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APRO GLI OCCHI,

E PARTO
RIFLESSIONI DI DUE VIAGGIATORI
DIFRONTE AD UN CAFFE’ COLOMBIANO
Spiragli di Luce & InColombia.it

due blog che a prima vista potrebbero sembrare


piuttosto diversi, ma che in realtà, hanno più di una
cosa in comune.
La prima fra queste è, ovviamente, la Colombia, lo
splendido paese che tanto ha influito nella vita di
enrambi i blogger.

Ma non solo.

E, a proposito, chi sono i due blogger in questione?


Roberta
è l’autrice di
InColombia.it

Travel blogger, sarda e


viaggiatrice. Grazie ad
un amore ha scoperto
un amore ancora più
grande: la Colombia.

La sua più grande


passione è viaggiare.

E quando non sta


sperimentando una
nuova ricetta culinaria,
o mangiando qualcosa
di etnico e
rigorosamente gluten
free, la trovate a
bruciare i grassi tra
lezioni di zumba e
salsa!

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Elvio, toscano, è
l’autore di Spiragli di
Luce.

Una vita da ingegnere


fino alla scelta, molto
simile a quella della
sua collega blogger,
di lasciare il lavoro per
fare il musicista.

Qualche anno col


nuovo lavoro e poi la
scoperta della
meditazione, della
Colombia e di un
nuovo sé stesso, che
voleva dedicarsi alla
scrittura, alla musica e
al viaggio.

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Sarebbe mai stato possibile che due tipi così non s’incontrassero?

Ovviamente no.

Roberta mi passi il tuo contatto?

Si si, scrivimi questo è il mio whatsapp.

Ok, ma sei a Bogotà, giusto?

Si, adesso si!

Ci vediamo domani? Magari nel nord?

Per me andrebbe bene pomeriggio tardi…se anche per te va bene…

Benissimo dai, a domani allora. 4


- Elvio -

Ed ora, miei cari, prendo io la parola…perché questa bella storia


ve la voglio raccontare in prima persona, proprio come se fossi lì,
davanti a voi, di fronte magari a un bel caffè colombiano.

Prendo il Transmilenio e mi dirigo verso il nord della città. Dopo


un po’ di malintesi sul luogo e sull’ora, finalmente, arriva Roberta.
Siamo ad un incrocio tra la Calle 72 e la Carrera 11. Non appena
ci vediamo ci abbracciamo, come se ci conoscessimo da una
vita. Non le avevo ancora chiesto di dov’era, ma dopo un paio di
frasi, il suo accento inequivocabilmente sardo risponde a questa
mia domanda inespressa.

“E insomma, hai passato un bel po’ di tempo in Colombia a


quanto pare…”

Eh si…quasi un anno la prima volta, tre mesi la seconda….ed ora


sono già altri tre mesi, ma mi vorrei fermare di più…

“È facile, basta che ti fai rinnovare il visto…”

Si, si! Infatti rientra nei miei piani per i prossimi giorni…

“Per me è la seconda volta, ma mi fa impazzire questo paese, mi


sento a casa…”

Si nota dal tuo bel blog e dalla passione con cui lo scrivi… si
vede anche che la scelta di partire è stata molto “sentita”…

“Lo è stata, infatti, anche se per niente semplice”

Le scelte arrivano sempre nel momento in cui siamo pronti, nel


momento in cui devono arrivare…anzi, ora sono proprio curioso
di come sia arrivata la tua…

“Di fronte a un buon caffè ti racconto tutto...”

Qualsiasi cosa che inizia di fronte a un caffè...già mi piace!


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Qualsiasi cosa che inizia di fronte a un caffè...già mi piace!

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ROBERTA
DA LONDRA ALLA COLOMBIA

Il giorno in cui ho deciso che avrei lasciato il mio lavoro per seguire
il mio sogno di viaggiare, ero seduta in aereo durante un volo Hong-
Kong – Londra. Stavo tornando dalla Thailandia, dove ero stata due
settimane in vacanza con la mia amica Erika.

Quel giorno, lì seduta, sapevo che qualcosa sarebbe cambiato


quando l’aereo avrebbe toccato terra. Quel che ancora non sapevo
è che da quel momento la mia vita, e quella di Erika, non sarebbero
state mai più le stesse.

Dieci mesi dopo ero seduta nell’ufficio del mio “boss”, in una
riunione in cui si discuteva del negozio, che non vendeva, o non
abbastanza, di chi arrivava in ritardo e di quella che non riordinava i
vestiti in ordine di taglia.

Con la penna disegnavo nel quaderno figure geometriche senza


senso e cerchi concentrici a spirale. Il mio sguardo, rivolto verso la
capa e le colleghe, lasciava intendere che stavo seguendo, ma in
realtà pensavo a tutt’altro, i miei pensieri vagavano verso qualcosa
che non stava in quella stanza e neppure in quel paese.

“Push the sales, push your staff, push the productivity…” continuava
a ripetermi il mio capo.

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Ricordo esattamente il momento in cui ho deciso che avrei messo Da questo momento, per il resto della mia vita avrò rispetto di te, dei
un punto, che non avrei continuato a stare così male, che quello non tuoi sentimenti e dei tuoi sogni, e non permetterò a nessuno di farti
era il lavoro che volevo fare e che quella non era la persona che vo- stare così male.
levo essere nè che volevo diventare.

Nel bel mezzo della riunione il mio cuore iniziò a battere forte,
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fortissimo, lo sentivo battere in gola, sentivo il calore nella mia
faccia, le mani che sudavano, le gambe sempre più pesanti.

