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Fisica 1 - Niero Luca
Fisica 1 - Niero Luca
Appunti di
Fisica 1
Niero Luca
Corso di Laurea in Ing. Aerospaziale
A.A. 2020/2021
1
1
Note d’uso
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(testi o docenti), selezionate con cura in modo da evitare erroneità.
Tali appunti NON devono essere sostitutivi di libri e professori, poiché si
prefiggono solamente di fare un recap della materia, possibilmente in modo
chiaro e corretto, per uno studio di revisione a fine corso.
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CONTENTS 2
Contents
1 Cinematica del punto 3
1.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2 Moto rettilineo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.3 Velocità nel moto rettilineo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.3.1 Moto rettilineo uniforme . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.4 Accelerazione nel moto rettilineo . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.4.1 Moto rettilineo uniformemente accelerato . . . . . . . . 6
1.5 Moto verticale di un corpo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.6 Moto armonico semplice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.7 Moto rettilineo smorzato esponenzialmente . . . . . . . . . . . 9
1.8 Moto nel piano. Posizione e velocità . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.8.1 Componenti cartesiane . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.8.2 Componenti polari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.9 Accelerazione nel moto piano . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
1.9.1 Componenti cartesiane . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
1.9.2 Componenti polari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
1.10 Moto circolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
1.10.1 Notazione vettoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
1.11 Moto parabolico dei corpi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
3 Moti relativi 50
3.1 Sistemi di riferimento. Velocità e accelerazioni relative . . . . 50
3.1.1 Teorema delle velocità relative . . . . . . . . . . . . . . 50
3.1.2 Teorema delle accelerazioni relative . . . . . . . . . . . 52
3.1.3 Velocità e accelerazione di un punto rispetto ad un altro 53
3.2 Sistemi di riferimento inerziali. Relatività galileiana . . . . . . 54
3.3 Moto di trascinamento rettilineo uniforme . . . . . . . . . . . 56
3.4 Moto di trascinamento rettilineo accelerato . . . . . . . . . . . 57
3.5 Moto di trascinamento rotatorio uniforme . . . . . . . . . . . 58
3.6 Il moto rispetto alla Terra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60
5 Gravitazione 79
5.1 La forza gravitazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
5.1.1 Sistema Sole-Terra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
5.1.2 Legge di gravitazione universale . . . . . . . . . . . . . 81
5.2 Massa inerziale e massa gravitazionale . . . . . . . . . . . . . 83
5.3 Campo gravitazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84
5.4 Energia potenziale gravitazionale . . . . . . . . . . . . . . . . 86
5.4.1 Potenziale gravitazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
5.5 Teorema di Gauss. Distribuzione sferica di massa . . . . . . . 88
v(t) = v0 + a(t − t0 )
1
x(t) = x0 + v0 (t − t0 ) + a(t − t0 )2
2
É possibile inoltre definire, parametrizzando il tempo tra queste due re-
lazioni,la funzione x(v) come
v 2 − v0 2
x(v) = x0 +
2a
1 CINEMATICA DEL PUNTO 12
v(t) = −gt
p
v(x) = 2g(h − x)
1
x(t) = h − gt2
2
s
2(h − x)
t(x) =
g
In particolare il tempo di caduta e la velocità al suolo sono
s
2h
tc =
g
p
vc = 2gh
1 CINEMATICA DEL PUNTO 13
dr dx dy
v= = ux + uy = vx ux + vy uy
dt dt dt
La velocità del punto P ha come componenti
p le sue velocità nella direzione
x e nella direzione y. Quindi v = vx + vy 2 e, definito φ l’angolo tra il
2
dv v2
ax = cos φ − sin φ
dt R
dv v2
ay = sin φ − cos φ
dt R
v =ω∧r
Di norma si pensa che ω sia applicata nel centro della circonferenza, qualora
r = R. La relazione sopra definita resta però valida anche in un qualsiasi
altro punto dell’asse di rotazione, infatti direzione e verso di v restano eguali
1 CINEMATICA DEL PUNTO 23
Si ricava che
v(t) = v0 − gtuy
Poiché v0 = v0 cos θux + v0 sin θuy ,
Le velocità dei moti proiettati sugli assi sono vx = v0 cos θ e vy = v0 sin θ −gt.
Quindi le leggi orarie dei moti proiettati sono
x = v0 cos θt
1
y = v0 sin θt − gt2
2
In pratica si ha un moto uniforme sull’asse x e uno uniformemente accelerato
sull’asse y.
É possibile parametrizzare il tempo ottenendo il moto in y in funzione di
quello su x. Si ricava la formula
g
y(x) = x tan θ − 2 2
x2
2v0 cos θ
1 CINEMATICA DEL PUNTO 26
v0 2 sin2 θ
y(xM ) = yM =
2g
2 DINAMICA DEL PUNTO 27
dv d2 r
F=m =m 2
dt dt
FA,B = −FB,A
2 DINAMICA DEL PUNTO 29
p = mv
J = m(v − v0 ) = m∆v
R = Σi Fi
Ne segue che
a = Σi ai
Nel caso un punto abbia R = 0, esso si dice in equilibrio statico.
dv v2
F = maT + maN = m uT + m uN = FT + FN
dt R
Dunque la forza risultante deve avere una componente tangenziale, che varia
il modulo della velocità, ed una normale, che ne varia la direzione.
