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Sigle

Quasi quotidianamente ci pervengono domande riguardanti le sigle: grafia, uso, pronuncia. Viene qui
proposta una scheda riepilogativa sulla questione.

Risposta
L'uso delle sigle è un fenomeno oggi in grande espansione, in italiano come in altre lingue, e rappresenta un
terreno in cui spesso si concentrano dubbi di vario genere. Oltre ad essere un punto critico del rapporto tra
l'italiano e l'inglese, l'utilizzo delle sigle suscita spesso dubbi in merito al loro adeguato inserimento nella
morfosintassi della frase e incertezze nella pronuncia e nella decodifica.

Per prima cosa è necessario fare alcune distinzioni terminologiche visto che sotto l'etichetta generica di
"sigla" vengono classificati tipi differenti di abbreviazione; diamo quindi una sintetica definizione dei
seguenti termini, sigla, acronimo, acrostico, accorciamenti, parole composte (o polirematiche).

Sigla: sequenza delle lettere iniziali di una serie di nomi, enti, ditte o termini scientifici (es. SLI =
Società Linguistica Italiana).
Acronimo (o inizialismo): con questo termine si indicano sia le sigle vere e proprie (come definite
sopra), sia le parole composte che si ottengono mettendo in sequenza più di una lettera delle parole
abbreviate (es. ASSITERM per Associazione Italiana di Terminologia). Ci sono acronimi che formano
parole di senso compiuto, creati per designare, con nomi facilmente pronunciabili e memorizzabili,
progetti o ampi studi, del tipo PRESTO (Pres
Preservation T echnoloogy), MONICA (Multinational
MONI
MONItoring of trends and determinants in CA CArdiovascular disease). Dello stesso genere sono gli
acrostici, in cui la sigla, una parola di senso compiuto, è composta dalle iniziali delle singole parole
che la compongono.
Accorciamenti: si tratta di parole che hanno subito un accorciamento rispetto alla forma completa. La
pratica di troncare le sillabe finali di parole di uso corrente, spesso lunghe da scrivere e pronunciare, è
senza dubbio plasmata sul modello angloamericano (forme ormai accolte come hi-fi, hi-tech). Il
moltiplicarsi di simili forme accorciate (si pensi agli ormai diffusissimi info, demo, promo) e la loro
larga utilizzazione fa sì che alcune di queste assumano il valore di forme autonome e si fissino come
prefissoidi, divenendo prima parte in composti in cui la sequenza determinato+determinante,
normale nell'italiano, subisce un ribaltamento a favore dell'ordine determinante+determinato tipico
dell'angloamericano: avremo quindi composti del tipo videoconferenza, immunodeficienza,
biotecnologia ecc.
Composti: in questo contesto ci interessano i composti in quanto è frequente la tendenza a produrre
forme abbreviate di nomi composti per giustapposizione di sostantivo+sostantivo con l'eliminazione
degli elementi di giunzione, quindi preposizioni (del tipo base dati, donna poliziotto, ecc.): è stato
rilevato che sta crescendo il numero di forme ibride, in cui rimane soltanto o il primo o il secondo
elemento del composto, ad esempio clip per videoclip, pole per pole position.

Una distinzione importante nella classificazione delle sigle e, di conseguenza, del loro inserimento
morfosintattico nella frase, riguarda l'ampiezza della loro diffusione. Ci sono infatti sigle frequenti e
largamente utilizzate di cui quindi è fissata sia la forma grafica che la pronuncia (IBM 'ibiemme', Ue 'ue', Cgil
'cigielle'), e sigle occasionali, utilizzate all'interno di testi per evitare di ripetere formule che ricorrono
frequentemente o per riferirsi a organizzazioni, enti, progetti conosciuti esclusivamente dagli addetti ad un
settore specifico. In quest'ultimo caso sarebbe opportuno sciogliere tra parentesi la sigla la prima volta che
viene citata, non solo per renderne trasparente il significato (alcune formazioni rischiano di essere
veramente oscure), ma anche per esplicitare le caratteristiche morfosintattiche degli elementi che la
compongono e offrire quindi le coordinate necessarie a stabilire quale sia l'elemento portante della
sequenza (tecnicamente denominata testa della sigla o del composto). Infatti gli elementi che, all'interno
del testo, fanno riferimento alla sigla dovranno accordarsi in genere e numero al genere e al numero della
parola che svolge la funzione di testa (es. "la SLI si è riunita e ha organizzato un convegno su lingua e
scienza", in cui è stato scelto l'accordo al femminile singolare sulla parola "Società", testa della sigla).
Altri dubbi ricorrenti nell'uso delle forme abbreviate riguardano la grafia e la pronuncia, soprattutto per le
sigle di nuova coniazione.
Sulla grafia i punti di maggiore incertezza sono l'uso delle maiuscole (o minuscole) e l'inserimento del
punto tra una lettera e l'altra. Per l'inserimento delle maiuscole non ci sono regole precise, anche se l'uso
sembra aver fissato alcuni criteri: le sigle possono essere scritte con tutte maiuscole (tipo IBM, BMW,
WWF ecc.) o possono avere soltanto la prima lettera maiuscola (tipo Spa, Eu, Ogm, ecc.); questo secondo
caso sembra più frequente quando la sigla sia contenuta in un testo divulgativo, mentre nei testi tecnici è
più frequente la forma con tutte maiuscole (EU, OGM). Ci sono poi sigle che sono diventate lessemi a tutti
gli effetti come laser, radar, sonar, ufo che si sottraggono, in quanto ormai nomi comuni, a qualsiasi uso
della maiuscola iniziale. Gli acronimi che formano parole di senso compiuto richiedono invece tutte
maiuscole poiché, essendo prevalentemente parole di senso compiuto, è necessaria una differenziazione
grafica per non creare ambiguità con la parola comune corrispondente (es. Corsica/CORSICA,
presto/PRESTO, Monica/MONICA, ecc.). Per quel che riguarda l'uso del punto tra una lettera e l'altra, la
tendenza è nettamente orientata verso l'abbandono di questa pratica. Un altro aspetto grafico che però è
tangente alla morfologia è la segnalazione del plurale con la duplicazione delle lettere della sigla, tipo FFSS
per Ferrovie dello Stato: si tratta di una convenzione che si sta perdendo e troviamo più frequentemente
"le FS", "le Asl" anche se qualche residuo resta in alcune abbreviazioni, tipo sigg., proff., pp., segg.

