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Newsletter n.

16 16 luglio 2011 Cari Amici, Vi invio il testo del mio intervento in Aula in merito al decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria. On. Amedeo Ciccanti

XVI LEGISLATURA Resoconto stenografico dell'Assemblea Seduta n. 502 di venerd 15 luglio 2011

Discussione del disegno di legge: S. 2814 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria (Approvato dal Senato) (A.C. 4509) (Discussione sulle linee generali - A.C. 4509) (ore 10,07).

PRESIDENTE. iscritto a parlare l'onorevole Ciccanti. Ne ha facolt. AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, innanzitutto voglio stigmatizzare l'assenza del Ministro Tremonti a questo dibattito. Egli avrebbe fatto cosa gradita - soprattutto dopo la dimostrazione di responsabilit delle opposizioni - se avesse degnato questa Camera (e soprattutto queste opposizioni che hanno in qualche modo dominato il dibattito
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in discussione sulle linee generali questa mattina) della sua presenza, ascoltando qualche nostra critica. Tuttavia, invieremo il nostro messaggio agli italiani, ai quali dobbiamo chiarire due dati: il primo che la manovra 2011-2014 non di 43 miliardi, come da settimane si scrive sui giornali, ma di circa 80 miliardi come risulta dal maxiemendamento approvato dal Senato e all'esame di questa Camera. Non vero che i tagli alla spesa pubblica e le maggiori entrate concentrano nel 2013 e 2014 tutti i loro effetti e che, invece, nel 2012 e nel corrente anno non ci sono sacrifici. Voglio ricordare a tutti che la manovra netta di questo provvedimento di 3 miliardi e 800 milioni per il 2011, di 9 miliardi per il 2012 e che ad essi sono da aggiungere le maggiori entrate e le minori spese cumulate con le manovre triennali del decreto-legge n. 112 del 2008 e del decreto-legge n. 78 dell'anno scorso, per rispettivi 43 miliardi e 500 milioni nel 2011 e 57 miliardi e 500 milioni nel 2012. Sommando gli effetti cumulati delle precedenti manovre finanziarie con quelli della manovra di oggi si hanno - tra il 2011 e il 2014 - oltre 270 miliardi di sacrifici chiesti agli italiani da questo Governo. A questi vanno aggiunti quelli fatti nei precedenti anni 2008, 2009 e 2010. Agli italiani dobbiamo anche chiarire due concetti. In primo luogo, non vero che Berlusconi ha ridotto le tasse perch la pressione fiscale del 42,8 per cento del 2008, si prevede che rimanga tale fino al 2014, secondo il Documento di economia e finanza e, a questo livello di pressione, va aggiunto l'onere di questa manovra, cifrato intorno ai 30 miliardi per quanto riguarda le maggiori entrate che eleveranno il livello di pressione fiscale. In secondo luogo, non vero che questo Governo ha ridotto la spesa
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pubblica perch il debito pubblico passato dal 106,3 per cento del PIL del 2008 al 120 per cento di quest'anno e il disavanzo dal 3,2 per cento del PIL del 2008 - quando entrato in carica questo Governo - al 5,1 per cento del PIL nel 2010, che scender al 4,6 per cento nel corrente anno. Infatti, questo Governo ha trasferito l'aumento delle tasse agli enti locali e alle regioni e lo ha caricato sulle tariffe per i servizi pubblici di prima necessit (luce, gas e acqua) mentre, dal lato delle spese, invece di modificare la dinamica di formazione delle stesse, ha preferito fare tagli lineari, tagliando la spesa buona e quella cattiva nello stesso modo. Il Governo mantiene questa impostazione sbagliata e socialmente iniqua anche in questa manovra. Vediamo qualche misura: la prima e pi rilevante l'imposta di bollo sui titoli di deposito, una sorta di patrimoniale sui risparmi. Parte con un'entrata di 750 milioni nel 2011, per attestarsi a circa 2 miliardi e mezzo nel 2014. Questa una tassa che non regge perch i risparmiatori attiveranno altre forme di risparmio meno costose, quali i buoni postali. I risparmiatori non saranno aggrediti soltanto da questa imposta: l'aumento dell'IRAP per banche e assicurazioni ribalteranno sulle commissioni bancarie e polizze i maggiori costi colpendo il ceto medio, che, socialmente ed economicamente, l'unica forza in questo Paese che possa assicurarci un futuro. Lo stesso discorso vale per l'articolo 23, riguardante la riduzione dell'1, invece che del 5 per cento, della deducibilit degli accantonamenti per spese di manutenzione di autostrade e trafori. La prevista entrata di 1 miliardo e 300 milioni apparentemente a carico delle societ concessionarie, ma in realt tale costo, anche in questo caso, sar ribaltato sulle tariffe autostradali e quindi su imprese e famiglie.
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La stessa considerazione pu essere fatta per l'istituzione dei ticket sanitari per soggetti non esenti: 5 euro per le prestazioni specialistiche e 25 euro per il codice bianco di pronto soccorso, che pagheranno sempre gli italiani e, soprattutto, il ceto medio. Il massimo della perversione fiscale viene per consumata da questo Governo e da questa maggioranza con la delega fiscale, ossia con la cosiddetta riforma fiscale. Tale riforma doveva essere compensativa e a saldo zero, poi doveva costare 15 miliardi e adesso apprendiamo che, su 160 miliardi di esenzioni, detrazioni e deduzioni fiscali, da parametrare in futuro, saranno applicati tagli lineari del 5 per cento nel 2013 e del 20 per cento nel 2014, per complessivi 24 miliardi, se entro il 30 settembre 2013 non sar stata fatta la riforma fiscale. Chi paga non il Governo o il Ministro Tremonti, che non hanno adottato la riforma, ma quei contribuenti minori che hanno deduzioni e detrazioni. Comunque, qualora dovesse essere fatta la stessa riforma, non sarebbe a costo zero, ma partirebbe con 24 miliardi in meno. Si tratta di tagli alle esistenti agevolazioni fiscali, ossia si chiederanno 24 miliardi di maggiori tasse rispetto a quelle oggi pagate. Questi tagli e queste tasse creeranno inflazione e minori consumi. Avremo nei prossimi anni un PIL pi basso, un Paese pi povero, un'economia pi depressa. La preoccupazione di non riuscire ad agganciare la ripresa mondiale reale. In questa manovra non ci sono stimoli per la crescita e lo sviluppo, non ci sono misure di carattere sociale. Come per le altre manovre finanziarie anche per questa tutto il peso caricato sul lavoro. Chi paga la crisi una sola parte degli italiani. Non vengono toccate le rendite finanziarie, soprattutto quelle speculative, che ancora sono tassate al 12,50 per cento, mentre i titolari dei risparmi
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nei depositi bancari pagheranno il 27 per cento, non vengono toccate le corporazioni professionali e si rinviano le liberalizzazioni delle professioni intellettuali, non vengono toccate le rendite dell'apparato politico, le province non sono accorpate e i piccoli comuni sotto i mille abitanti rimandano i processi di fusione, non vengono toccate le migliaia di mini societ comunali ex municipalizzate a carattere monopolistico, non vengono posti limiti e condizioni agli stipendi d'oro di manager pubblici e bancari rispetto ai risultati ottenuti nella gestione, non vengono tagliati gli enti inutili. Non vengono sanzionati al pari degli amministratori di regioni ed enti locali quelli delle amministrazioni statali, non viene colpita la grande evasione fiscale, che sottrae ogni anno 400 miliardi alla base imponibile del nostro fisco. Questa manovra, signor Presidente, non si occupa delle nuove povert, di quegli otto milioni di italiani a rischio di povert e di quei 600 mila lavoratori che dal 2009 hanno perso il lavoro e non lo hanno ancora ritrovato. Non si occupa di quel Mezzogiorno sempre pi distante dal nord del Paese. Questo rigore senza sviluppo e senza equit, questo rigore senza anima e senza politica non ci riguarda. Questa manovra non la nostra e non la voteremo. Abbiamo voluto che si approvasse in una settimana non per agevolare Berlusconi e questo Governo, ma per l'Italia e per dare fiducia ai mercati finanziari quando luned 18 riapriranno le borse. Gi questa coesione nazionale voluta dal Presidente Napolitano ha dato i suoi frutti calmierando la speculazione nelle borse di questa settimana. Questa opposizione non antitaliana come aveva dichiarato
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Berlusconi