“Sto per svenire, no, forse sto per morire”, pensavo. Sono le 6.49 del mattino, sto aspettando la metro a Willsden Green.

Ma perché il cuore mi batte così forte? La banchina è ghiacciata e hanno appena sparso il sale per non
scivolare. Il display segna che il prossimo treno passa tra 3 minuti.
Inizio a vedere offuscato, faccio fatica a respirare e non posso
La banchina si riempie pian piano di gente incappucciata. Guardo
parlare.
tutti in faccia, negli occhi, per capire se, almeno loro, siano felici.
Nessuno mi guarda, nessuno sa che sto male e nessuno se ne
Nessuno sorride. Nessuno alza lo sguardo. Chi legge un libro, chi lo
accorge, perché tutti sono troppo occupati a pensare a come
legge dal kindle, chi gioca col cellulare, chi manda messaggi, chi
vendere di più, come produrre di più, come usare di più le persone,
guarda un film sul tablet, chi ascolta musica, chi ha lo sguardo
che non sono più persone ma macchine viventi, senza anima, senza
perso…ed io mi chiedo a cosa starà pensando e se, almeno lui,
cuore, assunti solo per produrre, sempre di più, ignari del freddo,
sarà felice.
del caldo, della stanchezza, dalla mattina presto alla notte tardi.
Arriva la metro. Salgo. Come sempre non c’è posto a sedere e mi
E non importa se hanno figli, famiglia, amici, vita, sogni. Devono
appoggio in un angolino, da cui continuo a osservare il mondo che
solo produrre e far entrare sempre più soldi alla compagnia.
mi scorre davanti.

Scendo a Green Park e aspetto la Victoria Line, che è ancora più


Fermo i pensieri. Ascolto il mio respiro. Parlo al mio cuore. piena della Jubilee.

Questa è l’ultima volta che ti faccio questo. Non ti farò mai più star Mi faccio spazio tra le persone, mi faccio piccola piccola perché le
male così. portine si chiudano senza che mi schiaccino. E via di corsa fino a
Finsbury Park, dove scendo e cambio di nuovo.

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Dall’altra parte della banchina aspetto la Piccadilly Line e una voce ............................................................................................................
all’autoparlante, con un forte accento british recita “there are several
“Allora Roberta va bene? Lascio tutta la responsabilità a te, tanto so
delays on the piccadilly line”, prossimo treno tra 10 minuti.
che tu sai come fare e hai la situazione sotto controllo”
Sto ferma, in piedi, nella banchina, a fissare il vuoto.

Sono le 7.45, sono sotto questi cunicoli da quasi un’ora. Penso alla
- “Anna, devo parlarti”
giornata che mi aspetta, alla mia vita e scoppio a piangere.

I miei occhi si riempiono così tanto di lacrime che perdo l’equilibrio.


– “Non adesso, ho un meating e vado di fretta”
Devo sedermi. Una signora mi guarda preoccupata. Mi nascondo
dentro la sciarpa. Mi vergogno perché sto piangendo in pubblico.

Trattengo il respiro e mi ripeto “calmati, calmati” ma questa volta non – “No Anna, è importante”
funziona.

Non voglio andare a lavoro. Non voglio prendere questa metro. Non
voglio continuare a fare questo lavoro. Non voglio più vivere così. - “Non possiamo parlare domani? Adesso davvero non posso”.

Ho un dejà vu. - “Non posso aspettare a domani Anna!”

Sono le 7 del mattino, sono a Cagliari, in camera mia, la sveglia ha - “Ok, dimmi in fretta di che si tratta”
appena suonato e devo alzarmi, prepararmi e andare a scuola.

Ho 15 anni. - “No, vieni in ufficio, siediti”


Continuo a ripetere a mia madre: “Perché devo andare a scuola? A
me non piace, non ci voglio andare”.
Entriamo in ufficio. Anna, la mia capa è seccata perché va di fretta,
– “Perché un giorno ti servirà per avere un buon lavoro. Alzati e vai a ma io non posso aspettare un secondo in più.
scuola. Devi farlo, non hai soluzioni. Questa è la vita”.

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Non ho più l’ansia, il mio cuore non batte più all’impazzata.

Sono calma, incredibilmente calma. Sto bene, sorrido dentro e i miei


occhi non piangono più.

Mi siedo accanto a lei, apro l’agenda, tiro fuori un foglio di carta


scritto a mano, da me, e glielo passo.

- “Queste sono le mie dimissioni”.

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ELVIO
DA INGEGNERE AL SUO PRIMO SPIRAGLIO
Era una sera di tanti anni fa. Mi ero laureato in Ingegneria
Gestionale a Pisa ed avevo poi trovato lavoro a Modena.

A differenza tua, il mio ambiente di lavoro era proprio bello…


pochissime pressioni da parte dei “capi”, grande focus sulla
formazione e la possibilità di crescere e la possibilità di
viaggiare.

Tutto in teoria molto bello, se non fosse che il mio sogno era un
altro. Mi svegliavo la mattina svogliato. Ero andato ad abitare a
Bologna, pur lavorando a Modena, peché era una città a mio
avviso più stimolante. Ricordo quei treni alle 6 e 50 del mattino,
l’inverno, con un freddo che sembrava di essere al polo nord,
ricordo che non vedevo l’ora che fosse fine settimana.

