come di solito avviene nei sogni, quando con un salto si arrivare alla Terra. Forse noi stavamo già volando in
passa sopra a spazio e tempo, alle leggi della vita e della questi spazi. Io ero lì che aspettavo qualcosa, preso co
ragione, fermandosi solo su quei punti su cui la propria m ’ero da un’ansia snervante che mi attanagliava il cuo
immaginazione fantastica: Ricordo che all’improvviso re. Ma ecco che fui scosso all’improvviso da qualcosa di
vidi nell’oscurità una piccola stella. «E Sirio?» Lo chiesi molto familiare ed estremamente invitante: vidi il sole!
senza riuscire più a trattenerm i, poiché non avrei voluto Sapevo che quello non poteva essere il nostro sole, quel
fare alcuna domanda. «N o, è quella piccola stella che lo che aveva dato origine alla nostra Terra, e che erava
hai visto in mezzo alle nuvole m entre ritornavi a casa» mo infinitam ente lontani da esso, ma, non so perché,
mi rispose lui, quell’essere che mi stava trasportando. ero sicuro con tutto il mio essere che quello era uguale
Sapevo che aveva un aspetto più o meno umano. Stra al sole che conoscevo, una copia, un sosia di esso. Un
namente lui non mi piaceva, anzi provavo perfino un sentimento dolce e invitante fece sobbalzare d ’entusia
profondo disgusto. Io non mi aspettavo certo che dopo smo la mia anima: l’intim a forza della luce, di quella
la morte ci fosse un ’altra esistenza, non era per questo stessa luce che mi aveva generato, si mostrava al mio
che mi ero sparato al cuore. Ma ecco che mi trovavo cuore resuscitandolo, io sentii la vita, la mia vita prece
nelle mani di un essere, che naturalm ente non era uma dente, per la prima volta dopo la morte.
no, ma che comunque c’era, esisteva: “Dunque anche «M a se questo è il Sole, se è proprio il nostro Sole,»
dopo la morte si continua ad esistere!” pensai con la esclamai io «dov’è allora la Terra?» Q uell’essere mi in
strana agevolezza del sogno, ma la vera natura del mio dicò una piccola stella che brillava nell’oscurità, splen
cuore rimaneva in me in tu tta la sua profondità. “Se de dente come uno smeraldo. Noi volavamo d ritti verso di
vo di nuovo esistere” pensai “e di nuovo vivere per l’i essa. «E mai possibile che possano esserci simili copie
nevitabile volontà di qualcuno, allora non voglio che nell’Universo? E mai possibile una simile legge natura
questo avvenga per essere sconfitto e um iliato!” «Tu sai le?... Se quella laggiù è la Terra, come può essere la no
che ho paura di te, ed è per questo che mi disprezzi» stra Terra... esattam ente uguale, infelice, povera, ma
dissi al mio compagno di viaggio, senza riuscire a tratte tanto cara ed eternam ente amata, che ha fatto nascere,
nermi dal fare quell’affermazione avvilente che contene anche nei suoi figli più ingrati, un uguale doloroso amo
va la mia confessione, e sentendo in cuor mio, come una re verso di sé?» G ridai sconvolto da un irresistibile, en
puntura di spillo, un dolore umiliante. Non rispose alla tusiastico amore verso la terra natia che avevo lasciato.
mia domanda, ma ad un tratto capii che nessuno mi di L ’immagine della povera bam bina che avevo offeso mi
sprezzava e nessuno rideva di me o mi commiserava, e ritornò alla mente.
che il nostro viaggio aveva uno scopo sconosciuto e mi «Vedrai tu tto » rispose il mio compagno, ma in queste
sterioso che riguardava solo me. La paura cresceva nel parole io sentii non so quale tristezza. Orm ai ci stavamo
mio cuore. Qualcosa di muto e angoscioso si trasm ette avvicinando velocemente al pianeta. Lo vedevo ingran
va dal mio compagno a me come se volesse penetrarmi. dirsi, sempre di più, e intravvedevo già l’oceano e i con
Volavamo attraverso ignoti spazi bui. Era ormai da mol torni dell’Europa. Ma stranam ente si accese nel mio
to tempo che non vedevamo più le costellazioni a noi cuore un sentimento di grande, sacra gelosia: “Com ’è
note. Sapevo che negli spazi celesti ci sono alcune stelle possibile che esista una simile copia perfetta, e perché?
