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I

Sono un uomo ridicolo. E ora mi danno anche del paz­


zo. Potrebbe essere una promozione se per loro non ri­
manessi comunque un uomo ridicolo. Ma ora non mi ar­
rabbio più, ora li trovo tutti gentili, perfino quando ri­
dono di me, anzi proprio allora li trovo particolarm ente
gentili. Se non mi sentissi così triste guardandoli, io
stesso mi m etterei a ridere con loro, non di me, ma per
piacer loro. Mi sento triste perché essi non conoscono la
verità, m entre io sì. Oh, che terribile peso è essere il so­
lo a conoscere la verità! Ma essi non lo capirebbero.
No, non lo capirebbero.
Prima mi rattristava molto il sembrare un uomo ridi­
colo. Non sembrare, ma esserlo. Sono sempre stato ridi­
colo e lo so, forse fin da quando sono nato. Credo di
averlo già saputo fin da quando avevo sette anni. Sono
andato a scuola, poi alFuniversità, e più studiavo, più
imparavo che ero ridicolo. Così che per me tu tta la mia
erudizione universitaria alla fine esisteva soltanto per
dimostrarmi e spiegarmi, m entre si accresceva sempre
più, che ero ridicolo. Così come nello studio, mi accade­
va nella vita. Col passare degli anni cresceva e si raffor­
zava in me la coscienza del mio essere ridicolo sotto tu t­
ti gli aspetti. T utti ridevano di me, sempre. Ma essi non
nipevano e non sospettavano che se al mondo c’era un
nomo ridicolo che più di tu tti era cosciente di esserlo,
808 Fèdor Dostoevskij
Il sogno dì un uomo ridicolo 809
quello ero proprio io, e questa per me era la cosa più ol
traggiosa, il fatto cioè che essi non lo sapessero; ma qui n erano? Ma per me tutto era diventato senza importanza
e tutti 1 miei problemi li avevo rimossi.
la colpa era mia: sono sempre stato cosi orgoglioso <J;i
non voler mai e per nessun motivo riconoscerlo con nes Ecco, dopo questo ho conosciuto la verità. È stato
suno. Questo orgoglio è cresciuto in me con gli anni, c nello scorso novembre, e precisamente, il tre di novem­
se mai fosse accaduto che davanti a qualcuno mi fossi bre e di allora io ricordo ogni istante. Era una sera cu­
pa, la pm cupa che ci possa essere. Erano le undici e sta­
permesso di riconoscere quanto ero ridicolo, allora subi
to, quella sera stessa, mi sarei fatto saltare le cervella vo tornando a casa, ricordo esattam ente che ho pensato
con un colpo di pistola. O h, come ho sofferto durante la che non vi poteva essere una sera più cupa di quella.
mia adolescenza pensando che all’improvviso, senza riu erhno nell atmosfera. Aveva piovuto a dirotto tu tto il
scire a trattenerm i, avrei confessato tu tto questo ai mici giorno,_ed era stata una pioggia fredda e cupa, perfino
compagni. Ma da quando sono diventato un giovane uo minacciosa, scordo, era una pioggia chiaram ente ostile
mo, sebbene ogni anno di più fossi cosciente della mia a g i uomini All improvviso, verso le undici, cessò di
piovere e calo una terribile umidità, il tempo era più
orribile peculiarità, non so perché, sono diventato più
tranquillo. Sì, non so perché, fino ad ora infatti non so­ umido e più freddo di quando pioveva e da ogni cosa si
no ancora riuscito a capirlo. Forse perché nel mio animo levava come una nebbioli™ , da ogni pietra della strada
da ogni vicolo, se dalla via si scrutava nei vicoli in pro-
cresceva una terribile ansia per un qualcosa che era già
infinitam ente al di sopra di me, e cioè la convinzione ondita, in lontananza. A un tratto mi è parso che se
ovunque il gas dei lumi si fosse spento, tutto sarebbe di­
ormai acquisita che al mondo niente avesse importanza.
ventato pm allegro, ma il cuore no, il cuore sarebbe sta­
Era da molto che ne avevo il presentim ento, ma ora me
to pm triste. Quel giorno non avevo quasi pranzato e,
ne sono completamente convinto, in quest’ultimo anno.
A un tratto ho sentito che per me era lo stesso se il lle Prime ore della sera, ero stato a casa di un in­
gegnere, dove c e ra n o anche altri due amici. Credo di
mondo esisteva, o se nulla ci fosse stato in nessun luo
go. Ho cominciato a sentire e ad accorgermi con tutto il averli annoiati col mio silenzio. L ’argomento di cui di­
mio essere che vicino a me non c'era niente. All’inizio mi scutevano era particolarm ente stimolante, tanto che a
sembrava però che molte cose fossero esistite prima, ma un certo punto, si sono anche un po ’ scaldati. M a ’in
realta a loro non importava molto, era evidente che si
poi mi sono accorto che non c’era mai stato nulla, chissà
perché l’avevo pensato. A poco a poco mi sono anche erano scaldati così, tanto per farlo. A un tratto dissi lo­
ro. « ignori, e chiaro che a voi non im porta nulla di
convinto che mai nulla esisterà. Allora ho smesso di ar­
rabbiarmi con la gente e ho cominciato quasi a non con questo». Loro non se la presero, ma scoppiarono tu tti a
ridere, credo perche l ’avevo detto senza alcuna insolen­
siderarla più. Q uesto si manifestava perfino nelle mini
za, semplicemente perché mi era del tu tto indifferente
me sciocchezze: accadeva, per esempio, che camminati
Questo, loro lo capirono, e la cosa li aveva messi di
do per strada urtassi qualcuno. E non perché fossi so buon umore.
prappensiero: a che cosa avrei dovuto pensare? Allora
Q uando per strada pensai al gas, allora guardai il cie­
avevo smesso completam ente di pensare, per me nulla
lo, t r a terribilm ente scuro, ma si potevano anche intra­
aveva più importanza. Avessi almeno risolto i miei pro­
blemi; non ne avevo risolto nemmeno uno, e quanti et* vedere chiaram ente le nuvole squarciate e, tra loro
chiazze nere senza fine. In una di esse notai una piccola
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II sogno di un uomo ridicolo 811
stella e iniziai a fissarla intensamente. Q uesto perché
quella piccola stella mi aveva suscitato un pensiero: de­ ta n fT d if 1 ° £ 0 era success° qualcosa,
tanto da farla correr fuor, a chiamare qualcuno, a cerca-
cisi di uccidermi quella notte. L ’avevo già ferm am ente
.e qualcosa che potesse aiutare sua madre. Ma non la se­
deciso due mesi prima, e anche se ero povero, avevo
guii anzi, mi era all’improvviso venuta l’idea di scac­
comprato una bellissima rivoltella che avevo caricato
ciarla. Inizialmente le dissi che avrebbe dovuto cercare
quel giorno stesso. Ma erano già passati due mesi e la ri­
una guardia. Ma le, con le manine giunte in segno di
voltella continuavo a tenerla nel cassetto; per me era
preg lera, singhiozzando e ansimando, mi correva sem­
tutto così senza importanza che alla fine ho desiderato
farlo proprio neH’attim o in cui tutto non mi fosse così m ai d u T t? 0 sf Ka.'asdarmi andare. Allora, io mi fer­
mai di botto e le gridai contro. Ella strillò soltanto- «Si­
indifferente, poi perché - non lo so. E così, in quei due
gnore, signore!... », ma ecco che non mi tratteneva più e
mesi, ogni notte, tornando a casa, pensavo che mi sarei
la vidi precipitarsi dall’altra parte della strada dov’era
sparato. Io aspettavo sempre quell’attimo. Ed ecco che
spuntato un altro passante; lei, evidentemente, aveva la­
ora quella piccola stella mi confermò nella decisione che sciato me per correre verso di lui.
