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La Partecipazione Delle Uditrici Laiche
La Partecipazione Delle Uditrici Laiche
E PROVINCIALE DI BOLOGNA
IN COLLABORAZIONE CON IL C.I.F REGIONALE EMILIA ROMAGNA
1
A cura di Laura Serantoni
2
Indice
Saluto di:
Mons. Giovanni Silvagni
Vicario Generale Diocesi di Bologna pag 5
Introduzione di
Maria Rosina Girotti – C.I.F. Bologna pag 14
Interventi di:
Sr Plautilla Brizzolara
Piccole Figlie Sacri Cuori di Gesù e Maria di Parma pag 29
Paolo Bonafede
Vice-presidente Giovani di Azione Cattolica Bologna pag 44
1
Testo non rivisto dall’autore
5
Il mio auspicio è che siano sempre fedeli al Vangelo,
ricordando Gesù ed il suo rapporto con le donne.
8
Saluto di P. Carlo Maria Veronesi
Assistente Spirituale C.I.F.
10
della stessa vocazione e del medesimo destino divino". (Giesse
n. 29)
11
ceto sociale a cui appartengono e nell'ambito della professione
che esercitano.
12
Reputo che in ciò il Centro Italiano Femminile, all'interno della
Chiesa e della vita sociale, anche della nostra Città e Regione,
abbia un ruolo importante da svolgere.
Per cui nel riconoscimento della sua entità specifica e della sua
dignità umana e di creatura di Dio, la donna trova nella Chiesa
colei che ne esalta il valore e ne diviene chiamata ad essere sua
importante collaboratrice nell'opera di evangelizzazione e
costruzione positiva dell'umana società.
13
INTRODUZIONE
di Maria Rosina Girotti – C.I.F. Bologna
16
INTERVENTI:
17
e Serena Noceti.2 In seguito, illustrerò alcuni elementi della
fase post conciliare che coinvolgono direttamente il ruolo e gli
spazi assegnati alle donne nella Chiesa. Si tratta di quattro
principali versanti di cambiamento che aprono nuove
possibilità: la possibilità di studiare la teologia nelle facoltà
pontificie; un rapporto personale con la lettura, preghiera e
comprensione della Scrittura; l’autonomia degli istituti religiosi
femminili; la presenza delle donne e dei laici nella rinnovata
vita sinodale del Chiesa post conciliare.
1. Dentro e fuori il concilio Vaticano II.
Le diciassette uditrici laiche furono invitate da Paolo VI alla III
sessione conciliare. Si aggiunsero 3 mogli e 6 uditrici nel IV
periodo e, in totale, si alternarono ventitré donne ammesse
come uditrici alle congregazioni generali nella IV e ultima
sessione conciliare. Esse non ebbero né diritto di parola, né
diritto di voto. Sei uditori laici, invece, furono ammessi a
intervenire ma non a votare. Per dare un’idea di quanto fosse
poco rappresentativa la presenza femminile conviene ricordare
che l’assemblea era formata da duemila e cinquecento vescovi
a cui possiamo aggiungere un numero che non possiamo
ancora classificare di periti, alcuni periti ufficiali nominati e
impegnati nelle commissioni, altri, non meno importanti, che
invece lavorarono per singoli vescovi o per gruppi di vescovi.
Le uditrici furono religiose e donne (nubili o consacrate)
impegnate nelle associazioni cattoliche mondiali, dirigenti di
organizzazioni cattoliche internazionali, la rappresentante di un
istituto secolare: si tratta del gruppo femminile più simile ai
chierici radunati in concilio, le «laiche più clericalizzate» che
fosse possibile trovare in quel momento storico – come disse
2
A. Valerio, Madri del concilio. Ventitrè donne al Vaticano II, Roma,
Carocci, 2012; «Tantum aurora est». Donne e Concilio Vaticano II, a cura
di M. Perroni A. Melloni – S. Noceti, Zürich-Berlin, LIT Verlag, 2012.
