 137


PRESIDENTE Perché sì.
GENERALE (irritato) Come vedete, cari colleghi, un umanitario
è a capo di questa nazione in guerra!
PRESIDENTE Mi lasci finire. Queste armi segrete offrono in-
dubbiamente un vantaggio strategico, ma presentano an-
che uno svantaggio politico. Eliminando totalmente i re-
duci e i mutilati – perché altamente distruttive – esse
vengono a porre il paese sconfitto sulla soglia di un do-
poguerra ideale, senza problemi di politica interna. Ora
noi domineremo le vie di comunicazione soltanto a patto
che una certa discordia operi all'interno dei paesi sconfit-
ti. Chiaro? Voi fate bene a preoccuparvi della guerra; ma
lasciate che io mi preoccupi del dopo-guerra. Debbo per-
ciò insistere: pane, ossia cereali. E, ricapitolando: scarpe,
telegrammi, guerra semiperpetua, Iddio, prestito, nuove
tasse, pane. D'accordo? E non pensiamo più alle armi se-
grete.
PERITO RELIGIOSO Sì, le armi segrete sono altamente condan-
nabili. A meno che il loro uso non diventi palese.
GENERALE (ripensandoci) A non contare che una guerra senza
grande impiego di fanteria è un controsenso. Ma bisogne-
rà pure trovare qualcosa per combattere il nemico con
qualche vantaggio.
SIGNORA Posso parlare?
PRESIDENTE Ma s'immagini. Dica pure.
SIGNORA Vorrei farvi una proposta. Io dico che bisogna cam-
biare il nostro motto. Non più: odiamo il nemico, ma: sal-
viamolo!
PRESIDENTE Venga a qualcosa di concreto.
SIGNORA Ci sono. Mettiamo i nostri nemici nella condizione di
ammirarci e di invidiarci. Ho pensato che questo risultato
si potrà raggiungere soltanto facendogli intravedere la

138/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


straordinaria ricchezza e abbondanza di cui gode il no-
stro paese. Poiché non è la forza del nemico che ci avvin-
ce, ma la sua prosperità. Ho immaginato, dunque, primo:
bombardamenti aerei di generi alimentari e di prima ne-
cessità. Si tratta di lanci dei nostri più pregiati prodotti
sulle principali città nemiche. Noi possiamo lanciare pa-
ste alimentari, conserve, tessuti, sughero, caramelle, ba-
chi da seta, fazzoletti ricamati, oggetti di precisione. Se-
condo: lancio di intellettuali. I nostri maggiori pittori e
scultori, nonché scrittori e conferenzieri, verranno im-
mediatamente lanciati a mezzo di paracadute sul territo-
rio nemico e potranno così diffondere la nostra arte e la
nostra concezione della vita. Noi veniamo così ad avvin-
cere il nemico e a liberarci per tutta la durata della guerra
di elementi che, ottimi in tempo di pace, diventano in
tempo di guerra dannosi per il loro spiccato individuali-
smo. Terzo...
PRESIDENTE Le sue idee sono preziose, signora. Ma non vorrei
che dalla loro attuazione ne uscisse snaturata l'idea stes-
sa della guerra. "Finché sarà ritenuta malvagia la guerra
conserverà sempre il suo fascino. Quando sarà ritenuta
volgare cesserà d'essere simpatica." Sono parole di uno
scrittore che non aveva preconcetti sulla guerra, esclusa
la guerra dei sessi. Voglio dire: Oscar Wilde. Scusi, signo-
ra.
SIGNORA Prego, ma insisto sulle mie idee. È ora che la guerra
acquisti un non so che di magico. Immagini lei come ri-
marrebbero male i nostri nemici vedendo arrivare tutta
quella grazia di Dio.
PRESIDENTE Già.
SIGNORA Ci procureremo le simpatie dei neutrali, convenitene.
Tutti vorranno copiarci. Vi assicuro che i popoli neutrali
saranno presi dalla vergogna di non usare la guerra come
le contadinelle si vergognano di non usare lo spazzolino
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 139
da denti.
PRESIDENTE Ne sono convinto. (Si alza. Tutti avanzano verso
la ribalta. Il Giovane si siede sulla poltrona del Presidente.)
Noi abbiamo oggi gettato le basi per la nostra Vittoria.
Ancora un piccolo sforzo e potremo dichiararci soddisfat-
ti. Trascorsi i primi tempi, sempre difficili, la guerra an-
drà avanti da sé e vi terrà occupati pochissimo. Si tratta
però di incanalarla bene. Ora dunque vi chiedo: perché
combattiamo?
PERITO RELIGIOSO Ma è stato detto che combattiamo per il Si-
gnore. Non vedo la necessità di ritornare sull'argomento.
PRESIDENTE Un motivo di più non guasta mai, creda.
GENERALE Io propongo, allora, di combattere per la libertà.
SIGNORA Mi associo alla geniale trovata del nostro amato ge-
nerale.
MINISTRO Anch'io. Però c'è un guaio. Da indiscrezioni trapela-
te, posso assicurarvi che anche il nostro nemico intende
combattere per la libertà.
GENERALE Che importa? Il nostro nemico combatte per la no-
stra libertà. Noi invece combatteremo per la libertà del
nostro nemico. Quando avremo fatto prigioniero il suo
esercito e occupato il suo territorio, il nemico potrà gode-
re delle libertà che noi godiamo da secoli. Mi sembra per-
sino ovvio.
PRESIDENTE Sì, è la soluzione migliore. Restiamo dunque inte-
si che combattiamo per la libertà. (Tutti tolgono di tasca
bicchieri e brindano. Volgendosi, il Presidente vede il Gio-
vane) E voi che fate, se è lecito?
GIOVANE Io? Nulla, aspetto. Sono quel tale della guerra.
PRESIDENTE Ah, voi siete quel tale della guerra. Già, dunque
voi non volete andare in guerra senza prima... Bene. Ave-
te ascoltato, per caso, quanto abbiamo detto? Sì? Allora

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adesso sapete perché vogliamo combattere.
GIOVANE Per la libertà, se non sbaglio.

Entra l'Usciere. Siede in disparte.

PRESIDENTE Suppongo che ne siate lieto. Non è vero?


GIOVANE Lo sapevo, ma volevo sentirmelo ripetere. In confi-
denza, io amo la libertà.
PRESIDENTE Allora, non c'è altro. La Storia è la storia della lot-
ta per la libertà. Dunque, alla guerra! Ninì!

Entra Ninì, in abito da sera. È una bella ragazza, mol-


to provocante.

NINÌ Sì, signor presidente.


PRESIDENTE Indicate a questo bravo giovane la via del fronte.
NINI Con piacere, signor presidente.
GIOVANE Però la guerra non me l'avete spiegata.
PRESIDENTE E va bene. (Il Giovane torna a sedersi sulla poltro-
na del Presidente. Una pausa.) Farò un esempio semplicis-
simo. Dunque, vediamo: hai un fratello?
GIOVANE Sì.
PRESIDENTE Ti dispiacerebbe se uno sconosciuto te lo am-
mazzasse?
GIOVANE No.
PRESIDENTE I soliti interessi di famiglia. Allora: ti dispiace-
rebbe se i nemici invadessero il nostro territorio, la tua
casa, e violassero tua madre e le tue sorelle?
SIGNORA Suvvia, giovanotto, rispondete. Vi dispiacerebbe?
GIOVANE Signora, i nostri nemici sono notoriamente impoten-
ti.
PRESIDENTE (irritato, alla Signora) Ecco gli inconvenienti del-

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 141


la vostra propaganda!
SIGNORA Della mia? Della nostra, volete dire.
PRESIDENTE L'impostazione è vostra. Insomma, giovanotto, la
guerra si fa per difendere la Patria. E la Patria siamo noi,
principalmente, e poi tu, la tua casa, la tua famiglia, tua
moglie.
SIGNORA Non ci siamo.
USCIERE (ad alta voce) Passa il tempo a difendersi da queste
cose e non capisce perché dovrebbe difenderle.
PRESIDENTE È un bruto, ma non dispero di cavarne un bravo
soldato.
GENERALE (lirico) Capirai la santità della guerra quando, ve-
dendo passare le lacere bandiere che ritornano dal fronte
alla testa dei loro reggimenti, ti verrà un groppo alla gola
e vorrai gridare, ma i singhiozzi te lo impediranno. Capi-
to, ora?
USCIERE (come sopra) Tempo sprecato. Eccesso di pudore pa-
triottico. Però è simpatico.
MINISTRO Andiamo con ordine. C'è guerra e guerra, giovanot-
to. Sfatiamo una buona volta gli sciocchi pregiudizi del
popolino sulla guerra. Oggi non c'è migliore investimento
di capitale.
PERITO RELIGIOSO Non ostinatevi, figliuolo. Certe occasioni
non si presentano più di due o tre volte nella vita di un
uomo.
GIOVANE È un investimento necessario?
MINISTRO Ma leggete, sì o no, le statistiche della superprodu-
zione?
GIOVANE Io odio combattere. È immorale.
PRESIDENTE Allora è immorale la lotta che fate ogni mattina
per prendere il tram. Allo stesso titolo. Il perito non vuole

142/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


che si dica, ma noi ci battiamo appunto per le vie di co-
municazione. Immorale la lotta? Non fatevi sentire. La
lotta è l'unica garanzia che Dio ha di perpetuare un'uma-
nità forte e selezionata. Dio e Darwin dissentono sul fine,
ma sul mezzo sono d'accordo.
GIOVANE Io mi ostino egualmente a non capire cos'è la guerra.
PRESIDENTE Siamo in presenza di un sentimentale anarchico.
Un tipo molto diffuso nel nostro paese, causa la cattiva
alimentazione.
GENERALE (calmo) Fuciliamolo.
SIGNORA No, può sempre essere utilizzato nell'amministrazio-
ne.
GENERALE È più prudente fucilarlo.
PERITO RELIGIOSO Non prima di aver salvato la sua anima.
(Prende un libro, lo apre, comincia a leggere. Tutti spiano
l'effetto che la lettura produrrà sul Giovane.) "Meraviglio-
so spettacolo, visto dalla nostra posizione. La compagnia
era disseminata sulla collina. Un vero fuoco d'inferno bat-
teva l'osservatorio, alzando nuvole di terriccio e di fumo.
`Non ce la caviamo,' disse il tenente sottovoce; poi, penti-
to, sorrise: `Passami il cognac.' Gli passai la borraccia. Un
sibilo e un urto alla mano. Non mi resi conto lì per lì che
cosa fosse successo. `Accidenti, porca pu...' fece il tenente.
`La mano!' Mi guardai la mano. Un fiore rosso si allargava
sulla palma. Ero quasi allegro." (Il Perito guarda il Giova-
ne che non reagisce.)

Silenzio.

MINISTRO (prende un altro libro) "Fango e pidocchi, pidocchi e


fango sino all'orizzonte. Un soldato cantava. Il capitano
entrò nella buca, triste e accigliato. `Che fai qui?' 'Dormo.
Davanti al sonno siamo tutti uguali, no?' `Già, anche da-
vanti alla..."Lasci stare, la Vecchia non ci fregherà." 'Ne
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 143
ero convinto,' rispose. Tacque, si passò una mano sulla
fronte: poi con un gesto brusco mi tese il portafogli. `Tie-
ni, è meglio che lo conservi tu.' Presi il portafogli senza
parlare. Il capitano guardò l'orologio. Mi feci animo: `Lei
ha paura,' dissi piano. Mi poggiò la larga mano sul capo:
`Dormi', disse, `ti sveglierò a tempo!' Ci sdraiammo vicini.
Lui fumava, gli occhi rivolti verso il soffitto della buca.
`Quanti pidocchi ci saranno qui?' mi chiese improvvisa-
mente gaio. `Un milione,' risposi."

Il Giovane tace sempre.

PRESIDENTE (prende a sua volta un altro libro) "Era di fronte


al fiume. Com'era bello quel posto! Sembrava la passeg-
giata scolastica al momento di tirare fuori la colazione.
Noi stavamo tutti con la cicca in bocca, aspettando. Salta-
re il muretto, arrivare a quella casa, scacciarne quei porci.
Nient'altro. E il ta-ta-ta della mitragliatrice. Vicino a me
un soldato, uno dei nuovi, con la testa grossa. Mi guarda-
va con certi occhi. `Pensi alla mamma?' 'Non tengo la
mamma,' rispose. Mi guardò a lungo coi suoi occhi umidi
di buon montanaro. Ma che mamma e mamma! La casa di
fronte e il segnale: non dovevo pensare ad altro. Arrivar-
ci. Un gioco anche questo, ma terribile come un gioco che
deve riuscire alla prima volta." (Tutti guardano il Giovane,
che tace. Il Presidente si alza, sospira, getta il libro.) Non
so proprio che farci.

Delusione di tutti.

GENERALE (ha un'idea) Parliamogli il linguaggio del soldato!


Giovanotto, in guerra si mangia gratis, si va a letto con le
ragazze – scusi signora. Avrai cognac, sigarette, maglie di
lana, cartoline in franchigia, pomata mercuriale, assisten-
za morale e ogni tanto riceverai un pacco dal peso non
superiore ai cinque chili.

144/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


SIGNORA Allora, vuoi andarci alla guerra?

Un silenzio gravido di speranza.

GIOVANE (si alza sorridendo) No.


GENERALE (urlando) Fuciliamolo, vi dico, o convincerà anche
noi!
PRESIDENTE Un momento ancora! Giovanotto, cerca di capire
bene la situazione. Tutti i giovani della tua età ci vanno in
guerra, e persino con la macchina fotografica per fissarne
i ricordi. Ah, se io avessi vent'anni! Come puoi mancare di
delicatezza a tal punto, da rifiutarti al nostro appello?

Pausa.

GIOVANE (pensa) Ora ne fate una questione di delicatezza.


PRESIDENTE Ma certo, ne facciamo una questione di delicatez-
za.
SIGNORA Sì, piccolino, una questione di delicatezza.
PERITO RELIGIOSO Una questione di delicatezza.
MINISTRO ....stione di delicatezza.

Entra di corsa lo Studente, si ferma davanti al Giova-


ne.

STUDENTE ...di delicatezza! (Esce di corsa.)

Lunga pausa.

GIOVANE Se ne fate una questione di delicatezza, allora ci an-


drò... (Sospiro generale.) ... ma senza convinzione!
SIGNORA È sempre meglio che niente.
PRESIDENTE (abbracciando il Giovane) La guerra è come la
birra. La prima volta non piace. Vedrai che in seguito non
potrai farne a meno. Ninì, accompagnalo.
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 145
Ninì, che per tutto il tempo ha letto il giornale, si alza,
stanca, ancheggiando.

NINÌ Sì, signor presidente. Vado e torno. Su, andiamo bel gio-
vanotto, non aver paura, non ti mangio. (Esce.)

Il Giovane si ferma. Tutti trattengono il respiro. Infine


il Giovane si decide ed esce.

PRESIDENTE (sospira) Purtroppo molti giovani dell'ultima ge-


nerazione mancano di ideali. Finiti quei tempi che in
guerra ci andavano persino i poeti.
SIGNORA Ma si può sapere che cosa piace oggi ai poeti? Donne,
nix! Guerra, nix!
PERITO RELIGIOSO Signora, voi giudicate leggermente. Io, per
esempio, scrivo versi. Il generale anche. Il ministro da
giovane ha scritto un poema. Il presidente ne ha scritti
tre, ora introvabili. La politica sublima il poeta... Possia-
mo anzi dire che ogni poeta è un politico mancato.
PRESIDENTE La guerra, questa gran divoratrice, si regge con le
idee e con sempre nuove trovate. Ma ora, signori, non vi
trattengo o finiremo fatalmente a parlare di letteratura.

Il Generale prende a cavalcioni la Signora.

SIGNORA Ora che ci penso, abbiamo taciuto a quel simpatico


giovanotto che in guerra si rischia di morire. Abbiamo
fatto male?
GENERALE Bisognerà che qualcosa la impari da sé. In questi
casi niente vale come l'esperienza personale.

Escono.
PERITO RELIGIOSO (prende a cavalcioni il Ministro) E non è
detto che debba necessariamente morire. Molti si salva-
no.
146/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
MINISTRO Le statistiche dimostrano che il traffico stradale ne
uccide quanto le guerre. Abbiamo inoltre ancora quattro
milioni di soldati della guerra scorsa.

Escono. Tutti sono usciti meno il Presidente e l'Uscie-


re.

PRESIDENTE La guerra scorsa. Come passa il tempo. Bah!

La luce si attenua. Rullo lontano di tamburi. Fanfara.


Il Presidente resta fermo in piedi vicino alla poltrona.

Pausa.

USCIERE (con voce da imbonitore) Signori e signore, il presi-


dente non ha orario d'ufficio come la maggior parte dei
mortali. Egli dedica anche le ore del riposo allo studio dei
più delicati problemi. Il presidente si concede un solo
svago. La lettura di libri... ci siamo capiti. Egli possiede ot-
time edizioni, con illustrazioni dei migliori pittori. Un ve-
rismo impressionante. Mentirei se dicessi che il presiden-
te non è un uomo generoso. Bisogna vederlo come si
commuove quando bacia le vedove.
PRESIDENTE Usciere.
USCIERE Comandi, signor presidente.
PRESIDENTE Non trovo più un libretto che avevo messo qui...
Ah, eccolo, aiutatemi, grazie.
USCIERE Ora sta leggendo qualcosa di piccante. State a sentire.
PRESIDENTE "La guerra è il taglio cesareo dell'umanità." Bel-
lissima questa donna con la pancia aperta.
USCIERE Va pazzo per le figure.
PRESIDENTE "La guerra è la corroborante cura di ferro
dell'umanità." Che petto, questa donna! La guerra svilup-
pa il seno. Usciere portatemi il come si chiama.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 147


USCIERE Subito, signor presidente. (L'Usciere reca un mappa-
mondo.)

Carillon.

PRESIDENTE Io ho una piccola teoria sulle guerre. Le guerre


diventarono più cruente quando la Terra apparì agli uo-
mini non più come una cosa piatta, ma come una cosa
tonda. Non si scherza con le cose tonde. Per conto mio,
trovo che questo mappamondo non può non eccitare un
bravo condottiero. Ma ora ci siamo. Sono convinto che,
con l'aiuto di Dio, olieremo l'asse terrestre in modo che
non si dovrà più sentire il menomo scricchiolio. E non
dubito che, dopo, la Terra potrà girare più svelta e i giorni
essere di ventidue o anche di venti ore. Così la nostra non
sarà stata una guerra vana. Ma ora leggiamo. C'è forse
qualcosa di meglio di un buon libro per ingannare l'atte-
sa?

Il carillon si ferma. Rullo di tamburo.

USCIERE Lasciamolo alle sue letture scolastiche. I giorni intan-


to trascorrono rapidamente e la guerra si svolge con al-
terne vicende, previste da entrambi i contendenti. Ma è
una guerra che incontra e i critici militari sono d'accordo
nel definirla la più importante, soprattutto dal lato tecni-
co. Però il campionato di calcio non è stato interrotto. Si
nota nelle donne una certa tendenza alla liberalità nei
rapporti sociali. Esse sanno bene che la festa si fa sempre
per loro. Cinque anni sono passati e non ce ne siamo
nemmeno accorti. Non abbiamo nemmeno tagliato le pa-
gine ai molti libri acquistati, ma ci ripromettiamo di farlo
con calma, a pace fatta. Intanto la posta distribuisce rego-
larmente i telegrammi di Stato e le tintorie lavorano. Il
ministro della superproduzione ha calcolato, del resto,
che il nero, attirando i raggi solari, contribuisce al ri-

148/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


sparmio del combustibile.
PRESIDENTE Ogni epoca è divisibile in anteguerra, guerra e
dopoguerra. Bello questo bambino impalato. Sembra ve-
ro.
USCIERE La guerra terminerà tra pochi giorni. È durata quindi-
ci anni, come previsto.

Rullo di tamburo.

Ninì entra e si pone vicino al Presidente con una co-


rona d'alloro in mano.

PRESIDENTE Usciere, che notizie ci sono?


USCIERE È deceduto in seguito a gravi ferite quel giovane che
si rifiutava di andare alla guerra. Ricordate?
PRESIDENTE No. E poi?
USCIERE Siamo agli sgoccioli, ormai.
PRESIDENTE Già, ancora cinque giorni e poi l'armistizio. Non
vedo l'ora di andarmene in vacanza. Che si dice della vit-
toria? Che dice il popolo, che vinceremo?
USCIERE I pareri sono discordi.
PRESIDENTE E voi che ne pensate?
USCIERE (sospira) Io? Nulla.
PRESIDENTE Voi, il mio più fedele collaboratore, giungere a
questo punto. Vi ordino di dirmi chi vincerà, secondo voi,
la guerra. Avanti!
USCIERE Non posso, signor presidente. Ho anch'io la mia pic-
cola teoria sulla guerra. Le guerre si fanno. Quanto a vin-
cerle o a perderle, sono faccende che non mi riguardano.
PRESIDENTE Non vi riconosco. Ho visto poco fa un'ombra pas-
sare sulla vostra fronte e da quel momento andate va-
neggiando. Ma pure voglio insistere.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 149


USCIERE Vi prego, non ne fate una questione di delicatezza.
Non ci cascherei. Io odio la parola vittoria come voi odia-
te l'ipotesi della sconfitta.
PRESIDENTE Usciere, vi sbagliate. Io non odio la sconfitta.
Nemmeno la temo. Sappiate che il popolo ama le vittorie
ma si affeziona soltanto alle sconfitte. In ogni caso baste-
rà una canzone per ristabilire l'equilibrio. Piuttosto, voi
odiate la logica. Se una guerra si fa, qualcuno deve vincer-
la. E a voi non costa nulla, piccolo verme irresponsabile,
dire che la vinceremo noi. Tra qualche giorno la Storia si
incaricherebbe di mettere le cose a posto.

L'Usciere si alza in piedi, solenne. Tamburo. Pausa.

USCIERE Perché avete nominata la Storia? Se proprio volete


saperlo, sono io, la Storia. Che sorpresa, eh?
PRESIDENTE Voi la Storia? Bugiardo, vi ho preso sul fatto. E
costei la Storia. Non è vero, Ninì?
NINÌ (atona) Sì, signor presidente.
PRESIDENTE Avete sentito? Io non riconosco che costei.
USCIERE Sono io la Storia. Tanto per intenderci, sono la Storia
anche dal punto di vista cartaginese.
PRESIDENTE Non ci intendiamo egualmente. Io non conosco
che una Storia. Cara Ninì... Cos'hai in mano?
NINÌ Una corona d'alloro.
PRESIDENTE Per me?
NINÌ Vedremo.
PRESIDENTE Ninì, sei un tesoro. Chi siamo noi, Ninì?
NINÌ (atona) Noi? Un popolo posto felicemente dalla Natura al
centro delle vie di comunicazione mondiali. Un popolo
sano, fiero, onesto, laborioso, nemico della guerra ma for-
tissimo, di antica civiltà, eccetera...

150/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


PRESIDENTE L'avvenire ci addita una meta. Quale?
NINÌ Il dominio degli altri popoli che sono per ora disonesti, ir-
religiosi, golosi, nazionalisti, e politici. E deboli.
PRESIDENTE Perché sono deboli?
NINÌ Per vari motivi.
PRESIDENTE Dimmi i principali.
NINÌ Perché coltivano le arti decadenti e la pederastia. E per-
ché sono dediti ai commerci.
PRESIDENTE Abbiamo mai perso una guerra?
NINÌ Mai, signor presidente. Cioè, ne abbiamo perse alcune, ma
per colpa del nemico.
PRESIDENTE Un'ultima domanda: chi può portare la durata
del giorno a ventidue e forse anche a venti ore?
NINÌ Soltanto il nostro popolo, signor presidente. (Pone la co-
rona d'alloro sul capo del Presidente.)
PRESIDENTE Eccovi servito galantuomo. Grazie, tesoro.
USCIERE (ride) La vostra Ninì è carina, non lo nego. Ma ha le
carte in regola? Io le ho, per esempio.
PRESIDENTE Ammesso e non concesso. Vi arrogate comunque
una funzione che non sapete espletare.
USCIERE Faccio del mio meglio. Credetemi, non sono ancora
riuscito ad ammaestrare me stesso.
PRESIDENTE Oggi nessuno fa più volentieri il suo dovere, né il
suo mestiere, questa è la verità. Sospettavo da tempo che
la Storia non fosse all'altezza degli avvenimenti, ora ne ho
la certezza. Però avevo preso le mie misure: Ninì. Che al-
meno ha il vantaggio su di voi di avere delle belle gambe.
Vi compatisco. E potrei anche chiedervi: dove avete mes-
so la Vittoria? Non esiste più la Vittoria?
USCIERE La Vittoria? Il mio primo amore. So che si fa mantene-

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 151


re da qualcuno. Odia vivere alla giornata come ai tempi in
cui nacque, quando si cavava pure i suoi béguins. Oggi le
sue ali le servono per dormirci al caldo coi commendatori
della superproduzione.
NINÌ Voi insultate una signora!
USCIERE La colpa è vostra che seguitate a battervi come se
questa signora avesse ancora le ali.
PRESIDENTE Volete cavarvela con poco. Comodo davvero!
Quel che conta oggi sono gli avvenimenti. E le vostre me-
lanconiche considerazioni lasciano il tempo che trovano.
USCIERE Quel che conta è altro per me. Non darei un'unghia
del più sporco cuciniere di un reparto per tutti i vostri
avvenimenti, che purtroppo ho dovuto seguire.
PRESIDENTE Ogni giorno nuove sorprese. La Storia si fa frate!
Intanto, io vi licenzio.
USCIERE Meglio così. Addio. (Si alza e fa per uscire.)
PRESIDENTE Addio, dilettante! Addio, rubastipendio!
USCIERE (ritorna sui suoi passi, rapido, i pugni serrati. Pausa)
Perché? Non mi diletto davvero. E che abbia rubato il mio
stipendio, è una calunnia volgarissima. Io ho fatto il mio
lavoro come voi il vostro. Se per tanto tempo il mio lavo-
ro è dipeso dal vostro – e ne ho perciò la nausea – la colpa
non è mia.
PRESIDENTE Un lavoro come un altro. Inutile lamentarsene.
USCIERE Praticamente si riduce a segnare i nomi dei morti. Lo
trovate divertente?
PRESIDENTE Non è meno noioso segnare i nomi dei vivi. È la
stessa cosa. E poi, anche noi li registriamo i nomi dei
morti, e li onoreremo. Fortunatamente, abbiamo più scul-
tori che disfattisti.
USCIERE Il caso mio è diverso. Che lavoro cane! Non era questo

152/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


che immaginavo quando mi presentai a prendere servi-
zio, fiero della nomina. Sempre nomi! Vi dirò che non
posso fare a meno di impararli a memoria. E più forte di
me. Non faccio nessuno sforzo, ne ho la testa piena. Pote-
te chiedermi il nome del più stupido soldato morto nella
più trascurabile scaramuccia e io ve lo dirò. So il nome di
coloro che sono morti il primo giorno della guerra. E il
nome di quelli che morirono con la licenza in tasca. Eh,
ma non finirei più. So anche il nome del soldato ignoto.

Ninì scoppia a piangere.

PRESIDENTE (si alza in piedi e la consola) Non fare così, tesoro,


non dargli retta. Su, da brava.
NINÌ Mandalo via! Ih! ih!
PRESIDENTE (irato) Maledetto usciere. Dovreste vergognarvi.
Voi fate del sentimento come gli assassini, che poi pian-
gono al cinematografo. Vi siete ridotto in basso. Calma,
Ninì. Dovreste vergognarvi!
USCIERE È l'unica speranza che mi rimane. (Entra il fantasma
del Giovane. E ubriaco. Passando vicino al monumento ai
Caduti, volta il cartello e appare la scritta: "Tutto esauri-
to".) Ecco, uno dei tanti nomi che ho dovuto imparare a
memoria.