Si, perché il fine settimana suonavo. Avevo già fondato i Mille


Papaveri Rossi, gruppo che mi permise poi di esibirmi in oltre
trecento concerti in tutta la penisola, partecipare a numerosi
festival e prendere parte pure a una tournée in Spagna.
Ma all’epoca, tutto questo, risiedeva ancora nel potenziale.
Si, perché il lavoro non mi permetteva certo di poter andare in

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tournée o di andare a suonare, come poi avvenne in Lombardia, La prima è una prova in cui commetti tutti gli errori del caso.
ai confini con la Svizzera, in Abruzzo o in Puglia. E impari. La seconda vivi per davvero.

Roberta annuisce, anche lei ora fissa un punto indefinito, un altro, a Ricordo che rimasi quasi senza fiato a sentire quelle parole.
qualche tavolino dal loro. Sembra quasi che in quel caffè i punti
indefiniti nello spazio raccontino storie…
Mi resi conto all’improvviso che non avevo due vite a disposizione e
“E poi cos’è successo?”
che se volevo realizzare il mio sogno il momento di farlo era quello.
“Poi…beh…non ci crederai ma…poi è morto Vittorio Gassmann!”
E così presi la decisione.
“Come sarebbe a dire? E che c’entra?”
Dopo una settimana lasciai il lavoro e con i soldi messi da parte mi
“Eh, c’entra….c’entra….” iscrissi ad un’Accademia di musica e mi diplomai poi in canto
moderno”.

Elvio sorride divertito ma quasi malinconico, quella particolare


malinconia mista ad un ricordo bello che in Brasile chiamano
saudade, lo sguardo pieno di quella stessa energia che in quel
giorno gli fece prendere la decisione.

“Si, perché quando morí Vittorio Gassmann la RAI, come accade in


queste occasioni speciali, dedicò uno speciale alla sua vita. Ed io
me lo vidi tutto. Ad un certo punto trasmisero un’intervista in cui il
grande mattatore disse una frase che mi fece dare un balzo sulla
sedia.

La vita dovrebbe essere come il teatro: dovresti vivere due volte.

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PAZZIE E PRESSIONI SOCIALI
- Roberta - di più a una scusa dettata dal fatto che ero arrivata lì dall’Italia, dove
avere un lavoro significa essere “benedetti”.
“Fra, io ho un sogno, ma mi vergogno un po’ a dirlo. Ma non perché
sia qualcosa di scandaloso, perché ho paura di quello che può “Non ho una famiglia, non ho figli e non ho un compagno” mi ripetevo.
o’pensare la gente, la mia famiglia, gli amici, tu. Però questo sogno è
Vivevo in una casa che non è mia, e non vivevo da sola ma dividevo
davvero importante per me, ci penso ogni notte prima di andare a
l’appartamento con altre persone, quasi sconosciute.
dormire, e ogni mattina quando mi sveglio. E’ la mia forza per andare
a lavoro ogni giorno. Sto risparmiando e voglio realizzare questo
sogno. Fra, voglio lasciare il mio lavoro, voglio lasciare Londra, voglio
viaggiare” Avevo tutte le carte in regola per poter decidere di stravolgere
completamente la mia vita, ma davanti a me avevo la paura più
Era una mattina di marzo quando ero con Francesca, una delle mie grande: la paura sociale.
migliori amiche, in autobus a Londra. Francesca era venuta a trovarmi
per qualche giorno approfittando dei suoi giorni liberi a lavoro, e io -----------------------------------------------------------------------------------------
quel giorno non lavoravo. - Elvio -
Era la prima volta che dicevo a voce alta, a qualcuno, quello che mi Si, cara, ti capisco. Questa espressione, “pressione sociale”, la
passava per la testa. E in quelle mie parole, quella mattina sul bus, capisco perfettamente. Quel misto di sguardi e parole che arrivano da
c’era tutta la mia voglia di andare fino in fondo, la mia gioia, la mia parte di famiglia ed amici che guardandoti increduli ed un poco (pure
tristezza, la mia ansia. C’erano tutti gli stati d’animo, che solo un poco…tanto!) giudicanti dicono:
un’amica che mi conosce da tanti anni avrebbe potuto capire.

“E’ una pazzia Roby, ma la vita senza pazzie non ha senso. Se questo
è il tuo sogno realizzalo, e quando avrai finito, pensa ad un altro “Cosa? Sei impazzito?”
sogno, e inizia a inseguire il prossimo!” “Dov’è che vuoi andare?”
Ero seduta sulla cima di una scogliera, guardando il basso. Mi butto o “Ma non è pericoloso?”
non mi butto?
“Ma…e il tuo lavoro?”
Non sapevo cosa fare.
“Come? Stai dicendo che vuoi lasciare un posto di lavoro sicuro per
Il lavoro che avevo mi dava da vivere, è vero, ma non mi rendeva andare a vagabondare in giro per il mondo?”
felice. Non era né quello per cui avevo studiato né assomigliava a
quello che avevo sognato per il mio futuro. “Ma almeno a Londra si
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lavora” mi ripetevo quasi ogni giorno...ma questa frase assomigliava
E la lista potrebbe essere ancora più lunga. Ero seduta sul letto davanti al pc. Era settembre e fuori pioveva.
Sentivo il rumore delle goccie di pioggia sulla finestra e fuori il cielo
Personalmente ci aggiungerei il: “Ma non è pericoloso viaggiare in
era grigio.
Colombia?” più tutta la sequenza del: “Quando parti/Quando torni/
Quanto ti fermi/Hai intenzione di restare/Hai intenzione di tornare/ Avevo compilato tutti i campi della prenotazione: nome, cognome,
Perché sei tornato?” etc. data di nascita, numero di passaporto, dettagli della carta di
credito, mancava solo un click per confermare quel biglietto aereo
che mi avrebbe portato in Colombia a gennaio.
Per alcuni sembra proprio difficile capire che esistono dei progetti
“Click to buy”, continuavo a leggerlo, a fissarlo, mentre le mani mi
work in progress…intendo più o meno il concetto espresso nel po-
sudavano, il cuore mi batteva forte, tutte le paure mi passavano
ema di Antonio Machado:
davanti, i miei dubbi, le mie incertezze.