sarebbe stata sicuramente quella la notte. Perché pro­
prio quella piccola stella mi avesse fatto decidere, non affìtto3^ 1 m'° qUart° PÌa? ° d° Ve abit0’ una camera in
saprei dirlo. v ir , h ? una S'8n°,ra' La mia stanza è P*cc°Ia e po­
vera, ha un finestrino da soffitta semicircolare, un diva­
Ed ecco che, m entre stavo guardando verso il cielo,
c o p e r t o di tela cerata, un tavolo sul quale ci sono dei
all’improvviso una bambina mi afferrò per il braccio. La
•ibri, due sedie e una comoda poltrona vecchia e decre­
strada era già deserta e non c’era quasi più nessuno. In pita che però è à la Voltaire.
lontananza c’era un vetturino che stava dorm endo sulla
Mi sedetti, accesi la candela e mi misi a pensare. Nel-
sua carrozza. La bam bina avrà avuto otto anni. Era ve­
a stanza vicina, oltre la parete, si continuava a far bal­
stita solo di un abitino e aveva un fazzoletto in testa,
doria orma, da tre giorni. Là viveva un capitano in con­
era tu tta bagnata, ma ciò che ricordo di più sono le sue
scarpe rotte e bagnate fradice, ancora adesso le ricordo. fessavano
passavano Til l™
loro Ctempo
° me ° SPf Se‘vodka
a bere tipi’ buoni a nuIIa
e a giocare che
a stoss
Esse mi balenarono agli occhi in modo particolare. A un con un verehl0 d; carfe ^ n o tt| scorsaa^
certo punto la piccola iniziò a tirarm i per il braccio e a
•stata una rissa; so che due di loro si erano presi per i ca-
chiamarmi. Non piangeva, urlava in modo sconnesso
chissà quali parole che non riusciva ad articolare bene, 'atblS ‘,eran°
rVf ’amentata
aIung°- La Padrona ^
volentieri se non avesse avuto una
»
poiché tremava tutta, presa com ’era da piccoli brividi di
terribile paura del capitano. Di altri inquilini c e soltan-
freddo. Era terrorizzata e con disperazione gridava:
«Mammina! Mammina!». Voltai il viso verso di lei, ma unaUs L Sn f ° ra piCC° la,e ma«ra> m°8lie di un ufficiale,
una straniera con tre bambini piccoli già ammalati da
non dissi nulla e continuai a camminare, lei mi seguì
quando sono qui. Sia lei che i bambini hanno una paura
correndo e tirandom i per il braccio, nella sua voce pote­
1azza del capitano e passano la notte a trasalire per un
vo sentire quel suono che in molti bambini spaventati è
segno di disperazione. Conosco questo suono. Sebbene ,'Tccoi; ^ Cend° SÌ j? Segn° ddla Cr0Ce> bambino più
lei non riuscisse a parlare in modo comprensibile, io per
I la la paura. So di certoaTche° questo
Una SOTta di crisi
capitano nervosa
a volte fer­
avevo comunque capito che sua madre stava morendo
ma i passanti sul Nevskij e chiede loro l’elemosina In
II sogno di un uomo ridicolo 813
812 Fèdor Dostoevskij

bambina? Per u n ’idea che mi era venuta in mente in


servizio naturalm ente non lo riprendono, ma per quanto
quel momento: quando lei mi tirava per il braccio e mi
sembri strano (è per questo che lo racconto), per tu tto 1
chiamava, improvvisamente era sorto davanti a me un
mese che ha abitato qui, non mi ha dato alcun fastidio.
problema che non ero riuscito a risolvere. Era un pro­
È chiaro che fin dall’inizio ho evitato la sua compagnia
blema vano, ma mi aveva turbato. Mi faceva rabbia
e, d ’altronde anche lui, fin dal primo incontro, non si e
pensare che se ormai avevo deciso di suicidarmi quella
particolarm ente interessato a me, ma per quanto schia­
stessa notte, a questo punto ogni cosa al mondo avrebbe
mazzino dietro quella parete e per quanti essi siano a
dovuto essere per me priva di ogni importanza, più che
dentro, per me non ha nessuna importanza, lu tta la
in qualsiasi altro momento. Ma perché improvvisamente
notte sto seduto qui, nella mia stanza, e non li sent-°
ho sentito che questo non era del tu tto vero e che io
neppure, dimentico di loro. E già da un anno che di
avevo avuto pietà per quella bambina? Sentivo per lei
notte non mi addorm ento all’alba. Resto seduto sulla
una grande compassione, ricordo, tanto da provarne
mia poltrona accanto al tavolo e non faccio nulla. Leggo
uno strano dolore, che era perfino incredibile nella mia
i libri solo di giorno. Rimango seduto a non pensare, se
situazione. Credetem i, non so descrivere meglio la fuga­
non per qualche scia di pensiero che mi vaga per la testa
ce sensazione di quel momento, ma quella sensazione
e che io lascio libero, m entre la candela continua a bru­
continuai ad averla anche a casa quando, già seduto al
ciare Quella notte mi sedetti al tavolo silenziosamente,
tavolo, ero molto irritato, come da molto tempo non lo
presi la rivoltella e la posai davanti a me. Dopo averla
ero più stato. Un ragionamento seguiva l’altro rendendo
posata, ricordo che chiesi a me stesso: “E cosi, allora.
alla fine chiaro che, se ero un uomo, se non ero ancora
e in modo assolutamente certo mi risposi: E cosi .
diventato un nulla, allora vivevo, e quindi, potevo sof­
Cioè mi sarei sparato. Sapevo che proprio quella notte
frire, arrabbiarmi e vergognarmi del mio com portam en­
mi sarei certam ente ucciso, ma per quanto tempo anco­
to. E va bene. Ma se nel giro di due ore mi fossi ucciso,
ra sarei rimasto seduto al tavolo, questo non lo sapevo.
per esempio, che cosa me ne sarebbe im portato allora
Sono sicuro che se non fosse stato per quella bambina,
della bambina, della vergogna e di qualsiasi altra cosa al
io l’avrei certam ente fatto. mondo? Io stavo per diventare nulla, un nulla assoluto.