Il Presidente e Ninì si alzano impauriti. Una lunga


pausa.

GIOVANE Buona sera. Come va, eccellenza? Ciao, Ninì.


NINÌ (ripigliando animo) Ciao.
PRESIDENTE Buona sera, figliolo. (Pausa.) Sono dolente di
quanto vi è accaduto. Proprio dolente. Si ha un bell'essere
avvezzi, ma certe cose dispiacciono. Spero di potere es-
servi utile in qualche modo. Contate pure su di me.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 153


NINÌ Anche su di me.
GIOVANE Non mi serve nulla. Grazie.
PRESIDENTE Lo dite per confondermi maggiormente.
GIOVANE Ma vi pare. Non crediate che sia venuto qui per far
chiasso o per la liquidazione degli arretrati. La guerra mi
ha insegnato tante cose. Mi ha insegnato, per esempio, a
essere un fantasma discreto. Se non vi dispiace, mi metto
a sedere qui. Ho tutto il tempo libero. Be', come va la
guerra? (Siede.)
PRESIDENTE Bene. Siamo agli ultimi giorni.
GIOVANE Spero che gliele suonerete a quei porci. Seguitate pu-
re i vostri discorsi.
USCIERE Stavamo parlando di morti, speravo che il presidente
si rendesse conto che egli è uno dei responsabili. Perché
non parlate voi?
GIOVANE Che debbo dirvi? Il presidente è un brav'uomo.
Quando vedevo sul giornale la fotografia della sua fami-
glia riunita, mi venivano le lagrime agli occhi.
USCIERE Spero che vogliate capire, signor presidente, come
questa generosità sia più dura di una accusa. Povero gio-
vane. Eri così sfornito di idee generali e odiavi tanto la
guerra! Meritavi di nascere in Svizzera o addirittura sulla
Luna. La tua fine mi ha addolorato particolarmente. T'ho
visto traballare sotto la doppia spinta del cognac e delle
pallottole di quella mitragliatrice. Povero ragazzo. Perché
ti sei ubriacato?
GIOVANE Be', lasciamo andare. Ma era un cognac veramente
cattivo.
PRESIDENTE Mi sorprende. Il cognac della nostra sussistenza è
ritenuto ottimo dallo stesso nemico. Tuttavia ordinerò
un'inchiesta.
GIOVANE Sapeva di benzina. Poi, quando si beve senza mettere
154/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
niente nello stomaco sono guai. Ma figuratevi se avevo
voglia di mangiare. Eppure di roba ce n'era a strafottere.
Ah, voi non potete immaginare com'era bello quel posto.
Sembrava la passeggiata scolastica, quando è il momento
di tirar fuori la colazione. Noi aspettavamo con la cicca in
bocca. Adesso che ci penso: molti se ne vanno con la cicca
in bocca. Ma la cosa più importante era questa: sembrava
di essere già morti, finalmente, senza responsabilità. Poi
l'ordine di uscire, la corsa sino a quel bar. Bisognava arri-
vare a quel bar e sloggiare quei porci. Non i clienti, quelli
erano già andati via da un pezzo. Arrivarci. Un giuoco an-
che questo: forse sarebbe bastato toccare la porta del bar,
toccare la reclame del vermouth e avremmo vinta addi-
rittura la guerra. Almeno io l'avrei vinta. Colpa mia. Il re-
golamento militare parla chiaro: l'ubriachezza non è
un'attenuante. Dunque io sono morto senza attenuanti.
Ma non parliamone più o mi metterete nei pasticci. (Si
sdraia sulla panchina.)
PRESIDENTE (solenne) Alla luce del sacrificio vi rivelate un
eroe modesto e pieno di idee sensate. Che lezione per
questa Storia. Darò il vostro nome a una scuola di avvia-
mento tecnico. Non è vero Ninì?
NINÌ Sì, il suo sacrificio va ricompensato.
GIOVANE Una scuola di avviamento tecnico? Eppure sono un
sentimentale. Sparando si diventa sentimentali. Anzi, se
un giorno troverete il mio caro e amato cadavere, sulla
tomba scriveteci: "Fu convinto con le buone." Ah, che
sonno.

Entra la fanfara – clarinetto e tamburo – che suona


un segnale di caserma, il Giovane si addormenta.
NINÌ (siede sulle ginocchia del Presidente e accende una sigaret-
ta) Che bravo ragazzo. Il suo nome finirà sulle copertine

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 155


dei quaderni, vicino alla Tavola pitagorica. Non è vero, si-
gnor presidente?
PRESIDENTE Sì, Ninì, quei quaderni che i ragazzi adoperano
per la bella copia. Sono vecchio, ormai, eppure quando ne
vedo uno mi commuovo, ancora. Che bell'età, l'infanzia.
(Accetta la sigaretta da Ninì e fuma. Poi si volge all'Uscie-
re) Come vedete, noi possiamo sempre fare affidamento
sulla nostra gioventù, domani e sempre.
USCIERE Domani e sempre?
PRESIDENTE Prendete esempio voi dagli uomini e smettetela
di rifarmi il verso. Smettetela anche coi vostri pettegolez-
zi. Non sarà la vostra memoria che fermerà la Terra nel
suo giro intorno al Sole.
USCIERE Per ora scrivo nomi e li imparo a memoria. Povero
giovane, consolati. Molti bambini nascono e non sanno
nemmeno che nei magazzini militari del paese amico c'è
già pronta la pallottola per loro. Addio.
PRESIDENTE Fermatevi. Avete accennato ai morti che verran-
no. Ci saranno allora altre guerre?
USCIERE Signor presidente, siete un bell'ipocrita. (Si toglie la
parrucca bianca e la livrea, con la quale copre il corpo del
Giovane.)
PRESIDENTE Perché? Credete che io mi diverta, a farle? Avete
detto prima di non sapere se una guerra si vince o si per-
de. Vi concedo che la cosa ha poca importanza. Fra qual-
che giorno avrò delle belle onoranze nazionali oppure sa-
rò costretto a dimettermi. E non escludo che qualcuno
vorrà impiccarmi. Nel qual caso io lascerò fare, si tratterà
di un proforma. Impiccheranno semmai la Sconfitta, non
la Guerra. E io sono abbastanza vecchio per non farne
una questione personale. Anche il mio successore cono-
sce il segreto di questa poltrona. Bando agli scherzi, ami-
co mio, vi consiglio di cambiar mestiere. La vostra posi-
156/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
zione polemica è addirittura infantile. Come spiegarvi?
Dopotutto le guerre, compreso i nomi che voi andate se-
gnando, come un commesso viaggiatore segna le spese
che si farà rimborsare – con la stessa burocratica avidità
–, e compreso questo bravo giovane, dopotutto le guerre
si fanno! Vi meravigliate di quello che succede nel mon-
do? Ma guardate cosa succede in una goccia d'acqua o
quello che succede tra l'erbetta di un praticello, uno di
quei praticelli che, ci scommetto, vi riposano lo spirito. La
guerra è dappertutto. Quella che noi vediamo è forse la
migliore, la più economica, la più decorativa. Voi adesso
fate il pacifista in ritardo. Ma anch'io amo la pace!
NINÌ Bravo, gliel'hai cantata!
PRESIDENTE Zitta, Ninì. Sì, amo la pace. Figuratevi, dunque,
che cosa può importarmi del vostro pronostico. Ci sputo
sopra. Non è questa la guerra che mi interessa, caro il mio
dilettante, ma...
USCIERE Ma?...

Il Presidente si alza in piedi, il clarino suona


l'"attenti".

PRESIDENTE La prossima.

Il clarino suona il "riposo". Un rullo di tamburo.



Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 157


La Donna Nell'armadio

La farsa fu rappresentata il 24 maggio 1957 (con repliche fino al 2


giugno) al Teatro Gobetti di Torino, regia di Enrico Romero, quindi,
in novembre, al Teatro Arlecchino di Roma, regia di Luciano Luci-
gnani, interpreti Gianni Agus, nei panni di Antonio, e Gianni Bonagu-
ra, in quelli del commissario.
Il testo era apparso il 30 aprile dello stesso anno su "Il Mondo" e
fu successivamente ripubblicato, nel 1958, in "Sipario". Dell'episo-
dio, come per tutte le farse qui edite, si conserva anche la versione
narrativa rappresentata dall'Inchiesta, un testo lasciato inedito da
Flaiano.
Anche per questo atto unico ci sono state conservate delle note di
regia che Flaiano inviò a Luciano Lucignani, in una lettera del 16 no-
vembre 1957:
L'inizio e la fine sono lenti. Agus deve dire il suo monologo
iniziale più in fretta e con un tono più scherzoso. Tu dici
che è una tragedia moderna, io penso che sia una farsa
moderna. Accontentami.
Il blocco centrale va benissimo: recitato molto bene, Agus
e Bonagura sono ottimi e li ringrazio.
La fine; stringere, mi raccomando.
I tempi sono, a mio avviso, questi:
Saluti tra Agus e Bonagura, molto mimati.
Usciti gli agenti, Agus sorridente e lieto perché tutto si è
risolto bene va a prendere subito la sega e apre subito
l'armadio. Vediamo la donna. Subito: suono di campanel-
lo. Non sono passati cinque secondi dall'uscita delle guar-
158/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
die.
Agus fa un gesto come se gli avessero piantato un palo
nella schiena. Poi, senza guardarsi attorno, lasciando
l'armadio aperto, va alla porta e apre subito. Dialoghetto
con la guardia, così allegro com'è adesso.
Via la guardia, Agus ritorna al centro della scena allegro e
pensoso. Sta rimuginando i suoi versi. Guarda la donna
nell'armadio, guarda il soffitto, guarda il pubblico e dice i
versi sorridendo. Poi si inchina al pubblico e si avvia verso
l'armadio. Qui cala la tela, rapidamente.
Ossia: evitare lentezze e languori, esiziali per questo gene-
re di farse. Agus non si infila il grembiule, né accende la
sigaretta, perdiamo tempo. Agus deve agire rapidamente,
alla fine. Desidero che la Donna nell'armadio venga vista
prima del dialogo con la guardia perché questo scarica la
tensione. Meglio farla vedere subito, capito? Il pubblico
mediterà su questa visione di donna immobile col volto
coperto dai capelli. Va bene? E Agus non la tira fuori
dall'armadio. Non ne avrà il tempo, perché cala la tela. È
molto importante

Personaggi

ANTONIO, giovane poeta


IL DOTTORE
LA CAMERIERA
PRIMO AGENTE
SECONDO AGENTE
LA DONNA, che non parla

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 159


Lo studio di Antonio. Tavoli, quadri, un grande arma-
dio e una pendola che segna le due. Ci sono anche due
poltrone, su una delle quali siede Antonio, sfogliando
un album di fotografie.

ANTONIO Un giorno o l'altro dovrò decidermi a strappare que-


ste fotografie. Coi tempi che corrono è imprudente con-
servarle. Ammettiamo che io sia implicato in qualche af-
fare o, peggio, che io abbia successo. Perché escluderlo?
Ecco i giornali che stampano questa fotografia in cui ap-
paio nudo, a sei mesi d'età, sdraiato col culetto all'aria su
una pelle d'orso. O quest'altra: io vestito da bersagliere, a
quattro anni. O questa con la cravatta d'artista e lo
sguardo sognante. (Pausa.) La verità, caro Antonio, è che
la paura ti insidia. È cominciato un periodo nella tua vita
in cui hai paura dite stesso. È forse la paura di non cono-
scerti profondamente? O di ciò che la gente può pensare,
immaginare di te, soltanto se guardasse queste prove
iconografiche del tuo passato? Ecco, qui sono troppo gaio,
autorizzo l'ipotesi di una frivolezza di carattere che po-
trebbe essermi rimproverata, che io stesso mi rimprove-
ro, se ci penso bene. In quest'altra sono triste, tetro, chiu-
so, un vero misantropo (o misogino? peggio!), capace di
ogni eccesso per difendere la mia solitudine. (Si alza.) Si-
gnori, in questa fotografia dobbiamo cercare la verità
dell'imputato: egli odiava il prossimo come se stesso.
(Siede.) Qui, sottobraccio a... come si chiamava? Eppure
l'ho amata. Non ha importanza il nome, forse era un di-
minutivo. Dicevo, sottobraccio a questa giovane donna
sorridente, posso esserne ritenuto il seduttore dal modo
calmo e freddo che ho di guardarla. E questa? Ahi! Con un
amico, sottobraccio, mentre brindiamo. Eccomi nel più
sospetto dei pervertimenti. E questa? Con una barba po-
sticcia! Tanto vale urlare che sono stato io. (La pendola
160/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
suona le due.) Le due. Ritorna puntualmente ogni dodici
ore. Bene, soltanto gli orologi fermi hanno un'idea esatta
del Tempo. E lo dimostrerò. Abbiasi un orologio fermo,
per esempio alle ore due, e si consideri un qualsiasi pa-
rallelo, diciamo l'equatoriale. Ora tutti i punti si trove-
ranno, incessantemente, uno alla volta, alle ore due: il che
dimostra che quest'ora esiste continuamente e che l'oro-
logio fermo ha ragione da vendere a non muoversi. Per
questo noi diciamo che il Tempo è galantuomo. O che il
Tempo è denaro. O che il Tempo è variabile. Ma qui en-
triamo nella meteorologia. (La pendola ripete le due e ha
uno scatto da ferrovecchio.) Brava, non muoverti, ripeti,
insisti. (Pausa.) Tornando alle fotografie, sarà bene
strapparle, o bruciarle. Beninteso, assieme alle lettere, a
tutta la cianfrusaglia che ingombra i cassetti. Non do-
vrebbero trovare niente. Certo è che viviamo allo scoper-
to, i biografi stanno appestando l'umanità. È persino im-
prudente morire. Basta, adesso lavoriamo. (Si alza.) Il
bollettino di spedizione? Ah, eccolo. È la parte più noiosa.
Mittente, destinatario, peso, qualità della merce, bollo
dell'ufficio, data del giorno in cui viene fatta la spedizione
e il tutto tradotto in francese: poids, qualité de la mar-
chandise, nom de l'expéditeur... Sacré nom de
l'expéditeur! Ah, sono incorreggibile. Tutti i miei pensieri,
gira e rigira, tornano a Dio. Ho un bell'agire bassamente, i
miei pensieri volano in alto. (Suono di campanello. Anto-
nio resta immobile, folgorato. Un altro suono di cam-
panello.) Hanno suonato. Un telegramma? Un tale che ha
sbagliato porta? Un venditore di tappeti? Un amico d'in-
fanzia, che ha avuto l'indirizzo da un altro amico d'infan-
zia? Al giorno d'oggi tutto è possibile. (Va alla porta,
guarda attraverso l'occhio di bue, indietreggia, sconvolto.)
Sono tre. Dio mio, tre amici d'infanzia? E se fossero "lo-
ro"? Nascondiamo questo bollettino. Io non apro. (Suono
di campanello insistente.) No, impossibile. Impazzirei. Stai
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 161
calmo, Antonio, e sorridi. Non assumere subito l'aria del
colpevole, ma sorridi e ricorda che negando tutto si insi-
nua il dubbio. (Antonio apre la porta. Entrano il Dottore e
due Agenti. Mentre il Dottore va al centro della stanza, i
due Agenti si dispongono uno accanto alla finestra, l'altro
accanto alla porta, in pose indolenti.) Desiderate? (A par-
te) Debbo mantenermi calmo e sorridere. (Al Dottore)
Desidera? Un telegramma?
DOTTORE Lei aspetta un telegramma?
ANTONIO (sorridendo) Oh, no, ma i telegrammi arrivano quan-
do uno meno se l'aspetta. Dicevo così. Forse loro devono
fare qualche verifica, non so, il gas, il telefono. Io non ho
telefono.
DOTTORE Qualche verifica... Bah. In un certo senso. La ricerca
si sta facendo lunga e difficile e ognuno deve assumersi la
sua parte di responsabilità.
ANTONIO Ah, capisco. Ma non vedo come io...
DOTTORE Lei non vede perché non possiede tutti gli elementi.
ANTONIO Quali elementi?
DOTTORE Elementi. Perciò, se lei consente, io le farò una do-
manda semplice, cordiale, non insidiosa e lei avrà la bon-
tà di rispondermi. Può anche rifiutarsi di rispondere. Ma
perché dovrebbe rifiutarsi? Le conviene? Ci guadagna
qualcosa? In sostanza, la domanda è questa. (Cava di ta-
sca un foglio.) Come ha occupato lei il pomeriggio del
giorno 13 scorso, sabato?
ANTONIO (a parte) Quest'uomo non sa niente. Mi mostrerò
leggermente sorpreso e indignato. (Al Dottore) Sabato
scorso, 13? Be', bah, boh... io sono veramente sorpreso.
Con chi ho l'onore?
DOTTORE Guardi questa tessera.
ANTONIO (guarda la tessera) Vuol darmi, prego, l'ombrello?

162/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


(Prende l'ombrello del Dottore e lo mette nel portaom-
brelli accanto alla porta.)
DOTTORE Prima risponde e meglio è. Non ho soltanto lei da in-
terrogare. Ma, ripeto, può anche rifiutarsi di rispondere.
ANTONIO No, no, no... Vediamo, vediamo. (A parte) Sono stato
a letto sino all'una, ma chi lo crederebbe? E poi, passerei
per un ozioso. (Al Dottore) Sabato 13. Ora ricordo. Mi so-
no alzato alle otto, come ogni giorno, di eccellente umore.
Infatti, mi piace svegliarmi.
DOTTORE M'interessa soltanto il pomeriggio.
ANTONIO Anche il pomeriggio mi sono alzato di eccellente
umore. Lei non riposa il pomeriggio?
DOTTORE Le domande le faccio io... (A parte)... pupa! (Ad Anto-
nio) Che cosa ha fatto dalle due alle tre? Ricorderà, im-
magino. Ci sono ricordi che non si cancellano.
ANTONIO (pensa) Dovrei ricordarlo. (A parte) È meglio non
fornire subito l'alibi perfetto. Prudenza. (Al Dottore) Sono
passati appena otto giorni. Vediamo, vediamo.
DOTTORE Dalle due alle tre. Era... era in casa?
ANTONIO Ma certo! Ero in casa.
DOTTORE Così non va. È infantile. Io debbo supporre che lei
non era in casa, e averne le prove? Ma come? Ebbene,
cominciando con ordine. (Un Agente cava di tasca un tac-
cuino dove annoterà le risposte di Antonio. L'altro fornisce
la matita.) E cominceremo! Tornò a casa per la colazione,
sì o no?
ANTONIO Non mi sono neanche mosso, ma è meglio non com-
plicare. (Al Dottore) Sì, tornai a casa per la colazione.
DOTTORE (guardando un quadro) Ne è certo o pensa che ha
fatto colazione solo perché abitualmente la fa tutti i gior-
ni?

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 163


ANTONIO Sì, faccio colazione tutti i giorni, eccetto casi rarissi-
mi.
DOTTORE (dolcemente) Quali casi?
ANTONIO Non so, inappetenza, affari che mi trattengono in cit-
tà.
DOTTORE (indicando un quadro bianco) Questo è un falso. Pec-
cato, perché è abbastanza riuscito. È caduto sulla prepa-
razione. Troppo gesso. In questura ne abbiamo una doz-
zina, così. Lei come ha avuto questo?
ANTONIO Me l'ha regalato l'autore.
DOTTORE Allora, è un falso d'autore. Lei è amico di artisti, di
intellettuali.
ANTONIO (gesto di vaga modestia) Bah, così.
DOTTORE Quindi lei non esclude che sabato 13 abbia rinunzia-
to alla colazione. Per colazione non intendo il caffelatte,
ma il pranzo. Attenzione.

Gli Agenti ridono.

ANTONIO Tutto sommato, posso escluderlo. Qualche volta mi è


successo di non fare colazione, di non pranzare, ma sono
convinto che sabato 13 sì.
DOTTORE La sua convinzione può essere provata? Ha qualche
testimonio? Resti di cibo? Per esempio, vediamo il libro
dei conti. Non ha un libro dei conti?
ANTONIO Ho un libro dei conti, ma perché mettere in piazza
queste miserie?
DOTTORE Ne farò un uso riservato. E poi la verità è fatta anche
di queste miserie, che discorsi!
Antonio prende un libro e lo consegna al Dottore, che
lo passa all'Agente senza taccuino. L'Agente sfoglia il
libro e legge.
164/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
PRIMO AGENTE (leggendo) Sabato, 13. San Firmino. "Quando
ho fatto del bene e si viene a sapere io mi ritengo punito
invece che ricompensato": Chamfort.
DOTTORE Salta gli aforismi.
PRIMO AGENTE (leggendo) Pane, cipolla, frutta, filetto, uova,
formaggio, segatura. Ci sono le cifre a fianco. Debbo leg-
gerle?
ANTONIO (si torce le mani) Ma così si distrugge un uomo!
DOTTORE (prende il libro, lo guarda) È lei che fa la spesa?
ANTONIO No, la mia cameriera, una donna a ore, naturalmente.
Persona anziana, di cui mi fido ciecamente.
DOTTORE E dov'è la sua cameriera?
ANTONIO Lascia questa casa verso l'una e mezzo. Rientrando,
io trovo la tavola imbandita, il caffè sul fornello, ma non
acceso, spento, e tutto in ordine. È triste, lo so, ma è la so-
luzione ideale per uno scapolo.
DOTTORE E così può impiegare meglio il suo tempo, vero?
ANTONIO Non capisco.
DOTTORE (ai due Agenti) Non capisce. (I due Agenti ridono.)
Lei ama la solitudine?
ANTONIO Amarla? L'uomo saggio non è mai solo, ma l'uomo
solo non è sempre saggio.
DOTTORE Sono lieto di sentirglielo dire. (Ride.) Così, insiste
nell'affermare che fece colazione qui?
ANTONIO Ne sono convinto. Sabato, sabato... sì.
DOTTORE La sua convinzione può essere altrimenti provata?
ANTONIO E come? Vivo solo. Sono passati otto lunghissimi
giorni. Non ho telefono. Del resto, è abbastanza provata,
dal libro.
DOTTORE Apparentemente. Un libro si fa presto a riempirlo,

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 165


dopo. (Pausa.) Quindi, è possibile che lei dapprima abbia
deciso di pranzare in casa e impartito ordini alla came-
riera in questo senso, che ha eseguito le sue disposizioni,
fornendole "ciecamente" – vecchia com'è e piena di fidu-
cia nel suo datore di lavoro – un... un... Non indovina? Un
alibi. Eh già. Un alibi. (Duro) Ma che poi lei abbia deciso di
rinunziare al pranzo, per motivi poco chiari, evitando di
rientrare.
ANTONIO Perché avrei dovuto rinunziarvi?
DOTTORE L'ho detto. Per motivi poco chiari. Oppure, se vo-
gliamo: per inappetenza, per affari che l'hanno trattenuta
in città. Lo ha ammesso lei, io non ho aggiunto una parola.
ANTONIO Io dicevo in linea generale.
DOTTORE Secondo quel che lei afferma, e che ribadisce la pre-
cedente ammissione, già gravissima, l'inappetenza e gli
affari che la trattengono in città rientrano in una linea
generale della sua condotta?
ANTONIO Non ho detto questo. Ho detto che talvolta, raramen-
te e comunque mai di sabato, ho inappetenza e che un af-
fare può trattenermi in città. Ma sabato 13 tornai a casa.
Il filetto! Ecco. Mangiai il filetto!
DOTTORE Questo punto non può essere chiarito. Noto però
che lei si va gravemente contraddicendo, perché prima
aveva aggiunto: "E comunque mai di sabato."
Che cosa significa? Sabato è un giorno come un altro, o lei
per motivi religiosi lo considera festivo, sacro? No, vero?
E allora? Non le converrebbe ammettere, confessare?
ANTONIO Che cosa dovrei confessare? Che non ho mangiato il
filetto? Mai e poi mai.
DOTTORE Suvvia, non faccia lo sciocchino.
ANTONIO Io non faccio lo sciocchino!
DOTTORE (sorridendo) Lei non si controlla più. Sbraita, nega,

166/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


mi offende. Meglio. (Pausa. Rivolto al pubblico) Prima sal-
tano il pranzo e poi se la prendono con me.
ANTONIO (imbronciato) Io non ho saltato il pranzo.
DOTTORE Ma certo, lo sto forse negando? (Si avvicina all'ar-
madio, lo osserva.) Bello, quest'armadio.
ANTONIO È un armadio di famiglia.
DOTTORE Tutti i vecchi armadi sono di famiglia. È un modo
come un altro per insinuare che si è avuta una famiglia,
più o meno benestante, o anche ricca, a seconda del valo-
re dell'armadio. (Tocca l'armadio.) Non è certo un pezzo
da catalogo, ma abbastanza curioso, direi.
ANTONIO Lei s'interessa d'antiquariato?
DOTTORE Non creda di distrarmi.
ANTONIO Io non voglio distrarla affatto.
DOTTORE No, lei tenta di distrarmi. La smetta di tirarmi per le
falde della giacca. È l'armadio che m'interessa. (Vi picchia
con le nocche, poi di colpo duro) Dov'è la sua vecchia ca-
meriera?
ANTONIO È tornata a casa sua. (Si sente un rumore di chiave
che gira nella toppa della porta. Tutti si voltano. La porta
si apre ed entra la Cameriera, una vecchia in cappellino,
trascinando un sacco a metà pieno. Antonio raggiante)
No, eccola!
CAMERIERA Sono tornata perché passando ho visto che il car-
bonaio era aperto e allora ho detto: "Meglio, così ritiro la
segatura e non ci penso più." Lei ha visite, signorino, me
ne vado subito.
DOTTORE No, aspetti. Lei è la cameriera?
CAMERIERA Sì. (Vede un mozzicone di sigaretta, lo raccoglie.)
In questa stanza ci sono tre portacenere, mica uno, e non
ci sono per bellezza.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 167


DOTTORE Scusi, signora.
CAMERIERA Chi si scusa o l'ha fatta o la sta per fare.
DOTTORE Vorrei farle una domanda. Sabato scorso, 13, il si-
gnor Antonio ha fatto colazione qui in casa?
CAMERIERA Certo che l'ha fatta. I piatti li ho lavati io, dopo, lu-
nedì, mica li ha lavati lei, o lui, o lui.
ANTONIO (contento) Bene, dopotutto lei è pagata per questo.
CAMERIERA Non c'è bisogno di rinfacciarmelo.
ANTONIO Non le rinfaccio niente, volevo sottolineare che lei ha
lavato i piatti. Ho usato una frase infelice, d'accordo. Ma
che cosa prova? Prova che se lei ha lavato i piatti, io li ho
sporcati.
DOTTORE Non deviamo la discussione. E soprattutto non por-
tiamola su un terreno così realistico. È possibile che ogni
idea di dignità, di bellezza, di... di poesia sia morta in que-
sto paese? Tutto sta diventando volgare, utilitario, ine-
rente, probatorio. E infinitamente basso. Aria, aria, respi-
riamo. (C'è un lungo silenzio. Il Dottore che passeggia su e
giù, urta contro il sacco della segatura e gli dà un calcio.
La Cameriera fa grandi cenni ad Antonio.) Perché fa quei
gesti?
ANTONIO Oh, niente, vuol dire che deve andarsene. (Alla Ca-
meriera) Vada, vada pure.
CAMERIERA Volevo anche dire che la segatura io non l'ho pa-
gata.
ANTONIO (ridacchia) Non importa, carissima, non importa,
passo io dopo dal carbonaio. Non si disturbi.
CAMERIERA Ecco tutto. Buonasera. (Esce.)
Un silenzio. Il Dottore passeggia, pensieroso, si ferma,
guarda il sacco.

