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1. Antonio, in questi ultimi anni ti sei dedicato a fare il curatore darte.

Leggendo i testi che hai scritto per diversi artisti, si potrebbe pensare che il tuo interesse sia rivolto al riscatto dellidea del catalogo come luogo in cui viene messa in gioco una conversazione disinteressata con lopera; non vi lidea di elaborare un sistema di concetti che spieghi il suo funzionamento, di adattarla ad uno stile o ad una corrente storica in cui, in definitiva, non esiste un programma che il testo deve illustrare nei confronti del significato dellimmagine. A quanto pare non ti interessa essere un messaggero dellopera, quanto piuttosto mettere in prima persona il modo in cui sei stato sedotto da essa e dallartista, cio, far recepire il riconoscimento nellopera delle proprie inquietudini e dellemozione che questa le trasmette. Come spiegheresti la differenza tra il tuo lavoro di curatore e quello di un critico o uno storico dellarte? Alla mia poetica fa bene laltro, tutti gli altri. Sarebbe come cercare marziani o mostri simili nel mondo, extraterrestri che si identificano nellaltro e si dicono siamo. Il lavoro di un critico consiste nel posizionare lartista e la sua opera in un momento della storia presente. Vivo quella storia con lartista: ho unaltra storia e la sottopongo ad unaltra strategia, percorro altri itinerari che sicuramente passano per lattrazione, le affinit e la seduzione che nasce dal nostro primo incontro. E tutta una successione di coincidenze. Non ho cercato larte, un giorno ci siamo incontrati e non ci siamo mai pi lasciati. Dalle mie prime incursioni dentro di lei ho semplicemente voluto fare da accompagnatore, andare con lei, seguirla per quello spazio di tempo in cui entrambi ci siamo trovati. Cos successo anche nelle mie incursioni a teatro, stato come se la mia poesia incontrasse il teatro e gli dicesse: Teatro, come stai? Dove vai? Posso venire con te? Mi ha detto di s, e lho seguito. Con lartista la stessa cosa, lo vedo come quel compagno di strada che a volte ci manca o come quella pergamena che stata raschiata e che ci appare per poter continuare ad essere scritta. La mia non una scelta stilistica, bens una sorta di incontri che sono avvenuti, una sorta di treno che ognuno di noi ha usato per spostarsi nel nostro viaggio, non per nulla il viaggio rappresenta in maniera simbolica la ricerca della verit, della conoscenza. Questo viaggio rappresenta anche unavventura concreta o spirituale, una specie di pulsione, unenergia vitale che abbiamo scoperto insieme e che alcuni maleducati come il sottoscritto, cercano poi di trasformare archeologicamente, cercando a quel punto la trama, la formula magica, lincantesimo, il mito. 2. Ho limpressione che il tuo scrivere sulle arti visive abbia qualcosa in comune con la lettura che suggeriscono le immagini allegoriche, nel senso che la parola viene in aiuto dellimmagine per aprire un gioco poetico, ovvero vedere una cosa attraverso unaltra, dare vita a dei rapporti con diversi livelli di significato. Tale corrispondenza tra parola e immagine sotto forma di emblemi traspare anche dai tuoi libri di poesia e in una specie di manifesto che hai pubblicato nell82 a Roma, intitolato Incitacin al dilogo y preposicin Palingensica o carta cadena. In esso facevi appello al recupero assoluto del piacere, al testo come un oggetto pieno di chiavi. Un appello che invitava alla divagazione ininterrotta e automatica della coscienza, in cui linserimento di piccole immagini (una donna che apre la bocca ad un leone, una mano con un calice di vino che sta scivolando) serviva da linea guida che fissava quella vera raffica di idee. Quali considerazioni faresti oggi circa quel metodo di lavoro? Vi un bisogno di ricomporre un puzzle, la necessit di sopravvivenza che mi ha sempre accompagnato. La post adolescenza, che ha coinciso con il mio arrivo in Italia, mi faceva cercare, passare al setaccio, spezzettare, trovare ed appropriarmi di qualsiasi indizio didentit. Sono partito con lintenzione di voler capire la nostra storia, ma non mi bastato; ho partecipato ad un workshop con parecchi dei miei compatrioti in esilio, ma nemmeno questo mi bastato; mi sono fatto in quattro per trovare i miei coetanei sparsi per il mondo. Allora ha avuto luogo un incontro