18
Adriana Zarra –, il gruppo consustanzialmente più compatibile
con i chierici.
Le religiose parteciparono meno delle laiche al gruppo di
studio degli uditori, che studiò l’intero insieme degli schemi
conciliari, per capire e in parte per contribuire alla riflessione
che si andava facendo all’interno delle commissioni e della
stessa assemblea.
Il gruppo degli uditori affidò alle uditrici un compito: studiare
gli schemi conciliari mano a mano che erano prodotti e
organizzare una specie di ricezione dei contenuti conciliari nel
corso del concilio. Esse accettarono i limiti posti alla loro
azione nel concilio: si chiese loro di istituire gruppi di lavoro
nel loro paese, si concentrarono su interventi conciliari
connessi alle donne (promozione della donna, educazione della
donna, gioventù femminile, collaborazione tra religiose e
laiche).
4
Per una rassegna delle interpretazioni del concilio cfr. M. Faggioli,
Vatican II. The battle for meaning, New York, Paulist Press, 2012; A.
Melloni, Breve guida ai giudizi sul Vaticano II, in Chi ha paura del
Vaticano II?, a cura dello stesso e G. Ruggieri, Roma, Carocci, 2009, pp.
107-145.
20
del magistero conciliare è già stato attuato è stato realizzato
nelle chiese locali.
5
Cfr. a questo riguardo la ricerca promossa nel volume Anatemi di ieri sfide
di oggi. Contrappunti di genere nella rilettura del Concilio di Trento, a cura
di Antonio Autiero e Marinella Perroni, Bologna, EDB, 2011.
25
superiori della comunità religiosa è un segno dell’autonomia
di ogni famiglia religiosa, anche rispetto a un eventuale ordine
o congregazione maschile che condivide la medesima
spiritualità.
Non mi soffermo su questi aspetti, essendo previsto un
intervento dedicato proprio a questo versante di cambiamento.
Per gli istituti di vita consacrata, il concilio Vaticano II ha
rappresentato una netta fuoriuscita dalla segregazione legata
alla clausura e ha moltiplicato la possibilità di vocazioni
religiose «nel mondo». Durante l’età tridentina, le donne erano
costrette a vivere in una condizione di separazione fisica dal
mondo e in uno stato di perenne puerilità o, in termini giuridici,
di minorità e dipendenza da un’autorità maschile vescovile o
del superiore religioso. Il Vaticano II ha favorito un
alleggerimento della clausura per gli ordini contemplativi e la
moltiplicazione di congregazioni secolari pienamente religiose
e pienamente inserite nel mondo. La libertà riconosciuta alle
religiose di confessarsi non solo al confessore ordinario o a
quello straordinario, come aveva previsto il concilio di Trento,
ma a qualsiasi confessore riconosce, esplicitamente, che la
confessione della donna religiosa non richiede una
preparazione particolare rispetto a quella richiesta per la
confessione di qualsiasi cristiano.
6
Mi ricollego al mio lavoro, M. T. Fattori, Sinodi e Concili, in Il
cristianesimo. Grande atlante. Ordinamenti, gerarchie, pratiche, vol. II,
sotto la direzione di G. Alberigo, 2006, UTET, Torino, pp. 533-548, al
quale mi permetto di rinviare.
