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[WILHELM MEYER-OTT]

EVENTI DI GUERRA IN ITALIA NELL'ANNO 1848


CON UNA BREVE INTRODUZIONE STORICA
ZURIGO 1848
( traduzione Zanandrea)

CAPITOLO IV
Operazioni della Armata di riserva austriaca. Scontro dell'armata principale a S. Lucia.

Il co: Nugent, Feldzeugmeister (FZM) e generale comandante nell'Austria interna, uno dei più
distinti veterani dell'I.R. Armata, s'era offerto di raccogliere all'Isonzo riserve inviate in Italia e di
guidarle all'Armata principale. Una fedeltà provata per cinquantatre anni di servizio, un coraggio
dimostrato su più di cento campi di battaglia e la più esatta cognizione del teatro di guerra, su cui
egli aveva quasi quaranta anni prima....
il 4 aprile egli arrivò a Gorizia e si scelse questa città adagiata sull'Isonzo, ben disposta verso
l'Austria, come suo Quartier Generale (QG)...
La consistenza dell'Armata di riserva era pericò inizialmente molto debole e il FZM aveva
bisogno di un po' di tempo per darle l'organizzazione e l'equipaggiamento necessari all'avvio delle
operazioni.
L'armata si componeva infatti di tre elementi diversi: 1° reggimenti freschi, provenienti
dall'interno della Monarchia; 2° trasporti complementari pei reggimenti che già combattevano in
Italia; 3° truppe del 2° Corpo d'armata che erano state distaccate dallo stesso con la capitolazione di
Venezia e di Treviso. A metà aprile noi troviamo all'incirca la composizione seguente:
Comandante: FZM co: Nugent.
Divisionari: il Tenente maresciallo di campo (FML) co: Thurn, il FML co: Gyulai
(provvisoriamente), il FML co: Franz Schaaffgotsche, il FML maggiore generale (GM) Culoz.
Brigadieri: il GM Auer, il GM principe Felix Schwarzenberg, il GM principe Edmund
Schwarzenberg, Schulzig, Victor, ecc.
1 Battaglione Cacciatori Nr. 7 Maggiore Vogel
2 Battaglioni Arciduca (AD) Carlo Nr. 3, colonnello co: Thun
2 Battaglioni Wocher Nr. 25

Il co: Nugent aveva bisogno di più giorni per ordinare le truppe arrivate all'Isonzo e
equipaggiarle con il necessario. Solo il 16 aprile superò con 13 000 uomini il fiume.
Il generale Zucchi, che comandava le forze armate degli insorti, aveva 3 000 soldati dei
reggimenti superstiti e 8 000 volontari e la guardia nazionale a sua disposizione. Non mancavano i
cannoni, ma gli uomini per farli funzionare. Una compagnia d'artiglieria piemontese, che raggiunse
il gen. Zucchi a Venezia, gli era perciò benvenuta. Della cavalleria c'erano due squadroni ancora in
formazione difficilmente bastevoli pel servizio di corrispondenza, pel resto inutilizzabili. Uno
scontro con le truppe di Nugent in aperta campagna era inammissibile, ci si doveva limitare alla
difesa delle città e fortezze e alla guerriglia in montagna. L'umore dei residenti era favorevole a lui.
In Friuli.......................

Con 4 000 uomini Zucchi si chiuse a Palmanova, la difesa della città di udine egli la lasciò alla
sua Guardia civica, che rafforzò con 1 000 uomini militari di linea e volontari. Mentre però contro
quest'ultima città il co: Nugent si mosse con la parte principale della sua armata, il GM principe
Felice di Schwarzenberg si avvicinava con 4 battaglioni , 1 squadrone e 4 cannoni alla fortezza di
Palmanova e i suoi croati occuparono il paese di Visco che dista di lì un'oretta.
Zucchi con una quantità di crociati bellunesi ed altri e qualche militare di linea il 17 aprile
intraprese una sortita su questo paese e inizialmente ne colse di sorpresa l'occupazione, ma
accorsero i rinforzi, i croati sostennero la postazione, e gli abitanti perfino furono loro d'aiuto in
questa difesa. Visco, con altre località sulla sponda destra dell'Isonzo, appartiene infatti all'ez
dominio di Monfalcone, da secoli pervenuto all'Austria...