FN è detta forza centripeta ed è sempre diversa da zero in un moto curvi-
lineo.
2 DINAMICA DEL PUNTO 32
Fa,d = −µd N uv
Le forze di attrito radente hanno origine dalle forze di coesione tra due
materiali; il valore dei coefficienti di attrito dipende dalla composizione chim-
ica e dallo stato delle superfici di contatto. Le forze di attrito sono sempre
presenti e solamente in casi semplificati verranno assunte nulle.
2 DINAMICA DEL PUNTO 35
P + R = ma
Lo studio del moto di un corpo sul piano inclinato varia da caso a caso, se
in presenza di attrito o meno, se agiscono forze etc.
2 DINAMICA DEL PUNTO 36
Fa,v = −bv
con b = mk.
Le forze di attrito viscoso sono esercitate, in certe condizioni, su un corpo
che si muove all’interno di un fluido, liquido o gassoso.
Attraverso semplici passaggi si può ricavare la velocità in funzione del tempo,
g
v(t) = (1 − e−kt )
k
2 DINAMICA DEL PUNTO 38
2.15.1 Potenza
La potenza corrisponde al lavoro per unità di tempo, ovvero
dW dr
P = = F = Fv = FT v
dt dt
Questa è la potenza istantanea e caratterizza la rapidità di erogazione
del lavoro. La potenza media è invece il rapporto W/t, ovvero il lavoro
totale diviso per il tempo totale. É solitamente utilizzato il valore medio per
quantificare le prestazioni di un macchinario o di un dispositivo.
Z B Z B
W = Fds = F ds = mgrAB
A A
manovra possibile poiché la forza è costante.
Dato che il peso ha una sola componente non nulla, quella secondo l’asse z
di modulo −mg, e la componente di rAB lungo l’asse z è zB − zA , il prodotto
scalare si scrive semplicemente (mg)z (rAB )z = −mg(zB − zA ) e pertanto il
lavoro vale
Em = Ek + Ep = cost
dW = Fds = Fx dx + Fy dy + Fz dz = −dEp
Si dimostra che la validità di tale proprietà per qualsiasi linea chiusa è la con-
dizione necessaria e sufficiente per l’esistenza di una funzione delle coordinate
Ep tale che
∂Ep ∂Ep ∂Ep
Fx = − , Fy = − , Fz = −
∂x ∂y ∂z
Le quantità sopra citate sono le derivate parziali della funzione Ep rispetto
alle variabili cartesiane. In modo compatto è possibile scrivere che
F = −gradEp = −∇Ep
∂Ep
F=−− ux = −kxux
∂x
con verso opposto a quello della crescita di energia potenziale. Essendo uni-
dimensionali, questi esempi non necessitano di derivata parziale.
2 DINAMICA DEL PUNTO 50
MO = OP ∧ v
MO = OP ∧ v = OH ∧ v
in modulo
MO = |OP |v sin θ = |OH|v = hv
essendo h la distanza di O dalla retta r contenente v, detta retta di appli-
cazione di v; h prende il nome di braccio di v rispetto a O.
M=r∧R
3 Moti relativi
3.1 Sistemi di riferimento. Velocità e accelerazioni rel-
ative
Sperimentalmente è provato con estrema accuratezza che le leggi fisiche sono
indipendenti rispetto al sistema di riferimento. Non esiste pertanto un punto
privilegiato dello spazio e nemmeno un’orientazione privilegiata; lo spazio si
dice omogeneo e isotropo (uguale in ogni punto e senza punti privilegiati).
La caratteristica di invarianza acquista un aspetto formale se anche le leggi
fisiche vengono espresse come relazioni tra entità invarianti.
La situazione è differente quando l’osservazione di un fenomeno varia di sis-
tema di riferimento, l’uno in moto rispetto all’altro. Nel caso del moto di
un corpo è facile osservare come esso sia relativo: si prenda un uomo su un
mezzo di trasporto, esso è in quiete rispetto al mezzo ma in moto rispetto
al suolo. Più in generale, il moto viene descritto con leggi diverse in due sis-
temi di riferimento in moto relativo. Non sussiste cioè l’invarianza delle leggi
fisiche rispetto a due sistemi di riferimento in moto l’uno rispetto all’altro.