168/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


DOTTORE Perché tanta segatura?
ANTONIO (a parte) Si può essere più sfortunati. Proprio adesso
doveva venire quella stupida con la segatura! (Al Dottore)
Immagino, immagino... che serva per le pulizie... per le
grandi pulizie.
DOTTORE (a parte) Non è sciocco, il signorino, ha una risposta
per tutte le mie domande. Cercherò di distrarlo. (Ad An-
tonio) Quali sono gli affari che generalmente la tratten-
gono in città?
ANTONIO Non dovrei dirlo, ma lei mi costringe. Io sono un
poeta e ho sempre affari.
DOTTORE (ammirato) Lei è poeta? Cosicché scrive versi. Vor-
rei leggerne qualcuno. Posso frugare tra le sue carte? (Va
al tavolo da lavoro e prende un quaderno, prima che Anto-
nio possa impedirglielo.)
ANTONIO Oh, ma sono ancora allo stato grezzo, appunti.
DOTTORE Crede che non possa capire, apprezzare? La prego,
sia buono.
ANTONIO Se mi prega, io non so che dirle.
DOTTORE (leggendo)
"Quando la luna varca la città
Da levante a ponente
Io la guardo e mi piace
La sua pallida puntualità."
"Pallida puntualità." E un'immagine graziosa. Bene.
ANTONIO Sì, non è male. Legga questa.
DOTTORE Mi lasci, faccio io. Giù le mani. (Legge)
"Quante cose guardiamo in realtà,
Che non valgono il tempo d'esser viste.
Questo si chiama: l'infelicità."
Come è vero. Si perde un sacco di tempo a guardare, guardare.
Poi mi piace perché è breve.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 169


ANTONIO (levandogli il quaderno) Ma ce ne sono di migliori.
Per esempio questa:
"L'orto dei frati era l'orto del lupo mannaro
Dietro la siepe trovarono disteso il morto.
La luna si specchiava nel pozzo dell'orto.
Il freddo era quello dei bambini.
E la campagna, quella che io ricordo".
DOTTORE Ah, ma lei è un poeta. Dia a me! (Afferra il quaderno
e legge)
"Una parola, un'altra parola,
Un'altra parola.
Come il pensiero vola avanti
E come uccide la parola al passaggio!"
Se non traviso il suo pensiero, lei vuol dire che noi parliamo,
parliamo, ma il pensiero ci precede e ci aspetta.
ANTONIO O, forse, che il pensiero precede la parola e l'aspetta
in un'imboscata.
DOTTORE Sì, è ciò che intendevo dire. Del resto, è vero. (Ri-
prende a leggere)
"Il poeta dice no alla verità.
Egli ne ha un'altra più rara – ma solo metà."
Ah, qui ci siamo veramente. Bravo. Bravo.
ANTONIO (lusingato) Ne ho tante. Legga questa.
DOTTORE (cambiando tono) Che cosa fece dopo pranzo, sabato
13, sempre ammettendo che lei abbia pranzato.
ANTONIO (sorpreso) Leggiamo prima le poesie.
DOTTORE Prima risponda, poi leggeremo. Che cosa fece?
ANTONIO Va bene. Feci ciò che faccio di solito. Bevo il caffè,
fumo qualche sigaretta, leggo il giornale.
DOTTORE Contemporaneamente? Cosicché lei in dieci minuti,
fornito com'è di una non comune intelligenza, può aver
compiuto le tre distinte operazioni?

170/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


ANTONIO Dieci o venti minuti.
DOTTORE Signore! In venti minuti, una tazza di caffè si fredda
inesorabilmente.
ANTONIO Ma resta il giornale, caldo, cioè no...
DOTTORE Lei si sta impappinando.
ANTONIO Io? Affatto. In cinque minuti bevo il caffè, soffiandoci
sopra, nei quindici minuti che seguono fumo e leggo il
giornale.
DOTTORE Lei si sta contraddicendo. Prima ha ammesso che
eseguiva queste tre distinte operazioni contemporanea-
mente, ora ritratta e offre un'altra versione. Cioè, prima
beve il caffè, poi fuma e legge il giornale. Dove arrivere-
mo? Glielo domando.
ANTONIO Ripeto. Prima il caffè, poi la o le sigarette e, contem-
poraneamente, il giornale.
DOTTORE Bene, a questo punto io debbo chiederle come com-
pie le suddette operazioni. In piedi?
ANTONIO No, di solito in quella poltrona.
DOTTORE Non le succede mai di mettersi in quest'altra poltro-
na?
ANTONIO Mi succede, ma non do mai importanza alla scelta di
questa o di quella poltrona.
DOTTORE Perché non dà importanza alla scelta? Perché lei,
che è persona di cultura, e che certamente regola le sue
azioni, le determina, non dà importanza a questa scelta?
ANTONIO Mi sembra che non ne abbia. È appunto perché i miei
interessi sono determinati che io, per le sciocchezze, mi
affido all'umore. Una poltrona vale l'altra.
AGENTE ANZIANO (ridacchia) Primo errore.
ANTONIO Non capisco.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 171


DOTTORE No? Strano. "Una poltrona vale l'altra." E così l'ab-
biamo colta in contraddizione. Se una poltrona vale l'al-
tra, come mai lei, di solito, siede in questa poltrona e solo
raramente in quest'altra?

Gli Agenti ridono.

ANTONIO Debbo veramente rispondere?


DOTTORE (ridendo) La scongiuro. Ah, è troppo divertente. Una
poltrona vale l'altra. E la pri... è la prima volt... volta che
sen... No, è troppo bella.
ANTONIO E se io mi rifiutassi di rispondere?
DOTTORE (serio) Ma lei non è tanto sciocco da rifiutarsi. Lei sa
bene che deve rispondere.
ANTONIO (dopo una pausa) Ripensandoci, perché questa pol-
trona mi piace di più. Io sposto la questione sul piano del
gusto.
DOTTORE Perché le piace di più?
ANTONIO È più larga, e più comoda.
DOTTORE (guarda il soffitto) Le piacciono dunque le donne un
po' grasse? Non ha torto.
ANTONIO Non ho detto questo. Non ho nemmeno parlato di
donne. Ho detto che mi piace di più questa poltrona per-
ché è più larga e più comoda.
DOTTORE Ma certo, non si ecciti.
ANTONIO Io non mi eccito.
DOTTORE Chi ha la coscienza tranquilla non si eccita.
ANTONIO E infatti io non mi eccito.
DOTTORE La comprendo. Lei ha i nervi scossi e si eccita. (Pau-
sa.) Lei pensa che io voglia farle del male? Sbaglia. Giu-
stamente lei dice che il poeta rifiuta la verità corrente,
perché egli ne possiede un'altra, più rara. Ma purtroppo
172/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
ne possiede solo metà e tutta la sua vita è quindi un'af-
fannosa ricerca dell'altra metà. Non invidio il poeta. Io mi
accontento della verità corrente, ironia vuole che sia pa-
gato appunto per appurare questa verità. E compiango
chi deve cercare la metà di una verità più rara. Dove la
cercherà? Me lo domando. Io non sarei capace. Per me
due e due fanno cinque. Dunque, mi aiuti. La sua regola di
giudizio vale anche per altri oggetti?
ANTONIO (pensa) Ma sì. Dirò tutto. Per il letto, anche.
DOTTORE Le sono grato. Spieghi perché.
ANTONIO Credo che sia nella mia natura un po' pigra di prefe-
rire letti ampi e morbidi. Ma non è una colpa.
DOTTORE La colpa è un insieme di piccoli indizi. Continuiamo.
Dopo essere stato nella poltrona larga, morbida e bionda,
che cosa ha fatto sabato 13?
ANTONIO Le faccio osservare che la poltrona non è bionda.
DOTTORE Perché mi fa osservare che la poltrona non è bion-
da? Io non le ho chiesto se la poltrona è bionda o è bruna.
È lei che lo insinua. (Una lunga pausa.) E così, richiaman-
dosi a un particolare tanto allusivo, anzi determinante, lei
mi autorizza a pensare che la poltrona sia effettivamente
bionda.

Si sente un rumore di chiave che gira nella toppa. Tut-


ti si voltano. La porta si apre e sulla soglia appare la
Cameriera trascinando una cassa da imballaggio.

CAMERIERA Oh, buona sera. Sono tornata perché passando ho


visto che il falegname era aperto e allora ho detto: "Me-
glio, così ritiro la cassa." Naturalmente non l'ho pagata.
Paga lei dopo, vero?

Antonio aiuta la Cameriera a trasportare la cassa da


imballaggio.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 173


ANTONIO Sì, certo, grazie! (A parte) Proprio adesso doveva
portarmi la cassa, questa stupida! (Alla Cameriera) Sarei
passato io, inutile incomodarsi.
CAMERIERA Lei ha sempre la testa per aria. Se non ci fossi io...
(La Cameriera guarda il Dottore e invece di uscire per la
porta che dà sulle scale esce per la porta dei servizi.)

Il Dottore guarda la cassa, pensieroso.

ANTONIO (resta immobile) Che cosa mi stava dicendo della


poltrona bionda?

Il Dottore tace. Rientra la Cameriera portando una


sega a manico che consegna ad Antonio.

CAMERIERA Ecco, e non la lasci sempre in giro e poi dà la colpa


a me.

Antonio allibito prende la sega, balbetta un grazie e


mette la sega nella cassa.

DOTTORE Signora, ha finito?


CAMERIERA Sì, ho finito. Sa come dicono al mio paese? Chi
s'impiccia, gli si arriccia. Buonasera. (Esce.)

Antonio sposta la cassa verso l'armadio, quasi per le-


varla alla vista del Dottore.

DOTTORE (irritato) E lasci stare la cassa. Prima la vecchia,


adesso ci si mette anche lei. Stia buono. Mi fa perdere il fi-
lo. Venga qui. (Una lunga pausa.) Vuol sedersi nella pol-
trona? Segga comodo, si abbandoni, non abbia paura;
grazie. E ora mi dica, perché è diventato rosso?
ANTONIO Lei mi sta fissando, mi sento a disagio.
DOTTORE Di bene in meglio. Lei si sente a disagio in una pol-
trona larga e morbida e che preferisce alle altre per moti-

174/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


vi non ancora chiariti ma tuttavia intuibili. (Vede l'album
di fotografie e comincia a sfogliarlo. Antonio fa un gesto.
Vorrebbe impedirgli di sfogliare l'album.) Che cosa vuole?
Perché ha fatto quel gesto?
ANTONIO (ansioso) Io? Oh, niente. Parliamo, che cosa mi stava
dicendo? Mi faccia altre domande.
DOTTORE Sono sue queste fotografie?
ANTONIO Sì, fatte male, da dilettanti, non mi somigliano affat-
to.

Una lunga pausa.

DOTTORE (guarda le fotografie e Antonio alternativamente)


No, le somigliano. Però il suo viso in fotografia appare
sempre scialbo e inespressivo.
ANTONIO (raggiante) Ma io sono scialbo e inespressivo! Lo
sono realmente.
DOTTORE (chiude l'album) No, lei è cattivo e bugiardo. (Di col-
po punta un dito sul naso di Antonio e grida) A che ora si
levò da questa poltrona per uscire di casa?
ANTONIO Non so. Forse alle due e tre quarti, alle tre.
DOTTORE (incalzante) Non crede invece che fossero le due, le
due un quarto?
ANTONIO Di solito non controllo l'ora quando mi alzo dalla
poltrona, ma se la controllassi sarebbero le due e tre
quarti, le tre.
DOTTORE Di solito! Comodo invocare un'abitudine. Ma quel
giorno?
ANTONIO Nemmeno quel giorno.
DOTTORE (medita, poi riprende dolcemente) Ha pranzato, oggi?
(A parte) Ora lo farò cadere, il signorino.
ANTONIO Sì.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 175


DOTTORE Dopodiché, lei si è seduto in questa poltrona come
ogni giorno, ha bevuto il caffè, fumato la sua sigaretta, let-
to il giornale?
ANTONIO Lo ammetto. Stavo appunto facendolo quando voi
siete arrivati.
DOTTORE E adesso lei si leverebbe, se noi non la trattenessi-
mo. Sono trascorsi più di venti minuti. Non avrebbe infat-
ti nessun motivo di restare nella sua poltrona dopo aver
compiuto ad abundantiam le operazioni integrative della
sua colazione.
ANTONIO Si, mi preparerei a uscire. Sono quasi le due e tre
quarti.
DOTTORE Le due e tre quarti? Sciagurato, guarda! (Indica l'o-
rologio, fermo alle due.)
ANTONIO Le due! Non è possibile.
DOTTORE Tu neghi l'evidenza? Neghi la prova di un oggetto
meccanico che non ha interesse a mentire per noi, e
nemmeno per te? Neghi? Tu sabato 13 sei uscito alle due.
Ecco quel che volevo sapere. E l'ho saputo.
ANTONIO Questo è troppo. Tutto congiura contro di me. Un
momento, ascoltiamo. (Urla) Ma è fermo!

Tutti ascoltano, l'orologio è fermo.

AGENTE ANZIANO Sì, è fermo, purtroppo. Sono le due e mezzo.


ANTONIO (ridendo convulsamente) È fermo... è fermo! (A parte)
Questa è una prova di più che il mio sofisma è giusto.
DOTTORE Non canti vittoria. L'orologio è fermo, ma questo
non cambia nulla. Oggi non è sabato 13. Lei ha detto che
non ha controllato l'ora quando si levò da questa poltro-
na, sabato 13, è vero. Lo conferma?
ANTONIO Lo confermo.

176/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


DOTTORE Però ricorda di non averlo fatto! Questo è il punto.
Se ricorda di non averlo fatto, lei deve avere un motivo
preciso per ricordarlo. Quale? Il motivo è che lei guardò
l'ora, ma distrattamente, e questo particolare le permette
adesso di affermare che non guardò l'ora, soltanto perché
non la ricorda. Dunque, ammette che erano le due e un
quarto al massimo quando si levò per uscire?
ANTONIO No. Non ammetto nulla.
DOTTORE Non vuole o non può?
ANTONIO Non voglio, perché direi una menzogna, anche se di
un minuto. Non posso, perché non ricordo se erano le due
e mezzo o le due e ventinove. Accetto la sua verità, ma si-
no in fondo. Sino a spaccare il minuto.
DOTTORE Cosicché, se fossero state, mettiamo, le due e tren-
tuno, ricorderebbe?
ANTONIO Non posso giurarlo.
DOTTORE Le due e trentadue?
ANTONIO (lirico) Non giuro sul tempo trascorso.
DOTTORE La sua reticenza è deplorevole. Le sto offrendo una
possibilità di incontro e lei la rifiuta. (Passeggia e si ferma
davanti a un quadro. Lo guarda.) Ben disegnato. Il dise-
gno è definizione. Voglio dire che il disegno è anche l'uni-
ca autobiografia dell'artista, la sola che valga. Ci si rico-
nosce, come nelle linee di una mano le sue aspirazioni, il
suo destino. Un po' come le impronte digitali.
ANTONIO Sono d'accordo. Il disegno è il rilevamento trigono-
metrico degli spazi bianchi.
DOTTORE Eccellente definizione. (All'Agente giovane) Annota-
la. Me la copierò.
ANTONIO Come prova della mia colpa?
DOTTORE No, della sua intelligenza. Che, in fondo, è la stessa

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 177


cosa. (Guarda un altro quadro.) I mediocri pittori d'un
tempo provavano sempre una delusione quando traspor-
tavano i loro disegni sulla tela, e non se ne davano una
spiegazione... Non si accorgevano che quel trasporre era
un camuffare in bello la propria vita. Così, pittori che dai
quadri giudicheremmo pedanti, come questo signore,
mostrano un volto nuovo, spesso amabile, nelle loro car-
telle di studio, quando raccontano senza sentirsi ascolta-
ti.
ANTONIO Lei dipinge?
DOTTORE Nelle ore libere.
ANTONIO Interessante. Immagino che sarà una pittura inter-
rogativa, senza risposte.
DOTTORE Non sempre. La vera arte consiste nel porsi doman-
de facili.
ANTONIO Com'è vero! Sarei molto lieto di possedere un suo
quadro o un suo disegno.
DOTTORE E come? Vorrebbe per caso acquistarlo?
Un silenzio.

ANTONIO (guarda i tre, pensoso, poi) Ah, no!


DOTTORE Bravo! Risposta esatta. Così lei non vuole, non desi-
dera corrompermi?
ANTONIO Ah, no.
DOTTORE (a parte) Abile, abile il signorino. (Ad Antonio) Po-
trei regalarglielo, se lei è buono con me. Ne sarei onora-
tissimo.
ANTONIO Anch'io. Onoratissimo.
DOTTORE La pittura, la pittura... bah! (Pensa, poi cambiando
improvvisamente tono) E dopo essersi levato da quella
poltrona alle due e un quarto, che cosa fece?

178/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


ANTONIO (desolato) Siamo daccapo. Bene, quel che faccio tutti
i giorni. Uscii di casa.
DOTTORE (si getta su Antonio e lo afferra per il colletto) Ci sei
cascato, imbecille! Tu dunque ammetti di essere uscito al-
le due e un quarto!
ANTONIO (dibattendosi) Non lo ammetto! No, dottore, soffoco,
mi lasci! Soff... Voglio parlare! (Il Dottore lascia un po' la
sua presa. Antonio, ansante, parla) Uscii di casa, sì, lo
rammento, ma non alle due e un quarto. Ricord... Ricordo
bene che prima dovetti togliere un cadavere dall'arma-
dio, segarlo, metterlo nella cassa, riempire il bollettino di
spedizione! Ha mai riempito un bollettino di spedizione?
Se ci vuole un quarto d'ora solo per riempirlo! Come po-
tevo umanamente uscire di casa alle due e un quarto?
Come potevo?

Lungo silenzio. Il Dottore lascia la presa e guarda i


due Agenti. Antonio guarda tutti, ansante.

PRIMO AGENTE Certo è che sono bollettini antiquati.


ANTONIO (lamentoso) E in triplice copia! Si parla sempre di
snellire, snellire ma provate a spedire una cassa!
SECONDO AGENTE Non me ne parli. Io ho traslocato un mese
fa.
ANTONIO E nome del mittente, e nome del destinatario, e qua-
lità della merce, e peso, e velocità, e data del giorno di
spedizione... Non si finisce mai, non si finisce mai!

Un silenzio. Il Dottore medita. Poi si volge, ancora se-


vero, ad Antonio.

DOTTORE Ha almeno la ricevuta del bollettino?


ANTONIO Come no, dottore! Sono ordinatissimo. (Dà un fo-
glietto al Dottore.) Naturalmente il nome del mittente è

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 179


falso, ciò è dettato dalla più elementare prudenza, ma il
resto è vero.
DOTTORE (esamina attento la ricevuta e poi la riconsegna ad
Antonio) Va bene. Vogliamo allora dire che lei non può
essere uscito prima delle due e tre quarti, le tre?
ANTONIO Le tre, dottore. Facciamo le tre.
DOTTORE Sono lieto che tutto si chiarisca. Ci scusi del distur-
bo, ma che vuole? È il nostro dovere e qualcuno, dopotut-
to, deve farlo.

Saluti e convenevoli. Escono il Dottore e i due Agenti.


Rimasto solo, Antonio si alza, si toglie la giacca, met-
tendosi un grembiule. Prende il sacco, lo trascina ac-
canto alla cassa e da questa toglie la sega. Quindi va
all'armadio e lo apre. Nell'armadio, in piedi, ben si-
stemato, c'è il cadavere di una giovane donna. Suono
di campanello. Antonio resta immobile, esita, poi sen-
za chiudere l'armadio va alla porta e l'apre. Sulla so-
glia c'è il Secondo Agente.

SECONDO AGENTE Il dottore ha lasciato l'ombrello.


ANTONIO (premuroso, dandogli la sega) Che distratto, il dotto-
re. L'ombrello!
SECONDO AGENTE Non la sega, signore. L'ombrello.
ANTONIO (dandogli l'ombrello) Che distratto, mi scusi, la sega!

(Il Secondo Agente va via. Antonio chiude la porta.


Prende il bollettino di spedizione che aveva nascosto,
lo liscia, lo mette sul tavolo. Va all'armadio, afferra
delicatamente il cadavere della donna, lo posa sul pa-
vimento accanto alla cassa. Sparge il fondo della cas-
sa con un po' di segatura. Afferra la sega e guardando
dapprima il cadavere e quindi il pubblico, declama:)

180/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


L'altra metà,
Che il poeta non ha,
La sanno soltanto i morti — Nell'Aldilà.
Ma non la possono dire.
Qui tutto il loro morire.



Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 181


Il Caso Papaleo

La farsa venne rappresentata il 9 giugno 1960 al "Festival


dei Due Mondi" di Spoleto, con la regia di Sandro Sequi.
Il testo uscì nel luglio dello stesso anno sulla rivista "Si-
pario".
Anche di questo atto unico si conserva una versione narrati-
va, apparsa sulla rivista medica "Illustrazione Igea", nel gen-
naio-febbraio 1959, poi raccolta da Flaiano nel volume Le om-
bre bianche, col titolo Prima versione di un caso.

Personaggi

ROBERTO PAPALEO
CAMILLA, sua moglie
ANGELA ROCCO
GAETANO, cameriere
DUE GUARDIANI, che non parlano

182/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


La scena rappresenta un cimitero, nel reparto più si-
gnorile e moderno, dove molte cappelle di famiglia
sono munite di telefono e altri conforti, per l'eventua-
lità che il defunto risusciti: come difatti succede in
questa farsa. Una cappella occupa la parte centrale
della scena. Un'altra s'intravede verso sinistra tra una
severa decorazione arborea. Della prima cappella,
esteriormente immaginaria, vediamo l'interno. Quel
che ci interessa è un piano di marmo, sollevato da ter-
ra poco più di un sedile e inclinato verso la ribalta, sul
quale giace, dormendo, Roberto Papaleo. A rigore,
egli è in una cassa, ma anche questa è immaginaria, o
appena sagomata, come quelle teche in cui si conser-
vano i corpi dei santi. Sul piano di marmo c'è un tele-
fono nero con fregi dorati.

Al levarsi del sipario la scena è dolcemente illuminata


dalla luna e le due cappelle sono in penombra. Una
musica da balletto introduce due persone che si rin-
corrono tra gli alberi e le siepi, a tempo, gorgogliando
di gioia e affannate. Una di esse è Angela Rocco, bella
ragazza sui vent'anni, agile e molle. Ha una veste
bianca da mare e una canottiera di paglia. L'altra
persona è lo stesso Roberto Papaleo, nell'abito nero
della sepoltura, che gli sta un po' stretto. Roberto rivi-
ve in sogno un episodio erotico della sua adolescenza,
e pertanto le sue parole e i suoi atteggiamenti contra-
stano con la esteriore solennità di un cinquantenne
sepolto da poche ore.

ROBERTO Ti vedo, ti vedo, ti prendo!


ANGELA No, non mi prendi, ti sfuggo.
ROBERTO Dove sei?

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 183


ANGELA Cuccù!
ROBERTO Dove sei, Angela?
ANGELA Cuccurucù!
ROBERTO Angela, ti devo dire una cosa.
ANGELA Io non la voglio sentire.
ROBERTO È importante!
ANGELA Non è affatto importante.
ROBERTO Angela?
ANGELA Roberto?

Correndo, si incontrano e si abbracciano, ansanti.

ROBERTO No, non sfuggire! Vieni qua.


ANGELA Io soffoco! No! Che dovevi dirmi?
ROBERTO Una cosa. Non la indovini?
ANGELA Vergognati, alla tua età!
ROBERTO Ho quasi sedici anni, non sono un bambino.
ANGELA Che orrore. Ho sei anni di più. Sono vecchia!

La musica smette. I due restano mollemente abbrac-


ciati.

ROBERTO Angela, ho letto un libro in cui un ragazzo di sedici


anni va con una signora di ventotto, dodici anni di diffe-
renza, eppure lei è entusiasta e in tutto il libro fanno
quella cosa. Facciamolo anche noi.
ANGELA Che cattive letture. Voglio dirlo a tuo padre. Sì, pro-
prio, sono offesa. Sì, abbracciami, ipocrita! E adesso? Vuoi
star buono? No? Ah, no? Bene. Continua. Io non dico nien-
te. Io sto zitta. Voglio solo vedere dove vuoi arrivare.
Avanti, su, sgancia l'elastico. Voglio proprio vedere. Sgan-
cialo. Oh. Sei contento della prodezza? Bravo. E adesso?

184/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


(Roberto barbuglia.) Fatti almeno sentire. (Roberto bar-
buglia e stringe a sé Angela.) Belle cose ti insegnano, i
miei rallegramenti. La verità è che vuoi sciuparmi la ca-
micetta. O, pazienza mia. Su, tocca pure, fai come a casa
tua, io resto indifferente, non ti guardo nemmeno. Soddi-
sfatto? Che ci trovi? Non sono come tutte le altre? Che ho
di diverso? E non basta? Che altro ti viene in mente?
Strappa anche i bottoni! Voglio dirlo a tua madre, povera
signora. Sei un prepotente. Ecco. E come sei forte. Io non
ti resisto. (Ride, si libera e fugge, inseguita da Roberto.)

Scompaiono. Musica. Si illumina la cappella di centro.


Sul piano di marmo, Roberto Papaleo ancora immer-
so nel suo sonno si agita e mugola. Infine dice:

ROBERTO Angela, sta' buona un momento. Devo dirti una cosa,


una cosa importante. Come tutto sfugge e ruota attorno,
Angela! Ho scritto dei versi per te, lasciami le mani! Oh,
Angela!
La tua anima è un fiore mattutino
Il tuo corpo un serpente notturno.
Si bilanciano in te verso un destino...

La musica smette di colpo. La luce si attenua nella


cappella, poi si spegne. Si illumina la ribalta, come
prima. Da una siepe sbucano Angela e Roberto.

ANGELA Ecco qua, la gonna è andata. Spero che sentirai un po'


di vergogna, di rimorso, per la tua condotta. O no?
ROBERTO Non so. La tua anima è un fiore mattutino...
ANGELA Gentile.
ROBERTO Il tuo corpo un serpente notturno.
ANGELA Oh, oh!

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 185


ROBERTO Sono triste. E ora... quando?
ANGELA Mai più. E giù le mani, bel signorino.
ROBERTO Quando?
ANGELA No e no. Adesso, invece, cantiamo. Da bravo, dammi le
mani, qua, e cantiamo. Che cosa cantiamo?
ROBERTO Io non canto.
ANGELA Allora, corriamo fino al mare. O cogliamo le more. O
facciamo il gioco dei proverbi. No? Mi porti il broncio? E il
ringraziamento?
ROBERTO Fino al mare. E poi?
ANGELA E poi, e poi... niente. Sei sgarbato. Non vorrai dirmi
che in quel libro il ragazzo si comportava come te.
ROBERTO Lo facevano continuamente.
ANGELA Bravi. E i loro genitori? Bella consolazione.
ROBERTO Angela, non torturarmi, o ti storco il braccio.
ANGELA Ohi! Basta, villano! (Pausa.) Vai a fare il bene ai ragaz-
zi, ecco la ricompensa. (Pausa.) Ti sei offeso? Sciocco. To',
un bacio. (Abbraccia Roberto e subito fugge.)

La musica e l'inseguimento ricominciano. I due corro-


no come su un tappeto rotante, senza avanzare di un
passo.

ROBERTO Angela!
ANGELA Cuccù!
ROBERTO Angela, ancora una volta.
ANGELA Mai più, mai più.
ROBERTO Angela, dopo sarò buono.
ANGELA Adesso non si può.
ROBERTO E quando?

