di Stefano Verdino
Pubblicato su WUZ, storie di editori, autori e libri rari, anno III, n° 2, marzo aprile 2004
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inviata (con il titolo A Mario Novaro) dallo stesso Campana a Mario Novaro e
da questi poi pubblicata su “La Riviera Ligure” (XXII, 53, maggio 1916) senza
titolo ma con dedica e didascali a a M.N. / Domodossola 1915 (e non stampata,
come recentemente ha sostenuto Martinoni, per cura di Federico Ravagli, “nel
novembre 1914 sul foglio goliardico interventista bolognese 'Il cannone”').
Successivamente Campana la trascrisse in autografi per vari amici, sempre con
varianti: nel 1942 pubblicò la stesura in sue mani Federico Ravagli, con note da
interventista; nel 1949 Franco Matacotta editò la stesura base nel Taccuino, con
il titolo Canto proletario italo-francese (su cui vedi l'edizione critica di
Fiorenza Ceragioli del 1990); nel 1985 (in Campana fuorilegge) e nel 2000 (in
Dino Campana sperso...) Gabriel Cacho Millet rese noti altri due autografi
(carte Aleramo e Soffici); ed ecco una nuova copia con alcune lievi, ma
interessanti varianti, a partire da una complessa intestazione: Osteria del gatto
rosso / Domodossola 1915 - (incompleta).
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o “avvicinarmi almeno”. A Prezzolini il 4 ottobre 1915, motiva diffusamente la
propria francofilia: “Passando alla guerra trovo che il governo francese ha
soppresso la quadricentenaria Gazette de France, ciò che significa che il
vecchio spirito aristocratico francese minaccia di riprendere il sopravvento e di
mettersi di nuovo a capo della cultura europea come fu sempre, anche per
testimonianza dei tedeschi (Nietzsche). Se questo fatto avvenisse, se questa
coltura che adoriamo tornasse io le confesso che darei sul momento senza
esitare la vita. Viva dunque la grande Francia. Questo presentimento appare in
tutti i grandi tedeschi. Ricordi le ultime parole di Beetoven (sic): Nel sud della
Francia, laggiù, laggiù. Era l'ideale della musica, dell'arte mediterranea che
Nietzsche presentì e credè di trovare in Bizet. E questo presentimento si
verificherà certamente perché Nietzsche e Beethoven erano dei genii. Viva
dunque la Francia. E chi, modestia a parte, comprende queste cose da noi? Cioè
le integra e le risente non le violenta, colla animalità del parvenu? Ci
dondoliamo sulle anche come l'Italia nelle poesie di D'Annunzio che,
poveraccio, dell'Europa moderna non capisce proprio nulla”. Come si vede,
nell'esaltazione, vi è a suo modo un lucido prospetto.
“Caro fratello una più stretta unione tra la Francia e l'Italia si avvera. Il delitto
stringe e distrugge se stesso in un cerchio d'orrore. Non so se lascerò la vita in
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questa trasfusione. Vi supplico di venirmi in aiuto. Scrivete a Luchaire,
presidente dell'Istituto francese di Firenze che mi protegga. Immenso è il carico
che deve essere posto in salvo ed io sono agli estremi. Non so se capite nulla di
quanto vi dico. lo non ho il diritto di parlare. Personalmente vi dico che mangio
alla tavola dei miei persecutori. Se dubitate della mia ragione la signora Cecchi
(via Jacopo Nardi 15 Firenze) potrà dirvi che non sono pazzo. Lindirizzo di
Emilio lo ignoro. Coraggio fratello, tutti i misteri vi saranno chiari un giorno.
Per iniziarvi leggete vi prego Bloy nel libro che parla della sorte del figlio di
Luigi XVI e delle sue conseguenze sulla storia della Francia. In Italia c'è un
altro principio imperiale e cristiano, il principio popolare della poesia volgare
che è effimera come il principio dinastico francese ora non più esistente. In
questo principio poetico la Francia troverà il senso divino della sua democrazia.
La trasfusione si opera col sangue dell'agnello, ma per vie di antitesi. Scrivete a
Luchaire che mi protegga”.
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di quei giorni estivi (mi segnala Cacho Millet) ritrae i due novelli amanti
proprio a villa La Topaia con il cane dei Luchaire. Dino dona a Sibilla copia dei
Canti orfici con dedica: “Con cuore fraterno a / Sibilla Aleramo / Dino
Campana / Il Barco / 5 agosto 1916”. Anche questa copia (descritta in Campana
fuorilegge) è con correzioni e aggiunte autografe; ad esordio anche in questo
esemplare alle pp. [4-6] vi è l'autografo “Come delle torri d'acciaio, ecc.” qui
titolato Domodossola 1915 ... giugno. La stessa posizione d'esordio di questa
poesia “incompleta” conferma non solo la grande fiducia di Campana in questo
suo nuovo testo (che trasmise autografo a più persone), ma anche l'eminenza di
esso in una possibile nuova edizione dei Canti orfici. Grazie a Cacho Millet
(Dino Campana sperso..., pp. 130-131) possiamo ricostruire la serie di tali
autografi, successivi alla prima stampa su “Riviera ligure”; è una trafila assai
interessante perché “nessuna delle numerose stesure coincide esattamente con la
precedente” (Dino Campana sperso..., p. 131).
