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CAPITOLO 1
Clinico (definizione del termine): ogni intervento di aiuto rivolto a un singolo oggetto o a una
singola organizzazione.
WITMER – fondatore della psicologia clinica, costituisce la prima clinica psicologica. Presenta la
psicologia clinica come disciplina che consente l'istituzione di un servizio ambulatoriale pubblico e
sociale che può anche fare ricerca e fare formazione per gli operatori di aiuto. Ha creato anche la
prima rivista specifica di Psicologia Clinica.
Psicologia clinica: pratiche psicologiche volte alla consulenza, diagnosi, terapia e trattamento
dell'organizzazione psicologica individuale e di gruppo nei suoi aspetti problematici di sofferenza e
disadattamento e dei suoi riflessi interpersonali, sociali e psicosomatici.
CAPITOLO 2
Epistemologia: studio della conoscenza e delle condizioni di validità del sapere scientifico.
Riflessione critica intorno ai principi e ai metodi della conoscenza scientifica.
Psicopatologia: studio sistematico delle esperienze, delle cognizioni e dei comportamenti abnormi
(comportamenti di una mente alterata). Studia il funzionamento anormale dall’attività psichica
nella prospettiva dello sviluppo e di individuare le cause specifiche (NON quelle organiche).
Psicopatologia evolutiva: ponte tra le teorie generali dello sviluppo e i dati empirici sulla normalità
e i disturbi psichici. Indaga sui fattori di rischio e quelli protettivi e sulla vulnerabilità per
comprendere le differenze individuali nell’adattamento.
Cinque condizioni di salute e di patologia mentale (spesso reversibili) che chiunque può incontrare
nel corso della propria vita:
– Condizione di benessere psichico: buon livello di soddisfazione dei bisogni, equilibrio,
serenità, accettazione del proprio stato individuale e sociale. È l'obiettivo verso cui ogni
persona tende costantemente.
– Condizione di disagio psichico: stato di sofferenza e di incomodo, connesso a difficoltà di
varia natura che si presentano senza che si instauri nessun sintomo specifico ma tale da
pregiudicare la serenità interiore e la resa sociale.
– Condizione di malessere psichico: maggiore intensità del disagio, tale che il soggetto
manifesta la consapevolezza di non stare bene, anche attraverso sensazioni cenestetiche
(cenestesi: complesso delle impressioni fisiche in generale sia interne che esterne).
– Condizione di disturbo psichico: l'intensità della sofferenza è talmente elevata che il
soggetto non trova una risoluzione alla situazione di malessere. È accompagnata da sintomi
clinici o alterazioni del comportamento e possono insorgere anche specifiche manifestazioni
psicopatologiche.
– Condizioni di malattia mentale cronica: quando perdurano nel tempo non solo le
alterazioni mentali o del comportamento, ma anche le situazioni che le hanno determinate.
Spesso la stabilizzazione del disturbo è collegata all'assenza o all'inadeguatezza delle cure.
Modello olistico bio-psico-sociale: i disturbi non originano da cause univoche e certe, ma sono
indotti dal concorso di più elementi in particolari momenti dell'esistenza.
Fattori che concorrono:
– biologici: condizioni organiche, comprese quelle acquisite per via ereditaria;
– psicologici: personalità nel suo insieme, biografia del singolo individuo, il modo in cui egli
elabora ed assimila le esperienze, le modalità che caratterizzano le sue relazioni con gli altri;
– sociali: condizioni che determinano il ruolo sociale dell'individuo;
– ecologici: modi in cui le persone vivono gli spazi a loro disposizione (spazi fisico, culturale
e di relazione);
– sanitari: possibilità del soggetto di usufruire di servizi efficaci di informazione,
prevenzione, assistenza e cura;
– protettivi: capacità individuali, possibilità di avere rapporti significativi con almeno una
persona di riferimento, possibilità di poter fare assegnamento su una rete sociale di aiuto.
Sono fattori che ci forniscono possibili risorse e strategie per munirci degli opportuni fattori
difensivi;
– di rischio: momenti critici del ciclo vitale, eventi stressanti particolari, condizioni che
determinano fonti stabili di disagio. Sono fattori che variano molto da persona a persona.
Si è preferito il termine “salute mentale” a “igiene mentale” perché esprime l'allargamento del
campo di applicazione psicologico-clinico non solo alla relazione di aiuto ma anche a quella
terapeutica.