Sto facendo la cosa giusta? Sono pronta a lasciare tutto questo? È


“…caminante no hay camino questa la mia strada?

se hace camino al andar…” Ripenso a questi ultimi anni, ai soldi risparmiati per realizzare il mio
sogno. Ripenso al mio lavoro (che paga l’affitto) ed al mio sogno.

Guardo quello che ho: 6 metri quadrati di camera singola che mi


In poche parole: che un percorso, un cammino, non esiste, il costano due settimane di lavoro, una collezione di guide turistiche e
cammino si crea camminando. Quando partii io per la Colombia tante foto appese che mi ricordano che là fuori c’è il mio posto nel
pensavo di fermarmi un mese e finii col fermarmi un anno. Avrei mondo.
forse potuto prevederlo? Ovviamente no…però è andata così…ed è
stata una delle esperienze più belle della mia vita. Iniziata non il Riguardo verso la finestra, guardo il cielo grigio, la pioggia che
giorno in cui sono partito, bensì in quello in cui comprai su internet il scende, il freddo che entra dalle fessure. Mi immagino la mia vita
biglietto. nei prossimi anni, non vedo questa finestra, non vedo questo cielo
grigio. Chiudo gli occhi, respiro profondo, gli riapro, guardo lo
-------------------------------------------------------------------------------------------- schermo del mio computer e clicco “buy now”. Aspetto cinque
- Roberta - lunghi, lunghissimi, secondi. “Your booking is suceded, this is your
reservation number”.
Ricordo ancora quella scritta: “Click to buy” – Un click mi separava
dal mio sogno. L’ho fatto davvero: vado in Colombia!

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-------------------------------------------------------------------------------------- tutti colombiani, a parte i musicisti che accompagnavano Pasquala,
cileni, e me.
- Elvio -
Fu un’emozione indescrivibile. Il contatto con una nuova cultura, con
A me successe la stessa identica cosa. Forse la scritta non era
un grande continente, l’America Latina, in cui avevo sempre
“click to buy” perché ero in Italia quando acquistai il biglietto per
sognato di vivere. Dopo due giorni si sarebbe esibita al Matik-Matik,
Bogotà, precisamente a Bologna. Probabilmente il cielo era
un bel locale nel quartiere Chapinero.
altrettanto grigio…e sicuramente il mio umore era molto simile al tuo.
Forse la differenza tra me e te, al momento dell’acquisto, è stata che Andai con la mia ragazza dell’epoca e mi piacque tantissimo. Le
tu eri già pronta ad abbandonare la tua vita londinese. Io…in canzoni, l’atmosfera, le chiacchiere che si fecero. Ogni singolo
realtà…pure…ma non lo sapevo ancora! istante, ogni sguardo, ogni nota che suonarono sembrava dirmi:
“Elvio, fermati”.
Infatti, come ti anticipavo poco fa, l’idea era di stare un mese. Per
l’esattezza partii il 29 giugno del 2013…il ritorno era previsto per i E non me lo feci ripetere. Una parte del mio inconscio aveva optato
primi di agosto. Nella mia testa, avrei fatto un po’ di mare…per poi per un biglietto aereo aperto. Il giorno dopo mi recai all’ufficio della
andare verso il 25 del mese sulle colline romagnole, dove ero stato compagnia aerea.
assunto come insegnante di violoncello in un corso estivo per
Colombia fino a novembre.
bambini. Un bel lavoro, divertente, in un parco naturale, vitto e
alloggio inclusi ed un buon stipendio per essere un periodo così Fu il primo di quattro cambi di biglietto aereo. Niente laboratorio coi
breve. bambini in Romagna. Niente ritorno alla mia vita di prima. Ormai la
decisione era presa. La mia nuova vita in Colombia mi aspettava.
Ma non avrei mai potuto immaginare quello che avrei trovato.

Panorami incredibili, posti da sogno, un calore umano assoluta-


mente inaspettato e poi…beh, poi la musica.

Bogotà (e tu lo sai bene) ha un panorama artistico e culturale assolu-


tamente effervescente. Ricordo ancora quando mi venne l’idea di
restare.

Stanco delle “solite” attività da turista, mi iscrissi ad un laboratorio di


canto, tenuto da una cantante cilena molto brava, Pasquala Ilabaca,
che stava facendo una tournée in tutto il sud America ed in quei
giorni passava da Bogotà. Al laboratorio eravamo venti-venticinque,
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LA MAGIA DELLA COLOMBIA
Caspita...Elvio...è incredibile quanto le storie di noi che siamo andati - febbraio 2016 -
in Colombia, per quanto diverse, abbiano degli elementi in comune.
E questi elementi, mi sembra, sono sempre legati all’inspiegabile,
alla sorpresa alla scoperta... Quando sono arrivata a Cali dovevo decidere se andare a dormire a
casa di Angelica, la sorella di un’amica, o all’hostal Encuentro, che
...c’è sempre qualche aspetto difficile da spiegare a parole o da
mi aveva suggerito la mia amica Maria. Non conoscevo nessuno dei
mostrare in foto e credo che solo noi che ci siamo stati sappiamo
due. Decisi allora che avrei fatto una settimana in ostello ed una da
fino in fondo che cosa significa passare per queste terre.
Angelica.
“Eh si” – riprende Elvio sorridendo- “Allora la sfida, in questa
Quando sono entrata all’hostal Encuentro Ana Beatriz mi ha subito
chiacchierata che diventerà uno scritto, sarà proprio rendere visibile
offerto una lulada ghiacciata nella terrazza dove il Cerro de las Tres
tramite le parole, ciò che normalmente non lo sarebbe”.
Cruzes domina il paesaggio.

