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APPRENDIMENTO INNOVATIVO: LABORATORIO SULLE

NOVELLE DEL "DECAMERON".

TESTO:
“Molto fu da ciascuna delle donne e degli uomini il parlar di madonna Oretta lodato, il qual
comandò la reina a Pampinea che seguitasse; per che ella cosí cominciò:
Belle donne, io non so da me medesima vedere che piú in questo si pecchi, o la natura
apparecchiando ad una nobile anima un vil corpo o la fortuna apparecchiando ad un corpo
dotato d’anima nobile vil mestiere, sí come in Cisti nostro cittadino ed in molti ancora
abbiamo potuto vedere avvenire; il qual Cisti, d’altissimo animo fornito, la fortuna fece
fornaio.
E certo io maladicerei e la natura parimente e la fortuna, se io non conoscessi, la natura
esser discretissima e la fortuna aver mille occhi, come che gli sciocchi lei cieca figurino. Le
quali io avviso che, sí come molto avvedute, fanno quello che i mortali spesse volte fanno, li
quali, incerti de’ futuri casi, per le loro opportunitá le loro piú care cose ne’ piú vili luoghi
delle lor case, sí come meno sospetti, sepelliscono, e quindi ne’ maggior bisogni le traggono,
avendole il vil luogo piú sicuramente servate che la bella camera non avrebbe.
E cosí le due ministre del mondo spesso le lor cose piú care nascondono sotto l’ombra
dell’arti reputate piú vili, acciò che di quelle alle necessitá traendole, piú chiaro appaia il
loro splendore. Il che quanto in poca cosa Cisti fornaio il dichiarasse, gli occhi dello
’ntelletto rimettendo a messer Geri Spina, il quale la novella di madonna Oretta contata, che
sua moglie fu, m’ha tornato nella memoria, mi piace in una novelletta assai piccola
dimostrarvi.
Dico adunque che, avendo Bonifazio papa, appo il quale messer Geri Spina fu in
grandissimo stato, mandati in Firenze certi suoi nobili ambasciadori per certe sue gran
bisogne, essendo essi in casa di messer Geri smontati, ed egli con loro insieme i fatti del
papa trattando, avvenne, che che se ne fosse cagione, che messer Geri con questi
ambasciadori del papa tutti a piè quasi ogni mattina davanti a Santa Maria Ughi passavano,
dove Cisti fornaio il suo forno aveva e personalmente la sua arte eserceva. Al quale
quantunque la fortuna arte assai umile data avesse, tanto in quella gli era stata benigna, che
egli n’era ricchissimo divenuto, e senza volerla mai per alcuna altra abbandonare,
splendidissimamente vivea, avendo tra l’altre sue buone cose sempre i migliori vini bianchi e
vermigli che in Firenze si trovassero o nel contado.
Il quale, veggendo ogni mattina davanti all’uscio suo passar messer Geri e gli ambasciadori
del papa, ed essendo il caldo grande, s’avvisò che gran cortesia sarebbe il dar lor bere del
suo buon vin bianco: ma avendo riguardo alla sua condizione ed a quella di messer Geri,
non gli pareva onesta cosa il presummere d’invitarlo, ma pensossi di tener modo il quale
inducesse messer Geri medesimo ad invitarsi. Ed avendo un farsetto bianchissimo indosso ed
un grembiule di bucato innanzi sempre, li quali piú tosto mugnaio che fornaio il
dimostravano, ogni mattina in su l’ora che egli avvisava, messer Geri con gli ambasciadori
dover passare, si faceva davanti all’uscio suo recare una secchia nuova e stagnata d’acqua
fresca ed un piccolo orcioletto bolognese nuovo del suo buon vin bianco e due bicchieri che
parevano d’ariento, sí eran chiari: ed a seder postosi, come essi passavano, ed egli, poi che
una volta o due spurgato s’era, cominciava a ber sí saporitamente questo suo vino, che egli
n’avrebbe fatta venir voglia a’ morti.
La qual cosa avendo messer Geri una e due mattine veduta, disse la terza:
— Chente è, Cisti? è buono? —
Cisti, levato prestamente in piè, rispose:
— Messer sí: ma quanto, non vi potrei io dare ad intendere, se voi non n’assaggiaste —