ESISTENZA VS SOPRAVVIVENZA
L'esperienza di “esistenza” si contrappone a quella di “sopravvivenza”. Le persone che basano la
propria vita sulla sopravvivenza anziché sull'esistenza vivranno profonde crisi conflittuali poiché
vivranno ogni minaccia di rottura, caducità, ogni cambiamento e perdita come un'esperienza di
catastrofe.
La psicologia clinica ha un'ambiguità strutturale dovuta al fatto stesso di essere una scienza che si
occupa del bene degli individui, come la medicina.
La psicologia clinica possiede comunque tutti i postulati di base che ne garantiscono un'identità
scientifica:
– determinismo
– empirismo
– costruzione e integrazione teorica
– approccio dinamico
– dimensione pubblica
– evoluzione paradigmatica
Circolo ermeneutico: movimento che vede l'interpretazione come un processo che continuamente
dal tutto alle parti e viceversa.
Fare diagnosi non significa classificare il disagio, ma serve a conoscere meglio il disagio in modo
da poter intervenire, oltre che a comprenderli e a distinguerli.
La psicologia clinica è centrata sulla componente educativo-sociale, cioè sul principio di fornire un
servizio, e sull'individuo, considerando perciò la persona come un fine e non come un mezzo e
avendo l'obiettivo di fornire risultati terapeutici di uguale qualità anche in caso di diseguaglianze
economico-sociali.
CAPITOLO 6 – psicologia clinica come galassia, sistema complesso che va evolvendosi
Le teorie cosmologiche affermano che le galassie sono il frutto di un processo evolutivo e che
variano nel tempo. Gli spazi intergalattici sono perennemente in grande attività e quindi le galassie
già esistenti sono in costante interazione con il mezzo che le circonda e ciò le farà cambiare
costantemente.
La psicologia è quindi un universo e ogni suo settore scientifico-disciplinare è come una specifica
galassia, un peculiare insieme di stelle.
COSTELLAZIONI:
– Costellazione psicodinamica: la più complessa, rappresentata dalla psicoanalisi di Freud e
dalle scuole di psicologia del profondo di Adler e Jung.
– Costellazione umanistica-esperienziale: Gestalt, Rogers, psicoterapie espressive, analisi
transazionale, modello esistenziale, modello della dasein-analyse.
– Costellazione biologico-funzionale: modello ipnotico-sofrologico, programmazione
neurolinguistica, tecniche immaginative-suggestive-meditative e centrate sul corpo.
– Costellazione comportamentista: modello classico comportamentista, apprendimento
osservativo, tecniche di bio-feedback, orientamento neuro-psico-fisiologico.
– Costellazione cognitivista: modello neocomportamentistico-cognitivistico, terapia
razionale-emotiva, modello costruttivista, terapia cognitiva di Beck.
– Costellazione sistematico-relazionale: modello sistemico-relazionale e terapie familiari.
NEBULOSA
Alessandro Salvini dice che la molteplicità delle provenienze e identificazioni, invece di potenziare
l'aspetto multidisciplinare del settore, lo frammenta assoggettando i suoi interessi a quelli delle altre
discipline, confondendo tradizioni, conoscenze metodiche e operative che non sempre sono propri
della psicologia clinica. Egli chiarisce quindi i principali elementi nebulosi propri della psicologia
clinica:
– Definizione: la psicologia clinica ha una pluralità di conoscenze autonome ma
complementari i cui obiettivi sono conoscenza, spiegazione, interpretazione e
riorganizzazione dei processi mentali disfunzionali o patologici individuali ed interpersonali,
insieme ai loro correlati comportamentali e psicobiologici.
– Ambiti di pertinenza: intervento e formazione in psicopatologia, psicosessuologia,
psicoterapia, riabilitazione, psicologia della salute, neuropsicologia clinica, psicosomatica e
psicofisiologia clinica.
– Obiettivi: ricerca e intervento per la valutazione, il trattamento e la cura di stati mentali e di
sistemi funzionali patologici, oltre al miglioramento delle condizioni biologiche e
comportamentali dipendenti da variabili psicologiche soggettive, situazionali e sistematiche.
– Criteri scientifici: è una disciplina che mira al controllo e alla falsificazione dei propri
asserti mediante criteri propri sia delle scienze della natura che delle scienze della cultura.