nel

settembre

2010;

cominciare

dall'UDC

un'opposizione seria e responsabile che guarda all'Italia, non ad una sola sua parte sociale e territoriale. Abbiamo bisogno di un Governo di unit nazionale. Tutti gli interessi sociali ed economici del Paese devono essere considerati e non solo quelli di chi ha vinto le elezioni. Le grandi scelte impopolari (ma non antipopolari) devono essere equamente pagate elettoralmente da tutti i soggetti politici, in quanto forza di Governo. Quando la casa brucia tutti devono portare acqua! La Grosse Koalition della Germania dovrebbe insegnare! L'attacco all'euro da parte della finanza internazionale dovuto alla debolezza politica della governance dell'Unione Europea. L'attacco ai titoli di debito pubblico dell'Italia dovuto alla crisi di credibilit politica del nostro Governo, cos come per la Grecia. Basti riflettere sul silenzio a cui costretto Berlusconi per non danneggiare la credibilit dell'Italia nei mercati finanziari. C' quindi crisi di fiducia! L'UDC non voter questa manovra pur ritenendola necessaria, perch sbagliata nei contenuti. L'UDC chiede per le immediate dimissioni di Berlusconi perch possa dar corso ad un nuovo Governo a pi larga maggioranza, pi autorevole e credibile. (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

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