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NUOVI STUDI

RIVISTA DI ARTE ANTICA E MODERNA

19

2013 anno XVIII


REDAZIONE
ANDREA BACCHI DANIELE BENATI ANDREA DE MARCHI FRANCESCO FRANGI
GIANCARLO GENTILINI ALESSANDRO MORANDOTTI

Si ringrazia Milvia Bollati per l’aiuto nella redazione di questo volume

COMITATO CONSULTIVO INTERNAZIONALE


KEITH CHRISTIANSEN EVERETT FAHY MICHEL LACLOTTE JENNIFER MONTAGU
MAURO NATALE SERENA ROMANO ERICH SCHLEIER ANNE MARKHAM SCHULZ

TABULA GRATULATORIA
Silvana Bareggi Antonio Barletta Ezio Benappi
Edoardo Bosoni Luigi Buttazzoni e Roeland Kollewijn Maurizio Canesso
Carlo Cavalleri Giancarlo e Andrea Ciaroni Ferdinando Colombo
Giovanni Cova Minotti Fabio De Michele Gerolamo Etro Gianni e Cristina Fava
Paola Ferrari Enrico Frascione con Federico e Sasha Gandolfi Vannini
Marco Galliani, Profilati spa Luigi Gambaro Matteo Lampertico Silvano Lodi jr.
Mario, Ruggero e Marco Longari Jacopo Lorenzelli Silvio Maraz Sascha Mehringer
Alfredo e Fabrizio Moretti Gianna Nunziati Carlo Orsi Walter Padovani
Andreas Pittas Huberto Poletti Luca e Patrizia Pozzi Davide Sada
Alvaro Saieh Simonpietro Salini Giovanni Sarti Tiziana Sassoli
Pier Francesco Savelli Mario Scaglia, Sit spa Bruno Scardeoni
Rob e Paul Smeets Edoardo Testori Marco Voena

Si ringrazia per il sostegno


Intesa Sanpaolo

© 2014 TIPOGRAFIA EDITRICE TEMI S.A.S. - Tutti i diritti riservati


Direttore responsabile: Luca Bacchi
Registrazione nr. 912 presso il Tribunale di Trento
Pubblicazione annuale. Euro 60,00
Progetto grafico: Paolo Fiumi e Gabriele Weber. Realizzazione a cura della redazione
Selezioni colore e bicromia: Tipolitografia TEMI - Trento
Redazione: 20121 Milano - Via Fatebenefratelli, 5 - Tel. e Fax 02/6599508
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Tel. 055/8228461 Fax 055/8228462 e-mail: massimo@libroco.it
ISBN 978-88-97372-73-8
INDICE

5 145
EMANUELE ZAPPASODI FERNANDO LOFFREDO
Ambrogio Lorenzetti Il Pan Barberini, Giacomo da Cassignola
“huomo di grande ingegno”: un polittico e la scultura in marmi colorati
fuori canone e due tavole dimenticate nella cerchia di Pirro Ligorio

23 175
GIOVANNI GIURA GONZALO REDÌN MICHAUS
Una fotografia per Ghirlandaio Un ritratto di Boncompagno Boncompagni
di Bartolomeo Passerotti
31 nella colección casa de Alba
ANTONIO BUITONI
Percorso di Giovanni Antonio Bazzi 181
tra Reggio, Bologna e Parma STEFANO PIERGUIDI
Gian Lorenzo Bernini e Antonio Raggi
51 alla cappella Alaleona
DAVID LUCIDI nei Santi Domenico e Sisto
Contributi a Baccio da Montelupo
scultore in terracotta 193
SILVIA MASSARI
103 Giuseppe Maria Mazza e l’‘accademia’ di
FRANCESCO DE CAROLIS palazzo Fava: nuovi documenti, nuove opere
«Per sua divotione». Il Crocifisso Berenson
nel Libro di spese diverse di Lorenzo Lotto 211
GIOVANNI SANTUCCI
109 Un disegno di Giovacchino Fortini
ANNE MARKHAM SCHULZ per il soffitto della chiesa
The Life and Works of Jacopo Fantoni, di San Filippo Neri a Firenze
Venetian Sculptor
223
123 MARCO RICCÒMINI
LUCA SIRACUSANO Rossi e Piola: un’inedita combine
“Egli supererà ogni aspettatione”.
Il giovane Girolamo Campagna 227
fra il collezionismo d’Oltralpe ABSTRACTS
e la basilica del Santo
LUCA SIRACUSANO 123

“EGLI SUPERERÀ OGNI ASPETTATIONE”.


IL GIOVANE GIROLAMO CAMPAGNA FRA IL COLLEZIONISMO
D’OLTRALPE E LA BASILICA DEL SANTO

Fra gli scultori del secondo Cinquecento, sono ancora molte le figure che necessitano di un
moderno catalogo ragionato. Non è questo il caso il Girolamo Campagna, riconosciuto fra i
protagonisti veneti di quella stagione fin dalle Vite dei più celebri architetti e scultori veneziani
di Tommaso Temanza. Nato a Verona nel 1549, e quindi più giovane d’una generazione rispet-
to ad Alessandro Vittoria, Campagna ha beneficiato delle monografie di Paola Rossi e di Wla-
dimir Timofiewitsch, cui si affiancano ora puntuali profili biografici 1. Si prestano comunque ad
un approfondimento tanto il suo catalogo dei bronzetti quanto l’attività giovanile, sulla quale
ci si vuole qui concentrare. Il primo tempo di Campagna sconta infatti una certa sfortuna negli
studi, forse anche perché svolto ampiamente al di fuori delle calli di Venezia. Affidiamo allora
allo stesso Girolamo il compito di introdurre il suo felice avvio di carriera, riportando uno stral-
cio della lettera scritta a Francesco Maria II della Rovere, duca urbinate. Alla data della missiva,
inviata dalla Laguna il 19 giugno 1604, buona parte della sua parabola si era ormai consumata
e l’artista poteva stilare un bilancio positivo, fin dalle battute iniziali:

Testimonio l’opera mia nelli miracoli di Sant’Antonio di Padova, dove hanno delli principali homeni del mondo:
il Sansovino, Silvio Pisano, Tullio Lombardo e Pietro Lombardo (sic), il Moschino scultor del re di Polonia
ed altri scultori celeberrimi; non di meno, l’opera mia, fatta in età di 22 anni, fu conosciuta non indegna di
star presso le altre. In ricompenso del buono et honorevol servitù, mi diede carico a me, et non al Vittoria né
a tanti altri che concorrevano, di far l’altare maggiore et tabernacolo 2.

L’apertura del curriculum è affidata a due commissioni di assoluto prestigio, svolte a Padova
nella basilica di Sant’Antonio. E poco importa che l’orgoglioso elenco dei propri successi sca-
turisse dalla bocciatura del primo modello per la statua di Federico da Montefeltro, rifiutato
dal signore d’Urbino 3: al di là dei toni apologetici, il debutto padovano di Campagna era sta-
to notevole per davvero.
Il Miracolo del giovane di Lisbona veniva a coronare il ciclo di nove rilievi che nella cappella 141.
sepolcrale di Sant’Antonio illustra le grazie del taumaturgo portoghese. L’ambiziosa decorazio-
ne, avviata al principio del XVI secolo, si era protratta per sette decenni. In tal modo, le pare-
ti del venerato sacello divennero un autentico manuale in tre dimensioni di scultura veneta del
Cinquecento, con l’affermarsi dello stile classicista, il suo sviluppo nelle forme più originali ed
infine il suo superamento sancito dai maestri della ‘maniera’ tosco-romana 4: sorprende che ad
un compito di tale lustro fosse chiamato un artista esordiente 5. Sarà dunque opportuno rian-
nodare la trama di relazioni che condusse alla commissione, riesaminando i documenti già noti.
Le carte della Procuratoria di San Marco raccontano che, il lunedì di Pentecoste del 1572,
Girolamo, ancora inserito nella bottega di Danese Cattaneo, lasciava Venezia per accompagna-
re il suo maestro a Padova 6. L’ultimo Miracolo era stato infatti assegnato allo scultore e poeta
124 LUCA SIRACUSANO

di Carrara, la cui fama, oscurata forse nella capitale dall’astro di Vittoria, era ancora assai chia-
ra per i presidenti dell’Arca. La congrega preposta alla cura della basilica deliberava anzi che
Cattaneo fosse “obligato ad intagliar il suo nome sopra il quadro predetto” 7. Non si poteva cer-
to prevedere che, nel corso dell’autunno, Danese sarebbe morto d’improvviso, quando il lavo-
ro era appena cominciato 8. I presidenti dell’Arca si posero quindi alla ricerca di un sostituto
ed il 17 dicembre 1573 esaminarono le candidature di due scultori padovani, il poco noto An-
tonio Gallina ed il più celebre Francesco Segala, e di un lombardo naturalizzato romano come
Giovanni Battista Della Porta, fino a poco prima nominato nella contabilità della Casa Santa di
Loreto. Le ambizioni del “forastiero” provocarono le ire di Segala, che decise di presentarsi al
concorso anche per difendere il buon nome della locale scuola di scultura 9.
Fra i candidati c’era anche Campagna che, in veste d’aiuto, aveva già speso “molte fatiche in
esso quadro” 10. Cattaneo dal canto suo non si era limitato a nominarlo erede del fondo di bot-
tega, ma aveva espresso il desiderio, “in articulo mortis”, che fosse l’allievo prediletto a racco-
gliere la commissione 11. Il 27 novembre, Giuseppe Porta Salviati, pittore legato a Cattaneo da
fraterna amicizia, aveva già provveduto a raccomandare il veronese niente meno che a Marco
Mantova Benavides, uno degli uomini più colti e stimati di Padova, titolare della cattedra di di-
ritto civile – la più prestigiosa e remunerativa dello Studio patavino –, ed artefice della raccol-
ta allestita nel palazzo di contrada Porciglia, dove assieme a dipinti e disegni, monete ed antica-
glie, a farla da padrone erano le sculture moderne, inclusi parecchi modelli in terracotta e stuc-
co 12. I presidenti dell’Arca, per sincerarsi delle qualità del giovane, fecero allora visionare alcu-
ne opere di Campagna custodite “in casa del clarissimo messer Giacomo Contarini” a Venezia.
Tali lavori non sono altrimenti noti, ma non sarà un caso che anche il Contarini figuri tra i pa-
troni di Porta Salviati, vero mentore del nostro artista al suo esordio 13.
Il sostegno di Mantova Benavides dev’esser stato decisivo ai fini dell’elezione di Campagna,
incoronato vincitore il 18 dicembre 1573 14. Solo un mese più tardi, il giurista garantiva perso-
nalmente che lo scultore, “vivendo, farà l’opera allui data da vostre signorie talmente che po-
trà star nel numero dell’altre, et […] che egli supererà ogni aspettatione” 15. Il professore non
doveva esser nuovo alla protezione dei giovani talenti, se nel 1541 Girolamo Querini gli aveva
per davvero raccomandato un esordiente Tintoretto 16. A dar retta all’inventario tardo seicen-
tesco di casa Benavides, Campagna avrebbe donato al mecenate, in segno di riconoscenza, un
ritratto ed un perduto “modello di terra cotta d’huomo colgato dormiente con un gallo sotto
la gamba destra, simbolo della vigilanza” 17. Apriamo qui una finestra per aggiungere che, due
giorni dopo il giurista, garantiva per Campagna anche il fonditore Francesco Lizzaro, fratello
di Tiziano Minio e soprattutto padre di Tiziano Aspetti. Si tratta del primo contatto con la fa-
miglia di colui che, pur in assenza di prove d’archivio, è considerato il primo allievo di Campa-
gna: ma la carta buona sembra esser questa, poiché l’Aspetti aveva a quel tempo l’età propizia
per avviarsi al tirocinio 18.
141. Campagna incassò il primo pagamento per il Miracolo il 31 agosto 1574 e nel maggio 1577
consegnava l’opera 19. La fiducia era stata ripagata e l’allievo aveva superato il maestro. Cattaneo
era sempre rimasto ancorato alla ricercata ‘grazia’ del decennio 1540, ben rappresentata in pit-
tura da Porta Salviati 20; il discepolo, da subito, rivela invece, “nella solenne gestualità dei per-
sonaggi, il proprio debito nei confronti del sontuoso teatro sacro che Veronese aveva da poco
GIROLAMO CAMPAGNA 125

allestito in San Sebastiano a Venezia” 21. Il Miracolo fu pubblicato in un decennio, l’ottavo del 141.
Cinquecento, che aveva visto due importanti Cene del Caliari, quella di Monte Berico e soprat-
tutto quella di San Zanipolo: le parole spese per descrivere la maniera di Veronese calzano alla
perfezione anche per il rilievo di Campagna, dove davvero ritroviamo “un’aria di melodramma
recitato con molto decoro, con una mescolanza di costumi antichi e moderni che non sarebbe
dispiaciuta a Shakespeare” 22. Il gesto retorico del giudice, di fronte al giovane che risorge, ri-
evoca la mimica magniloquente del Precursore, nel dipinto di Paolo con la Predica del Battista 142.
alla Borghese di Roma 23.

I Cesari per Hans Fugger

L’influente protezione di Mantova Benavides, da cui la vicenda del Miracolo prende avvio,
getta nuova luce su quelle che, documenti alla mano, sono le più antiche opere pervenute di
Campagna, destinate al collezionismo d’oltralpe e precedenti la stessa lavorazione del rilievo
per il Santo. Dobbiamo ad un pionieristico saggio di Georg Lill l’apertura sugli acquisti di og-
getti d’arte effettuati in Italia da Hans Fugger 24. Per quel che concerne la scultura, il mercante
di Augsburg, tramite la mediazione di David Ott, si era a lungo rifornito di marmi originali an-
tichi, e di opere moderne all’antica, presso un artista di stanza a Venezia, chiamato nelle carte
bavaresi ora “Juan sculptor” ora “Giovan scultor” 25: in questa sede, purtroppo, la sua identità
continuerà a rimanere un rebus irrisolto. Ad aprire uno spiraglio su questa personalità è il re-
cente rinvenimento, merito di Linda Borean, dell’inventario della bottega veneziana di “Ioan-
nes scultor”, senza dubbio il medesimo artista attivo per il Fugger 26. Defunto Giovanni al prin-
cipio del 1572, un ciclo di busti dei dodici Cesari era rimasto incompiuto ed il mecenate bava-
rese, futuro committente della pala bronzea di Vittoria oggi a Chicago, incaricava Ott di tro-
vare un artista per terminare l’impresa 27. Sappiamo che la ricerca condusse a Campagna, il cui
nome compare per la prima volta nei Kopierbücher Fugger l’11 luglio 1573: Girolamo si era of-
ferto di completare i ritratti destinati alla residenza di Augsburg 28.
Lill cadeva forse in errore nell’identificare Campagna con un alunno del defunto Giovanni,
un non meglio precisato “discipel aus Padua”, citato nella corrispondenza del mercante già in
aprile 29. Quelle lettere sono alquanto criptiche, ma difficilmente potranno riferirsi a Girolamo,
veronese di nascita e per di più giunto a Padova come allievo del vivente Cattaneo, quando Gio-
vanni era invece già morto. Il nostro artista entrò più plausibilmente in rapporto con Ott solo
nell’estate 1573, forse scalzando il “discipel” padovano e senza dover postulare una relazione
col misterioso Giovanni. Lo studioso tedesco vedeva invece assai bene quando individuava in
un busto pseudo-antico, oggi in collezione privata, uno dei Cesari inviati da Campagna in Ba- 129, 131, 135.
viera. È ora possibile presentare una seconda scultura, senza dubbio parte della medesima serie 130, 133, 137.
ma ad oggi rimasta orfana del suo autore, e soprattutto leggere entrambe le opere sullo sfondo
della protezione accordata in quei mesi da Mantova Benavides al giovane artista.
La scultura pubblicata da Lill rimase esclusa dalla monografia di Timofiewitsch, dove ven- 129.
gono considerate le sole lettere di Hans Fugger posteriori il febbraio 1574, nelle quali Girola-
mo compare in veste di mero restauratore 30. I Kopierbücher dell’archivio di Dillingen, da po-
126 LUCA SIRACUSANO

co regestati, confermano in realtà i ritratti imperiali a Campagna e circoscrivono con invidia-