La salsa risuonava tra le mura e un ragazzo biondo e magrolino


dava lezioni agli ospiti dell’ostello “un dos tres, cinco seis siete…”

------------------------------------------------------------------------------------------ Io ero seduta lì, con quel piacevole caldo che ormai da mesi avevo
dimenticato, il pensiero di un caleño che tre anni prima aveva
- Roberta -
cambiato la mia vita facendomi scoprire la Colombia, e la sicurezza
Rido anch’io adesso. di chi sa, per istinto, di essere nel posto giusto al momento giusto.

Continuo a pensare che la Colombia sia un Paese che vada vissuto “Qui in questo ostello non vengono persone qualsiasi Roberta. Solo
in prima persona, con tutti e cinque i sensi, perché solo così pos- persone speciali passano da qua”, la voce di Ana Beatriz mi fa
siamo renderci conto della sua magia. sorridere. “Io ho una connessione con gli angeli, e chi passa da qui
è perchè è stato mandato da uno di loro”.
Però questa “sfida” di esprimere l’inesprimibile mi piace. Provia-
moci. Magari partendo da questo: Rido, la ringrazio, per un momento penso sia matta, poi mi fermo a
riflettere, guardo le tre croci che illuminano la cima del Cerro, e
Gli incontri in Colombia non sono mai casuali, ma hanno penso che forse ha ragione, non è un caso che io sia passata pro-
un perchè. prio da là.

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- aprile 2016 – Mi fermo, la guardo, incredula a quello che ho appena sentito.

“Come sai che sono stata a Cali?”

Era ora di ritornare a Bogotà e anche qua avevo due opzioni: “Sei stata a Cali? Non lo sapevo” -
alloggiare a casa di Marta, da cui già ero stata a gennaio, oppure
Le chiedo se conoce Ana Beatriz, mi risponde di no.
provare in una nuova casa, trovata su airbnb, dove viveva una cop-
pia: Giorgio, italiano, e Sandra, colombiana. Sorrido, i miei occhi si riempiono di lacrime. Lacrime di emozione,
lacrime di gioia, lacrime di magia.
“Vai dalla coppia, è l’occasione per vedere con i tuoi occhi se il
binomio italio-colombiano funziona o meno”, questo era stato il
suggerimento di Jessica, la mia amica da cui stavo a Medellìn.
E questo è solo un piccolo esempio della magia che può suc-
Ero molto titubante fino alla fine, e poi l’ultimo giorno ho deciso di cedere in Colombia.
buttarmi sul nuovo, pensando che avrei anche risparmiato.
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Quando entro a casa di Sandra ho una strana, piacevole
sensazione. Le candele sono accese, l’acchiappasogni è appeso lì - Elvio -
vicino alla porta e quegli elefantini con la proboscide all’insù sono - ottobre 2013 –
gli stessi che io avevo in camera l’ultimo anno di università. Gli
stessi che mi aveva regalato mia madre come porta fortuna per i
miei esami. Un paio di mesi prima, a Cali avevo trovato un libro che in parte mi
Non dico niente, ma il mio istinto parla chiaro. aveva cambiato la vita. L’avevo trovato in una libreria esoterica, che
stava proprio di fianco al mio ostello. E già questo...voglio dire...una
“Sai Roberta, io gestisco anche una pensione che sta qui vicino, e libreria esoterica mica la trovi ad ogni angolo di strada come una
solitamente chi mi contatta per alloggio lo mando sempre là. Con te tabaccheria...in vita mia ne avevo visto giusto una o
ho avuto l’intuito che fossi una buona persona e ho deciso di farti due...Firenze...Bologna...e niente, arrivo a Cali e proprio di fianco
venire qui, a casa mia, dove noi viviamo.” all’ostello ne trovo una.
Sorrido, la ringrazio, e penso a quante belle persone sto Entro e trovo proprio un libro giusto-giusto per me. Si chiamava
incontrando in Colombia… “E poi qui a casa mia non vengono mai “Deja de ser tú” che letteralmente significa “Smetti di essere tu”...un
persone qualsiasi, vengono solo persone speciali, perchè io ho una titolo anche troppo appropriato, oltreché eloquente...dato che in
connessione con gli angeli”.

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quell’anno stavo compiendo un vero e proprio salto quantico di Così per dirne un’altra...un giorno le diedi un appuntamento per
coscienza...verso, appunto, un “nuovo me stesso”! praticare yoga in un parco. Si presentò con una maglietta bianca e
dei pantaloni neri. Proprio come me. Maglietta bianca e pantaloni
neri.
E così, tornato a Bogotà, decisi di ripetere l’esperienza. Cercai su
internet una libreria esoterica. Ce n’era una. Ci andai. Una volta
arrivato mi servì una ragazza di nome Laura. - gennaio 2014 –

Vedi...ti confesso che ho un po’ la fissa della numerologia dei nomi.