– Metodi: protocolli operativi legittimati dalle diverse tradizioni di studio, ricerca e
applicazione clinica.
– Autonomia e settori disciplinari limitrofi: contiguità con alcuni settori della medicina e
delle discipline storiche e filosofiche attinenti al comportamento umano.
BUCHI NERI
Possibili espressioni fenomeniche della relatività, della caducità e della finitezza del potere della
scienza nella lotta tra umano e natura.
CAPITOLO 9
ALLEANZE D'AIUTO
È il fattore più importante per determinare la qualità dell'incontro interpersonale. Gli autori di
spicco sono:
• Adler: partecipazione emotiva-affettiva come fondamento del rapporto psicoterapeutico.
• Rogers: l'agente terapeutico si focalizza sulla comprensione empatica, rapporto fondato su
fiducia, accettazione, genuinità.
• LUBORSKY: identifica due tipi di alleanza:
– basata sulla consapevolezza che entrambi sono impegnati in un lavoro collettivo,
condividono la responsabilità degli obiettivi del trattamento e sono uniti dal sentimento
dell'essere insieme;
– il soggetto riceve l'aiuto in modo passivo e il clinico cerca di promuovere una relazione
affettuosa, incoraggiante e accurata.
Luborsky sottolinea l'importanza dell'uso del “noi”, termine che facilita nel paziente la presa di
consapevolezza del suo ruolo attivo nel processo di cambiamento e che nel frattempo rimanda l'idea
di avere un alleato in questo compito.
Secondo Luborsky, i fattori curativi centrali sono:
– comprensione di sé
– alleanza d'aiuto
– capacità di interiorizzare
Capacità relazionali: saper entrare in contatto, comprendere le richieste, i bisogni e i vari punti di
vista; saper gestire la complessità interpersonale nell'incontro con l'altro; offrire accoglimento e
disponibilità a ricevere e contenere. Non curare, ma prendersi cura; non far cambiare a tutti i costi,
ma affiancare l'interlocutore nel suo lavoro interiore di riflessione; non agire, ma aiutare a pensare;
sentire piuttosto che capire razionalmente; saper aspettare e tenere viva la curiosità, saper dare
speranza e spinta verso le risorse, dare spazio all'interlocutore per poter entrare in contatto con la
sua sofferenza.
Comunicazione: gioco sociale intrinseco nella natura dell'uomo. Il suo sviluppo è un requisito
fondamentale per l'acquisizione di abilità percettive, cognitive e sociali essenziali alla
sopravvivenza. Comunicare significa trasferire dei significati o degli impulsi da una persona a
un'altra o più persone, è uno scambio di informazioni dove il messaggio viene interpretato dal
ricevente. Si distinguono due livelli:
– denotativo, cioè esplicito, letterale
– metacomunicativo, cioè insieme delle info veicolate in modo indiretto (metamessaggio)
La comunicazione ha 5 funzioni fondamentali:
– referenziale: scambio di info tra interlocutori su un oggetto o un referente;
– espressiva o interpersonale: consente di esprimere il modo in cui ci si sente e può essere
spontanea e autentica oppure costruita per ottenere un fine voluto;
– sociale: perché gli esseri umani tendono a cercare il contatto con gli altri;
– relativa al controllo: modalità espressive dirette o indirette per regolare il comportamento
altrui;
– regolativa: concerne le regole che sottostanno a ogni comunicazione.
LINGUAGGIO NON VERBALE
• Segnali prosodici: caratterizzati dall'accentuazione e dall'intonazione della voce.
• Segnali di sostegno alla conversazione: possono essere vocali (rumori) e non vocali (gesti).
• Tratti paralinguistici: tono, volume, durata dell'emissione vocale, toni di espressione attraverso
gesti non vocali.
• Tratti indicali: forniscono info sulle caratteristiche personali.
• Tratti interpersonali: volume della voce, sbadigliar, allontanarsi con il corpo, diminuire le
interazioni occhio a occhi.
• Tratti dello sguardo emozionale: tono e velocità nel parlare, espressione del volto, postura,
sguardi.
• Tratti di personalità: timbro della voce, stile dei gesti.
CONVERSAZIONALISMO
Distingue tra comunicazione e conversazione: per conversare abbiamo bisogno della grammatica,
per comunicare della logica.
Il modello conversazionale assume che le persone hanno il bisogno di essere in grado di parlare die
propri sentimenti. Attraverso la conversazione si può agire sul mondo emotivo-affettivo.
