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Un Marziano A Roma
e altre farse
(1946-1971)
EmmeBooks 193
Teatro
Quello di Flaiano è un teatro di parole più che di even-
ti, di silhouettes più che di personaggi, di dialoghi inter-
rotti rivolti a un lettore più che a uno spettatore: conver-
sazioni in cui si aprono ampi squarci di silenzio e dove del-
la vita si rispecchiano solo brandelli, equivoci, malintesi.
Nelle cinque farse, composte tra il 1946 e il 1971, anno
della loro raccolta in volume, il lettore riconoscerà echi di
altre pagine di Flaiano. Incontrerà il tema della noia e del-
la solitudine, della volgarità e della banalità della vita
quotidiana, dell'equivoco e della metamorfosi. Ritroverà i
frammenti aforistici, le sentenze, gli epigrammi che, dopo
aver attraversato le pagine narrative, si sono trasformati
in queste farse nelle battute dei personaggi, collocandosi
nel tessuto di una azione scenica che si rivela tutta men-
tale: dalla satira antimilitare della Guerra spiegata ai
poveri alla comicità surreale della Donna nell'armadio;
dai malintesi del Caso Papaleo alla malinconia del Mar-
ziano a Roma, fino alle divagazioni incompiute della
Conversazione continuamente interrotta.
Si abbracciano e piangono.
Un Passante si ferma.
FABRIZIO (grida) Ma non ci sono più bandiere! Non c'è più po-
polo! Non c'è più niente! C'è l'uomo, nudo! È il primo
giorno del mondo!
Rintocco di campana.
FRED Con questa storia del marziano oggi è una bella confu-
sione. Io sono un uomo d'ordine e anche un po' moralista,
dovevo muovermi, combinare, e la giornata è persa. Co-
me può uno senza un fisso battersi contro un calendario
che prevede cento giorni festivi, più il marziano? (Ad
Adriano) Mio grande amico, Roma non è possibile, non
siamo di ferro, la volontà ha un limite, e anche la fantasia.
Glielo dice un disgraziato intellettuale che ha molta fan-
tasia e che sa dominare la volontà. Ma che gli racconto
domani all'ufficiale giudiziario per farmi sganciare i bauli
col corredo scenico? Che è venuto un marziano? Lo sa!
Forse nei limiti della sua immaginazione ne gode persino.
Se posso permettermi, che sta facendo di bello lei, nel
campo letterario?
ADRIANO Professore, ho la testa per aria.
FRED E io? Siamo in un'epoca di transizione, ne sopportiamo le
conseguenze. I valori spirituali vanno a farsi fottere, ca-
rissimo amico. L'uomo cerca facili miti, rifiuta il sopran-
naturale; non serve nemmeno rifugiarsi nell'arte.
ADRIANO Sì, sì, d'accordo. Io...
FRED Arte, ultimo inganno. (Cava delle fotografie di tasca.) Bal-
letto Orléans, stile anni venti. Cambio nome, mi trucco da
negro, balliamo. Lei dirà: è la fortuna! Nossignore! Da una
settimana in attesa di un sì e oggi, che dovevo concludere,
arriva il marziano. Non ho falsi orgogli, amico, mi svendo.
Tre bambole, più il sottoscritto da mettere insieme, a for-
fait, per una festa, in una villa, in casa di qualcuno. (Insi-
nuante) Lei non immagina di quale aiuto può essere la
mia volontà. Conosce nessuno? Anna, saluta il signore. La
Rintocco di campana.
Sipario.
Tutti annuiscono.
FABRIZIO No...
ASTERIO (ad Anna) Ciao, cara. Come mai non sei a festeggiare
il marziano? Senti? Nessuno è andato a dormire. Tutta
Roma ha perso la testa. Che, tra parentesi, non ha.
ANNA Hai visto il professore?
ASTERIO No. Ciao... Dico la Cina per dire. È una rivoluzione pa-
cifica. Ma anche noi, nell'arte, l'abbiamo fatta questa rivo-
luzione. Noi abbiamo rappresentato il mondo di domani,
con gli elementi che oggi sfuggono alla massa. Pensa all'e-
lettronica. Pensa all'atomo, pensa all'antiprotone. Ci pen-
si?