Ma era mai possibile che la coscienza di non esistere più
del tutto e, quindi, che nulla sarebbe più esistito di me,
II
non dovesse avere la minima influenza né sul sentim en­
to di pietà per la bambina, né sul sentim ento di vergo­
Vedete, sebbene per me tutto fosse senza importanza,
gna per l’azione abbietta commessa? E questo il motivo
qualcosa, come il dolore per esempio, la sentivo. Se
per cui mi fermai di botto m ettendom i a gridare in mo­
qualcuno mi avesse colpito l’avrei sentito, il dolore, h
do così assurdo contro quella povera bambina; in realtà
cosi era naturalm ente anche sotto l’aspetto morale: st-
volevo dire che se non solo non provavo pietà, ma com­
fosse accaduto qualcosa di molto pietoso, allora avrei
pivo anche u n ’azione abbietta e disumana, potevo farlo,
provato della pietà, cosi come quando le cose della vita
dal momento che nel giro di due ore tu tto sarebbe sva­
per me avevano ancora importanza. Anche poco la ave­
nito. Credetem i, è per questo che ho gridato e ora ne
vo provato pietà: sono sicuro che se fosse stato un picci­
sono quasi convinto. In quel momento mi era chiaro che
no l’avrei aiutato. Ma perché non ho aiutato quella
Il sogno di un uomo ridicolo 815
814 Fédor Dostoevskij

l’improvviso mi addorm entai, cosa mai successa prima, lì


la vita, il mondo dipendevano da me. A ddirittura avrei
al tavolo, seduto in poltrona. Mi addorm entai senza ac­
potuto dire che il mondo adesso era come se fosse stato
corgermene. I sogni, sappiamo, sono davvero strani:
fatto per me solo: sparandomi, quindi, non sarebbe più
qualcosa magari ci appare straordinariam ente chiara, mi­
esistito il mondo. Senza pensare che, forse, effettiva­
nuziosa come la cesellatura di un orafo, su altre cose in­
mente per nessuno sarebbe più esistito nulla dopo di
vece si passa sopra senza notarle neppure, come ad esem­
me, e tutto il mondo, non appena si fosse spenta la mia
pio lo spazio e il tempo. Credo che i sogni nascano non
coscienza, sarebbe subito svanito come un illusione^ co­
dalla ragione, ma dal desiderio, non dalla testa, ma dal
me qualcosa che esisteva solo nella mia coscienza, si sa­
cuore, anche se la mia ragione in sogno si è esibita qual­
rebbe dileguato, poiché, forse, tu tto questo mondo e
che volta in ingegnosi voli non da poco. C erto è che in
tutta questa gente non sono nient’altro che me stesso.
sogno accadono cose del tu tto incomprensibili. Mio fra­
Ricordo che, mentre me ne stavo lì seduto a ragionare,
tello, per esempio, è morto cinque anni fa, qualche volta
mi ruotavano in testa tutti questi nuovi pensieri che 10 sogno: egli prende parte alle cose della mia vita, siamo
premevano uno dietro l’altro cambiando perfino com­ molto interessati l’uno all’altro, ma intanto, durante tu t­
pletamente senso e immaginando cose del tu tto nuove. to lo svolgimento del sogno, io sono pienam ente coscien­
A un tratto, per esempio, mi era nata una strana idea, e te che mio fratello è morto e sepolto. Perché allora non
se fossi vissuto prima sulla Luna o su M arte, e là avessi mi stupisco, pur sapendolo morto, di trovarmelo lì ac­
commesso l’atto più vergognoso e più disonesto che si canto a prendersi cura delle cose della mia vita? Perché
possa immaginare, e là, proprio per questo atto, fossi la mia mente accetta tu tto questo? Ma basta, ora voglio
stato oltraggiato e disonorato così come si può percepire raccontarvi il mio sogno. Sì, ho fatto un sogno, e l’ho
ed immaginare forse solo in sogno, o in un incubo, e se fatto in quella notte del tre di novembre! Mi si prenderà
poi, capitando sulla Terra, avessi continuato a ^mantene­ in giro, perché non si tratta altro che di un sogno. Ma
re la coscienza di ciò che avevo fatto su quell altio pia­ che importanza ha se si tratta di un sogno oppure no, se
neta, e avessi anche saputo che ormai là non sarei mai è stato questo sogno che comunque mi ha m ostrato la
più tornato per nessun motivo, allora, guardando la luna Verità? Se davvero sei venuto a conoscenza della Verità
dalla terra, per me sarebbe stato ancora tutto senza im­ e l’hai vista, allora sai che proprio quella è la Verità e
portanza, oppure no? Avrei avuto vergogna di ciò chc nessun’altra, che si dorma o che si sia svegli. E va bene,
avevo fatto, oppure no? Erano domande inutili e super­ ammettiamolo pure, è un sogno, ma questa vita che vie­
flue così come la rivoltella posata davanti a me, ma io ne tanto esaltata, io volevo finirla suicidandomi, invece
sapevo con tutto me stesso che l’avrei fatto sicuramen­ 11 mio sogno, il mio sogno, oh, esso mi ha indicato una
te, eppure queste domande mi m ettevano in subbuglio vita nuova, grande, rinnovata, forte! Ascoltate.
irritandomi. Mi sembrava di non poter più morire se
prima non avessi risolto questa cosa. Per dirla in bievc,
quella bambina mi aveva salvato, poiché con tutto quel I li
ragionare avevo rim andato il suicidio. Dal capitano^in­
tanto avevano iniziato a calmarsi: non giocavano più a H o detto prima che mi addorm entai senza accorgermene
carte e li sentivo m ettersi a posto per la notte, mentii e continuai a meditare su quegli stessi pensieri. A un cer­
stancamente bofonchiavano qualcosa. Ed ecco che a to punto sognai di prendere la rivoltella e di puntarmela
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Fèdor Dostoevskij
Il sogno di un uomo ridicolo
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dritta al cuore, - e non alla testa, ma prim a avevo deci­
so che mi sarei sparato di certo alla testa, e precisam en­
te alla tempia destra. Puntai al petto per qualche secon­
do, e la mia candela, il tavolo e la parete davanti a me si
misero all improvviso a muoversi lentam ente. Subito
sparai.