bile precisione la loro cronologia. Se nel luglio 1573 Girolamo si era ottimisticamente offer-
to di consegnare i Cesari entro la fine del mese, in novembre gli imperatori non erano anco-
ra pronti: sarebbero giunti ad Augsburg solo con l’anno nuovo, e per di più tramite una spe-
dizione male assicurata, con gran danno per le opere trasportate, che persero nasi ed orecchie
o che andarono persino in frantumi 31. Campagna fu quindi convocato in Baviera per restau-
rare, fra le altre cose, opere che lui stesso aveva eseguito, trattenendosi a nord delle Alpi fra il
maggio ed il giugno 1574 32.
L’esecuzione dei nostri busti è insomma grosso modo contestuale alla lettera con cui Porta
Salviati poneva l’artista sotto l’ala di Mantova Benavides. Non sarà allora un caso che le sem-
131-132. bianze degli imperatori superstiti derivino da due teste in stuccoforte, identificate in Commo-
133-134. do e Meleagro, oggi presso il Museo di Scienze archeologiche e d’arte dell’Università di Pado-
va, ma un tempo nella raccolta del giurista con altre diciotto teste di identico materiale. Molti
sono ancora i nodi da sciogliere attorno a quel gruppo di modelli cinquecenteschi, che sono
eseguiti da mani differenti e con tecniche diverse, e di cui ignoriamo la provenienza e la data
d’ingresso nel palazzo del professore 33. Vale la pena di citare alcuni dei più eclatanti episodi
della fortuna di queste opere. A Padova, le teste avevano ispirato intorno al 1540 le sembian-
ze di almeno cinque eroi romani affrescati nella Sala dei Giganti al Liviano, mentre nel 1552 il
giovane Vittoria se n’era avvalso per altrettanti imperatori modellati nella sala dei Principi in
palazzo Thiene a Vicenza; e ancora, pochi anni dopo, per uno dei suoi due telamoni del mo-
numento di Alessandro Contarini nella basilica padovana del Santo 34. Proprio su queste basi
si era ipotizzato che un tempo i gessi fossero appartenuti al maestro trentino, ma è suggestiva
la recente proposta di Victoria J. Avery circa la pertinenza, per una parte del gruppo, alla bot-
tega di Agostino Zoppo 35. Non mi pare sia stato detto, fra l’altro, che il volto di uno dei due
telamoni di Agostino per il già citato monumento Contarini di Padova si ispiri al Milone, per
l’appunto una delle teste destinate ad entrare nella raccolta del Mantova 36. Lo Zoppo era do-
potutto un artista del cenacolo di Benavides e non è da escludere che parte della sua bottega
sia pervenuta al professore dopo la morte dell’artista, scomparso il 3 marzo 1572 37. In ogni
modo, è del tutto plausibile che le due teste in oggetto si trovassero già in contrada Porciglia
nel 1573: si potrebbe in tal caso dire che Campagna scolpì i Cesari ispirandosi a pezzi appar-
tenuti al suo mentore padovano 38. Anzi, poiché il rapporto fra Mantova Benavides e la fami-
glia Fugger è attestato dalla dedica a Johann Jakob dell’edizione del 1569 delle Illustrium iu-
reconsultorum imagines, si può persino ipotizzare che l’incarico bavarese sia giunto a Campa-
gna proprio grazie alla mediazione dell’influente giurista 39.
135-138, VII. Il confronto con le teste della Engelpietà di San Zulian a Venezia, eseguita da Campagna in-
torno al 1579, poco dopo cioè il Miracolo per la basilica antoniana, assicura che i busti in esa-
me siano due opere superstiti fra quelle giunte ad Augsburg nel gennaio 1574 40. Rispetto al ri-
lievo veneziano, molto simile è il modo di scavare col trapano le folte chiome ricciute, tipico de-
gli esordi dello scultore. Viene a questo proposito da chiedersi quanta parte avesse, in quell’in-
sistita lavorazione della pietra, il magistero di Cattaneo, che aveva dato prova di virtuosismo
nel “vivente polipaio della barba” del busto di Pietro Bembo 41. Quanto invece all’identità de-
132. gli imperatori, il ricorso al calco raffigurante Commodo non assicura che il primo busto ritrag-
GIROLAMO CAMPAGNA 127

ga per davvero il figlio di Marco Aurelio: il medesimo modello era stato impiegato liberamente
tanto negli affreschi del Liviano, dove aveva prestato il volto a Lucio Emilio Paolo, quanto a pa-
lazzo Thiene, dove invece era diventato un Marco Antonio 42. Lo stesso discorso vale a maggior
ragione per il nuovo busto, ispirato a Meleagro, figura che ha ben poco a che spartire con la se- 134.
rie svetoniana dei Cesari. È in ogni modo interessante l’impiego per i nostri imperatori di un li-
totipo tenero, che ad un semplice esame visivo si direbbe pietra di Nanto, suggerendo in tal ca-
so la possibilità di un’esecuzione a Padova. Quanto allo stato conservativo non ottimale ed alle
integrazioni visibili sul naso del Cesare glabro, non è da escludere che ci si trovi difronte ai re- 133.
stauri eseguiti dallo stesso Campagna ad Augsburg: interventi, come abbiamo visto, tramanda-
ti dalle lettere di Hans Fugger 43.
Queste opere attestano l’attività giovanile dello scultore nel genere del busto pseudo-antico.
È possibile che rientrassero in questa tipologia anche le opere custodite “in casa del clarissimo
messer Giacomo Contarini” a Venezia, menzionate nei documenti relativi al concorso antonia-
no. Ma per rimanere nell’ambito del commercio di marmi fra la Laguna e la Germania meridio-
nale, la pubblicazione dei due busti appena esaminati non può che dare ragione all’intelligente
proposta attributiva in favore del giovane Campagna di un nucleo di cinque teste dell’Antiqua- 139-140.
rium di Monaco, pronunciata con cautela forse eccessiva nel catalogo sulla galleria fondata da
Alberto V 44. Le teste in oggetto possono datarsi agli ultimi anni di vita del duca, morto nel 1579,
e furono montate su busti espressamente eseguiti in Baviera. È pur vero che in questo caso non
disponiamo di prove documentarie, ma il confronto con gli angeli ai lati del Cristo di San Salva- 136, 138, VII.
dor non lascia adito a dubbi e si fa davvero palmare nella conduzione della testa ricciuta di An- 139-140.
tinoo, dove ritroviamo il caratteristico modo di traforare la chioma già evidenziato per gli impe- 135, 137.
ratori Fugger. Per la testa monacense è inoltre suggestivo il rinvio, proposto da Heike Frosien-
Leinz, ad una medaglia di Giovanni da Cavino col profilo del favorito di Adriano 45: non solo
Campagna sembra ancora una volta trarre spunto da un’invenzione rinascimentale, anziché da
un originale romano, ma il raffronto col conio rinvia una volta di più alla cultura antiquaria pa-
tavina e più segnatamente alla cerchia di Mantova Benavides 46.
Concluso il fugace soggiorno ad Augsburg, Girolamo si accomiatava dal Fugger dichiaran-
do che non poteva più rinviare l’intaglio del rilievo per il Santo e nel giugno 1574 era già rim-
patriato 47. L’incarico padovano avrebbe impegnato Campagna per i tre anni a venire, al ter-
mine dei quali lo scultore poteva finalmente proporsi in modo autorevole anche sulla scena la-
gunare, dapprima con la Santa Giustina che corona l’ingresso dell’Arsenale, firmata e datata
1578, e quindi con la strepitosa Engelpietà di San Zulian, probabilmente posteriore di un an- 136, 138, VII.
no e a sua volta orgogliosamente siglata 48. L’altorilievo di Campagna è il fulcro della cappella
del Sacramento, attorno a cui ruotano i dipinti di Palma il giovane, di Leonardo Corona e del-
la bottega di Paolo Veronese, nonché gli stucchi di Ottaviano Ridolfi ed i dolenti in terracot-
ta bronzata di Agostino Rubini, nelle nicchie dell’altare 49. Appare insomma evidente il ruolo
da protagonista assegnato a Campagna, anche rispetto ai due scultori dell’officina di un Vit-
toria che, coinvolto nell’impresa, aveva delegato l’incarico ai collaboratori 50. L’Engelpietà, nei
cui angeli è solare il rimando al volto dei figli di Laocoonte 51, è importante non solo perché se- 136, 138, VII.
gna l’affermazione di Campagna a Venezia, ma anche perché inaugura il sodalizio con Cesare
Franco. Il compito di realizzare l’altare del Sacramento su disegno di Giannantonio Rusconi
128 LUCA SIRACUSANO

era infatti ricaduto sul tagliapietra, che aveva quindi coinvolto il giovane veronese, mai diret-
tamente citato nella contabilità della Scuola per l’altorilievo 52. La società era destinata a rico-
stituirsi, questa volta a parti invertite, nella lunga impresa del nuovo altare maggiore della ba-
silica del Santo a Padova.

“Due angeli, pure di marmo, che portano i misteri della Passione di Christo”

La congrega dell’Arca aveva bandito un secondo concorso, il 24 luglio 1579, per un im-
143-144. ponente altare con tabernacolo monumentale, da porre nel presbiterio di Sant’Antonio. Co-
me Campagna stesso avrebbe ricordato nella lettera urbinate, l’artista vinse la tenzone, forte
141. del Miracolo consegnato due anni prima, pur presentando un progetto più costoso degli al-
tri candidati e superando la concorrenza di Segala, ancora battuto, di Franco, col quale subi-
to decise di associarsi, e soprattutto di Vittoria, lo scultore che aveva il grido a Venezia 53. Al-
la sua prima prova sul campo dell’architettura, Campagna decise di avvalersi dell’esperien-
za di Franco, ma lascia perplessi l’eventualità di un apporto del tagliapietra nella fase proget-
tuale. Fu il disegno del veronese, vincitore, ad essere sigillato fra gli atti del concorso; e seb-
bene quel foglio sia oggi perduto, una fonte settecentesca lo ricorda in linea con quanto ven-
ne poi eseguito 54. D’altro canto, solo di recente si è ricominciato ad interrogarsi sul Campa-
gna architetto ed altarista, al quale Temanza dedicò un’attenzione paragonabile a quella tri-
butata al Campagna scultore 55.
Non giova ripercorrere il travagliato iter dell’impresa, ben documentato dalle carte d’archi-
vio, e basterà ribadire che i lavori si protrassero oltre il 1584 fissato in un primo tempo come
termine, giungendo a conclusione solo nel 1587, anche perché Girolamo era ormai sempre più
144. richiesto nella Dominante 56. Si può in ogni modo precisare che agli inizi del 1582 il tabernaco-
lo era decorato da soli “dodeci puttini de bronzo” 57. Procedevano quindi a rilento anche i getti
delle quarantatré statuine in origine sul tempietto. Com’è noto, solo ventiquattro di quei bronzi
si sono conservati, perché in parte sostituiti da fusioni di Bernardo Falconi del 1684 e da altre
del 1742. Ciò che resta è custodito nel Museo Antoniano, dopo che il tabernacolo è stato alie-
nato, nel 1933, alla parrocchiale di Ponte San Nicolò, nella provincia 58.
Con l’altare, Girolamo aveva davvero fatto man bassa, nel volgere di nemmeno un decennio,
delle due maggiori commissioni pubbliche del secondo Cinquecento padovano. Se l’impresa ci
ha privati per sempre del primitivo altare donatelliano, i cui rilievi e le cui sette statue bronzee
furono reimpiegate nell’apparato cinquecentesco 59, il grande retablo di Campagna era desti-
nato ad un altrettanto infausto destino: la definitiva demolizione nel 1895, al tempo della “ri-
composizione dell’altare di Donatello” da parte di Camillo Boito, non fu che il capitolo conclu-
143. sivo di una tormentata vicenda 60. Le riprese fotografiche di cui disponiamo documentano in-
fatti una struttura interpolata già quattro volte. Nel 1651, per esigenze liturgiche e contestual-
mente ai grandi lavori che interessarono il presbiterio, il tabernacolo fu traslato nella cappella
del Gattamelata, che divenne così cappella del Sacramento. Il lombardo Matteo Allio nel 1667
venne quindi incaricato, col successivo coinvolgimento di Baldassarre Longhena, del “finimen-
to dell’ancona”, e cioè del rifacimento della cimasa e dell’aggiunta delle lesene laterali con pla-
GIROLAMO CAMPAGNA 129

stiche volute, facilmente riconoscibili nelle vecchie fotografie. A seguito dell’incendio del 1749,
infine, l’altare venne arretrato nella parte terminale del coro 61. Ma prima ancora che Campagna
e Franco fossero saldati, l’architettura, che non aveva convinto del tutto i presidenti dell’Arca,
subì una modifica sostanziale, sulla quale dobbiamo focalizzare l’attenzione.
Nel novembre 1591 si deliberò di rimuovere tutta la “parte de sopra dell’altare maggiore,
accomodando le statue al modo che le parerà più conveniente” 62: il retablo, pertanto, si com-
poneva in origine di due registri sovrapposti. In assenza di fonti iconografiche, possiamo rico-
struire idealmente quanto è perduto attraverso le parole di fra Polidoro, fonte privilegiata an-
che perché presidente della congrega antoniana. La sua descrizione del secondo ordine, per un
caso davvero fortunato, precede di un anno il più precoce rimaneggiamento:

il piedistallo è incassato di vaghe pietre e due riquadri di bronzo, appresso il quale stanno due statue di
bronzo grandi, situate in uno e nell’altro suo capo […]. Sopra il pedestallo si fermano poi tre nicchi, posti
tra quattro colonne di marmo […] e nelli nicchi si alluogano tre statue grandi di bronzo. Fan bella mostra
sopra questo il freggio, l’architrave, la cornice e il frontespicio [...] e dan compimento alla superba altezza
due sibille figurate in marmo, che si stendono sopra il frontespicio, e due angeli, pure di marmo, che portano i
misteri della Passione di Christo 63.

I bronzi sono quelli quattrocenteschi di Donatello. Se il San Francesco ed il Sant’Antonio si


trovavano negli intercolumni del registro basso, le rimanenti statue del fiorentino abitavano il
piano superiore. La Madonna era nel catino mediano, affiancata da Santa Giustina e San Danie-
le nelle nicchie laterali, mentre i santi Ludovico e Prosdocimo si stagliavano liberi agli estremi
della trabeazione. Una volta ridimensionato il coronamento, queste due sculture furono le sole
a lasciare l’altare per scendere nel presbiterio, tanto che nel Settecento ci si dimenticò della lo-
ro paternità donatelliana: impressiona constatare come ai tempi di Giovanni Battista Rossetti i
due vescovi fossero ritenuti opera di Tiziano Minio 64. A Campagna spettavano invece una cop-
pia marmorea di Sibille, adagiate sugli spioventi del frontone, e i due Angeli acroteriali al som-
mo della cimasa. Se incrociamo quindi la descrizione di Polidoro e le carte d’archivio, si ricava
che le sculture lapidee di Girolamo erano otto in tutto: due altorilievi e sei figure a tutto tondo.
Queste ultime erano ancora in lavorazione nel 1584, poiché il 18 giugno di quell’anno i presi-
denti dell’Arca lamentavano di non aver ancora ricevuto “sei figure di marmo” 65.
È noto che le Vittorie ad altorilievo ed i Profeti del primo ordine, ancora al loro posto nelle
fotografie ante 1895, siano passati dopo quella data nei chiostri antoniani 66. All’appello mancano
invece i quattro marmi dell’attico. Considerato il pregio dei materiali, colonne e capitelli devo-
no esser stati alienati o reimpiegati dopo il 1591, sorte che probabilmente toccò anche all’appa-
rato plastico. Non mi è stato tuttavia possibile rintracciare le Sibille, che potrebbero aver preso
traiettorie imprevedibili, ma gli “angeli, pure di marmo, che portano i misteri della Passione di
Christo” potrebbero non aver mai lasciato il complesso basilicale: vanno probabilmente identi-
ficati nelle due statue alte circa un metro e centoventi centimetri, ora nel Museo Antoniano ed 145, 147.
evidentemente affini ai modi di Campagna, ma fin qui riferite al già citato Matteo Allio, attivo a
Padova dalla metà del XVII secolo 67. Immagini storiche documentano le due figure nella cap- 144.
pella che fu del Gattamelata, ai lati del tabernacolo di Campagna e Franco trasferitovi nel 1651
130 LUCA SIRACUSANO