importantissimo, penso che questincontro sia stato ben pi importante dellaver conosciuto Matta o Wilfredo Lam o Rafael Alberti. Ho conosciuto Francisco Smythe e non abbiamo mai smesso di parlare, prima della Modernit e poi del contemporaneo. Allepoca io scrivevo poesia e credevo di essere Arthur Rimbaud, lui era un artista e ne era pienamente convinto. Abitavo gi a Roma e lui, era da poco arrivato a vivere a Firenze insieme a Paulina. Le idee di quelle conversazioni mi tornano in mente oggi come fosse ieri; eravamo figli di una diaspora interna in termini di tempo e spazio, come una sorta di preambolo. Ritengo che lartista sia soprattutto chi cattura, chi si impossessa di ci che c allesterno per dargli forma con il proprio segno. Smythe possedeva questa vocazione, una vocazione di unenorme libert e di una continua sperimentazione. Il ricordo mi fa tornare oggi a questo humus ed per questo, per colpa sua che oggi mi occupo di arte. Dalle nostre discussioni nata una rivista, Palimpsesto 1, Firenze/Roma, e in quel momento abbiamo versato parte del nostro coincidere. Poco dopo sono andato in Spagna e non chiedermi come siamo riusciti a riunire intorno alla nostra proposta un esilio bramoso di vedersi e di riconoscersi. Abbiamo incontrato Mauricio Electorat, Cristbal Santa Cruz, Roberto Bolao, Bruno Montan. In seguito ci siamo trovati in Olanda e successivamente ci siamo riuniti a Parigi al Primo colloquio di Letteratura Cilena. A Madrid ci apparso un folletto e con la sua stella magica ci ha proposto la sua idea di cammino: evitando dispersioni teoriche, vi rivelo quello che gi scritto persino negli ultimi atomi del mondo e dellestetica: non si pu fare nulla se non partendo dallesperienza e perfino dalla circostanza non vi altra poesia che quella di circostanza. Naturalmente sempre che questa circostanza venga trasfigurata, che vada verso il simbolismo, verso un esercizio simbolico che trascenda quella circostanza. Era Gonzalo Rojas. Mi ha sorpreso la sua generosit, la sua totalit. Ci disse: Come fate a portare avanti la vostra costruzione, la visione ed espressione del mondo? Penso vivendo dentro e fuori, non perdendo mai il contatto, nemmeno per un secondo, sebbene provochi afflizione e lacerazione, sebbene sia doloroso. Non perdetene mai il legame genuino e vivace. Non facile spiegare perch lascio il paese, ma il fatto che ho scelto di vivere in periferia, ma per vivere allinterno. Questo lesercizio dialettico Quello stato il passo che mi ha permesso di poter affrontare la mia contemporaneit e non sono riuscito ad evitare quanto succedeva, cosa mi stava succedendo in quel momento e chiaramente, ho assorbito Pasolini, Bataille, il cinema tedesco, il cosiddetto teatro immagine, il postmodernismo. Per un adolescente che arrivava dalla catastrofe, questi baluardi diventarono uno strumento di sopravvivenza e di uno scheletro pi che un cadavere- che andato formando la mia personalit, che ho costretto a guardare tuttintorno a 380 gradi, qualcosa del tipo venir fuori con i miei io per trovare me stesso. Il testo di cui parli, Incitacin al dilogo y proposicin Palingensica o carta cadena la risposta ad un testo di Cristian Warnken che arrivata a tutti quelli che si erano appena conosciuti ed erano diventati inseparabili, e il cui titolo Apurar Cielo, feci mio dal primo momento, al punto di dubitare se era stato lui o io ad averlo scritto. Nel libro, Cristian rifletteva sullisolamento della nostra generazione. Ci eravamo conosciuti nella seconda scuola Estiva di Rotterdam, passando del tempo assieme a Roma in compagnia di altri romantici della parola, fino al suo ritorno in Cile. Il metodo nasceva cos in maniera naturale, era figlio di quel coltello implacabile di cui parlava Warnken che divise in due il nostro corpo: da allora lincarnazione delleterno mito (Ebreo errante, Adamo ed Eva che cercano la costola complementare). 3. Da quanto ho capito hai conosciuto gli interlocutori di quel manifesto nel 1981, alla Prima Scuola Estiva di Rotterdam, organizzata dallIstituto per il Nuovo Cile. Perch non mi racconti cos successo in quellincontro? Quali discussioni univano e motivarono la Dichiarazione che firmarono i giovani poeti?