Laura ha 5 lettere, proprio come Elvio; e fin qui niente di strano,
La seconda storia...umh...non so se è più banale o ancora più
perché nomi di 5 lettere ce ne sono un sacco...ma poi le chiesi
incredibile della prima. Anche questa, tra l’altro, inizia a Cali e
come faceva di cognome. Molina, mi rispose. 6 lettere. Proprio
finisce a Bogotà.
come Rocchi. 5 e 5 e poi 6 e 6. Curioso eh? Allora le chiesi che
segno era. Era Leone, come me. Le domandai l’ascendente. Di ritorno dall’Ecuador, vado da Juan Valdez, a Cali, nella parte nord
Era ascendente Scorpione, come me. della città, per bermi un caffè. Ho nelle mani un altro libro, questa
volta, il bellissimo “Mani di Luce” di Barbara Ann Brennan, sulle
Mentre parlavamo, scoppiando a ridere ad ogni “coincidenza” che
guarigioni attraverso l’aura.
scoprivamo, le altre commesse della libreria ci guardavano, sempre
più incuriosite. Si avvicina una ragazza, che poi scoprirò chiamarsi Tatiana, che mi
dice che quel libro è bellissimo; si siede al tavolo con me e inizia a
“Io faccio il cantante!” le dissi allora divertito. “Anche io faccio la
raccontarmi della sua vita.
cantante” rispose lei ridendo. “Aspetta però, io suono pure il piano”
dissi. “E pure io suono il piano” mi fece eco lei. “Ma un attimo, io ho Lei è psicologa ma si è dedicata a pratiche più
un concerto il 29 di ottobre, anzi, se vuoi venire....” – “Verrei, ma “olistiche”...guarigioni che puntano a curare le persone a 360 gradi,
anch’io ho un concerto il 29 di ottobre”.... ormai eravamo tutti in prendendo in esame gli aspetti emotivi, psicologici, energetici di
preda a risate incontenibili. ognuno...e tiene corsi su questi argomenti; la ascolto
affascinatissimo perché, in fondo, era proprio quello che avrei voluto
Io, lei, le commesse, la proprietaria della libreria, gli altri clienti...
fare anch’ io.
“ma io faccio yoga!” dissi quasi gridando. E lei: “pure io faccio
yoga, e anche meditazione!!!” – “Meditazione? Proprio come me!!” Solo che ad un certo punto mi saluta e se ne va. Per la contentezza
le feci eco...e non credo fosse finita. non le chiedo neppure il numero di telefono, l’ e-mail...niente. Ci rip-
enso il giorno dopo ma...niente da fare...non riesco a dis-

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pacermene. Sento dentro di me che tutto va bene così, tutto è per-
fetto. Ecco una delle lezioni della Colombia. Le cose sembrano non
andare come tu vuoi?

Non ti preoccupare, tutto è perfetto.

E così me ne salgo sul mio bus notturno, che in otto ore di viaggio
mi riporta a Bogotà. Sono passati due giorni da quando ho
conosciuto Tatiana.

Torno all’hostal Candelos, in cui all’epoca avevo vissuto e lavorato


(facevo il barista) più di sei mesi. Faccio colazione con un sorriso un
po’ nostalgico, ripensando all’Ecuador, a Cali, a Tatiana...mi sento
un po’ triste ma al contempo felice per tante emozioni intense. Fino
a quando sento dire: “Holaaaaaa!”

Mi giro ed era lei.

Ebbene si. In due città che distano otto ore di viaggio. Una delle
due, quella in cui ci trovavamo, di 8 milioni di abitanti. Con alcune
centinaia di ostelli. E lei dov’era? Era lì, all’hostal Candelos. Proprio
lo stesso dove vivevo da sei mesi...e io non le avevo nemmeno
menzionato non solo l’ostello, ma il fatto stesso che vivevo a Bogotà.

Tutto va come deve andare. Tutto è perfetto.

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LA COLOMBIA TI CAMBIA
Roberta rimane in silenzio. Elvio pure. Non perché non hanno più Tornando a Getsemanì i turisti così come la gente del barrio si
niente da dire ma...anzi! Proprio per il contrario! I loro cuori sono riversano su Plaza de la Trinidad, dove puoi bere solo e unicamente
così gonfi di emozione che sentono che la parola deve fermarsi per seduto nella parte sinistra della piazza, rigorosamente fuori dalla
un attimo, come le onde del mare quando, dopo essersi infrante piazza della Chiesa, dopo che due anni fa un gringo è morto,
sulla battigia, si prendono un attimo di pausa...poi si rinvigoriscono coinvolto in una rissa scatenata da lui, completamente ubriaco.
nuovamente...e riprendono il loro eterno moto...

...dopo essersi guardati a lungo negli occhi...alternando silenzi a


Per riposare le gambe stanche e prendere un po’ di fresco entro in
sorrisi carichi di emozione e...di significati che solo chi ha vissuto
chiesa, dove dei grandi ventilatori sono sparati sui fedeli presenti.
esperienze così intense conosce...fanno un lungo sospiro e scoppi-
ano a ridere. Una risata liberatoria. C’è la messa, e decido di ascoltare ciò che il prete ha da dire
mentre mi riposo e prendo il fresco.
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Parla della fede, della pace, quella interiore, quella che avremo il
- Roberta -
dovere e il diritto di trovare, tutti.

Mentre ascolto le sue parole che, incredibilmente, sono interessanti,


Non sono mai stata particolarmente devota a Dio. Se esiste o meno osservo la Chiesa, colma di persone. Giovani, bambini, anziani,
ancora non l’ho capito, ma penso che qualcosa lassù ci sia. uomini, donne. Qualsiasi età, qualsiasi classe sociale. Coppie
giovani, famiglie, bambini che si guardano intorno ma, incredibil-
mente, stanno al loro posto.
Camminavo per le strade di Cartagena, la brezza della sera
lasciava l’umido sulla mia pelle, le luci della notte illuminavano le
strade colorate dai graffiti, la musica come sempre riempiva le Ad un certo punto i venitlatori vengono spenti, così come le luci, La
strade di Getsemanì e del centro storico. Chiesa si fa sempre più scura fino a che viene spenta l’ultima luce e
diventa tutto buio.

