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Bivio
Bivio
e piccina. Ogni passo che compie lungo il vialetto potrebbe essere misurato per tempo e per distanza e si
troverebbe che ognuno è praticamente uguale, scanditi da un ritmo che odora di ordine e milizia in tacchi
eleganti di una scarpa laccata di rosso. Lunghissimi capelli castani, sfiorno le natiche su un cappotto scuro
legato in vita, nero e bavero alla coreana, stretto sul corpo appunto di forme non esagerate, arriva a
mezzopolpaccio li dove scende il resto della gamba affusolata in calze scure lavorate di un intarsio ricamato.
Alla spalla una borsa di pelle, richiama il rosso delle scarpe e un logo di qualche nota casa di moda italiana.
Ovale del volto niveo, truccato in maniera impeccabile, come se trucco non ci fosse li dove trucco ce n'è di
certo, il rossetto di un colore delicato di rosa quasi fior di ciliegio. Alla mano una valigetta qualcosa che
puzza da lontano di uffici e scartoffie. Non guarda la gente in volto, sfiora le persone con la coda dell'occhio
e l'espressione più neutra che un visino tanto composto potrebbe avere, quando arriva ad un bivio, tre
stradine e i passi congiunti piè pari. Ritta come un soldato, spalle dritte, schiena eretta e mento alla giusta
altezza come se fosse calibrata quando gira a guardare tutte e tre le strade, in evidente dubbio, cercando
un volto uno qualsiasi, forse per delle informazioni, ma per ora è solo una figura troppo composta e precisa
nei dettagli, ferma a guardare le tre vie»