68
. Di qui l’attribuzione ad Allio, che poggia su un mandato di pagamento del 1655: in quell’an-
no, il lombardo attendeva d’esser liquidato per l’intaglio dell’ultimo pilastro della cappella di
Sant’Antonio e per “angeleti posti al Santissimo” 69.
Conviene aprire una finestra su Allio, che allo stato attuale degli studi è quasi un gemello
scultoreo del contemporaneo Pietro Vecchia, pittore d’invenzione, ma anche falsario e “fanta-
sma di Giorgione” 70. Allio è una figura che intriga. Quando nel 1652 venne incaricato di com-
pletare i pilastri del sacello antoniano, gli fu chiesto di attenersi allo stile di Vincenzo e Gian
Girolamo Grandi, e le candelabre da lui intagliate assieme al fratello Tommaso si mimetizzano
piuttosto bene col lavoro dei suoi predecessori cinquecenteschi. Allo stesso modo, nel 1657,
per il già ricordato “finimento dell’ancona” maggiore, gli fu chiesto di conformarsi al lavoro
di Campagna: ma in questo caso, è bene dirlo, i presidenti dell’Arca si riferivano all’architet-
tura ed agli intagli del retablo, e non alla statuaria 71. Per gli angioletti in esame, invece, non si
145, 147. dispone di un documento con analoghe richieste da parte della committenza. Sostiamo allo-
ra di fronte all’altare di San Francesco, sempre nella basilica del Santo, le cui sculture furono
affidate al lombardo nel 1648 72: la carnosità di quei putti pare inconciliabile coi nostri torni-
ti ed aggraziati fanciulli.
145, 147. La coppia del Museo dev’esser quella che Polidoro vide, nel 1590, al sommo dell’altare mag-
giore. I frammentari oggetti che i fanciulli stringono in pugno, altrimenti inspiegabili, potrebbe-
ro essere ciò che resta dei “misteri della Passione di Christo”, ricordati dalla fonte cinquecen-
tesca. In secondo luogo, gli angioletti hanno senz’altro patito delle interpolazioni, che depon-
144. gono a favore del loro reimpiego. Nelle foto d’epoca, gli inguini sono velati da un pudico pan-
neggio, rimosso in data imprecisata e fissato tramite grappe metalliche che hanno lasciato fori
sul marmo; le stesse ali, ancora applicate alle schiena, non paiono pertinenti. Si può allora pen-
sare che le due sculture, dopo il primo rimaneggiamento dell’altare maggiore, abbiano trovato
posto nell’ordine inferiore della struttura, per poi seguire il tabernacolo nella cappella laterale.
Allio avrebbe in tal caso semplicemente acconciato i due angeli di Campagna. A ben vedere, il
documento del 1655 è però laconico circa il numero, le dimensioni o il materiale degli “angele-
ti” cui allude: la contabilità seicentesca potrebbe non riferirsi neppure alle nostre figure. Quan-
to all’autografia di Campagna, pochi dubbi lascerà un confronto coi putti che in San Salvador
146. giocano col manto della Madonna Dolfin, contemporanei non per nulla all’impresa dell’altare
padovano. I loro corpi sono egualmente flessuosi e la fronte è coronata di una zazzera di ricci
dove il marmo non è lucidato 73.
Le carte del XVII secolo, relative alle modifiche all’altare del Santo, sono preziose anche
perché, in esse, i membri della congrega definiscono Campagna “il principal scultore che habbi
operato nell’Arca” 74. Malgrado le difficoltà riscontrate durante i lavori, e nonostante le imme-
diate modifiche apportate alla struttura, Girolamo era senz’altro diventato lo scultore di riferi-
mento per Padova e a dimostrazione del suo rapporto privilegiato col tempio francescano stan-
no alcuni incarichi minori, registrati nei documenti ed oggi difficili da rintracciare. Si tratta di
opere eseguite talvolta con l’amico Dario Varotari, assieme al quale, sempre nel Padovano, Gi-
rolamo aveva operato in quel torno d’anni nella villa Emo Capodilista a Montecchia di Selvaz-
zano 75. Sorge insomma il sospetto che tra le campate della basilica non possa celarsi qualche al-
tra scultura inedita di Campagna 76.
GIROLAMO CAMPAGNA 131

Il monumento di Girolamo Girelli

In perfetta contemporaneità con l’accidentata costruzione dell’altare venne infatti realizzato


nella chiesa un monumento che, per committenza e dedicatario, è quanto di più legato si pos- 148.
sa immaginare alla Veneranda Arca ed al cenobio patavino dei minori conventuali. Il 22 dicem-
bre 1579, a poco più di un mese dalla stipula del contratto con Campagna e Franco, frate Mas-
simiano Beniami da Crema, membro ecclesiastico della congrega preposta alla cura della basili-
ca, presentò al Consiglio cittadino una supplica per erigere una memoria in onore del suo con-
fratello Girolamo Girelli, deceduto nel 1573, del quale si professava allievo 77. Girelli è annove-
rato fra i religiosi del Santo che detennero una cattedra dell’Università di Padova e fu in effetti
il maestro di Beniami: dopo aver letto nelle aule di Perugia, Bologna e Pavia, nel 1539 il france-
scano era stato convocato nella città veneta per insegnare teologia scotista, incarico che Girel-
li ricoprì fino al 1565 78. Il 18 gennaio 1580, il Consiglio patavino rispose in modo positivo alla
supplica ed acconsentì all’erezione di un monumento in “quel locho nella chiesa del Santo, che
è subito dentro dalla porta grande a banda destra, dove è la memoria del quondam fra Simo-
neto” 79. Il rinvio è a Simone Ardeo, cui Girelli era succeduto sulla cattedra universitaria e che
aveva avuto l’onore di un’edicola intagliata dopo il 1548 da Vincenzo e Gian Girolamo Grandi
80
. Si decise in tal modo di accostare i due teologi francescani, che avevano occupato da vivi lo
stesso insegnamento: i notabili patavini erano soliti orchestrare, attraverso le delibere consilia-
ri, il gioco dei riscontri ‘tematici’ fra le tombe della navata antoniana 81.
Prima di concentrarci sul monumento Girelli, è però necessaria una digressione per precisa-
re il contesto in cui l’opera vide la luce. Va infatti chiarito perché la memoria sia stata richiesta
a sette anni dalla morte del teologo e perché l’epigrafe tramandi, in veste di committenti al fian-
co di Beniami, anche i padri di San Francesco a Brescia 82. Alla morte del professore, bresciano
d’origine, la postazione conventuale di Padova e quella della città lombarda si contesero infatti
in modo davvero aspro l’eredità materiale del confratello defunto. Il pomo della discordia era
incarnato da un ingente credito che Girelli vantava presso la Veneranda Arca di Sant’Antonio,
cui il religioso aveva prestato nel 1559 la ragguardevole somma di cinquecento ducati, di cui
solamente duecento erano stati affrancati prima del 1573 83. Andrà a questo proposito ricorda-
to che Girelli venne accolto “summo applausu” nel convento antoniano solo pochi giorni dopo
quel prestito: professore a Padova dal 1539, e reggente del cenobio di Sant’Antonio dal 1549,
il frate era evidentemente rimasto incardinato, fino a quel momento, nella postazione convenu-
tale di San Francesco a Brescia 84. Con una supplica del 13 settembre 1564, l’anziano ed acciac-
cato professore chiese inoltre al guardiano del convento veneto, “lacrimosis oculis”, di potersi
finalmente ritirare nella sua città natale, dopo un quarto di secolo trascorso nelle aule del Gin-
nasio patavino e dopo aver preso parte al Concilio di Trento 85. Non sappiamo quando Girelli
intraprese il suo viaggio, ma è certo che il teologo sia morto nell’infermeria bresciana il 5 mar-
zo 1573, alla veneranda età di ottantatré anni.
Simili contese intorno all’eredità di un frate non erano infrequenti nel XVI secolo, qualora il
decesso del religioso si fosse verificato presso un convento diverso da quello di appartenenza 86.
La questione si faceva però ancor più spinosa, poiché i padri lombardi si dichiaravano in pos-
sesso di un taccuino in cui, alla data 18 dicembre 1572, il teologo esprimeva la volontà di devol-
132 LUCA SIRACUSANO

vere all’infermeria di Brescia i trecento ducati del suo credito presso l’Arca 87. I delegati del con-
vento padovano si opposero strenuamente a quel lascito e giunsero ad accusare i religiosi lom-
bardi di aver confezionato un falso, poiché secondo il loro giudizio il manoscritto non recava la
grafia del professore 88. I bresciani, per altro verso, contestavano le stesse modalità d’elezione
di Girelli a padre del cenobio patavino, a loro dire difformi dagli articoli delle costituzioni ales-
sandrine che regolano i rapporti fra le sedi francescane: qualora l’assunzione di Girelli si fosse
confermata invalida, a Padova non avrebbero potuto accampare pretese sui beni del confratel-
lo defunto 89. Ad una risoluzione si giunse solo il 28 luglio 1579, quando, sul campo neutro del
cenobio di San Fermo maggiore a Verona, la donazione di Girelli fu tenuta per buona e l’Arca
148. perse i trecento ducati 90. La supplica di Beniami per l’erezione del monumento Girelli segue di
pochi mesi la fine della contesa: la commissione congiunta di fra Massimiano e dei padri di Bre-
scia dovette insomma suggellare la ritrovata pace fra le due sedi conventuali.
Beniami, promotore dell’edicola, figura come presidente dell’Arca “loco reverendi provin-
cialis” in gran parte dei documenti relativi alle commissioni antoniane di Campagna. Non da
ultimo, lo ritroviamo come membro dell’ente nelle due sedute che decretarono la vittoria del-
141. lo scultore al concorso per il Miracolo del giovane di Lisbona, in data 18 dicembre 1573, ed in
143-144. quello per l’altare maggiore, in data 24 luglio 1579 91. La biografia del committente, inoltre, ci
permette di circoscrivere l’arco di tempo in cui il monumento Girelli venne eseguito. In calce
all’epigrafe, Beniami compare infatti come “inquisitor Paduae”, incarico ricoperto dal crema-
sco solo fino al 19 settembre 1585, quando papa Sisto V lo innalzò alla cattedra episcopale di
Chioggia 92. La qualifica di inquisitore attribuita a Beniami permette dunque di datare il monu-
mento al lustro 1580-1585. In ogni modo, l’opera fu senza dubbio eseguita entro il 1590, quan-
do fra Polidoro pubblicò l’epitaffio 93.
149-150. La collocazione piuttosto defilata dell’edicola ha contribuito a mantenere il busto di Girola-
mo Girelli, opera di qualità davvero sostenuta, a margine degli studi di scultura veneta del Cin-
148. quecento 94. Piuttosto esigua è infatti la superficie del pilastro in cui fu incassata la memoria,
quasi schiacciata dalla mole della controfacciata. Iacopo Filippo Tomasini, tuttavia, nel Seicen-
to definiva quel punto della chiesa “locus sublimis” per il monumento, che doveva in effetti ri-
sultare d’immediata visibilità per quanti accedevano alla basilica 95. L’ingombro di una spropo-
sitata bussola novecentesca cela però l’opera a quanti varchino oggi l’ingresso maggiore, obbli-
gando ad approcciare il monumento da un punto di vista estremamente ribassato, o ad una ve-
duta di sbieco da distanza siderale. Le riprese fotografiche ci aiutano a superare il voluminoso
146. ostacolo e permettono l’attribuzione a Campagna del pregevole ritratto marmoreo.
Anche a prescindere dalle tangenze documentarie fra il committente ed il nostro scultore, po-
chi dubbi lascerà un confronto con quello che, fino ad oggi, era ritenuto il primo busto esegui-
149-150. to da Girolamo. L’effigie di Francesco Bassano, un tempo sulla memoria dell’artista nella chie-
sa bassanese di San Francesco ed oggi nel locale Museo civico, data a dopo il 1592, anno del
151. suicidio del pittore ed amico di Campagna 96. Nel busto del teologo bresciano vengono antici-
150. pate alcune soluzioni morfologiche che ritroveremo puntuali sul volto dello sfortunato figlio di
Jacopo, come la pronunciata carnosità del labbro inferiore, l’andamento dei baffi che ricadono
ad incorniciare gli angoli della bocca, la robusta canna nasale che si allarga nel tratto mediano
151. e persino la pupilla resa vibrante con una scalpellatura a goccia. Analoga è poi la capacità di re-
GIROLAMO CAMPAGNA 133

stituire nel marmo l’elasticità delle carni e dei fasci muscolari della fronte aggrottata. Gli effet-
ti tattili raggiungono però nell’opera padovana esiti ancora più pregevoli, specie nella mollezza
delle occhiaie pendule e nelle gote infossate dell’ottuagenario maestro di teologia scotista. In fa-
vore della precocità del busto Girelli su quello Bassano, assieme ai dati esterni forniti dalla bio- 150.
grafia di Beniami, depone la maniera di scavare col trapano le ciocche di capelli scampate alla 131, 133, 136, 138-140,
tonsura, ancora vicine alle matasse brulicanti delle teste bavaresi e dell’Engelpietà di San Zulian. VII.
Autografa del maestro è pure la piccola figura lapidea che si staglia sul frontone del monu- 152.
mento. La sua iconografia non è d’immediata lettura, ma sarà ovviamente da scartare la pista che
conduce a San Giovanni, pur in presenza di un gran libro e di un’aquila, attributi consueti del
più giovane degli evangelisti. Per quanto raffigurato talvolta d’aspetto efebico, l’apostolo predi-
letto non poteva certo presentarsi a capo velato ed in vesti così scopertamente femminili. È più
probabile che la scultura sia da leggere in rapporto alla vita speculativa di Girelli, professore per
un quarto di secolo all’Università di Padova ed autore di un proemio alla Fisica di Aristotele 97.
Potremmo pertanto trovarci di fronte ad una figura allegorica, magari elaborata sulla base di un
testo assai fortunato nella Padova del Cinquecento e non solo, come gli Hieroglyphica di Pierio
Valeriano, dove l’aquila è associata alle doti di “ingenium velox” e di “alta cogitatio” 98. Quan-
to allo stile, ancora una volta la statuina si presta a confronti con un Campagna giovane o nel- 152.
la sua prima maturità, ed ecco che il panneggio steso in lunghe pieghe falcate, la mimica magni-
loquente ed il volto affilato, coi caratteristici occhi racchiusi da palpebre turgide, fanno pensare
alle statue in stucco che dominano l’aula di San Sebastiano a Venezia. Un’iscrizione oggi muti- 153.
la, ma ben leggibile ai tempi di Emmanuele Antonio Cicogna, assicura che le sculture veneziane
siano state modellate nel 1582 99.
Quanto all’architettura dell’edicola, l’invenzione delle erme a sostegno di una trabeazione 148.
spezzata con frontone triangolare dev’esser mutuata dall’adiacente monumento grandiano per
Simone Ardeo, citato non a caso nell’approvazione accordata dal Consiglio di Padova: non era-
no dopotutto infrequenti, nella basilica del Santo, i casi di concessioni revocate qualora i depu-
tati cittadini avessero giudicato disarmonico il disegno di una nuova memoria rispetto alle ope-
re circonvicine 100. In ogni modo, nei rilievi che decorano l’edicola si palesa uno scadimento del-
la qualità esecutiva. Le inespressive erme che sostengono la trabeazione o quelle che si curvano
in modo un poco impacciato fra i cartocci della targa, così come il sordo mascherone femminile
che si staglia al centro dello zoccolo, non convincono del tutto e lasciano pensare all’esecuzione
di un aiuto meno qualificato. Nel lustro 1580-1585, Campagna era dopotutto pressato non solo
dagli stessi membri dell’Arca per la consegna dell’altare maggiore, ma anche dalle commissio-
ni veneziane, come le già citate statue per San Sebastiano, il Redendore di San Moisè e le prime
opere per Palazzo ducale, nel contesto della decorazione della residenza dopo gli incendi degli
anni settanta 101. È da pensare che Campagna abbia qui delegato l’intaglio ad un maestro loca-
le, magari quel Marcantonio de Surdis, allievo di Agostino Zoppo, che compare nella contabi-
lità del Santo per aver eseguito alcuni scalini dell’altare maggiore 102.
In conclusione, l’avvio di carriera del nostro artista fu per davvero legato a doppio filo al San-
to di Padova, in accordo con quanto Girolamo medesimo avrebbe più tardi scritto nella lettera
urbinate, da cui abbiamo preso le mosse. La produzione di busti pseudo-antichi invita poi a ri- 129-130, 139-140.
considerare il debito con la cultura antiquaria patavina, incarnata da un mentore di chiara fama
134 LUCA SIRACUSANO

149-150. quale Mantova Benavides. L’aggiunta del busto Girelli, infine, oltre a confermare il rapporto pri-
vilegiato con la basilica antoniana, viene a rimpinguare una produzione notoriamente meno for-
tunata dello scultore, quella dei busti-ritratto, che fino ad oggi poteva vantare solo cinque opere
certe 103. A Venezia era assai difficile sottrarsi al magistero di Vittoria nel genere del ritratto scol-
pito: l’ancora giovane Campagna, nel suo primo busto padovano, si mostra non solo autonomo,
ma anche altamente competitivo proprio sul terreno in cui Vittoria costruì il suo primato lagunare.