In sogno a volte può accadere di precipitare, o di es­
“•* S k:s °
sere ammazzati, o anche di venire picchiati, ma senza
ore, se non quando nel letto siamo noi stessi a farci
ealmente male, allora sì, proviamo del dolore, e a causa
*prcvirs« sr°rip”/°;d'
pensai “è per lo sparo, li ho una R o t t o l a ” 7
intanto continuava a Pdll°ttola... . La goccia
di questo quasi sempre ci svegliamo. È stato così anche
nel mio sogno: non ho provato dolore, ma mi è sembra­
to che dopo lo sparo attorno a me ogni cosa sussultasse
r i f f rKVV1Sa? en te’ sPe§nefndosi si creasse un ter-
bile buio. Era come se fossi diventato cieco e m uto
giacevo disteso e supino su qualcosa di duro, senza riu-
cire a vedere nulla e a fare il minimo movimento. Sen­
tivo a gente attorno a me che andava e veniva gridan­
do, il capitano con la sua voce di basso, la padrona di
casa coi suoi strilli, poi più nulla per un p o ’, ma ecco
che mi vedo di nuovo, sono chiuso in una bara e mi
stanno portando via. Sentivo la bara oscillare e mi sof­
fermavo su questo, rendendom i conto così, all’improv-
ZerZ’/alcun
senza f dubbio,V°Lchea non
Chevedevo
empr°pe ri°
nonm
orto
mi >
muovevo
Dopo questa invocazione tarm i i
intero ci fu un orofnnS? c?l •
^••
qUasl un m inut0
P u ma, allo stesso tempo, sentivo e ragionavo. Presto
mi rassegnavo a questa situazione, come di solito avvie­
ne nei sogni, e ne accettavo la realtà senza discutere
che. mi sotterravano. Andavano tu tti via e io ri­
manevo solo, com pletam ente solo. N on mi muovevo.
prese trascinandomi con sé n e l l o s L i o “ T 5™ '0 m‘
ir? \ spess0 immaginato come mi avrebbero
seppellito e ho sempre collegato la tomba solo a una sen-
i i 1™ 6 dÌ freddo' Cosl anche sentivo
molto freddo, soprattutto alle punte delle dita dei piedi dello spazio ormai lontani d°alla T e r r T N o n c h ™ ^ 115! ^
ma non provavo n ien t’altro.
vins UdiCnonmÌ gUÌdaVa> aHCSÌ « ^ o s a m e n t e . M U o n -
dÌstesoJe > stranam ente, non aspettavo nulla, ac­
cettando senza discutere il fatto che un m orto non potè- nón averne No“ ^ Ìn estasi P ^ d i
non riesco
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come di solito avviene nei sogni, quando con un salto si arrivare alla Terra. Forse noi stavamo già volando in
passa sopra a spazio e tempo, alle leggi della vita e della questi spazi. Io ero lì che aspettavo qualcosa, preso co­
ragione, fermandosi solo su quei punti su cui la propria m ’ero da un’ansia snervante che mi attanagliava il cuo­
immaginazione fantastica: Ricordo che all’improvviso re. Ma ecco che fui scosso all’improvviso da qualcosa di
vidi nell’oscurità una piccola stella. «E Sirio?» Lo chiesi molto familiare ed estremamente invitante: vidi il sole!
senza riuscire più a trattenerm i, poiché non avrei voluto Sapevo che quello non poteva essere il nostro sole, quel­
fare alcuna domanda. «N o, è quella piccola stella che lo che aveva dato origine alla nostra Terra, e che erava­
hai visto in mezzo alle nuvole m entre ritornavi a casa» mo infinitam ente lontani da esso, ma, non so perché,
mi rispose lui, quell’essere che mi stava trasportando. ero sicuro con tutto il mio essere che quello era uguale
Sapevo che aveva un aspetto più o meno umano. Stra­ al sole che conoscevo, una copia, un sosia di esso. Un
namente lui non mi piaceva, anzi provavo perfino un sentimento dolce e invitante fece sobbalzare d ’entusia­
profondo disgusto. Io non mi aspettavo certo che dopo smo la mia anima: l’intim a forza della luce, di quella
la morte ci fosse un ’altra esistenza, non era per questo stessa luce che mi aveva generato, si mostrava al mio
che mi ero sparato al cuore. Ma ecco che mi trovavo cuore resuscitandolo, io sentii la vita, la mia vita prece­
nelle mani di un essere, che naturalm ente non era uma­ dente, per la prima volta dopo la morte.
no, ma che comunque c’era, esisteva: “Dunque anche «M a se questo è il Sole, se è proprio il nostro Sole,»
dopo la morte si continua ad esistere!” pensai con la esclamai io «dov’è allora la Terra?» Q uell’essere mi in­
strana agevolezza del sogno, ma la vera natura del mio dicò una piccola stella che brillava nell’oscurità, splen­
cuore rimaneva in me in tu tta la sua profondità. “Se de­ dente come uno smeraldo. Noi volavamo d ritti verso di
vo di nuovo esistere” pensai “e di nuovo vivere per l’i­ essa. «E mai possibile che possano esserci simili copie
nevitabile volontà di qualcuno, allora non voglio che nell’Universo? E mai possibile una simile legge natura­
questo avvenga per essere sconfitto e um iliato!” «Tu sai le?... Se quella laggiù è la Terra, come può essere la no­
che ho paura di te, ed è per questo che mi disprezzi» stra Terra... esattam ente uguale, infelice, povera, ma
dissi al mio compagno di viaggio, senza riuscire a tratte­ tanto cara ed eternam ente amata, che ha fatto nascere,
nermi dal fare quell’affermazione avvilente che contene­ anche nei suoi figli più ingrati, un uguale doloroso amo­
va la mia confessione, e sentendo in cuor mio, come una re verso di sé?» G ridai sconvolto da un irresistibile, en­
puntura di spillo, un dolore umiliante. Non rispose alla tusiastico amore verso la terra natia che avevo lasciato.
mia domanda, ma ad un tratto capii che nessuno mi di­ L ’immagine della povera bam bina che avevo offeso mi
sprezzava e nessuno rideva di me o mi commiserava, e ritornò alla mente.
che il nostro viaggio aveva uno scopo sconosciuto e mi­ «Vedrai tu tto » rispose il mio compagno, ma in queste
sterioso che riguardava solo me. La paura cresceva nel parole io sentii non so quale tristezza. Orm ai ci stavamo
mio cuore. Qualcosa di muto e angoscioso si trasm ette­ avvicinando velocemente al pianeta. Lo vedevo ingran­
va dal mio compagno a me come se volesse penetrarmi. dirsi, sempre di più, e intravvedevo già l’oceano e i con­
Volavamo attraverso ignoti spazi bui. Era ormai da mol­ torni dell’Europa. Ma stranam ente si accese nel mio
to tempo che non vedevamo più le costellazioni a noi cuore un sentimento di grande, sacra gelosia: “Com ’è
note. Sapevo che negli spazi celesti ci sono alcune stelle possibile che esista una simile copia perfetta, e perché?