FABRIZIO No...
ASTERIO Noi che abbiamo fatto? Non abbiamo spaccato l'ato-
mo, forse? Non abbiamo cercato l'antiprotone? E ti mera-
vigli se adesso arriva uno da un altro pianeta? Ma noi l'a-
vevamo previsto con le nostre opere, fin dal '47, che
qualcuno sarebbe venuto.
FABRIZIO Io voglio tornare a casa, o telefonare. Ma non ricordo
il numero. Dammi un bacio. Abbracciami. Non voglio re-
stare solo!
ASTERIO Sì, caro, tieni un bacio. Strano paese, la Cina...
Sipario.
MARA Si gira!
PATRIZIA Si è girato sull'altro fianco!
MARA Hai ragione, lo amo...
PATRIZIA Attenta!
Oliviero ride.
Un silenzio imbarazzato.
Un silenzio.
Una pausa.
Un silenzio.
Escono, ridendo.
ANNA Come tutto succede senza una ragione! Sono infelice. La-
sciatemi, che fa quell'uomo, lì, in piedi?
FRED Guardia, seduto!
La Guardia siede.
Un silenzio.
Sipario.
Tutti ridono.
Tutti ridono.
Un silenzio.
Tutti ridono.
Un silenzio.
Un silenzio.
Sipario.
92/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
Quadro Sesto
Un silenzio.
Un silenzio.
Un silenzio.
FABRIZIO Strana, Anna, come tutte le donne, dei resto. Chi riu-
scirà mai a capirne una? Ma è poi necessario? O non è
meglio restare sulla soglia di un mistero e immaginarlo
immenso? Sediamoci. (Siedono sul divano a dondolo. Pau-
sa.) È imprudente, inutile cercare la verità in fondo a que-
ste cose. La donna mi attira e mi spaventa sempre, come
una jungla dalla quale non sai se ritorni vivo. Sabbie mo-
bili, pantere, fiori stupendi e mortali. Quando ti amano è
peggio. Nel loro amore c'è la minaccia celata, il veleno che
agirà dopo. Vogliono ucciderti, questo è il loro scopo. Una
donna una volta mi amava a tal punto che io presi l'aero-
plano per raggiungerla e lei mi disse: "Ho pregato tutta la
notte che l'aeroplano cadesse." Aveva ragione. Mi amava!
Nell'amicizia, questo non succede. Io e te possiamo voler-
ci bene, ma senti sempre che c'è rispetto, un desiderare
l'uno la gioia dell'altro. Ho la febbre? Senti un po' se scot-
to, dammi la mano. Sulla fronte.
MARZIANO No, non hai febbre.
FABRIZIO Nell'amore c'è qualcosa di umido, di viscerale, di
conturbante. Ti senti preso, offeso, umiliato, aneli alla pa-
ce e vuoi che il supplizio continui, tremi che possa finire,
all'idea del vuoto che seguirà. Nella amicizia, come tutto è
chiaro, cristallino, come scalda! È un giorno di vacanza, il
piacere delle mute confessioni, di una solidarietà che non
chiede sacrifici. Si sta bene, qui, la notte dev'essere anche
meglio del giorno.
MARZIANO Sì, la notte.
FABRIZIO La spiaggia si popola di ombre, di voci.
MARZIANO Sì, un deserto diverso. Un deserto incomprensibi-
le... Un calabrone stanotte è entrato nella mia stanza, è
I.
Il lunedì mi riposo,
martedì non comincio mai niente,
mercoledì, che giorno noioso...
Muoversi, giovedì, chi se la sente?
Mi dici: Facciamo qualcosa.
Che cosa — ti dico — facciamo?
Muoviamoci — dici — su, andiamo...
Ma dove? — ti dico. — Calmiamoci.
Andare, levarsi? E fare
che cosa? Tu dici: Qualcosa!
Alziamoci, almeno proviamo — tu dici.
Io dico: Calmiamoci.
II.
Il venerdì sono superstizioso.
Di sabato non si combina niente.
La domenica è giorno di riposo.
Il calendario non è divertente.