* Desidero ringraziare, per la disponibilità dimostrata durante lo svolgimento di questa ricerca, Giulia Foladore dell’Archivio
storico della Veneranda Arca di Sant’Antonio di Padova, Chiara Giacon del Centro Studi Antoniani di Padova, Franz Karg dell’Archiv
der Fürsten und Grafen Fugger di Dillingen ed Alessandra Menegazzi del Museo di Scienze archeologiche e d’Arte dell’Università di
Padova. Le immagini 145 e 147 si devono a Giorgio Deganello ed appartengono alla fototeca del Centro Studi Antoniani di Padova.

1
T. TEMANZA, Vite dei più celebri architetti e scultori veneziani che fiorirono nel secolo decimosesto, Venezia 1778, pp. 519-
528; L. PLANISCIG, Venezianische Bildhauer der Renaissance, Wien 1921, pp. 527-550; P. ROSSI, Girolamo Campagna, Verona 1968
(“Monografie d’arte”, 8); W. TIMOFIEWITSCH, Girolamo Campagna. Studien zur venezianischen Plastik um das Jahr 1600, München
1972; Campagna, Girolamo, in The Dictionary of Art, a cura di J. Turner, 5, London-New York 1996, pp. 531-534; H. FROSIEN-
LEINZ, Campagna, Girolamo (Gerolamo), in Saur. Allgemeines Künstler-Lexikon. Die Bildenden Künstler aller Zeiten und Völker,
15, München-Leipzig 1997, pp. 692-695; A. BACCHI, Girolamo Campagna (Verona, 1549 - Venezia, post 1617), in “La bellissima
maniera”. Alessandro Vittoria e la scultura veneta del Cinquecento, a cura di A. Bacchi - L. Camerlengo-M. Leithe-Jasper, catalogo
della mostra di Trento, Trento 1999, pp. 399-405; ID., Girolamo Campagna, in La scultura a Venezia da Sansovino a Canova, a cu-
ra di A. Bacchi, con la collaborazione di S. Zanuso, Milano 2000, pp. 715-718; P. ROSSI, Girolamo Campagna (Verona 1549, Vene-
zia? 1621/1625, ante 18 giugno), in Donatello e il suo tempo. Il bronzetto a Padova nel Quattrocento e nel Cinquecento, a cura di
A. Augusti Ruggeri - M. De Vincenti, catalogo della mostra di Padova, Milano 2001, pp. 331-337; V. AVERY, Girolamo Campagna,
in The Encyclopedia of Sculpture, a cura di A. Boström, 3 voll., New York-London 2004, I, pp. 238-241. Largo spazio è dedicato
allo scultore anche in A. VENTURI, Storia dell’arte italiana. X. La scultura del Cinquecento, 3 voll., Milano 1935-1937, III, pp. 207-
264, mentre più contenuto ed in larga misura dipendente da Temanza è il profilo tracciato da L. CICOGNARA, Storia della scultura
dal suo risorgimento in Italia fino al secolo di Canova, 7 voll., Prato 1823-1824, seconda edizione, V, pp. 282-285.
2
Nella trascrizione è stata inserita la punteggiatura secondo l’uso moderno. Il medesimo criterio è stato adottato per tut-
te le citazioni all’interno di questo contributo. Per la lettera, cfr. G. GRONAU, Documenti artistici urbinati, Firenze 1936 (“Raccol-
ta di fonti per la storia dell’arte”), ed. con un saggio di G. Perini Folesani, Urbino 2011, pp. 244-245, nr. CCCLXXXV.
3
Cfr. il pionieristico studio di G. GRONAU, Die Statue des Federigo di Montefeltro im herzoglichen Palast von Urbino, in
‘Mitteilungen des Kunsthistorisches Institutes in Florenz’, III, 1930, 5, pp. 254-267. Per un giudizio sulla statua infine eseguita,
basata su progetti grafici di Federico Barocci, cfr. BACCHI, Girolamo... cit. (nota 1), pp. 401-402.
4
Sui rilievi della cappella di Sant’Antonio cfr. P. STEPAN, Die Reliefs der Cappella del Santo in Padua. Quellenstudien und
Untersuchungen zu ihrer Ikonographie, Inaugural-Dissertation (Ludwig Universität, München), München 1982; S. BLAKE WILK,
La decorazione cinquecentesca della Capella dell’Arca di S. Antonio, in Le sculture del Santo di Padova, a cura di L. Lorenzoni, Vi-
cenza 1984, pp. 109-171; A. MARKHAM SCHULZ, Four New Works by Antonio Minello, in ‘Mitteilungen des Kunsthistorischen In-
stitutes in Florenz’, XXXI, 1987, 2-3, pp. 291-236; B. BOUCHER, The Sculpture of Jacopo Sansovino, 2 voll., New Haven 1991, II,
pp. 336-338, catt. 29-30; S. BLAKE MCHAM, The Chapel of St. Anthony at the Santo and the Development of Venetian Renaissance
Sculpture, Cambridge 1994; M. ROSSI, La poesia scolpita. Danese Cataneo nella Venezia del Cinquecento, Lucca 1995, pp. 146, 155-
156; A. MARKHAM SCHULZ, Giammaria Mosca called Padovano, a Renaissance Sculptor in Italy and Poland, 2 voll., University Park,
Pa. 1998, speciatim I, pp. 55-60, 193-204, doc. III; S. BLAKE MCHAM, La bottega dei Lombardo alla Cappella di S. Antonio e la te-
oria di Pomponio Guarico, in I Lombardo, architettura e scultura a Venezia tra ‘400 e ‘500, a cura di A. Guerra - M. Morresi - R.
Schofield, Venezia 2006, pp. 225-239; A. MARKHAM SCHULZ, La scultura di Sante Lombardo, in ‘Arte veneta’, LXVI, 2009, pp. 37-
51, speciatim 41-43; La cappella dell’Arca di Sant’Antonio nella Basilica di Padova. Marmi antichi, storia e restauro (2008-2009), a
cura di L. Pertoldi, Padova 2011.
5
Nelle piazze e nelle chiese della Serenissima non figuravano ancora opere di sua mano, sebbene al conferimento della
commissione Girolamo avesse ventiquattro anni, e non ventidue come affermato nella lettera al duca. La data di nascita di Campa-
gna cade fra l’11 gennaio ed il 26 marzo 1549, in base alle anagrafi della contrada di San Marco a Verona rese note da G. LUDWIGS,
GIROLAMO CAMPAGNA 135

Archivalische Beiträge zur Geschichte der Venezianischen Kunst, a cura di W. Bode - G. Gronau - D. Hadeln, Berlin 1911 (“Italie-
nische Forschungen”, IV), pp. 32-33. Cfr. TIMOFIEWITSCH, Girolamo... cit. (nota 1), pp. 14-15.
6
Che l’incontro fra Campagna ed il suo maestro Cattaneo fosse avvenuto a Verona, dove in Sant’Anastasia il carrarese
aveva ultimato nel 1565 il Monumento a Giano Fregoso, era già chiaro a Tommaso Temanza, cui dobbiamo la pubblicazione del
documento in esame. Cfr. Venezia, Archivio di stato (d’ora in avanti ASVe), Procuratie de supra, b. 77, proc. 181, c. 20r; TEMAN-
ZA, Vite... cit. (nota 1), p. 519. Si tratta della deposizione resa il 10 giugno 1572 da un cimatore veneziano nell’ambito della causa
intentata da Francesco Sansovino contro la Procuratia di San Marco, per il pagamento della porta bronzea della sacrestia marcia-
na. Le due parti dovevano far stimare il lavoro del defunto Jacopo Sansovino e Francesco aveva candidato Girolamo Campagna
quale perito. La sua nomina, tuttavia, fu respinta dagli avvocati della Procuratoria, che giudicarono il giovane artista troppo vici-
no alla cerchia del Tatti in quanto allievo di Cattaneo. Per la vicenda, cfr. BOUCHER, The Sculpture... cit. (nota 4), I, pp. 71-72, 235-
240, nr. 262-294.
7
Per la fortuna di Danese Cattaneo sul finire della carriera, cfr. ROSSI, La poesia... cit. (nota 4), pp. 190-191. La citazio-
ne è dalla delibera del 27 dicembre 1571 con cui i presidenti della Veneranda Arca di Sant’Antonio affidavano il rilievo al maestro
carrarese. Padova, Archivio storico della Veneranda Arca di Sant’Antonio (d’ora in avanti, AdA), reg. 59, c. 54v; A. SARTORI, Ar-
chivio Sartori. Documenti di storia e arte francescana. I. Basilica e convento del Santo, a cura di G. Luisetto, Padova 1983, pp. 351-
352, nr. 304.
8
È assodato che l’esecuzione del rilievo fosse solo alle battute iniziali alla morte di Cattaneo. Lo si evince anche dalla pro-
posta di Antonio Gallina di reimpiegare il marmo per la prospettiva lapidea da collocare sopra il riquadro. Cfr. ultra, nota 9. Da-
nese Cattaneo dettò il proprio testamento a Padova il 28 settembre 1572. Padova, Archivio di stato (d’ora in avanti ASPd), Nota-
rile, Andrea Talento, b. 1180, cc. 597v-599r. Il documento è stato pubblicato da E. RIGONI, Testamenti di tre scultori del Cinque-
cento, in ‘Archivio Veneto’, XXII, 1938, pp. 86-106, ora in EAD., L’arte rinascimentale in Padova. Studi e documenti, Padova 1970,
pp. 217-237, speciatim 232-233, doc. IV. Lo scultore era già morto il 27 novembre successivo, quando i presidenti dell’Arca eles-
sero Vincenzo Grandi per stimare il lavoro svolto dal defunto Danese. ASPd, Notarile, Giovanni Francesco Ottaviani, b. 2501, c.
79r, pubblicato in RIGONI, Testamenti... cit. (nota 8), pp. 231-232, doc. III; SARTORI, Archivio... cit. (nota 7), p. 352, nr. 312. Per il
perito nominato dagli eredi di Cattaneo, cfr. ultra, nota 9.
9
Francesco Segala, peraltro, il 27 novembre 1572 era stato eletto perito di parte degli eredi di Cattaneo per stimare il la-
voro condotto sul rilievo. In quel frangente, a rappresentare i legatari del carrarese era significativamente Girolamo Campagna.
Anche alla luce di questa tangenza documentaria è da pensare che il bersaglio polemico di Segala sia Giovanni Battista Della Por-
ta, e non il giovane scultore veronese, come fin qui supposto dalla critica. Per la nomina di Segala alla presenza di Campagna, cfr.
ASPd, Notarile, Giovanni Francesco Ottaviani, b. 2501, c. 79v; SARTORI, Archivio... cit. (nota 7), p. 352, nr. 313. A portare all’atten-
zione degli studi la partecipazione del Della Porta al concorso è stato S. TUMIDEI, Scultura e pittura a confronto, a Venezia, nell’età
di Vittoria, in “La bellissima maniera”... cit. (nota 1), pp. 107-125, speciatim 121. Cfr. ora G. IOELE, Profilo biografico e stilistico del
Cavaliere Giovanni Battista Della Porta, in Scultura a Roma nella seconda metà del Cinquecento, a cura di W. Cupperi - G. Exter-
man - G. Ioele, San Casciano V. P. 2012, pp. 151-202, speciatim 153-154. Per i documenti lauretani sul Della Porta, cfr. K. SORDI,
Documenti per l’ornamento marmoreo della Santa Cappella di Loreto, in F. GRIMALDI - K. SORDI, L’ornamento marmoreo della Santa
Cappella di Loreto, Loreto 1999, pp. 135-281, speciatim 274-276. Per le candidature degli scultori, cfr. AdA, reg. 6, pp. 8-9, 15-25;
SARTORI, Archivio... cit. (nota 7), p. 353, nr. 320. Antonio Gallini si offriva di eseguire il rilievo ex novo, senza avvalersi del marmo
“già bozzato” da Cattaneo
10
La citazione è dalla candidatura di Girolamo Campagna, cfr. AdA, reg. 6, pp. 17-19; SARTORI, Archivio... cit. (nota 7),
p. 353, nr. 320.
11
Per il testamento di Danese, cfr. supra, nota 9. Dalla delibera dei presidenti dell’Arca del 18 dicembre 1573 apprendia-
mo poi che Cattaneo aveva “pregato il reverendo messer Baldissera da Padoa, all’hora benemerito guardiano di questo loco, et
messer Giacomo Bambagion, suo amico, che volessero pregar li reverendi et magnifici presidenti a dar detto quadro da finire a es-
so messer Hieronimo suo discepolo”. ASPd, Notarile, Giovanni Francesco Ottaviani, b. 2501, c. 98r. SARTORI, Archivio... cit. (no-
ta 7), p. 354, nr. 322.
12
La lettera fu pubblicata per la prima volta da B. GONZATI, La basilica di Sant’Antonio di Padova, 2 voll., Padova 1852-
1853, I, p. CI, doc. XCIII. Per un recente profilo di Marco Mantova Benavides, cfr. F. TOMASI - C. ZENDRI, Mantova Benavides,
Marco, in Dizionario biografico degli italiani, 69, Roma 2007, pp. 214-220. Va detto che l’inventario del 1695, redatto dal pronipo-
te Andrea, offre un’immagine inevitabilmente parziale della raccolta, anche perché stilato in un momento ormai lontano dal mas-
simo splendore: a quel tempo, probabilmente, molti dipinti erano già dispersi. Proprio mentre completo questo contributo, vie-
ne pubblicato Un museo di antichità nella Padova del Cinquecento. La raccolta di Marco Mantova Benavides all’Università di Pado-
va, a cura di I. Favaretto - A. Menegazzi, Roma 2013 (“Collezioni e musei archeologici nel Veneto”, 43), cui rinvio per la raccolta
136 LUCA SIRACUSANO