27
Alcune cifre chiariscono l’entità della partecipazione del
laicato alle assemblee: tra 1968 e 1972 il sinodo di Saint-
Brieuc (Francia) contò la presenza di 97 laici su 287 membri (il
34%); Hildesheim (Germania dell’ovest) di 76 laici su 224
membri; Vienna (Austria) di 155 laici su 340 membri; i sinodi
svizzeri previdero una componente per metà costituita da laici
e per l’altra metà da chierici e religiosi. In modo esplicito o
implicito, la Santa Sede ha dato un assenso alla partecipazione
di fedeli laici, chiedendo solo che la maggioranza assoluta dei
membri delle commissioni e delle riunioni plenarie rimanesse
costituita dal clero. È stato comunque possibile escogitare
soluzioni pratiche per restare fedeli al senso della normativa
conciliare: nel sinodo di Vienna menzionato sopra, il cardinale
Franz König escluse dal computo dei laici le religiose e i
religiosi laici anche se in seguito la nunziatura apostolica, a
nome della congregazione dei vescovi, precisò che la regola
prevedeva che fossero considerati laici le religiose e i religiosi
privi del sacramento dell’ordine. I problemi non si esaurirono
nella definizione della qualità di membri: la designazione dei
membri del sinodo doveva essere fatta per elezione o per
designazione diretta da parte del vescovo? O in quale
proporzione doveva avvenire la combinazione delle due
modalità? La natura consultiva del sinodo, inoltre, tendeva a
contrastare con l’esigenza di cui erano portatori i fedeli laici di
decidere le cose con un sistema democratico. Anche l’elevato
numero di partecipanti rendeva ostico uno svolgimento lineare
e precostituito dell’assemblea.
La procedura di stesura delle costituzioni sinodali permette di
saggiare la distanza rispetto alla prassi ecclesiale precedente e
mette in luce la complessità e vastità dell’impegno richiesto dal
sinodo, all’insegna di un metodo di lavoro che valorizza la
partecipazione ecclesiale anche delle donne.
28
Le assemblee dei Sinodi dei vescovi, siano essi stati generali,
ordinari, generali straordinario o speciali, ha conosciuto una
presenza di uditori e uditrici laici nominati dal papa nel gruppo
di sua scelta che rappresenta al massimo il 15% dell’assemblea.
Come nei sinodi diocesani, anche nei sinodi dei vescovi la
questione femminile ha avuto un ruolo.
Sr Plautilla Brizzolara
Piccole Figlie Sacri Cuori d Gesù e Maria - Parma
29
Desideriamo insieme ricordare non per essere laudatores
temporis acti, ma con la consapevolezza che la “memoria” è
propulsiva e che conservare una memoria attiva è azione
generatrice di futuro.
Iniziamo semplicemente ascoltando i nomi, per lo più
sconosciuti, di queste donne che hanno fatto la storia, una
storia non raccontata.
Sono:
7
A. VALERIO, Madri del Concilio. Ventitrè donne al Vaticano II, Carrocci
editore, Roma 2012.
8
CATERINA CIRIELLO, Protagoniste silenziose di un cambiamento
epocale. La vita consacrata femminile, in M. PERRONI, A. MELLONI, S.
NOCETI (Eds), Tantum aurora est, donne e Concilio Vaticano II, LIT,
Zurigo 2012,pp 67-86
9
S. BIONDO (Ed) HELDER CAMARA, Roma le due del mattino. Lettere
dal Concilio Vaticano II, San Paolo, Roma 2008, p 119.
31
LA VITA RELIGIOSA FEMMINILE ALLE PORTE DEL
CONCILIO
LE PROSPETTIVE CONCILIARI
10
L’esenzione che comportava la sottrazione dei religiosi alla giurisdizione
del vescovo locale per stabilire un legame direttamente con Roma era visto
come un ostacolo alla partecipazione alla vita della Chiesa. Anche la
situazione di Istituti troppo piccoli e parcellizzati sembrava favorire una
scarsa preparazione dei membri.
11
G. ZIVINI, La vita religiosa, in C. CIRIELLO, Protagoniste silenziose,
o.c., p. 256.
12
Ivi, pp. 259-260.
33
un’impostazione ecclesiologica: la Vita Religiosa per il
Concilio, appartiene alla natura profonda (misterica e
comunionale) della Chiesa. Il capitolo VI della Lumen
Gentium, proprio in questa prospettiva, si muove, e gli studi ci
dicono che (dopo molto discutere e diverse stesure) si è giunti a
separarlo dal capitolo V (sulla chiamata universale alla santità)
solo in corso d’opera e con qualche incongruenza.