Messer Geri, al quale o la qualitá del tempo o affanno piú che l’usato avuto o forse il
saporito bere che a Cisti vedeva fare, sete avea generata, vòlto agli ambasciadori,
sorridendo disse:
—Signori, egli è buono che noi assaggiamo del vino di questo valente uomo; forse che è egli
tale, che noi non ce ne penteremo — e con loro insieme se n’andò verso Cisti. Il quale, fatta
di presente una bella panca venire di fuor dal forno, gli pregò che sedessero, ed alli lor
famigliari, che giá per lavare i bicchieri si facevano innanzi disse:
— Compagni, tiratevi indietro e lasciate questo servigio fare a me, ché io so non meno ben
mescere che io sappia infornare; e non aspettaste voi d’assaggiarne gocciola! —
E cosí detto, esso stesso lavati quattro bicchieri belli e nuovi, e fatto venire un piccolo
orcioletto del suo buon vino, diligentemente diede bere a messer Geri ed a’ compagni. Alli
quali il vino parve il migliore che essi avessero gran tempo davantibevuto; per che,
commendatol molto, mentre gli ambasciador vi stettero, quasi ogni mattina con loro insieme
n’andò a ber messer Geri. A’ quali, essendo espediti e partir dovendosi, messer Geri fece un
magnifico convito, al quale invitò una parte de’ piú orrevoli cittadini, e fecevi invitare Cisti,
il quale per niuna condizione andarvi volle. Impose adunque messer Geri ad un de’ suoi
famigliari che per un fiasco andasse del vin di Cisti, e di quello un mezzo bicchier per uomo
desse alle prime mense. Il famigliare, forse sdegnato perché niuna volta bere aveva potuto
del vino, tolse un gran fiasco; il quale come Cisti vide, disse:
— Figliuolo, messer Geri non ti manda a me. —
Il che raffermando piú volte il famigliare né potendo altra risposta avere, tornò a messer
Geri e sí gliele disse; a cui messer Geri disse:
— Tórnavi e digli che sí fo, e se egli piú cosí ti risponde, domandalo a cui io ti mando.
—Il famigliare, tornato, disse:
— Cisti, per certo messer Geri mi manda pure a te.
— Al quale Cisti rispose:
— Per certo, figliuol, non fa.—
Adunque, — disse il famigliare — a cui mi manda? —
Rispose Cisti: — Ad Arno. —
Il che rapportando il famigliare a messer Geri, subito gli occhi gli s’apersero dello ’ntelletto,
e disse al famigliare:
— Lasciami vedere che fiasco tu vi porti. —
E vedutol, disse: — Cisti dice vero — e déttagli villania, gli fece tórre un fiasco convenevole;
il quale Cisti veggendo, disse:
— Ora so io bene che egli ti manda a me — e lietamente gliele empiè. E poi quel medesimo
dí, fatto un botticello riempiere d’un simil vino e fattolo soavemente portare a casa di messer
Geri, andò appresso, e trovatolo, gli disse:
— Messere, io non vorrei che voi credeste che il gran fiasco stamane m’avesse spaventato:
ma parendomi che vi fosse uscito di mente ciò che io a questi di co’ miei piccoli orcioletti
v’ho dimostrato, cioè che questo non sia vin da famiglia, vel volli staman raccordare. Ora,
per ciò che io non intendo d’esservene piú guardiano, tutto ve l’ho fatto venire: fatene per
innanzi come vi piace.—
Messer Geri ebbe il dono di Cisti carissimo e quelle grazie gli rendè che a ciò credette si
convenissero, e sempre poi per da molto l’ebbe e per amico.”

COMPRENSIONE:
La novella “Cisti Fornaio” è la seconda novella della sesta giornata. Essa cade di mercoledì e
regna Elissa. Il tema di questa giornata è quello delle risposte pronte e argute che permettono
di risolvere situazioni difficili.
Il protagonista della novella è Cisti, un fornaio di Firenze che, lavorando sodo e con
dedizione, è riuscito a portare nella sua bottega il vino più pregiato di Firenze. Fieramente
convinto dell’elevata bontà del vino, aveva intenzione di farlo assaggiare a Messer Geri
Spina, un ambasciatore di Papa Bonifacio VIII che ogni giorno passava davanti alla sua
bottega. Dopo 2 tentativi andati a vuoto, la terza volta riesce ad attirare la sua attenzione e,
una volta assaggiato il suo vino, l’ambasciatore ne rimane molto colpito, a tal punto da
decidere di organizzare un banchetto tra nobili per condividere la bontà pure agli altri potenti.
Quindi l’ambasciatore invia un servo alla bottega per prelevare la bevanda, in modo tale da
farne bere almeno mezzo bicchiere ad ognuno degli invitati. Questo servo, però, con la
speranza di poterne bere una parte anche lui, porta con sé un fiasco molto grande e Cisti,
avendo intuito il piano del servo, provvede a comunicare a Messer Geri che il fiasco da lui
portato non è adatto ad un vino così pregiato, ma più per prendere l’acqua dell’Arno. Il nobile
comprende lo scherzo del fornaio e, inoltre, viene a conoscenza del comportamento del servo
e lo rimanda da Cisti con un fiasco piccolo. Lo schiavo si scusa con Cisti, dicendo di non
averlo fatto per avarizia ma che purtroppo un vino così buono poteva essere bevuto solamente
dalla nobiltà; infine Cisti regala una grande quantità del prodotto a Messer Geri e diventano
amici."