CAPITOLO 11 – risorse ed orientamenti per l'assessment clinico
Processo diagnostico: iter percorso dal paziente per rilevare e circoscrivere l'ampiezza e l'entità dei
disturbi e attribuire loro un significato, oltre a individuare le possibili strategie per ridurre,
modificare o eliminare la causa della sofferenza.
Psicodiagnostica: disciplina che mira a tracciare un quadro complessivo della personalità del
soggetto esaminato per individuarne i vari aspetti normali e patologici. Utilizza vari tipi di test,
interviste e colloqui clinici fondati sulla comunicazione verbale o sul rapporto interpersonale. I
risultati dei test sono di per sé importanti ma è fondamentale seguire anche l'evoluzione del paziente
all'interno del setting per poter completare il quadro clinico.
Colloquio clinico: indaga in tre ambiti: familiare, fisico e psicologico. Serve a comprendere le
principali caratteristiche dell'Io del paziente e la qualità delle sue relazioni interpersonali.
PSICOMETRIA
Branca della psicologia che, applicando il modello medico-naturalistico e avvalendosi di test, scale
di valutazione e questionari che consentono una misurazione obiettiva e standardizzata, traduce
in termini numerici e quantitativi gli aspetti dell'attività psichica e/o della personalità normale o
patologica (altrimenti oggetto di valutazione soggettiva e descrittiva).
Il numero non indica una quantità in senso matematico, ma rappresenta un indicatore di posizione
o di riferimento.
• TEST DI PERSONALITÀ: per indagare la personalità nella sua totalità o in qualche sua
dimensione specifica.
– test proiettivi: il soggetto deve rispondere nel modo più libero possibile alla presentazione
di uno stimolo ambiguo. Sono test che stimolano la produzione immaginativa, rivelando le
tendenze inconsce dell'individuo. Le caratteristiche principali di questi test sono: ambigutià,
molteplicità e interpretazione. Esempio sono il test di Rorschach e il TAT (adulti) e il
CAT (bambini), che consistono in raffigurazioni non ben definite.
– questionari di personalità: per indagare aspetti del temperamento, stili di pensiero,
modalità di adattamento e manifestazioni psicopatologiche. Esempi sono il TCI e il MMPI
(Inventario Mutlifasico della Personalità Minnesota) che riguardano atteggiamenti,
emozioni, alterazioni psicosomatiche, disturbi motori, sentimenti e comportamenti.
– scale cliniche & interviste psichiatriche: valutazione di specifici disturbi quali ansia,
depressione, stress, rabbia e aggressività, disordini alimentari, ipocondria e paranoia.
SCID (intervista clinica strutturata per il DSM): questionario/intervista semistrutturata per
ottenere screening rapidi ed ampio spettro.
ASSESSMENT: valutazione iniziale che lo psicologo clinico esegue al momento della presa in
carico di un paziente. Serve per raccogliere dati tramite misurazioni e ipotesi e consente di:
– ricostruire i processi sottostanti ai problemi
– condividere gli obiettivi col paziente
– identificare le modalità di intervento più appropriate
– decidere circa le opportunità e la presa in carico
Riveste particolare importanza il profilo psicofisiologico che viene costruito attraverso alcune
stimolazioni, quali:
1. stress mentale
2. cold pressure test
3. specifiche prove di attenzione e di concentrazione
4. Reattivo delle Frasi da Completare di Sacks
5. stimoli immaginativi
6. stimoli filmici.
CAPITOLO 13
PERSONALITÀ
MILON – la personalità è il risultato delle modalità comportamentali che si sviluppano durante i
primi sei anni di vita ed è un modello complesso di caratteristiche psicologiche profondamente
collegate, spesso inconsce e difficilmente modificabili, che si manifestano autonomamente in quasi
tutti gli aspetti del funzionamento individuale.
DSM – i tratti della personalità sono modi costanti di percepire, rapportarsi e pensare nei confronti
dell'ambiente e di sé stessi e si manifestano in moltissimi contesti sociali e personali.
Disturbi di personalità: comprende una vasta gamma di patologie, ma in tutte l'elemento centrale è
di costituirsi come modalità rigida e non adattativa di rapportarsi con gli altri e con gli eventi
esistenziali. Il comportamento e l'espressione sociale del soggetto sono anormali. I disturbi della
personalità sono deviazioni durature dello stile psicologico e sociale di un individuo che rendono
disarmonici, sofferti e disturbanti i rapporti interpersonali, avvicinandosi alla psicosi ma senza
sviluppare appieno il distacco dalla realtà e dalla logica comune.
