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Daniele Barbieri: Contro Odifreddi: per difendere la

scienza
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Contro Odifreddi: per difendere la scienza

di Daniele Barbieri
Non mi interessa particolarmente difendere Cacciari o Calasso, ma le parole di Piergiorgio
Odifreddi su “Cacciari, Calasso e gli antiscienza” pubblicate su La Stampa del 1 agosto 2021
non sono perdonabili, e dimostrano una visione della scienza pervicacemente arcaica, quella
stessa contro cui Nietzsche poteva legittimamente avanzare qualche riserva, ma che la
riflessione del Novecento ha davvero da lungo tempo superato.

In un articolo pieno di supponente acredine nei confronti di un fantomatico umanismo


antiscientista di cui i due Ca sarebbero esimi rappresentanti, Odifreddi arriva a scrivere la
seguente perla: “Ora, non c’è bisogno di aver letto l’opera omnia di Nietzsche per sapere
che uno dei suoi detti più memorabili e influenti per una certa cultura, che è appunto quella
di Cacciari e Calasso, è: ‘Non ci sono fatti, solo interpretazioni’. Detto altrimenti, la scienza
non conta nulla, perché si basa appunto su fatti che non ci sarebbero, e conta solo
l’umanesimo, che fornisce le interpretazioni chiamate ‘valori’”.

Ora, se Odifreddi si fosse mai preso la briga di leggere almeno una piccola parte di
Nietzsche, si sarebbe reso contro a priori del livello di ignorante faciloneria che sprigionano
queste parole. Prima di tutto, la scienza si basa sulle interpretazioni, è costituita di
interpretazioni del mondo, e i fatti stessi non sono a loro volta che interpretazioni di dati, i
quali sono risposte a domande precise che il ricercatore fa alla natura, e quindi a loro volta
interpretazioni. Odifreddi non ha, evidentemente, nemmeno letto Kant, altrimenti avrebbe
almeno un’idea della differenza tra noumeno e fenomeno, e dell’inattingibilità del primo se
non nei termini (interpretativi) del secondo.

Dire che ci sono solo interpretazioni non vuol dire che tutte le interpretazioni sono uguali e la
scienza non ha senso, ma solo mettere in guardia dalle generalizzazioni indebite, la qual
cosa è comunque parte della regola scientifica. Molto scorrettamente, Odifreddi cerca di
sostenere che, al di fuori dei fatti ci sarebbe solo la doxa, della quale sarebbe dunque
costituito l’umanesimo, per cui ogni opinione varrebbe quanto ogni altra. La retta scienza,
che conoscerebbe il vero, viene contrapposta al corrotto umanismo, che non farebbe altro
che fornire le interpretazioni chiamate valori.

Quello che Odifreddi in questo articolo difende, a guardar bene, non è affatto la scienza,
bensì una sua specifica interpretazione, che ha nome scientismo. Lo scientismo è una fede,
più o meno come quella in Dio, che bisogna avere per poter credere: lo scientismo non
crede in Dio come garanzia del vero, ma nella scienza, unica detentrice della verità, e unica
depositaria del valore (unico, al singolare, non come i “valori” vari costruiti dalle
interpretazioni degli umanisti). Secondo lo scientismo esiste una realtà oggettiva e
verificabile sino in fondo con strumenti scientifici e solo con quelli, ma lo scientismo
dimentica che gli strumenti vengono costruiti dagli scienziati (e prima di loro dai filosofi), e
non esistono al di fuori della cultura che li produce; e che il processo di raffinamento che li
porta a risultati sempre più sottili è comunque un processo che dipende dalla cultura e non
dalla natura.

Come ci insegna Carlo Rovelli (che, pur non essendo né new age né orientaleggiante, è
stato pubblicato da Calasso) il concetto di fatto nella fisica quantistica diventa estremamente
incerto, visto che i fenomeni cambiano a seconda dell’osservazione che se ne fa. Più che
una realtà oggettiva, sembra emergere l’immagine di una realtà che muta continuamente a
seconda del modo di osservarla. Del resto, Einstein osservava la stessa realtà di Newton,
ma l’interpretazione cosmologica che ne esce non è certo la stessa: Einstein aveva a
disposizione dei punti di vista che Newton non poteva avere, ovvero dei dati nuovi, i quali
erano a loro volta frutto di interpretazioni scientifiche.

Tutta questa sottigliezza viene cancellata dall’atteggiamento grossolanamente manicheista


che emerge dalle parole di Odifreddi, secondo le quali chi nega lo scientismo negherebbe la
scienza, e sosterrebbe l’equivalenza di tutte le opinioni. Per fortuna, la scienza rimane
un’impresa straordinaria e straordinariamente utile anche a dispetto di difensori come
questo, molto più utili alla causa della cialtroneria ignorante (contro cui Odifreddi
pretenderebbe di scagliarsi) che a quella di un dibattito epistemologico a cui la filosofia del
Novecento (a partire da un nietzschiano come Wittgenstein) ci ha per fortuna abituato.

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