Il FZM il 19 spostò il suo QG a Cusignacco, un'ora da Udine e cercò di sottomettere questa città
in via bonaria. Il co: Nugent ha trascorso gran arte del suo servizio militare anche in pace in Italia,
e alcuni suoi familiari si sono del pari qui nazionalizzati , egli stesso porta il titolo di principe
romano. Le aspirazioni alla libertà degli italiani egli le aveva incoraggiate 35 anni prima, ma in altre
condizioni, e duna predilezione per questo paese lo appassionava da allora. Nel suo QG era arrivato
da Vienna un commissario civile, co: Hartig, le cui istruzioni.....
Udine conta 20 000 abitanti, la città è circondata da antiche solide mura con porte e un fossato.
Al suo interno s'erano inoltre costruite numerose barricate e tutto sembrava deciso alla difesa
estrema. Le prime richieste di negoziato furono respinte.
La sera del 21 aprile il FZM fece mettere in batteria qualche pezzo e la città fu investita per due
ore da granate e racchette. L'effetto non fu importante a seguito di adeguate contromisure, alcune
case si trovarono danneggiate, ma lo zelo guerresco fra la cittadinanza sembrò un poco scosso e
sotto l'influenza dell'arcivescovo senza obiezione del comandante, colonnello Canti, dopo due
giorni accettò la capitolazione.... La città di Udine si impegnò anche a invitare l'intera provincia e le
fortezze ad aderire a questa capitolazione.
Ma non appena le truppe di linea capirono come sarebbero andate le cose, elessero un nuovo
comandante e partirono per Osoppo con 3 cannoni. Le preghiere del generale austriaco rimasero
senza successo tanto in questa piazza quanto a Palmanova.
Il 23 aprile il FZM fece il suo ingresso a Udine, la civica sfilò in parata. Il reggimento Kinsky e
il battaglione granatieri Biergotsch occuparono la città. Il giorno dopo il MG Schulzig con
un'avanguardia di 4 battaglioni, 2 squadroni e mezza batteria avanzò a Codroipo. A Osoppo fu
distaccato un battaglione e 1 squadrone. Le truppe avanzate dell'armata di riserva di distesero lungo
il Tagliamento inferiore.
In questo fiume si riserva sopra Osoppo la Fella....
Il livello dell'acqua del Tagliamento era alto e gli insorti avevano non solo distrutto il ponte a
Valvasone, ma anche dato alle fiamme tutto persino le cataste di legna da costruzione. I pontoni
austriaci tirati da buoi arrivarono il 25 in località.....
Solo il 27 (aprile) l'avanguardia riuscì a passare il fiume e aprire la marcia dell'armata verso il
Piave. Ancora in questo giorno l'avanguardia raggiunse Pordenone.
Di nuovo l'armata si fermò due giorni. Riguardo a tale lentezza delle operazioni si riversò sui
giornali la critica più aspra. Ma non era compito del FZM portare a Verona le sue truppe più in
fretta possibile, incurante di tutto il resto, ma altrettanto importante e un po' più difficile era
garantire l'alimentazione per queste truppe come per quelle dell'armata principale.....
Il 30 aprile l'armata principale del co: Nugent arrivò a Pordenone, l'avanguardia a Sacile....
L'ala sinistra era a Portogruaro sul Lemene; una flottiglia a remi , che seguiva i movimenti delle
truppe lungo la costa, si fermò a Caorle, l'ala destra si stendeva fino ale pendici delle montagne
bellunesi.....
Il generale Durando era già arrivato con una parte della sua armata, l'altra parte stava ancora
avanzando. La ferrovia, completata da Padova e Venezia fino a Vicenza, facilitò l'avvicinamento dei
rinforzi. È possibile che il co: Nugent avesse trovato le forze nemiche sul suo fronte non ancora
totalmente riunificate, quando il 1° maggio era avanzato fino al fiume e il 2 aveva proceduto a
superarlo, solo il 3 egli arrivò da Sacile a Conegliano, che dista dal Piave due ore e mezza, e
l'avanguardia era avanzata fino a Susegana. Probabilmente aveva atteso che le valli superiori del
Piave, della Brenta e dei loro affluenti fossero già occupate dal FML Welden scendendo dal Tirolo,
perché quest'ultimo aveva veramente annunziato che avrebbe sostenuto l'avanzata del FZM
all'Adige sul suo fianco destro. Solo quella ricognizione da Trento alla Val Sugana, menzionata
prima, dimostrava che una vittoria in questa regione montuosa richiedeva un esercito più grande di
quello che il FML Welden potesse impiegare in questo momento su quel fianco. Altrettanto poco
riuscì un tentativo di superare la regione montuosa del Cadore dalla Val Pusteria verso Ampezzo.