La personalità è ritenuta patologica quando presenta almeno queste tre condizioni di devianza:
– devianza statica: differenza con la popolazione di riferimento
– devianza funzionale: alterazione del funzionamento sociale dell'individuo
– devianza clinica: le due devianze precedenti portano sofferenza al soggetto e alle persone a
lui vicine
Il DSM poi classifica i vari disturbi di personalità in tre raggruppamenti detti cluster:
• CLUSTER A: individui che appaiono bizzarri, strani, eccentrici.
– disturbo paranoide
– disturbo schizoide
– disturbo schizotipico
• CLUSTER B: individui che appaiono melodrammatici, emotivi, imprevedibili, contraddistinti da
un'alterazione affettiva e/o dal controllo degli impulsi.
– disturbo antisociale
– disturbo borderline
– disturbo istrionico
– disturbo narcisistico di personalità
• CLUSTER C: individui che appaiono preoccupati, paurosi, dipendenti, ansiosi, con problemi di
controllo emotivo.
– disturbo evitante
– disturbo dipendente
– disturbo ossessivo-compulsivo di personalità
MECCANISMI DI DIFESA: processi psichici seguita da una risposta comportamentale che ogni
individuo mette in atto più o meno automaticamente quando affronta situazioni particolarmente
stressanti o quando deve mediare conflitti tra impulsi, desideri, affetti da un lato e proibizioni
interne e/o condizioni della realtà esterna dall'altro. I meccanismi di difesa intervengono sia nelle
condizioni di malattia che nei rapporti medico-paziente, insegnante-allievo, psicologo clinico-
utente, e simili. I meccanismi di difesa che intervengono in questi rapporti sono:
– Acting out: il soggetto agisce senza riflettere e senza tener conto delle possibili
conseguenze negative.
– Aggressività passiva: il soggetto esprime la sua aggressività verso gli altri in modo
indiretto e non dichiarato, manifestando ostilità e rancore in modo passivo.
– Ipocondriasi: il soggetto apparentemente chiede aiuto e si lamenta, ma rifiuta suggerimenti
e consigli ed esprime sentimenti nascosti di rabbia e ostilità.
– Scissione: il soggetto considera sé stesso e/o gli altri come completamente buoni o
completamente cattivi.
– Formazione reattiva: il soggetto sostituisci i propri pensieri, sentimenti e comportamenti
con altri diametralmente opposti.
– Negazione: il soggetto rifiuta di riconoscere aspetti evidenti della realtà esterna che sono
evidenti per gli altri.
– Rimozione: il soggetto affronta conflitti emotivi e fonti di stress interne o esterne attraverso
il non essere in grado di ricordare o il non essere cognitivamente consapevole di desideri,
pensieri o esperienze turbanti.
– Spostamento: l'individuo generalizza o indirizza su un soggetto meno minaccioso un
sentimento in realtà rivolto a un altro soggetto.
– Repressione: il soggetto evita volutamente e temporaneamente di pensare a problemi,
desideri, sentimenti o esperienze turbanti rimandando al momento giusto per affrontarli.
– Sublimazione: il soggetto affronta i conflitti incanalando sentimenti o impulsi
potenzialmente disadattivi verso comportamenti socialmente accettabili.
– Altruismo: il soggetto si occupa dei bisogni degli altri per soddisfare in parte i propri.
– Affiliazione: il soggetto affronta conflitti e stress rivolgendosi ad altri per aiuto o sostegno,
confidando così di sentirsi meno solo.
– Proiezione: il soggetto attribuisce ad altri i propri sentimenti, impulsi o pensieri non
riconosciuti.
– Identificazione: opposto alla proiezione, il soggetto tenta di assumere le caratteristiche
proprie di un altro individuo.
– Razionalizzazione: il soggetto escogita spiegazioni rassicuranti, anche se inesatte, per il
proprio comportamento o quello altrui.
– Intellettualizzazione: il soggetto utilizza eccessivamente il pensiero astratto per poter
evitare di provare sentimenti che lo disturbano.
– Regressione: di fronte a situazioni conflittuali, il soggetto ricorre a un comportamento
inadeguato alla propria età.