da cui i raggi impiegano migliaia e milioni di anni per Io amo, e posso soltanto amare quella Terra che ho la
820 Fédor Dostoevskij II sogno di un uomo ridicolo 821
sciato, sulla quale sono rim asti gli schizzi del mio san noi tanta bellezza in un essere umano. Forse soltanto
gue, quando io, ingrato, sparandom i al cuore, ho di nei nostri bambini quando sono ancora molto piccoli è
stru tto la mia vita. Ma mai, mai ho smesso di amare possibile trovare un rem oto, per quanto debole riflesso
quella Terra, e perfino quella notte, separandomi da lei, di tale bellezza. Gli occhi di quella gente felice brillava
forse l ’amavo ancora più dolorosam ente che in qualsiasi no vivaci. Nei loro volti pieni di intelligenza si notava
altro momento. Esisterà il torm ento su questa nuova una specie di tranquilla e completa consapevolezza, ma
Terra? Sulla nostra Terra noi riusciamo ad amare vera erano volti allegri, nelle parole e nelle voci di questa
m ente solo soffrendo! Noi non siamo capaci di amare in gente risuonava una gioia fanciullesca. O h, subito, fin
altro modo e non conosciamo altro amore. Io ho biso dalla prim a volta che posai lo sguardo sui loro volti, io
gno di soffrire per amare. Io voglio e desidero lasciare, capii tutto! Q uesta Terra non era stata profanata da al
subito, ora, con le lacrime agli occhi, soltanto q u eiru n i cuna colpa e le persone che ci vivevano non avevano
ca T erra che ho abbandonato, e non voglio, non accetto peccato, essi vivevano in un paradiso simile a quello nel
di vivere su nessun’a ltra!...” . quale avevano vissuto, secondo le tradizioni dell’intera
M a il mio compagno di viaggio mi aveva già lasciato. um anità, e così anche per i nostri progenitori che però
A un tratto , del tu tto inaspettatam ente, mi sono trova caddero nel peccato, la sola differenza era che qui tu tta
to su quest’altra Terra nella suggestiva luce di una ma la Terra era ovunque un unico paradiso. Q uesta gente
gnifica giornata piena di sole, sembrava un paradiso. mi si stringeva attorno ridendo serena e colmandomi di
Dovevo essere su una di quelle isole che compongono carezze, mi portavano con loro e ognuno voleva tran
l’arcipelago greco, o in qualche luogo sulla riviera del quillizzarmi. O h, essi non mi chiesero nulla, ma sembra
continente vicino a questo arcipelago. O h, ogni cosa era va che sapessero già tu tto e volessero allontanare il più
esattam ente come sulla nostra Terra, ma tu tto sembrava presto possibile la sofferenza dal mio volto.