Poi allorché il 1° maggio un reparto di 800 uomini di truppe austriache insieme ad alcune
compagnie di di Landesschützen (tiratori) misero piede in quelle valli, detto reparto fu fermato dalal
popolazione che vi affluì in massa compatta, e dovette accontentarsi di assicurare i propri confini
con idoneo appostamento.
Prima dunque che il co: Nugent varcasse il Piave, volle sapersi in possesso di Belluno e perciò il
3 maggio distaccò due piccole colonne ciascuna di 4 compagnie Banalisti, a destra sopra la
montagna che guarda questa città. Una colonna imboccò il sentiero dell'Osteria S. Boldo a
Trichiana, l'altra, cui s'era aggiunta una mezza batteria di racchette, seguì la strada da Ceneda sopra
il Bosco di S. Marco a Capo di ponte, che si trova sul Piave, un'ora a monte di Belluno. Il
comandante nemico Palatini, con 400 uomini e 4 cannoni, aveva preso una buona posizione non
lungi dal Lago morto; la strada era danneggiata in qualche punto, altrove sbarrata e pericolosa per
frane rocciose. L'avanzata dei croati fu tirata in lungo dall'aggiramento di questi ostacoli, oltre a
molte difficoltà, e ci si aspettava di cozzare ancora su una ferma resistenza, così il FZM inviò il MG
Culoz con due battaglioni Arciduca Carlo di rinforzo. Il 5 maggio i reparti riuniti raggiunsero
Belluno, che si arrese loro senza resistenza.
Qui un ponte di pietra attraversa il Piave. Il possesso di questo favorevole punto di
attraversamento mosse il FZM a rinunciare al superamento diretto del fiume, per la cui larghezza
difficilmente il suo equipaggio pontiere sarebbe bastato a costruirne una terza parte. Egli lasciò
stare nella sua posizione a Susegana l'avanguardia comandata dal MG Schulzig, e il 6 seguì la
brigata Culoz a Belluno. Tre battaglioni Greuzer, subentrati al comando del MG principe Edmund
Schwarzenberg, dovevano appoggiare la brigata Schulzig, presso la quale doveva restare anche
l'equipaggiamento. Il comando di queste due brigate lo assunse il FML co: Schaaffgotsche.
L'armata della Lega italiana, pronta alla difesa del Piave, era composta per la massima parte da
truppe pontificie.
Comandante supremo: Generale Durando.
Capo di Stato maggiore: colonnello co: Avogadro di Casanova.
2° Capo di Stato maggiore: colonnello marchese d'Azeglio.
Ufficiali d'ordinanza: capitani marchese Rosales, Minghetti, Marliani e tenente marchese
Bondini.
Tutti questi signori appartenenti a casati distinti, ad eccezione del generale, non avevano mai
servito prima e servivano orta gratuitamente. Questo è bellissimo, se succede senza interruzione dei
doveri d'ufficio. Ma ci sono generali capaci, i quali non sopporterebbero questo nel loro Stato
maggiore.
1. La divisione immediatamente al comando del generale Durando:
primo reggimento svizzero 2053 uomini
secondo reggimento svizzero 2003 uomini
artiglieria svizzera 200 uomini con 8 da sei libbre
6 compagnie di dragoni papali 400 uomini in cifra tonda
2 compagnie di carabinieri papali 300 uomini in cifra tonda
in tutto circa 5 000 uomini, che erano appostati a Montebelluna col fronte rivolto verso Feltre.