– Umorismo: il soggetto enfatizza gli aspetti divertenti o ironici del conflitto o della fonte di
stress.
CAPITOLO 14 – psicosomatica e disturbi somatoformi
Si dice psicosomatica una malattia somatica nella cui patogenesi è stata dimostrata una
significativa presenza di fattori mentali quali esperienze emozionali stressanti, fattori di personalità
e conflitti psicologici.
L'APA definisce psicosomatico tutto ciò che fa riferimento a una costante e inseparabile interazione
della psiche e del corpo.
Groos suggeriva che l'uomo è influenzato da forze fisiologiche di cui è inconsapevole. Ma che
determinano le sue reazioni. Se queste forze sono bloccate e non trovano uno sbocco, ne risulta una
malattia mentale.
BALINT: considera l'uomo malato nella sua totalità invece che una malattia isolata dal suo contesto
psicologico e sociale. Sottolinea le modalità di comunicazione e il rapporto che si stabilisce tra
medico e paziente sia a livello conscio che inconscio.
Gruppi Balint: lo scopo del lavoro di gruppo è aiutare il medico nella cura dei pazienti in cui la
conflittualità intrapsichica condiziona l'evoluzione della malattia somatica. Il materiale più usato è il
controtransfert del medico e il modo in cui utilizza la propria personalità e le proprie competenze
scientifiche.
I disturbi somatoformi sono inclusi dalla terza edizione del DSM in poi e sono così definiti:
disturbi con sintomatologia somatica in cui non sono riconoscibili lesioni anatomiche o alterazioni
fisiopatologiche di sufficiente gravità da giustificare la severità dei sintomi o la compromissione
funzionale che ne deriva.
TRAUMA E PERDONO – MUCCI
Distinzione tra traumi dovuti a mano umana e traumi dovuti a catastrofi naturali perché il trauma
dovuto a mano umana rompe la “diade empatica”, si rompe la fiducia tra esseri umani.
Liotti: ogni relazione umana è una potenziale relazione di attaccamento (non solo quella con i
genitori).
Le catastrofi naturali possono causare PTSD, ma non disturbi di personalità (dissociazione), che
invece sono tipici della traumatizzazione primaria insieme all'iperarousal.
Schore – modello clinico integrato: gli attaccamenti traumatici che si formano in un periodo
critico per l'organizzazione del cervello, creeranno una vulnerabilità durevole della disfunzione e, in
periodi di stress, una predisposizione al PTSD.
• Nei primati e nei ratti soggetti ad abuso e deprivazione, i maschi adulti diventano iperaggressivi,
mentre le femmine sono incapaci di proteggere sé stesse e i cuccioli, a volte anche facendo loro
male.
Schore – regolazione affettiva: l'ambiente sociale influenza tutte le funzioni adattive successive e
l'affetto è più importante della cognizione per lo sviluppo della personalità e del sé. Le forze
inconsce che guidano emozione, cognizione e comportamento hanno un'importanza critica. La
sintonizzazione psicobiologica e lo stress relazionale influiscono positivamente o negativamente
sulla maturazione. La sintonizzazione tramite cui la madre riconosce gli affetti del bambino
permette al bambino di riconoscere il suo Sé e capire i propri bisogni, passando così da una
regolazione esterna degli affetti a una regolazione interna (il borderline non lo sa fare).
Mancia – inconscio non rimosso e memoria implicita: a differenza della rimozione di Freud che
avviene negli adulti, un trauma che avviene in un bambino molto piccolo (prima che ci sia la parola
e che le aree della memoria siano mature) viene immagazzinato nella memoria implicita, nel
cervello e nel corpo e non è richiamabile verbalmente. Quindi il trauma non è immediatamente
presente per il paziente e può essere recuperato solo se ci sono condizioni di fiducia, sicurezza
e comunicazione autentica tra paziente e terapeuta. Sono importantissimi gli elementi non verbali
della comunicazione nel rapporto paziente-terapeuta.
Trauma fantasmatico: da Freud in poi per molto tempo (a parte Ferenczi) ci si è concentrati solo
sulla componente intrapsichica del trauma, senza preoccuparsi abbastanza dell'evento reale. Al
giorno d'oggi invece ci si concentra anche sul trauma reale.
Freud chiamava l'abuso “seduzione” e credeva che i sintomi isterici non fossero espressione del
trauma subito, bensì del conflitto tra desideri inconsci e difese dell'io.