186/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


ANGELA Non lo so.
ROBERTO Più tardi? Stasera?
ANGELA Chissà?
ROBERTO Angela...
ANGELA Ah, ah, ah!
ROBERTO Angela, dimmi, stasera?
ANGELA Forse, chissà, dipende, se sarai buono, se farai i com-
piti.
ROBERTO Li ho già fatti.
ANGELA Anche la matematica?
ROBERTO Te lo giuro, li ho fatti.

Angela si ferma. Una pausa. Roberto anche si ferma,


aspettando.

ANGELA Menzogna, nera menzogna! (Riprende la corsa e l'in-


seguimento continua.)
ROBERTO Ti ho vista.
ANGELA Mi ha vista!
ROBERTO Ti prendo.
ANGELA Mi prende!

Nel tentativo di afferrare Angela, Roberto va a batte-


re contro un albero. Grida. La musica smette. Buio. Si-
lenzio. Si illumina la cappella di centro. Roberto è di-
steso sul piano di marmo e si lamenta.

ROBERTO Ohi, ohi, Angela! Ahi, ahi, la testa. Angela, dove sei?
Non ti vedo. Cuccù. (Pausa.) Che succede? Uuuh! Non c'è
nessuno? Angela! (Lunga pausa. Poi, sgomento) Accidenti,
sono morto. (Pausa.) No, no, è questa la morte? Ma se io
ragiono ancora e sto con Angela... È un sogno, altro che

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 187


morte, sto sognando, quindi non posso essere morto. Tut-
tavia, un minimo di chiarezza non guasterebbe. O tirannia
dei sogni, che vi perdete nei particolari e sorvolate l'es-
senziale... (Pausa.) Che silenzio. Ma perché questo silen-
zio così stretto? Perché sono vestito? E questa seta capi-
tonné? Sono in un'alcova, con Angela. Se fossi morto non
sarei in un'alcova. Oppure, ho cambiato sogno, come
spesso succede, sul più bello? Che buon odore di naftalina
e di legno lucido. No, no, io muoio davvero se non chiari-
sco la situazione. È ridicolo. Ho male alla testa, debbo
aver battuto, ma contro che... (Solleva la testa e ricade
come se avesse incontrato un ostacolo) ... cosa? Ah, lo te-
mevo! Un coperchio. È proprio una cassa e io son proprio
morto. Aiuto! Aiuto! (Pausa.) Non oso aprire gli occhi. Io
non credevo nell'aldilà, ma potrebbe essere questa cassa,
per sempre. Con una seta simile? È orribile, mi sento co-
me un confetto e vi raccomando quest'odore di pulito e di
provvisorio... No, il Nulla, l'Eternità, ci vuol altro. E se fos-
si morto sarei già in putrefazione, è dunque chiaro che
non sono morto. Io mi decido e apro gli occhi. Oh... la lu-
ce! La cara luce! Sono... sono proprio in una cassa illumi-
nata. Oh, mio Dio, PIÙ LUCE! Se mi muovo, la luce aumen-
ta. (La luce infatti aumenta. Roberto vede un cartello e lo
afferra.) Un cartello? I miei occhiali. Chi ha preso i miei
occhiali? Perché non me li hanno messi sul naso o nel ta-
schino, ma devo pensare sempre io a tutto? Posso leggere
egualmente, se lo tengo a distanza, è abbastanza chiaro.
(Legge) "Il telefono è alla vostra destra. State calmi." (Ba-
cia il cartello) Oh, caro, caro cartello. Certo che starò cal-
mo. E adesso? Il coperchio si solleva! Oh, aria, aria... (A fa-
tica, scende dal piano di marmo e si guarda attorno.) Oh,
sono indolenzito, il ginocchio, ah, sediamoci, stai calmo,
Robertino, il più è fatto, ohi, ohi, ohi. Me ne frego anche
del ridicolo, sì! La cosa farà ridere, ridete pure, non sono
morto! Ohi, ohi. (Vede il telefono.) Ed ecco il telefono. (Si
188/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
commuove.) Caro, piccolo mostro, mio tiranno e nemico,
come ti rivedo volentieri. Un bacio anche a te. E il mio li-
bretto dei telefoni? Il mio numero? (Il telefono squilla.
Roberto fa un balzo, poi ascolta e risponde) No, non è il ga-
rage, ma io... (Ride) Ma io sono contento egualmente. Io...
Ha chiuso. (Risolleva il ricevitore) Libero! Pron... Pronto!
Sono io, Papaleo, aiuto! (Ascolta) Reparto? Ma che vuole
che ne sappia! Cappella Papaleo! Ah! Sì, sono calmo. Gra-
zie. Che debbo fare? Attendere? Quanto, cinque minuti?
Dieci? Di più? Non capisco, non potete fare un salto? Co-
me? Uno della famiglia? Volete uno della mia famiglia che
firmi la bolletta di scarico? Ma la firmo io. Come? Non va-
le? Ma se non sono morto! Sono giuridicamente morto? E
con ciò? Non avete cuore? Questo è il vostro rispetto per i
morti? La vostra umanità ve la mettete nel culo? Io parlo
come parlo. Parlo in generale. Dunque, uno della famiglia,
con le chiavi della cappella? Voi aspettate al cancello. Tra
quanto? Venti minuti. Bene, datemi la linea esterna, tele-
fono io a casa. Ma restiamo d'accordo che, se non vedete
nessuno, venite qui egualmente! Telefono subito. Grazie.
(Fa un numero.) Per morire non fanno complicazioni, ma
provate a rinascere. Vivono di queste miserie, tasse, bolli,
firme. Che schifo. (Ascolta) Occupato. (Rifà il numero.)
Sono stanco, la vita non è che un lungo modo di stancarsi.
Occupato. (Rifà il numero e intanto si guarda attorno.) E
questa sarebbe la... Non l'avevo mai vista, ma l'architetto
ha fatto le cose benino, è abbastanza intimo. Il telefono è
stata un'idea di mia moglie, e che provvida idea. In questo
reparto tutti l'hanno messo da quando trovarono il conte
Baccio fuori della bara con un gettone in mano. Era chia-
ro che voleva telefonare a casa, povero conte. Anche il
coperchio automatico e la luce a pressione condizionata
sono buone idee. Non parlatemi male del progresso tec-
nico nelle applicazioni domestiche. (Ascolta) Libero! Ma
perché non rispondono?
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 189
Sulla destra, nella decorazione arborea, si illumina
una stanza da letto. Un telefono squilla. La signora
Papaleo è a letto e legge il giornale. Gaetano sta riti-
rando un vassoio.

CAMILLA Non ho nessuna voglia di rispondere.


GAETANO Vuole che risponda io, signora?
CAMILLA Sì. Ma io non ci sono.
GAETANO (al telefono) Casa Papaleo.
ROBERTO Oh, sei tu, Gaetano? Caro, vecchio Gaetano.
GAETANO Chi parla? (Spaventato) Oddio!

Movimento di curiosità della signora Papaleo.

CAMILLA Chi è?
GAETANO E dove sta, signore?
ROBERTO Qui, dove vuoi che stia? (Quasi allegro) Niente pau-
ra, non ti mangio, sono vivo. Ci sono novità per me?
Dammi la signora.
GAETANO Il signor Roberto.
CAMILLA (al telefono, urlando) Roberto! Che succede, qualcosa
che non va?
ROBERTO No, tutto bene, calmati.
CAMILLA Non ti sento! Ti hanno fatto arrabbiare?
ROBERTO (stizzito) No! Un falso allarme, come vedi. Sto benis-
simo, sì, voglio soltanto uscire!
CAMILLA Come?
ROBERTO (duro) Stai calma e ascoltami. Prendi le chiavi del
coso, del come si chiama, sì, della cappella, vieni subito e
fammi aprire. Quelli dell'agenzia ti aspettano al cancello,
subito. Sveglierete i guardiani.

190/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


CAMILLA Come? Io sono a letto. Non sto bene, ho preso un po'
d'influenza al funerale. Che hai detto che devo fare?
ROBERTO Io...
CAMILLA Scusami, non avevo capito... Posso venire subito o
vuoi che venga domattina? Dicevo che ho l'influenza, ma
vengo subito. Oh, Roberto! (Scoppia a piangere.)
ROBERTO (infastidito) Smettila di piangere. Devi aver già pian-
to abbastanza.
CAMILLA Sì, l'altro ieri, soprattutto. Chi poteva immaginarlo?
Gigi è fuori, non è rientrato. Verrò con Gaetano. (Si soffia
il naso.) Come stai?
ROBERTO Bene, bene. Un po' debole, ma bene. Io...
CAMILLA Hai trovato il thermos col caffè? E i biscotti? Pensa,
all'ultimo momento ho avuto questa idea. Ero così in
pensiero, tu parlavi sempre dei primitivi che mettevano
roba da mangiare nelle tombe. O gli Egizi?
ROBERTO Anche gli Etruschi. Sì, ecco il thermos. Grazie. E a ca-
sa, tutto bene? Posta, per me?
CAMILLA Un mucchio di telegrammi. È stata una cosa bellissi-
ma, sai, confortante, tutti gli amici, tutti ti hanno ricorda-
to. (Piange.) E il funerale era stupendo. Anche i discorsi.
Vuoi che ti legga che cosa dice il giornale? Aspetta.
ROBERTO No, no. Io... io voglio soltanto uscire da qui. Se non
viene qualcuno a firmare la bolletta di scarico, non esco.
Vieni, o no?
CAMILLA Subito! (Chiama) Adalgisa! (Al telefono) Non hai pre-
so freddo, non ti sei stancato?
ROBERTO No. No. No!
CAMILLA Scusami, vengo subito. Ciao. Adalgisa!

La stanza da letto della signora Camilla ritorna nel


buio e scompare. Roberto si sgranchisce le gambe
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 191
passeggiando. La sua giacca è stretta e dietro è scuci-
ta per un buon palmo.

ROBERTO Ecco qua, già mi è passata la voglia. Tornare, ritro-


vare tutto come prima, le stesse facce, le stesse commo-
zioni. Gli amici che scherzeranno, i nemici ipocriti, la
stessa vita da riprendere, come un piatto freddo. È que-
sto, rinascere? Anzi, peggio, era questa la morte? Bel ca-
polavoro. Non conserviamo proprio niente di tutta una
vita, nemmeno un verso, nemmeno un accordo di piano-
forte, un pensiero da quattro soldi. E dopo tutte le mie
opere, io che parlavo agli uomini, io, senza quel sogno...
Porro! No, non era Porro. Angela, e poi? Angela Toppo?
No, nemmeno. Senza quel sogno partivo via, nudo, tabula
rasa, come se non fossi mai nato. Angela Pozzo? No. (Pau-
sa.) Mio figlio non è ancora rientrato, certo sta scorraz-
zando con la mia automobile e finge una dura indifferen-
za al suo lutto. Che farà nella vita un imbecille simile?
Come vedo ogni cosa nitida, chiara, senza il velo dell'abi-
tudine e dei legami! Io, quand'ero giovane non ero come
lui, accidenti, la mia giovinezza. Solo per questo ricomin-
cerei. Piena di miseria, di lotte, di fame, le ultime lire divi-
se con l'amico fedele, non mi ricordo neanche come si
chiama, le notti sulle panchine dei giardini pubblici, il so-
le, le donne, la poesia, il... il lavoro, il successo. Strano.
Tutto mi sembra ottenuto senza sforzo e non mi riguarda
più. (Stappa il thermos.) È ancora tiepido. (Beve.) I primi-
tivi non hanno mai saputo fare il caffè. Che silenzio, qui.
Cercavo tanto la quiete, il silenzio: eccolo! Oggi la cosa
che costa di più è il silenzio. Ma questo è un silenzio trop-
po caro, senza essere d'oro. (Ride.) Ed è strano che non
provi la minima paura, e nemmeno l'ansia di andarmene.
Sto diventando saggio. O se fossi veramente morto? Non
pensiamoci. Quando sono morto? Che giorno è oggi? Che
ora? (Fa un numero.) Ore ventuno e quarantaquattro.

192/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


Pensa, esco e afferro la notte per la coda, la bella notte dai
misteri insondabili! Posso fare ancora un giro per la città,
come quando ci si arriva per la prima volta, col treno, e ci
si aspetta tutto, un incontro, una scoperta. Faccio in tem-
po per una corsa al caffè. No, dovrei dare troppe spiega-
zioni. Angela Lotto. No. Cotto. No. Sotto. No. Angela... Bot-
to. Dotto. (Pausa.) Devo essere morto mercoledì, ricordo
bene la mattinata, la colazione; e poi? (Vede un giornale,
lo prende.) To', il giornale. Non hanno dimenticato niente
dei riti funerari, anche il conforto del mattino. Adesso sa-
prò come sono morto. Ecco, ci sono, la fotografia, la peg-
giore, naturalmente! Improvvisa scomparsa dello scritto-
re Papaleo. Scrittore! Limitativo, direi. Meglio: L'improv-
visa scomparsa del poeta Papaleo, o di Papaleo, tout
court. Più semplice e solenne. Tuttavia è già un successo,
ha ragione mia moglie. E quanti annunci! Se avessi gli oc-
chiali potrei leggerli, ma li leggerò a casa, sono curioso.
(Sfoglia il giornale, leggendo vari titoli.) Le vernici pro-
lungano l'esistenza. Uccide la moglie scambiandola per la
suocera. Un maiale cade dal terzo piano e accoppa un
idraulico. Gli inglesi si annoiano. (Sbadiglia.) Come è utile
la vita! (Getta via il giornale, si stira e provoca un'altra
scucitura nella giacca.) Hanno voluto risparmiare il tight
nuovo. Miserie. Dovrei dimagrire, mettermi a un regime,
osservare un orario, oppure studiare il tedesco. Quante
cose si possono fare, volendo. (Pausa.) E perché? Inutilità,
il tuo nome è... Seguiterò come prima, ormai la fine la co-
nosco. Tuttavia sono contento che sia andata così, avevo
lasciato i cassetti in disordine e chissà quanta roba da
bruciare. (Si dà un colpo sulla fronte.) Rocco! Angela Roc-
co! Ecco il suo nome! Oh come tutto diventa chiaro. La
morbida, calda Angela dalle risate che facevano tremare i
vetri. Quanti anni sono passati? Venticinque? Troppi. La
prima volta avevo sedici anni, al mare. Chissà come sarà
vecchia, forse morta. (Pausa.) È l'unico mio rimorso. Che
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 193
altro sapore avrebbe dato alla mia vita, ora che ci penso.
Fu lei a insegnarmi tutto, e come lo faceva senza farlo pe-
sare, con ipocrisia, come solo piace a me. Non ho avuto
nessun'altra donna in questo senso. Avanti, fuori un no-
me! Storie, passioni, piccoli intrighi, porcherie. Ma lei era
la verità, l'acqua fresca quando si ha sete, mi assolveva
sempre. Angela! Ti rendi conto? Ricominciare con te,
questo varrebbe la pena. (Pausa.) Io le telefono! Pensa, ri-
cordo anche il numero e scommetto che è sempre là, per-
ché lei non tradisce nemmeno nelle sciocchezze, pensa a
tutto, tranquillizza il marito, non fa storie, non vuole che
la riaccompagni a casa, fa da sé il numero dei taxi, se ne
va senza svegliarti, la chiami il giorno dopo, pieno di ri-
morsi: è partita. Partita? Ritorna dopo un anno, moglie di
un altro, più bella di prima, e ti dice: Ah, sapessi quanto
mi hai fatto soffrire. E via, si ricomincia. Ma che volete di
più? Io le telefono. (Fa un numero.) Che cosa sono venti-
cinque anni, in un caso simile? (Al telefono) Come? Il nu-
mero è cambiato? (Ascolta.) Bene, in venticinque anni è
umano. Oh, Angela. (Fa un numero.)

La cappella a lato si illumina. Distesa su un piano di


marmo c'è Angela, invecchiata, anzi morta. Ha una
parrucca rossa ed è vestita di nero. Sta leggendo. Il te-
lefono accanto a lei squilla. Angela solleva il cornetto.

ANGELA (al telefono) Sì.


ROBERTO La signora Angela Rocco? Sono Roberto. Roberto
Papaleo.
ANGELA Roberto? No! Anche tu? Che bella sorpresa. Grazie di
aver telefonato, molto gentile.
ROBERTO Mi è venuto improvvisamente voglia di parlarti. Tu
queste cose le capisci. (Pausa.) Ma non sapevi nulla?

194/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


ANGELA Non sapevo nulla. Ci tengono all'oscuro. Comunque,
congratulazioni.
ROBERTO Eppure i giornali ne hanno parlato. Divertente, ve-
ro? Appunto, ho pensato a te, e ho voluto avvisarti. Per
prima. Anzi, diciamo tutto: ho voluto avvisare soltanto te.
ANGELA Grazie. Dove sei, adesso? Ancora a casa?
ROBERTO No. Sono solo. Stanotte ho fatto un sogno bellissimo,
ho sognato di te. Ricordi quando ci siamo conosciuti, la
prima volta?
ANGELA Non comincerai con le domande difficili, spero.
ROBERTO Difficili? Non ricordi quell'estate, ai bagni? La Pine-
ta?
ANGELA (vaga) Ah, mi sembra. Ebbene?
ROBERTO Niente, fu là che ci conoscemmo. Poi, dopo quattro
anni, ci rivedemmo in città. Questo, lo ricordi?
ANGELA Hai una memoria di ferro.
ROBERTO Angela, sei sola?
ANGELA Sì, sola. (Pausa.) Sto leggendo.
ROBERTO Scommetto che sei ancora bella.
ANGELA Giovanotto, non lo sono più. Tuttavia, eccomi lette-
ralmente piena di ammiratori. Brulicano.
ROBERTO Hai sessant'anni.
ANGELA Sessantadue. Ma ormai non contano più.
ROBERTO Adesso provo una domanda assurda, ma sforzati di
rispondere sinceramente. Hai conservato un certo affetto
per me?
ANGELA Oh, sì. (Ride.) Non puoi immaginare come si diventa
conservatori, qui dentro. Tutto qui? È stato semplice dav-
vero?

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 195


ROBERTO Ma confortante. Tu non puoi capire. (Pausa.) Vorrei
vederti. Quando? Uno di questi giorni? Dopodomani?
Domani, forse?
ANGELA Sono sempre sola. Perché non vieni subito?
ROBERTO Oh, Angela. Come ti riconosco. Non ho mai potuto
dimenticarti, proprio per questa rara qualità, che tu sola
possiedi, di non fare mai le cose difficili. Ah, sì, vengo. Il
tempo di andare a casa, di cambiarmi, e sono da te. (Pau-
sa.) Che stai leggendo?
ANGELA Un libro che mi hanno messo accanto, la Bibbia. È
pieno di proverbi.
ROBERTO Interessante. Leggine uno.
ANGELA Questo: "Se il serpente muore prima di esser incanta-
to, l'incantatore diventa inutile."
ROBERTO Molto chiaro. Chi è il serpente, per te?
ANGELA Sono io, il serpente. E l'incantatore non serve più.
ROBERTO (ride) Ti sottovaluti. (Declama) "...il tuo corpo è un
serpente notturno... si bilanciano in te verso un destino..."
ANGELA Che cos'è?
ROBERTO Non mi riuscì mai di trovare il quarto verso. Non me
ne davi il tempo. Ih, ih!
ANGELA Sei allegro. Ti invidio. Io mi annoio.
ROBERTO Tu?
ANGELA Non farti illusioni.
ROBERTO Tu, ti annoi? Non è possibile. Io ti ricordo sempre
com'eri alla Pineta. Ti succede mai quando appunto leggi
un libro e ti capita sotto gli occhi una parola, per esempio
"orto" oppure "spiaggia", bene, tu immediatamente sosti-
tuisci a questa parola il "tuo" orto, la "tua" spiaggia.
Quell'orto e quella spiaggia che hai visto per la prima vol-
ta e che ti sono rimasti impressi. Per te, tutti gli orti che
196/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
incontri nei libri sono quell'unico orto che tu conosci.
Non è vero?
ANGELA Dove vuoi arrivare?
ROBERTO A questo: quando io in un libro leggo di una ragazza
che ride, sostituisco alle parole la tua immagine. Tu,
nell'abito bianco, che ridi a gola rovesciata. O se leggo:
"ventre", ecco il tuo ventre. O se leggo...
ANGELA Ti prego.
ROBERTO Ma per la maggior parte, pensa, quelle che tu mi
suggerisci sono immagini pulite, oneste, ed è questo che
mi eccita di più. Il tuo cappello di paglia, i tuoi elastici, il
tuo modo di fingere riprovazione e disdegno, le tue im-
provvise malinconie, il modo che avevi di salutare arri-
vando ogni mattina. Bene, concludendo, non ho amato
che te... Anzi, è più dell'amore. La meraviglia, l'ammira-
zione per il fatto che esistevi. Davi la calma, la certezza
dell'amicizia.
ANGELA Questo sì.
ROBERTO Non ricordi i nostri discorsi? Ti confidavo tutto. Non
ti annoiavi mai. Eri sempre presente, giusta, soccorritrice
e ti davi senza mai rimproverarmi, come se stessimo fa-
cendo uno scherzo a qualcuno.
ANGELA Erano bei tempi. La vita, eh, certo, è bella!
ROBERTO Eri tu, bella e felice, e sono contento di avertelo po-
tuto dire.
ANGELA Sei gentile.
ROBERTO Io ho sempre avuto questa certezza: che rappresen-
tavo la stessa cosa per te. Cioè, che in questa faccenda dei
simboli, c'era una certa reciprocità.
ANGELA Mi fai piangere.
ROBERTO Ho vuotato il sacco. Ed è quasi inutile, ormai, che io

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 197


venga da te. Ti lascio dormire. O forse vengo anch'io nei
tuoi sogni, come tu nei miei?
ANGELA Raramente. Cioè, mai. (Ride.)
ROBERTO (deluso) Perché ridi?
ANGELA Sapessi chi viene nei miei sogni!
ROBERTO Chi?
ANGELA Non lo conosci. Quando tu parlavi, poco prima, io
pensavo: com'è vero. Ci sono persone che rappresentano
dei punti fermi, di paragone, o soltanto dei riferimenti.
Quando io leggo la parola uomo, ancora adesso vedo
"lui". Penso a una persona che ride, ecco "lui" che ride si-
lenziosamente, perché rideva così. Leggo: bretelle. Bene,
sono le sue bretelle che io sostituisco alla parola. Occhia-
li? Sono i suoi occhiali.
ROBERTO (inquisitore) Chi è?
ANGELA Non l'hai conosciuto. Aveva cinquant'anni quando io
ne avevo quindici. Pensa... oh, è difficile spiegarsi. Era
ipocrita. Mi assolveva, non so come dire. Rideva sempre.
Non dava importanza alla cosa. Oppure fingeva di rim-
proverarmi. La prima volta che andai a casa sua, prima di
farmi spogliare, mi domandò: "Hai fatto i compiti?" Capi-
sci? La cosa diventava un premio.
ROBERTO (sorpreso) I compiti?
ANGELA Sì. E io li facevo. Ebbi una media altissima, quell'anno.
ROBERTO I compiti?
ANGELA Me li rivedeva anche, dopo. Era contento. Era la gioia
di vivere, nessun uomo mi ha dato tanto, lo amavo, anzi lo
ammiravo, mi riempiva di meraviglia per la sua serenità
che rendeva tutto semplice. Un giorno, dopo un mese di
amore, io pazza, andò via, tornò dopo tre mesi, melanco-
nico. Volevo ucciderlo. Mi disse: "Sapessi quanto mi hai
fatto soffrire." Che avresti fatto tu? Rovesciava sempre le
198/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
situazioni e ti assolveva. (Una pausa.)
ROBERTO Anche i compiti di matematica?
ANGELA Tutti.
ROBERTO Ma io lo conosco?
ANGELA No, è morto anche lui da tanti anni. (Una pausa.) Uno
dei sogni che faccio spesso è questo. Andiamo verso il
mare, sai, lungo i fossi a cogliere le more. Io voglio... lui
dice: "No, cogliamo invece le more, giochiamo ai prover-
bi." Poi ci rincorriamo e lui finge di essere arrabbiato con
me. Invece... capisci?
ROBERTO Ma questo è un mio sogno! Capovolto, ma è mio.
ANGELA Come dici?
ROBERTO Niente. Angela, quanti uomini hai amato?
ANGELA Vediamo. (Pensa.) Uno solo.
ROBERTO Angela, è triste.
ANGELA No. La fedeltà non è triste, almeno in questo senso.
ROBERTO (amaro) Angela, ti preferisco nei miei ricordi.
ANGELA Come sono nei tuoi ricordi? Elegante?
ROBERTO Sei tutto.
ANGELA Mi fa piacere.
ROBERTO (dopo una pausa) Forse avrei fatto meglio a non te-
lefonarti. Non ricordi proprio niente di quell'estate al ma-
re? Niente di noi due?
ANGELA Ma sì, certo.
ROBERTO Lo amavi ancora, quell'altro?
ANGELA Sì.
Dal fondo avanzano due Guardiani, la signora Papa-
leo e Gaetano, con lampade e chiavistelli. Si sentono le
loro voci: "È qui da questa parte, c'è uno scalino, at-

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 199


tenzione."

ROBERTO E lo tradivi con me?


ANGELA Non lo tradivo. Non l'ho mai tradito. Tutto il resto
rientrava nel mio carattere.
ROBERTO Angela, ragioniamo.
ANGELA La tua concezione dell'amore è barocca e utilitaria.
ROBERTO Angela, ra... (Vede gli altri) Debbo lasciarti. Ma ri-
prenderemo subito questo discorso. Voglio chiarire. Ven-
go da te tra mezz'ora.
ANGELA E inutile. Non ti aprirò.
ROBERTO Invece aprirai. Dobbiamo vederci, parlare.
ANGELA No. Sento che mi porti il broncio e questo non mi di-
verte. Non mi diverte più.

Si apre la cappella. Camilla esita, sulla soglia.

CAMILLA (commossa) Robertino!


ROBERTO (duro) Un momento. Sto telefonando. (Al telefono)
Rispondi. Perché? È un'occasione ottima per chiarire.
Perché?
ANGELA Perché... perché... perché... (Continua a canticchiare i
suoi "perché" poi chiude il telefono.)

La sua cappella diventa buia.

ROBERTO È assolutamente necessario, vitale, per me. Vedia-


moci ti scongiuro. Pronto? Rispondi. Pronto? (Una pausa.
Infine Roberto chiude irritato il telefono.) Vecchia puttana.
(Si volge) Buonasera.
TUTTI Buonasera.
CAMILLA (si getta tra le sue braccia) Oh, Roberto, come sei pal-
lido.

200/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


ROBERTO (automaticamente) Sì, sono pallido.
GAETANO Oh, signor Roberto...
ROBERTO Grazie, Gaetano. (Agli altri) Grazie di essere venuti, a
quest'ora. Mi dispiace, non è colpa mia.
CAMILLA Ci sono i giornalisti e i fotografi, al cancello. Dovresti
preparare due parole, un discorsetto, no? (Ai Guardiani)
E voi, mettete tutto in ordine, mi raccomando la cassa,
che non passi in cavalleria, e il thermos: Gaetano, prenda
il thermos. E le chiavi? Ma devo pensare io a tutto?
ROBERTO Andiamo, cara.
CAMILLA Sono maledettamente raffreddata. Scusami. Non po-
tevo sapere. E tu? Ti senti meglio? Hai preso freddo?
ROBERTO Ti prego, andiamo, sono morto di stanchezza.
CAMILLA Lo credo bene.

Musica. Tutti escono.



Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 201


La Conversazione
Continuamente Interrotta

Sette quadri e un intermezzo facoltativo

La farsa verrà rappresentata, dopo la pubblicazione del vo-


lume, il 22 giugno 1972 al "Festival dei Due Mondi" di Spoleto,
con la regia di Vittorio Caprioli.
Come in tutti i casi precedenti anche per questa farsa è rico-
noscibile un precedente narrativo: il Quadro quartobis ripren-
de un pezzo apparso la prima volta sul "Mondo" del 21 maggio
1957 in cui compare il ritratto dello scrittore che, persi di vista
i propri personaggi, tenta, con scarso successo, di scrivere un
capitolo del suo romanzo; quel breve testo venne poi ripreso
da Flaiano, che già pensava al testo teatrale, nella prima parte
del racconto L'ispirazione del mattino. Progetto di farsa, uscito
sulla rivista "Illustrazione Igea" nel dicembre 1959

202/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


Personaggi

IL POETA, quarantacinque anni


LO SCRITTORE, quarant'anni
IL REGISTA, trentacinque anni
CRIMILDE, cameriera, incinta e un po' svanita
LA MOGLIE DELLO SCRITTORE
L'AMICA DEL REGISTA
IL DOTTORE
TAVOLINO, giornalista
PRIMO IMBIANCHINO
SECONDO IMBIANCHINO

L'azione si suppone a Roma, ieri.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 203


Quadro Primo

Studio dello Scrittore. Palcoscenico disadorno. Un di-


vano, poltrone, tavoli, tutto vecchio e alla rinfusa.
Scene accatastate sul fondo. Tre uomini di varie età, il
Poeta, lo Scrittore e il Regista, sono seduti o sdraiati,
in pose annoiate. Il Poeta ha tra le mani un piumino
per spolverare. Un silenzio.

POETA Non so. Ecco, per esempio, questo piumino. Mi piace-


rebbe cominciare con un cameriere che spolvera i mobili
di un salotto e parla da solo, raccontando l'antefatto. Po-
trebbero essere un cameriere e una cameriera. Si sente lo
squillo di un campanello e lui dice: "Hanno suonato,
dev'essere il notaio." Esce e ritorna col notaio e parlano
della signora contessa. (Si ferma, in ascolto.) Hanno suo-
nato?
REGISTA No.
POETA A me piaceva il teatro, quello di una volta, un po' mise-
rabile ma pieno d'orgoglio. La sfacciata presunzione della
grandezza. Ignobili drammi di famiglie benestanti, figli
naturali, il passato che torna, agnizioni, sacrifizi sublimi.
Con le scene di carta, le quinte, le porte che si gonfiavano
come vele, il precipitare del sipario. Molta paccottiglia. E
le luci della ribalta che schiacciavano la scena, niente luci
psicologiche. Non si potrebbero avere le luci di ribalta?
REGISTA (verso l'interno) Date le luci di ribalta!

Si accendono le luci di ribalta.

POETA Oh! La prima volta che vidi l'Amleto, in un teatro ambu-


lante, avevo otto o nove anni, nella parte di Ofelia la figlia

204/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


del capocomico, una ragazza incinta. Incinta di sette, otto
mesi. Me ne innamorai di colpo perdutamente. Ho conti-
nuato a credere che questa fosse la realtà di Ofelia.
SCRITTORE (sbadiglia) Sì, ma a che serve il teatro? Mio nonno
entrò in un teatro cinque volte in tutta la sua vita, mio
padre diciamo cinquanta, io ogni settimana, da anni. Ep-
pure abbiamo commesso tutti e tre gli stessi errori. Non
sto a dirvi quali, ma gli stessi. E se penso a loro, li vedo
più responsabili, più densi di me. Più uomini. (Pausa.)
Bene, lavoriamo.
REGISTA Cerchiamo di costruire attorno a un'idea. Non fidia-
moci delle storie, non ci credo. La vita è fatta di scene non
necessariamente legate tra di loro. Se l'idea è buona, im-
pone da sé la costruzione. I personaggi allora parlano da
soli. (Suono di campanello.) Dev'essere il notaio.

Lo Scrittore esce.

POETA Il teatro allora viaggiava come un popolo nomade, cari-


co di proposte esemplari, di vizi e di virtù... di esistenze
eroiche... di sogni folli e scadenti. Il Principe di Danimarca
accoglieva i comici al castello come una liberazione, come
un'alternativa all'esistenza quotidiana. E piangeva con lo-
ro sul dolore di Ecuba, su un fatto che non li riguardava.
REGISTA Eh, già.
POETA L'ultima sera tagliavano le battute, il treno passava po-
co dopo la mezzanotte e loro dovevano prenderlo, o per-
devano una piazza. I bauli pieni di stracci erano pronti,
bastava soltanto struccarsi e correre alla stazione. Quella
era vita!

Lo Scrittore rientra con lettere e giornali. Apre una


lettera e lascia il resto su un tavolo.

REGISTA Ti scrive ancora?


Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 205
POETA Io invidio chi scrive lettere. Non sarei capace. Dico, di
spedirla. Una volta ho scritto una lettera di otto pagine, la
rileggo, andava bene. Allora ho cancellato la data e il "ca-
rissima" e l'ho mandata a... a... La pubblicarono come rac-
conto.
SCRITTORE Già, è inutile. A meno che uno non scriva per l'epi-
stolario. Ma figurati se è il caso. Poi, il telefono ha ucciso
l'epistolario.

Un silenzio. Lo Scrittore mette la lettera in tasca.

REGISTA Hai finito? (Sospira.) Allora. Primo: il personaggio, il


protagonista. Chi è, che cosa vuole, qual è il suo scopo de-
terminante, urgente. The urgent desire. Chiaro? Se non
rispondiamo a questa prima domanda, ci fermiamo qui.
SCRITTORE Sono io. E anche tu. E anche lui.
POETA Tra voi e me c'è una differenza.
REGISTA Vorrei qualcosa, un caffè.
SCRITTORE Anche tu? (Verso l'interno) Caffè per tutti. Ehi,
bottega! Caffè per tutti. (Pausa.) Un uomo è a letto.
POETA Non cominciamo con due a letto o me ne vado.
SCRITTORE Ho detto: un uomo è a letto. In una di queste nuove
case di periferia, dai muri sottili. Sente sospirare. Cre-
dendo che sia sua moglie, dice: "Che hai cara, non puoi
dormire?" Dall'altra parte del muro gli risponde la moglie
di un altro: "Non ho sonno." Sai, avevano i letti accostati
ai due lati dello stesso muro e ognuno credeva di parlare
con l'altro coniuge. Il nostro uomo con sua moglie e l'altra
donna con suo marito.
POETA Abbiamo capito benissimo.
SCRITTORE Lui, allora, il nostro uomo, dice piano grattando il
muro – ma tieni presente la periferia, i grandi silenzi not-

206/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


turni, le strade ancora in disordine, i vicini che si ignora-
no tra di loro, la solitudine della campagna poco lontana –
lui dice piano grattando il muro: "Sono qui. Buonanotte."
Quell'altra ride. Gratta il muro anche lei. Trovano la cosa
molto eccitante, entrano nei particolari, sempre a bassa
voce, hanno praticamente un orgasmo. Questo è il qua-
dro. Finiranno col conoscersi, diventeranno amanti? Non
lo so. Per farvela breve, da un mese, quando vanno a let-
to, o si svegliano, danno un colpetto al muro, o grattano.
POETA La condizione dell'amore.
SCRITTORE Esatto. La condizione dell'amore in una società di
massa. Basta amplificare il messaggio.
REGISTA Ammettiamolo. Ma come finisce?
SCRITTORE E perché dovrebbe finire? Continua da un mese.
Sono felici. La sera, dopo una giornata di lavoro brutale,
non vedono l'ora di andare a letto. E sono anche saggi.
Poiché gli ingressi dei loro appartamenti danno su strade
diverse, non si conoscono nemmeno. Cercano anche di al-
lontanare il momento dell'incontro. Perché solo nell'im-
maginazione è la purezza dell'innocenza.
REGISTA Volevi dire masturbazione.
SCRITTORE Immaginazione! Nella realtà questi due amanti su-
blimi sono di una modestia scoraggiante. Forse brutti,
piccoli, pelosi, sprovvisti di spirito, inutilizzabili alla luce
del sole.
REGISTA Questo lo aggiungi tu. Nella realtà sono gente norma-
le. Ma non vedo la conclusione. A meno che gli altri due
coniugi, una sera, non entrino anche loro, con lo stesso
equivoco, nel gioco.
SCRITTORE Ah, no! Ti proibisco una soluzione così smaccata!
Pensa invece al quartiere in costruzione, all'attività edili-
zia, ai tristi negozi nuovi – tintoria, supermercato, vini e

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 207


oli, fioraio, casalinghi, latteria, tutti in fila – e loro due che
cercano di riconoscersi tra la folla delle strade sconnesse,
delle automobili arrampicate sui marciapiedi. (Al Poeta)
Non parli?
POETA Sto pensando. Grattano il muro.

Entra la Cameriera, col vassoio del caffè. È visibilmen-


te incinta. Serve il caffè. Il Poeta la guarda sorpreso,
ammaliato. Il Regista trattiene invece una mano della
Cameriera tra le sue.

REGISTA Carissima. Fermati. Non mi saluti più? Non mi vuoi


più bene?
CAMERIERA Il bene?
SCRITTORE Che miseria. Dio mio, dio, dio.
REGISTA Sei cattiva.
CAMERIERA E lei sarà buono.
REGISTA Me lo daresti un bacio?
CAMERIERA No.
REGISTA Neanche se mandiamo via questi due?
CAMERIERA Neanche. (Di colpo, si china a baciare il Regista.)
Addio. (Esce.)
SCRITTORE Che orrore. Tutto dovrà finire, tutto.
POETA Ma l'ultima volta che sono venuto qui non era incinta.
SCRITTORE Di chi stai parlando?
POETA Lei, lei, la ragazza.
SCRITTORE Un anno fa. In un anno!
POETA Chi è stato?
SCRITTORE Non lo sa neanche lei. Non ha saputo mai dire di
no a nessuno. Credo che qui l'abbiano avuta tutti. Persino
nell'ascensore. È un personaggio. Le giornate di libertà le
208/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
passava battendo gratis il marciapiede. È il suo lato mi-
gliore, in cucina è un disastro. (Lamentandosi) Dio, dio,
dio.
POETA (indignato) Ma una donna così andrebbe sposata im-
mediatamente! Ha bisogno di sicurezza, di stabilità. (Si
alza.) Qui possiamo parlare di innocenza, questo sì che è
un fatto d'amore, pieno, assoluto. Se non vivessi solo, la
sposerei io. Se non altro per riparare i torti di quel buffo-
ne, di quel refoulé di Amleto! Chiamala, falla stare qui con
noi. (Chiama) Ofelia!
REGISTA (allo Scrittore) Straordinaria quando racconta i suoi
amori, ricordi? Quella volta che se ne fece otto in un fos-
so. Potrebbe essere un personaggio, come dice lui, un'in-
nocente.
SCRITTORE Per favore, non mischiamola.
POETA Perché non viene? Che sarà di lei? Del bambino?
SCRITTORE È tutto previsto. Resteranno con noi.
POETA Potrei sposarla io, dare un nome a questo bambino, la-
vorare per loro. Potrei rivedere i miei appunti, mettere
insieme un paio di volumi tra saggi e prose scelte. Ho i
cassetti pieni.
SCRITTORE Sempre a patto che la ragazza resti con noi.
POETA Una vita che non serve a niente e a nessuno! Utilizzarla
almeno così. (Pausa.) Oppure, andare in India. O comun-
que verso l'Oriente, dove la vecchiaia è rispettata.
REGISTA La laida turpe vecchiaia, un tempo venerata dalle fan-
ciulle. (Un silenzio.) Cerchiamo di costruire attorno a
un'idea.

Un silenzio.

SCRITTORE (a fatica) Un tale, un tale... ha un'amante, una gio-


vane signora. Sto cercando un inizio. Com'è triste, vedo
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 209
già l'ambiente, le cene, gli amici, sento i discorsi, la vaga
paura esistenziale che plana su tutti. Il denaro e il presti-
gio come traguardo...
REGISTA Continua.
SCRITTORE Mah! Un pomeriggio il marito di lei esce di casa, lei
gli telefona, è sola, arriva lui, si spogliano.
POETA (brontola) Mmmmmh.
SCRITTORE (deciso) Si spogliano! Decidono di farsi la doccia.
Sai, giochi erotici, eccetera, che tristezza, ma non importa,
andiamo avanti, servono per sottolineare il vuoto della
loro condizione. Intanto, il marito sbriga subito i suoi af-
fari, anzi torna a casa perché dice di non sentirsi bene.
L'amante fa appena in tempo a ficcarsi in un armadio.
POETA Bagnato.
SCRITTORE Sì, bagnato, naturalmente! E pieno di sapone! Il
marito dunque si sente poco bene, ma vedendo la moglie
nuda e affannata, qualcosa si risveglia in lui, la spinge sul
letto.
POETA E le scuote il pelliccione per un'ora.
SCRITTORE Oh, no, basta! L'infinita tristezza, non senti l'infini-
ta tristezza della nostra condizione? E la vigliaccheria?
POETA Fantasmi. Perché questi fantasmi debbono infilarsi nel
nostro lavoro? Torniamo a Ofelia.
SCRITTORE Ma è una proposta! Vorrei arrivare al fondo del
problema, descrivere una società merdosa che si crede
libera, arrivare a una conclusione vuota, vuota, capisci?
tragica, senza abbandonare il tono della pochade, l'unico
che conviene a certa gente. È una proposta in cui siamo
immischiati sino al collo, bagnati, nudi in un armadio, an-
che noi!

Suona il telefono.

210/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


REGISTA (al telefono) Sì, sono io. Ciao, qui tutti bene, lavoria-
mo. (Agli amici) Vuoi sapere a che punto siamo con la
storia. (Al telefono) Stiamo andando avanti daccapo. Sì, sì.
Non prima di una settimana. Sì, sì. Ciao. (Chiude il telefo-
no.) Dio mio, dio mio, dio mio. (Si torce come preso dai
crampi. )
SCRITTORE Che ti succede?
REGISTA Vorrei vomitare. Tutto. Non badate a me. Ammettia-
mo che questo sia l'inizio. E poi?
SCRITTORE (offeso) E poi, e poi, e poi.
REGISTA Bisogna costruire attorno. E come finisce?
POETA Non mi preoccuperei per ora di come finisce. I finali
non esistono, li fa il tempo. Per avere un vero finale di
una storia bisognerebbe che morissero tutti i protagoni-
sti, e non basterebbe nemmeno. Ci sono gli eredi. Tra cen-
to anni, nasce uno che somiglia al protagonista, che
commette (accenna allo Scrittore) gli stessi errori del
protagonista, e la cosa dovrebbe continuare. Se vogliamo
essere strettamente coerenti. (Pausa.) Ho un'idea.

I due lo guardano meravigliati.

REGISTA Bene.
POETA La giornata di un uomo solo in una città che non è quel-
la dove risiede normalmente. (Aspetta invano l'effetto del-
le sue parole.) Ma è una tragedia! Per esempio: conversa-
zioni col portiere dell'albergo, col padrone di un negozio,
col tassista, col cameriere, tutte persone che vede per la
prima e l'ultima volta. Non vi fa tremare? Scambi di luo-
ghi comuni sul tempo, la vita, il passato e il futuro. Solo al
ristorante, occupa un tavolo. Mangia per non deludere il
cameriere. Compra giornali. Compra oggetti che non gli
servono e non gli piacciono. E libri che getterà via dopo le
prime pagine. Si studia a lungo nello specchio del bagno.
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 211
Di sera, una ragazza sotto i portici lo guarda e gli dice:
"Baffetto," per adescarlo. Lui va per la sua strada. Torna
in albergo, non succede niente.
REGISTA Già, non succede niente.
POETA Benissimo. Ho dell'altro. Un tale, trovandosi a New
York...
REGISTA Sei mai stato a New York?
POETA Che discorsi! No. Ci mancherebbe altro.
REGISTA Allora, un tale, trovandosi a New York?
POETA Compra un orologio da un robivecchi. Un orologio da
polso. Lo fa riparare. Aprendolo scopre che è stato dedi-
cato da una certa Kitty a un certo Bob. Per un seguito di
strane combinazioni, un libro che stava leggendo, ricer-
che, eccetera, viene a scoprire che questo Bob, qua-
rant'anni prima, era stato un giovane attore, molto bello e
amato dalle donne, morto poi in estrema miseria, suicida.
Qui la storia si fa strana. Continuando a indagare sulla vi-
ta di quest'attore, comincia ad avere anche lui rapide, fol-
goranti avventure. Donne che gli si offrono di colpo, sen-
za pudore. Ma questo soltanto quando ha l'orologio al
polso.

Suona il telefono.

REGISTA (al telefono) Sì, sono io. Ah, bene. No. No. Mi dispiace.
Più tardi, sto lavorando. Certo, va bene. Ciao. (Chiude il
telefono.) Allora, soltanto quando ha l'orologio.
POETA Sì, quest'orologio lo inquieta.
REGISTA Capisco. E poi?
POETA Vedremo perché.
SCRITTORE Apre la strada a una sola ipotesi. La ripetizione
della storia. Diffidare di questi orologi. Non esistono.

212/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


POETA (scaldandosi) Ecco l'orologio! Eccolo, eccolo! E vuoi for-
se mettere in dubbio ch'io morirò in estrema miseria?
SCRITTORE Ma non suicida. Tu sei immortale. E tutto quello
che racconti è falso, inventato, mostra la corda, sa di let-
ture infantili. Le avventure! Chi ha più avventure? Tu, che
t'innamori due volte al giorno?

Un silenzio.

POETA (offeso) Un tale, sì un tale va con una ragazza in una


stanza d'albergo, una di queste stanze immobili, comme-
morative, quelle dei dizionari di una volta alla voce came-
ra da letto. Un catalogo di mobili. C'è tutto. Il letto, il co-
modino, il comò, l'armadio, lo scendiletto, il tappeto, le
tende, le tendine, la poltrona, il puff, la specchiera, l'abat-
jour, una carta da parati, paesaggi svizzeri! E il caminetto,
con gli alari, il parafuoco. Vecchia stanza confortevole, ma
repugnante. Da assassinio.
SCRITTORE E lui ammazza la ragazza.
POETA No. Poco dopo il cielo occupa tutta la parete, la ragazza
entra nuda nella stanza da bagno e non torna.
SCRITTORE Annegata.
POETA No. Vana ricerca di questa ragazza. Infila anche lui la
porta della stanza da bagno e si ritrova su una spiaggia.

Un silenzio di disapprovazione degli altri due.

SCRITTORE Sono cose che succedono tutti i giorni. Che albergo


era?
POETA L'hotel d'Angleterre a Lione.
REGISTA Appunto, evitiamo il surreale quotidiano.
POETA (accalorandosi) Una penna comprata ad Amsterdam lo
spinge a scrivere storie estremamente licenziose, finché
lo portano al manicomio, dove gli affidano la biblioteca.
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 213
Oppure, volando sull'Atlantico si accorge che il jet è pieno
di persone morte che vanno verso il nulla.
SCRITTORE Domande senza risposta, tutto estremamente pro-
babile.

Un silenzio.

REGISTA Vogliamo vederci domani?

Il Poeta si alza e passeggia nervosamente.

POETA Vedo una gabbia, in un giardino zoologico. E dentro la


gabbia, al posto del solito leone, o scimmione, al posto del
melanconico orango che medita sul suo destino e sbadi-
glia, c'è un uomo che suona il violino. Così viene scoperto
da una scolaresca in visita. E, naturalmente, irriso.
REGISTA Bene. E poi?
POETA Com'è entrato quest'uomo nella gabbia? Non lo sapre-
mo mai. Sapremo soltanto che non ne vuole uscire. Se il
guardiano si accosta troppo, ringhia. Non parla, si limita a
ringhiare. E a suonare il violino. Per ora, non vedo altro.
SCRITTORE Com'è vestito? Ha una valigia con sé?
POETA È vestito semplicemente, direi rozzamente. Non ha nes-
suna valigia, solo un violino. Età, direi, trent'anni.
SCRITTORE Mi sembra d'aver capito. Curiosità dei visitatori
dello zoo. Simpatie femminili. Offerte di noccioline. I
guardiani chiamano il direttore, il quale chiama la polizia,
che chiama quelli della Neuro. Nessuno può far niente.
Neanche l'autorità giudiziaria può far niente.
REGISTA Ha una protesta precisa da esprimere?
SCRITTORE No, poiché non parla. Si fanno varie ipotesi. È un
senzatetto, uno che chiede lavoro, un vanesio, un sempli-
ce esibizionista in cerca di pubblicità. Ma ogni ipotesi re-
sta tale, anzi viene smentita dal misterioso contegno di
214/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
quest'uomo. Sembra che il suo solo scopo sia di occupare
la gabbia, di essere lasciato in pace.
REGISTA Tuttavia, devono nutrirlo. Poi arrivano i fotografi. E
quasi contemporaneamente i cronisti. Escono i giornali
con la notizia. "Orfeo allo zoo", "Chi è l'uomo dello zoo?",
eccetera.
SCRITTORE Arrivano anche quelli della pubblicità, coi loro
prodotti, che offrono. Ognuno cerca di utilizzare que-
st'uomo che suona il violino.
REGISTA Strumentalizzare.
POETA La radio ne parla. Alla televisione improvvisano una ta-
vola rotonda. Per queste cose hanno sempre pronti uno
psicologo e un sociologo. Si fanno catastrofiche previsio-
ni. Dove va l'Uomo? L'Umanità al bivio?
REGISTA La folla intanto invade lo zoo.
POETA E l'uomo seguita a strimpellare il suo violino. Perché,
sarà meglio dirlo subito, suona male. Infine scende la not-
te. Gli altri animali sono inquieti. È probabile che una
donna riesca a entrare anche lei nella gabbia.
REGISTA Si spoglia!
POETA Vengo subito a te. Si spoglia. Lo spettacolo che danno è
insieme animalesco e sereno. Si riprodurranno. Col tem-
po.

Un silenzio. Tutti pensano. Il Poeta siede, placato.

SCRITTORE Escluderei lo zoo di Roma. Piuttosto New York. Ma


sento che manca la caduta drammatica. Non si libra, non
vola. Alt, ci sono. Se uno sceriffo infuriato uccidesse sia
l'uomo che la donna proprio mentre si accoppiano?
POETA Vuoi sempre spaventarci.

Entra la Moglie dello Scrittore.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 215


MOGLIE Buongiorno, non vi disturbo? Avete bisogno di qual-
cosa?
SCRITTORE Vieni. Una soluzione tragica riporterebbe il rac-
conto nella realtà, nella sua dimensione attuale.
REGISTA (alla Moglie) Carissima. (La bacia.) Siedi con noi. Qui.

Il Poeta si serve da bere, torvo.

MOGLIE Ma io vi disturbo, voi state lavorando. (Siede.)


REGISTA La conversazione con tuo marito diventa sempre più
penosa. Perché l'hai sposato?
MOGLIE Non so. (Ride.) Per una serie di equivoci. Una volta mi
dette uno schiaffo, me ne innamorai. Speravo che mi pic-
chiasse. Tutte le ragazze ai miei tempi sognavano un vero
uomo.
SCRITTORE Siamo daccapo. (Al Regista) E tu le dai corda.
MOGLIE Adesso si arrabbia. Caro, volevo dire un uomo da sal-
vare, da proteggere. Uno di quelli che la sera vanno a be-
re con gli amici e la moglie deve andare a ritirarli, verso
l'una, ubriachi.
SCRITTORE Tutto si svolge nella pianura padana.
REGISTA Continua.
MOGLIE E poi picchiano la moglie, non sempre, il sabato, o
quando sono assaliti dalla malinconia della loro condi-
zione. Era questo per me il matrimonio, come lo immagi-
navo da bambina, tutta la gente del cortile dove abitavo
io si comportava così.
REGISTA Perché non la picchi mai?
SCRITTORE Detesto la violenza.
REGISTA Eppure una misurata violenza può alimentare la
fiamma coniugale. Se per violenza si intende anche dedi-
zione. Richiede una certa fatica. (Alla Moglie) Bevi con

216/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


noi. Continua.
MOGLIE Che devo dire?
REGISTA Continua sul matrimonio.
MOGLIE Niente. Dicevo, io penso spesso di essere una di quelle
donne del popolo di una volta. La domenica mio marito,
serio, rasato, con qualche taglio sulle guance, mi porte-
rebbe fuori porta nei prati, o in una balera. E la sera, dalla
finestra sul cortile, vedrei passare i treni.
REGISTA Abitavi vicino alla stazione?
MOGLIE (sorpresa) No, anzi. Ma il treno passa dappertutto, e io
mi sarei sentita felice, in attesa di scendere e di ritrovare
il mio uomo ubriaco.
REGISTA Il treno col vagone ristorante e la gente che mangia,
tutta illuminata.
MOGLIE No, un treno qualsiasi, anche un treno merci, io non
vorrei evadere. Mi piacerebbe tutto: mio marito, il cortile,
il treno. Qualche volta scendo e lo trovo che parla con de-
gli amici. Parlano di cose profonde, anche di Dio, di libri
che hanno letto.
REGISTA Come può una donna di sentimenti così puri vivere
con te?
POETA (si alza) Ecco, io sono completamente ubriaco. Era que-
sta la donna che avrei dovuto incontrare, accidenti...
Adesso, è troppo tardi. Io ormai finito nell'alcool, lei di un
altro. (Alla Moglie) Ma tu puoi ancora salvarti, ritrovare
quella bambina, essere quella che io sognavo. Qualcosa di
più di una donna! (Con voce normale) È già stato detto?
MOGLIE Io sono felice. Ma pensavo a un uomo che la sera tor-
nasse stanco, sporco, e che si lavasse in cucina.
REGISTA Ferroviere? Minatore?
MOGLIE E che trasalisse a ogni suono di campanello. Un uomo

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 217


di un certo passato.
REGISTA Evaso? Fuggiasco?

Un silenzio.

MOGLIE Vi lascio lavorare. Arrivederci. (Esce.)

Un silenzio.

REGISTA Lui, naturalmente, sarebbe un ex anarchico, oppure...


(Si alza.) Bene, domani non posso, ci vediamo dopodo-
mani qui alla stessa ora. Per voi va bene? Andiamo, Poeta.
POETA (svagato) Eh?
REGISTA Andiamo, è ora di andare a letto, sempre qui a per-
dere tempo, su, forza, basta parlare di politica, sono le
undici. (Fa alzare il Poeta e sorreggendolo va con lui verso
il fondo.)
POETA (fingendosi ubriaco) Donna, le mani a posto, so cammi-
nare da solo, addio compagni, accidenti, perché io. Viva la
libertà!

Regista e Poeta escono ridendo. Lo Scrittore sbadiglia.


Buio.

218/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


Quadro Secondo

Studio del Dottore. Stessa scena, più un paravento. Lo


Scrittore è sdraiato su un divano. Il Dottore gli è sedu-
to accanto e prende appunti su un taccuino.

DOTTORE Sta comodo così? Forse, un cuscino. (Prende un cu-


scino e lo accomoda sotto la testa dello Scrittore.) Ecco,
così sta certamente meglio.
SCRITTORE Sì, grazie.
DOTTORE Perché mi ringrazia sempre? Lei è molto gentile, o
molto timido. Ho notato che è sempre molto gentile.
Nell'ultima seduta, vedo qui, mi ha ringraziato ventuno
volte. Non vorrei che questa gentilezza fosse soltanto di-
fensiva, o celasse addirittura una certa avversione. Lei
deve distendersi, fiduciosamente. E parlare senza reti-
cenze. Io sono qui per aiutarla.
SCRITTORE Sì, grazie.
DOTTORE Vede? Sì, grazie, sì grazie! (Ride.) Qual è il suo difetto
principale? Risponda subito.
SCRITTORE Il principale? Direi: l'indecisione.
DOTTORE È un difetto molto comune. La vita d'oggi ci porta
continuamente al bivio delle scelte.
SCRITTORE Io non voglio scegliere. E invece, tutte le scelte ri-
fiutate si accumulano, come la corrispondenza. Tante let-
tere che aspettano una risposta, anche quando la risposta
è diventata inutile.