Furono 450 i cileni, tra dirigenti politici, ex parlamentari, militanti in esilio, cileni alla deriva, che parteciparono alla Prima Scuola Estiva al porto di Rotterdam. L, al dibattito dei grandi temi sociali che avevano come finalit quella di avvicinare la dispersissima comunit cilena attraverso forum relativi a vari aspetti della realt nazionale e dellesilio, si un in maniera del tutto improvvisata un happening di giovani poeti cileni. L qualcosa, una magia, ha reso possibile unalleanza spontanea tra noi scrittori delineando questo happening alla Carpe Diem: ci siamo presi la tribuna irrompendo nella discussione politica con i nostri testi, eravamo Radomiro Spotorno, Mauricio Redols, Felipe Tupper, Alejandro Lazo, Ricardo Cuadros, Mariano Maturana, Juan Heisson, Loreto Corbaln, Luis Badilla. Penso che ci sia stata molta emotivit, stato un vero impatto emotivo, di riconoscimento. Tuttavia bisognerebbe aggiungere che eravamo accompagnati piuttosto da uno spirito ludico, irriverente. Era lagosto del 1981 e la nostra dichiarazione riteneva che Pinochet fosse una realt devastante della nostra anima, figli di Violeta Parra e John Lennon, Huidobro e Liv Ulman, Capuccetto Rosso e il Lupo Cattivo, Carlos Gardel e Janis Joplin, Lucho Barrios ed Edith Piaf, Pasolini e la Pila Cementerio, La Vergine del San Cristbal e il Pensatore di Rodin. Esattamente lo stesso spirito che avr in seguito un giornale pubblicato in Cile (1987) e che incitava alla vita pericolosa, Noreste e lo pubblicavano, non a caso Cristian Warnken, Santiago Elordi e Beltrn Mena. Penso che ci unisse una pulsione generazionale, figli di un concatenarsi di episodi; di una generazione che, come diceva Radomiro Spotorno, non aveva ancora deciso nulla. Sono stato comunque felice di essere arrivato su un piatto dargento alla rivista Noreste (la miglior scommessa del secolo, cito Santiago Elordi). Quella fu la mia casa in Cile, il mio galleggiante, il mio Cile personale. Lunico che mi venne concesso. 4. A Rotterdam hai conosciuto anche Soledad Bianchi che ti introduce dalla critica letteraria al panorama della poesia cilena dellepoca, e ti pubblica in antologie mettendoti in contatto con Roberto Bolao, Bruno Montan e Cecilia Vicua. Inoltre, scrive un articolo in cui analizzava linterazione e le analogie tra la tua poesia e la nuova scena di scrittura degli anni ottanta. Lapparizione della casa editrice Palimpsesto era una risposta al desiderio di essere parte di quanto stava succedendo in quel momento in Cile?, o era forse un gesto che cercava di ampliare i riferimenti e le varianti che definivano la produzione culturale di quegli anni, tra coloro che stavano fuori e dentro il paese? Soledad Bianchi ha dato un contributo fondamentale alla nostra sopravvivenza. Fino a quel momento non avevo mai conosciuto una studiosa che avesse dedicato anima e corpo nellaiutarci a sopravvivere, a resistere e a combattere. Ha dato ossigeno ad una serie di circostanze creative che se fino a quel momento nascevano dalla precariet, il fatto di metterle in contatto (oggigiorno si direbbe creare un link), dava la possibilit di rilasciare loro il passaporto, lidentit, che era in definitiva quello che stavamo cercando. Coincidenza pazzesca con il Cile degli anni ottanta. E stato cos per Berthe Trepat, che facevano a Barcellona Roberto Bolao e Bruno Montan, lo stato per Palimpsesto che facevamo io e Francisco Smythe, direttamente a Firenze e Roma e in qualche modo lo stato anche per Amrica Joven, che veniva pubblicato a Rotterdam. Il link che ci ha fatto Soledad stato quello di aver conosciuto la Escena de Avanzada, i collettivi di Acciones de Arte. Anche larrivo di Smythe ha contribuito parecchio; alcuni di noi usarono la performance per comunicare la propria inquietudine e la coincidenza ci permise di riconoscerci in alcune azioni. Non siamo stati felici, come non lo sono stati Alfredo Jaar, Diamela Eltit, Lotty Rossenfeld e Ral Zurita. Sono arrivato in Cile nel 1988 a presentare la prima mostra poetica di sette poeti che vivevano fuori dal Cile; in quelloccasione sono stato accolto da sette poeti cileni, i quali ci hanno presentati, ci hanno donato il passaporto. 5.