Ferenczi – terapia attiva: con pazienti molto gravi (borderline) è necessario essere molto presenti
e coinvolti non solo con la mente ma anche con il corpo e l'intuito, con gli elementi preverbali e non
solo con quelli intellettuali. La terapia non deve essere solo interpretazione ma anche esperienza
della relazione, per cui è importantissimo anche il transfert-controtransfert.
• Nel trauma (abuso) la vittima prende dentro di sé anche le emozioni dissociate dell'aggressore, il
suo senso di colpa scisso e la sua aggressività.
• Ritraumatizzazione: è ancora più grave perché quando il bambino si confida e non viene creduto
perde totalmente la fiducia nell'adulto e l'unico modo per sopravvivere è distorcere la realtà.
FERENCZI
– Crede alla realtà delle vittime (opposto alla visione fantasmatica del trauma).
– Spesso l'ambiente ostile che circonda il bambino fa sì che alla fine egli stesso distorca la
realtà e creda che l'evento non sia accaduto davvero. Spesso questo accade anche perché i
caregiver stessi dissociano o negano (meccanismo di difesa).
– Il bambino spesso sente di dover mantenere il silenzio per una sorta di fedeltà all'abusante.
– Il bambino piuttosto che considerare cattivo l'ambiente, considera cattivo sé stesso.
– Il bambino, negando lui stesso l'accaduto, perde il contatto con il proprio corpo e si
identifica con l'aggressore (sé alieno), interiorizzando la sua aggressività e il so senso di
colpa dissociato (se è il caregiver ad abusare).
– L'aggressività interiorizzata può essere rivolta verso gli altri o verso sé stessi (molto
evidente nei borderline che si tagliano, hanno un rapporto complesso col cibo e tentano il
suicidio).
– Ferenczi parla sempre solo di dissociazione (processo automatico che si innesca anche in un
bambino molto piccolo, allontana dalla coscienza parti di storie o sensazioni non contenibili
dentro il Sé, come isole scisse), mai di rimozione (riguarda una struttura più matura, quella
di un soggetto adulto e implica la capacità di simbolizzazione).
• Terzo termine: madre che non vede, o nega, o sta zitta, perché non può accettare. Comporta una
seconda traumatizzazione che può essere quasi più grave degli eventi violenti stessi perché annulla
la fiducia nell'altro e nel mondo degli adulti.
ENACTMENT (Bromberg e Schore): evento diadico in cui terapeuta e paziente vengono legati
tra loro attraverso un modo dissociato di relazionarsi. È un fenomeno intrapsichico recitato però sul
piano interpersonale. È un'azione in seduta non prevista che può derivare da un errore dell'una o
l'altra parte, ma che implica sempre una comunicazione inconscia tra le due menti. Le due menti
“inscenano” dentro la terapia, in quel setting, in quella seduta, qualcosa che rimanda ai propri
vissuti entro la cornice del transfert-controtransfert.
L'emisfero destro è fondamentale nell'enactment in quanto sede dell'inconscio, attraverso cui le due
menti dialogano.
Gli enactment sono la ripetizione dei nostri modelli interni profondi (impliciti, inconsci nel senso di
memoria implicita) e indicano la comunicazione attiva tra terapeuta e paziente.
L'enactment avviene anche tra genitori e figli.
• Dietro un paziente, specie se borderline, c'è sempre prima di tutto un trauma relazionale dovuto
alla mancata sintonizzazione con la madre, più che un trauma vero e proprio come un
maltrattamento, un abuso, ecc.
COGNITIVISTI:
– è impossibile dimenticare il trauma
– è possibile formare falsi ricordi in laboratorio
MEMORIA
Tulvin & Thomson – principio della specificità della codifica: se manca il codice di accesso, le
informazioni non sono disponibili. È il motivo per cui è quasi impossibile ricordare le info
immagazzinate prima dei due anni.
• Gli eventi stressanti rendono il ricordo più acuto fino a una certa soglia, oltre la quale si ha invece
un effetto contrario e non si ricorda (a causa di un danno all'ippocampo dovuto agli ormoni dello
stress attivati dall'amigdala: l'ippocampo può essere più piccolo persino nella seconda generazione).