In merito alla pronuncia si può fare una prima distinzione: le sigle che vengono lette come parole unitarie
(es. Cisl, Opa, ecc.) e quelle in cui invece si pronuncia ogni singola lettera (es. Cgil, Sms, Srl, ecc.); la prima
soluzione riguarda quelle sigle che presentano una sequenza di suoni compatibile con la fonologia
dell'italiano, mentre la seconda viene preferita quando siano presenti sequenze di consonanti altrimenti
impronunciabili. Talvolta le due modalità convivono per cui ad esempio per Aids possiamo avere la
pronuncia àids oppure aidièsse. Un altro fenomeno che possiamo rilevare, sempre nell'ambito della
pronuncia delle sigle, è la lettura "all'inglese" di sigle che invece sono abbreviazioni di parole del tutto
italiane: questo tipo di lettura è più probabile per sigle poco conosciute o nuove, di cui quindi non si conosca
la forma sciolta, legate magari a realtà che spesso utilizzano l'inglese come lingua tecnica. Casi eccezionali
che cito a titolo di curiosità sono stati la sigla BCI (Banca Commerciale Italiana) pronunciata bisiai, o la Asl
(quando la Usl è stata sostituita dalla Asl) che è stata interpretata come la lettura all'inglese appunto di Usl.

Nella maggior parte dei casi le sigle occupano la classe funzionale dei sostantivi; in rari casi possono avere
valore aggettivale e allora vengono posposte al nome (es. "la proposta USA"). In qualità di nomi vengono
spesso precedute dall'articolo e questo è un altro punto di possibili dubbi e incertezze, in particolare
quando si tratti di sigle straniere. La regola, dettata anche in questo caso più dall'uso che dalla norma,
vuole che si scelga l'articolo in funzione del genere e del numero della testa dell'espressione completa
sintetizzata nella sigla: la scelta risulta naturalmente più difficile quando si tratti di sigle non conosciute o
straniere per le quali è necessario prima sciogliere l'abbreviazione e tradurla per stabilire quale sia
effettivamente il nome "portante" dell'insieme. In alcuni casi resta comunque un margine di variabilità
dovuto al passaggio da una lingua all'altra, soprattutto quando la lingua d'origine sia l'inglese in cui non
sussiste la distinzione di genere per i sostantivi: ad esempio un composto come network, usato
comunemente al maschile, avrebbe come testa il sostantivo net che, in italiano, corrisponde al femminile
rete; e-mail continua ad avere un genere oscillante in italiano, spiegabile forse con la doppia possibilità di
interpretazione, posta elettronica nel qual caso è femminile (sembra essere la forma più diffusa) o
messaggio elettronico e allora diventa maschile.

Le sigle possono anche essere utilizzate come base per formare dei derivati: in italiano questo tipo di
derivazione sembra essere limitata a parole designanti membri di partiti, gruppi o associazioni, del tipo
ciellino, diessino, ecc. Pongono problemi di traduzione invece i derivati possibili in inglese con l'aggiunta di
vari suffissi, come IBMers, NIC-dom che possono essere resi in italiano con la qualifica seguita dalla sigla
con funzione aggettivale, del tipo gli operatori IBM, l'area di influenza del(la) NIC.

Per approfondimenti:

Adamo G. e Della Valle V., Neologismi quotidiani. Un dizionario a cavallo del millennio 1998-2003,
Firenze, Olschki, 2003
Beccaria G.L. (a cura di), Dizionario di linguistica, Torino, Einaudi, 1994 (s.vv. acronimo, acrostico,
polirematica, sigla).
Bonomi I., L'italiano giornalistico, Firenze, Cesati, 2002
Gualdo R., Sigle e composti, in C. Giovanardi e R. Gualdo, Inglese - Italiano 1 a 1, Lecce, Manni, 2003,
pp. 69-74.
Serianni L., Italiano. Grammatica. Sintassi. Dubbi, Milano, Garzanti, 2002, pp. 27, 45, 50, 94, 117.

A cura di Raffaella Setti


Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca

2 luglio 2004

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