da cui i raggi impiegano migliaia e milioni di anni per Io amo, e posso soltanto amare quella Terra che ho la­
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sciato, sulla quale sono rim asti gli schizzi del mio san­ noi tanta bellezza in un essere umano. Forse soltanto
gue, quando io, ingrato, sparandom i al cuore, ho di­ nei nostri bambini quando sono ancora molto piccoli è
stru tto la mia vita. Ma mai, mai ho smesso di amare possibile trovare un rem oto, per quanto debole riflesso
quella Terra, e perfino quella notte, separandomi da lei, di tale bellezza. Gli occhi di quella gente felice brillava­
forse l ’amavo ancora più dolorosam ente che in qualsiasi no vivaci. Nei loro volti pieni di intelligenza si notava
altro momento. Esisterà il torm ento su questa nuova una specie di tranquilla e completa consapevolezza, ma
Terra? Sulla nostra Terra noi riusciamo ad amare vera­ erano volti allegri, nelle parole e nelle voci di questa
m ente solo soffrendo! Noi non siamo capaci di amare in gente risuonava una gioia fanciullesca. O h, subito, fin
altro modo e non conosciamo altro amore. Io ho biso­ dalla prim a volta che posai lo sguardo sui loro volti, io
gno di soffrire per amare. Io voglio e desidero lasciare, capii tutto! Q uesta Terra non era stata profanata da al­
subito, ora, con le lacrime agli occhi, soltanto q u eiru n i­ cuna colpa e le persone che ci vivevano non avevano
ca T erra che ho abbandonato, e non voglio, non accetto peccato, essi vivevano in un paradiso simile a quello nel
di vivere su nessun’a ltra!...” . quale avevano vissuto, secondo le tradizioni dell’intera
M a il mio compagno di viaggio mi aveva già lasciato. um anità, e così anche per i nostri progenitori che però
A un tratto , del tu tto inaspettatam ente, mi sono trova­ caddero nel peccato, la sola differenza era che qui tu tta
to su quest’altra Terra nella suggestiva luce di una ma­ la Terra era ovunque un unico paradiso. Q uesta gente
gnifica giornata piena di sole, sembrava un paradiso. mi si stringeva attorno ridendo serena e colmandomi di
Dovevo essere su una di quelle isole che compongono carezze, mi portavano con loro e ognuno voleva tran­
l’arcipelago greco, o in qualche luogo sulla riviera del quillizzarmi. O h, essi non mi chiesero nulla, ma sembra­
continente vicino a questo arcipelago. O h, ogni cosa era va che sapessero già tu tto e volessero allontanare il più
esattam ente come sulla nostra Terra, ma tu tto sembrava presto possibile la sofferenza dal mio volto.
splendere ovunque festoso e di una grande, sacra e fi­
nalm ente raggiunta solennità. Il carezzevole mare color
smeraldo si frangeva dolcem ente sulle rive, sfiorandole IV
con un amore lam pante, indiscutibile, quasi consapevo­
le. Alberi alti e stupendi s’innalzavano in tu tta la ma­ Dunque, cosa ne dite? D ’accordo, è stato solo un sogno,
gnificenza del loro colore e le tante piccole foglie, ne so­ ma quella sensazione d ’amore di quelle persone pure e
no convinto, mi salutavano con un brusio quieto e deli­ meravigliose la ricorderò per sempre, e io sento che an­
cato, sembrava quasi che mi bisbigliassero parole d ’a­ che ora da lassù il loro amore si riversa su di me. Li ho
more. L ’erbetta risplendeva di fiori odorosi dai vividi visti io stesso, li ho conosciuti, sono convinto di quello
colori. Gli uccellini a storm i volavano nell’aria e senza che vi dico perché li ho am ati e ho anche sofferto per
tim ore mi si posavano sulle spalle e sulle mani, sentivo loro. Certo, avevo capito subito, perfino allora, che in
frem ere gioiosamente su di me le loro aiucce tenere e molte cose non li avrei del tu tto compresi; a me, un
trem olanti. Finalm ente vidi e conobbi la gente che abi­ qualsiasi progressista russo contem poraneo e ripugnante
tava felicem ente quella Terra. Essi vennero da me, mi pietroburghese, sembra illogico il fatto, ad esempio, che
circondarono e mi baciarono. I figli del sole, i figli del essi, pur sapendo molte cose, non conoscevano la nostra
loro sole - oh, com ’erano belli! N on avevo mai visto da scienza. Capii presto che la loro conoscenza era compie­
822 Fédor Dostoevskij Il sogno di un uomo ridicolo 823
ta e alimentata da cognizioni diverse dalle nostre sulla anche cor^ e mai io, fanfarone e bugiardo, non parlassi
Terra, e che anche i loro desideri erano completam ente mai loro del mio sapere, che essi naturalm ente non co­
differenti. Essi non ambivano a nulla, ma erano sereni, noscevano affatto, non foss’altro per amor loro, non
non aspiravano alla conoscenza della vita così come vi perche desiderassi stupirli con esso. Erano allegri e pie­
aspiriamo noi, perché la loro vita era totale. Il loro sape­ ni di brio. Erravano per i loro bellissimi boschi e bo­
re era più profondo e più alto della nostra scienza, dal schetti, cantavano le loro bellissime canzoni e si nu tri­
momento che la nostra scienza tenta di spiegare cos’è la vano di cibo fresco: la frutta degli alberi, il miele dei
vita, fa tutto il possibile per comprenderla, per poi inse­ boschi e il latte dei loro affettuosi animali. Per mangiare
gnare agli altri a vivere; essi erano in grado di vivere an­ e vestirsi lavoravano poco e facevano lavori facili e leg­
che senza la scienza, questo lo capii bene, ma non riu­ geri. Facevano 1 amore e i bambini nascevano, ma non
scivo ad intuire quali fossero le loro cognizioni. Mi mo­ n° /P f'1 nota^°v l°ro gli impeti di quella violenta sen­
stravano i loro alberi e non riuscivo a percepire il grado sualità da cui è affetta la maggior parte della gente sulla
d ’amore con cui essi li guardavano: guardavano nello nostra Terra, e che è pressappoco l’unica fonte di tu tti i
stesso modo anche i loro simili. Credo di non sbagliarmi peccati dell’umanità. Essi erano felici dei figli che na­
se vi dico che essi parlavano con gli alberi! Sì, essi ave­ scevano perché avrebbero diviso con loro la gioia di vi­
vano scoperto il loro linguaggio, e sono convinto che gli vere. Non litigavano, non erano gelosi l’uno dell’altro e