splendere ovunque festoso e di una grande, sacra e fi
nalm ente raggiunta solennità. Il carezzevole mare color
smeraldo si frangeva dolcem ente sulle rive, sfiorandole IV
con un amore lam pante, indiscutibile, quasi consapevo
le. Alberi alti e stupendi s’innalzavano in tu tta la ma Dunque, cosa ne dite? D ’accordo, è stato solo un sogno,
gnificenza del loro colore e le tante piccole foglie, ne so ma quella sensazione d ’amore di quelle persone pure e
no convinto, mi salutavano con un brusio quieto e deli meravigliose la ricorderò per sempre, e io sento che an
cato, sembrava quasi che mi bisbigliassero parole d ’a che ora da lassù il loro amore si riversa su di me. Li ho
more. L ’erbetta risplendeva di fiori odorosi dai vividi visti io stesso, li ho conosciuti, sono convinto di quello
colori. Gli uccellini a storm i volavano nell’aria e senza che vi dico perché li ho am ati e ho anche sofferto per
tim ore mi si posavano sulle spalle e sulle mani, sentivo loro. Certo, avevo capito subito, perfino allora, che in
frem ere gioiosamente su di me le loro aiucce tenere e molte cose non li avrei del tu tto compresi; a me, un
trem olanti. Finalm ente vidi e conobbi la gente che abi qualsiasi progressista russo contem poraneo e ripugnante
tava felicem ente quella Terra. Essi vennero da me, mi pietroburghese, sembra illogico il fatto, ad esempio, che
circondarono e mi baciarono. I figli del sole, i figli del essi, pur sapendo molte cose, non conoscevano la nostra
loro sole - oh, com ’erano belli! N on avevo mai visto da scienza. Capii presto che la loro conoscenza era compie
822 Fédor Dostoevskij Il sogno di un uomo ridicolo 823
ta e alimentata da cognizioni diverse dalle nostre sulla anche cor^ e mai io, fanfarone e bugiardo, non parlassi
Terra, e che anche i loro desideri erano completam ente mai loro del mio sapere, che essi naturalm ente non co
differenti. Essi non ambivano a nulla, ma erano sereni, noscevano affatto, non foss’altro per amor loro, non
non aspiravano alla conoscenza della vita così come vi perche desiderassi stupirli con esso. Erano allegri e pie
aspiriamo noi, perché la loro vita era totale. Il loro sape ni di brio. Erravano per i loro bellissimi boschi e bo
re era più profondo e più alto della nostra scienza, dal schetti, cantavano le loro bellissime canzoni e si nu tri
momento che la nostra scienza tenta di spiegare cos’è la vano di cibo fresco: la frutta degli alberi, il miele dei
vita, fa tutto il possibile per comprenderla, per poi inse boschi e il latte dei loro affettuosi animali. Per mangiare
gnare agli altri a vivere; essi erano in grado di vivere an e vestirsi lavoravano poco e facevano lavori facili e leg
che senza la scienza, questo lo capii bene, ma non riu geri. Facevano 1 amore e i bambini nascevano, ma non
scivo ad intuire quali fossero le loro cognizioni. Mi mo n° /P f'1 nota^°v l°ro gli impeti di quella violenta sen
stravano i loro alberi e non riuscivo a percepire il grado sualità da cui è affetta la maggior parte della gente sulla
d ’amore con cui essi li guardavano: guardavano nello nostra Terra, e che è pressappoco l’unica fonte di tu tti i
stesso modo anche i loro simili. Credo di non sbagliarmi peccati dell’umanità. Essi erano felici dei figli che na
se vi dico che essi parlavano con gli alberi! Sì, essi ave scevano perché avrebbero diviso con loro la gioia di vi
vano scoperto il loro linguaggio, e sono convinto che gli vere. Non litigavano, non erano gelosi l’uno dell’altro e
alberi rispondevano loro. Guardavano così tu tta la natu non capiva™ neppure che cosa ciò volesse dire. I loro
ra che li circondava e gli animali, i quali vivevano con ìgli eiano i figli di tutti, perché tutti insieme formava
