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Articolo 1 della Dichiarazione

Universale dei Diritti dell’Uomo.

"Tutti gli esseri umani nascono liberi


ed eguali in dignità e diritti.
Essi sono dotati di coscienza e
dovrebbero agire uno verso l'altro
in uno spirito di fratellanza".

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Sommario

Poesia per Sissel

PRIMO LEVI
Se questo è un uomo
Ai piedi della forca
Noi diciamo “fame”
Quest’anno è passato presto
Si immagini ora un uomo
Ci sentivamo vecchi di secoli

ANNA FRANK
Sabato, 15 luglio 1944

FRED UHLMAN
Un paio di settimane dopo
Un giorno dei primi di dicembre

SALVATORE QUASIMODO
Un uomo del mio tempo
Alle fronde dei salici

E voi, imparate che occorre vedere

Il film “La vita è bella”

2
Poesia per Sissel

Promettimi
che mi darai la mano
il giorno che arriverò da te.
Perchè, sai,
un po' di paura
mi e' rimasta...
Ora ti saluto, sorellina.
Aiutami a vivere, se puoi.
E anche a morire.
Come ti ho già detto,
spero d'incontrarti un giorno.
E immagino che sarò molto emozionato.

di Daniel Vogelmann

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Primo Levi
Primo Levi, scrittore e poeta italiano nasce a Torino nel 1919. Studiò chimica
all'università di Torino dal 1939 al 1941 e successivamente, mentre lavorava
come ricercatore chimico a Milano, decise di unirsi ad un gruppo di resistenza
ebraica che si formò in seguito all'intervento tedesco nel nord d'Italia nel 1943.
Per questo motivo fu catturato dalla Milizia fascista il 13 dicembre 1943 e fu
condotto prima in un campo d'internamento a Fossoli, poi nel campo di
sterminio nazista di Monòwitz, vicino Auschwitz, insieme con altri 650 ebrei, egli
sopravvisse perché impiegato in attività di laboratorio.

Se questo è un uomo
voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case;
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce la pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato
vi comando queste parole
scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli:
o vi si sfaccia la casa,
la malattia ve lo impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

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…Ai piedi della forca, le SS ci guardano passare con occhi indifferenti:
la loro opera è compiuta, e ben compiuta. I russi possono ormai venire:
non vi sono più uomini forti tra noi, l’ultimo pende sopra i nostri capi, e
per gli altri, pochi capestri sono bastati. Possono venire i russi: non
troveranno che noi domati, noi spenti, degni ormai della morte inerme
che ci attende. Distruggere l’uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non
è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi. Eccoci
docili sotto i vostri sguardi: da parte nostra nulla più avete a temere: non
atti di rivolta, non parole di sfida, neppure uno sguardo giudice…

Tratto da “Se questo è un uomo”

…Noi diciamo “fame”, diciamo “stanchezza”, “paura”, e “dolore”,


diciamo “inverno”, e sono altre cose. Sono parole libere, create e usate
da uomini liberi che vivevano, godendo e soffrendo, nelle loro case. Se i Lager
fossero durati più a lungo, un nuovo aspro linguaggio sarebbe nato; e di queste
si sente il bisogno per spiegare cosa è faticare l’intera giornata nel vento, sotto
zero, con solo indosso camicia, mutande, giacca e brache di tela, e in corpo
debolezza della fine che viene.

Tratto da “Se questo è un uomo”

… Quest’anno è passato presto. L’anno scorso a quest’ora io ero un uomo


libero: fuori legge ma libero, avevo un nome e una famiglia, possedevo una
mente avida e inquieta e un corpo agile e sano. Pensavo a molte lontanissime
cose. Al mio lavoro, alla fine della guerra, al bene e al male, alla natura delle
cose e alle leggi che governano l’agire umano; e inoltre alle montagne, a
cantare, all’amore, alla musica, alla poesia. Avevo una enorme, radicata,
sciocca fiducia nella benevolenza del destino, e uccidere e morire mi parevano
cose estranee e letterarie. I miei giorni erano lieti e tristi, ma tutti li rimpiangevo,
tutti erano densi e positivi; l’avvenire mi stava davanti come una grande
ricchezza. Della mia vita di allora non mi resta oggi che quanto basta per
soffrire della fame e il freddo; non sono più abbastanza vivo per sapermi
sopprimere.