Partire? E come? E fare
RE D'ARCADIA
L'Oriente ha un suo mistero profondo
che l'Occidente non ha – non ha.
Una donna è venuta al mondo,
per dare un mistero alla vanità.
Così fondo è il mistero
di una donna d'Oriente,
così vago, insincero,
così dolce e indolente!
Escono.
Musica. Si declamano:
Le strofe della conclusione.
FABRIZIO
La cosa significa tutto
e niente. E soltanto un rito.
Sta a voi darle un costrutto,
fingendo di aver capito.
MARCO
Io fisso ciò che risplende.
La mia arte è puntualità,
souvenir. Ciò che oggi vi offende,
TUTTI
Così fondo è il piacere
di una città dormiente!
Ha le pose lubriche e severe
di una donna d'Oriente.
L'uomo che scende in questo mare,
non torna — non torna a navigare!
IL PRESIDENTE
IL GENERALE
LA SIGNORA
IL PERITO RELIGIOSO
L'AUTORE
L'USCIERE
LO STUDENTE
NINÌ
L'AMBASCIATORE
UN CLARINO
UN TAMBURO
Tutti ridono.
Tutti ridono.
Entra l'Ambasciatore.
Entra l'Usciere.
Silenzio.
Delusione di tutti.
Pausa.
Lunga pausa.
NINÌ Sì, signor presidente. Vado e torno. Su, andiamo bel gio-
vanotto, non aver paura, non ti mangio. (Esce.)
Escono.
PERITO RELIGIOSO (prende a cavalcioni il Ministro) E non è
detto che debba necessariamente morire. Molti si salva-
no.
146/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
MINISTRO Le statistiche dimostrano che il traffico stradale ne
uccide quanto le guerre. Abbiamo inoltre ancora quattro
milioni di soldati della guerra scorsa.
Pausa.
Carillon.
Rullo di tamburo.
PRESIDENTE La prossima.
Personaggi
Personaggi
ROBERTO PAPALEO
CAMILLA, sua moglie
ANGELA ROCCO
GAETANO, cameriere
DUE GUARDIANI, che non parlano
ROBERTO Angela!
ANGELA Cuccù!
ROBERTO Angela, ancora una volta.
ANGELA Mai più, mai più.
ROBERTO Angela, dopo sarò buono.
ANGELA Adesso non si può.
ROBERTO E quando?
ROBERTO Ohi, ohi, Angela! Ahi, ahi, la testa. Angela, dove sei?
Non ti vedo. Cuccù. (Pausa.) Che succede? Uuuh! Non c'è
nessuno? Angela! (Lunga pausa. Poi, sgomento) Accidenti,
sono morto. (Pausa.) No, no, è questa la morte? Ma se io
ragiono ancora e sto con Angela... È un sogno, altro che
CAMILLA Chi è?
GAETANO E dove sta, signore?
ROBERTO Qui, dove vuoi che stia? (Quasi allegro) Niente pau-
ra, non ti mangio, sono vivo. Ci sono novità per me?
Dammi la signora.
GAETANO Il signor Roberto.
CAMILLA (al telefono, urlando) Roberto! Che succede, qualcosa
che non va?
ROBERTO No, tutto bene, calmati.
CAMILLA Non ti sento! Ti hanno fatto arrabbiare?
ROBERTO (stizzito) No! Un falso allarme, come vedi. Sto benis-
simo, sì, voglio soltanto uscire!
CAMILLA Come?
ROBERTO (duro) Stai calma e ascoltami. Prendi le chiavi del
coso, del come si chiama, sì, della cappella, vieni subito e
fammi aprire. Quelli dell'agenzia ti aspettano al cancello,
subito. Sveglierete i guardiani.
Lo Scrittore esce.
Un silenzio.
Suona il telefono.
REGISTA Bene.
POETA La giornata di un uomo solo in una città che non è quel-
la dove risiede normalmente. (Aspetta invano l'effetto del-
le sue parole.) Ma è una tragedia! Per esempio: conversa-
zioni col portiere dell'albergo, col padrone di un negozio,
col tassista, col cameriere, tutte persone che vede per la
prima e l'ultima volta. Non vi fa tremare? Scambi di luo-
ghi comuni sul tempo, la vita, il passato e il futuro. Solo al
ristorante, occupa un tavolo. Mangia per non deludere il
cameriere. Compra giornali. Compra oggetti che non gli
servono e non gli piacciono. E libri che getterà via dopo le
prime pagine. Si studia a lungo nello specchio del bagno.
