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I DRAGHI DI SEBASTIAN SEUFFERT

Sebbe soffriva del disturbo del Loop? Alcune persone pensavano di sì. Suo
padre aveva lavorato giù nel Gravitron, e Sebbe non veniva mai al centro
sociale giovanile. Trascorreva una quantità malsana di ore giù nel Loop,
aspettando che suo padre finisse il turno.

Non abbiamo mai saputo la verità, ma Sebbe puzzava, quello me lo ricordo


bene. Non mi riferisco al sudore tipico della pubertà; era un odore tale da
farti pensare che nella sua famiglia ci fosse qualcosa di sbagliato. Era
l’olezzo di una casa piena di follia, che lui portava con sé dovunque
andasse. Sebbe non parlava quasi mai, si limitava a starsene seduto,
silenzioso, in un angolo. Quando la classe veniva divisa in coppie per fare
dei lavori c’erano sempre problemi. A volte gli studenti dicevano senza giri
di parole che non volevano sedersi vicino a lui «perché puzza». Seguivano
risatine nervose.

Mi dispiaceva per Sebbe, e qualche volta l’ho anche riaccompagnato a casa


da scuola. Lui in pratica non proferiva parola.

Dopo l’allagamento, sulla bacheca fuori dalla biblioteca comparvero


volantini di gatti smarriti. Era colpa di un’epidemia che colpiva i gatti,
dicevano alcuni. Altri sostenevano che avesse a che fare con l’allagamento.
Alla fine, a inizio primavera, Sebbe si trasferì in una scuola per studenti con
bisogni educativi speciali a Norrtälje e cominciò a girare voce che ci fosse
lui dietro a quelle sparizioni. Si raccontava che un tecnico della Krafta lo
avesse trovato su un promontorio boscoso nei campi dietro Solbacka,
ricoperto di sangue e in mezzo ai resti di una strage: c’erano almeno
cinquanta gatti sparpagliati intorno a lui, sventrati e puliti come pesci.
Come ho raccontato, Sebbe in genere era molto silenzioso durante quelle
camminate di ritorno da scuola, ma mi ricordo che una volta pronunciò una
frase che sul momento non riuscii a capire, ma che a ripensarci rendeva la
faccenda dei gatti ancora più agghiacciante.

«Devi venire a casa da me a fare il cibo dei gatti. Possiamo prepararlo


insieme e poi darlo da mangiare ai miei draghi. Stanno crescendo molto
velocemente.»
MATERIALI DI FORTUNA

Nel giardino dietro la casa di Stefan c’erano due gigantesche sfere di ferro.
Se ne stavano lì con la bocca spalancata, vuota, l’aspetto di enormi
betoniere. Ma Stefan sosteneva che fossero portali Weismann perfettamente
funzionanti, proprio come quelli che erano stati sviluppati nel Loop. Li
aveva costruiti lui stesso, usando pezzi che aveva sottratto al Clovers negli
anni in cui ci aveva lavorato. «Sono davvero dei portali» aveva detto.
L’ultimo pezzo, che era anche il più importante, il cosiddetto pendolo
Meitner, lo aveva recuperato da uno strano dodecaedro apparso a Svartsjö
dopo l’allagamento. Doveva essere una sorta di gravitron portatile, un
generatore di campo magnetico.

Con grande sforzo, Stefan aveva sistemato le sfere, montato il pendolo


Meitner, e le aveva accese. Sembravano funzionare, e Stefan aveva testato
l’apparecchiatura arrampicandosi su un albero vicino a una delle sfere e poi
lanciandosi direttamente nell’apertura. «La connessione è perfetta, ed è
stabile!» disse. Lo sapeva perché, invece di schiantarsi sul fondo della sfera
rompendosi le gambe, era stato catapultato attraverso l’apertura dell’altra
sfera, per poi librarsi sopra al cortile e atterrare nel cumulo di compost del
vicino.
I VAGABONDI

In Svezia erano arrivati parecchi robot, scampati in Russia ai pogrom ai


danni delle intelligenze artificiali. In un modo o nell’altro erano riusciti a
superare il ghiaccio e raggiungere Färingsö, per poi sistemarsi vicino a
foreste, canneti e case abbandonate. Li chiamavano vagabondi. Erano un
gruppo eterogeneo ed erano attratti da tessuti colorati, motivi complessi,
pellicce e piume. Tutto ciò che era organico e soffice per loro era esotico e
di grande valore, e sembravano aver sviluppato una sorta di adorazione
religiosa per la biologia e la natura. Trovavamo i loro graffiti ovunque: sugli
alberi, sulle pareti rocciose e sui muri di cemento.

Molti degli abitanti del Mälaren non gradivano la presenza dei vagabondi e
si preoccuparono quando li videro comparire a Berggården. In fila alle casse
nei negozi e nei volantini sulle bacheche si percepiva una paura crescente, e
il malcontento per il fatto che non si stesse facendo nulla al riguardo.

Un giorno, nel gennaio del 1996, Jimmy Kraftling e la sua banda di furfanti
ingaggiarono uno scontro con un vagabondo giù alla cava di ghiaia, e
Knuckles tornò con tre dita in meno nella mano destra. Non si è mai capito
se le dita gli fossero state tranciate dal vagabondo o da uno dei tanti petardi
artigianali di Capodanno che qualcuno li aveva visti portare nella cava, ma
agli abitanti delle isole del Mälaren non interessava scoprirlo. Dopo
l’incidente, qualcuno chiamò la polizia e le unità antisommossa radunarono
tutti i vagabondi che trovarono, dopodiché le macchine furono mandate al
centro di riciclo di Nacka per la demolizione.

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