2. La divisione del generale Della Marmora:


1 battaglione di crociati di Padova, comandante Bernardi
1 battaglione di Pesaro, maggiore de Leoni
1 battaglione Legione di Napoli, comandante Ponsan
1 battaglione Legione di Sicilia, colonnello La Masa
1 battaglione volontari di Treviso, maggiore Pandolfini
1 battaglione volontari di Ravenna, maggiore Montarini
1 battaglione tiratori scelti, maggiore Dazzo
1 battaglione studenti di Roma, maggiore Daretti
1 compagnia volontari di Ferrara, capitano Mosti.
I volontari di Bologna e Ancona erano lì lì per subentrare.
3. La divisione del generale pontificio Ferrari:
2 battaglioni 1° legione romana, colonnello Duca Lante
2 battaglioni 2° legione romana, tenente colonnello Patrizi
2 battaglioni 3° legione romana tenente colonnello Gallieno,
infine
4 battaglioni di militari di linea pontifici.
Le divisioni Ferrari e della Marmora contavano in tutto 8-10 000 uomini; essi s'erano appostati in
posizione fra Treviso e Nervesa.
È difficile determinare chi propriamente comandasse qui, se il gen. Della Marmora o Durando, e
se Ferrari obbedisse all'uno o all'altro o a nessuno dei due. Ma che dovesse fare una brutta fine
(lett.: cadere pesantemente) il presentarsi in campo aperto con un'armata così raccogliticcia contro
quella austriaca, è di evidenza palmare, così come il fatto che Durando per mettere insieme la sua
personale divisione non avesse fatto scelta peggiore.
Con frequenza quotidiana piccoli reparti di volontari arrivavano a Treviso, fra gli altri la
cosiddetta Legione italiana, che il generale Antonini, già noto dalla guerra polacca del 1831, aveva
formato a Parigi e che comprendeva nelle sue schiere accanto a italiani anche qualche francese. Per
la sua autorità il generale venne chiamato a Venezia per assumervi il comando della città.
In quello stesso giorno in cui il gen. Nugent eseguì la manovra del suo fianco, si venne a un
violento scontro nelle armate principali a Verona........
(p. 162)
Sebbene il co: Radetzky nello scontro di Santa Lucia avesse totalmente conservato la sua
posizione, rimase tuttavia invariata la sua idea che, per portare un colpo decisivo, anzi perfino per
sbloccare Peschiera dall'assedio, si dovesse attendere l'arrivo dell'armata di riserva.
L'avanguardia di quest'ultima, in seguito alla mutata direzione di marcia, era rappresentata dalla
brigata Culoz. La quale il 6 maggio era ferma a Belluno, 1 la brigata Principe Felice Schwarzenberg
si attestava a Capo di Ponte. A garantire le spalle della nuova linea di marcia fu mandato un reparto
che si trovava ancora più su, a Longarone sul Piave a quattro ore di distanza; per strada esso stesso
sostenne un piccolo scontro con i valligiani e catturò un cannone, e anche il giorno seguente contro
l'attacco di un'ammucchiata popolana superiore per numero, mantenne la sua attuale posizione. Il
1 [Nota supplementare, p. 347] Pag. 162. - Il gen. Culoz già il 6 maggio marciò su Feltre (così apprendiamo dalla
gentile comunicazione di un testimone oculare) e il 7 maggio alle 5 di sera una parte della brigata si trasferì a Quero,
che una mezz'ora prima Durando aveva abbandonato. Onigo fu sgomberata senza resistenza dai romani l'8 maggio,
dopo che i loro cavalieri erano stati indotti a tornare indietro da alcuni lanci di racchette. Ma siccome il gen. Culoz
non trovò a Onigo alcuna posizione favorevole all'avanguardia e però non volle tornare indietro, così egli procedette
oltre e alle 7 e mezzo di sera sul rio Nassone si imbatté sul nemico, che accolse gli austriaci con un vivace fuoco di
battaglione “dalle alture e dai pendii presidiati su una linea frontale lunga 3-400 passi”. Sul lato austriaco erano
inizialmente nello scontro solo 2 compagnie di fanteria Arciduca Carlo, una squadra di Ulani e 3 pezzi da racchette,
cui però vennero subito in aiuto anche 4 compagnie Banalisti. Il ten. Col. von Handel con due compagnie scalò il
colle a sinistra e il gen. Culoz avanzò sullo stradone. Il nemico fu messo in fuga, piantò in asso diverse armi, bagagli
e due bandierine, e quella sera stessa già quella sera la brigata Culoz era in possesso della posizione di Cornuda.