Un silenzio.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 219


DOTTORE Lei lo scorso anno ebbe un brutto incidente, vero?
Bene, come vide la morte? La fine di tutto?
SCRITTORE Quando ero in pericolo di vita non pensavo che ai
dettagli, la morte si presenta come un seguito di dettagli
che sorprendono, ma serenamente. Adesso penso alla
morte nella sua totalità, la fine di tutto, come dice lei. O al
ritorno, se vuole, sotto una forma che non m'interessa, né
m'incuriosisce. Direi che sono affezionato, legato, al mio
supporto. È male?
DOTTORE Non faccia domande. Deve decidere lei se è male, o
no.
SCRITTORE Non m'interessa decidere.
DOTTORE Ma questo la fa soffrire. (Pausa.) Qual è la sua costel-
lazione?
SCRITTORE Pesci.
DOTTORE Sì, Pesci, va bene. Ma l'ascendente?
SCRITTORE Maionese.
DOTTORE (ride) Lei ha disposizione a vedere il lato umoristico
delle cose. Questo dovrebbe aiutarla a superare la situa-
zione. Ammesso che si tratti di una situazione seria.
SCRITTORE Io non sto bene.
DOTTORE Nessuno sta bene. (Gli prende una mano.) Perché si
mangia le unghie?
SCRITTORE Se non lo sa lei! Perché? Eh? Perché mi mangio le
unghie?
DOTTORE Onicofagia. Può essere narcisismo, ossessione ses-
suale. Lei si mangia le unghie quando è particolarmente
ansioso?
SCRITTORE Sì, credo.
DOTTORE E ha cominciato da piccolo, immagino.

220/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


SCRITTORE Appena mi sono spuntati i denti, penso. Prima mi
succhiavo un dito.
DOTTORE Lei è stato allattato artificialmente?
SCRITTORE Non lo ricordo. Può darsi.
DOTTORE È importante. Forse le è mancato il seno materno. Se
non le è mancato, dobbiamo ripiegare su un'altra ipotesi,
edipica.
SCRITTORE Infatti odiavo mio padre. Ma adesso non lo odio
più. (Si solleva.) Curioso, non lo odio più! E credo di sape-
re perché. Perché comincio ad avere l'età di mio padre.
Sono io mio padre, adesso. Curioso. Non ci avevo mai
pensato. Forse... forse questa è l'unica immortalità possi-
bile.
DOTTORE Si rimetta giù, buono.
SCRITTORE Ma non si può nemmeno dire che amassi mia ma-
dre. Tentavo soltanto di possederla, la mattina, quando
andavo a giocare nel suo gran letto. È importante?
DOTTORE Non si preoccupi. Io ho avuto un compagno di scuola
che somigliava a lei.
SCRITTORE A mia madre?
DOTTORE No, a lei.

Un silenzio.

SCRITTORE Ah, Dio mio, dio mio, dio mio.


DOTTORE Che cos'ha, non si sente bene?
SCRITTORE No, sto benissimo. È tutto il resto. La verità è che io
faccio un mestiere maledetto. E non so farlo.
DOTTORE Non capisco. Lei scrive.
SCRITTORE Ecco. Ma non so scrivere. Qui è il punto. Non ho
idee. Ho appena un po' d'immaginazione, una certa ten-
denza per l'ornato, ma non mi vengono mai grandi idee.
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 221
Non ho la fantasia del creatore, del poeta. Vede, in questo
momento, tra me e lei dovrebbe scaturire un'idea, anche
mediocre. Invece, niente.
DOTTORE Non capisco.
SCRITTORE Se mi metto a pensare a una storia non riesco a
vedere nemmeno un personaggio. Vedo sempre me stes-
so. E siccome io mi annoio, anche questo personaggio si
annoia e non dice una parola, non si muove, non fa un ge-
sto. E poi ho sempre la sensazione che tutto sia stato det-
to.
DOTTORE Già raccontato.
SCRITTORE Ecco. Perlomeno le cose interessanti.
DOTTORE Per questo lei non mi parla mai di lei. Lei ha l'illu-
sione di aver già raccontato, a me, qualcosa che è partico-
larmente interessante. E invece non mi ha raccontato nul-
la, che io non sapessi. Io non so nulla di lei. Parliamo chia-
ramente. Ha mai avuto, per esempio, tendenze omoses-
suali?
SCRITTORE Credo di no.
DOTTORE Come "crede"? Si sforzi di ricordare.
SCRITTORE Bene, verso la pubertà...
DOTTORE Ecco, vede, continui...
SCRITTORE Negli anni della pubertà si faceva tra compagni di
scuola un po' di esibizionismo. Non so, ci guardavamo il
cosino, per controllo, cercavamo di misurarne...
DOTTORE Reciprocamente.
SCRITTORE ... la lunghezza. Ma, suppongo, per obbedienza a un
rito iniziatico, antico come l'uomo. Niente di morbido.
DOTTORE Lo credo bene.
SCRITTORE Volevo dire morboso.

222/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


DOTTORE Ed è incappato in un lapsus!
SCRITTORE È grave?
DOTTORE Non faccia domande. (Prende appunti.) Le ho mai...
le ho mai raccontato le mie prime esperienze sessuali, di-
ciamo il primo amore?
SCRITTORE No. La pregherei di non farlo. Mi distrae.
DOTTORE Non sia tanto ostile. Potrebbe aiutarla invece a scio-
gliere il suo nodo.
SCRITTORE Ma alla mia età che vuole sciogliere, ormai. È come
il nodo sbagliato di un laccio da scarpe. Viene voglia di
buttare via la scarpa.
DOTTORE Una domanda: lei ama molto sua moglie?
SCRITTORE Sono molto legato a lei, questo è un altro nodo.
DOTTORE L'ama profondamente?
SCRITTORE Che significa? Parole! Profondamente! È un enig-
ma. Lei, mia moglie, per esempio, ama un personaggio
che si è creata, un fuorilegge, un anarchico, un ribelle che
la domina e la picchia anche. (Si solleva.) E non sa che il
vero fuorilegge sono io! Io! Se io non sto dentro è perché
non mi hanno ancora preso! Come dice il Poeta? "Sono un
uomo abbastanza normale, e tuttavia potrei accusarmi di
tali cose che sarebbe meglio che mia madre non mi aves-
se messo al mondo... Chiuditi in un convento!"
DOTTORE Perché non scrive una storia su di lei e sua moglie?
Lo aiuterebbe?
SCRITTORE Una storia con quattro personaggi, due veri e due
immaginari. Ci si sposa sempre in quattro. Aumenterebbe
la confusione.
DOTTORE Adesso le racconto il mio primo amore. Era...
SCRITTORE Mettiamo le carte in tavola. Chi è il dottore qui? Io
o lei? Dunque, sono io che racconto. Potrebbe essere una

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 223


storia, sì. E lei deve ascoltarmi. Cominciamo da un mio
sogno di stanotte.
DOTTORE Sentiamo, per quanto i sogni... Lei crede nei sogni?
SCRITTORE Ho sognato che ero con una meravigliosa donna e
che tentavo di possederla, ero sul punto, ma c'erano delle
complicazioni, non so, direi burocratiche. Premetto che
eravamo nudi.
DOTTORE Avanti. So il resto.
SCRITTORE Allora continui lei.
DOTTORE No, no, sentiamo.
SCRITTORE C'erano delle...
DOTTORE ... complicazioni. Avanti.
SCRITTORE E tutto è sfumato in una specie di lunga fatica, di
rinuncia, e poi quasi di colpo mi sono svegliato. Ho tenta-
to di riprendere sonno, volevo ripigliare quel sogno la-
sciato a metà ma era come riattaccare un braccio ampu-
tato. Tentavo.
DOTTORE E non c'è riuscito.
SCRITTORE Come fa a saperlo?
DOTTORE Faccio quasi sempre lo stesso sogno.
SCRITTORE E a lei riesce, immagino. È pratico di sogni, sa co-
me destreggiarsi in un sogno! (Duro) Lei detesta darsi
delle arie, ma nei sogni del genere se la cava.
DOTTORE (scrive) Continui.
SCRITTORE Quella donna del sogno... Forse il trucco è nel non
desiderare che il sogno si concluda, nel fingere indiffe-
renza? Quella donna mi turba ancora. Era stupenda, me-
ravigliosa, ho ancora nelle orecchie il suo riso chiaro, dol-
cissimo, invitante.
DOTTORE (scrivendo) Non si preoccupi. Ero io. Siamo entrati

224/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


nella fase del transfert. Lei adesso mi ama e naturalmente
mi sogna come donna.
SCRITTORE (si alza) È probabile. Se almeno da tutto ciò si po-
tesse cavare una storia. Vediamo, vediamo. Posso telefo-
nare? (Fa un numero al telefono.)

Buio.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 225


Quadro Terzo

Studio dello Scrittore. Il Regista e lo Scrittore fumano.


Il Poeta dorme in una poltrona.

REGISTA Sai, mi dice lui, quando sono andato a casa sua, non
sapevo ancora niente, sai, mi dice: "Ci siamo lasciati. Vado
via." "Ah," dico io, "mi dispiace." "Dispiace anche a me,"
dice lui, "ma ormai era una vita impossibile." In quel
momento entra la moglie, serena, lo accarezza mentre lui
finge di commuoversi.
SCRITTORE Forse era davvero commosso.
REGISTA Può darsi. Ma senti che gli dice la moglie. Gli dice:
"Povero amore mio, mai visto così contento come oggi."
SCRITTORE Incredibile.
REGISTA Ti giuro. Lui allora va a salutare i bambini e lei resta
sola con me. Un momento d'imbarazzo, come in ascenso-
re, ma lei è molto tranquilla. Mi dice: "Speriamo che si ca-
vi da tutti i suoi impicci con l'altra." Era serena. Entrano i
bambini con la cameriera che piange. I bambini invece
sono contenti. Gli domandano: "Quando torni, papà?"
"Tra una settimana." "E quant'è una settimana?" doman-
da la più piccola. E la moglie: "Sciocchina, neanche la set-
timana sai? L'orologio lo sai, la settimana no? Su, dimmi i
giorni della settimana." Sempre didascalica, insomma,
sempre perfetta educatrice. La piccola comincia: "Lunedì,
martedì, mercoledì..." Si ferma. E lui: "Ma vedi che li sai?
Giovedì..." "Sabato e domenica" dice la piccola. "No, man-
ca venerdì," dice il bambino. "Insomma, sono sette gior-
ni." Si baciano, lui è molto commosso, usciamo. Sulle sca-
le, lei si affaccia e dice: "Non correre!" E lui: "Sta' tran-

226/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


quilla." Poi si volge a me: "Perché me lo dice? Tanto sa
che corro lo stesso."
SCRITTORE Incredibile.
REGISTA Sul marciapiedi, prima di salire in automobile...

Entra la Moglie.

MOGLIE Oh, scusate, vi disturbo. (Vede il Poeta dormiente e ab-


bassa la voce.) Oh, dorme. Avete bisogno di qualcosa?
REGISTA (la bacia) Carissima. Come stai bene!
MOGLIE Oh, sì, proprio. Non sono brutta?
REGISTA Sei bellissima.
MOGLIE Caro. Allora, vi lascio. Proprio non volete nulla?
SCRITTORE Mandaci del caffè. Grazie.
MOGLIE Ciao, ciao. (Esce.)

Suona il telefono.

REGISTA Se è per me, non ci sono.


SCRITTORE (al telefono) Sì, sì. No, mi dispiace, non è qui. Non
saprei, oggi non dovevamo vederci. Prego, sì, sì. (Chiude il
telefono.) Era lei. Allora?
REGISTA (preoccupato) Che cosa?
SCRITTORE Prima di salire in automobile?
REGISTA Ah. Sul marciapiedi, prima di salire in automobile, si
ferma, guarda le finestre dell'attico e dice: "Addio caset-
tina mia." Proprio così: casettina mia. Piangeva. Partiamo,
lo lascio sfogare un po' in silenzio. Poi gli dico: "Davvero
hai deciso di non tornare?" E lui: "Certo, che torno a fare?
Odio l'inverno a Roma." "Potresti tornare in primavera."
"Ah, no, che devo dirti, è tutto così lontano." Passiamo
davanti a San Pietro. "Addio, San Pietro," dice. Capisci?

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 227


Salutava tutto! (Ride.) E io: "Torna almeno per l'estate."
"A che fare?" "Ma," dico io, "l'estate a Roma è bellissima!"
"Lo dici a me? È stupenda!" Corriamo un po' senza parla-
re. Poi io gli dico: "Parlami di lei." Sospira. "È una cosa
enorme." "In che senso?" "Come, in che senso? Mi dà tan-
ta serenità." Ci pensa un attimo e aggiunge: "In tutti i sen-
si." Io azzardo: "Anche sessuale?" "Ah, soprattutto! È
straordinaria." "Raccontami," dico io. E lui: "Non puoi
immaginarlo. Scopa benissimo, alza le gambe fino al sof-
fitto, mi capisce, mi afferra..." Poi, accorgendosi di essersi
lasciato un po' andare: "Ha certi occhi. Profondi. Ed è
molto sensibile, molto colta, anche. Ah, coltissima." (Ri-
de.)
SCRITTORE Straordinario.
CAMERIERA (entrando) Il caffè. (Vedendo il Poeta che dorme
abbassa la voce.) Buongiorno.
REGISTA (le prende una mano) Che hai? Non mi vuoi più bene?
Siediti qui. Una volta ti trattenevi. Non parli, non mi dici
niente. (Allo Scrittore) Sarebbe un'idea, questa. (Alla Ca-
meriera) Allora, ci racconti di quella volta nel fosso?
Quanti erano? Otto?
CAMERIERA (siede e guarda con tenerezza il Poeta) Dorme.
Non lo svegliate. Quant'è bello!

Il Poeta russa. Buio.

228/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


Quadro Quarto

Studio dello Scrittore. Lo Scrittore e il Poeta fumano,


bevono, parlano a bassa voce. Il Regista dorme.

POETA Non posso prendermi un'altra donna, sai. Se si trattasse


di una volta sola, passi, ma il giorno dopo ti telefona: "Ci
si vede oggi?" Ecco, è un'altra che vuoi entrare nel giro e
vuole vederti. Si annoia, è lusingata dal fatto di poterti
frequentare, chissà che immagina. E poiché ci sono le al-
tre, non è possibile, diventa un lavoro, e io non ho più
tempo. Con le donne è inutile nasconderselo, occorre o
denaro o tempo. La mia moneta è il tempo. Anche tu, se
hai tempo, puoi avere tutte le donne che vuoi. Ma devi ac-
compagnarle, parlare, soprattutto ascoltarle. E uscire. Fi-
gurati. E poi si mettono delle idee in testa e ti sorvegliano
la salute, se fumi, se bevi... No?
SCRITTORE (atono) Eh?
POETA Non ci sono problemi, tutte o quasi tutte scopano, le più
belle un po' meno delle brutte, perché sono belle e allora
si fanno l'idea di dover scegliere, les pauvres! Ma le altre,
quelle che si devono contentare del primo che le invita a
letto, scopano continuamente, perché ormai è così, l'abi-
tudine, la vita, è nell'aria. Pas même avec dignité. Elles
couchent, simplement.
SCRITTORE Perché parli francese?
POETA Pardon, je pensais être encore à Paris. (Pausa.) La do-
menica è il giorno in cui si vedono i mariti. Tutta la setti-
mana tu vedi le mogli, poi la domenica vedi che hanno un
marito, tutte, e vanno al ristorante, e passeggiano nel
quartiere, la sera le ritrovi al cinema. E ti sorridono da

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 229


lontano.
SCRITTORE Comme c'est vrai!

Un silenzio.

POETA Tra poco, agosto. Bisognerà pensare a spostarsi. Potrei


venire da te, in montagna, mah, vedremo. Io non sono di
quelli che credono che altrove succede qualcosa. Succede
tutto qui, se deve succedere. E che importanza ha quello
che succede agli altri, altrove? Io resto qui, Paris l'hiver,
la Côte l'été, la mer me suffit. D'altronde tutti i miei amici
d'estate vanno sulla Costa, una volta sono andato dal mio
editore per chiedergli una certa somma, per andare an-
ch'io sulla Costa, a Saint-Tropez. L'imbecille mi dice: "Ah,
bene, io non mi permetto Saint-Tropez, non capisco per-
ché ci debba andare lei, coi miei soldi." "Ah, sì," gli ri-
spondo, "se lei crede che mi piacciano le villeggiature
stronze, se lei crede ch'io segua la moda! Che mi importa
di Saint-Tropez, ma tutti i miei amici sono a Saint-Tropez,
e come vuole ch'io mangi, qui, almeno una volta al gior-
no?" Capisci?
SCRITTORE (atono) Già.
POETA D'altra parte, ti immagini qui d'estate col sole? Io non
posso soffrire il sole in città, trovo che è indecente. Mi fa
pensare al rustico in città, ai ristoranti alla moda, tutto al-
la griglia, dove ti danno dei sordidi antipasti e una bistec-
ca. Che vuoi dire? Per me non ci sono che i cuochi che
hanno diritto di tenere un ristorante. Vedi, cominciano da
ragazzi, è un mestiere, nient'altro. In città va bene il catti-
vo tempo, come in Baudelaire.
SCRITTORE C'est ça.

Un silenzio.

POETA Bene, senti che mi succede l'anno scorso, a Parigi. Tor-


230/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
no dopo due mesi di Saint-Tropez e trovo la mia camera
d'albergo cambiata. Quel cretino del proprietario ha fatto
dei lavori, ha allargato la mia camera, vi ha aggiunto una
stanzetta da bagno. Per qualche giorno sono stato con-
tento, anche se il tipo pretendeva qualcosa in più sul
prezzo. Tu sai, alla mia età, una stanza da bagno è qualco-
sa, una specie di conquista, un arrivo. Non dovevo più
andare nel corridoio per il water, non dovevo più orinare
nel lavandino, insomma un miglioramento notevole. Ma
dopo una settimana ho capito l'errore. Le donne volevano
restare a dormire, si mettevano in testa delle idee son-
tuose, c'era la stanza da bagno e subito volevano fare il
bagno e anche le porcherie nella vasca, come si vede nei
film di questi cretini, tu sais, ces choses que font les écri-
vains américains. Ne veniva fuori il disordine, e fottuta la
mia pace.
SCRITTORE (atono) Ah.
POETA Finivo per non lavorare, mai, a furia di lavarmi e di ve-
dere quelle femmine folli che si lavavano, anche con la
schiuma! Adesso qui abito in un orrido studio, ma il ba-
gno è nel corridoio, ci si pensa molto meno. Non lavoro lo
stesso, ma con più calma.
SCRITTORE E già.
POETA Mi domandano perché scrivo così poco. E io rispondo:
Se uno scrittore è prolifico, date un'occhiata alle sue don-
ne. Quasi sempre astiose, preoccupate, odiano i tuoi ami-
ci. E che vuoi che faccia il poveretto? Scrive.
SCRITTORE Già.

Il Poeta ride tra sé, silenziosamente.

POETA Ho fatto piangere una bambina di sette anni dicendole:


"Vattene, tu non mi interessi, sei vecchia!" Ha pianto tutta
la notte, dicendo: "Non è vero non sono vecchia!" Capisci?

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 231


SCRITTORE (sospira) Capisco.
POETA D'altra parte, io non sono un ipocrita. Quando una don-
na ha più di vent'anni, non la saluto nemmeno. Perché
perdere tempo a salutare donne con le quali non andrai
mai a letto? Hai notato che non saluto nemmeno tua mo-
glie?
SCRITTORE Già.

Pausa. Il Poeta beve.

POETA E poi, i soldi. Non mi piace dar soldi alle donne. Ne fan-
no sempre un uso utilitario, meschino. E se tu cominci a
dargli soldi, ti disprezzano. Quando mi sono messo con
una donna, la prima volta, non avevo soldi, solo lei lavo-
rava e mi passava ogni tanto una somma, di solito un as-
segno, è più corretto. Bene, non mi disprezzava affatto. E
io ero tranquillo: se mi avesse tradito, sarebbe stato an-
che un suo diritto. Ma così, non le dovevo niente. (Lo
Scrittore annuisce.) Quando io conosco una donna, che mi
interessa, subito le dico cose sgradevoli, tanto per farle
capire che non sono scemo, che ci vuoi altro per impres-
sionarmi. Dopo si può, se lo merita, trattarla meglio. Sarà
contenta. Ti rispetterà. (Pausa.) Quand'ero giovane, ho
deciso di fare une vie d'amour. Di non correre dietro al
successo, al denaro. Solo l'amore mi interessava, e mi in-
teressa ancora. Bisogna fare una scelta. (Una pausa. Acca-
lorandosi) Io dico: tu sei scrittore, sai scrivere, hai girato
un po' il mondo, hai qualcosa da dire e perdi tempo a
preoccuparti di quello che scrivono gli altri, o pensano, e
non lavori per discutere! Ma queste sono cose che fanno i
pittori.
SCRITTORE Già. Io lo sveglio.
POETA Come mai oggi non si vede la ragazza Ofelia?
SCRITTORE (svagato) Eh? Ah, è uscita. E andata credo con mia

232/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


moglie a comprare cose per il bambino, per quando na-
scerà.
POETA Sei stato tu a metterla incinta?
SCRITTORE Eh? Io?
POETA (indicando il Regista) Lui?
SCRITTORE Che idee. Non lo sa nemmeno lei. (Pausa.) È una
brava ragazza. Ninfomane, ma corretta.
POETA Detesto questi termini. Avete bisogno di incasellare tut-
to. Così vi trovate circondati alla fine non di persone ma
di categorie. Questo secolo di merda fondato sulle defini-
zioni!
SCRITTORE Già.
POETA Che bisogno c'è di definire una ragazza che detesta le
scelte e dispensa le sue grazie? Dispensare le proprie
grazie! Che c'è di meglio? Questo è amore. (Un silenzio. Il
Regista russa, il Poeta si versa da bere.) Perché pensi che
non sia stato lui? I tipi come lui sono i più pericolosi, fan-
no bambini dappertutto. Purché si parli di loro. Guardalo
come dorme, senza pudore. Russa, russa, gro, gro.
REGISTA (svegliandosi) Eh? Che c'è? Perché state zitti, non la-
vorate più? Ho dormito? Sono molto stanco. Credo di ave-
re un'idea.

Buio.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 233


Quadro Quarto Bis

Studio dello Scrittore, al mattino. La Cameriera sta


spolverando i mobili col piumino.

CAMERIERA In questa casa è tutti un po' balordi. La signora se


alza alle sette e esce perché dice che la casa la mette in
tristezza. Il dottore è un po' languido. Se alza alle dieci, al-
le undici, non ha orario e quando mi incontra manco me
saluta. Poi se chiude qui e parla coi soi amici. Io aspetto
questo bambino, ma preferisco una femminuccia. E poi, fa
caldo. Si spicciasse a venire l'estate, così non se ne parla
più. (Suono di campanello.) E questo, adesso? Ah, ecco lui.
(Entra lo Scrittore in ciabatte e vestaglia. Sbadiglia.)
Buongiorno.
SCRITTORE Ah, stavi qui. Buongiorno. Il caffè?
CAMERIERA Subito. (A parte) Mi sembra stralunato. (Esce.)

Lo Scrittore va al tavolo, siede, sospira e prende una


grossa cartella. Mette a posto i fogli.

SCRITTORE Ho perso un po' di vista i miei personaggi. Se ben


ricordo, nell'ultimo capitolo li ho lasciati a letto. Ah, ecco.
E adesso, come riprenderli? Continuare, descrivere il loro
risveglio? Non indulgo in queste scene erotiche? Che pos-
so farci? Sono i personaggi che scelgono il loro narratore,
si amano, si odiano, io non aggiungo niente, io registro i
fatti. Raggiungere la verità, tono su tono.

Entra la Cameriera portando la colazione.

CAMERIERA La colazione.
234/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
SCRITTORE Lascia lì.
CAMERIERA La signora mangia fuori. Lei che vuoi mangiare,
oggi?
SCRITTORE Qui non si parla che di mangiare. (Mangia un bi-
scotto.) Non lo so.
CAMERIERA S'è alzato con la scuffia storta. Io vado. (Si ferma a
guardare un quadro.) Perché la gente non va nuda come
nei quadri?
SCRITTORE Non lo so.
CAMERIERA Lei non sa mai niente. (Esce.)
SCRITTORE (aziona un registratore e parla al microfono) Capi-
tolo dodicesimo punto a capo. Al risveglio Marcello sentì
la nausea salirgli alla gola come un cattivo vino che ag-
giungesse il malessere all'ebbrietà punto. Era stanco e
per un attimo stentò a capire dove si trovava due punti
poi la stanza la forma nuda e distesa accanto a lui gli ri-
dettero la memoria della notte trascorsa punto. E ora le
voci acute, che venivano dal cortile gli davano la certezza
che niente era cambiato... Ampliare sulla pagina il senti-
mento della noia... Un raggio di sole o meglio una lama di
sole entrando dalla finestra socchiusa... Controllare se la
sera prima l'aveva lasciata socchiusa... andò a colpire co-
me in certi quadri d'altare, no cancellare, andò a colpire il
seno di Irene che così schiacciata e scomposta nel suo
stesso sonno sembrava... Che sembrava? sembrava getta-
ta da un naufragio su una riva deserta punto. Ma quando
anche lei si stiracchiò e disse con la sua voce rauca di
bambina due punti virgolette che fai, vieni qui, chiuse le
virgolette, egli provò un sentimento di fastidio per quella
carne su cui il sole stava mettendo per gioco un accento
di desiderio punto... (Pausa.) Ma che volete da me? (Pau-
sa.) Le schiacciò i capezzoli e al grido sorpreso di lei ri-
spose con un zitta punto esclamativo così cattivo che Ire-

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 235


ne tacque stringendo le pupille o le palpebre, non mi ri-
cordo mai come si chiamano. (Ferma il registratore, beve
il caffè, tamburella il tavolo con le dita.) E adesso? Comin-
cia un'altra giornata. Posso descrivere il cortile, oppure la
lenta toletta di lei che entra nel bagno e parla. O divagare
sui sentimenti di lui. (Guarda un foglio.) Centodieci pagi-
ne. Marcello, Irene, che nomi da commedia! Se provassi a
cambiarli subito? Ma questo è un trastullarsi con le ine-
zie, devo andare avanti o perdo lo slancio. Ci vuole un'i-
dea. Posso rimettere a letto Marcello e Irene, nomi prov-
visori, farli litigare e poi farli ruzzolare abbracciati sullo
scendiletto. I vantaggi? Un'ossessionante variazione del
tema. Gli svantaggi? Un senso, forse, di noia. Dio mio, dio
mio, perché scrivo? In fondo, non mi piace. (Aziona il re-
gistratore, parla al microfono) Marcello si distese accanto
a lei sempre fissandola... (Ferma il registratore.) Non ho
già fatto qualcosa di simile? Bisogna controllare. Già. Ma è
a furia di controllare che l'ispirazione va a farsi fottere.
(Suono di campanello.) Chi sarà adesso?
CAMERIERA (entrando) Di là c'è un bel ragazzo. Dice per l'in-
tervista che sa lei.
SCRITTORE Non ti ha detto il nome?
CAMERIERA Angiolino.
SCRITTORE Forse, Tavolino.
CAMERIERA Si, mi pare che ha detto così.
SCRITTORE Ci mancava anche Tavolino. Io vado a vestirmi, fal-
lo entrare. (Esce.)

Anche la Cameriera esce e ritorna poco dopo accom-


pagnando un giovane, il giornalista Tavolino, che ha
una borsa da avvocato.

CAMERIERA Il dottore adesso viene. Stava ancora in vestaglia.