É possibile ora riscrivere gli ultime tre termini della velocità dal sistema fisso
come ω ∧ (x0 ux0 + y 0 uy0 + z 0 uz0 ) = ω ∧ r0 e dunque enunciare il teorema delle
velocità relative:
v = vO0 + v0 + ω ∧ r0
In particolare vale che
dr0
= v0 + ω ∧ r0
dt
Si definisce velocità di trascinamento vt la differenza tra le velocità mis-
urate nei due sistemi di riferimento
vt = v − v0 = vO0 + ω ∧ r0
v2 = v2,1 + v1 ⇒ v2,1 = v2 − v1
a2,1 = a2 − a1
Il risultato può essere enunciato anche considerando r1,2 come segmento vari-
abile in movimento
dr1,2 dr2 dr1
= − = v2 − v1 = v2,1
dt dt dt
dv1,2 dv2 dv1
= − = a2 − a1 = a2,1
dt dt dt
3 MOTI RELATIVI 59
Gli assi dei due sistemi sono paralleli ed il sistema di origine O’ si sposta
con velocità costante vO parallela all’asse x. Inoltre all’istante 0 le origini
coincidono cosı̀ che OO0 = v0 t.
Proiettando sugli assi la relazione r0 = r − OO0 e legando la posizione di un
punto in entrambi i sistemi si ottiene
x0 = x − vO0 t, y 0 = y, z 0 = z
Analogamente la velocità
vx 0 = vx − vO0 , vy 0 = vy , vz 0 = vz
v = v0 + ω ∧ r
a = a0 + ω ∧ (ω ∧ r) + 2ω ∧ v0
Si riscrive cosı̀ l’adattamento della formula di Newton
sistema O: v = 0, a = 0
sistema O’: v0 = −ω ∧ r, a0 = −ω ∧ (ω ∧ r) − 2ω ∧ (−ω ∧ r) = ω ∧ (ω ∧ r)
3 MOTI RELATIVI 64
g0 = g + ω ∧ (ω ∧ R) + 2ω ∧ v
g = g0 − ω ∧ (ω ∧ R) − 2ω ∧ v
Fi = Fi (E) + Fi (I)
posizione: ri · · · velocità: vi
accelerazione: ai = Fi /mi · · · quantità di moto: pi = mi vi
momento angolare: Li = ri ∧ mi vi · · · energia cinetica: Ek,i = 21 mi vi 2
I momenti angolari vanno riferiti ad un polo che, nelle formule, è stato preso
coincidente con l’origine.
4 DINAMICA DEI SISTEMI DI PUNTI MATERIALI 69
Si nota che la posizione del centro di massa rispetto agli n punti è indipen-
dente dal sistema di riferimento, mentre le coordinate ovviamente dipendono
da esso. Per la posizione rispetto ad un sistema O’ si può ricavare che
r0 CM = rCM + O0 O
4 DINAMICA DEI SISTEMI DI PUNTI MATERIALI 70
drCM Σi mi dv
dt
i
Σi mi vi P
vCM = = =
dt Σi mi Σi mi m
Si vede dunque che la quantità di moto totale coincide con quella del centro
di massa, considerato con massa totale del sistema. Analogamente si ricava
che
Σi mi ai
aCM =
m
Se il sistema di riferimento è inerziale
mi ai = Fi = Fi (E) + Fi (I)
R(E) = maCM
L = Σi ri ∧ mi vi
Il polo O non coincide con l’origine e può non essere fisso, dunque il raggio
vettore può avere entrambi gli estremi in movimento con velocità vi e vO nel
sistema di riferimento inerziale dalla quale si osservano i due punti.
Si ha derivando che
dL dri dvi
= Σi ∧ mi vi + Σi ri ∧ mi
dt dt dt
Utilizzando le opportune sostituzioni e rappresentazioni, è possibile ricavare
il teorema del momento angolare
dL
= M (E) − vO ∧ M vCM
dt
che può essere ulteriormente semplificato quando il centro di massa ha ve-
locità nulla, il polo ha velocità nulla, il polo coincide con il centro di massa
o la velocità del polo è parallela a quella del centro di massa. Si può scrivere
dunque
dL
= M(E)
dt
4 DINAMICA DEI SISTEMI DI PUNTI MATERIALI 73
assi fissi rispetto agli assi del sistema inerziale e paralleli ad essi;
ri = ri 0 + rCM
Σi mi ri 0 = 0
Σi mi vi 0 = 0
Pertanto la quantità di moto totale del sistema P0 = Σi mi vi 0 risulta nulla se
misurata nel sistema centro di massa.
4 DINAMICA DEI SISTEMI DI PUNTI MATERIALI 75
Essendo il sistema non inerziale, sui singoli punti sembra agire anche la forza
d’inerzia −mi at = −mi aCM in quanto l’accelerazione di trascinamento è pari
a quella del centro di massa. Dunque per ogni punto
L = L0
dL0 (E)
= M0
dt
4 DINAMICA DEI SISTEMI DI PUNTI MATERIALI 76
L = Σi ri ∧ mi vi
L = L0 + LCM
Ek = Ek 0 + Ek,CM
4 DINAMICA DEI SISTEMI DI PUNTI MATERIALI 77
dWi = Fi · dri
con dW (I) = Σi Fi,j ·dri,j . Questa struttura lascia intendere che ci sono mutui
spostamenti tra i punti del sistema, se cosı̀ non fosse il lavoro interno sarebbe
nullo e si avrebbe un corpo rigido. Da questa relazione si può dunque evincere
il teorema dell’energia cinetica
Riepilogo
Con gli argomenti di questo paragrafo si è terminata la trattazione generica
della dinamica dei sistemi di punti materiali. Si richiamano ora i risultati
maggiori.