Il tuo inserimento in una rete di scrittori cileni che vivevano in Europa stato decisivo, mi immagino, nel modo di confrontarti nuovamente con lo spagnolo e le sue possibilit, anche nella volont di creare progetti editoriali di poesia o di tradurre il teatro e in italiano lObsceno pjaro de la noche o Pedro Pramo. Avevo provato a conoscere queste cose prima di conoscere ci che nostro. Ho percorso lEuropa facendo lautostop, gli amici residenti nelle diverse citt hanno fatto il resto. E piuttosto strano quello che mi succede allora; scelgo di allontanarmi e mi avvicino sempre di pi; leggo Georges Bataille e ammaliato dalla sua trasgressione lo traduco, lo trasformo in opera teatrale; in seguito lo stesso testo mi porta a conoscere lopera di Juan Rulfo e attraverso di lui, torno inesorabilmente di nuovo in Cile, con El Obsceno pjaro de la noche, che mi toglie il disgusto che mi provoca il Cile. Sono gli inizi degli anni 80 e diverse circostanze fanno s che inizi a mettermi in contatto con i miei coetanei che scrivono e che vivono in esilio: mi diverte giocare a pubblicare i miei amici, giocare anche a fermare un panorama mobile come lo , secondo me, o mi piacerebbe che fosse la poesia cilena, mi scrive Roberto Bolao nel 1983. Un anno prima assieme a Francisco Smythe avevamo pensato la stessa cosa e avevamo pubblicato una rivista, Palimpsesto, nella quale accadeva esattamente quello che ci diceva Bolao. La rivista stata un mezzo per incontrarci. Strinsi rapporti con Cecilia Vicua, la quale da New York ci scriveva: E cos difficile condividere unesperienza, un sentimento, un linguaggio (cio contemporanei, co-etanei, co: assieme, assieme, assieme) ed essere comunque uno. La fibra da trovare infinitesimale e sconosciuta, quella che crea ognuno e ci inserisce in un altro livello di differenza. 6. In Effimero Party Demenziale, articolo che hai scritto per la rivista spagnola Luna de Madrid, descrivevi quello che stava succedendo nellarte romana di fine anni ottanta; partendo da l, delineavi il comportamento di una generazione che guardava con diffidenza alle ideologie dominanti, che dietro alla smorfia e alledonismo rifletteva un senso dellumore acido e flessibile come la Roma cyberpunk di Ranxerox capace di riciclare le arti maggiori e di elaborare una critica sociale attraverso unappropriazione spregiudicata dellindustria musicale, cinematografica, televisiva, dei fumetti e della moda. Lattore John Belushi (inventore della commedia demenziale, e morto prematuramente nell82), diceva che: La gente non deve essere necessariamente perfetta. Non deve essere intelligentissima. Non deve seguire le regole. Pu divertirsi. La maggior parte dei film di oggi fa sentire la gente inadeguata, io no. Anche i tuoi primi libri di poesia mettevano allo scoperto la fragilit, la prova di vivere in mezzo al disordine e alla contraddizione. Ecco quindi limportanza di trasgredire le regole (per esempio, nel tuo libro Strano tipo, lasciavi gli errori di ortografia, le bozze, le ripetizioni) per un soggetto enfatico e titubante allo stesso tempo. Continui a sostenere quel tipo di poetica dellinesatto? Un giorno ho scoperto che, come mi diceva il mio amico Alejandro Montesino in una lettera del 1983, lunica cosa che non stata espropriata dalla borghesia trionfante o il collettivismo proletario sembrava essere fino a quel momento il sesso. Non molto pi autentico oggi il poter ridere della realt, visto che le radicali proposte di trasformazione in nome di ideologie proletarie non sono state altro che una lunga e sostenuta frustrazione? E ci non una semplice frivolezza come vogliono far credere i falsi profeti, gli annunciatori di futuri gloriosi con i presenti da Gulag. Tale coscienza del momento stata una verit protratta al momento storico dellEuropa degli anni 80, allora questo scenario diventa una prova, un lutto. Si delineano i confini di un altro territorio. Vicende immediate, dandismo e forza selvaggia, a cavallo tra un orizzonte che spaziava dal nuovo cinema Tedesco al punk progressivo. Era come vivere un elisir metropolitano poich tra il fumetto e la fantascienza c una sincronia affine che riflette su alcuni modelli artistici. Il mio avvicinamento a Bataille nato come prodotto di quel percorso poetico/personale, di una ricerca