La Costituzione dogmatica sulla Chiesa sottolinea quindi, la
presenza della Vita religiosa all’interno del popolo di Dio,
partecipe di una chiamata alla santità rivolta a tutti, impegnata
ad una risposta nutrita di ascolto della Parola, con l’impegno di
una testimonianza che incida nella storia come fermento e
simbolo, diventando segno del mistero della Chiesa e del suo
futuro13.
13
LG 43 afferma che la vita religiosa non appartiene alla struttura
istituzionale della chiesa, ma inconcusse alla sua santità.
34
alla risposta ad una chiamata di tutta la Chiesa. Un tale
mutamento ha causato, all’inizio, una certa apprenzione tra le
religiose – come scrive nei suoi appunti madre Chimy – che
sentivano messa in discussione la loro stessa identità: perché
entrare nella vita religiosa se tutti sono chiamati alla santità e al
servizio apostolico, senza differenza di grado?14
14
A. VALERIO, Madri del Concilio, o.c., p. 98.
35
clero. Nel 1962 sr Sabine De Valon organizzò l’Unione
Internazionale delle Superiore Generali e ne elaborò gli Statuti
su esplicita richiesta di Giovanni XXIII; sr Sousanne Guillemin
era a capo di un Istituto, le Figlie della carità, che contava ben
45.000 religiose, molte delle quali rischiavano la loro vita per
gli altri perché vivevano in situazioni difficili, e la stessa
Guillemin nel 1963, nonostante la guerra fosse in corso, non
esitò a visitare le sue 164 sorelle disperse nelle 17 case del
Vietnam. Dal canto suo la nomina di sr Jerome Maria Chimy
alla quarta sessione del Concilio voleva essere un
riconoscimento della testimonianza cristiana offerta dalle suore
in un contesto di persecuzione soprattutto nei paesi comunisti.
Sr Cristina Estrada invece, ben nota negli ambienti della Curia
a partire da Pio XII, fece parte, nel 1953, della commissione
esecutiva incaricata di collaborare ai lavori di erezione
dell’Istituto Regina Mundi per la formazione delle Religiose.
[…]
Proprio perché spesso proveniva da contesti internazionali
difficili, la maggior parte delle religiose scelte come uditrici –
come del resto anche le laiche – aveva acquisito una grande
esperienza di vita in ambiti che gli stessi vescovi, talora,
conoscevano appena e il loro apporto poteva quindi essere di
grande utilità15.
15
A. VALERIO, o.c., pp. 71-72.
36
della Chiesa, di vivere nella Chiesa, di lavorare per la Chiesa e,
con la loro preghiera e parola, mantengono intorno al Concilio
un clima di fede sincera”.
16
Cfr. CATERINA CIRIELLO, o.c., pp 71-73.
17
A. VALERIO, o.c., p. 36.
37
mandato a dare un apporto di studio e di esperienza alle
commissioni incaricate dio rivedere e di emendare gli schemi
in preparazione alla IV sessione del Concilio” ed esortò madre
Baldinucci ad elaborare proposte in ordine alla riforma della
vita religiosa e alla sua dimensione apostolica.
Non tutti, tuttavia, condividevano una tale aperura. Il card
Antoniutti, ad esempio, non voleva che le religiose
intervenissero nei lavori delle commissioni … Ma le religiose
riuscirono a trovare i modi di farsi sentire ai padri conciliari,
sia nelle commissioni che al di fuori di esse in incontri
informali.
38
(non dimentichiamo che le Università Pontificie furono aperte
alle donne dopo il Concilio!)
Si formavano a poco a poco interessanti dialoghi e scambi di
esperienze (come quella tra madre Baldinucci e Marie Luise
Monnet), per conoscere e diffondere l’esperienza francese in
cui più aperta e avviata era la collaborazione tra laiche e
religiose.