Le equazioni del moto sono date dal teorema del moto del centro di massa e
dal teorema del momento angolare
dP dL
R(E) = maCM = dt
· · · M(E) = dt
Si osserva che le forze che si manifestano durante l’urto sono interne, dunque
in assenza di forze esterne si conserva la quantità di moto. Indicando v1,in e
v2,in le velocità nell’istante precedente all’urto dei due punti (e analogamente
con f in quelle nell’istante successivo), la conservazione di P si scrive
Pin = m1 v1,in + m2 v2,in = m1 v1,f in + m2 v2,f in = Pf in
4 DINAMICA DEI SISTEMI DI PUNTI MATERIALI 80
ovvero variano le quantità di moto dei singoli punti ma non quella totale
Z t2
m1 v1,f in − m1 v1,in = J2,1 = F2,1 dt
t1
Z t2
m2 v2,f in − m2 v2,in = J1,2 = F1,2 dt
t1
Naturalmente le due forze (i due impulsi) sono uguali opposte, quindi anche
le quantità di moto sono uguali e opposte.
Nel caso sussistessero forze esterne non impulsive ma agenti in un tempo τ
sufficientemente breve si può avere conservazione di quantità di moto. Infatti
Z t2
∆P = F(E) dt = Fm (E) τ
t1
Ciò che avviene all’energia cinetica si può schematizzare cosı̀: i due corpi
(punti materiali), durante l’urto si deformano in modo plastico e restano
compenetrati. Il lavoro compiuto per far si che avvenga la deformazione viene
perso, dunque le forze non sono conservative e l’energia cinetica diminuisce.
4 DINAMICA DEI SISTEMI DI PUNTI MATERIALI 82
Si può ricavare facilmente che nel sistema del centro di massa la velocità e la
quantità di moto di ciascun punto restano uguali in modulo ma cambiano di
verso.
4 DINAMICA DEI SISTEMI DI PUNTI MATERIALI 83
p01,f in 0
v1,f in p02,f in 0
v2,f in
e=− 0 =− 0 =− 0 =− 0
p1,in v1,in p2,in v2,in
5 Gravitazione
5.1 La forza gravitazionale
Si richiama brevemente la storia delle conoscenze riguardo al moto dei pianeti.
Agli inizi del 500 era stata avanzata da Copernico l’ipotesi eliocentrica: il
Sole e non la Terra era il corpo celeste attorno al quale si svolgeva il moto
dei pianeti. Successivamente le posizioni assunte furono oggetto di misura da
parte di Brahe, misure dal quale si basò Keplero per formulare le tre leggi
di Keplero.
Prima legge di Keplero: I pianeti percorrono orbite ellittiche intorno al
Sole che occupa uno dei fuochi dell’ellisse.
Seconda legge di Keplero: La velocità areale con cui il raggio vettore, che
unisce il Sole ad un pianeta, descrive l’orbita ed è costante.
Le tre leggi danno una descrizione cinematica del moto dei pianeti. La spie-
gazione dinamica venne formulata da Newton nel 1666 e resa nota solamente
vent’anni dopo. Da essa prese corpo la teoria della gravitazione univer-
sale.
Le orbite dei pianeti, pur essendo certamente ellittiche, sono molto prossime
a circonferenze. Si immagini dunque che siano circolari. Se questo fosse vero
e se la velocità areale è costante, il moto di un pianeta è circolare uniforme.
Ricordando che
dA 1 dθ
= r2
dt 2 dt
la costanza della velocità areale e di r dà dθ/dt = cost.
La forza che agisce sul pianeta, permettendogli di compiere una traietto-
ria circolare con velocità costante, dev’essere unicamente centripeta (senza
tangenziale) e vale
2
2 2π
F = mω r = m r
T
con T periodo di rivoluzione, m massa e r raggio dell’orbita.
5 GRAVITAZIONE 86
m1
G1 = −γ u1 , F1,2 = m2 G1
r2
m2
G2 = −γ 2 u2 , F2,1 = m1 G2
r
con ui versore uscente radialmente dalla massa sorgente mi . I campi gravi-
tazionali sono diversi tra essi ma vale che le forze esercitate sono uguali ed
opposte.
Il campo dovuto a più forze si ottiene sommando i vari contributi
mi
Gi = −γ ui
ri2
5 GRAVITAZIONE 90
n
X
G(P ) = Gi
i=1
Ep m1
V1 = = −γ
m2 r
definendo la grandezza V1 (r) come potenziale gravitazionale del campo
prodotto dalla massa m1 .