Erano già due ore che camminavo, perdendomi tra i libirinti delle
strade del centro, con le sue case colorate, i negozi di artigianato e i
ragazzi che ballano il mapalè.

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L’atmosfera è accompagnata da canti in stile pop-rock, una - Elvio -
canzone mi ricorda “Strada facendo” di Baglioni. Tutti hanno una
Di nuovo si crea il silenzio. Carico di emozione. Probabilmente non
candela in mano, accesa.
la stessa emozione che ha provato Roberta nella chiesa...ma,
Inizia una processione nel mezzo della Chiesa, tutti pregano, sicuramente, qualcosa di altrettanto intenso...
cantano, e il prete benedice tutti noi e le nostre famiglie.

Le sue parole, la musica, la chiesa illuminata dalle candele, mio


Lo, sai che la Colombia ha cambiato anche me. È stato un
fratello in Italia che non sta bene... le emozioni sono troppe da
cambiamento graduale, sottile, però allo stesso tempo continuo,
gestire tutte insieme...e i miei occhi scoppiano di lacrime.
travolgente...una pressione costante che ha iniziato a spingere sugli
Dopo tanto, tanto tempo mi ritrovo a pregare. Prego per me, per la aspetti del vecchio me stesso che mi facevano stare male, liberando
mia famiglia, per i miei amici e per tutti coloro che passano dalla mia sempre di più degli spazi che piano piano sono stati riempiti da un
vita. Ringrazio la vita, o Dio, o chi per lui, per tutto quello che mi sta nuovo modo di vedere la vita, un vero e proprio nuovo me stesso.
succedendo.

Mi sono liberato soprattutto della sfiducia che albergava in me...in


La Colombia mi sta cambiando. me stesso, negli altri, nelle possibilità che la vita ti da, nelle
opportunità che ti regala. Tra tutti gli episodi te ne voglio raccontare
uno, accaduto nell’ottobre del 2013.
Finisce la processione, finisce la preghiera, i miei occhi continuano
a essere lucidi. Improvvisamente tutti si dirigono verso la statua
della Madonna e lasciano la loro candela lì, proprio sotto la statua, Nel barrio in cui vivevo c’era un teatro molto bello, si chiamava
trasformando in pochi minuti quella semplice statua in un bellissimo Teatro Tecal. Avevo già avuto l’opportunità di suonare in Colombia
altare. grazie a dei concerti che avevamo programmato al Nuraghe
Bogotà, un grazioso ed originalissimo ristorante di tuoi concittadini
Sorrido, e penso che forse, io non sono lì dentro per caso. Sarà la
(cagliaritani, n.d.r.) proprio in centro città. Mi presentavo lì tutti i
vita, sarà Dio, sarà il destino? Non lo so, ma so che sicuramente
venerdì sera, con un repertorio misto di musica italiana, latina e
questa è la Colombia, perchè la magia di questo Paese, che tu lo
internazionale.
voglia o no, ti cambia.

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E sognavo di suonare al Tecal. Era un posto fantastico, con una sono praticamente sconosciuti fuori dai confini nazionali. Soprattutto
grande storia (è uno dei teatri storici della capitale, finanziato dal in Colombia.
Ministero della Cultura colombiano) e una fitta programmazione di
Al che, lui, pensandoci un attimo, pronuncia una frase che non
teatro e musica. Ma non sapevo proprio come fare. Non conoscevo
dimenticherò mai. Dice:
nessuno e i pochi musicisti a cui avevo provato a chiedere
informazioni non avevano idea di quale fosse la trafila per potervi
suonare.
“mi chiamo Fernando e sono il direttore artistico del Teatro Tecal. Che
ne diresti se programmassimo un tuo concerto al teatro, dove
suonerai queste canzoni?”
Se non che, un certo pomeriggio, vidi aggirarsi nell’ostello in cui
vivevo, l’hostal Candelos (lo stesso in cui avevo conosciuto Tatiana),
un signore sulla quarantina che richiamò la mia attenzione. Parlava
spagnolo con accento colombiano, ed indossava uno strano basco. E’ incredibile. Proprio in quelle settimane stavo leggendo un libro
Si notava che non era un turista. Mi incuriosiva. sulla legge della risonanza e su come possiamo attrarre un certo
genere di persone ed avvenimenti nella nostra vita. E stava
succedendo. Senza neppure cerlarlo attivamente, ma desiderandolo
con tutto il cuore, il concerto che tanto desideravo era in qualche
Quello stesso pomeriggio in cui aveva fatto la sua apparizione io
modo venuto a cercarmi.
stavo suonando nella hall dell’ostello. Stavo provando canzoni dei
cantautori italiani, De André, Branduardi, De Gregori... e cantavo ac-
compagnandomi con la chitarra.
La montagna era andata da Maometto.

Ad un certo punto, proprio lui si avvicina e mi chiede se può


interrompermi e disturbarmi un attimo. Gli dico che non c’è problema. ------------------------------------------------------------------------------------------
Si siede e inizia a farmi domande. Dice che non ha mai sentito quelle - Roberta -
canzoni, intuisce che sono italiane, ma non saprebbe dire di chi sono.