39
La competenza delle religiose, a partire dal vissuto, fu
riconosciuta soprattutto dall’episcopato francese. Prima di dare
il loro voto i vescovi chiesero a madre Guillemin di esprimere
il proprio pensiero sui problemi delle religiose di vita attiva.
Nella conferenza, la superiora delle Figlie della carità fece
rilevare limiti e positività dello schema De accomodata
renovatione vitae religiosae come l’aver integrato l’azione
apostolica nella vita delle congregazione. Tuttavia – affermava
la madre - esso non riusciva ancora a far chiarezza nel rapporto
contemplazione-azione ed era ancora troppo giuridico nel
linguaggio.
18
A. VALERIO, cit., p. 77.
40
Il contributo delle religiose si estese anche all’elaborazione del
documento più pastorale e aperto al dialogo con il mondo che
produsse il Vaticano II: la Costituzione Gaudium et Spes.
Nella commissione, accanto a Bellosillo, Goldie, Monnet e
Vendrik, troviamo madre Guillemin e sr Tobin. Decisiva fu la
presenza di padre Haering che si adoperò per la partecipazione
delle donne a pieno titolo. In effetti esse presero parte
all’intenso lavoro svolto ad Ariccia dal 31 gennaio al 6
febbraio 1965 in cui furono rielaborati i contributi offerti da
padri ed esperti.
19
A. VALERIO, o.c., pp. 80. 100.
41
RACCOGLIERE OGGI QUELLO SPIRITO PROFETICO
Paolo Bonafede
Vice-presidente Giovani di Azione Cattolica – Bologna
47
tenuto conto. Altrimenti, come dice papa Francesco, senza
portare la croce, saremmo solamente una ONG pietosa!”
20
E. Chiavacci, La Gaudium et Spes: una sfida ancora aperta, in AA.VV.,
Il Concilio davanti a noi, AVE, Roma, 2005 p. 52
48
della vita pubblica». E più avanti si legge «gli esseri umani
hanno il diritto alla libertà nella scelta del proprio stato, e
quindi il diritto di creare una famiglia, in parità di diritti e di
doveri tra uomo e donna; come pure il diritto di seguire la
vocazione al sacerdozio o alla vocazione religiosa». Ma queste
affermazioni erano in contrasto con una mentalità conservatrice
che relegava la figura femminile alla sfera privata e che
ribadiva una gerarchia tra uomo e donna fondata su qualità
cosiddette naturali, ormai smentite dai moderni risultati delle
scienze umane. A tal proposito vale la pena ricordare che
durante la liturgia del sacramento del matrimonio l’obbligo di
fedeltà al coniuge era richiesto esclusivamente alla donna e che
al Concilio le poche donne giornaliste, ammesse ad alcuni
incontri preparatori, non poterono nemmeno ricevere
l’Eucarestia in S. Pietro. Ad Eva Fleischner, giornalista del
“Grail Notes”, - come racconta A. Valerio nel suo libro
“Madri del Concilio” - “fu fisicamente vietato da una guardia
svizzera, durante una Messa ecumenica, di ricevere la
comunione insieme agli altri giornalisti uomini” 21. Divieto che
perdurò fino al 16/09/1964 quando quattro donne uditrici
ricevettero l’Eucarestia durante la Messa conciliare.
Anche l’iter che portò alla presenza di 23 donne-uditrici (dieci
religiose e tredici laiche) alle ultime due sessioni del Concilio
Vaticano II fu lungo e tortuoso. In seguito all’annuncio
dell’apertura di un Concilio ecumenico, fatto da Papa Giovanni
XXIII il 25/01/1959, giunse alla segreteria della Commissione
preparatoria per l’apostolato dei laici la richiesta, avanzata da
più parti, di invitare laici (uomini e donne) come osservatori al
Concilio Vaticano II, ma questo si aprì senza la presenza di
laici uditori e uditrici. La situazione parve mutare quando, nella
II sessione, durante la seduta del 22/10/1963, il cardinale
21
A. Valerio, Madri del Concilio, Carocci Editore, Roma, 2012, p. 34s.
49
Suenens propose di invitare anche donne uditrici, aggiungendo
“mi pare che le donne costituiscano quasi il 50% dell’umanità”.
