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Disabilità o diversabilità? Non è solo un vezzo linguistico.

L’espressione”disabilità” sottolinea il deficit, ciò che manca rispetto ad una “abilità”, ad una
“norma” che ci rende “normali”.
Ma cos’è la normalità? Ed esiste una normalità?

Niente. Chi è normale? Nessuno.


Quando si è feriti dalla diversità, la prima reazione non è di accettarla, ma di negarla. E lo
si fa cominciando a negare la normalità. La normalità non esiste. Il lessico che la riguarda
diventa ad un tratto reticente, ammiccante, vagamente sarcastico. Si usano, nel
linguaggio orale, i segni di quello scritto: “I normali, tra virgolette”. Oppure: “I cosiddetti
normali”. […]
La normalità – sottoposta ad analisi aggressive non meno che la diversità - rivela
incrinature, crepe, deficienze, ritardi funzionali, intermittenze, anomalie. Tutto diventa
eccezione e il bisogno della norma, allontanato dalla porta, si riaffaccia ancora più
temibile alla finestra. Si finisce così per rafforzarlo, come un virus reso invulnerabile dalle
cure per sopprimerlo.
Non è negando le differenze che lo si combatte, ma modificando l’immagine della norma.
(pp.41-42) ”Nati due volte” Pontiggia

E’ riconoscendo ed enfatizzando tutte le varie differenze che si modifica


l’immagine della norma, che diventa una pluralità di differenze.
Gardner riconosce nell’uomo nove forme di intelligenza e scrive:

“Anche se possediamo l’intera gamma delle intelligenze, forse non esistono due persone
che abbiano esattamente le stesse intelligenze, nello stesso grado e nella stessa
combinazione: nemmeno i gemelli omozigoti sono così. Si aggiunga che la
configurazione delle intelligenze e i loro rapporti mutano nel tempo per effetto delle
esperienze che gli individui vivono e del senso che danno (o non danno) loro”. (Gardner,
1999, p. 73).

Da questa pluralità di modi di agire, di pensare e di funzionare nasce l’idea della


diversabilità e soprattutto della necessità di non permettere al deficit di oscurare
il valore della persona nella sua essenziale umanità.
Diversabilità non vuol dire però soltanto arrivare in modo diverso allo stesso
obiettivo, ma puntare anche a obiettivi diversi, qualitativamente diversi, senza per
questo dimenticare o negare il deficit e l’handicap, gli specifici bisogni delle
persone con i deficit più gravi e le condizioni ambientali e sociali svantaggianti,
emarginanti, che creano queste difficoltà.

E’ importante sottolineare le abilità e non le disabilità e valorizzare le potenzialità


di ogni individuo.

“Forse la sangria è stata inventata proprio perché la bottiglia era mezza piena ed è parso
naturale aggiungere frutta, acqua, ecc. inventando qualcosa di originale.” Claudio
Imprudente 1

Il concetto di diversabilità deve tener conto dei contesti sia interni alla persona
sia esterni, delle relazioni interpersonali e dei rapporti con vari tipi di ambiente. A
questo proposito è importante la distinzione che l’Organizzazione Mondiale della

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Direttore della rivista “HP – Accaparlante” , autore di vari libri che affrontano la disabilità ttraverso la sua situazione
esistenziale. Fondatore di “Maranà-tha”, comunità di famiglie per l’accoglienza e Presidente del Centro di
Documentazione Handicap di Bologna: Ha ideato di “Progetto Calamaio” che propone percorsi formativi sulla diversità
e sulla nuova cultura di handicap al mondo della scuola e del lavoro. E’ inoltre scrittore e giornalista.
Sanità ha operato, con il nuovo sistema di classificazione delle disabilità, della
salute e del funzionamento (ICF) del 2002.
Nel documento si distingue la “capacità”, intesa come ciò che si sa fare senza
alcun mediatore contestuale, da “performance” ovvero quello che si sa fare con
dei mediatori contestuali attuali a nostra disposizione.
La diversabilità si fonda quindi su un atteggiamento di fiducia, e la valutazione
dello stato di salute non potrà prescindere dai complessi rapporti esistenti tra
corpo, mente, ambiente, contesti e cultura. Presuppone inoltre un punto di vista
diverso, propositivo e cooperativo verso le abilità che le persone con ritardo
mentale possiedono.

Le differenze individuali rappresentano le varie possibilità che l’uomo ha di


costruire e organizzare la propria vita in rapporto alla situazione e al contesto di
appartenenza.
La pedagogia speciale si sta orientando, alla luce dei cambiamenti sociali e
culturali in atto, anche dello studio, della ricerca e della presa in carico e cura,
delle situazioni di vulnerabilità causate non solo da cause biologiche, ma anche
personali, sociali, culturali e ambientali. Ricerca inoltre i modi possibili per
aiutare, verso una riorganizzazione positiva della vita, osservando e studiando gli
atteggiamenti di resilienza ovvero la resistenza psicologica alle avversità, che
rappresenta una nuova prospettiva verso la disabilità e l’handicap.

Se si vuole lavorare nell’interesse della persona disabile, non si può partire dalle
“competenze burocratiche, bisogna partire da lui, crescere con lui, seguirlo in
tutto il continuum della sua esistenza individuando per lui e con lui il suo
“progetto di vita”.

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