Il lavoro per uno spostamento generico della massa m2 dalla posizione A alla
posizione B nel campo di m1 è
G = −gradV = −∇V
5 GRAVITAZIONE 93
dΦ = G · uN dS
avendo il versore modulo unitario. Gli assi devono essere mutualmente or-
togonali, il che comporta ux∗ · uy∗ = 0 e descrizioni analoghe per gli altri
versori, tutte formulate con
αx αy + βx βy + γx γy = 0
αy αz + βy βz + γy γz = 0
αz αx + βz βx + γz γx = 0
Il numero di parametri l per descrivere il moto di un sistema viene detto
numero di gradi di libertà nel sistema. Un corpo rigido ha l = 6, un
punto materiale l = 3, n punti indipendenti l = 3n, un punto vincolato su
una linea l = 1 o su una superficie l = 2, due punti vincolati a distanza fissa
tra loro l = 5.
Si è definito il corpo rigido come insieme di n punti; tali punti possono
essere un insieme discreto oppure possono essere distribuiti con continuità;
ad ogni modo un corpo rigido è un corpo esteso. Il suo moto è determinato
solo dalle forze esterne applicate in più punti. Si tratta quindi di sistemi di
forze caratterizzati da una risultante R(E) e da un momento risultante M(E) ,
indipendenti tra loro. Si ricorda che il lavoro delle forze interne è nullo in
un sistema rigido, pertanto l’energia cinetica di un corpo rigido è uguale al
lavoro delle sole forze esterne. Di conseguenza si trascurerà la notazione (E)
e si scriverà
R = maCM
dL
M=
dt
∆Ek = W
6 DINAMICA DEL CORPO RIGIDO. CENNI DI STATICA 96
R = M aCM
La rigidità del corpo implica che tutti i punti abbiano in un dato istante
la stessa velocità angolare ω, parallela all’asse di rotazione; le velocità in-
vece sono diverse essendo i punti a distanze diverse dall’asse. L’equazione
dinamica di base del moto di rotazione è
dL
M=
dt
I due moti considerati, di traslazione e rotazione, sono gli unici possibili e si
può dimostrare che il moto rigido più generale è il moto di rototraslazione:
ogni spostamento infinitesimo può essere sempre considerato come somma di
una traslazione e di una rotazione (infinitesime), individuate da v e ω.
Per una descrizione rototraslatoria si utilizzano sia il teorema del moto del
CM che il teorema del momento angolare, con polo un punto fisso in un
sistema inerziale o del CM. Dunque una constatazione fondamentale è notare
che la descrizione del moto di un corpo rigido non è univoca. Considerando
due punti P e Q di un corpo rigido in rototraslazione si ha infatti
vP = vO + ω ∧ OP, vQ = vO + ω ∧ OQ
6 DINAMICA DEL CORPO RIGIDO. CENNI DI STATICA 98
vP = vQ + ω ∧ QP
e se il corpo è omogeneo
Z Z
ρ 1
rCM = rdV = rdV
m V
Se un corpo omogeneo è simmetrico rispetto ad un punto, un asse o un piano
il centro di massa coincide rispettivamente col cento di simmetria o è un
punto dell’asse o del piano di simmetria.
Se il corpo è libero e agisce solo la forza peso, la traiettoria del centro di massa
è verticale rettilinea oppure parabolica a seconda delle condizioni iniziali.
6 DINAMICA DEL CORPO RIGIDO. CENNI DI STATICA 101
Li = mi ri vi = mi ri Ri ω
Si concentri ora l’attenzione sul calcolo della proiezione del momento angolare
Li sull’asse di rotazione, ovvero il momento angolare assiale.
π
Li,z = Li cos − θi = Li sin θi = mi ri sin θi Ri ω = mi Ri 2 ω
2
Il momento angolare del corpo è L = Σi Li e la sua proiezione vale
Lz = Σi Li,z = (Σi mi Ri 2 )ω = Iz ω
M = Iz α
Mz = Iz α
I = Ic + ma2
6 DINAMICA DEL CORPO RIGIDO. CENNI DI STATICA 108
vCM = −ω ∧ r
6 DINAMICA DEL CORPO RIGIDO. CENNI DI STATICA 110
Sul corpo agiscono forza peso mg e reazione del piano R, scomposta in una
normale N e una tangenziale f (forza di attrito statico). La legge del moto
di CM è quindi
F + R + mg = maCM
dalla quale si ottiene, sugli assi x e y
F − f = maCM · · · N = mg
Il teorema del momento angolare, scelto CM ≡ O come polo, si scrive
aCM
M = r ∧ f = Iα ⇒ rf = Iα = I
r
6 DINAMICA DEL CORPO RIGIDO. CENNI DI STATICA 111
6.10 Statica
La condizione di equilibrio statico per un punto materiale è la risultante
delle forze ad esso applicate nulla. Dunque
R = 0···M = 0
6 DINAMICA DEL CORPO RIGIDO. CENNI DI STATICA 113
Riepilogo
Si riassumo gli argomenti più importanti sviluppati in questo capitolo.