Tratto da “Se questo è un uomo”

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…Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengono tolti
la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto
possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di
dignità e discernimento, poiché accade facilmente, a chi ha perso tutto, di
perdere se stesso; tale quindi, che si potrà a cuor leggero decidere della sua
vita o morte al di fuori di ogni senso e affinità umana; nel caso più fortunato, in
base a un puro giudizio di utilità. Si comprenderà allora il duplice significato del
termine “Campo di annientamento”, e sarà chiaro che cosa intendiamo
espressamente con questa frase: giacere sul fondo.

Tratto da “Se questo è un uomo”

"Ci sentivamo vecchi di secoli, oppressi da un anno di ricordi feroci, svuotati e


inermi. I mesi or ora trascorsi, pur
duri, di vagabondaggio ai margini della
civiltà ci apparivano adesso come una
tregua, una parentesi di illimitata
disponibilità, un dono
provvidenziale ma irripetibile del destino".

Tratto da “La Tregua”

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Anna Frank
Il 4 agosto 1944 la polizia tedesca fece irruzione nell’alloggio segreto di
Amsterdam e condusse Anna e gli altri occupanti
in campi di concentramento tedeschi e olandesi.
Anna morì nel marzo 1945 a Bergen Belsen.
Aveva sedici anni.

Sabato, 15 luglio 1944

Cara Kitty,

…è un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché
esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto,
perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. Mi pare impossibile
costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il
mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del
rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure
quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che
anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la
serenità.

Intanto devo conservare intatti i miei ideali, verrà un tempo in cui saranno forse
ancora attuabili.

La tua Anna

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Fred Uhlman
Fred Uhlman è nato a Stoccarda nel 1901 ed è morto a Londra
ottantaquattrenne. Ha ispirato il racconto di L’amico ritrovato ai luoghi e
all’ambiente della sua adolescenza. Nella vita fu avvocato, oltre che scrittore e
pittore. Considerava “L’amico ritrovato” il “suo” libro. “Si può sopravvivere con
un solo libro”, ha dichiarato poco prima di morire.

...Un paio di settimane dopo mi invitò nuovamente a casa sua. Tutto si svolse
esattamente come la volta precedente: chiacchierammo, osservammo,
paragonammo, ammirammo. Anche stavolta, a quanto pareva i suoi genitori
erano assenti, ma io non me ne dolsi, anche perchè ero piuttosto timoroso di
incontrarli. La quarta volta che ciò avvenne, tuttavia, cominciai a sospettare che
non si trattasse di una coincidenza e a temere che mi invitasse unicamente
quando i suoi genitori erano via. Nonostante mi sentissi vagamente offeso, non
osai chiedergli delle spiegazioni al proposito.
Poi un giorno mi tornò in mente la fotografia di quel tipo che assomigliava tanto
a Hitler, ma subito mi vergognai di avere sospettato, anche per un attimo che i
genitori del mio amico avessero rapporti con un individuo del genere.

Tratto da “L’amico ritrovato”