alberi rispondevano loro. Guardavano così tu tta la natu­ non capiva™ neppure che cosa ciò volesse dire. I loro
ra che li circondava e gli animali, i quali vivevano con ìgli eiano i figli di tutti, perché tutti insieme formava­
loro pacificamente, senza aggredirli, poiché li amavano, no un unica famiglia. Non conoscevano quasi le malat­
sopraffatti dal loro stesso amore. Mi mostravano le stel­ tie, benché anche loro morissero; ma i vecchi morivano
le e mi parlavano di esse, ma con argomenti che non riu­ serenamente, come se si addormentassero, attorniati
scivo a comprendere, sono certo che essi erano in con­ dalla gente che veniva a dare l’ultimo saluto, con il sor­
tatto con gli astri celesti, e non solo con la mente, ma in riso sulle labbra benedicevano i loro cari, che a loro vol­
modo diretto. Quella gente non insisteva nel farsi capi­ ta rispondevano con radiosi sorrisi. Davanti a questo
re da me, essi mi amavano comunque, sapevo però che non vidi mai né dolore, né lacrime, ma solo tanto amore
anche loro non avrebbero mai compreso me, e per que­ che aumentava sempre più fino all’estasi, un ’estasi sere­
sto non ho quasi mai parlato della nostra Terra. Baciavo na, completa, meditativa. Si poteva perfino pensare che
davanti a loro il suolo su cui essi vivevano, e senza dirlo essi continuassero a comunicare con i loro vecchi anche
li adoravo. La gente, vedendomi così, mi concedeva dopo la morte e che l’armonia terrestre fra loro non ve­
questa adorazione senza vergognarsene, poiché anch’es- nisse a mancare neppure morendo. Non riuscivano qua­
si sapevano amare molto. Non soffrivano per me quan­ si a capirmi quando chiedevo loro della vita eterna, ma
do, in lacrime, a volte baciavo i loro piedi, perché sape­ si vedeva che essi erano inconsciamente così certi di es­
vano gioiosamente in cuor loro con quale forza d ’amore sa che per loro non costituiva un problema. Non aveva­
mi avrebbero risposto. Talvolta mi chiedevo con mera­ no luoghi di culto, ma in loro c’era u n ’essenziale, viva e
viglia come potessero non offendere mai uno come me e continua armonia con 1 Insieme dell’universo; non ave­
non destare nemmeno una volta, in uno come me, senti­ vano una fede, ma erano ferm am ente persuasi che quan­
menti di invidia o di gelosia. M olte volte mi domandavo do la loro felicità terrena fosse term inata, sarebbe ini­
Il sogno di un uom o ridicolo 825
Fédor Dostoevskij
824
lasciato. Sì, quando essi mi guardavano con q u eiraffet­
ziata per loro, vivi o morti che fossero, una comunica­ tuoso sguardo pieno d ’amore, quando sentivo che di­
zione ancora più grande con rum verso ‘n t«ro ' nanzi a loro anche il mio cuore diventava altrettanto
aspettavano questo momento con gioia senza aver fret puro e sincero, allora non mi rincresceva più di non riu­
ta senza angosciarsi per esso, anzi, parlandone tra loro, scire a capirli. Una sensazione di pienezza di vita mi fa­
c o m e se ne Avessero già dei presentim enti nel cuore. La
ceva mancare il respiro, e silenziosamente li adoravo.
sera prima di andare a dormire, amavano comporre dei O ra tu tti mi guardavano e ridevano, assicurandosi
cori armonici e melodiosi. In questi canti descrivevano
che non è proprio possibile fare un sogno così particola­
tutte le sensazioni che aveva suscitato in loro il g reggiato come quello che sto descrivendo, che nel mio
appena finito, lo celebravano congedandosi da essa C - sogno ho semplicemente vissuto una sensazione prodot­
lebravano la natura, la terra, il mare, i boschi. Com po­ ta dal mio cuore delirante, m entre i particolari li ho
nevano anche canti gli uni per gl. altri, loda" j ° s‘ C0 creati io, dopo essermi svegliato. Q uando ho rivelato lo­
bambini- erano canzoni molto semplici, ma sgorgavano
ro che, forse, è stato proprio così, Dio come sono scop­
dal alo « e lo penetravano. Q uesto non accadeva solo piati a ridere e quali m anifestazioni di umorismo ho su­
nelle canzoni, sembrava che passassero tutta la loro vita
scitato in loro! Be’, certo, ero stato sopraffatto dalla
a dir bene l’uno dell’altro. Era una specie di innamora­ sensazione di quel sogno, solo essa era rimasta intatta
mento totale e collettivo. Alcun, di quest, canti solenni nel mio cuore ferito a sangue: ma le immagini e le forme
e appassionati, stentavo a comprenderli. Anche_se del mio sogno, cioè quelle che io avevo realmente visto,
capivo le parole, non riuscivo pero ad impad ° n > ™ '^ erano così piene di armonia, così affascinanti e meravi­
significato. Esso sembrava essere inaccessibile alla
gliose, erano talmente vere che, dopo essermi svegliato,
mente, anche se, però, sempre più ine.3nsc.anc- pene­
non essendo capace purtroppo di render loro giustizia
trava nel mio cuore. Spesso dicevo loro che o questo
con le mie misere parole, per non farle svanire dalla mia
l’avevo previsto già da molto tempo; che tu ^ q u e ta mente, forse sono stato costretto inconsciamente a in­
felicità e questa gloria le avevo già percepite su lU nostra ventarm i poi dei particolari, deform ando così le imma­
Terra come una malinconia che qualche volta diventava
gini originali, ma il mio desiderio di comunicarle era tal­
un’insopportabile pena; che avevo avuto J Pr«“ ntI” “ e mente forte e appassionato che in qualche modo dovevo
to di tutti loro e della loro gloria ne, sogn del cu°re raccontarle. D ’altronde come avrei potuto non credere
e della mia mente, e che spesso nostra Terra no
s u l l a
che tu tto ciò esistesse? Forse anche mille volte meglio,
riuscivo a guardare, senza versare delle lacrime 1 so ancora più luminoso e felice di quanto raccontassi. Am­
che tram oniava... Che il mio odio per i mie. simili 1 ave­
m ettiamo pure che fosse un sogno, ma tutto ciò non po­
v o sempre elato nella pena: perché non potevo odiarli
teva non esistere. Sapete, vi rivelerò un segreto: proba­
le anche non li amavo? Perché non potevo non perdo­
bilm ente il mio racconto non è stato affatto un sogno!