Il moto più generico di un corpo rigido è rototraslatorio. Nella traslazione
tutti i punti hanno lo stesso moto, pari a quello del centro di massa, e pertanto
si possono utilizzare le relazioni introdotte nello studio del moto di un punto
materiale. L’energia cinetica è
Ek = 1/2mvCM 2
L = rCM ∧ mvCM
Nella rotazione tutti i punti ruotano con la stessa velocità angolare ω attorno
all’asse di rotazione, parallelo a ω. Il momento d’inerzia rispetto all’asse è
dato da
I = Σi mi Ri 2
il momento angolare assiale
Lz = Iω
e l’energia cinetica
1
Ek = Iω 2
2
Se l’asse è fisso in un sistema di riferimento inerziale e si identifica con un
asse principale d’inerzia, L = Iω e l’equazione del moto è
dL dω
M= =I = Iα
dt dt
Se invece l’asse di rotazione non è un asse principale d’inerzia, nell’equazione
compaiono i momenti assiali Mz = dLz /dt = Iα.
Un caso di moto interessante è il moto di puro rotolamento. Se il moto
avviene rispetto ad un asse fisso il polo viene scelto di norma tra i punti
dell’asse. Se un punto P del corpo è mantenuto fisso conviene sceglierlo
come polo, in modo tale da annullare il momento delle forze in P .
7 PROPRIETÀ ELASTICHE DEI SOLIDI 114
dW = dF dh = pdSdh = pdV
si ottiene
p(h) = p0 + ρgh
definita come legge di Stevino, la quale mostra che in un liquido con ρ
costante la pressione cresce linearmente con la profondità.
8 MECCANICA DEI FLUIDI 121
Tutte le linee di corrente che passano attraverso una generica sezione S in-
dividuano un tubo di flusso.
8 MECCANICA DEI FLUIDI 123
8.5.3 Portata
Si consideri un tubo di flusso di sezione dS, ortogonale alle linee di corrente:
il prodotto dq = vdS, detto portata del tubo di flusso, rappresenta tutto
il volume di fluido che è passato attraverso la sezione in un secondo. Tale
volume ha base dS e altezza v, modulo della velocità, e si misura in m3 /s.
Il tubo di flusso può cambiare di sezione ma, se il fluido è incomprimibile
(ossia la densità è costante) e si è in regime stazionario, la portata deve essere
la stessa attraverso qualsiasi sezione. In particolare se la sezione aumenta la
velocità diminuisce e viceversa. Per un tubo di flusso di sezione finita si ha
Z Z
q= dq = vdS = vm S
S S
con vm velocità media dei vari punti. Per un fluido incomprimibile in regime
stazionario vale
vm S = cost
Questa relazione in particolare fu scoperta da Leonardo.
8 MECCANICA DEI FLUIDI 124
1
Integrare con il libro le parti mancanti, non svolte a programma
9 OSCILLAZIONI E ONDE 126
9 Oscillazioni e onde
9.1 Richiamo dei moti armonici semplici
Un sistema che obbedisce all’equazione differenziale del moto armon-
ico, definita come segue, è detto oscillatore armonico semplice.
d2 x
+ ω2x = 0
dt2
Si sono già esaminati diversi casi di oscillatori armonici: il moto rettilineo di
un punto materiale sotto l’azione di una forza elastica, il pendolo semplice e
il pendolo composto.
L’importanza degli oscillatori armonici in Meccanica è fondamentale per gli
studi futuri sulle vibrazioni, sui corpi elastici e su molto altro.
La cinematica di un oscillatore armonico è data da
x(t) = A sin(ωt + φ)
dx
v(t) = = ωA cos(ωt + φ)
dt
dv
a(t) = = −ω 2 A sin(ωt + φ) = −ω 2 x
dt
con A, φ, ω parametri indipendenti tra loro. A e φ sono condizioni iniziali
mentre ω è determinato dalla dinamica. Il moto periodico ha periodo T =
2π/ω e la velocità massima si ha nel centro di oscillazione e vale ωA e la
velocità è nulla agli estremi, mentre l’accelerazione massima è nulla al centro
e massima agli estremi con ω 2 A.
La forza che da origine all’oscillazione armonica è di tipo elastico e vale
F = −kx. Mediante opportune sostituzioni si trova che
k
ω2 =
m
9 OSCILLAZIONI E ONDE 127
d2 x(t)
+ ω 2 x(t) = 0
dt2
è un’equazione del secondo ordine (compare una derivata seconda) lineare (la
funzione compare ovunque solo alla prima potenza e lo è anche la derivata) a
coefficienti costanti (1 e ω 2 ) omogenea (termine noto nullo). Si verifica subito
che se x(t) è soluzione dell’equazione, lo è anche ax(t) con a costante; inoltre
se y(t) è soluzione allora lo è anche z(t) = x(t) + y(t) poiché l’equazione è
lineare.