...Un giorno dei primi di dicembre tornavo da scuola stanco, quando mio padre
mi portò nel suo studio. Negli ultimi sei mesi era molto invecchiato, sembrava
respirare con qualche difficoltà. - Siediti, Hans, ho bisogno di parlarti. Quello
che sto per dirti sarà per te un grave colpo. Tua madre e io abbiamo preso la
decisione di mandarti in America; almeno per il momento, finche la tempesta
non si sarà calmata. A New York ci sono parenti che avranno cura di te e
provvederanno a mandarti all'università. Siamo convinti che per te sia la cosa
migliore. Non ci hai raccontato quel che capita a scuola, ma possiamo
immaginare che non sia stato facile per te. All'università sarebbe ancora
peggio. Oh! La separazione non durerà tanto! Il nostro popolo rinsavirà nel giro
di pochi anni. Per quanto riguarda noi, rimarremo qui. Questa è la nostra patria,
la nostra casa, noi le apparteniamo, non ce la lasceremo rubare da un qualsiasi
cane austriaco. Sono troppo vecchio, non posso cambiare abitudini; tu sei
giovane, hai tutto l'avvenire davanti a te. Adesso non fare difficoltà, non
discutere, altrimenti sarà ancora più duro per noi. E, per amor di Dio, non dire
niente - . E così fu deciso. Lasciai la scuola a Natale e il 19 gennaio,
anniversario della mia nascita, quasi esattamente un anno dopo che Konradin
era entrato nella mia vita, partii per l' America. Due giorni prima della partenza
ricevetti due lettere. La prima era in versi, ed era il risultato degli sforzi congiunti

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di Bollacher e di Schulz:
Piccolo giudeo, ti diamo il saluto
nell'inferno di Mosè e Isacco sii il benvenuto.
Piccolo giudeo, dove andrai a finire?
Agli ebrei d'Australia ti vai a unire?
Piccolo giudeo, non tornare indietro mai
o il maledetto collo spezzato avrai.

Tratto da “L’amico ritrovato”

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Salvatore Quasimodo
E’ nato a Modica, in provincia di Ragusa nel 1901. Trascorse l’infanzia in Sicilia
e visse la giovinezza e
la maturità in diverse città
italiane. A partire dal periodo
della seconda guerra
mondiale e della Resistenza, la
sua poesia si apre a un forte
impegno civile, mantenendo
la perfezione stilistica e il
lirismo. Nel 1959 vinse il
premio Nobel per la letteratura.

Uomo del mio tempo

Sei ancora quello della pietra e della fionda,


uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odore come nel giorno
Quando il fratello disse all’altro fratello:
“Andiamo ai campi”. E quell’eco fredda, tenace,
e giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe, affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento coprono il loro cuore.

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Alle fronde dei salici

E come potevamo noi cantare


Con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.

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"E voi, imparate che occorre vedere
e non guardare in aria; occorre agire
non parlare. Questo mostro stava,
una volta, per governare il mondo!
I popoli lo spensero, ma ora non
cantiamo vittoria troppo presto:
il grembo da cui nacque è ancora fecondo."

Bertold Brecht

Tonnellate di scarpe: tutto quello che rimane di coloro che le calzavano

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La vita è bella
Regia: Roberto Benigni

Interpreti: Roberto Benigni, Nicoletta


Braschi, Giorgio Cantarini, Giustino
Durani, Sergio Bini Bustric

Il film si svolge in un immaginario


Lager, dove l'ebreo toscano Guido
Orefice (lo stesso Benigni) è deportato
insieme al figlioletto Giosuè, che
incredibilmente rimane con lui. Nel tentativo di tenere il figlio al riparo
dall'orrore, il padre inventa un gioco pazzesco a uso e consumo del bambino,
"traducendo" la vita del Lager in altrettanti improbabili passaggi di un gioco a
premi, di quelli "da schiantarsi dalle risate".
Il film corre lungo questo sottilissimo crinale tra il
tragico e il burlesco, spingendosi fino a mostrare
le selezioni per le camere a gas, il lavoro forzato, il
fumo nero del camino dei crematori.
Una favola amarissima, che raggiunge l'obiettivo
di raccontare con il linguaggio della poesia l'orrore
dei campi, e prima ancora delle leggi razziali che
anche nel nostro paese hanno discriminato,
colpito, perseguitato tanti italiani sotto il fascismo,
fino al giorno in cui a migliaia sono stati strappati
dalle loro case e deportati sui carri per i Lager.

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