n a £ Nel mio amore per loro v, era una stru g g e n te ma-
Poiché qui è accaduto qualcosa di cosi straordinaria­
Unconia- perché non potevo amari, senza odiarli? Es ,
mente vero, da rendere impossibile sognarselo. Ipotiz­
mi ascoltavano e io vedevo che non riusciva™., a rende, ;
ziamo invece che il sogno fosse frutto del mio cuore de­
si conto di ciò che dicevo, ma non mi dispiacque di
lirante: ma in tal caso esso da solo sarebbe stato capace
averne parlato: sapevo che loro di dare vita a quella terribile verità che mi è poi accadu­
forza della mia sofferenza per quegli uomini che avev
826 Fédor Dostoevskij 11sogno di un uom o ridicolo 827

ta? Come avrei potuto inventarla da solo; oppure farla nobbero il dolore, che diede loro piacere. Desiderarono
scaturire dal mio cuore? E mai possibile che il mio mise­ soffrire poiché, dicevano, la verità si ottiene solo sof­
rabile cuore e la mia insignificante m ente capricciosa frendo. Allora tra loro comparve la scienza. Quando di­
abbiano potuto elevarsi fino a tale rivelazione della veri­ vennero cattivi cominciarono a parlare di fratellanza e
tà? O h, giudicate voi: fino a questo momento l’ho tenu­ u man ita comprendendone 1 concetti. Quando diventa­
to nascosto, ma ora vi dirò tu tta la verità. Il fatto è che rono criminali, allora istituirono la giustizia e si impose­
io... Finii per corromperli tutti! ro interi codici per difenderla, e per garantire l’osser­
vanza dei codici inventarono la ghigliottina. Ricordava­
no appena ciò che avevano perso, e addirittura non vo­
V levano credere che c’era stato un tempo in cui erano
stati innocenti e felici. Ridevano perfino della possibili­
Sì, sì, è finita che li ho corrotti tutti! Come abbia mai tà di questa loro precedente felicità, considerandola un
potuto farlo, non lo so, anche se lo ricordo chiaramente. sogno. Essi non riuscivano più neppure ad immaginarse­
Il mio sogno passò velocemente attraverso i millenni, la­ la in fai me e concetti, ma, per quanto possa sembrare
sciando in me solo la sensazione della sua universalità. strano e meraviglioso, dopo aver perduto ogni fede nella
So soltanto che sono stato io a causare la loro caduta nel loro felicità di un tempo, dopo averla definita una favo­
peccato. Come una brutta trichina, come un bacillo di la, essi desideravano ancora di nuovo essere innocenti e
peste che contagia interi stati, così anch’io contagiai telici, tanto da prostrarsi come bambini davanti al desi­
quella Terra felice e innocente. Essi impararono a men­ derio del proprio cuore; lo divinizzarono, costruirono
tire, incominciarono ad amare la menzogna, e a cono­ templi e furono devoti alla loro stessa idea, al loro stes­
scerne la bellezza. O h, questo forse cominciò innocente­ so «desiderio», pur sapendo pienam ente quanto fosse
mente, per scherzo, per civetteria, per un gioco d ’amo­ irrealizzabile e inattuabile, lo venerarono con le lacrime
re, o forse, veramente, da un bacillo, un bacillo di men­ agli occhi, e s’inchinarono davanti ad esso. Tuttavia, se
zogne che si insinuò nei loro cuori dando loro piacere. solo fosse potuto accadere di ritornare a quello stato di
Dopo di che nacque la sensualità, la sensualità diede innocenza e di felicità che avevano perso, o se qualcuno
origine alla gelosia, e la gelosia alla crudeltà... O h, non all’improvviso lo avesse m ostrato loro di nuovo, chie­
so, non ricordo, ma presto, molto presto fu sparso il pri­ dendo. «Vorreste ritornarvi, adesso?», bene, avrebbero
mo sangue: essi si stupirono ed ebbero paura, comincia­ certam ente rifiutato. Mi rispondevano: «Sì, è vero: sia­
rono così i contrasti e le discordie. Nacquero le coalizio­ mo bugiardi, cattivi e ingiusti, ma lo sappiamo e pian­
ni, ma degli uni contro gli altri. Cominciarono i rim pro­ giamo per questo, soffriamo e ci torm entiam o per que­
veri e le critiche. Essi conobbero la vergogna e ne fece­ sto, punendoci forse perfino più di quanto farebbe un
ro una virtù. Prese vita l’idea dell’onore e ogni coalizio­ giudice clemente di cui non conosceremmo neppure il
ne issò la propria bandiera. Si misero poi a torm entare nome. Ma noi^ possiamo avvalerci della scienza e attra­
gli animali, e gli animali si allontanarono nei boschi di­ verso di essa ritrovare in modo consapevole la verità; la
ventando i loro nemici. Cominciò la lotta per la divisio­ conoscenza e superiore al sentim ento e la coscienza del­
ne, per la segregazione, per la persona, per il mio e per la vita è superiore alla vita stessa. La scienza ci darà la
il tuo. Essi cominciarono a parlare lingue diverse. Co­ saggezza, la saggezza ci aprirà alle leggi, e la conoscenza
828 Fèdor Dostoevskij
Il sogno di un uomo ridicolo 829
delle leggi della felicità è superiore alla felicità». Ecco
no che la sofferenza è bellezza, poiché solo in essa vi è
che cosa dicevano, e dopo tali parole ognuno amò solo
se stesso più di tu tti gli altri, e d ’altronde non potevano pensiero. Osannarono la sofferenza nei loro canti. Io
ormai fare altrim enti. Ognuno di loro diventò così gelo­ vagavo tra quegli uomini torcendomi le mani e pian­
gendo per loro, ma li amavo forse ancora più di prima,
so della propria personalità che si affannò in tutti i mo­
quando sui loro visi non vi era ancora traccia di soffe­
di a sminuire e a sottom ettere quella altrui, facendone il
presupposto di tu tta la loro propria vita. Apparve la renza ed essi erano meravigliosamente innocenti. Io co­
schiavitù, perfino la schiavitù volontaria: i deboli si sot- minciai ad amare maggiormente quella Terra che essi
tomiseio di buon grado ai più forti solo per essere aiuta­ avevano profanato, più di quando era paradisiaca, solo
ti ad opprimere coloro che erano ancora più deboli. Ap­ per U tatto che anch’essa ormai conosceva il dolore
parvero i giusti che andavano da quella gente con le la­ Ahimè, io ho sempre amato il dolore e la sofferenza^
crime agli occhi e che parlavano della dignità, dell’equi­ ma per me, per me soltanto; piangevo per questi uomi­
librio e dell’armonia smarrita e della perdita della vergo­ ni e ne avevo pietà. Tendevo verso di loro le braccia e
gna. Essi venivano derisi o lapidati. Fu versato sangue disperandomi, accusavo, maledicevo e biasimavo me
santo sulle soglie dei templi. Com parvero però degli uo­ stesso. Dicevo loro che la colpa di tutto era solo mia
mia e di nessun altro, perché ero io che avevo portato
mini che si misero ad ideare come unirsi di nuovo tutti
tra loro la corruzione, il contagio e la menzogna! Io li
insieme affinché ognuno, senza sm ettere di amare se
stesso più di tu tti gli altri, allo stesso tempo non desse scongiuravo di punirmi sulla croce e insegnavo loro co­
me costruire una croce. Non ci riuscivo, non avevo la
alcun fastidio, per vivere cosi insieme in una società in
torza di uccidermi con le mie mani, ma volevo che mi
cui tutti andavano d accordo. In seguito a questa idea
scoppiarono vere e proprie guerre. Coloro che com bat­ torturassero, volevo subire i peggiori supplizi, desidera­
vo che il mio sangue fosse versato in questi torm enti fi­
tevano credevano ferm am ente che la scienza, la saggez­
no ali ultima goccia. Ma non fecero che ridere di me
za e 1 istinto di autoconservazione alla fine avrebbero
obbligato l’uomo ad unirsi in una società solidale e ra­ considerandomi alla fine semplicemente un povero paz­
gionevole, intanto pero, per affrettare gli avvenimenti, i zo. Essi mi giustificavano dicendo di aver ricevuto da
me solo quello che essi stessi desideravano, e che tutto
«saggi» si fecero in quattro per annientare al più presto
i «non saggi» e tu tti quelli che non comprendevano la ciò che stava accadendo ora non sarebbe potuto non
loro idea, in modo tale che essi non potessero ostacolar­ accadere. Alla fine mi spiegarono che stavo diventando
pericoloso per loro e che, se non avessi taciuto, mi
ne la vittoria. Ma 1 istinto di autoconservazione comin­
ciò velocemente a scemare, vennero fuori i superbi e i avrebbero messo in un manicomio. Allora una terribile
lussuriosi, che esigevano apertam ente o tu tto o niente. pena irruppe nel mio animo pervandendolo con una ta­
Per procacciarsi il tu tto si ricorreva alle m alefatte e, se le torza da attanagliarmi il cuore per l ’angoscia che pro­
non avevano fortuna, al suicidio. Spuntarono delle reli vavo, tanto che mi sembrò di morire, ma ecco che
gioni che si fondavano sul culto del non-essere e dell’au qui... sì, proprio a questo punto, io mi svegliai.