Si può dimostrare che un’equazione come tale ammette due sole soluzioni
indipendenti e che qualsiasi altra soluzione si esprime come combinazione
lineare di tali soluzioni che, nel campo reale, sono le funzione sin ωt e cos ωt.
La soluzione più generale è dunque
che può essere scritta nei due modi seguenti utilizzando le formule trigono-
metriche di addizione
x1 = A1 sin(ωt + φ1 ), x2 = A2 sin(ωt + φ2 )
x = A sin(ωt + ψ)
x = A1 sin(ωt + φ1 ) + A2 sin(ωt + φ2 )
x1 = A1 sin(ω1 t + φ1 ), x2 = A2 sin(ω2 t + φ2 )
d2 x λ dx k
ma = −kx − λv ⇒ 2
+ + x=0
dt m dt m
Si definiscono rispettivamente coefficiente di smorzamento e pulsazione
propria r
λ k
γ= , ω0 =
2m m
ridefinendo cosı̀ l’equazione del moto dell’oscillatore armonico smorzato
d2 x dx
2
+ 2γ + ω02 x = 0
dt dt
Cercando una soluzione della suddetta equazione differenziale si deduce che
una soluzione del tipo eat è valida se soddisfa l’equazione caratteristica
a2 + 2γa + ω02
ovvero se q
a = −γ ± γ 2 − ω02
Si generano tre casi possibili.
a1 = a2 = −γ
2
Effetti della risonanza: Tacoma Bridge
9 OSCILLAZIONI E ONDE 138
10.2.2 Temperatura
La temperatura è la proprietà fisica intensiva, definibile per mezzo di uno
scalare, che indica lo stato termico di un sistema. In Europa è comunemente
utilizzata la scala Celsius (o centigrada) nella quale si assume 0C il punto
di fusione del ghiaccio e 100C il punto di ebollizione dell’acqua a livello del
mare. In particolare un ∆T in Celsius corrisponde allo stesso valore in scala
Kelvin, dunque le due scale coincidono a meno di uno scostamento pari alla
temperatura del punto triplo dell’acqua: 273, 15K.
Q − W = ∆U, Q = ∆U + W
10.6 Calorimetria
Il primo principio della termodinamica introduce la grandezza calore come
un’energia che comporta una variazione di energia interna.
Si consideri il primo esempio fatto nello scorso paragrafo. Data Te temper-
atura di equilibrio comune, il corpo più caldo passa da T1 a Te con T1 > Te
mentre il corpo più freddo passa da T2 a Te con Te > T2 . Nel processo non
viene scambiato lavoro ne con l’ambiente ne tra i corpi e nemmeno calore
con l’ambiente: l’energia interna rimane costante.
Tuttavia lo stato del primo corpo cambia e anche la sua energia interna;
analogamente il secondo. Dovendo essere ∆U = ∆U1 + ∆U2 = 0, si ha
∆U1 = −∆U2 . Ma non essendoci lavoro, si ottiene Q1 = −Q2 e quindi
Q = mc∆T
dove c è definito calore specifico, ossia il calore che una sostanza deve
scambiare per far variare di 1K un’unità di massa della sostanza stessa. Il
prodotto C = mc definisce la capacità termica, calore specifico esteso al
corpo intero.
Infinitesimamente si può scrivere
dQ = mcdT
e quindi
1 dQ
c=
m dT
Nel caso il calore specifico non fosse costante, si può scrivere
Z Z T2
Q = dQ = m c(T )dT
T1
10 PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA 147
10.8.1 Conduzione
Si consideri un corpo esteso in cui la temperatura non sia uniforme e si
traccino le linee isoterme, ovvero il luogo dei punti in cui T (x, y, z) è costante.
La legge fenomenologica che regola la conduzione del calore è la legge di
Fourier, con dS elemento di una superficie isoterma e dT /dn modulo del
gradiente di temperatura ortogonale a dS diretto nel verso delle temperature
crescenti, che esprime il calore che passa attraverso dS in dt
dT
dQ = −k dSdt
dn
k si dice conducibilità o conducibilità termica ed è tipica del materiale.
10.8.2 Convezione
La conduzione termica è importante nei solidi metallici; essa avviene anche
nei fluidi, però le conducibilità termiche sono piuttosto piccole. Inoltre la
10 PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA 150
10.8.3 Irraggiamento
Un corpo a temperatura T emette energia sotto forma di onde elettromag-
netiche. Il potere emissivo ε del corpo, energia emessa per unità di tempo
e di superficie, è dato dalla legge di Stefan-Boltzmann
ε = σeT 4
Ricordando che queste leggi valgono per gas ideali, si osserva che le costanti
α e β si eguagliano e valgono
1
α=β= C −1
273.15
potendo cosı̀ riscrivere le precedenti leggi come
1
V = V0 α + t = V0 αT
α
1
p = p0 α + t = p0 αT
α
dove T = t + 273.15 è la temperatura in Kelvin.