del giurista. Cfr. inoltre L. POLACCO, Il museo di Marco Mantova Benavides e la sua formazione, in Arte in Europa. Scritti in onore
di Edoardo Arslan, 2 voll., Milano 1966, I, pp. 665-673; B. CANDIDA, I calchi rinascimentali della collezione Mantova Benavides nel
Museo del Liviano a Padova, Padova 1967; I. FAVARETTO, Andrea Mantova Benavides. Inventario delle antichità di casa Mantova Be-
navides - 1695, in ‘Bollettino del Museo civico di Padova’, LXI, 1972, pp. 35-164; EAD., Alessandro Vittoria e la collezione di Mar-
co Mantova Benavides, in ‘Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Classe di Scienze morali, Lettere ed Arti’, CXXXV,
1976-1977, pp. 401-411; EAD., Marco Mantova Benavides tra libri statue, monete, in ‘Atti dell’Istituto Veneto di Lettere, Scienze ed
Arti. Classe di Scienze morali, Lettere ed Arti’, CXXXVIII, 1979-1980, pp. 81-94; EAD., Il museo di Marco Mantova Benavides, in
Palladio e Verona, a cura di P. Marini, catalogo della mostra di Verona, Venezia 1980, pp. 134-138; Marco Mantova Benavides. Il
suo museo e la cultura padovana del Cinquecento, atti della giornata di studio (Padova, 12 novembre 1983), a cura di I. Favaretto,
Padova 1984; E. DWYER, Marco Mantova Benavides e i ritratti di giureconsulti illustri, in ‘Bollettino d’arte’, LXXVI, 1990, 64, pp.
59-70; I. FAVARETTO, La fortuna del ritratto antico nelle collezioni venete di antichità: originali, copie e “invenzioni”, in ‘Bollettino
d’arte’, LXXVIII, 1993, 79, pp. 65-72; EAD., Ritratti all’antica nel Veneto in età rinascimentale. Il caso del “Nerone” Mantova Bena-
vides, in Studi di archeologia della X Regio in ricordo di Michele Tombolani, a cura di B. M. Scarfi, Roma 1994, pp. 567-573; EAD.,
Problemi di “teste” e di altre cose: Alessandro Vittoria e gli artisti del suo tempo a confronto con l’arte classica, in Alessandro Vittoria
e l’arte veneta della maniera, atti del convegno internazionale di studi (Udine, 26-27 ottobre 2000), a cura di L. Finocchi Ghersi,
Udine 2001, pp. 163-173; M. L. BIANCO, Saggio di lettura di un museo cinquecentesco. La raccolta di Marco Mantova Benavides. I.
L’immagine dell’antico nella composizione e nell’allestimento, in Iconografia 2001. Studi sull’immagine, atti del convegno (Padova,
30 maggio – 1 giugno 2001), a cura di I. Colpo - I. Favaretto - F. Ghedini, Roma 2002, pp. 495-510; G. BODON, Per la fortuna del-
la Colonna Traiana nella cultura antiquaria veneta del Rinascimento, in ID., Veneranda antiquitas. Studi sull’eredità dell’antico nel-
la Rinascenza veneta, Bern 2005, pp. 227-242; V. MANCINI, Aliquod de “Marco Mantova Benavides mecenate e raccoglitore di pittu-
re”, in ID., “Vertuosi” e artisti. Saggi sul collezionismo antiquario e numismatico tra Padova e Venezia nei secoli XVI e XVII, Pado-
va 2005, pp. 81-100; S. PIERGUIDI, Sull’iconografia dei vasi pseudoantichi della collezione di Marco Mantova Benavides, in ‘Bolletti-
no del Museo civico di Padova’, XCVII, 2008, pp. 103-111; G. BODON, Heroum imagines. La Sala dei Giganti a Padova. Un monu-
mento della tradizione classica e della cultura antiquaria, Venezia 2009, ad indicem.
13
Il 10 novembre 1573 i presidenti dell’Arca inviarono una lettera ad un anonimo patrizio di stanza a Venezia per informar-
si circa le opere di Della Porta custodite nelle case Mocenigo e Assonica e circa quelle di Campagna possedute da Giacomo Conta-
rini. Queste ultime furono giudicate in modo positivo, come apprendiamo dalla successiva delibera del 18 dicembre. Cfr. AdA, b.
968, 10 novembre 1573; ASPd, Notarile, Giovanni Francesco Ottaviani, b. 2501, c. 98r; SARTORI, Archivio... cit. (nota 7), pp. 352,
nr. 316, 352, nr. 322. Per il mecenatismo del Contarini, cfr. M. HOCHMANN, La collection de Giacomo Contarini, in ‘Mélanges de l’E-
cole Française de Rome. Moyen âge, temps modernes’, XCIX, 1987, pp. 447-489; E. BRAGAGLIA, Jacopo Contarini, l’innovatore, in
‘Ex libris’, IV, 2005, pp. 4-8; M. HOCHMANN, Giacomo Contarini, in Il collezionismo d’arte a Venezia. Dalle origini al Cinquecento, a
cura di M. Hochmann - R. Lauber - S. Mason, Venezia 2008, pp. 143-163, speciatim 160. Per i legami fra Giuseppe Porta Salviati
ed il patrizio, cfr. ID., Giuseppe Porta e la decorazione di palazzo Contarini dalle Figure, in ‘Arte veneta’, LIX, 2002, pp. 238-246.
14
ASPd, Notarile, Giovanni Francesco Ottaviani, b. 2501, c. 98r; SARTORI, Archivio... cit. (nota 7), p. 352, nr. 322.
15
ASPd, Notarile, Giovanni Francesco Ottaviani, b. 2501, c. 108r; SARTORI, Archivio... cit. (nota 7), p. 354, nr. 323.
16
Per altro verso, Marco Mantova Benavides si adoperò per garantire l’inserimento di Bartolomeo Ammannati a Roma e di
Lambert Sustris in Baviera. Cfr. V. MANCINI, Lambert Sustris a Padova. La villa Bigolin di Selvazzano, Selvazzano Dentro 1993 (“Sel-
vazzano Dentro. Quaderni di storia locale”, 5), pp. 99-100. Per il caso di Tintoretto cfr. L. PUPPI, Il “Colosso” del Mantova, in Es-
says presented to Myron P. Gilmor, a cura di S. Bertelli - G. Ramakus, 2 voll., Florence 1978, II, pp. 312-329, speciatim 325, nota 21;
ID., Committenza e ideologia urbana nella pittura padovana del ‘500. L’anno Quaranta e l’ipotesi di una “scuola”, in Dopo Mantegna.
Arte a Padova e nel territorio nei secoli XV e XVI, a cura di C. Bellinati et al., Milano 1976, pp. 69-72, speciatim 71; L. OLIVATO, ibi-
dem, pp. 80-81, cat. 48; E. SACCOMANI, Padova 1540-1570, in La pittura nel Veneto. Il Cinquecento, a cura di M. Lucco, 3 voll., Mi-
lano 1998, II, pp. 555-616, speciatim 570-571; V. MANCINI, “In domo quiriniana [...]”. Nuova luce su una famiglia di collezionisti ed
antiquari nella Padova del Cinquecento, in ID., “Vertuosi”... cit. (nota 12), p. 76-77, nr. IV; BODON, Heroum... cit. (nota 12), p. 43.
17
FAVARETTO, Andrea Mantova... cit. (nota 12), pp. 124-125, nr. 246. Il perduto modello in terracotta rientra fra i casi spi-
nosi dell’inventario. La descrizione fornita dall’estensore si sovrappone infatti alla “statua d’huomo dormiente di Bartolomeo Am-
mannato, molto lodata dagli statuari” e da Angelo Portenari, che nel 1629 la ricordava dopo la sua visita al palazzo. Cfr. A. POR-
TENARI, Della felicità di Padova, Padova 1623, p. 459; P. KINNEY, The Early Sculpture of Bartolomeo Ammanati, New York 1976, p.
459. Secondo il documento seicentesco, Campagna avrebbe donato al giurista anche un suo ritratto dipinto da Leandro Bassano,
rintracciato da Edoardo Arslan presso le raccolte reali inglesi. Se la provenienza della tela dalla collezione Mantova Benavides è
universalmente accolta, l’identificazione del sitter è stata giustamente corretta da Claudia Kryza-Gersch in Tiziano Aspetti. Cfr. E.
ARSLAN, I Bassano, 2 voll., Milano 1960, I, pp. 244, 252, nota 25; C. KRYZA-GERSCH, Leandro Bassano’s Portrait of Tiziano Aspetti,
GIROLAMO CAMPAGNA 137

in ‘The Burlington Magazine’, CXL, 1998, 1141, pp. 265-267. Il ritratto è pubblicato con la vecchia identificazione in Girolamo
Campagna da E. FIORENTINI, Identità artistica nella retorica del mezzo espressivo. Vittoria, Campagna e altri scultori ritratti da pittori
e il ruolo del bozzetto nel Veneto, in Il ritratto nell’Europa del Cinquecento, atti del convegno (Firenze, 7-8 novembre 2002), a cura
di A. Galli - C. Piccinini - M. Rossi, Firenze 2007, pp. 217-241, speciatim 232-233. Cfr. comunque le riserve in merito all’identifi-
cazione in Tiziano Aspetti espresse da C. DAVIS, Titian, ‘A singular friend’, in Kunst Humanismus. Festschrift für Gosbert Schüßler
zum 60. Geburtstag, a cura di W. Augustyn - E. Leuschner, Passau 2007, pp. 261-301, speciatim 298, nota 59. Molte sono le vo-
ci problematiche dell’inventario del 1695: si pensi ad esempio al bronzetto coi Tre cavalli oggi alla Ca’ d’Oro, certamente lavoro
della prima metà del Cinquecento, forse opera di Andrea Riccio, ma rubricato dal pronipote del giurista come opera dell’Aspetti.
Cfr. FAVARETTO, Andrea Mantova... cit. (nota 12), p. 93, cat. 96; A. AUGUSTI, in Rinascimento e passione per l’antico. Andrea Riccio
e il suo tempo, a cura di A. Bacchi - L. Giacomelli, catalogo della mostra, Trento 2008, p. 376, cat. 65.
18
ASPd, Notarile, Giovanni Francesco Ottaviani, b. 2501, c. 106r-v; SARTORI, Archivio... cit. (nota 7), p. 354, nr. 324. Nel-
la stessa città, Francesco de Surdis era stato affidato al magistero di Agostino Zoppo nel 1549 all’età di quattordici anni. Cfr. E. RI-
GONI, Intorno ad un altare cinquecentesco nella chiesa dei Carmini di Padova, in ‘Atti e memorie dell’Accademia di scienze, lettere
ed arti in Padova’, LIII, 1936-1937, pp. 51-69, ora in EAD., L’arte rinascimentale... cit. (nota 8), pp. 301-317, speciatim 308.
19
Per i documenti, cfr. SARTORI, Archivio... cit. (nota 7), p. 355, nrr. 326, 339
20
M. ROSSI, Maniera e manierismi veneti, in Da Bellini a Veronese. Temi di arte veneta, a cura di G. Toscano - F. Valcano-
ver, Venezia 2004, pp. 411-441, speciatim 430.
21
TIMOFIEWITSCH, Girolamo... cit. (nota 1), pp. 15-18, 233-235, cat. 1 stabilisce confronti con la pittura di Tintoretto, ed
in particolare col San Rocco che guarisce gli appestati nell’omonima chiesa veneziana; ROSSI, La poesia... cit. (nota 4), p. 155, nota
85 rinvia al disegno dell’Albertina di Vienna con il Martirio di San Lorenzo di Porta Salviati; il legame con la pittura di Veronese è
invece suggerito da BACCHI, Girolamo... cit. (nota 1), speciatim 399. Cfr. anche L. FINOCCHI GHERSI, Sui rapporti tra Vittoria e Gi-
rolamo Campagna, in Alessandro Vittoria... cit. (nota 12), pp. 202-203.
22
R. PALLUCCHINI, Per la storia del Manierismo a Venezia, in Da Tiziano a El Greco. Per la storia del Manierismo a Venezia
(1540-1590), catalogo della mostra di Venezia, a cura di S. Mason Rinaldi, Milano 1981, pp. 11-68, speciatim 41.
23
Per il dipinto, cfr. almeno F. PEDROCCO, T. PIGNATTI, Paolo Veronese, 2 voll., Milano 1995, II, pp. 335-336, cat. 210. Ve- 142.
ronesiani sono anche i tre disegni attribuiti a Campagna, quello preparatorio per la Engelpietà di San Zulian e i due fogli dell’Al-
bertina, in cui Girolamo studia i telamoni per il camino dell’Anticollegio in Palazzo Ducale. Per il primo foglio, di collezione pri-
vata, cfr. S. MARTIN, Eine Zeichnung Girolamo Campagnas für die Engel-Pietà des Sakramentsaltares in San Giuliano in Venedig, in
Gedenkschrift für Richard Harprath, a cura di W. Liebenwein - A. Tempestini, München-Berlin 1998, pp. 263-269; per i due dise-
gni associati al camino veneziano, cfr. TUMIDEI, Scultura e pittura... cit. (nota 9), pp. 107-125, speciatim 121. Per l’Engelpietà e per 136, 138, VII.
il camino, cfr. ultra, rispettivamente nota 40 e nota 99. Per la proposta in favore di Campagna di un disegno associato all’altare di
San Giorgio maggiore a Venezia, già respinta da Susanne Martin, cfr. D. MCTAVISH, A Drawing by Girolamo Campagna for the Hi-
gh Altar of San Giorgio Maggiore, in ‘Arte veneta’, XXIV, 1980, pp. 165-168.
24
G. LILL, Hans Fugger (1531-1598) und die Kunst. Ein Beitrag zur Geschichte der Spätrenaissance in Süddeutschland, Leip-
zig 1908. Sugli acquisti peninsulari di Hans Fugger, cfr. almeno G. LUTZ, Gegenreformation und Kunst in Schwaben und in Oberi-
talien: der Bilderzyklus des Vincenzo Campi im Fuggerschloß Kirchheim, in Venedig und Oberdeutschland in der Renaissance. Bezie-
hungen zwischen Kunst und Wirstschaft, a cura di B. Roeck - K. Bergdolt -A. J. Martin, Sigmaringen 1993, pp. 131-154; A. J. MAR-
TIN, Quellen zum Kunsthandel um 1550-1600. Die Firma Ott in Venedig, in ‘Kunstchronik’, XLVIII, 1995, pp. 535-539; ID., Con-
vergenze di fine secolo: Augusta, Praga, Venezia, in Il Rinascimento a Venezia e la pittura del Nord ai tempi di Bellini, Dürer, Tizia-
no, catalogo della mostra di Venezia, a cura di B. Aikema - B. L. Brown, Milano 1999, pp. 614-621, speciatim 618-619; Die Korre-
spondenz Hans Fuggers von 1566 bis 1594. Regesten der Kopierbücher aus dem Fuggerarchiv, a cura di C. Karnehm, con la collabo-
razione di M. von Preysing, 3 voll., München 2003; D. DIEMER, Hubert Gerhard und Carlo di Cesare del Palagio. Bronzplastiker der
Spätrenaissance, 2 voll., Berlin 2004, speciatim I, pp. 43-48; EAD., Hans Fugger und die Kunst, in Die Welt des Hans Fugger (1531-
1598), a cura di J. Burkhardt, Augsburg 2007, pp. 165-176; A. J. MARTIN, Erdzeitalter, nicht der “Frühling”. Hans Fugger und die
Zyklen Paolo Fiammingos, in Die Welt... cit. (nota 24), pp. 197-216; ID., I rapporti con i Paesi Bassi e la Germania. Pittori, agenti e
mercanti, collezionisti, in Il collezionismo... cit. (nota 13), pp. 143-163, speciatim 147-151.
25
Per David Ott, cfr. il profilo biografico di A. J. MARTIN, David, Girolamo e Cristoforo Ott, in Il collezionismo... cit. (no-
ta 13), pp. 301-302 (con bibliografia relativa). Per le lettere di Hans Fugger che riguardano Giovanni, cfr. Die Korrespondenz... cit.
(nota 24), I, pp. 88-91.
26
ASVe, Giudici del proprio, Mobili, reg. 36, cc. 154v-155r; L. BOREAN, Inventari e testamenti d’artista nel Cinquecento,
in Il collezionismo... cit. (nota 13), pp. 121-131, speciatim 123-124. Il 15 aprile 1573, a poco più di un anno dalla morte dello scul-
tore, Alessandro Vittoria e Tommaso Lombardo furono incaricati della stima dei beni della bottega di Giovanni.
138 LUCA SIRACUSANO