Lui la mattina scrive sempre in vestaglia, nudo sotto.
236/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
Vuole un caffè anche lei?
TAVOLINO No, grazie, signorina.
CAMERIERA Non vuole niente?
TAVOLINO No, grazie.
CAMERIERA Peccato che devo andare di là, sennò gli tenevo
compagnia.

Entra lo Scrittore, sempre in vestaglia, ma coi panta-


loni e le scarpe.

SCRITTORE Ah, Tavolino, buongiorno. Ma non doveva confer-


mare per telefono?
TAVOLINO Infatti, volevo scusarmi proprio di questo. Ma al
suo numero risponde sempre una macelleria.
SCRITTORE Ancora? C'è un'interferenza, si vede. Segga, la pre-
go.
CAMERIERA Bene, io vado. Lui non vuole niente. (Esce.)
TAVOLINO (siede e porge un foglio) Grazie. Ecco le domande
per l'inchiesta che lei sa. Praticamente hanno risposto
tutti. Tutti quelli che contano.
SCRITTORE (prende il foglio, legge) Ah. Sulla condizione dell'in-
tellettuale. (Pensa, mentre Tavolino guarda la stanza.) Og-
gi volevo lavorare, ma cercherò di accontentarla. Ah, ah!
Prima domanda: La condizione dell'intellettuale nel
mondo d'oggi! Questa non è una domanda, è il tema di un
saggio. (Sorride.) Bene, per non essere da meno di lei in
fatto di spudoratezza le risponderò con una sola parola:
assurda. È una condizione assurda. Vogliamo svolgere
l'argomento? (Tavolino cava di tasca un taccuino.) Non
prenda appunti, la prego, mi innervosisce.

Tavolino rimette in tasca il taccuino. Un silenzio.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 237


TAVOLINO (a parte) Quante arie si dà. C'è un odore di gatto.
(Annusa) Mi ricorda Marcella. Devo confermare l'appun-
tamento per oggi alle quattro. Speriamo che questo tipo
non la faccia lunga.

Un silenzio.

SCRITTORE Dunque, condizione assurda e rischiosa, dicevamo.


E perché? Perché all'intellettuale, uomo libero per defini-
zione – il sale della terra, e se il sale diventa sciapo con
che lo saleremo? – il mondo d'oggi garantisce questa li-
bertà a prezzo di una schiavitù più sottile: la schiavitù
dell'anticonformismo.
TAVOLINO Giusto. (A parte) La solita storia.
SCRITTORE L'intellettuale oggi deve schierarsi per forza
dall'altra parte, cioè dalla parte dove si sta scomodi. A
lungo andare... (Suona il telefono. Lo Scrittore stacca la
cornetta.) Mi scusi. (Al telefono) Come? Stanza 42? Signo-
ra, mi dispiace. Non è la Clinica Villa Gioia. Riprovi, signo-
ra, e spinga bene il disco. È essenziale. La prego. (Chiude il
telefono.)
TAVOLINO Io scriverò: anticonformismo, sua servitù e gran-
dezza.
SCRITTORE (pensieroso) Sì. Che noia il telefono, caro amico.
Penso sempre di toglierlo, ma passerei per un originale, e
questo mi frena. Aggiunga che da noi pochi sanno telefo-
nare. So di gente che non conosce i numeri e telefona lo
stesso convinta che facendo ruotare il disco risponda la
persona che cerca. (Ride.) Questo succede nel Sud, spe-
cialmente, dove la fede nel soprannaturale quotidiano è
più viva. Ma anche qui a Roma. Mi svegliano di notte per
chiedere di Patrizia e di Adalgisa, oppure di buttare giù le
chiavi del portone. Qualcuno mi chiama: mamma.
TAVOLINO (ride contento) Ah, sì anche a me una volta.

238/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


SCRITTORE Ma questo è niente. Ci sono i lavoratori del telefo-
no, quelli che combinano affari telefonando. E io, al tele-
fono, non so dire di no. Ma torniamo a noi. La condizione
dell'intellettuale diventa sempre più rischiosa. Eccolo a
lottare contro se stesso per rendersi libero, libero dai
grandi poteri, voglio dire la massa, il governo, i potentati.
Ma non è... (Suona il telefono, stacca il ricevitore.) Pronto.
(Scuote la testa ammiccando.) Vuole ancora la stanza 42?
No, signora, lei evidentemente non ha seguito il mio con-
siglio, non ha spinto bene il disco. Sì capisco, suo marito.
Mi dispiace. (A Tavolino) Il marito si è rotta una gamba
scendendo le scale. (Al telefono) Non è grave, ecco, le fac-
cio i miei auguri. La prego.
TAVOLINO (ride) Mi domando come può lavorare col telefono
accanto.
SCRITTORE Ho provato a metterlo di là, è peggio, devo correre
e un giorno sono scivolato. (Guarda con astio il telefono.)
Certe volte mi fa paura. Ma perché mai la nostra epoca, e
questo si potrebbe ricollegare al nostro discorso, vive
sotto l'incubo di macchine utili e stupide come questo te-
lefono? Suona e noi rispondiamo! Assurdo. Chi può esse-
re? Ce lo domandiamo, sperando in una gradevole sor-
presa. Ma alla mia età le sorprese sono sempre sgradevo-
li. Anche nelle voci amiche, al telefono, c'è una sfumatura
di minaccia. Per esempio, ti domandano: "Che cosa fai
stasera?" Ora, santo Dio, come faccio a saperlo, se non so
nemmeno che cosa farò tra dieci minuti? Se il presente è
un continuo cedere al futuro, che nell'attimo dopo è già
passato? Le prime volte rispondevo: "Niente." Errore! Mi
toccava andare in qualche posto, oppure dopo cena in ca-
sa di gente ricca, il che è insopportabile. Adesso invece ri-
spondo: "Ho da fare."
Un silenzio.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 239


TAVOLINO (a parte) Le undici. Oggi convincerò Marcella a fare
l'amore nella vasca da bagno. Devo scioglierla.

Il telefono squilla impazzito.

SCRITTORE Oh, insomma! (Stacca il ricevitore con furia.) Pron-


to? Sì! (Improvvisamente calmo) Qui Clinica Villa Gioia.
Stanza 42? il 42 è uscito. (A Tavolino) Dice che si meravi-
glia perché suo marito è ingessato. (Al telefono) Non so,
signora, è uscito. (Chiude il telefono. Tavolino ride.) Lei ri-
de? Ma che dovevo fare? Il guaio è che non posso staccar-
lo, aspetto una chiamata da Milano. (Si alza, va su e giù
nella stanza, riflettendo) La minaccia. Io ho sempre pen-
sato che l'interrogatorio degli imputati dovrebbe farsi
per telefono. Come si può celare la verità a un nero cor-
netto, a una voce che ti domanda se hai ucciso, rubato,
fornicato? È certo un residuo, rimasto nel nostro subco-
sciente, del terrore che le voci sovrumane, diciamo divine
per capirci, incutevano nei primi uomini. Lasciamo stare
la Bibbia, tutta piena di voci celesti. Ma pensi soltanto al
senso di disagio che le può dare il suo nome pronunciato
ad alta voce, da un amico indelicato, nell'atrio di un al-
bergo, in un caffè, in una strada. Per un attimo pensi: Ec-
comi scoperto! Ed è la stessa sensazione che dovette pro-
vare Adamo. Inutile, il profeta della nostra epoca è Kafka.
Ora che cosa fa il telefono in più? Ti chiama con un lungo
squillo... (Come evocato, il telefono squilla a lungo, incerto,
poi tace.) Lo sente? Lo sente?
TAVOLINO È incredibile.
SCRITTORE Falso allarme. Ci sono giorni in cui il telefono con-
tinua a ricordarti che non puoi sfuggirgli, che ti chiamerà
a suo comodo, quando ne avrà voglia. Un solo squillo, for-
se un contatto, ma è quel che ci vuole. La stessa angoscia
deve provare l'assassino che incontra il poliziotto incari-
cato di pedinarlo e questi gli lancia ogni volta una breve
240/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
occhiata, niente di più.
TAVOLINO È incredibile. (Un silenzio.) Il telefono favorisce
dunque lo sviluppo del senso di colpa nella massa, in noi?
È dunque un'arma confessionale?
SCRITTORE (storce la bocca) Non arriverei a tanto. Ma io non
sopporto la voce della coscienza, e credo che essa lo sap-
pia, perché si serve di altre voci, di voci amiche, di sem-
plici conoscenti, di gente che sbaglia numero. E in ogni
voce c'è l'ipocrisia della buona coscienza addolorata. Co-
me stai? Che cosa fai? Intanto, questo continuo indagare!
Io sto come sto e faccio quello che faccio. Voci senza pu-
dore arrivano a chiederti: Mi ami?... Ti odio, vorrei ri-
spondere, perché tu vuoi denudarmi?
TAVOLINO (pensando a Marcella) È come farsi vedere nudi in
una vasca da bagno.

Squilla il telefono.

SCRITTORE (rapido, al telefono) Il 42 è tornato adesso con una


signora, s'è chiuso nella stanza, non vuoi essere disturba-
to. Ah, sei tu? Bene, bene. Adesso ho da fare. Ci vediamo
alle quattro, avvisa tu il Poeta. No, niente idee. E tu? Va
bene. (Chiude il telefono.) Idee! Questo, per esempio, vuoi
sapere se ho qualche idea.
TAVOLINO (a parte) Chi lo ferma più?
SCRITTORE Ecco il mondo moderno e dimmi tu se l'intellettua-
le può vivere tra gente simile, che sembra avere il solo
scopo di infastidirsi reciprocamente. Anche l'amore è fa-
stidio, anzi il fastidio supremo. (Si ferma, folgorato da
un'idea.) Questo è il tema del romanzo che sto scrivendo.
"Fastidio e fastidio." Le piace? È la storia di due amanti
che vanno continuamente a letto, sino a uccidersi reci-
procamente.
TAVOLINO Un bel tema. (A parte) Stai a vedere che mi legge un
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 241
capitolo.
SCRITTORE Non ci sono bei temi, ci sono temi indispensabili.
L'intellettuale deve proporsi la verità delle cose, dei fe-
nomeni, delle leggi che agitano la massa e se stesso. E, se
è un artista, quale compito l'attende! Non può farsi schia-
vo di questa massa, ma nemmeno abbandonarla. E la
massa lo stringe da presso, come tigre affamata, chieden-
do sempre cibo, romanzi, racconti, quadri, sinfonie, bal-
letti, storie. Mangia di tutto. Tu ti studi allora di dargli
qualcosa che non possa piacergli, come il mio romanzo, la
quintessenza del tuo animo, dei tuoi pensieri, il nocciolo
del mistero che si agita in te. Pensi che al primo boccone
se ne trarrà disgustata, o resterà stecchita. Errore, man-
gia tutto.
TAVOLINO (a parte) Vanitoso, l'amico.
SCRITTORE E spesso decreta al tuo cibo lo stesso successo che
riserba al cibo più volgare. E una volta che ti ha invischia-
to in questa cosa immonda che è il successo, devi denu-
darti e raccontare chi sei, che cosa vuoi fare, se ami le
donne o gli uomini, da che parte sei schierato nella lotta
tra le due masse di cretini che vogliono impadronirsi del
mondo per ridurlo peggio di quella fogna puzzolente che
è. Se la godano, questa miserabile palla!
TAVOLINO (pensando ad altro) Palla, palla, l'adorabile palla.
SCRITTORE Come dice?
TAVOLINO Niente. Lei smetterà dunque di scrivere?
SCRITTORE No, non posso. Oggi all'intellettuale si aprono due
strade. Quella del successo, a condizione che scriva roba
di consumo. C'è poi la strada delle ricerche. Scelgo la se-
conda strada. Oggi si può continuare a scrivere solo a pat-
to di essere illeggibile. Ma anche in questo c'è il suo tra-
nello. Il successo ti arriva dall'altra parte. (Prende una ri-
vista illustrata, la dà a Tavolino.) Ecco Gios, poveretto.
242/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
Credeva di aver scritto un libro illeggibile e sulle scene di
New York gliene fanno una riduzione con musiche e dan-
ze. Oppure Prù. Se ne leggono sì e no due volumi, gli altri
restano nello scaffale. E se ne può parlare, fingersene an-
noiati, entusiasti. Tutti i profeti sono applauditi in patria,
ogni genio è compreso.
TAVOLINO (tanto per dire qualcosa) E i protagonisti del suo
romanzo sono di sesso diverso? Oppure due uomini. O
due donne?
SCRITTORE (resta folgorato) Come? Non lo so. (Prende un ap-
punto.) Già. Non ci ho ancora pensato. Forse. Non vedo
perché... (Squilla il telefono.) Ah, ma è troppo! (Afferra il
ricevitore) Pronto? Sì, Clinica Villa Gioia. Il 42? Un mo-
mento, le passo la direzione. (A Tavolino) Risponda lei.
TAVOLINO Ma che devo dire?
SCRITTORE Che è morto. (Al telefono) Il 42 signora, ho il dolore
di annunciarle che il 42 è morto in questo momento.
(Chiude il telefono. C'è un silenzio impacciato.) Speriamo
che abbia capito, questa stronza.
TAVOLINO (a parte) Che sciocco. È proprio uno sciocco.
SCRITTORE Insomma, scrivere è difficile, e spesso inutile. Be-
ne, tempo due giorni, le manderò le risposte scritte. Devo
pensarci un po'. È meglio. Adesso mi scusi, non sto bene,
ho... come una nausea. (Si alza.)

Lo Scrittore gli è di fronte. Esita, sembra preso da uno


strano malessere. Afferra una mano di Tavolino.

SCRITTORE Lei... lei ha bellissime mani.


TAVOLINO (sorpreso) Dice?
SCRITTORE Bellissime. E poi... lei, che idea stupenda! (Senza
rendersi conto di quel che dice) Tavolino, ti amo. (Ab-
braccia e bacia Tavolino che, stupefatto, non reagisce.)

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 243


Tavolino indietreggia verso il fondo della scena, esce.
Lo Scrittore si accascia esausto sul divano, asciugan-
dosi il sudore della fronte, affannato. Squilla il telefo-
no. Lo Scrittore lo lascia suonare senza muoversi, fisso
in una luce accecante che gli ripropone Marcello e
Irene nel letto dove li aveva lasciati.

SCRITTORE (mormora) Marcello e Marcello. O Irene e Irene.


Forse.

Buio.

244/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


Intermezzo Facoltativo

Entrano in scena lo Scrittore, la Moglie, la Cameriera,


il Poeta, il Dottore, Tavolino, l'Amica del Regista e il
Regista. In fila, si inchinano al pubblico.

REGISTA (annuncia) La storia langue. Terremo questo breve


intermezzo notturno per chiarire il pensiero dei perso-
naggi, all'insaputa dell'autore. (Tutti siedono, eccetto il
Regista. All'Amica) Tu, mia dolce amica e amante, non an-
cora apparsa in scena, vuoi cominciare tu?
AMICA Perché proprio io? Cominci tua moglie.
REGISTA Mia moglie non fa parte di questo spettacolo. Comin-
cerò io. "Il teatro non si può fare." (Mormorii.) È il titolo!
Il Personaggio è ormai legato alle assicurazioni
ai salari delle quotidiane necessità
di un sistema che sostituisce le pensioni
ai rischi del vero e alla felicità.
Parsifal ha la strada sgombra di facilitazioni
che concernono la sicurezza dell'avvenire.
Omero dorme. Ulisse arde di tornare alle sue man-
sioni
di re. Preferisce la certezza al divenire.
Edipo respinge il Fato e Medea prende lezioni
da Brecht. Con Artaud Sofocle scrive un saggio.
Amleto annuncia ancora crudeli rivelazioni
e dovunque sei autori cercano un personaggio.

(S'inchina.)

Tutti applaudono. Si alza lo Scrittore.

SCRITTORE Non ho molto da dire.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 245


Un tempo commettevo l'errore
di partire con la macchina per scrivere.
Oggi non credo al mio rancore
porto il necessario per vivere.
Lunga la noia che mi sostiene
nei paesaggi visti dal treno!
Bieca la noia della notte che viene
nelle strade, a stomaco pieno.
Colme di ipotesi restano le città,
i ,desideri hanno un prezzo infamante.
E intollerabile la verità —
se ti scopre da casa distante.

(S'inchina.)

Tutti applaudono. Si alza la Moglie.

MOGLIE Io non ho pazienza per le rime.


Piena è la trattoria, piena la strada del ritorno.
Domani — dicono — non vorrei esserci.
Andarsene? Dove? Spianano la collina,
tagliano il bosco, sporcano il mare d'inchiostro,
nel prato hanno eretto un priapo,
della chiesa hanno fatto un museo,
del teatro un'autorimessa, della piazza un cesso,
in automobile entrano a messa. (Temono Dio
come autore di farse astrologiche.)

(S'inchina.)

Tutti applaudono. Si alza la Cameriera.

CAMERIERA Stanotte guardavo la luna. Non mi piace più.


Rimane sempre alta sull'orizzonte, poveraccia,
bella a vedersi, così senza impegno.
Ma non andarci, figliolo, evita la delusione.
Erbacce, un vento di desolazione, di barattoli.
Bella, sì, nella sua putrefazione.

246/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


All'alba, larve di filosofi in fila
e cani che vanno frettolosi
verso un loro destino di intellettuali.

(S'inchina.)

Tutti applaudono. Si alza il Poeta.

POETA Brava, Ofelia, ben detto. Dirò una composizione dal ti-
tolo Traduzione dall'italiano. Inedita.
Le vostre mogli lavorano le vostre amanti scrivono
i nostri amici preparano qualcosa pel prossimo
anno
siamo abbastanza distratti aspettiamo la dissolu-
zione
dal fondo della verità si risale forse alla menzogna
difficoltà di linguaggio ci impediscono il teatro
e anche la comunicazione che non sia quotidiana
andare a letto va bene, restarci è affaticante
scambiamoci dolci promesse di cose non possedu-
te
l'amore per esempio i giorni futuri una dedizione
qualsiasi che pure risolverebbe la paura del "qua-
si"
al viaggio vorremmo rinunciare il punto è fare e
disfare
la valigia e il martirio delle ore del mattino
forse ricominciando dove lo sbaglio è evidente
ma non abbiamo idee oppure le detestiamo
dicono che Mitridate alla fine per vivere
si nutrisse soltanto di veleni.

(S'inchina.)

Tutti applaudono. Si alzano il Dottore e Tavolino.

DOTTORE e TAVOLINO (insieme) Tocca a noi, saremo brevi.


Il Carnevale cambia modi e figure

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 247


Arlecchino è spacciato.
Oggi la maschera salta e corre a tempo di primato.
(S'inchinano.)

Tutti applaudono. Si alza l'Amica. Musica di pianofor-


te.

AMICA C'è un limite al dolore. (Tutti approvano vivamente.) È il


titolo e anche il primo verso.
C'è un limite al dolore
in quel limite un caro conforto
un'improvvisa rinunzia al dolore.
Il pianista cerca un fiore nel buio
e lo trova, un fiore che non si vede
e ne canta la certezza.
Il gioco è questo: cercare nel buio
qualcosa che non c'è, e trovarlo.

(S'inchina.)

Tutti applaudono. Si alza il Regista.

REGISTA L'intermezzo è finito, il mistero permane. Lo spetta-


colo continua. Un istante di buio, prego.

Buio.

248/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


Quadro Quinto

Casa dell'Amica. Stessa scena, più due alti paralumi


art-nouveau e una pelliccia sul divano. È notte. Musi-
ca di giradischi. L'Amica indossa una vestaglia, sta
piangendo e guarda un foglio di carta che ha in mano.
Di colpo si ricompone e nasconde il foglio di carta. En-
tra il Regista, stanco, preoccupato. L'Amica gli va in-
contro, si baciano.

REGISTA Stai bene? Hai cenato?


AMICA Non avevo fame. E tu? Vuoi qualcosa, è tutto pronto.
REGISTA Più tardi. Ah. Prima che me ne dimentichi, ecco le
chiavi. Non so mai dove metterle e non vorrei che me le
trovasse in tasca. O che le perdessi. (Ferma il giradischi.)
Scusa, sono stanco.
AMICA Perché non vuoi tenerle?
REGISTA Sono già tanto distratto e poi, sai, odio tutte queste
chiavi. Ne avrò una dozzina, sfondano le tasche. Posso
avere un bicchiere d'acqua, ti dispiace? (Si getta sul diva-
no, l'Amica versa un bicchiere d'acqua.)
AMICA Che cos'hai fatto oggi, non ti ho trovato.
REGISTA Avevo un sacco di cose, poi il lavoro. Ti ho telefonato.
AMICA Sì? Sono stata quasi sempre in casa.
REGISTA Forse eri uscita. Verso le quattro.
AMICA Alle quattro ero in casa.
REGISTA Comunque adesso sono qua.
AMICA Togliti le scarpe. Te le tolgo io.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 249


REGISTA Sì, grazie. Sei molto cara. (Suona il telefono.) Non ri-
spondere.
AMICA Perché?
REGISTA Non rispondere.

Il telefono squilla a lungo, poi tace.

AMICA Ma sono in casa mia, che vuoi che succeda?


REGISTA Scusami, ho i nervi un po' a pezzi. Questa luce mi fa
male agli occhi. Tira un po' indietro la lampada, ti dispia-
ce?
AMICA (sposta la lampada) Che cos'hai da guardarmi? Sono
brutta, vero? Domani vado dal parrucchiere.
REGISTA Che strano odore di gatto. Non lo senti?
AMICA Di gatto? Stai scomodo con la testa, ti metto un cuscino.
(Esegue.)
REGISTA Grazie. Vorrei una cosa buona da bere, ma non trop-
po forte, non so, sherry, pochissimo. Grazie. (Beve, ha un
singulto di vomito.) Buà! Ho fumato troppo. Devo smette-
re di fumare.
AMICA Sì, dovresti smettere. Hai una macchia sul bavero.
Adesso te la tolgo, dovresti darmi la giacca. Perché devi
andare sempre così?
REGISTA Non importa. Lascia stare. Ti prego.

Un silenzio.

AMICA Sei bello. Io invece mi sento vecchia e brutta. Non è giu-


sto.
Un silenzio. L'Amica va al tavolo e comincia un solita-
rio.

REGISTA Dio mio, smettila coi solitari, si diventa scemi. (Pau-

250/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


sa.) Io non so come non ti accorgi di quest'odore di gatto.
AMICA Vorrei fare un viaggio, sparire. Sola. O con te, se vuoi.
Ma figurati se tu vuoi. Hai molto lavoro adesso. Avete
trovato la storia?
REGISTA Abbiamo varie idee. Non è facile. E poi, la settimana
prossima, questa vacanza già decisa, mi annoierò a mor-
te, ma devo andare, starò fuori solo una decina di giorni.
AMICA Tra dieci giorni è Ferragosto. Non mi dire che rientrere-
te per Ferragosto. Starete fino alla fine del mese.
REGISTA (stonato) Ma che dici. Torno. E comunque, prima di
andar via...
AMICA (cambiando discorso) Dovrei mettere dentro la macchi-
na. Ma no, la lascio fuori. (Pausa.) Io domani sai che cosa
faccio? Lascio perdere tutto e mi riposo. Ho la pelle tirata.
Vuoi che andiamo a letto? Riposeresti meglio.
REGISTA No, fumo un'altra sigaretta. (Fuma, ha un singulto di
vomito.) Buà! Proprio non posso fumare, guarda. Lo farei
io un solitario, ma a me non riesce mai. (Un silenzio. Esi-
tando) Hai... hai ritirato l'analisi?
AMICA (dandogli un foglio) Ecco.
REGISTA (legge) Ah! Va bene. Buà! Ho parlato col dottore. Do-
vremmo andarci domani, alle cinque. Passo a prenderti.
(L'Amica scoppia in singhiozzi.) Che hai adesso? Che ti
prende? Non eravamo d'accordo?
AMICA (tra i singhiozzi) Ma non potresti lasciarmelo? È mio, è
mio, non ti darei nessun fastidio, tu neanche devi sapere
che esiste, te lo giuro, lasciamelo, me ne vado via, non
sentirai più parlare di me!
REGISTA Ah, no, basta! È da impazzire! Qui hai deciso di farmi
impazzire. Smettila di piangere. Ma io ti amo. Lo sai che ti
amo, che razza di discorsi, bisogna tornare sempre dac-
capo.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 251


AMICA (piangendo) Sì, torniamo sempre daccapo! Vuoi sapere
che cosa sei tu? Sei vile, vile, vile! (Corre verso il fondo, il
Regista la raggiunge, la blocca. Dibattendosi) Oh, lasciami,
sono stanca, ho sonno, voglio dormire.
REGISTA Pazza, pazza, che vuoi fare adesso, le pillole! Quante
ne hai prese!
AMICA Non lo so, lasciami, voglio morire, sarò padrona di mo-
rire, oh!
REGISTA Dove sono, ah ecco, sei pazza, quante?
AMICA Lasciami, niente, che importa? tre, ho sonno!
REGISTA Pazza, pazza, pazza.
AMICA (singhiozza) Oh, vorrei essere piccola, avere due anni,
voglio mia madre! (Si batte la testa coi pugni) Ma perché,
perché!
REGISTA Ti prego, ti prego, ti prego! (Di colpo l'Amica smette
di piangere, si fissa, ebete.) Stai calma.
AMICA Sì.
REGISTA Comunque non è la fine, andiamo solo per consiglio.
Fronteggiamo la situazione con calma. Oh. (Un silenzio.)
Perché non parli?
AMICA (atona) Ma che... lasciami. (Si soffia il naso.) Vuoi man-
giare qualcosa?
REGISTA Mangiare? Non parlarmene. Ho solo voglia di vomita-
re, figurati.
AMICA Pensa, anch'io.
REGISTA (ha un singulto di vomito) Buuà!

Buio.

252/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


Quadro Sesto

Luce abbagliante di un pomeriggio d'agosto. Casa del


Poeta. Stessa scena, solo sul fondo c'è in più una bi-
lancia da imbianchini e, verso la ribalta, un letto di
ferro. Due giovani imbianchini, in calzoncini per il
gran caldo, le spalle voltate al pubblico, mescolano
tinte nei barattoli, in silenzio. Il Poeta, semisdraiato
sul letto, sta scrivendo una lettera.

POETA (scrivendo) "Carissima, dunque anche tu sei partita." (Il


Primo Imbianchino sale sulla bilancia e comincia a dare la
tinta, fischiettando.) No, no. Ecco qui daccapo, come ogni
giorno, questi maledetti. (Strappa il foglio, scrive) "Caris-
sima, spero che riuscirai a immaginare la mia vita in que-
sti giorni." (Si ferma) E perché dovrebbe interessarle?
(Scrive) "È persino inutile che io tenti di descrivertela.
L'aria soffocante di questo cortile che tu non conosci –
una costruzione pretenziosa dei primi del secolo, ora abi-
tata da famiglie quasi tutte in villeggiatura – siamo rima-
sti in pochi coi gatti del cortile che guardano verso le fi-
nestre aspettando gli immondi pacchetti degli avanzi... Il
termometro segna 37 gradi. In più hanno avuto l'idea di
imbiancare il cortile e da una settimana due gaglioffi pas-
sano la tinta sui muri... Dovrei andarmene, uscire, ma
come è possibile?" (Strappa il foglio) No, no. (Riprende a
scrivere) "Carissima, grazie della tua lettera di ieri. Grazie
di esserti ricordata che esisto. Ti immagino al mare, tra le
onde con..." No. (Cancella.) "Hai ben ragione di meravi-
gliarti che io abbia potuto scrivere qualche libro. Quando
penso che un anno è trascorso senza che abbia scritto
una sola pagina. Sono un torrente secco in attesa di un

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 253


acquazzone. Che altro dirti di me? Il caldo mi uccide. Oggi
37 all'ombra. In più il condominio di questo sordido pa-
lazzaccio dove sono finito a vivere. Il condominio, dicevo,
ha deciso di far ripulire la... di rifare la tinta al... e così la
mia sola compagnia di questi giorni è quella di due ga-
glioffi imbianchini, che passano il tempo a fischiettare e a
motteggiarsi con una monotonia esasperante. Pensavo
che la solitudine d'agosto, il silenzio, mi avrebbero per-
messo di riordinare quel volume di scritti che l'editore
aspetta da mesi e per il quale ha già versato due anticipi.
Ma ora dispero di farcela. E così passo le ore del giorno
aspettando la sera solo coi gatti del cortile. E tu?" (Si grat-
ta la testa con la penna.)
PRIMO IMBIANCHINO Cesare!