poetica del vissuto che a me interessava e mi colpiva pienamente. Ho proposto di portare in scena La Historia del ojo, il libro pi trasgressivo di Bataille, di cercare, oltre la bellezza del corpo, una verit pi sostanziale, una fantasia creativa che divora se stessa fino agli estremi dellesperienza del dolore. Si trattava alla fine di dichiarare libera quella festa della creativit, quelleffimero party demenziale al quale stavamo partecipando non in veste di osservatori, bens finalmente in veste di attori della nostra verit. 7. Ho limpressione che uno dei problemi che condividevi con Francisco Smythe sia il ritorno ai principi che credono nella bellezza di alcune cose, nei dettami dellintuizione e della sua efficacia per costituire delle relazioni tra forme e pratiche. Lo stesso atteggiamento che permette di distinguere i nomi e le propriet di un tessuto, cogliere il fascino di una cornice liberty trovata per caso, apprezzare la consistenza esatta di un caff o di una torta Sacher. O riconoscere il volto di una persona amica. Raccontami della tua amicizia con Smythe e le affinit con lui. Ogni raggio di sole che arriva alla mia finestra deve accarezzare un colore, un lineamento, nulla era e nemmeno casuale, tutto risponde ad un meccanismo estetico del quale colpevole fondamentalmente questa regione del mondo, lItalia, ha a che vedere con lallora e stranamente con ladesso. Collezioniamo opere, testi, collezioniamo conoscenze, ma al di l di qualsiasi ipotesi di interpretazione critica abbiamo bisogno di prendere coscienza di tutte queste conoscenze, di questo percorso poetico esistenziale, di eccezionale resistenza e rilevanza. Io e Francisco ci siamo trovati in quel periodo storico in Italia; prima di noi era arrivato Roberto Matta, che vissuto ed stato sepolto qui, vicinissimo a Tarquinia, in un convento che fu la sua casa-studio. E stato qui, in una regione chiamata La Tuscia pi di ogni altro posto, dove il destino ha deciso la sua sorte, dove lui come il popolo Etrusco, ha affidato le proprie ansie di immortalit alle monumentali necropoli, al mistero inquietante della vita e della morte. Una terra per la quale ho passeggiato ieri con Pancho, sua moglie Paulina e dove ho passeggiato con te, con i nostri amici odierni, consapevoli di star percorrendo sentieri millenari per captare la brezza e la bellezza della vita nelle case e nelle numerose necropoli, in tutti quei luoghi che, grazie alla saggezza delluomo, sono diventati sacri. Ed questa, in conclusione, una posizione estetica, la stessa che ha accompagnato Pancho fino al suo ultimo giorno e che a me ha gettato nella ricerca di un rifugio in quelloscena pienezza. 8. Non ci si dedica mai alla poesia. La poesia qualcosa di pi misterioso rispetto ad una dedizione. Io aspettavo sempre qualcosa, ma se non succedeva nulla allora sentivo che la mia attesa era perfetta e che quello spazio vuoto, quella pausa inesorabile dovevo colmarla con quella che con il passare del tempo stata limmagine. Perci la poesia sempre stata in me esperienza del vissuto, intorno ad una pausa, ad un mormorio prendeva forma il romanzo immagine, ricostruivo attraverso limmagine i resti dei pianeti perduti, dei ronzii indecifrabili. Questo un frammento di una risposta di Jos Lezama Lima, quando gli domandavano come decise di dedicarsi alla poesia. In Domus Aurea suggerisci che la poesia una terra di nessuno in cui si sempre stranieri- uno spazio in cui si pu resistere al tempo (quando il fluire dei giorni/consuma un fiore/un altro fiore), trasformando leffetto e i diversi piani che confluiscono nella realt. Come ridefiniresti ora quelle riflessioni sulla poesia e il suo esercizio? Ti rispondo con la prima poetica che ho scritto e che ricordo quando avevamo il Workshop Maruri nella libreria Croce di Roma:

La mia voce lespressione della vertigine che percepisco quando sento la mia identit disgregarsi e chiaramente pi di una dedizione, anche una condizione e una disposizione poich esiste sempre nel poeta un certo esilio, non soltanto della realt ma anche delle apparenze, ed come se un comportamento mentale ti mostrasse tutto in altro modo, una condizione dello spirito che si stabilisce oltre la propria lingua, che assume questa distanza e che si cerca in altre lingue. Le parole appaiono scosse da tensioni particolari, da impulsi che sembrano essere in cerca di qualcosa che sembri essere decisivo, totalizzante. In questo mi rispecchio in Juan Downey, artista che, capace di sublimare piuttosto una lingua etica, ci getta alla ricerca di voler sapere di pi, di conoscere meglio quellabbandono cosmico.

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