Quando il 9 maggio avvenne l'attacco dell'intera divisione Ferrari, erano a disposizione del gen. Culoz in un primo
momento solo 11 compagnie Arciduca Carlo e 5 compagnie Banalisti, e due compagnie dapprima dovevano restare
indietro a presidiare Pederobba, perché si aspettava una mossa di Durando sul fianco destro. Proprio là si piazzò una
mezza batteria da sei libbre, tuttavia l'attacco di Ferrari all'inizio non fece alcun progresso. Nell'attacco, totalmente
fallito, dei dragoni pontifici, una cinquantina circa, essi si erano buttati all'avventura allargandosi troppo, ricevettero
4-5 scariche di plotone, e nessuno di essi tornò indietro. Ai Banalisti, che contemporaneamente avevano difeso il
colle di S. Vittore contro un attacco dei romani, si esaurirono frattanto le munizioni, e il secondo battaglione
avanzato S. Giorgio, che aveva respinto un secondo attacco di Ferrari, dovette parimenti essere sostituito.
Ciononostante la brigata Culoz, che per cinque ore non aveva perduto una spanna di terreno contro 7-8 000 uomini,
si difese sino all'arrivo della brigata Felix Schwarzenberg, che giunse alle 3 del pomeriggio, dopo di che il nemico
iniziò immediatamente la ritirata e, senza voler fermarsi sulla posizione di Montebelluna, proseguì la stessa (ritirata)
fino a Treviso. Era stata soprattutto l'energica risoluzione del generale Culoz, di (voler) espugnare il colle sul
Nassone ancora la sera dell'8 maggio, a causare questa favorevole iniziativa.
co: Nugent con il grosso dell'armata entrò a Belluno il 7 maggio, il gen. Culoz avanzò fino a Feltre,
che il nemico abbandonò. È certo che il generale Durando venne fino a Quero contro gli Austriaci
con un reparto dei suoi svizzeri, ma appena il gen. Culoz gli si accostò , quello iniziò la ritirata e la
continuò anche l'8 fino a Bassano. Probabilmente lo indussero a questa mossa, altrimenti difficile da
spiegare, le notizie esagerate di una dimostrazione (di forza) degli Austriaci da Feltre all'alto Brenta.
Ma si trattava solo di un picchetto di 23 croati del 1° Banato, che sopra Arsiè sfioravano Primolano,
ma poi accerchiati da più di 300 insorti si difesero dietro a una catasta finchè questa non prese fuoco
e infine insieme col loro valoroso capo, il tenente Magdeburg, all'arma bianca tra i nemici si
aprirono la strada per Arsiè. Il gen. Ferrari s'era deciso pure lui a partire sulla scia di Durando e già
la sera dell'8 il corpo dei volontari Mosti dalla sua postazione di Onigo sulla sponda destra del rio
Curogna venne rimpiazzato dopo una coraggiosa resistenza. Sullo stradone per Cornuda fu raccolto
dalla 2° legione romana e dai tiratori scelti, che avevano messo un freno all'avanzata delle
avanguardie austriache. Da ambo le parti le perdite furono insignificanti.
Il 9 maggio Ferrari, che nel frattempo aveva concentrato a sé tutta la sua divisione, era passato
all'offensiva. Uno squadrone di dragoni pontifici si precipitò coraggiosamente sul nemico, ma fu
completamente disordinato da una racchetta scoppiata in mezzo a loro. Lo scontro fu vivace e costò
agli italiani secondo loro propri resoconti 140 uomini fra morti e feriti. La brigata Felix
Schwarzenberg si mosse contro il fianco destro di Ferrari e alle 4 del pomeriggio lo costrinse a
ripiegare sulla posizione di Montebelluna. C'è qui un altopiano favorevole, i cui accessi sono
ostacolati su tre lati da rii e canali. Ma forse furono gli ostacoli stessi che frenarono la ritirata delal
propria cavalleria, perché la maggior parte dei dragoni pontifici caddero prigionieri. Non per molto
tempo Ferrari conservò la nuova posizione, perché dal lato destro il tuono dei cannoni doveva
annunciargli che a Ponte della Priula il FML conte Schaaffgotsche aveva cominciato a costruire un
ponte. L'artiglieria pontificia, il cui fuoco strappò al reggimento Kinsky il benemerito tenente
colonnello Karg, fu fatta tacere da 2 batterie da 12 libbre. Già nella notte sul 10 Ferrara mise in atto
il ripiegamento su Treviso, dove circa 2 000 volontari abbandonarono le loro bandiere. Durando,
che era di nuovo avanzato fino a Crespano, aveva ora tutte le ragioni per ripiegare per la seconda
volta su Bassano.