loro pacificamente, senza aggredirli, poiché li amavano, no un unica famiglia. Non conoscevano quasi le malat
sopraffatti dal loro stesso amore. Mi mostravano le stel tie, benché anche loro morissero; ma i vecchi morivano
le e mi parlavano di esse, ma con argomenti che non riu serenamente, come se si addormentassero, attorniati
scivo a comprendere, sono certo che essi erano in con dalla gente che veniva a dare l’ultimo saluto, con il sor
tatto con gli astri celesti, e non solo con la mente, ma in riso sulle labbra benedicevano i loro cari, che a loro vol
modo diretto. Quella gente non insisteva nel farsi capi ta rispondevano con radiosi sorrisi. Davanti a questo
re da me, essi mi amavano comunque, sapevo però che non vidi mai né dolore, né lacrime, ma solo tanto amore
anche loro non avrebbero mai compreso me, e per que che aumentava sempre più fino all’estasi, un ’estasi sere
sto non ho quasi mai parlato della nostra Terra. Baciavo na, completa, meditativa. Si poteva perfino pensare che
davanti a loro il suolo su cui essi vivevano, e senza dirlo essi continuassero a comunicare con i loro vecchi anche
li adoravo. La gente, vedendomi così, mi concedeva dopo la morte e che l’armonia terrestre fra loro non ve
questa adorazione senza vergognarsene, poiché anch’es- nisse a mancare neppure morendo. Non riuscivano qua
si sapevano amare molto. Non soffrivano per me quan si a capirmi quando chiedevo loro della vita eterna, ma
do, in lacrime, a volte baciavo i loro piedi, perché sape si vedeva che essi erano inconsciamente così certi di es
vano gioiosamente in cuor loro con quale forza d ’amore sa che per loro non costituiva un problema. Non aveva
mi avrebbero risposto. Talvolta mi chiedevo con mera no luoghi di culto, ma in loro c’era u n ’essenziale, viva e
viglia come potessero non offendere mai uno come me e continua armonia con 1 Insieme dell’universo; non ave
non destare nemmeno una volta, in uno come me, senti vano una fede, ma erano ferm am ente persuasi che quan
menti di invidia o di gelosia. M olte volte mi domandavo do la loro felicità terrena fosse term inata, sarebbe ini
Il sogno di un uom o ridicolo 825
Fédor Dostoevskij
824
lasciato. Sì, quando essi mi guardavano con q u eiraffet
ziata per loro, vivi o morti che fossero, una comunica tuoso sguardo pieno d ’amore, quando sentivo che di
zione ancora più grande con rum verso ‘n t«ro ' nanzi a loro anche il mio cuore diventava altrettanto
aspettavano questo momento con gioia senza aver fret puro e sincero, allora non mi rincresceva più di non riu
ta senza angosciarsi per esso, anzi, parlandone tra loro, scire a capirli. Una sensazione di pienezza di vita mi fa
c o m e se ne Avessero già dei presentim enti nel cuore. La
ceva mancare il respiro, e silenziosamente li adoravo.
sera prima di andare a dormire, amavano comporre dei O ra tu tti mi guardavano e ridevano, assicurandosi
cori armonici e melodiosi. In questi canti descrivevano
che non è proprio possibile fare un sogno così particola
tutte le sensazioni che aveva suscitato in loro il g reggiato come quello che sto descrivendo, che nel mio
appena finito, lo celebravano congedandosi da essa C - sogno ho semplicemente vissuto una sensazione prodot
lebravano la natura, la terra, il mare, i boschi. Com po ta dal mio cuore delirante, m entre i particolari li ho
nevano anche canti gli uni per gl. altri, loda" j ° s‘ C0 creati io, dopo essermi svegliato. Q uando ho rivelato lo
bambini- erano canzoni molto semplici, ma sgorgavano
ro che, forse, è stato proprio così, Dio come sono scop
dal alo « e lo penetravano. Q uesto non accadeva solo piati a ridere e quali m anifestazioni di umorismo ho su
nelle canzoni, sembrava che passassero tutta la loro vita
scitato in loro! Be’, certo, ero stato sopraffatto dalla
