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Giotto (1267 circa -1337), Presepe di Greccio (1295-1299 circa, particolare), Assisi, Basilica superiore. L’affresco
fa parte delle Storie di San Francesco
Se una certa idea di Medioevo — cupo, immobile e arretrato — è alle nostre
spalle, se ci siamo liberati dallo stereotipo di una barbara età di mezzo
buona solo a fare splendere ancora di più il Rinascimento, il merito va in
particolare a un francese curioso, dalla mente aperta, spesso ritratto con la
pipa in mano, amante della musica e della buona tavola: Jacques Le Goff
(Tolone 1924 - Parigi 2014). Fu lui, pilastro del glorioso. gruppo
delle «Annales» — chiamato a farne parte da un’altra leggenda, Fernand
Braudel — a chiarire fin dai suoi primi lavori i tanti volti del. Medioevo,
a sottolineare i legami tra cultura ed economia, tra sociologia e antropologia,
tra atteggiamenti individuali e mentalità collettiva. «Per me la ricerca è pura
gioia», diceva. Lo ha dimostrato nei suoi libri. A partire da La civiltà
dell’Occidente medievale, seconda uscita della collana del «Corriere».
«Mi sembrava di essere un subacqueo che abbia scoperto un tesoro nelle
profondità marine o un alpinista che abbia scalato una vetta da cui il mondo
gli appare nella sua totalità», disse Le Goff in un’intervista al «Corriere» del
1999. Parlava proprio di quel libro, uscito per la prima volta nel 1964: il
saggio di uno studioso che con coraggio rivoluzionava l’immagine
dell’Europa tra X e XIII secolo, periodo che definisce «la scelta di un
mondo aperto contro un mondo chiuso, l’opzione per la crescita in una più
ampia prospettiva. Un momento decisivo nell’evoluzione dell’Occidente»
(dalla prefazione dell’edizione del 1981).