Da due lati ora si avvicinavano alla città di Treviso le colonne austriache. Il FZM marciava verso
Falzè e un ripetuto avanzamento di Durando su Asolo non destò alcuna preoccupazione nel generale
austriaco. La sua armata era accampata in posizione più in basso e, come sappiamo, aveva lasciato i
bagagli al di là del Piave. In tali circostanze non è da temere una mossa contro il fianco. Da parte
sua il co: Schaaffgotsche attraversò il fiume e marciò su Visnadello. Nella speranza di battere
isolatamente i reparti austriaci distaccati, Ferrari l'11 maggio con 3 battaglioni di truppe pontificie
(1 di granatieri, 2 di cacciatori), 1 squadrone di dragoni e qualche pezzo d'artiglieria, s'inceppò
contro la brigata Schulzig che era avnzata fino alle Castrette a due ore dalla città. In colonna serrata
i romani si inoltrarono coraggiosamente sulla strada, allorché la fanteria nemica (2 battaglioni
Kinsky e 1 battaglione granatieri Illirico) aprì tranquillamente i loro ranghi e un micidiale fuoco a
cartoccio investì gli assalitori e li fece arretrare, poiché i fossati da ambo i lati della strada
impedivano ogni schieramento. Il gen. Schulzig , a cui seguiva la brigata Edmund Schwarzenberg
di supporto, andò perfino all'attacco, conquistò un cannone, e i croati, che rapidamente lo
seguivano, fecero prigionieri gran parte dei dragoni pontifici, che, a quanto pare, dovevano coprire
la ritirata, ma nella sfilata erano ostacolati nei loro movimenti.
(p. 166)
Il co: Nugent marciando a sinistra s'era mosso verso Postioma, contro il fianco sinistro di
Ferrara, ma quando le sue truppe avanzate arrivarono, lo scontro era già finito. Il FZM ora riuniva il
suo esercito a Visnadello, gli avamposti si avvicinavano alle porte di Treviso.
Questa città, che comprende una popolazione di 16 000 anime, ha conservato la sua antica
cerchia di mura e porte. Una quantità di ben munite barricate rafforzava la fortificazione esterna e
16 cannoni battevano gli accessi. La guarnigione era più numerosa di quanto una parte almeno dei
suoi abitanti mostrassero di gradire. Infatti in un consiglio di guerra riunito il 12 maggio fu
concordato all'unanimità di non lasciare in città più di 3 500 uomini, tanto riguardo al
vettovagliamento più leggero, quanto per tenere a disposizione una truppa più numerosa per le
operazioni in aperta campagna. Una bella armata napoletana era in parte arrivata in Romagna, e in
parte se ne attendeva di ora in ora lo sbarco a Venezia. A questa i generali pontifici avevano
intenzione di avvicinarsi per poi, uniti ad essa, mettere in opera la liberazione di Treviso
dall'assedio. Se accanto a questi motivi espressi altre idee di rincalzo promuovessero questa
risoluzione, specialmente in rapporto a Venezia, dove il partito repubblicano si contrapponeva agli
sforzi di Carlo Alberto, non è possibile per ora dire con certezza. Il generale della Marmora sembra
per la sua autorità si trovasse allora in quella capitale, perché a Treviso egli non fu presente almeno
nel consiglio di guerra. Ferrari lasciò i corpi franchi a Treviso; con le truppe di linea e le legioni
partì ancora il 12 maggio per Mestre. In questa medesima direzione si muoveva anche il generale
Durando, dopo che era già ritornato a Piazzola del Brenta. Dei dodici membri del comitato reggente
ne erano rimasti a Treviso solo tre. Il comando lo assunse il colonnello duca Lante Montefeltro. A
Durando fu scritto che egli avrebbe voluto affrettare la liberazione della città dall'assedio.