27
Per la Pala Fugger, oggi al Chicago Art Institute, cfr. la scheda di M. LEITHE-JASPER, in “La bellissima maniera”... cit. (no-
ta 1), pp. 370-379, cat. 84. Per le tangenze con lo stile di Campagna, cfr. FINOCCHI GHERSI, Sui rapporti... cit. (nota 21).
28
Die Korrespondenz... cit. (nota 24), I, pp. 473-474, nr. 1076.
29
LILL, Hans Fugger... cit. (nota 24), p. 151; Die Korrespondenz... cit. (nota 24), I, pp. 427, nr. 975, 457, nr. 1045. L’ano-
nimo scultore era al lavoro in giugno su alcune teste ed in aprile gli veniva richiesto un inventario della bottega del suo maestro, il
defunto Giovanni. Leo Planiscig, sulla base dell’errata identificazione del “Discipel” in Campagna, concludeva che Giovanni al-
tri non fosse che Cattaneo: ma lo scultore e poeta carrarese morì nell’autunno 1572, e non nei primi mesi del 1573. PLANISCIG, Ve-
nezianische... cit. (nota 1), pp. 530. L’incongruenza è evidenziata anche da TIMOFIEWITSCH, Girolamo... cit. (nota 1), p. 17, nota 36.
Quest’ultimo studioso rimarca anche che “in allen uns bekannten Briefen, in denen Hans Fugger Campagna bei seinem Namen
nennt, fehlen jedoch Bemerkungen über dessen Verhältnis zu dem vorher erwähnten ‘Juan scultor’”.
30
TIMOFIEWITSCH, Girolamo... cit. (nota 1), pp. 17-18. L’attribuzione fu invece accolta in PLANISCIG, Venezianische... cit.
(nota 1), p. 530, ROSSI, Girolamo... cit. (nota 1), pp. 20, 55 e EAD., Girolamo Campagna (Verona 1549... cit. (nota 1), p. 331, BAC-
CHI, Girolamo... cit. (nota 1), p. 399 e MARTIN, David... cit. (nota 25), p. 302. Il riferimento a Campagna sembra avere incontrato
minore fortuna nei recenti contributi di lingua tedesca. Cfr. ultra, nota 44.
31
L’offerta di Campagna data all’11 luglio 1573, ma il 21 novembre successivo David Ott stava ancora attendendo la con-
segna. Dello stato rovinoso in cui giunsero le opere, invece, si lamentava Hans Fugger in una lettera ad Ott del 23 gennaio 1574.
Die Korrespondenz... cit. (nota 24), I, pp. 473-474, nr. 1076, 536, nr. 1223; II, pp. 5-6, nr. 10.
32
ROSSI, Girolamo Campagna (Verona 1549... cit. (nota 1), p. 331. Lo scultore è attestato ad Augsburg da una lettera di
Hans Fugger del 29 maggio 1574, mentre il 26 giugno risulta già rientrato in Veneto. Cfr. Die Korrespondenz... cit. (nota 24), II,
pp. 58, nr. 118, 71, nr. 154.
33
Cfr. ora G. BODON, I ‘gessi’ della collezione Mantova Benavides: una questione ancora aperta, in Un museo... cit. (nota
12), pp. 77-81. Pionieristici a questo proposito gli interventi di POLACCO, Il museo... cit. (nota 12) e, soprattutto, CANDIDA, I cal-
chi... cit. (nota 12). Ad alcune di queste effigi, già reputate calchi di originali romani perduti, è da tempo riconosciuta la dignità di
libere invenzioni rinascimentali, ispirate a prototipi antichi. Secondo gli studi più aggiornati, le opere nacquero come matrici per
la fusione in bronzo. Fondamentale al riguardo FAVARETTO, La fortuna... cit. (nota 12); cfr. inoltre EAD., Sala dei Giganti: una pre-
messa, in BODON, Heroum... cit. (nota 12), pp. XI-XX, speciatim XVIII. Cfr. anche K. FITTSCHEN, Su ruolo del ritratto antico nell’ar-
te italiana, in Memoria dell’antico nell’arte italiana. II. I generi e i temi ritrovati, a cura di S. Settis, Torino 1985, pp. 383-412, spe-
ciatim 402-405. Per nuove ipotesi sul problema, cfr. V. J. AVERY, The Production, Display and Reception of Bronze Heads and Busts
in Renaissance Venice and Padua: Surrogate Antiques, in Kopf-Bild. Die Büste in Mittelalter und Früher Neuzeit, a cura di J. Kohl -
R. Müller, Berlin-München 2007, pp. 75-112, speciatim 95-103. Presso la basilica di Sant’Antonio si conserva un altro gruppo di
diciassette modelli in gesso bronzato, di qualità meno alta rispetto a quelli dell’Università, ma più omogenei tra loro da un punto
di vista esecutivo. Cfr. la scheda di I. FAVARETTO, in Basilica del Santo. Dipinti, sculture, tarsi, disegni e modelli, a cura di G. Loren-
zoni - E. M. Dal Pozzolo, Padova 1995, pp. 229-232, catt. 17-33.
34
Per gli eroi romani del Liviano, cfr. almeno BODON, Heroum... cit. (nota 12), pp. 74-76, Per i busti di palazzo Thiene,
cfr. E. SCHWARZENBERG, Recensione a B. CANDIDA, I calchi... cit. (nota 12), in ‘Gnomon’, XLII, 1970, pp. 610-613, speciatim 611,
nota 11; FAVARETTO, Alessandro Vittoria... cit. (nota 12); T. MARTIN, Alessandro Vittoria and the Portrait Bust in Renaissance Veni-
ce. Remodelling Antiquity, Oxford 1998, pp. 25-28; I. FAVARETTO, La sala dei Principi: l’immagine dell’antico a palazzo Thiene, in
Palazzo Thiene a Vicenza, a cura di G. Beltramini - H. Burns - F. Rigon, Milano 2007, pp. 209-215, speciatim 212. Per la memo-
ria dell’antico nel monumento Contarini e più in generale sul sepolcro dell’ammiraglio, cfr. F. CESSI, Alessandro Vittoria scultore,
2 voll., Trento 1961-1962, I, p. 22; M. LEITHE-JASPER, Beiträge zum Werk des Agostino Zoppo, in ‘Jahrbuch des Stiftes Klosterneu-
burgs’, IX, 1975, pp. 109-138, speciatim 111-116; FAVARETTO, Alessandro Vittoria... cit. (nota 12); M. PIZZO, Alessandro Vittoria e
la collezione Grimani, in ‘Bollettino del Museo civico di Padova’, LXXVIII, 1989, pp. 103-116; C. DAVIS, Il monumento Contari-
ni al Santo di Padova, in Michele Sanmicheli. Architettura, linguaggio e cultura artistica del Cinquecento, atti del convegno (Vicen-
za, 24-28 agosto 1992), a cura di H. Burns - C. L. Frommel - L. Puppi, Vicenza 1995, pp. 180-195.
35
Per la proposta in favore di Alessandro Vittoria, cfr. FAVARETTO, Alessandro Vittoria... cit. (nota 12). Per la proposta in
favore di Agostino Zoppo, cfr. AVERY, The Production... cit. (nota 33), pp. 95-103. La studiosa accorpa sotto al nome dello sculto-
132. re padovano le teste di Commodo, Menandro, Milicho, Augusto e Giulio Cesare. Cfr. anche E. MARCHAND, Plaster and Plaster Casts
in Renaissance Italy, in Plaster Casts. Making, Collecting and Displaying from Classical Antiquity to the Present, a cura di R. Frede-
riksen - E. Marchand, Berlin-New York 2010, pp. 49-79, speciatim 74-77.In realtà, come argomenta Giulio Bodon, la testa del co-
siddetto Milicho sembra aver fatto la sua comparsa in tempi che precedono l’attività dello Zoppo. Cfr. G. BODON, in Pietro Bembo
e l’invenzione del Rinascimento, catalogo della mostra di Padova, a cura di G. Beltramini - D. Gasparotto - A. Tura, Venezia 2013,
pp. 330-331, cat. 5.9. La paternità di Agostino per i cinque modelli va probabilmente ripensata; la possibilità di un loro tempora-
GIROLAMO CAMPAGNA 139

neo passaggio dalla bottega dello scultore non mi pare invece un’ipotesi da scartare. Per la composizione dello studio dello Zop-
po, cfr. almeno BODON, Veneranda... cit. (nota 12), pp. 131-151.
36
Per il Milone Mantova Benavides e la sua fortuna, cfr. ora BODON, Heroum... cit. (nota 12), pp. 213-214; ID., in Pietro
Bembo... cit. (nota 35), pp. 330-331, cat. 5.9. Il Milone aveva prestato il volto anche al celebre Mercurio di Antonio Minelli, ap-
partenuto a Marcantonio Michiel ed oggi al Victoria and Albert Museum di Londra. Cfr. J. POPE-HENNESSY, Catalogue of Italian
Sculpture in the Victoria and Albert Museum, con la collaborazione di R. W. Lightbown, 3 voll., London 1964, II, pp. 510-512, cat.
539; PIZZO, Alessandro Vittoria... cit. (nota 34), pp. 104-106.
37
AVERY, The Production... cit. (nota 33), pp. 101-103. Non solo lo Zoppo fu maestro di Pompeo dell’Arzere, figlio del
Gualtiero frescante nella Sala dei Giganti: lo scultore è legato a doppio filo ad Alessandro Maggi da Bassano, cui spetta la “regia
culturale” delle pitture del salone. Per i rapporti fra lo Zoppo e Maggi da Bassano, cfr. almeno G. BODON, “Il diletto de anticaglie”:
la collezione padovana dei Maggi da Bassano, in ID., Veneranda... cit. (nota 12), pp. 69-121, speciatim 94-95. Per quanto riguarda
invece la relazione con Mantova Benavides, i documenti resi noti da Erice Rigoni raccontano di una figura venduta dallo Zoppo
al professore. In un pionieristico saggio, la studiosa ha pubblicato il testamento e la preziosa nota crediti dell’artista. Cfr. RIGONI,
Intorno...cit. (nota 8).
38
Appare in ogni modo assai improbabile che le teste siano entrate nella raccolta Mantova Benavides dopo la morte del
professore, avvenuta il 2 aprile 1582. Cfr. almeno AVERY, The Production... cit. (nota 33), p. 100.
39
Si tratta dell’edizione per i tipi di Donato Bertelli, ricordata anche da MANCINI, Lambert... cit. (nota 16), p. 103. Per
i ritratti dei giuristi, cfr. E. DWYER, Marco Mantova Benavides e i ritratti di giureconsulti illustri, in ‘Bollettino d’arte’, sesta serie,
LXXVI, 1990, 64, pp. 59-70.
40
La data del rilievo veneziano è fissata da S. MASON RINALDI, La cappella del SS. Sacramento in San Zulian, in ‘Atti dell’I- 136, 138, VII.
stituto Veneto di Lettere, Scienze ed Arti. Classe di scienze morali, lettere ed arti’, CXXXIV, 1975-1976, pp. 439-456, speciatim
444-446. L’opera, com’è noto, viene ricordata con la giusta attribuzione già in F. SANSOVINO, Venetia città nobilissima et singolare,
Venetia 1581, c. 49r.
41
La citazione è da VENTURI, Storia... cit. (nota 1), III, p. 12. Per il busto del cardinale, mi permetto di rinviare alla mia
scheda in Pietro Bembo... cit. (nota 35), p. 379, cat. 6.14.
42
Cfr. ora BODON, Heroum... cit. (nota 12), p. 191 e supra, nota 34.
43
ROSSI, Girolamo... cit. (nota 1), pp. 331; Die Korrespondenz... cit. (nota 24), II, pp. 14-15, nr. 27, 20-21, nr. 37, 26-27,
nr. 47, 58, nr. 118, 69, nr. 147.
44
H. FROSIEN-LEINZ in Das Antiquarium der Münchner Residenz. Katalog der Skulpturen, a cura di E. Weski - H. Frosien-
Leinz, 2 voll., München 1987, I, pp. 327, 360-364, catt. 231-236. Nelle schede viene giustamente chiamata in causa anche un’al-
tra testa all’antica, fino a quel momento rimasta inedita e custodita in Palazzo Ducale a Mantova (inv. 6910). Quest‘ultima è mol-
to vicina per stile ai due busti ora discussi ed alle cinque teste dell’Antiquarium, ma appare di qualità meno sostenuta e richiede 131, 133, 139-140.
forse un supplemento d’indagine. Mi sembrano tuttavia eccessive le riserve intorno all’attribuzione del busto pubblicato da Lill, 129.
che secondo la studiosa troverebbe pochi appigli documentari (“diese Zuschreibung, die von W. Timofiewitsch nicht aufgegriffen
wird, läßt sich tatsächlich wohl kaum über di Archivalien beweisen. Dort deutet der Stil in den venezianischen Raum”). Per le te-
ste pseudo-antiche di fattura veneziana nell’Antiquarium monacense, cfr. anche H. FROSIEN-LEINZ, Venezianische Antikennachah-
mungen im Antiquarium der Münchner Residenz aus der Sammlung Albrechts V., in Venezia e l‘archeologia. Un importante capito-
lo nella storia del gusto dell’antico nella cultura artistica veneziana, atti del congresso internazionale (Venezia, 25-29 maggio 1988),
Roma 1990 (“Rivista di archeologia. Supplementi”, 7), pp. 209-215. Per un inquadramento generale dell’Antiquarium, cfr. anche
EAD., La creazione dell’Antiquarium nella Residenza di Monaco e lo sviluppo della collezione di antichità da Alberto V (1550-1579)
a Massimiliano I (1598-1651), in Piranesi e la cultura antiquaria. Gli antecedenti e il contesto, atti del convegno (Roma, 14-17 no-
vembre 1579), a cura di A. Lo Bianco, Roma 1983, pp. 357-371.
45
EAD. in Das Antiquarium... cit. (nota 43), pp. 361-362, cat. 232; G. F. HILL, Renaissance Medals from the Samuel H. Kress
Collection at the National Gallery of Art, London 1967, pp. 75-76, catt. 405, 405bis.
46
Il legame fra il medaglista ed il mecenate è icasticamente restituito nel celebre conio che reca sul recto i profili dello stes-
so Cavino e di Alessandro Maggi da Bassano e sul verso l’effigie di Mantova Benavides. Cfr. da ultimo la scheda di R. PARISE, in Ri-
nascimento e passione per l’antico... cit. (nota 17), p. 523, cat. 123. Per il procedimento della proiezione tridimensionale di profili
monetali, praticata dagli scultori veneti del Cinquecento, cfr. FAVARETTO, La fortuna... cit. (nota 12), p. 70; BODON, Heroum... cit.
(nota 12), pp. 74-75.
47
Die Korrespondez... cit. (nota 24), II, p. 77, nr. 172.
48
TIMOFIEWITSCH, Girolamo... cit. (nota 1), pp. 236-237, cat. 3. La Santa Giustina è citata come opera di Girolamo Cam-
pagna già da SANSOVINO, Venetia... cit. (nota 39), p. 136r. Per la data del rilievo di San Zulian, cfr. supra, nota 40. 136, 138, VII.
140 LUCA SIRACUSANO

49
MASON RINALDI, La cappella... cit. (nota 40); per i documenti, cfr. anche V. J. AVERY, Documenti sulla vita e opere di Ales-
sandro Vittoria (c. 1525-1608), in ‘Studi trentini di scienze storiche’, LVIII, 1999, 1 (supplemento), pp. 123-130, nr. 114(i-x). Dob-
biamo a Charles Davis la precisazione sulla paternità dei dolenti in terracotta bronzata, un tempo riferiti a Vittoria. C. DAVIS, Shapes
of Mourning: Sculpture by Alessadro Vittoria, Agostino Rubini and Others, in Renaissance Studies in Honour of Craig Hugh Smyth,
a cura di A. Morrogh - F. Superbi Gioffredi - P. Morselli - E. Borsook, 2 voll., Florence 1985, II, pp. 163-176, speciatim 163-165.
È Vittoria a ricevere il pagamento per le due opere firmate dal suo nipote e collaboratore. Cfr. AVERY, Documenti... cit. (nota 49),
p. 295, nr. 114(ix) Sulla cappella, cfr. ora anche V. SAPIENZA, Leonardo Corona et la chapelle du Saint Sacrement de l’église San Zu-
lian à Venise: mécanismes de commande et signification d’una “oeuvre chorale”, in ‘ArtItalies’, XIX, 2013, pp. 73-82.
50
Cfr. anche FINOCCHI GHERSI, Sui rapporti... cit. (nota 21), pp. 203-204. Per la presenza di Vittoria nei documenti relati-
vi alla decorazione della cappella, cfr. supra, nota 49.
51
Per un episodio della fortuna dei figli di Laocoonte rinviamo qui a due teste cinquecentesche dell’Antiquarium mona-
cense, che ci riportano nell’alveo del collezionismo bavarese di opere all’antica realizzate in Veneto. Cfr. H. FROSIEN-LEINZ, in Das
Antiquarium... cit. (nota 44), I, pp. 367-368, cat. 238, 396, cat. 280.
52
Il 5 ottobre 1580, Campagna fu invece pagato per l’esecuzione dello sportello del tabernacolo. MASON RINALDI, La cap-
pella... cit. (nota 40), p. 450. Per l’altare, cfr. S. MARTIN, Venezianische Bildhaueraltäre und ihre Auftraggeber. 1530-1620, Marburg
1998, pp. 247-253, cat. 20.
53
Per il concorso, cfr. AdA, reg. 7, cc. 46r-47r; ASPd, Notarile, Giovanni Francesco Ottaviani, b. 2501, cc. 474v-475v; L.
GUIDALDI, Ricerche sull’altare di Donatello, in ‘Il Santo’, IV, 1932, 4, pp. 239-289, speciatim 285-286, doc. VI; SARTORI, Archivio...
cit. (nota 7), p. 231, nr. 4. Francesco Segala e Cesare Franco presentarono entrambi un preventivo di quattromila seicento ducati,
Alessandro Vittoria di soli tremila e trecento ducati, mentre il progetto di Campagna avrebbe comportato una spesa di quattromi-
la ottocento ducati, poi ribassata di cento ducati alla seconda chiamata. Il veronese e Francesco Segala ottennero alla prima vota-
zione il medesimo punteggio, con cinque voti favorevoli e due contrari. Al ballottaggio la spuntò Campagna, con quattro voti fa-
vorevoli e tre contrari. Campagna e Franco si associarono e firmarono congiuntamente il contratto per la commissione il successi-
vo 12 novembre. SARTORI, Archivio... cit. (nota 7), pp. 231-233, nr. 6. I due artisti, nel 1580, cooperarono anche nella costruzione
della perduta Beccaria di piazza San Marco. Cfr. TIMOFIEWITSCH, Girolamo... cit. (nota 1), p. 20. E ancora, nel 1582-1585, nel per-
duto monumento progettato da Vincenzo Scamozzi per il doge Nicolò da Ponte alla Carità, il cui busto spetta ad Alessandro Vit-
toria. Cfr. J. SIMANE, Grabmonumente der Dogen. Venezianische Sepulkralkunst im Cinquecento, Sigmaringen 1993, pp. 82-106; M.
FRANK, Baldassarre Longhena, Venezia 2004, pp. 240-241. Da questo monumento sembra provenire la figura allegorica firmata da
Campagna e passata in asta a Londra il 5 dicembre 2013 (Christie’s, sale 1166, ‘The European connoisseur’, lotto 148). Andrà in-
vece riconsiderata la partecipazione di Campagna all’altare oggi nella chiesa dei Gesuiti a Neśviż in Bielorussia, voluto da Krystof
Radziwiłł e firmato da Franco nel 1583, sul quale mi riservo di tornare in altra sede. Cfr. T. BERNATOWICZ, Rzeźby Campagni i Fran-
co w Nieświeżu a Wczensny Barok, in ‘Biuletyn Historii Sztki’, LIV, 1992, 4, pp. 31-52. Campagna avrebbe inoltre dovuto esegui-
re nel 1602 due Profeti per l’altare progettato da Franco in San Teonisto a Treviso, cfr. FROSIEN-LEINZ, Campagna... cit. (nota 1),
p. 693. Per la fama di Vittoria, cfr. ROSSI, La poesia... cit. (nota 4), pp. 190-191; ID., Alexander Victoria / faber fortunae suae, in “La
bellissima maniera”... cit. (nota 1), pp. 165-178.
54
Cfr. GUIDALDI, Ricerche... cit. (nota 53), p. 288-289, doc. IX; Per il problema, cfr. MARTIN, Venezianische Bildhaueraltäre...
cit. (nota 52), p. 300. Appare tutta da dimostrare la proposta della studiosa, che contempla un intervento di Giovanni Antonio Ru-
sconi nell’elaborazione del progetto.
55
TEMANZA, Vite... cit. (nota 1), pp. 519-528. Cfr. anche F. SANSOVINO - G. MARTINONI, Venetia città nobilissima e singola-
re, Venetia 1663, pp. 80-81. Per alcuni contributi recenti, cfr. W. TIMOFIEWITSCH, L’altare al piano superiore della Scuola Grande di
san Rocco a Venezia. Fonti e ricerche, in ‘Saggi e memorie di storia dell’arte’, XX, 1996, pp. 197-226; MARTIN, Venezianische... cit.
(nota 52), speciatim pp. 187-195, cat. 2, 226-228, cat. 14, 230-233, cat. 16, 247-253, cat. 20, 265-270, cat. 24, 298-301, cat. 35, 316-
320, cat. 40; E. JONES, The Goldsmiths’ altar in San Giacomo di Rialto: a documentary trade guild patronage, in ‘The Sculpture jour-
nal’, XX, 2011, 1, pp. 7-42.
56
Campagna e Franco stipularono un secondo contratto in data 18 marzo 1585, col quale il termine per la consegna ve-
niva dilazionato alla Pasqua 1586. ASPd, Notarile, Giovanni Francesco Ottaviani, b. 2501, cc. 727v-728v. Anche questo termine
non venne però rispettato e con un terzo accordo, del 20 giugno 1587, la consegna venne fissata all’agosto di quell’anno. ASPd,
Notarile, Giovanni Francesco Ottaviani, b. 2501, cc. 757v-759r; AdA, reg. 10, c. 12v. È presumibile che i lavori fossero in effet-
ti conclusi nella tarda estate 1587 ed il 4 settembre fu commissionato lo sportello del tabernacolo a Giampietro Piazza. AdA, reg.
10, cc. 13v-14r. Per i documenti, cfr. SARTORI, Archivio... cit. (nota 7), pp. 231-239, nrr. 1-64. Per gli incarichi veneziani di Campa-
gna in quel torno d’anni, cfr. ultra, nota 98.
57
AdA, reg. 7, cc. 164v-165v. L’atto è rimasto escluso dalla raccolta documentaria di SARTORI, Archivio... cit. (nota 7).
GIROLAMO CAMPAGNA 141