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 211
Di sera, una ragazza sotto i portici lo guarda e gli dice:
"Baffetto," per adescarlo. Lui va per la sua strada. Torna
in albergo, non succede niente.
REGISTA Già, non succede niente.
POETA Benissimo. Ho dell'altro. Un tale, trovandosi a New
York...
REGISTA Sei mai stato a New York?
POETA Che discorsi! No. Ci mancherebbe altro.
REGISTA Allora, un tale, trovandosi a New York?
POETA Compra un orologio da un robivecchi. Un orologio da
polso. Lo fa riparare. Aprendolo scopre che è stato dedi-
cato da una certa Kitty a un certo Bob. Per un seguito di
strane combinazioni, un libro che stava leggendo, ricer-
che, eccetera, viene a scoprire che questo Bob, qua-
rant'anni prima, era stato un giovane attore, molto bello e
amato dalle donne, morto poi in estrema miseria, suicida.
Qui la storia si fa strana. Continuando a indagare sulla vi-
ta di quest'attore, comincia ad avere anche lui rapide, fol-
goranti avventure. Donne che gli si offrono di colpo, sen-
za pudore. Ma questo soltanto quando ha l'orologio al
polso.
Suona il telefono.
REGISTA (al telefono) Sì, sono io. Ah, bene. No. No. Mi dispiace.
Più tardi, sto lavorando. Certo, va bene. Ciao. (Chiude il
telefono.) Allora, soltanto quando ha l'orologio.
POETA Sì, quest'orologio lo inquieta.
REGISTA Capisco. E poi?
POETA Vedremo perché.
SCRITTORE Apre la strada a una sola ipotesi. La ripetizione
della storia. Diffidare di questi orologi. Non esistono.
Un silenzio.
Un silenzio.
Un silenzio.
Un silenzio.
Un silenzio.
Un silenzio.
Buio.
REGISTA Sai, mi dice lui, quando sono andato a casa sua, non
sapevo ancora niente, sai, mi dice: "Ci siamo lasciati. Vado
via." "Ah," dico io, "mi dispiace." "Dispiace anche a me,"
dice lui, "ma ormai era una vita impossibile." In quel
momento entra la moglie, serena, lo accarezza mentre lui
finge di commuoversi.
SCRITTORE Forse era davvero commosso.
REGISTA Può darsi. Ma senti che gli dice la moglie. Gli dice:
"Povero amore mio, mai visto così contento come oggi."
SCRITTORE Incredibile.
REGISTA Ti giuro. Lui allora va a salutare i bambini e lei resta
sola con me. Un momento d'imbarazzo, come in ascenso-
re, ma lei è molto tranquilla. Mi dice: "Speriamo che si ca-
vi da tutti i suoi impicci con l'altra." Era serena. Entrano i
bambini con la cameriera che piange. I bambini invece
sono contenti. Gli domandano: "Quando torni, papà?"
"Tra una settimana." "E quant'è una settimana?" doman-
da la più piccola. E la moglie: "Sciocchina, neanche la set-
timana sai? L'orologio lo sai, la settimana no? Su, dimmi i
giorni della settimana." Sempre didascalica, insomma,
sempre perfetta educatrice. La piccola comincia: "Lunedì,
martedì, mercoledì..." Si ferma. E lui: "Ma vedi che li sai?
Giovedì..." "Sabato e domenica" dice la piccola. "No, man-
ca venerdì," dice il bambino. "Insomma, sono sette gior-
ni." Si baciano, lui è molto commosso, usciamo. Sulle sca-
le, lei si affaccia e dice: "Non correre!" E lui: "Sta' tran-
Entra la Moglie.
Suona il telefono.
Un silenzio.
Un silenzio.