a dir bene l’uno dell’altro. Era una specie di innamora sensazione di quel sogno, solo essa era rimasta intatta
mento totale e collettivo. Alcun, di quest, canti solenni nel mio cuore ferito a sangue: ma le immagini e le forme
e appassionati, stentavo a comprenderli. Anche_se del mio sogno, cioè quelle che io avevo realmente visto,
capivo le parole, non riuscivo pero ad impad ° n > ™ '^ erano così piene di armonia, così affascinanti e meravi
significato. Esso sembrava essere inaccessibile alla
gliose, erano talmente vere che, dopo essermi svegliato,
mente, anche se, però, sempre più ine.3nsc.anc- pene
non essendo capace purtroppo di render loro giustizia
trava nel mio cuore. Spesso dicevo loro che o questo
con le mie misere parole, per non farle svanire dalla mia
l’avevo previsto già da molto tempo; che tu ^ q u e ta mente, forse sono stato costretto inconsciamente a in
felicità e questa gloria le avevo già percepite su lU nostra ventarm i poi dei particolari, deform ando così le imma
Terra come una malinconia che qualche volta diventava
gini originali, ma il mio desiderio di comunicarle era tal
un’insopportabile pena; che avevo avuto J Pr«“ ntI” “ e mente forte e appassionato che in qualche modo dovevo
to di tutti loro e della loro gloria ne, sogn del cu°re raccontarle. D ’altronde come avrei potuto non credere
e della mia mente, e che spesso nostra Terra no
s u l l a
che tu tto ciò esistesse? Forse anche mille volte meglio,
riuscivo a guardare, senza versare delle lacrime 1 so ancora più luminoso e felice di quanto raccontassi. Am
che tram oniava... Che il mio odio per i mie. simili 1 ave
m ettiamo pure che fosse un sogno, ma tutto ciò non po
v o sempre elato nella pena: perché non potevo odiarli
teva non esistere. Sapete, vi rivelerò un segreto: proba
le anche non li amavo? Perché non potevo non perdo
bilm ente il mio racconto non è stato affatto un sogno!
n a £ Nel mio amore per loro v, era una stru g g e n te ma-
Poiché qui è accaduto qualcosa di cosi straordinaria
Unconia- perché non potevo amari, senza odiarli? Es ,
mente vero, da rendere impossibile sognarselo. Ipotiz
mi ascoltavano e io vedevo che non riusciva™., a rende, ;
ziamo invece che il sogno fosse frutto del mio cuore de
si conto di ciò che dicevo, ma non mi dispiacque di
lirante: ma in tal caso esso da solo sarebbe stato capace
averne parlato: sapevo che loro di dare vita a quella terribile verità che mi è poi accadu
forza della mia sofferenza per quegli uomini che avev
826 Fédor Dostoevskij 11sogno di un uom o ridicolo 827
ta? Come avrei potuto inventarla da solo; oppure farla nobbero il dolore, che diede loro piacere. Desiderarono
scaturire dal mio cuore? E mai possibile che il mio mise soffrire poiché, dicevano, la verità si ottiene solo sof
rabile cuore e la mia insignificante m ente capricciosa frendo. Allora tra loro comparve la scienza. Quando di
abbiano potuto elevarsi fino a tale rivelazione della veri vennero cattivi cominciarono a parlare di fratellanza e
tà? O h, giudicate voi: fino a questo momento l’ho tenu u man ita comprendendone 1 concetti. Quando diventa
to nascosto, ma ora vi dirò tu tta la verità. Il fatto è che rono criminali, allora istituirono la giustizia e si impose
io... Finii per corromperli tutti! ro interi codici per difenderla, e per garantire l’osser
vanza dei codici inventarono la ghigliottina. Ricordava
no appena ciò che avevano perso, e addirittura non vo
V levano credere che c’era stato un tempo in cui erano
stati innocenti e felici. Ridevano perfino della possibili
Sì, sì, è finita che li ho corrotti tutti! Come abbia mai tà di questa loro precedente felicità, considerandola un