ANALISI:
Non sono presenti flashback o flashforward. Nella novella sono presenti poche figure
retoriche:

-2 anastrofi: “il qual Cisti, d’altissimo animo fornito, la fortuna fece fornaio”;
“dove Cisti fornaio il suo forno aveva”.
L’anastrofe è una figura retorica che consiste nell’invertimento dell’ordine di parole
all’interno di una frase.
-personificazione: “la fortuna aver mille occhi”.
La personificazione è una figura retorica che consiste nell’attribuire tratti umani a un
qualcosa di astratto.
-poliptoto: “certi certe”.
Il poliptoto è quando si ripete una parola già usata in precedenza modificandone il caso, il
genere, il numero, il modo e/o il tempo.
- 2 allitterazioni: “vel volli”; “la fortuna fece fornaio”.
L’allitterazione si ha quando un suono si ripete più volte, in questo caso la stessa lettera si
ripete per più di una volta.
La novella è ambientata nella Firenze del ‘300. Alcuni documenti di quel periodo attestano,
inoltre, l’esistenza di un fornaio proprio di nome Cisti, il quale aveva una bottega nei pressi
della chiesa di Santa Maria Ughi, vicino a Palazzo Strozzi, luoghi che ospitano la nostra
novella.
“Cisti fornaio” differisce dalle altre novelle del Boccaccio, poiché non sono presenti molte
voci rispetto al suo protagonista: oltre all’astuto Cisti è presente un coprotagonista,
l'ambasciatore Geri Spina. Il servo, invece, contribuisce a far continuare la storia.
Cisti è una persona non aristocratica, borghese, benestante, attenta al rispetto della sua
condizione sociale, esente da arroganza e dai peccati di frequentare persone di rango
superiore. Nonostante ciò, sapeva di non essere inferiore a quella società per intelligenza e
modi e nel profondo nutriva il desiderio di dimostrarlo, di onorare la sua amicizia con la
nobiltà, non sociale ma d’animo.
Geri Spina è una persona nobile, ma non supponente o arrogante. Non mette mai in
imbarazzo gli altri vantandosi del suo titolo, ma cerca sempre di apparire aristocratico e
cortese. Nelle persone non vedeva solo il titolo o la classe sociale ma soprattutto le capacità e
l’animo. Era molto rispettabile con Cisti. Comprende la saggezza del fornaio e lo premia con
ciò che desidera di più: a quel vino pregiato l’uomo ricambia amicizia e protezione.
A raccontare gli eventi è un narratore onnisciente che conosce bene i personaggi e i fatti che
stanno per succedere: siamo in presenza dunque di una focalizzazione zero. La voce narrante
in questa novella è Pampinea, oltre che Boccaccio.
Il testo ci permette di poter fare un confronto diretto tra diverse classi sociali e individui: la
novella illustra l’astuzia del personaggio povero, di ceto sociale più basso (Cisti) e la
mansuetudine del nobile con un invertimento dei ruoli. Infatti, si pensa che il nobile fosse
quello astuto e non il contrario.