Una lunga pausa.

SECONDO IMBIANCHINO Che vói?


PRIMO IMBIANCHINO Vattela a pija' nder culo.

Il Poeta è scosso da un brivido. Strappa il foglio, ri-


prende a scrivere.

POETA (scrivendo) "Carissima, il ricordo della tua pelle di mie-


le, l'odore di prato assolato del tuo corpo, quei prati dove
andavamo appena tre mesi fa, verso Ostia, si è installato
qui nella mia stanza, che non conosci. Da un mese ho la-
sciato la vecchia casa cercando in questo quartiere senza
tentazioni la calma e la solitudine per rimettere in ordine
le mie carte, ma... (Cancella, riprende a scrivere) Così la
mia sola speranza sarebbe di uscire e di incontrarti, se
non sapessi che questo avverrà non prima di settembre.
Potrei raggiungerti, ma i miei subdoli amici sono partiti
all'improvviso, senza lasciare indirizzo." No, cancellare.
(Smette di scrivere, siede sul letto, si prende la testa tra le

254/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


mani, si alza, stanchissimo.) Dove è andata a finire la mia
calma? Girare attorno alla verità porta al capogiro. Deci-
dersi è chiudersi ogni altra possibilità di errore. Che cosa
ho fatto, stanotte, che non ricordo? Ah, ho potuto final-
mente dormire. E con ciò? Dormire! Ma il dolore dorme
con noi e si risveglia più vigoroso dopo un buon sonno.
(Pausa.) E si tratta poi di vero dolore, o me lo sto co-
struendo a scopi non chiari? (Pausa.) Restare nel vago,
ogni giorno come il primo. (Il Primo Imbianchino riprende
a fischiettare e a dare la tinta.) E lui fischietta! Aggravare
la situazione. E che c'entra adesso questa ragazza nella
mia vita? Forse perché è in vacanza. Noi non cerchiamo
mai le cose, ma la ricerca delle cose. (Strappa la lettera.)
Pascal. Ossia, l'uomo è felice solo quando si distrae dal
pensiero della morte! Facendo cose inutili, correndo die-
tro una lepre o dietro una palla! Ciò che ci attrae è la ri-
cerca del gioco. Ma come levarmi dal naso l'odore della
sua pelle? E da qui, da qui, da qui (si batte la testa) la sua
voce?
PRIMO IMBIANCHINO (allegro) Cesare!

Una lunga pausa. Il Poeta si fissa.

SECONDO IMBIANCHINO Che vói?


PRIMO IMBIANCHINO Vattela a pija' nder culo.
POETA (ha un gesto di desolato furore) Dio, dio mio, è orribile!
(Brancola nella stanza.) Presto, qualcuno venga a ucci-
dermi, ecco, offro il mio collo, colpite! (Afferra una botti-
glia, beve.) Che schifo... calda! Miserabile casa senza un
frigorifero. Potrei fare le valige e andarmene, tentare con
l'editore, ma sarà in vacanza anche lui, il maledetto. (Il
Primo Imbianchino riprende a fischiettare. Il Poeta ripren-
de a scrivere) "Caro Dottore, il lavoro è a buon punto,
penso di poterle consegnare il manoscritto per i primi del

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 255


mese prossimo." No, "per l'autunno. Ho avuto già dalla
sua amministrazione, in due rate..." No. "Lei è stato molto
gentile con me, ora debbo chiederle..." No. "Considerando
le spese che dovrò sostenere nei prossimi giorni per la
copisteria, le sarei veramente grato se..." (Pausa.) Le
quattro. Potrei uscire. Affrontare questo sole stupido, po-
polare, questo sole da quattro soldi che sbriciola le pietre
e fa fermentare i giardinetti, te li raccomando questi
giardinetti del quartiere! Risalire il Corso da Piazza del
Popolo. No. È preferibile la morte. Oppure telefonare di-
rettamente all'editore. (Fa un lungo numero al telefono)
Pronto? Sì. Oh! Allegretti? C'è il dottor Allegretti? Io.
PRIMO IMBIANCHINO (solenne) Oh Cesare!

Una pausa.

POETA (al telefono) Non c'è? Ah, senta dica al dottor Allegretti.
Pronto? Ha chiuso!
PRIMO IMBIANCHINO Rispondi. Cesare!
SECONDO IMBIANCHINO Che vói?
PRIMO IMBIANCHINO (solenne) Vattela a pija' nder culo!
POETA (si lascia cadere sul letto sfinito) Più tardi, forse, il caffè,
qualche maledetto amico, seppure me ne rimane ancora
uno e poi sino all'alba daccapo. (Il Primo Imbianchino ri-
prende a fischiettare e a lavorare.) È orribile. La mia vita è
una brutta copia. Se potessi rifarla daccapo, potrei toglie-
re qualche errore, qualche sbavatura. Ma il carattere?
Non mi porterebbe a fare altri errori, forse più sottili – di
presunzione – come questo che mi capita proprio ora, di
pensare di poter correggere una vita... Ma se una vita ha
un suo significato – ma non lo ha – è proprio nella somma
dei suoi errori più grossolani... Ecco, il carattere mi porta
a credere che certi errori sono biasimevoli e altri invece
lodevoli. L'errore di scrivere mi soddisfa, quello di amare

256/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


mi diverte... l'errore di non aver fortuna mi offende, la
mancanza di una ragione di vita... altro errore. (Pausa.)
Ma io ho scritto! Ah, questo non vogliamo contarlo? (Pau-
sa.) Potessi almeno far tacere i miei pensieri, sprofonda-
re. Ma tu mi ascolti? È triste pensare che in questo mo-
mento potrei raggiungerti e stasera cenare insieme, se...
No, è triste pensare che d'ora innanzi la mia dignità...
PRIMO IMBIANCHINO (suadente) Cesare?
SECONDO IMBIANCHINO Che vói?
PRIMO IMBIANCHINO (rapido) Vattela a pija' nder culo!
POETA (si alza, in preda alla più confusa disperazione) No, no.
Io mi vesto, io esco! Luce, luce, basta!
Buio.

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 257


Quadro Settimo

Studio dello Scrittore. Lo Scrittore è sdraiato sul diva-


no e dorme. Un silenzio. Suono di campanello. Entra-
no poco dopo la Moglie e il Regista.

REGISTA Stai bene, benissimo. Hai passato una buona villeg-


giatura?
MOGLIE Sì, villeggiatura! E tu?
REGISTA Così. (Indica lo Scrittore) Ma dorme sempre!
MOGLIE Sempre, anche a letto.
REGISTA Lasciamolo dormire. Tanto non è di nessun aiuto.
MOGLIE Io vi lascio. Ti mando il caffè? I liquori sono a posto.
Ghiaccio?
REGISTA Per me caffè e acqua minerale non gassata. Grazie,
ma sta' qui con noi. Ti ho mai detto che ti amo?
MOGLIE Anch'io ti amo, ma è andata così. Bisognerebbe rina-
scere.
REGISTA Credi? L'importante è non morire. (Sospira) Bah!

Suono di campanello. La Moglie esce.

SCRITTORE (svegliandosi) Ah, sei qui? Tutto abbronzato. Bra-


vo.
REGISTA Ciao. Ci si rivede sempre con un certo disgusto, no?
SCRITTORE Sempre.

Entra il Poeta, corrucciato.

258/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


REGISTA (festoso) Oh, ecco qui il poeta! Quanto tempo! Ti ho
pensato spesso. Come sei stato? bene, immagino. Roma
d'estate è meravigliosa.
POETA Ah.
REGISTA Volevo anche telefonarti per dirti di venire da noi, ho
provato due volte, anche tre, non rispondevi.
POETA Ero praticamente sempre in giro. Banchetti, feste, orge.
(Allo Scrittore) Salute. (Al Regista) Senza contare che mi
hanno tagliato il telefono.
SCRITTORE Ciao. Bene, ci siamo tutti.

Il Poeta si serve del vino, beve. Sprofonda in una pol-


trona.

POETA Vino nero, da assassini. (Pausa.) Allora? Vi confesso che


non riesco a capire in che posso esservi utile, ormai.
REGISTA Un poeta serve sempre. (Siede.) Ti cito a memoria: la
poesia è la sola via di scampo che ci resta per sciogliere la
realtà.
POETA Parole. La poesia è una vita di scorta, come le ruote. E
poi: la realtà che tu vuoi sciogliere a me non interessa.
Quella che voglio sciogliere io, riguarda me stesso. Una
realtà individuale. Non ce ne sono altre. Per esempio, riu-
scire a capire se esisto, come, rispetto a che cosa e a chi, e
perché sono qui, in questo momento. Con voi!
REGISTA Hai avuto l'assegno?
POETA Il punto non è questo.
SCRITTORE Mah! Qual è il punto? Io direi che il nostro punto è
chiaro. Durante questo mese... Ho qui delle note. Insisto
sulla chiave sessuale.
POETA Io non so niente del sesso. Trovo che è divertente in sé,
con qualche riserva, ma noioso quando se ne parla o se

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 259


ne scrive. Roba da romanzieri.
REGISTA Ostile, l'amico. Ma anche questa è un'idea. Resta da
svilupparla.
SCRITTORE Un fatto, un seguito di fatti, di clamorose stupidag-
gini, per comporre un ritratto collettivo.
POETA Ripugnante.
SCRITTORE (spazientito) È possibile che in queste riunioni io
debba fare sempre la figura del cretino? Qua un poeta,
qui un regista e io – che non mi considero inferiore a voi
– un cretino. Non parlo più. Proponi tu un'idea. Come ti
piacerebbe cominciare?
POETA L'ho detto, mi piacerebbe cominciare con un cameriere
che spolvera un salotto. Suona un campanello, lui esce, ri-
torna col notaio e parlano dell'antefatto. Devo sempre ri-
petermi?
REGISTA Inesauribile. Ma veniamo a noi. Tentiamo di ispirarci
alla nostra novellistica. Nei limiti di un racconto, qualcosa
che si esaurisca, cinicamente, nello stesso tempo in cui si
realizza. E che non lasci tracce. Un fatto, un fatto, esem-
plare per la sua sfacciataggine. Usciamo tutti dal mantel-
lone di ser Giovanni Boccaccio. E c'è il Bandello, il Sac-
chetti, il... Diamo il nostro carattere. Siamo fatti così, lam-
panti, utilizzabili, senza speranza. La strada maestra del
nostro erotismo.
SCRITTORE D'accordo, ma io andrei oltre, più in là. Rovescerei
le situazioni, c'è qualcosa di nuovo nell'aria, siamo nel
sesso fino al collo, ma non per divertirci. Questa è la novi-
tà: l'inferno. Chi può più giurare su se stesso? Qual è la
nostra maschera? Riusciremo a tenerla sulla faccia fino
alla fine? Pensateci, un po', pensiamoci. (Suona il telefono.
Lo Scrittore risponde. Al telefono) Sì. Sì. Ecco, glielo passo.
(Al Regista) E per te.

260/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


REGISTA Chi è?
SCRITTORE Lei.
REGISTA (contrariato) Potevi dirle... (Prende la cornetta) Oh,
sei tu, ciao... (Spazientito) Ma no, ma no, ma no! Adesso
sto lavorando, è impossibile. Passo io da te, verso le sei.
Sì, ciao, d'accordo. (Il Regista chiude il telefono. È torvo.)
SCRITTORE Noie?
REGISTA Mah – è pazza – sono tutti pazzi. (Pausa.) Cerchiamo
di pensare.

Entra la Cameriera col vassoio. Serve il caffè. Si ferma


estatica davanti al Poeta.

POETA (alla Cameriera) Come si chiama lei? Ofelia?


CAMERIERA No. Crimilde.
POETA Dov'è nata? A Elsinore?
CAMERIERA Sono di Castelfranco. (Ride.)
SCRITTORE Anche mia moglie è di Castelfranco.
POETA Curioso. Io ho fatto il campo da militare a Castelfranco.
Un secolo fa. Magnifico paese, belle ragazze. Ti offro la
mia mano.
CAMERIERA Per farne che? (Ride.)
POETA È una proposta di matrimonio. Vorrei sposarti. Anche
subito. O andare al cinema stasera.
CAMERIERA (pensosa) Ma lei potrebbe essere mio padre.
SCRITTORE Per favore, qui dobbiamo lavorare.
POETA Questo è il mio indirizzo. Il telefono tra qualche giorno.
La mattina, non prima delle undici. (Guarda gli altri due.)
Nessuno mi crede. Voi, piccoli presuntuosi ben arredati,
credete che la vita abbia voi per scopo! La vita ha altro da
pensare, si svolge più libera, si realizza proprio in quelle

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 261


che voi ritenete follie, sciocchezze. La vostra saggezza ce
la sbattiamo qui. (Pausa.) Ofelia incinta di otto mesi. Re-
sta a vedere se è stato Amleto o Laerte.

La Cameriera esce rapidamente.

REGISTA O il becchino dell'ultim'atto.


POETA Non parlo più. Sono sdegnato.

Un silenzio.

REGISTA (allo Scrittore) Allora, questi appunti?


SCRITTORE (comincia a malincuore) Un tale va a Parigi, vi re-
sta un po', fa varie conoscenze, si diverte, si...
POETA (interrompendolo) ... "Ma parendo alla fortuna ch'egli
avesse troppo bel tempo fece che..." Vuoi raccontarci an-
che la Mandragola?
SCRITTORE (ignorandolo) Si diverte, si annoia. Conosce una
donna (comincia a scaldarsi), molto bella, di fattezze
orientali, temperamento dolce, due occhi che esprimono
il mistero della dedizione totale. Se ne incuriosisce. Per-
ché? Ve lo dico subito. Non riesce a capire se questa don-
na è veramente una donna o un uomo.
POETA Ah, ah! Se non riesce a capirlo è un uomo.
REGISTA Perché non riesce a capirlo?
SCRITTORE Perché lei possiede qualità che vanno scomparen-
do, riservatezza, pudore dei sentimenti. Lei è molto tene-
ra, lui trova ripugnante una soluzione brutale. Anche lei.
Oggi no. Domani, non possono. Escono, cene in piccoli ri-
storanti, lui compra fiori, aria di primo amore. In taxi una
volta si baciano, tremanti.
POETA No!
SCRITTORE Si tengono per le mani, parlano di letteratura, di

262/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


paesi che amerebbero conoscere, si presteranno dei libri.
Si accorgono di amarsi un giorno che decidono di andare
a visitare la Torre Eiffel. Da turisti. Soltanto a due inna-
morati può venire un'idea simile.
POETA Mandano anche cartoline, allora.
SCRITTORE (sempre senza badargli) Infine lui ha questo dub-
bio. Le tasta i polsi e li sente robusti. Le sfiora una gamba
e la sente muscolosa. Basta, a furia di restare appeso, in-
deciso, si innamora. Perché anche l'altra, o l'altro, è in-
namorata, o innamorato, di lui. Di un amore vero... come a
scuola.
REGISTA Era un pervertito, il tuo amico?
SCRITTORE (pensa) No. Non necessariamente. Ma confondeva
un po' le cose. In lei, o in lui, ci vedeva la componente
ineffabile del compagno di scuola. Sono cose un po' diffi-
cili a spiegarsi, specie a voi che non avete fatto studi rego-
lari. Che cosa è l'amore se non il risultato di varie compo-
nenti? Una di queste componenti era, gli ricordava, forse,
questo non ve lo posso assicurare, lo immagino io, un
compagno di scuola.
REGISTA Ma chi era lei? Non possiamo saperlo.
POETA Ma è una storia per bambini buoni, un racconto di Na-
tale. Era un povero spazzacamino travestito!
SCRITTORE (offeso) Non parlo più, parlate voi.
REGISTA Ma no! E tu smettila. Era un uomo o una donna?
SCRITTORE Non lo so.
REGISTA E questa storia è successa a un tuo amico o a te?
SCRITTORE Che c'entro io? E che importanza ha?
REGISTA Allora continua.
SCRITTORE (a malincuore) Ecco. Un giorno lui la porta in un
grande albergo, al bar. Si allontana per riservare una

Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 263


stanza, ha deciso. Un amico lo vede, lo chiama da parte:
"Sei pazzo," dice, "quella lì è un uomo, un ballerino." Col-
pito, lui trova una scusa per rinviare l'incontro. Ma gli
viene poi il dubbio che l'amico abbia voluto scherzare.
REGISTA E come finisce?
SCRITTORE (svagato) Come finisce? No, basta così, lasciatemi
in pace. (Pausa.) Finisce che lei, ubriaca, una sera, in un
localaccio notturno vede quell'amico di lui. Gli va incon-
tro, sorride con grande tristezza, dice: "Ha fatto molto
male a parlare di me al suo amico, quel giorno, nel bar.
Ho capito che lei parlava di me. Ha fatto molto male, per-
ché era l'unico uomo che avrebbe potuto amarmi." Inutile
aggiungere che l'amico ci va subito a letto. E si chiude sul
mistero. Il giorno dopo lei – o lui – si uccide.
POETA Ehi, là, là!

Un silenzio.

SCRITTORE Io vorrei che tutto fosse proibito, vietato. Non mi


piace più niente. Non mi piace l'amore, vivere, guadagna-
re, lavorare, andare a spasso, nemmeno dormire. C'è
qualcosa di marcio in tutto.
POETA Siamo maturi per l'annessione. Entra Fortebraccio col
suo seguito. Trombe. Tà-tà-tà!

Un silenzio.

REGISTA Vogliamo pensare un po'?


POETA (scatta) E che cosa stiamo facendo? Pensare, pensare,
tornare al nostro vomito, continuamente! Giacché me ne
offri l'occasione, voglio dirtelo: tu non mi piaci. Non parli
che di lavoro. E lavoriamo, e pensiamo! Vuoi ricordarci
che sei tu il responsabile, il numero uno? Carte in tavola.
Tu, tra dieci anni, sarai incerto tra la rivoltella e il gas. Fi-

264/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma


nito, bruciato, perché il mondo cammina, e il futuro viene
soltanto per ridicolizzare il presente, di questi tempi.
REGISTA Per te il futuro è già qui. Sei abbastanza ridicolo, an-
che se fai tenerezza. Ma c'è qualcosa di vero in quello che
dici e la nostra forza è semmai di continuare a rendere
più grave la nostra situazione, a offrire più fianchi, quat-
tro, cinque fianchi, al ridicolo. Ma sì, tutto scompare e ri-
torna, e i pompieri di cinquant'anni fa oggi sono sugli al-
tari.
POETA Tu e i tuoi film! Quando si crede di fissare la realtà se
ne fissa soltanto la parte deperibile. Ogni film drammati-
co si avvia lentamente a diventare comico. Avete voluto la
realtà? Tenetevela! Vi si disfa nelle mani.
REGISTA Ogni personaggio comico si avvia rapidamente a di-
ventare drammatico.
POETA Concesso. Stai innaffiando il mio orto.
REGISTA Io ci piscio, nel tuo orto. E sai che ci faccio intorno al-
la tua torre d'avorio?
POETA Lo so, ti esprimi come puoi.
REGISTA Eppure ti ammiro profondamente.
POETA Che c'entra, anch'io ti ammiro.
SCRITTORE Si ammirano profondamente. (Un silenzio.) Tutto
sommato, vorrei morire.
POETA Io non voglio morire, ed è qui il punto.
SCRITTORE Perché sei già morto.
POETA Ti sbagli. Perché amo la vita, come una suite di errori
beninteso, in tutte le sue debolezze. Io vivo contro qual-
cosa. Amo anche voi, o almeno vi sottolineo col mio odio.
Voi esistete perché io vi amo e vi odio. Questo vino sa di
inchiostro.

Un silenzio.
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 265
REGISTA Ho un'idea, ma... (Gli altri due si fanno attenti.) Un'i-
dea che mi perseguita da molti anni, che non oso mai
esprimere, anzi temo che qualcuno l'abbia già avuta pri-
ma di me, e comunque presenta grossi pericoli. I quali
pericoli potrebbero essere evitati se la storia fosse svolta
con estrema semplicità, come se tutto succedesse oggi. In
poche parole...
SCRITTORE Continua.
REGISTA È difficile. Non vorrei che la scambiaste per un rac-
contino filosofico. Tutto dev'essere semplicemente vero.
In poche parole: Gesù non è morto.
POETA E ritorna sulla Terra! Dio mio, no!
REGISTA Lasciami finire. Tutto si svolge, almeno nella prima
parte, nelle ore che seguono la tragedia del Golgota. Que-
sta tragedia è l'antefatto. La tempesta è rimasta nell'aria.
Un uomo esce da un sepolcro, scavalca i corpi delle guar-
die che dormono, se ne va, solo. È vivo. Non è necessario
precisare che è risuscitato, è soltanto un uomo vivo, un
po' spaventato. (Pausa.) Voi mi domanderete: che succe-
de? Bene, i suoi incontri con gente che non lo conosce, o
non lo riconosce, la sua paura, il suo disgusto per una so-
luzione che possa ancora una volta portarlo al supplizio.
Si nasconde, ecco tutto. Passa del tempo. Forse mette su
famiglia, o non la mette su, è prematuro dirlo. Ma lavora.
Lui che detestava un po' il lavoro, e non sa che lavorare
da falegname, torna a fare il falegname, in un paese dove
nessuno lo conosce. Segue tutta una parte che dovremo
inventare. E arrivo alla conclusione, che dovrà essere ra-
pida, lancinante. Un bel giorno gli ordinano di fare alcune
croci. E le fa. Lo lasciamo che sta piallando, inchiodando
queste croci. Con una certa repugnanza.
SCRITTORE E quando ha finito il suo lavoro, si presenta la soli-
ta corte di soldati, seguita dalla folla che grida: Crucifige!

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e si accorge che il condannato è sempre lui, che la cosa
continua, fino alla fine dei secoli.
REGISTA (sorpreso) Te ne avevo parlato?
SCRITTORE No, ma dimmi tu chi non ha avuto un'idea simile.
REGISTA La verità è che non abbiamo ancora le idee chiare.
POETA La nostra futile pretesa di adattare la vita degli altri alle
nostre necessità! La vita degli altri. Fatta di giorni, una
media di ventimila giorni, e di cui il succo si coglie soltan-
to alla fine, e non sempre! Noi chiediamo agli altri, quello
che gli altri chiedono esattamente a noi, una storia. Ma
non si inventa niente al chiuso. E nemmeno all'aperto. È
copiarsi, che mal di testa.

Entra la Cameriera col soprabito e una valigia.

SCRITTORE Che succede? Parti?


CAMERIERA Vado alla Maternità, con la Signora. (Al Poeta) Lei
mi accompagna, vero? Mi accompagna?
POETA Io? Perché?
CAMERIERA Ci ho pensato e accetto la sua proposta.
POETA Quale proposta? Di andare al cinema?
CAMERIERA La mano, anche.
POETA (si alza vivamente, gira attorno alla Cameriera) Ecco,
questa è un'idea, una soluzione. Provvisoria, ma non pri-
va di nobiltà. Pensiamoci. (Al Regista) Pensa anche tu. So-
lo facendo qualcosa... (Bacia la ragazza.) Dopo ce ne an-
dremo in campagna. Hai una casa in campagna, no? La se-
ra giocherò a briscola con tuo padre.
Suono di un campanello.

SCRITTORE Hanno suonato. (Ride, si alza.) A questo punto do-


vrebbe entrare il notaio e spiegare l'antefatto. Non so, la

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contessa, presa dai rimorsi, lo ha scongiurato di ritrovare
sua figlia, che ella ebbe a Castelfranco da un militare. E
scoprire per via di una voglia di vino che questa è la ra-
gazza. (Entra la Moglie.) E che la contessa è mia moglie, la
tua sedotta.
REGISTA Troppo complicato.
MOGLIE Che cosa sono io? Contessa? Sedotta? C'è giù il taxi,
andiamo Crimilde. (Al Poeta) Viene anche lei?
POETA La mia parola è data. Andiamo, Ofelia.
SCRITTORE Sciagurato, ma è tua figlia!
POETA Andiamo, Antigone. Praticamente qui finisce la mia col-
laborazione. Voi due seguitate. E speriamo che vi venga
qualche buona idea. Addio. (Esce.)
CAMERIERA Io... ho veramente una voglia di vino rosso. (Esce.)

S'ode il fischio lontano di un treno.

MOGLIE Il treno! Sentite? (Esce.)

Lo Scrittore prende un libro a caso, il Regista fuma.

SCRITTORE Non si ama invano il teatro di una volta.


REGISTA (ha un singulto di vomito) Buaaaaà.
SCRITTORE Senti! (Legge) "Quando qualcuno lo invita, lui ver-
sa il brodo nella schiena della padrona di casa, bacia la
cameriera e corre fuori a mettersi nella cuccia del cane.
Ma l'ha fatto troppe volte." Sembra lui.
REGISTA Chi è? (Prende il libro.) Fitzgerald. L'età del jazz. Il
jazz... Si potrebbe... (Ha un singulto) Buaaà.
SCRITTORE Ho qui qualche altro appunto.

Squilla il telefono.

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REGISTA No, basta per oggi. (Si alza e grida verso l'interno) Che
aspettate a calare il sipario? Ho detto: sipario!

Cala il sipario. Il telefono continua a squillare.

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Nota Dell'Autore

Un marziano a Roma viene qui ristampato secondo il testo


edito dai Quaderni del Teatro Popolare Italiano (n. 3 - dicembre
1960), diretti da Vittorio Gassman, Luciano Lucignani e Lucia-
no Codignola. [...] Voglio ancora ringraziare questi tre amici per
la fiducia che dettero al mio lavoro: il quale pertanto ridò alle
stampe senza togliervi o aggiungervi niente, con tutte le sue
enfasi, i suoi errori, le sue ingenuità e le sue profezie. Partico-
larmente ringrazio Guido Turchi, che scrisse le bellissime sva-
gate musiche delle canzoni, purtroppo condannate all'oblio nel
bel naufragare dello spettacolo. Anzi, Un marziano a Roma è
dedicato proprio a Guido Turchi.
La guerra spiegata ai poveri è una farsa d'occasione, scritta
in pochi giorni, per inaugurare un teatro che non ebbe seguito,
in un club che presto chiuse le sue porte, l'Arlecchino di Roma,
nel lontano 1946. Fu rappresentata davanti ad un pubblico di
invitati per due sere. Dei volontari attori ricordo Vittorio
Gassman, Anna Maestri, Ninì Pirandello, Carlo Mazzarella, Ta-
nino Chiurazzi, indimenticabile amico. E Manlio Busoni, Miche-
le Ricciardini. Si perdonerà all'autore la lunghezza della farsa:
non c'era tempo per farla più breve.
Gli altri due scherzi, La donna nell'armadio e Il caso Papaleo,
non ebbero altro scopo che il puro deplorevole divertimento.
La conversazione continuamente interrotta, scritta in varie
riprese dal 1968 a oggi, è invece un'operina aperta ai due lati e
al centro, può ampliarsi senza gravi danni, secondo appunto le
leggi del teatro di conversazione, ed è probabile che continui,
poco destinata com'è ad essere rappresentata.

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