C'è un antico motto francese: «Se il nemico sapesse cosa vuole il nemico, allora il nemico
colpirebbe il nemico». Anche a Visnadello si tenne due o tre giorni dopo un consiglio di guerra. Una
nuova e più audace sortita, fatta il 12 maggio dalla citata Legione italiana e i volontari di Padova
insieme ad alcuni altri, e un poco respinta dagli avamposti austriaci, fece pensare a un saldo
controllo della guarnigione e degli abitanti di Treviso, che già l'11 aveva rifiutato con toni fiduciosi
un invito a negoziare, molto benevolo nei contenuti. Il completo accerchiamento della città poteva
essere stato interrotto, rispetto alla vicinanza di Durando, la cui distanza non poteva essere superata
da una marcia forzata. Che si fosse sospeso un bombardamento già iniziato a seguito delle
minacciose affermazioni provenienti dalla città, dove una figlia del co: Nugent era stata arrestata
durante il suo passaggio, è una diceria dei giornali italiani. Intanto dal Feldmaresciallo erano
arrivate pressanti preghiere di condurre l'armata di riserva senza indugio all'Adige. Si decise quindi
di lasciar stare Treviso e con l'intero corpo (d'armata), ad eccezione di 8 compagnie di croati, coi
quali il colonnello Stillfried tenne occupato il Bellunese, marciare per la via più breve su Verona;
ma prima da retroguardie si dovevano rendere sicure le comunicazioni fino al Piave. Il FML
Stürmer, che era a Gorizia con una nuova riserva, ricevette l'ordine di avanzare al Piave con 4
battaglioni e di occupare la testa di ponte edificata proprio là. Ma queste misure, la fabbricazione di
un ponte solido sul fiume, il concentramento delle truppe, il completamento e l'armamento della
testa di ponte richiesero il costoso tempo di sei interi giorni.
I frutti della cosiddetta guerra metodica maturano lentamente, e il generale cui toccò di doverne
condurre una di tal fatta, non poté accampare alcuna pretesa di approvazione da parte dei lettori di
giornali. La cosa più penosa è essere disconosciuto nel proprio esercito, ma anche da tale ingiustizia
deve sollevarlo il senso del fedele adempimento di un dovere, e la speranza in un equo giudizio da
parte di una posterità non prevenuta.
(p. 169)
Una grave malattia costrinse il conte Nugent a lasciare l'armata. Alle 8 di sera del 18 maggio
tutto il corpo d'armata era concentrato a Visnadello e 19 000 uomini si misero in marcia forzata per
Verona al comando del FML co: Thurn. 2 Contemporaneamente il vertice della divisione Stürmer era
arrivato al suo luogo di destinazione.
Grida al tradimento s'erano levate contro il gen. Ferrari a causa della partenza da Treviso fra i
suoi stessi sottoposti, chi da una parte chi dall'altra, così che si trovò bene di richiamarlo e di
affidargli un comando a Venezia. Ferrari è un ufficiale valoroso ed esperto, che ha imparato la
guerra in Spagna ed in Africa. La sua partenza da Treviso fu precipitosa, così si dovrebbe cercarne
la ragione principalmente in qualche malumore sul mancato arrivo di Durando.
Costui il 16 maggio aveva richiamato a sé a Mirano la brigata fino allora comandata da Ferrari, e
il giorno dopo s'era attestato a Mogliano e Casa Bianchi a metà strada da Treviso. Non appena
2 [Nota complementare, p. 348] Pag. 169. - A Treviso il FML conte Thurn per mascherare la partenza lasciò solo due
compagnie di fanteria e due squadroni, che intrattenevano gli avamposti estremi. Alla testa di ponte non ancora
completata c'erano 400 uomini con 4 pezzi d'artiglieria, un paio di compagnie in basso sul Piave. Il FML Stürmer
dovette arrivare con 3 battaglioni dal 18 sera fino al 20. A Udine c'erano due compagnie, che controllavano anche
Osoppo, a Palmanova 2500 uomini.
scoperse la partenza degli austriaci verso l'Adige, marciò verso Padova. Di qui si mise in marcia il
20 maggio per Vicenza, solo che in quel momento l'armata di riserva austriaca era già di fronte a
quest'ultima città.

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