APPROFONDIMENTI:
In questo racconto Boccaccio esalta la virtù dell’intelligenza umana, grazie alla quale i
personaggi, anche umili, si distinguono per la loro astuzia, cancellando, almeno
momentaneamente, la distanza tra le classi sociali. La nobiltà d'animo e la prontezza di Cisti,
tradotte nella disponibilità a servire il vino ai nobili e a non lasciarsi imbrogliare dalla servitù,
sono due doti con cui il fornaio può eguagliare l'ambasciatore Geri Spina, nonostante le sue
umili origini. L'acuta ironia di Cisti ("Ad Arno" risponde al servo che gli ha portato il grande
fiasco...) si basa sull'arguzia, stabilisce una posizione paritaria tra il fornaio e l'aristocratico,
in cui “s'apersero gli occhi dello 'ntelletto". Non un sovvertimento dell'ordine sociale, perché
la distanza tra i due personaggi rimane, e le differenze di classe non si infrangono mai: Geri è
ancora nobile, Cisti è ancora un fornaio. Un punto chiave che si evince all’interno della
novella è proprio il divario sociale tra il fornaio è l’ambasciatore. Il primo, Cisti, vuole farsi
notare dall’ambasciatore poiché lo considera superiore a lui, poiché appartenente alla classe
nobiliare. Alla fine del racconto però dimostra anche lui di essere in possesso di un tipo di
nobiltà: la nobiltà d’animo, ben diversa da quella posseduta dal potente. Il fornaio la dimostra
regalando il vino a Geri. Inoltre, Cisti cerca di attirare l’attenzione dell’ambasciatore Geri
Spina, per farsi notare da un nobile come era lui. Ogni volta che l’ambasciatore passava nella
strada dove era situata la bottega di Cisti, cercava di richiamare la sua attenzione ma,
inizialmente, con scarsi risultati. Poi finalmente riesce a portare a termine questo suo
obiettivo grazie al precedente acquisito di un vino molto pregiato, ottenuto con il suo onesto
lavoro. In questo modo riesce a cogliere l’opportunità e finalmente Messer Geri si reca alla
bottega del fornaio, dove rimane molto colpito dalla bontà del vino. Da questo riesce a trarne
beneficio diventando amico del potente.

Collegamenti Intertestuali: Cisti che offre il suo vino più pregiato ai nobili è un chiaro
esempio di humanitas, argomento affrontato quest’anno con la materia trasversale di
educazione civica in ambito latino. Il fornaio dimostra di possedere una grande bontà
d’animo donando un qualcosa di assai prezioso per lui senza chiedere nulla in cambio se
non l’inevitabile amicizia che nascerà tra i due. Lo schiavo che tenta di prendere in giro sia
Cisti che l’ambasciatore portando con se un fiasco esageratamente grande si ricollega al
tema della beffa, parte degli schemi narrativi di base di cui ci parla uno dei più importanti
poeti latini, Plauto, studiato quest’anno in letteratura latina. Il tema della beffa e dell’ inganno
di Plauto è presente in molte delle sue 21 commedie autentiche arrivate fino ai nostri giorni.
Queste opere erano ambientate nel periodo dei “Saturnalia”, giorni festivi durante i quali vi
era un mescolamento delle classi sociali e inversione dei ruoli anche all’interno delle
famiglie, come uno schiavo che domina sul padrone oppure un giovane che prevale su un
anziano. Proprio durante questi scambi di ruolo il “Servus Callidus”, ovvero il servo scaltro, è
in grado di mettere in atto una beffa generalmente a discapito del padrone. Nonostante
l’apparente vicinanza tra le due beffe, bisogna tener conto della differenza di più di un
millennio e mezzo di storia, durante il quale ad evolversi non è stata solo la lingua. Infatti,
sebbene anche Boccaccio ci riporta questi i racconti di questi inganni, qui non vi è quel
contesto di confusione e di sovversione delle gerarchie sociali presente nei Saturnalia.

E’ possibile attualizzare la vicenda rappresentata? Argomenta la risposta.


La vicenda narrata all’interno della novella può essere ricollegata ad un’altra molto simile,
risalente a circa 6 mesi fa. Questo evento contemporaneo che ha attirato l’attenzione di tutti
nel mondo dei social, vede come protagonisti un umile salumiere napoletano, Donato De
Caprio, e il noto imprenditore bergamasco, Steven Basalari. I ruoli e le interazioni fra i
protagonisti della vicenda ricordano verosimilmente quelli di Cisti il fornaio e Geri Spina.
Nella nostra storia, il protagonista è il salumiere Donato, che in breve tempo, mediante dei
video dove documentava e illustrava al pubblico la preparazione dei suoi panini, ha
guadagnato molta fama raggiungendo così una notevole popolarità. Il suo tormentone “con
mollica o senza”, ovvero la domanda che Donato pone al cliente prima della preparazione del
panino, ha invaso il mondo di “TikTok”, la piattaforma che l’ha reso famoso. Grazie a questo
e alla sua umiltà, il salumiere ha attirato su di sé gli occhi del celebre imprenditore Steven
Basalari, proprietario di una delle discoteche più importanti d’Europa. L’uomo si è recato a
Napoli proprio per assaggiare i celebri panini di Donato è da qui ha avuto inizio una
collaborazione tra i due, basata in primis sull’amicizia, sul rispetto reciproco e per ultimo
sugli affari, che ha permesso a Donato di realizzare i suoi sogni. Egli, infatti, mediante l’aiuto
economico di Steven, che ha interamente finanziato il progetto, ha potuto finalmente mettersi
in proprio aprendo la sua personale bottega, “Da Donato - Con mollica o senza?”.
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