potuto farlo, non lo so, anche se lo ricordo chiaramente. sogno. Essi non riuscivano più neppure ad immaginarse
Il mio sogno passò velocemente attraverso i millenni, la la in fai me e concetti, ma, per quanto possa sembrare
sciando in me solo la sensazione della sua universalità. strano e meraviglioso, dopo aver perduto ogni fede nella
So soltanto che sono stato io a causare la loro caduta nel loro felicità di un tempo, dopo averla definita una favo
peccato. Come una brutta trichina, come un bacillo di la, essi desideravano ancora di nuovo essere innocenti e
peste che contagia interi stati, così anch’io contagiai telici, tanto da prostrarsi come bambini davanti al desi
quella Terra felice e innocente. Essi impararono a men derio del proprio cuore; lo divinizzarono, costruirono
tire, incominciarono ad amare la menzogna, e a cono templi e furono devoti alla loro stessa idea, al loro stes
scerne la bellezza. O h, questo forse cominciò innocente so «desiderio», pur sapendo pienam ente quanto fosse
mente, per scherzo, per civetteria, per un gioco d ’amo irrealizzabile e inattuabile, lo venerarono con le lacrime
re, o forse, veramente, da un bacillo, un bacillo di men agli occhi, e s’inchinarono davanti ad esso. Tuttavia, se
zogne che si insinuò nei loro cuori dando loro piacere. solo fosse potuto accadere di ritornare a quello stato di
Dopo di che nacque la sensualità, la sensualità diede innocenza e di felicità che avevano perso, o se qualcuno
origine alla gelosia, e la gelosia alla crudeltà... O h, non all’improvviso lo avesse m ostrato loro di nuovo, chie
so, non ricordo, ma presto, molto presto fu sparso il pri dendo. «Vorreste ritornarvi, adesso?», bene, avrebbero
mo sangue: essi si stupirono ed ebbero paura, comincia certam ente rifiutato. Mi rispondevano: «Sì, è vero: sia
rono così i contrasti e le discordie. Nacquero le coalizio mo bugiardi, cattivi e ingiusti, ma lo sappiamo e pian
ni, ma degli uni contro gli altri. Cominciarono i rim pro giamo per questo, soffriamo e ci torm entiam o per que
veri e le critiche. Essi conobbero la vergogna e ne fece sto, punendoci forse perfino più di quanto farebbe un
ro una virtù. Prese vita l’idea dell’onore e ogni coalizio giudice clemente di cui non conosceremmo neppure il
ne issò la propria bandiera. Si misero poi a torm entare nome. Ma noi^ possiamo avvalerci della scienza e attra
gli animali, e gli animali si allontanarono nei boschi di verso di essa ritrovare in modo consapevole la verità; la
ventando i loro nemici. Cominciò la lotta per la divisio conoscenza e superiore al sentim ento e la coscienza del
ne, per la segregazione, per la persona, per il mio e per la vita è superiore alla vita stessa. La scienza ci darà la
il tuo. Essi cominciarono a parlare lingue diverse. Co saggezza, la saggezza ci aprirà alle leggi, e la conoscenza
828 Fèdor Dostoevskij
Il sogno di un uomo ridicolo 829
delle leggi della felicità è superiore alla felicità». Ecco
no che la sofferenza è bellezza, poiché solo in essa vi è
che cosa dicevano, e dopo tali parole ognuno amò solo
se stesso più di tu tti gli altri, e d ’altronde non potevano pensiero. Osannarono la sofferenza nei loro canti. Io
ormai fare altrim enti. Ognuno di loro diventò così gelo vagavo tra quegli uomini torcendomi le mani e pian
gendo per loro, ma li amavo forse ancora più di prima,
so della propria personalità che si affannò in tutti i mo
quando sui loro visi non vi era ancora traccia di soffe
di a sminuire e a sottom ettere quella altrui, facendone il
presupposto di tu tta la loro propria vita. Apparve la renza ed essi erano meravigliosamente innocenti. Io co
schiavitù, perfino la schiavitù volontaria: i deboli si sot- minciai ad amare maggiormente quella Terra che essi