todistruzione per amore dell’eterna pace nel nulla. Inf i Era già mattina, ancora non aveva albeggiato, ma
ne questi uomini si stancarono di un compito così assm erano quasi le sei. Mi risvegliai nella mia poltrona, la
do e sui loro visi apparve la sofferenza' essi proclamare candela si era consumata completai! ente, dal capitano
ormivano, e tutt attorno nell’appaitamento c’era uno
8 HI Fcdnr Dostoevskij 11 sogno di un uomo ridicolo 831

strano silenzio. Mi alzai di scatto e fui preso da un no inventata, l’ho vista, l’ho vista, e la sua immagine
enorme stupore; non mi era mai successo nulla di simi­ vivente ha colmato la mia anima per sempre. L ’ho vista
le, perfino per le inezie, per i più piccoli dettagli: per in una tale completa integrità, che non posso credere
esempio, non mi era ancora mai capitato di addorm en­ che essa non esista. Dunque, come faccio a perdermi?
tarmi così, sulla mia poltrona. AH’improvviso, mentre Devierò, certo, anche più di una volta, e forse parlerò
ero lì in piedi e cercavo di riprendermi, ecco, mi vidi persino con parole non mie, ma questo non sarà per
davanti la rivoltella pronta e carica, ma in un attim o molto: l’immagine viva che io ho visto sarà sempre in
l’allontanai da me! O ra volevo solo vivere, vivere! Al­ me, magari riprendendom i se è necessario, ma indiriz­
zai le mani verso il cielo e pregai per la verità eterna, zandomi sempre verso la retta via. O h, io sono forte e
no, non pregai, piansi; l’entusiasmo, un immenso entu­ giovane, e camminerò, camminerò, anche per mille an­
siasmo, mi rese forte come un gigante. Decisi che avrei ni ancora. Sapete, all’inizio volevo perfino nascondere
vissuto per predicare. Lo decisi proprio in quel momen­ che li avevo corrotti tu tti, ma sarebbe stato uno sba­
to, e fu, sicuramente, per tutta la vita! Sarei andato a glio: ecco già il primo sbaglio! Ma la V erità mi ha fatto
predicare, volevo predicare, - che cosa? La Verità, per­ intuire che avrei m entito, mi ha protetto guidandom i
ché io l’avevo vista, l’avevo vista proprio con i miei oc­ rettam ente. Ma com’è possibile ricreare un nuovo para­
chi, e in tutta la sua gloria! diso, non lo so, non so dirlo a parole. Dopo il mio so­
Da allora io vado predicando! Inoltre amo coloro che gno ho perso la parola, o almeno, tu tte le parole im por­
ridono di me più di tu tti gli altri. Non so perché, non tanti, quelle più necessarie. Ma va bene lo stesso: ini-
so spiegarmelo, ma è così. Dicono di me che già ora so­ zierò il viaggio e parlerò sempre, senza stancarm i mai,
no un po’ perso, e se già ora è così, che cosa accadrà perché io ho visto con i miei occhi, anche se non riesco
dopo? Sì, è vero, sono confuso, e dopo, forse, sarà an­ a raccontare bene ciò che ho visto. M a è proprio que­
cora peggio. Sicuramente mi accadra ancora qualche sto che chi ride di me non capisce: «E stato un sogno,
volta di perdermi, finché non mi renderò ben conto di un delirio, un ’allucinazione». Ma davvero vi sembra
cosa sto predicando, cioè con quali parole e con quali saggio dire questo? Un sogno? Ma che cos’è un sogno?
atti, perché non è facile eseguire questo compito. T utto La nostra vita non è forse un sogno? Dirò di più: va
questo mi è perfettam ente chiaro, ma ditemi: chi non bene, ammettiamo pure che questo non si realizzi mai
si è mai perso? Noi tu tti siamo diretti verso un punto e che il paradiso non esista (vedete, questo io lo so!) -
ben preciso, o almeno tentiam o di farlo, dall uomo più be’, io continuerò comunque a predicare. Nel frattem ­
saggio all’ultimo dei criminali, solo che scegliamo stra­ po è così semplice: in un solo giorno, in una sola ora
de diverse. Q uesta è una vecchia verità, ma ora c è tu tto si rim etterebbe subito in ordine! La cosa pricipale
qualcosa di nuovo: io non posso perdermi più di tanto. è: ama gli altri come te stesso, ecco che cosa è im por­
Perché io ho visto la Verità, ho visto e so che gli uomi­ tante, ed è tutto, non occorre proprio n ien t’altro: sa­
ni possono essere belli e felici senza perdere la capacità rebbe subito possibile m ettere tu tto in ordine. Ma que­
di vivere in Terra. Io non voglio e non posso credere sta è soltanto una vecchia verità, che è stata ripetuta e
che il male per gli uomini sia la normalità. Purt c ppo letta un miliardo di volte, ma che non ha messo radici!
loro non fanno che ridere di questa mia fede. Ma cume «La coscienza della vita è superiore alla vita, la cono­
posso non crederci? Io ho visto la Verità, non me la so­ scenza delle leggi della felicità è superiore alla felicità. »
Fédor Dostoevskij
832
VLAS
Ecco contro cosa bisogna lottare! E lo farò. Se solt®nt°
tutti lo vorranno, ogni cosa andra al suo posto m un at
timo.
A proposito, quella bambina l’ho poi ritrovata... E
cam m in erò ! E cam m in erò!

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