Il pranzo viene servito alle 12.30, gli abuelitos sono già lì. Se chiedi a
Gli parlo un po’ a grandi linee della musica d’autore italiana, un taxi di lasciarti al barrio 20 de Julio di Bogotà non tutti ti portano,
spiegandogli che da noi quei cantanti hanno una buona notorietà, ma molti hanno paura.

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Io sono lì, grazie alla scuola e a vedere tutte quelle facce sorridenti, scuola, l’università. La pizza che mangiavo almeno una volta a
nonostante le sofferenze delle loro vite, così diverse dalla mia, non settimana, la minestra calda ogni giorno al ritorno da scuola. Ma
mi sento in pericolo, tutt’altro. anche la birra con gli amici al pub. Tutto per me è sempre stato
scontato, normale, dovuto.
Oggi sono qui per servire il pranzo a queste persone, e per molti di
loro questo è l’unico pasto che avranno in tutta la giornata. E E poi arrivi in Colombia e conosci queste persone, che
domani? Domani potrebbero non trovare da mangiare ma domani, si probabilmente avrei potuto incontrare anche in Italia, se solo avessi
sa, è un altro giorno. Nonostante questo riescono a sorridere, a avuto la voglia, l’interesse, la sensibilità di fermarmi a guardare la
ringraziare, a dire “Thank you”, perchè questa parola, per me vita e quello che io, come tanti, diamo per scontato.
scontata, per loro significa tanto. Poter dire una parola in un’ altra
Ma forse è giusto così. Questo è un regalo della Colombia, che
lingua, forse l’unica parola che conoscono, forse la prima di tante
senza volerlo, o forse sì, mi ha cambiato.
altre, ma sicuramente la più importante.
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Finiscono il loro pranzo e prima di andare via passano a salutare, a
ringraziare.

L’emozione è forte, troppo forte. “Proprio così” rispondo io. Ed io sono Elvio, che ora voglio parlare in
prima persona. Voglio dire che questa conclusione...che ha trovato
Parlo con Selena, colei che rende possibile tutto questo, la responsa-
Roberta...è perfetta, bella, equilibrata e azzeccata.
bile del centro. Ogni mattina si sveglia presto per preparare la
colazione a queste persone, e subito dopo inizia a preparare il La Colombia ti insegna tanto. Ti insegna a manifestare le tue
pranzo. Ad aiutarla ogni giorno persone come me. Lei, che prima di emozioni. Ti insegna a vivere col cuore. Ti insegna a smettere di
occuparsi degli altri si guadagnava da vivere per lei e i suoi figli lamentarti. Ti insegna a sorridere. Ti insegna a prendere la vita in
vendendo noccioline, patatine e caramelle sui bus in città, a 1000 modo più spontaneo, meno meticoloso. Ti insegna a cercare te
pesos a pacchetto. stesso. E in qualche modo te lo fa trovare. Ma perché? E come?

Mi racconta la storia della sua vita e io non reggo, scoppio a Credo che sia un insieme di tanti fattori. Il cuore innanzitutto.
piangere, Piango perchè per la prima volta realizzo quanto sono L’entusiasmo. La voglia di inventare e di reinventarsi. Quando sei in
fortunata. Piango perchè penso al regalo che la vita mi ha fatto, e Colombia tutto è in continuo movimento. Tutto è sempre nuovo.
mai l’avevo valutato. Ho sempre dato per scontato di essere
cresciuta sotto un tetto sicuro, con due genitori che hanno lavorato Ogni volta in cui torno, che chatto con un amico colombiano su
duro ogni santo giorno della loro vita per rendere la mia al di sopra Facebook noto cose nuove. Noto locali che chiudono ed altri che
della media. Ho sempre dato per scontato la mia educazione, la aprono. Noto amici che si inventano sempre nuove attività.

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Spesso con una dignità fuori dal comune.

Non importa se ti devi svegliare alle quattro di mattina per preparare


las empanadas vegetarianas da vendere poi agli studenti fuori
dall’Universidad nacional...si fa...senza lamentarsi e col sorriso.

Sicuramente in Italia abbiamo dei problemi, come no. Però, dopo


aver vissuto in Colombia, posso dire che cediamo una quota troppo
grande della nostra felicità a questi problemi. Cosa voglio dire? Che
io stesso, prima di partire, ero convinto che in Italia non potevo
essere felice a causa della situazione sociale e politica...a causa del
fatto che non vedevo un futuro.

Poi sono arrivato là e sono stato letteralmente travolto da tanto


entusiasmo.

E mi sono reso conto che loro, l’entusiasmo, ce l’avevano


nonostante gli enormi problemi in cui versa il loro paese.

La felicità, in fondo, è molto soggettiva.

La Colombia ti mostra che, nonostante tutto, è possibile essere fe-


lici. Nonostante la povertà, nonostante i problemi, nonostante
tutto...si può essere creativi, allegri, solari, gentili. Si può essere,
così dice una famosa ricerca, il paese più felice al mondo.

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GRAZIE

A tutti voi, sognatori e viaggiatori come noi. Che


le nostre storie possano aiutarvi a trovare quella
spinta per vivere la vita che volete, quella per cui
siete venuti a questo modo, lasciando il vostro
piccolo contributo per renderlo migliore.

Ai colombiani incontrati nel cammino, quelli che


continuano il cammino insieme a noi, e quelli che
incontreremo..

E infine a te, nuestra querida Colombia, che tutto


il mondo possa conoscere la tua vera anima.

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Roberta Padroni Elvio Rocchi
Travel Blogger & Destination Blogger, musicista, insegnante
Expert di yoga e meditazione,
ingegnere
www.incolombia.it
www.spiraglidiluce.org
roberta@incolombia.it www.reflejosdeluz.org

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