tomiseio di buon grado ai più forti solo per essere aiuta avevano profanato, più di quando era paradisiaca, solo
ti ad opprimere coloro che erano ancora più deboli. Ap per U tatto che anch’essa ormai conosceva il dolore
parvero i giusti che andavano da quella gente con le la Ahimè, io ho sempre amato il dolore e la sofferenza^
crime agli occhi e che parlavano della dignità, dell’equi ma per me, per me soltanto; piangevo per questi uomi
librio e dell’armonia smarrita e della perdita della vergo ni e ne avevo pietà. Tendevo verso di loro le braccia e
gna. Essi venivano derisi o lapidati. Fu versato sangue disperandomi, accusavo, maledicevo e biasimavo me
santo sulle soglie dei templi. Com parvero però degli uo stesso. Dicevo loro che la colpa di tutto era solo mia
mia e di nessun altro, perché ero io che avevo portato
mini che si misero ad ideare come unirsi di nuovo tutti
tra loro la corruzione, il contagio e la menzogna! Io li
insieme affinché ognuno, senza sm ettere di amare se
stesso più di tu tti gli altri, allo stesso tempo non desse scongiuravo di punirmi sulla croce e insegnavo loro co
me costruire una croce. Non ci riuscivo, non avevo la
alcun fastidio, per vivere cosi insieme in una società in
torza di uccidermi con le mie mani, ma volevo che mi
cui tutti andavano d accordo. In seguito a questa idea
scoppiarono vere e proprie guerre. Coloro che com bat torturassero, volevo subire i peggiori supplizi, desidera
vo che il mio sangue fosse versato in questi torm enti fi
tevano credevano ferm am ente che la scienza, la saggez
no ali ultima goccia. Ma non fecero che ridere di me
za e 1 istinto di autoconservazione alla fine avrebbero
obbligato l’uomo ad unirsi in una società solidale e ra considerandomi alla fine semplicemente un povero paz
gionevole, intanto pero, per affrettare gli avvenimenti, i zo. Essi mi giustificavano dicendo di aver ricevuto da
me solo quello che essi stessi desideravano, e che tutto
«saggi» si fecero in quattro per annientare al più presto
i «non saggi» e tu tti quelli che non comprendevano la ciò che stava accadendo ora non sarebbe potuto non
loro idea, in modo tale che essi non potessero ostacolar accadere. Alla fine mi spiegarono che stavo diventando
pericoloso per loro e che, se non avessi taciuto, mi
ne la vittoria. Ma 1 istinto di autoconservazione comin
ciò velocemente a scemare, vennero fuori i superbi e i avrebbero messo in un manicomio. Allora una terribile
lussuriosi, che esigevano apertam ente o tu tto o niente. pena irruppe nel mio animo pervandendolo con una ta
Per procacciarsi il tu tto si ricorreva alle m alefatte e, se le torza da attanagliarmi il cuore per l ’angoscia che pro
non avevano fortuna, al suicidio. Spuntarono delle reli vavo, tanto che mi sembrò di morire, ma ecco che
gioni che si fondavano sul culto del non-essere e dell’au qui... sì, proprio a questo punto, io mi svegliai.
todistruzione per amore dell’eterna pace nel nulla. Inf i Era già mattina, ancora non aveva albeggiato, ma
ne questi uomini si stancarono di un compito così assm erano quasi le sei. Mi risvegliai nella mia poltrona, la
do e sui loro visi apparve la sofferenza' essi proclamare candela si era consumata completai! ente, dal capitano
ormivano, e tutt attorno nell’appaitamento c’era uno
8 HI Fcdnr Dostoevskij 11 sogno di un uomo ridicolo 831
strano silenzio. Mi alzai di scatto e fui preso da un no inventata, l’ho vista, l’ho vista, e la sua immagine
enorme stupore; non mi era mai successo nulla di simi vivente ha colmato la mia anima per sempre. L ’ho vista
le, perfino per le inezie, per i più piccoli dettagli: per in una tale completa integrità, che non posso credere
esempio, non mi era ancora mai capitato di addorm en che essa non esista. Dunque, come faccio a perdermi?