Il testo si trova su fogli per Federico Ravagli (che erroneamente sostiene la
Ceragioli - lo riferisce alla fine del 1914) e per Bianca Lusena (che lo ebbe nel
giugno 1916, cfr. ibid.); sulle copie dei Canti orfici per Cecchi, Aleramo e
Luchaire; infine ancora in fogli intestati Vallecchi, tra le carte Soffici (Dino
Campana sperso..., pp.113-126), per Cacho Millet, persuasivamente, ultima
stesura “il mese di novembre - dicembre 1917”.
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Janzo. Ed anche nella citata lettera delirante è evidente che l'invocazione di
Luchaire è la spia del suo dramma d'amore.
Per Campana sappiamo come andò. Dopo la guerra Luchaire lasciò Firenze e a
Parigi fondò un Istituto di cooperazione intellettuale (1926 - 1930) europea sotto
l'egida della Società delle Nazioni, cui collaborò Prezzolini; l'Aleramo lo rivide
allora a Parigi (estate 1928) e con lui frequentò il bel mondo (Sibilla registra
anche una colazione con Valéry “che mi parla in italiano”, cfr. Diario di una
donna, p. 364). Negli anni Trenta, con la terza moglie Antonina Vallentin, “l'ex-
amante di Stresemann” (Papini) e scrittrice di biografie (Leonardo, 1939;
Picasso, 1957), Julien avvia una tardiva carriera letteraria, soprattutto teatrale:
in Altitude 3200 il 18 febbraio 1937 ha il battesimo in scena l'adolescente nipote
Corinne, presto diva del cinema francese e amante sotto l'occupazione
dell'ambasciatore tedesco Otto Abetz, poi epurata e morta non ancora trentenne
nel 1950. Julien sopravvisse alla rovina dei suoi discendenti, in particolare il
figlio Jean, padre di Corinne e giornalista filonazista, fucilato nel 1946:
“Il padre ne parla quasi con indifferenza, come se non si trattasse del suo
figliolo”, annota il vecchio amico Papini che lo riceve a Firenze nel settembre
1949. Una saga, quella dei Luchaire, non meno drammatica e romanzesca della
bruciante avventura di Sibilla e di Dino e di tutta la vita di quest'ultimo.
Bibliografia
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• Sibilla Aleramo, Diario di una donna. Inediti 1945-1960, scelta a cura di
Alba Morino, Milano, Feltrinelli, 1978.
• Dino Campana, Souvenir d'un pendu. Carteggio 1910-1931 con documenti
inediti e rari, a cura di Gabriel Cacho Millet, Napoli, ESI, 1985.
• Gabriel Cacho Millet, Dino Campanafuorilegge, Palermo, Novecento, 1985.
• Dino Campana, Taccuini, edizione critica e commento di Fiorenza
Ceragioli, Pisa, Scuola Normale Superiore, 1990, pp. 25-27; 206-208.
• Roberto Maini - Piero Scapecchi, “Ho bisogno di essere stampato”. Un
incunabolo del Novecento: “Canti Orfici” di Dino Campana, “Rara
Volumina”, 2, 1995; 2, 1996, (ristampa: Milano, La Libreria Antica e
Moderna, 1999).
• Dino Campana sperso per il mondo. Autografi sparsi 1906-1918, a cura di
Gabriel Cacho Millet, Firenze, Olschki, 2000.
• Sibilla Aleramo - Dino Campana, Un viaggio chiamato amore. Lettere
1916-1918, a cura di Bruna Conti, Milano, Feltrinelli, 2000.
• Letteratura come vita. Libri d'artista e di poesie dalla collezione Manzitti,
catalogo della mostra a cura di Beppe Manzitti, Genova, Edizioni S. Marco
dei Giustiniani, 2001.
• Isabelle Renard, “Il Grenoble”. Il primo istituto francese al mondo,
“Antologia Vieusseux”, nuova serie, VIII, 22, gennaio-aprile 2002, pp. 35-
73.
• Documentazione campaniana. Catalogo degli scritti (1912-2002), a cura di
Franco Scalini, con appendice di contributi di Pedro Luis de Guevara
Mellado e Rodolfo Ridolfi, Marradi, Edizioni Centro Studi Campaniani
“E.Consolini”, 2003.
• Dino Campana, Canti Orfici e altre poesie, a cura di Renato Martinoni,
Torino, Einaudi, 2003.
• René de Ceccaty, Sibilla Aleramo, Paris, Editions de Rocher, 2004, pp. 223-
225 (prima edizione 1992).