58
Per la vicenda dei bronzetti e del tabernacolo, cfr. M. PIZZO, in Basilica del Santo... cit. (nota 33), pp. 233-239, catt. 34- 144.
70, P. ROSSI, in Donatello e il suo tempo... cit. (nota 1), pp. 338-341, cat. 89. Il documento relativo alle fusioni settecentesche fu
pubblicato per la prima volta da GONZATI, La Basilica... cit. (nota 12), I, p. CXXIX-CXXX, doc. CXX.
59
Furono reimpiegate, nell’ordine sommitale del retablo di Campagna e Franco, anche quattro colonne marmoree dell’al-
tare donatelliano. Cfr. almeno A. ROSENAUER, Donatello, Milano 1993, p. 234.
60
Per l’intervento di Camillo Boito, cfr. almeno C. BOITO, La ricomposizione dell’altare di Donatello, in ‘Archivio storico
dell’arte’, I, 1895, pp. 141-162; ID., L’altare di Donatello e le altre opere nella Basilica Antoniana di Padova, compiute per il VII cente-
nario della nascita del Santo, Milano 1897; L. PUPPI, La ricostruzione dell’altare di Donatello a Padova. Un’ambiguità di Camillo Boito
restauratore, in Omaggio a Camillo Boito, a cura di A. Grimoldi, Milano 1991, pp. 125-156; F. CASTELLANI, L’altare di Donatello, in
Camillo Boito. Un’architettura per l’Italia unita, catalogo della mostra di Padova, a cura di G. Zucconi - F. Castellani, Venezia 2000,
pp. 128-132; C. CROVA, Camillo Boito progettista o restauratore?, in ‘Il Santo’, XLVI, 2006, 3, pp. 399-426, speciatim 413-416.
61
Per il trasferimento del tabernacolo e per i rifacimenti nella cappella del Gattamelata, cfr. ultra, nota 68. Per le modifi- 144.
che all’altare apportate da Allio dal 1667, e per il successivo coinvolgimento di Longhena, cfr. AdA, reg. 20, c. 103v; A. SARTORI,
Documenti per la storia dell’arte a Padova, a cura di C. Fillarini - F. Barbieri, Vicenza 1976, p. 114; il contratto è trascritto per in-
tero in ID., Archivio... cit. (nota 7), pp. 240-241, nr. 6. Per l’intervento settecentesco, cfr. Ibidem, pp. 243-244, nr. 31-59.
62
AdA, reg. 10, cc. 111v, 112v-113r; GUIDALDI, Ricerche... cit. (nota 53), pp. 287-288, docc. VIIIa-c.
63
V. POLIDORO, Le religiose memorie, Venetia 1590, c. 8r. Corsivi miei.
64
G. B. ROSSETTI, Descrizione delle pitture, sculture, ed architetture di Padova con alcune osservazioni intorno ad esse, ed al-
tre curiose notizie, Padova 1780, terza edizione accresciuta e migliorata, p. 68.
65
AdA, reg. 8, c. 87r; ASPd, Notarile, Giovanni Francesco Ottaviani, b. 2501, c. 661r; SARTORI, Archivio... cit. (nota 7),
p. 236, nr. 41.
66
TIMOFIEWITSCH, Girolamo... cit. (nota 1), p. 20, nota 51, 237, cat. 4. Memori delle tombe medicee in San Lorenzo a Fi-
renze, i Profeti sono la migliore premessa per il più esplicito michelangiolismo del tardo ciclo della Scuola Grande di San Rocco
a Venezia. ID., L’altare al piano superiore della Scuola Grande di San Rocco a Venezia. Fonti e ricerche, in ‘Saggi e memorie di storia
dell’arte’, XX, 1996, pp. 199-226.
67
L’attività padovana dei fratelli Matteo e Tommaso Allio è stata ricostruita la prima volta da F. CESSI, Gli scultori Allio (I-
IV), in ‘Padova’, 1961, 7-8, pp. 9-11; 1961, 9, pp. 15-18; 1961, 11-12, pp. 10-15; 1962, 9, pp. 20-24. Cfr. anche C. SEMENZATO, in
Il secolo XVII: tombe e cenotafi, in Le sculture del Santo... cit. (nota 4), pp. 173-192, speciatim 176-182. Per un inquadramento ge-
nerale dell’attività di questa ramificata famiglia lombarda, cfr. E. MOLTENI, I Garvo Allio. Estensione di un clan familiare, in Il gio-
vane Borromini. Gli esordi a San Carlo alle Quattro Fontane, catalogo della mostra di Lugano, a cura di M. Kahn-Rossi - M. Fran-
ciolli, Milano 1999, pp. 273-277.
68
Foto pubblicata in GUIDALDI, Ricerche... cit. (nota 53), p. 256.
69
Per i documenti, cfr. AdA, reg. 518, c. 79r (in data 18 giugno 1655, “Matteo Gavio Alio scultore a conto della colon-
na della capella del Santo et angeleti posti al Santissimo” riceve quattrocento lire); AdA, b. 1029, Mandati 1654-1655, filza 83, nr.
117 (“Il signor Ludovico Vigonza cassiero della Veneranda Arca esborserà a signor Mattio Garvo Allio scultore lire quattrocen-
to e cio è conto delle sue sculture, la collona della capella del glorioso Santo Antonio e degli anzoletti posti all’altare del Santissi-
mo in virtù d’ordine numero 49 sotoscritto e posto in filza. Val lire 4000. 14 giugno 1655.”); AdA, b. 1069, Polizze e ricevute, fil-
za 73, nr. 49 (“Adi 14 zugno -1655. Il signor Giovanni Battista Bonato farà un mandato al signor Mattio Garvo Alio sculture de
lire quatrocento e questi a conto de una fatura per la colona et anzoleti posti al altare del santissimo val lire 400”). L’attribuzione
fu avanzata da Antonio Sartori, che ha reso noti i primi due documenti. A. SARTORI, Nella basilica del Santo a Padova, in Lodovi-
co Pogliaghi, Milano 1959, pp. 99-116, speciatim 100; ID., La cappella del Sacramento al Santo decorata da Ludovico Pogliaghi, in ‘Il
Santo’, X, 1970, 1-2, pp. 183-204, speciatim 185; ID., Archivio... cit. (nota 7), p. 383, nr. 48. Per l’attribuzione ad Allio, cfr. anche
M. FRANK, in Basilica del Santo... cit. (nota 33), pp. 243-244, catt. 79-80. La “colonna” citata nei documenti è il pilastro orientale
della cappella di Sant’Antonio, dove ad Allio fu espressamente chiesto, nel 1652, di imitare lo stile di Vincenzo e Gian Girolamo
Grandi: cfr. BLAKE MCHAM, The Chapel... cit. (nota 4), pp. 67-68.
70
E. M. DAL POZZOLO, Il fantasma di Giorgione. Stregonerie pittoriche di Pietro della Vecchia nella Venezia falsofila del ‘600,
Treviso 2001.
71
Per il contratto del 1652, cfr. supra, nota 69. Per quello del 1667, cfr. supra, nota 61. Allio avrebbe dovuto conformar-
si all’opera di Campagna “nella perfettione, tanto nella quadratura, quanto nell’intagli, fogliami e festoni”.
72
Per l’altare di San Francesco, progettato da Mattia Carneri, cfr. F. CESSI, L’altare di S. Francesco nella basilica del Santo
in Padova, in ‘Il Santo’, IV, 1964, 2, pp. 197-201; A. BACCHI - L. GIACOMELLI, Dai Carneri ai Sartori: architetture d’altari e sculture,
in Scultura in Trentino. Il Seicento e il Settecento, a cura di A. Bacchi - L. Giacomelli, 2 voll., Trento 2003, I, pp. 87-241, speciatim
142 LUCA SIRACUSANO

127 e A. BACCHI, Mattia Carneri, in ibidem, II, pp. 105-114, speciatim 110. La Fede e la Carità, ai lati dell’ancona, sono di Tomma-
so Allio e datano al 1663-1664. Cfr. CESSI, Gli scultori... cit. (nota 66), I, p. 10, III, p. 18, IV, pp. 20-21; SEMENZATO, Il secolo XVII...
cit. (nota 66), p. 178.
73
TIMOFIEWITSCH, Girolamo... cit. (nota 1), pp. 249-251, cat. 9 suggerisce per la Madonna Dolfin una cronologia al 1585-
1588. Per il gruppo scultoreo disponiamo di un modello in terracotta custodito al Getty Museum di Los Angels, per il quale cfr. la
scheda di P. FOGLEMAN, in Italian and Spanish Sculpture. Catalogue of the J. Paul Getty Museum Collection, a cura di P. Fogelman -
P. Fusco, con la collaborazione di M. Cambareri, Los Angeles 2002, pp. 116-121, cat. 15. Si conserva inoltre una statuetta in cera
rossa, dipendente dal modello Getty. Cfr. C. AVERY, Renaissance and Baroque Bronzes from the Alexis Gregory Collection, in ‘Har-
vard University Art Museums Bullettin’, IV, 1995, pp. 11-96, speciatim 90-92, cat. 57.
74
Si rinvia al contratto più volte citato fra Matteo Allio e la Veneranda Arca di Sant’Antonio del 19 giugno 1667, per il
quale cfr. supra, nota 61.
75
Si pensi ad esempio all’ornamento plastico eseguito da Campagna ed alla effigie di Sant’Antonio dipinta da “Dario ve-
ronese”, per cui i due artisti ricevettero pagamenti fra il 10 gennaio 1574 ed il 20 gennaio 1575. Cfr. SARTORI, Archivio... cit. (no-
ta 7), pp. 254-255, nr. 231-235. Il giorno di Natale 1579, Varotari firmò poi una fideiussione in favore di Campagna e Franco, im-
pegnati nell’impresa dell’altare maggiore. Per il documento, cfr. ASPd, Notarile, Giovanni Francesco Ottaviani, b. 2501, c. 161r;
SARTORI, Archivio... cit. (nota 7), p. 233, nr. 7. Nella Villa Emo Capodilista, la cui architettura spetta a Dario, le sculture di Cam-
pagna si accompagnavano alle pitture del giovane Aliense. Cfr. B. RIDOLFI, Le maraviglie dell’arte, Venetia 1648, p. 81. Per alcune
osservazioni sulla cronologia dell’edificio, cfr. L. PUPPI, Concertino per Dario Varotari con “stecca” sul Sanmicheli. Questioncelle di
metodo, in ‘Arte veneta’, LII, 1998, pp. 161-165, speciatim 162-163. Lo studioso invita peraltro ad inquadrare l’affermazione del
pittore a Padova sullo sfondo del rapporto con con Campagna.
76
A Campagna è stato attribuito il busto sul monumento di Giovanni Tommaso Costanzo, eseguito nel 1585 e trasferito
nel 1651 sul lato settentrionale del terzo pilastro di sinistra della basilica del Santo. Per l’attribuzione, cfr. GONZATI, La basilica...
cit. (nota 12), II, pp. 213-215, nr. CXLVIII; C. SEMENZATO, La scultura tra Quattrocento e Cinquecento a Padova, in Dopo Mante-
gna... cit. (nota 16), pp. 121-150, speciatim 146. Il busto, che merita un supplemento d’indagine, sarà esaminato in altra sede.
77
Per l’originale della supplica, ASPd, Civico antico, Atti del Consiglio, b. 18, anno 1580, cc. 9r-v. Il documento si con-
serva in copia in ASPd, Corporazioni soppresse, Sant’Antonio, b. 178, fasc. S, c. 24r, citato da SARTORI, Archivio... cit. (nota 7), p.
668, nrr. 26-27.
78
Per un recente profilo biografico di Girelli, nato a Brescia nel 1490, cfr. A. OTTAVIANI, Girelli, Girolamo, in Dizionario
biografico degli italiani, 56, Roma 2001, pp. 501-502. Per la chiamata del francescano all’ateneo patavino, cfr. A. RICCOBONI, De gym-
nasio patavino commentariorum, Patavii 1598, c. 20v; J. FACCIOLATI, Fasti gymnasii patavini, Patavii 1757, III, p. 256. I suoi contatti
con Bologna potrebbero risalire agli anni della formazione, poiché Girelli viene definito allievo di Pietro Pomponazzi, professore
nella città felsinea dal 1512. A. POPPI, Per una storia della cultura nel convento del Santo dal XIII al XIX secolo, in ‘Quaderni per la
storia dell’Università di Padova’, III, 1970, pp. 1-29, speciatim 17-19. L’insegnamento patavino di Girelli venne a tratti sospeso a
causa della salute malferma del religioso, cfr. L. ROSSETTI, Francescani del Santo docenti all’Università di Padova, in Storia e cultu-
ra al Santo, a cura di A. Poppi, Padova 1976, pp. 169-207, speciatim 174, 176. Quanto all’alunnato di Beniami, gli Acta graduum
dell’Ateneo patavino registrano il dottorato in teologia del frate cremasco alla data 22 febbraio 1553 dietro presentazione di Gi-
rolamo Girelli. ASPd, Notarile, Luca Talamazzo junior, 5027, c. 187r-v; Acta graduum academicorum Gymnasii patavini. IV.1. Ab
anno 1551 ad annum 1565, a cura di E. Dalla Francesca - E. Veronese, Roma-Padova 2001, p. 87, nr. 133.
79
Cfr. supra, nota 77.
80
La supplica per l’erezione del monumento Ardeo fu presentata nel 1548, a ben undici anni dalla morte del teologo. Il
documento viene citato in copia da SARTORI, Archivio... cit. (nota 7), p. 667, nr. 23. L’attribuzione ai Grandi spetta a E. LUNELLI,
Vincenzo e Giovanni Gerolamo Grandi scultori della cantoria di Santa Maria Maggiore a Trento, in ‘Studi trentini di scienze stori-
che’, XXXII, 1953, 1, pp. 21-42, speciatim 33-34. Su Vincenzo e Gian Girolamo cfr. da ultimo F. DE GRAMATICA, “Anticamente mo-
derni e modernamente antichi”. I Grandi nella storia della scultura veneta rinascimentale, in Rinascimento e passione per l’antico...
cit. (nota 17), pp. 165-177. Sui due scultori Massimo Negri ha in preparazione un nuovo contributo monografico.
81
La ragione della vicinanza fisica fra i monumenti Ardeo e Girelli non era sfuggita a ROSSI, La poesia... cit. (nota 4), p. 66.
Per una traccia relativa alle rispondenze fra le diverse memorie del Santo, si rinvia alle pagine dedicate dallo studioso ai monumen-
148. ti padovani (ibidem, pp. 56-66). La collocazione del monumento Girelli risponde senza dubbio ad una precisa scelta del Consiglio
cittadino, poiché nella supplica Beniami delega in toto ai deputati l’elezione di “un locho in detta chiesa, quale più a loro parrerà”.
82
HIERONY[MVS] / GIRELLVS NOB[ILIS] BRIX[IANVS] / ORD[INIS] D[IVI] FRAN[CISCI] POST / NATVRA-
LEM PHILOSOPHI/AM ET METAPHY[SICAM] PERVS[IA] / BONON[IA] ET TICINI EXPLI/CATAM PAT[AVII] VO-
CATVS AD / SACRAMQ[VE] ELATVS THEOLOG/IAM XXV ANN[OS] PVBLICE EST / INTERPRETATVS AT NON
GIROLAMO CAMPAGNA 143