POETA E poi, i soldi. Non mi piace dar soldi alle donne. Ne fan-
no sempre un uso utilitario, meschino. E se tu cominci a
dargli soldi, ti disprezzano. Quando mi sono messo con
una donna, la prima volta, non avevo soldi, solo lei lavo-
rava e mi passava ogni tanto una somma, di solito un as-
segno, è più corretto. Bene, non mi disprezzava affatto. E
io ero tranquillo: se mi avesse tradito, sarebbe stato an-
che un suo diritto. Ma così, non le dovevo niente. (Lo
Scrittore annuisce.) Quando io conosco una donna, che mi
interessa, subito le dico cose sgradevoli, tanto per farle
capire che non sono scemo, che ci vuoi altro per impres-
sionarmi. Dopo si può, se lo merita, trattarla meglio. Sarà
contenta. Ti rispetterà. (Pausa.) Quand'ero giovane, ho
deciso di fare une vie d'amour. Di non correre dietro al
successo, al denaro. Solo l'amore mi interessava, e mi in-
teressa ancora. Bisogna fare una scelta. (Una pausa. Acca-
lorandosi) Io dico: tu sei scrittore, sai scrivere, hai girato
un po' il mondo, hai qualcosa da dire e perdi tempo a
preoccuparti di quello che scrivono gli altri, o pensano, e
non lavori per discutere! Ma queste sono cose che fanno i
pittori.
SCRITTORE Già. Io lo sveglio.
POETA Come mai oggi non si vede la ragazza Ofelia?
SCRITTORE (svagato) Eh? Ah, è uscita. E andata credo con mia
Buio.
CAMERIERA La colazione.
234/272 Ennio Flaiano - Un Marziano A Roma
SCRITTORE Lascia lì.
CAMERIERA La signora mangia fuori. Lei che vuoi mangiare,
oggi?
SCRITTORE Qui non si parla che di mangiare. (Mangia un bi-
scotto.) Non lo so.
CAMERIERA S'è alzato con la scuffia storta. Io vado. (Si ferma a
guardare un quadro.) Perché la gente non va nuda come
nei quadri?
SCRITTORE Non lo so.
CAMERIERA Lei non sa mai niente. (Esce.)
SCRITTORE (aziona un registratore e parla al microfono) Capi-
tolo dodicesimo punto a capo. Al risveglio Marcello sentì
la nausea salirgli alla gola come un cattivo vino che ag-
giungesse il malessere all'ebbrietà punto. Era stanco e
per un attimo stentò a capire dove si trovava due punti
poi la stanza la forma nuda e distesa accanto a lui gli ri-
dettero la memoria della notte trascorsa punto. E ora le
voci acute, che venivano dal cortile gli davano la certezza
che niente era cambiato... Ampliare sulla pagina il senti-
mento della noia... Un raggio di sole o meglio una lama di
sole entrando dalla finestra socchiusa... Controllare se la
sera prima l'aveva lasciata socchiusa... andò a colpire co-
me in certi quadri d'altare, no cancellare, andò a colpire il
seno di Irene che così schiacciata e scomposta nel suo
stesso sonno sembrava... Che sembrava? sembrava getta-
ta da un naufragio su una riva deserta punto. Ma quando
anche lei si stiracchiò e disse con la sua voce rauca di
bambina due punti virgolette che fai, vieni qui, chiuse le
virgolette, egli provò un sentimento di fastidio per quella
carne su cui il sole stava mettendo per gioco un accento
di desiderio punto... (Pausa.) Ma che volete da me? (Pau-
sa.) Le schiacciò i capezzoli e al grido sorpreso di lei ri-
spose con un zitta punto esclamativo così cattivo che Ire-
Un silenzio.
Squilla il telefono.
Buio.
(S'inchina.)
(S'inchina.)
(S'inchina.)
(S'inchina.)
POETA Brava, Ofelia, ben detto. Dirò una composizione dal ti-
tolo Traduzione dall'italiano. Inedita.