Il discorso fu applaudito, nonostante vigesse il divieto di
applauso, ma molti e/o influenti dovettero essere le personalità
contrarie a questa apertura se si dovette aspettare il 25/09/1964
prima di vedere apparire in aula la prima donna uditrice, la
francese Marie-Louise Monnet, fondatrice del MIAMSI
(Movimento Internazionale dell’Apostolato dei Ceti Sociali
Indipendenti). Con un ritardo di circa un anno rispetto alla
presenza di uomini uditori.
Una volta ammesse come uditrici presso la tribuna di S.
Andrea, le Madri conciliari fornirono, fuori aula, pareri,
suggerimenti ed osservazioni, dando il proprio contributo e
dimostrandosi presenze tutt’altro che simboliche. E così in GS
12 si sottolinea la missione propria della donna nel
completamento della creazione e la visione unitaria dell’uomo
e della donna. Si legge infatti che « l’unione uomo-donna
costituisce la prima comunione di persone».
Mentre l’uguaglianza fondamentale dell’uomo e della donna
viene affermata con forza e chiarezza al numero 29 dove si
legge «ogni genere di discriminazione circa i diritti
fondamentali della persona, sia in campo sociale che culturale,
in ragione del sesso, della razza, del colore, della condizione
sociale, della lingua o religione, deve essere superato ed
eliminato, come contrario al disegno di Dio», in quanto tutti gli
esseri umani, uomini e donne, sono creati ad immagine di Dio
e tutti, «redenti da Cristo, godono della stessa vocazione e del
medesimo destino divino» (GS 29).
Decisivo, poi, è stato l’apporto dei laici nella formulazione del
capitolo sulla “dignità del matrimonio e della famiglia e sua
valorizzazione” (nn. 47-52). In questa sezione viene superata la
tradizionale concezione giuridica della famiglia e viene posto
al centro della coppia l’amore coniugale fondato su «un’intima
50
comunità di vita e di amore» (GS 48). E anche il rapporto tra
moglie e marito, divenuti con il sacramento del matrimonio
non «più due, ma una sola carne», si fonda, non più su un
rapporto gerarchico, ma su un «mutuo aiuto» e una «mutua
donazione». E «questa intima unione […], come pure il bene
dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano
l’indissolubile unità» (GS 48).
E’ evidente, dunque, come sia mutata la prospettiva, rispetto al
passato, nel modo di concepire i rapporti tra i coniugi; tutta
questa sezione della GS, infatti, insiste nell’affermare l’uguale
dignità dei coniugi e fonda il loro rapporto sull’amore e sulla
reciprocità (il termine “mutuum” è uno dei più ricorrenti del
capitolo I), grazie anche al contributo delle “Madri del
Concilio”. E se anche le donne-uditrici non affrontarono alcune
questioni rilevanti come l’accesso al diaconato e al sacerdozio
per le donne, credo che non si possa non riconoscere come
importante il loro contributo, in quanto modificò la precedente
visione culturale della donna, aprendo una strada che avrebbe
dovuto approfondire la questione della donna nella Chiesa22.