CON/TENTVS EAM IN RIVVLIS DE/GVSTARE FONTEM VIVVM / QVAERENS VITAM HANC VIR/TVTIS IN EAM
GLORIAE COM/MVTAVIT ANN[O] A VERBO IN/CARNATO MDLXXIII V / MART[IIS] AETAT[IS] SVAE LXXXIII /
F[RATER] MAXIMIANVS BENIAMVS / CREMEN[SIS] EIVSD[EM] ORD[INIS] INQVISI/TOR PAD[VAE] EIVSQ[VE]
ALVMNUS AC / R[EVERENDI] P[ATRES] BRIXIEN[SES] HONORIS / ET VTILITATIS IN EOS / COLLATAE MEMO-
RES / P[ONERE] C[VRARVNT]. L’epigrafe venne trascritta per la prima volta, come vedremo oltre, da POLIDORO, Le religiose...
cit. (nota 63), c. 58r.
83
Per la causa fra i due conventi, aperta dopo la morte di Girelli, cfr. ASPd, Corporazioni soppresse, Sant’Antonio, b. 40,
cc. 193r-218r. SARTORI, Archivio... cit. (nota 7), pp. 1036, nr. 456, 1041, nr. 506 segnalava alcuni documenti della causa, senza por-
la in relazione al monumento in esame. Dalle carte, si evince che il prestito del religioso venne registrato dal notaio padovano Ca-
millo Talamazzo in data 10 febbraio 1559 (cfr. ASPd, Corporazioni soppresse, Sant’Antonio, b. 40, c. 196v); di Talamazzo ci sono
tuttavia pervenute solamente due buste, in nessuna delle quali si conserva la stesura originale dell’atto (ASPd, Notarile, Camillo
Talamazzo, bb. 4895-4896). In cambio della somma, i presidenti dell’Arca avevano assegnato a Girelli trenta campi situati in lo-
calità Pizzon, nella campagna padovana vicino ad Anguillara. Il francescano allivellò i campi all’Arca medesima in cambio di una
pensione annuale di venticinque ducati (ASPd, Corporazioni soppresse, S. Antonio, b. 40, c. 195v). È stato possibile in questa se-
de reperire un testamento di Girelli, probabilmente non l’ultimo, rogato il 26 settembre 1563 dal notaio padovano Gaspare Villa-
ni, nel quale la pensione veniva destinata in caso di decesso ai nipoti del teologo, purché questi ultimi ne riservassero cinque du-
cati a fra Massimiliano da Crema, loro precettore: questi è confratello e quasi omonimo di fra Massimiano (Beniami) da Crema,
ma non va confuso col committente del monumento in esame. Per il testamento, cfr. ASPd, Notarile, Gaspare Villani, b. 4826, cc.
104r-v, 105r-v. Per il parziale affrancamento da parte dell’Arca di duecento ducati sul prestito iniziale di cinquecento, cfr. ASPd,
Corporazioni soppresse, S. Antonio, b. 40, c. 195v.
84
La nota è di un certo interesse anche ai fini della biografia del teologo: nel recente profilo biografico di OTTAVIANI, Girel-
li… cit. (nota 78) si afferma infatti che “non si hanno notizie sulle prime fasi della sua vita né su quanto entrò in religione, nell’Or-
dine francescano”. Per l’elezione di Girelli nel convento del Santo il 19 febbraio 1559, a soli nove giorni dal prestito di cinque-
cento ducati all’Arca, cfr. ASPd, Corporazioni soppresse, Sant’Antonio, b. 189, cc. 135r-136r, segnalata da SARTORI, Archivio... cit.
(nota 7), p. 1033, nr. 433.
85
Per la supplica dell’anziano Girelli, cfr. ASPd, Corporazioni soppresse, Sant’Antonio, b. 190, c. 94r-v, segnalata da SAR-
TORI, Archivio... cit. (nota 7), p. 1036, nr. 455. Per il teologo al Concilio, R. VARESCO, I frati minori al concilio di Trento (II e III), in
‘Archivum Franciscanum historicum’, XLII 1949, pp. 95-158, speciatim 130.
86
Altri casi coevi vengono citati nelle carte relative alla contesa fra il convento padovano e quello bresciano, cfr. ASPd,
Corporazioni soppresse, Sant’Antonio, b. 40, c. 197v.
87
Ibidem, c. 200r-v. I delegati del convento bresciano dichiaravano, tra le altre cose, che il taccuino con la donazione di
Girelli era custodito da fra Beniami, promotore e committente del monumento in esame.
88
I delegati padovani lamentavano inoltre che fra Emilio Bertocci, bresciano d’origine ma un tempo provinciale al San-
to, aveva già prelevato centocinquanta ducati dalle casse dell’Arca per destinarli, secondo il lascito Girelli, all’infermeria di Bre-
scia. Ibidem, c. 195v.
89
Ibidem, cc. 199v-200r.
90
Per altro verso, veniva riconosciuto per valido il parziale affrancamento di duecento ducati già operato dai presidenti
dell’Arca, che ad un certo punto era stato messo in dubbio dai religiosi bresciani. Cfr. la sentenza pubblicata a Verona dal nota-
io Bernardo Cercolo l’11 agosto 1579, conservata in ASPd, Corporazioni soppresse, Sant’Antonio, b. 40, cc. 193r-194v. I rogiti di
Cercolo fanno parte della serie “notai bruciati” dell’Archivio di Stato di Verona, ovvero rientrano fra i documenti colpiti dall’in-
cendio che nel 1723 divampò nel Palazzo della Ragione di quella città. Di Cercolo si conservano a Verona solo alcune scritture re-
datte fra il 1558 ed il 1566 (Verona, Archivio di Stato, Notai bruciati, b. 11).
91
Per i due documenti, cfr. supra note 12 e 52.
92
Per un profilo biografico di fra Beniami, cfr. VARESCO, I frati minori... cit. (nota 85), p. 133; G. PILLINI, Beniamo (Benia-
mi), Massimiano, in Dizionario biografico degli italiani, 8, Roma 1966, pp. 502-503.
93
POLIDORO, Le religiose... cit. (nota 63), c. 58r.
94
Attirato probabilmente dalla qualità del busto, P. SELVATICO, Guida di Padova e dei suoi principali contorni, Padova 1869, 149-150.
p. 78 citava l’opera, pur in modo sbrigativo, fra quelle riconducibili ad Alessandro Vittoria. Gli faceva eco in tempi più recenti A.
SARTORI, Guida storico-artistica della Basilica del Santo, Padova 1947, ora in ID., Archivio Sartori. Documenti di storia e arte france-
scana. IV. Guida alla basilica del Santo, varie, artisti e musici al Santo e nel Veneto, a cura di G. Luisetto, Padova 1989, pp. 17-38,
speciatim 19, incontrando tuttavia le giuste perplessità di G. LORENZONI, Un possibile percorso tra le sculture, in Le sculture del San-
to... cit. (nota 4), pp. 219-231, speciatim 226.
144 LUCA SIRACUSANO

95
I. F. TOMASINI, Urbis patavinae inscriptiones sacrae et prophanae, Patavii 1649, p. 244, nr. 3; I. SALOMONI, Urbis patavi-
nae inscriptiones sacrae et prophanae, Patavii 1701, p. 365, nr. 49.
96
Sull’amicizia fra i due artisti, cfr. TEMANZA, Vite... cit. (nota 1), p. 522, 525. Per una scheda del busto di Francesco Bas-
sano, cfr. M. GUDERZO in “La bellissima maniera”... cit. (nota 1), p. 412, cat. 93.
97
G. GIRELLI, In prohoemium physicorum Aristotelis exquisita enarratio, Patavii 1553.
98
P. VALERIANO, Hieroglyphica sive de sacris aegyptiorum literis commentarii, Basilieae 1556, c. 141v. Per i legami padova-
ni di Pierio Valeriano, cfr. almeno P. SAMBIN, Altre testimonianze (1525-1540) di Angelo Beolco, in ‘Italia medioevale e umanisti-
ca’, VII, 1964, pp. 221-247 ora in ID., Per le biografie di Angelo Beolco, il Ruzante, e di Alvise Cornaro. Restauri di archivio, rivisti
e aggiornati di F. Piovan, Padova 2002, pp. 59-86, speciatim 68-69.
99
E. A. CICOGNA, Delle inscrizioni veneziane, 6 voll., Venezia 1823-1853, IV, p. 136; TIMOFIEWITSCH, Girolamo... cit. (no-
ta 1), pp. 244-245, cat. 5.
100
Per il caso del monumento di Girolamo Olzignano, destinato nel 1593 alla basilica del Santo e poi respinto perché giu-
dicato difforme dalla memoria Costanzo, difronte alla quale avrebbe dovuto stagliarsi, cfr. L. SIRACUSANO, Novità per la scultura
di primo Seicento a Padova: i monumenti Campolongo ed Olzignano di Cesare Bovo, in La Chiesa di Santa Maria dei Servi in Pado-
va. Archeologia storia arte architettura e restauri, a cura di G. Zampieri, Roma 2012, pp. 187-204, speciatim 96-201. Il monumen-
to, eseguito da Cesare Bovo intorno al 1610, sorse infine nella chiesa servita di Padova.
101
W. WOLTERS, Der Programmentwurf zur Dekoration des Dogenpalastes nach dem Brand vom 20. Dezember 1577, in ‘Mit-
teilungen des Kunsthistorisches Institutes in Florenz’, XII, 1965-1966, 3-4, pp. 271-318, speciatim 315, nota 135; TIMOFIEWITSCH,
Girolamo... cit. (nota 1), pp. 244-249, catt. 5-8; W. WOLTERS, Scultura, in U. FRANZOI - T. PIGNATTI - W. WOLTERS, Il Palazzo Duca-
le di Venezia, Treviso 1990, pp. 118-224, speciatim 192-199. Il Redentore di San Moisè viene datato da Timofiewitsch su base stili-
stica al nono decennio del Cinquecento. Il medesimo studioso colloca l’Ercole ed il Mercurio sul camino della sala del Collegio in
Palazzo Ducale al biennio 1582-1583. Sempre nella residenza dei dogi, di poco posteriori sarebbero la Pace, Pallade alunna delle
arti e la Guerra, sopra l’accesso del Senato nella sala delle Quattro Porte (post 1584-ante 1589) e i telamoni del camino della sala
dell’Anticollegio (1587-1588 circa).
102
Per l’alunnato di Marcantonio de Surdis, fratello minore del Francesco citato a nota 18, cfr. RIGONI, Intorno... cit. (no-
ta 8), p. 308. L’11 giugno 1584 Marcantonio veniva pagato per l’esecuzione degli scalini dell’altare maggiore, cfr. AdA, reg. 368,
c. 12r; SARTORI, Archivio... cit. (nota 7), p. 236, nr. 40.
151. 103
Cfr. BACCHI, Girolamo... cit. (nota 1), p. 403. Oltre al già citato busto di Francesco Bassano, disponiamo dei ritratti ve-
neziani del procuratore di San Marco Andrea Dolfin e di sua moglie Benedetta Pisani in San Salvador, di quello di Vincenzo Ca-
pello sulla facciata verso il campo della chiesa di Santa Maria Formosa e di quello di Lorenzo Bragadin, già in San Sepolcro ed ora
al Seminario Patriarcale. Ad eccezione del busto bassanese, queste opere appartengono tutte alla tarda attività di Campagna. Ap-
parentemente perduto è il busto di Salione Buzzaccarini, un tempo entro un’edicola eseguita da Cesare Bovo in Sant’Agostino a
Padova, ultimo lavoro documentato del nostro scultore. Cfr. O. RONCHI, Una scultura perduta di Girolamo Campagna, in ‘Rivista
d’arte’, XV, 1933, pp. 487-492. Secondo la testimonianza di Tommaso Temanza, nel 1623 fu inoltre chiesto a Campagna il disegno
per un monumento di Paolo Sarpi da destinare alla Chiesa dei Servi di Venezia, tuttavia mai eseguito. TEMANZA, Vite... cit. (nota
1), p. 528.
129. GIROLAMO CAMPAGNA: Busto di imperatore romano. Collezione privata.
130. GIROLAMO CAMPAGNA: Busto di imperatore romano. Collezione privata.
131. GIROLAMO CAMPAGNA: Busto di imperatore romano, particolare.
Collezione privata.

132. SCULTORE VENETO: Testa di Commodo. PADOVA, Museo di Scienze


archeologiche e d’Arte dell’Università (su concessione dell’Università
degli Studi di Padova).
133. GIROLAMO CAMPAGNA: Busto di imperatore romano, particolare.
Collezione privata.

134. SCULTORE VENETO: Testa di Meleagro. PADOVA, Museo di Scienze


archeologiche e d’Arte dell’Università (su concessione dell’Università degli
Studi di Padova).
135. GIROLAMO CAMPAGNA: Busto di imperatore romano. Collezione privata.
136. GIROLAMO CAMPAGNA: Engelpietà, particolare. VENEZIA, San Zulian.
137. GIROLAMO CAMPAGNA: Busto di imperatore romano. Collezione privata.
138. GIROLAMO CAMPAGNA: Engelpietà, particolare. VENEZIA, San Zulian.
139. GIROLAMO CAMPAGNA: Testa all’antica. MONACO, Antiquarium.
140. GIROLAMO CAMPAGNA: Testa all’antica. MONACO, Antiquarium.
141. GIROLAMO CAMPAGNA: Miracolo del giovane di Lisbona, particolare. PADOVA, Sant’Antonio.
142. PAOLO VERONESE: Predica di San Giovanni battista. ROMA, Galleria Borghese.
143. GIROLAMO CAMPAGNA e CESARE FRANCO: Altare maggiore. Già PADOVA, Sant’Antonio (foto ante 1895).
144. GIROLAMO CAMPAGNA e CESARE FRANCO: Tabernacolo. PONTE SAN NICOLÒ, San Nicolò (già PADOVA, Sant’Antonio; foto ante 1933).
145. GIROLAMO CAMPAGNA: Angelo. PADOVA, Museo Antoniano. 146. GIROLAMO CAMPAGNA: Putto. VENEZIA, San Salvador.
147. GIROLAMO CAMPAGNA: Angelo. PADOVA, Museo Antoniano.
148. GIROLAMO CAMPAGNA: Monumento di Girolamo Girelli. PADOVA, Sant’Antonio.
149. GIROLAMO CAMPAGNA: Busto di Girolamo Girelli. PADOVA, Sant’Antonio.
150. GIROLAMO CAMPAGNA: Busto di Girolamo Girelli, particolare. PADOVA, Sant’Antonio.
151. GIROLAMO CAMPAGNA: Busto di Francesco Bassano, particolare. BASSANO DEL GRAPPA, Museo civico.
152. GIROLAMO CAMPAGNA: Figura allegorica. PADOVA, Sant’Antonio.
153. GIROLAMO CAMPAGNA: Madonna annunciata. VENEZIA, San Sebastiano.

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