Data la massa totale del gas M e quella di ogni molecola che lo compone m,
il numero di molecole è N = M/m. La massa m è il prodotto della massa
molecolare A per l’unità di massa atomica mU , cioè
M
m = Amu = A · 1.6604 · 10−27 kg ⇒ N = 6.022 · 1026
A
Considerando una massa M uguale ad A detta chilomole (kmol), risulta
1
N = NA = = 6.022 · 1026 molecole/kmol
mU
numero detto di Avogadro. Il 26 diventa 23 utilizzando il sottomultiplo
mol, ossia l’unità fondamentale della quantità di materia definita come il
numero di atomi contenuti in 12g di carbonio-12 12 C. Come conseguenza
della legge di Avogadro, una mole di qualsiasi gas ad una temperatura e ad
una pressione stabilita, occupa sempre lo stesso volume. Nel caso la pressione
fosse quella atmosferica pa = 101325P a e la temperatura fosse T0 = 273.15K,
tale volume vale
Vm = 22.414L = 0.022414m3
detto volume molare.
detta equazione di stato dei gas ideali, ridefinendoli cosı̀ come gas che
obbediscono a questa legge. Si può utilizzare un’altra forma, definendo la
costante di Boltzmann come kB = NRA = 1.3807 · 10−23 J/K, e scrivendo
pV = N kB T
In tutti gli altri casi, non si può applicare l’integrale. Ad ogni modo, se la
trasformazione è isocora il lavoro è sempre nullo, se il gas si espande e compie
un lavoro sull’ambiente il lavoro risulta positivo mentre se si comprime e viene
compiuto del lavoro sul sistema risulta negativo.
Il lavoro ha un significato geometrico semplice nel piano di Clapeyron: si
tratta dell’area compresa tra la curva e le ascisse. Se la trasformazione è
ciclica reversibile, il lavoro è l’area all’interno della figura (positivo se il ciclo
è in senso orario, negativo altrimenti).
11 GAS IDEALI E REALI 159
QV = ∆U
∆U = Q − W = 0
e vale la legge di Boyle. Tutto ciò per gas rigorosamente ideali in espansione
libera da forze esterne.
Si consideri ora una coppia di generici stati di equilibrio A e B. Per deter-
minare la funzione U (T ), deve valere ∆U = UB −UA , qualsiasi trasformazione
avvenga. Considerando una AC isocora e una CB isoterma, si ha
∆U = UB − UA = UB − UC + UC − UA = UC − UA
∆U = UB − UA = ncV ∆T
dU = ncV dT
da cui
1 dU
cV =
n dT
É possibile ora scrivere il primo principio come
Q = ncV ∆T + W se cV = cost
che risulta una funzione di stato in quanto sia U che pV sono funzioni delle
coordinate. Per qualsiasi trasformazione infinitesima vale
∆H = ncp ∆T
dQ = dU + dW = ncV dT + dW
Q = QA + QC
dove QA > 0 è la somma dei calori assorbiti e QC < 0 è quella dei calori
ceduti.
W = WF + WS
in cui WF > 0 è la somma dei lavori compiuti e WS < 0 quella dei lavori
subiti.
Per un ciclo termico si definisce il rendimento, ovvero la quantità dimen-
sionale
W QA + QC QC |QC |
η= = =1+ =1−
QA QA QA QA
Il rendimento quindi è la percentuale di calore assorbito che viene trasformata
in lavoro. Si osserva che vale sempre
0≤η<1
In ambedue gli utilizzi, occorre erogare un lavoro per far funzionare il ciclo, e
sottrarre calore dal punto caldo del ciclo verso l’ambiente esterno; infatti una
buona parte dell’energia erogata è comunque dispersa sotto forma di calore.
11 GAS IDEALI E REALI 169
|Q|
g(θ) = 273.16
|Qtr |
Come funzione di stato, l’entropia può essere scelta come variabile indipen-
dente per uno stato di un sistema. Spesso viene utilizzata la coppia T − S
come diagramma, poiché nel piano da loro descritto una trasformazione re-
versibile è una curva continua. Il calore scambiato dal sistema vale
Z B
dQrev = T dS ⇒ Qrev = T dS
A
Infine, si può dire che in una isoterma reversibile vale ∆S = Q/T ; in una
adiabatica reversibile ∆S = 0 e idem per le trasformazioni cicliche.
12 SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA 177
dS ≥ 0
se il sistema è isolato.
12 SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA 178
Corso
Corso: Fisica 1 (Meccanica e Termodinamica)
Carico: 10 CFU
Docenti: Bosia F., Ravera L., Montorsi A.
Bibliografia
Materiale didattico fornito dal Politecnico di Torino;