Le vostre mogli lavorano le vostre amanti scrivono
i nostri amici preparano qualcosa pel prossimo
anno
siamo abbastanza distratti aspettiamo la dissolu-
zione
dal fondo della verità si risale forse alla menzogna
difficoltà di linguaggio ci impediscono il teatro
e anche la comunicazione che non sia quotidiana
andare a letto va bene, restarci è affaticante
scambiamoci dolci promesse di cose non possedu-
te
l'amore per esempio i giorni futuri una dedizione
qualsiasi che pure risolverebbe la paura del "qua-
si"
al viaggio vorremmo rinunciare il punto è fare e
disfare
la valigia e il martirio delle ore del mattino
forse ricominciando dove lo sbaglio è evidente
ma non abbiamo idee oppure le detestiamo
dicono che Mitridate alla fine per vivere
si nutrisse soltanto di veleni.
(S'inchina.)
(S'inchina.)
Buio.
Un silenzio.
Buio.
Una pausa.
POETA (al telefono) Non c'è? Ah, senta dica al dottor Allegretti.
Pronto? Ha chiuso!
PRIMO IMBIANCHINO Rispondi. Cesare!
SECONDO IMBIANCHINO Che vói?
PRIMO IMBIANCHINO (solenne) Vattela a pija' nder culo!
POETA (si lascia cadere sul letto sfinito) Più tardi, forse, il caffè,
qualche maledetto amico, seppure me ne rimane ancora
uno e poi sino all'alba daccapo. (Il Primo Imbianchino ri-
prende a fischiettare e a lavorare.) È orribile. La mia vita è
una brutta copia. Se potessi rifarla daccapo, potrei toglie-
re qualche errore, qualche sbavatura. Ma il carattere?
Non mi porterebbe a fare altri errori, forse più sottili – di
presunzione – come questo che mi capita proprio ora, di
pensare di poter correggere una vita... Ma se una vita ha
un suo significato – ma non lo ha – è proprio nella somma
dei suoi errori più grossolani... Ecco, il carattere mi porta
a credere che certi errori sono biasimevoli e altri invece
lodevoli. L'errore di scrivere mi soddisfa, quello di amare
Un silenzio.
Un silenzio.
Un silenzio.
Un silenzio.
Un Marziano A Roma - Ennio Flaiano 272/ 265
REGISTA Ho un'idea, ma... (Gli altri due si fanno attenti.) Un'i-
dea che mi perseguita da molti anni, che non oso mai
esprimere, anzi temo che qualcuno l'abbia già avuta pri-
ma di me, e comunque presenta grossi pericoli. I quali
pericoli potrebbero essere evitati se la storia fosse svolta
con estrema semplicità, come se tutto succedesse oggi. In
poche parole...
SCRITTORE Continua.
REGISTA È difficile. Non vorrei che la scambiaste per un rac-
contino filosofico. Tutto dev'essere semplicemente vero.
In poche parole: Gesù non è morto.
POETA E ritorna sulla Terra! Dio mio, no!
REGISTA Lasciami finire. Tutto si svolge, almeno nella prima
parte, nelle ore che seguono la tragedia del Golgota. Que-
sta tragedia è l'antefatto. La tempesta è rimasta nell'aria.
Un uomo esce da un sepolcro, scavalca i corpi delle guar-
die che dormono, se ne va, solo. È vivo. Non è necessario
precisare che è risuscitato, è soltanto un uomo vivo, un
po' spaventato. (Pausa.) Voi mi domanderete: che succe-
de? Bene, i suoi incontri con gente che non lo conosce, o
non lo riconosce, la sua paura, il suo disgusto per una so-
luzione che possa ancora una volta portarlo al supplizio.
Si nasconde, ecco tutto. Passa del tempo. Forse mette su
famiglia, o non la mette su, è prematuro dirlo. Ma lavora.
Lui che detestava un po' il lavoro, e non sa che lavorare
da falegname, torna a fare il falegname, in un paese dove
nessuno lo conosce. Segue tutta una parte che dovremo
inventare. E arrivo alla conclusione, che dovrà essere ra-
pida, lancinante. Un bel giorno gli ordinano di fare alcune
croci. E le fa. Lo lasciamo che sta piallando, inchiodando
queste croci. Con una certa repugnanza.
SCRITTORE E quando ha finito il suo lavoro, si presenta la soli-
ta corte di soldati, seguita dalla folla che grida: Crucifige!
Squilla il telefono.
EmmeBooks 193