Tornando alla Gaudium et Spes, i coniugi Luz Maria Longoria
e Josè Alvarez Icaza Manero contribuirono a modificare
l’attitudine dei vescovi nei confronti della sfera della sessualità
matrimoniale, da considerare non più come rimedio della
concupiscenza, termine che non compare mai nella GS, ma
come espressione di un atto d’amore. Si legge infatti in GS 49
«che gli atti con i quali i coniugi si uniscono in casta intimità
sono onesti e degni; compiuti in modo veramente umano,
favoriscono la mutua donazione che essi significano ed
arricchiscono vicendevolmente nella gioia e nella gratitudine
22
Il Concilio ha cambiato il rapporto delle donne con la Bibbia, ha reso
possibile l’accesso agli studi teologici da parte delle donne e, anche se con
limiti e restrizioni, ha permesso alle donne l’insegnamento della teologia.
51
gli sposi stessi». Al n° 50 e 51 si ribadisce che “il matrimonio e
l’amore coniugale sono ordinati per loro natura alla
procreazione ed educazione della prole”. Ma si introduce anche
il concetto di paternità e maternità responsabile: “quando si
tratta di mettere d’accordo l’amore coniugale con la
trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del
comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e
dalla valutazione dei motivi ma va determinato secondo criteri
oggettivi, che hanno il loro fondamento nella dignità stessa
della persona umana e dei suoi atti, criteri che rispettano, in un
contesto di vero amore, il significato totale della mutua
donazione e della procreazione umana”. Le indicazioni
espresse dal Concilio furono limitate a un criterio di portata
generale perché il sommo Pontefice decise che l’Assemblea
non dovesse proporre nell’immediato soluzioni concrete e
stabilì di affidare l’analisi di alcune questioni legate alla
procreazione ad una commissione incaricata ed avocò a sé le
questioni molto sensibili su cui affioravano prese di posizione
polemiche e antagonistiche quali la regolazione delle nascite,
l’ordine sacro alle donne e l’obbligatorietà del celibato
ecclesiastico. Temi che ancora oggi meriterebbero un’accurata
riflessione e un dibattito aperto.
Dopo il Concilio, iniziò una riflessione sui problemi relativi
alle donne e al loro posto nelle Chiese e nella società, ma dopo
una prima fase di intenso lavoro, l’impegno su questo tema si è
affievolito23.
E a quasi cinquanta anni dalla chiusura del Concilio Vaticano
II vorrei chiedere a voi come le donne vedano il loro posto
nella Chiesa.
23
Per un resoconto più dettagliato delle iniziative seguite al Concilio
Vaticano II cfr. E. Cavallaro, La donna nella Chiesa. Bilancio di un
trentennio, in AA.VV., Donne e Chiesa, Edi Oftes, Palermo, 1985, pp. 11-
38.
52
A me sembra che a fronte di una larga partecipazione
femminile, diverse siano le questioni rimaste irrisolte e pochi i
cambiamenti. Discorrere di queste sarebbe troppo lungo, ma
permettetemi di segnalare almeno due aspetti fondamentali: la
necessità di una più larga e attiva partecipazione dei laici, e
delle donne in particolare, nelle decisioni della Chiesa al fine di
realizzare più pienamente l’aspetto comunitario del Popolo di
Dio e la necessità di modificare il linguaggio, anche liturgico,
affinché sia un linguaggio comprensivo e rispettoso di uomini e
donne.
Nella speranza che lo spirito del concilio spiri con rinnovato
vigore invito tutte a non smettere di far sentire la nostra voce e
ad operare con coraggio per un riconoscimento pieno ed
adeguato della donna nella Chiesa e nella società.
BIBLIOGRAFIA
I documenti del Concilio Vaticano II, Edizioni Paoline, Milano,
2002
AA.VV., Donne e Chiesa, Edi Oftes, Palermo, 1985
Borriello L. (a cura di), La donna: memoria e attualità, vol. 3,
Donna e religioni cristiane, Libreria editrice vaticana, Città del
Vaticano, 2002
Marinelli G., La donna nella Chiesa, ESD, Bologna, 1994
Valerio A., Madri del Concilio, Carocci Editore, Roma, 2012
53
Brevi riflessioni conclusive:
54
- Mons. Giovanni Silvagni24
24
Testo non rivisto dall’autore
55