tarmi così, sulla mia poltrona. AH’improvviso, mentre Devierò, certo, anche più di una volta, e forse parlerò
ero lì in piedi e cercavo di riprendermi, ecco, mi vidi persino con parole non mie, ma questo non sarà per
davanti la rivoltella pronta e carica, ma in un attim o molto: l’immagine viva che io ho visto sarà sempre in
l’allontanai da me! O ra volevo solo vivere, vivere! Al me, magari riprendendom i se è necessario, ma indiriz
zai le mani verso il cielo e pregai per la verità eterna, zandomi sempre verso la retta via. O h, io sono forte e
no, non pregai, piansi; l’entusiasmo, un immenso entu giovane, e camminerò, camminerò, anche per mille an
siasmo, mi rese forte come un gigante. Decisi che avrei ni ancora. Sapete, all’inizio volevo perfino nascondere
vissuto per predicare. Lo decisi proprio in quel momen che li avevo corrotti tu tti, ma sarebbe stato uno sba
to, e fu, sicuramente, per tutta la vita! Sarei andato a glio: ecco già il primo sbaglio! Ma la V erità mi ha fatto
predicare, volevo predicare, - che cosa? La Verità, per intuire che avrei m entito, mi ha protetto guidandom i
ché io l’avevo vista, l’avevo vista proprio con i miei oc rettam ente. Ma com’è possibile ricreare un nuovo para
chi, e in tutta la sua gloria! diso, non lo so, non so dirlo a parole. Dopo il mio so
Da allora io vado predicando! Inoltre amo coloro che gno ho perso la parola, o almeno, tu tte le parole im por
ridono di me più di tu tti gli altri. Non so perché, non tanti, quelle più necessarie. Ma va bene lo stesso: ini-
so spiegarmelo, ma è così. Dicono di me che già ora so zierò il viaggio e parlerò sempre, senza stancarm i mai,
no un po’ perso, e se già ora è così, che cosa accadrà perché io ho visto con i miei occhi, anche se non riesco
dopo? Sì, è vero, sono confuso, e dopo, forse, sarà an a raccontare bene ciò che ho visto. M a è proprio que
cora peggio. Sicuramente mi accadra ancora qualche sto che chi ride di me non capisce: «E stato un sogno,
volta di perdermi, finché non mi renderò ben conto di un delirio, un ’allucinazione». Ma davvero vi sembra
cosa sto predicando, cioè con quali parole e con quali saggio dire questo? Un sogno? Ma che cos’è un sogno?
atti, perché non è facile eseguire questo compito. T utto La nostra vita non è forse un sogno? Dirò di più: va
questo mi è perfettam ente chiaro, ma ditemi: chi non bene, ammettiamo pure che questo non si realizzi mai
si è mai perso? Noi tu tti siamo diretti verso un punto e che il paradiso non esista (vedete, questo io lo so!) -
ben preciso, o almeno tentiam o di farlo, dall uomo più be’, io continuerò comunque a predicare. Nel frattem
saggio all’ultimo dei criminali, solo che scegliamo stra po è così semplice: in un solo giorno, in una sola ora
de diverse. Q uesta è una vecchia verità, ma ora c è tu tto si rim etterebbe subito in ordine! La cosa pricipale
qualcosa di nuovo: io non posso perdermi più di tanto. è: ama gli altri come te stesso, ecco che cosa è im por
Perché io ho visto la Verità, ho visto e so che gli uomi tante, ed è tutto, non occorre proprio n ien t’altro: sa
ni possono essere belli e felici senza perdere la capacità rebbe subito possibile m ettere tu tto in ordine. Ma que
di vivere in Terra. Io non voglio e non posso credere sta è soltanto una vecchia verità, che è stata ripetuta e
che il male per gli uomini sia la normalità. Purt c ppo letta un miliardo di volte, ma che non ha messo radici!
loro non fanno che ridere di questa mia fede. Ma cume «La coscienza della vita è superiore alla vita, la cono
posso non crederci? Io ho visto la Verità, non me la so scenza delle leggi della felicità è superiore alla felicità. »
Fédor Dostoevskij
832
VLAS
Ecco contro cosa bisogna lottare! E lo farò. Se solt®nt°
tutti lo vorranno, ogni cosa andra al suo posto m un at
timo.
A proposito, quella bambina l’ho poi ritrovata... E
cam m in erò ! E cam m in erò!