Van der Kolk – ripetizione traumatica: chi è stato trascurato o abusato da bambino può aver
bisogno di una stimolazione esterna del sistema degli oppioidi endogeni molto più alta per calmarsi
rispetto a chi ha ricevuto cure migliori e si calma più facilmente. Quindi questi soggetti
neutralizzano il proprio iperarousal attraverso una serie di comportamenti di dipendenza, inclusa
anche la riesposizione a situazioni traumatiche (anche i tagli).
La cura passa attraverso la parola perché dare un'etichetta linguistica a un'emozione fa sì che
l'amigdala venga calmata. Non bisogna arrivare a parlare del trauma troppo presto e soprattutto non
vanno mai fatte troppe domande, intrusioni o curiosità altrimenti si ha una seconda
traumatizzazione: deve essere il paziente a guidarci.
Per riparare il trauma durante la terapia c'è bisogno anzitutto di un terapeuta sensibile e
totalmente sintonizzato. Le memorie traumatiche dissociate devono esser rintracciate ed elaborate e
bisogna poi sostituire le esperienze negative impresse nei MOI (schemi rappresentativi di sé e
dell'altro) con esperienze diverse da quelle che ci hanno segnato.•
TERAPIA:
– Ricostruzione del trauma nei dettagli: serve, oltre che per la restituzione della verità
storica, a creare un rapporto di sicurezza e recuperata fiducia nell'altro, relazione essenziale
per poter accedere alla memoria implicita.
– La ricostruzione delle caratteristiche fondamentali del trauma e dell'evento reale sono
fondamentali non solo per la vittima ma anche per le generazioni successive in quanto ciò
che viene dissociato dalla coscienza viene recepito dai figli e passato alla generazione
successiva, anche se il paziente non è cosciente di queste cose dissociate.
– ATTACCAMENTO: l'attaccamento è il momento in cui nel genitore si riattiva il proprio
sistema di attaccamento rispetto al proprio genitore, per cui i traumi relazionali non
metabolizzati possono essere passati al figlio.
– Contatto con le emozioni: il paziente si riconfronta con le emozioni negate o dissociate e
può metterci tutto il tempo di cui ha bisogno. È fondamentale che dia un nome alle emozioni
perché spesso queste sono legate anche al corpo e si disattivano grazie alla semplice
etichettatura linguistica.
– La RABBIA è importantissima perché la vittima deve usare tutte le sue energie vitali per
combattere il persecutore. A un certo punto però bisogna andare oltre la rabbia, perché
rimanere legati a essa significa continuare a rimanere legati al persecutore e alla rabbia che
ha messo dentro di noi, vuol dire essere in realtà rimasti al ruolo della vittima. Superata la
rabbia, bisogna fare un lutto per ciò che non c'è stato (una certa infanzia, un certo tipo di
genitore, l'amore) e questa è una fase risolutiva e riparativa che genera la possibilità di un
nuovo cammino, libero, diverso da quello che era per la vittima.
Laub – generazioni traumatiche: i traumi si trasmettono tra le generazioni per via inconscia,
anche tramite il silenzio, ovvero con il passaggio delle parti dissociate da genitore a figlio.
Kogan: il figlio può inconsapevolmente ripetere questioni connesse al trauma dei genitori . Se il
genitore è emotivamente inaccessibile, alessitimico, il figlio impara a rispondere ai bisogni del
genitore, non ai propri. Il figlio può identificarsi con una figura morta della vita del genitore (spesso
ne porta anche il nome), caricandosi un passato che non è il proprio e ricevendo le identificazioni
inconsce dei genitori.
Connectedness: l'importanza dei legami umani e del senso di appartenenza a una comunità di
essere sensibili legati da valori comuni per i quali ci si impegna.
PERDONO: fase che viene dopo la rabbia e dopo il lutto per quello che non c'è stato. Il perdono è
un atto simbolico intrapsichico che si rivolge a parti del Sé (infatti il persecutore è internalizzato).
Perdonare significa recuperare quelle parti di noi su cui pesava la distruttività che avevamo
incamerato. Ora il persecutore passa sullo sfondo e non ha più alcuna presa su di me, e adesso lo
vedo nella sua forma umana di miseria e disperazione.
Il perdono non può risultare da un atto di volontà, come fanno i cognitivisti che lo costruiscono a
tavolino. Il perdono è invece un atto gratuito segno della nostra resilienza ed è la conseguenza di un
profondo lavoro sulla propria vita.
Il perdono non è un fatto sentimentale, ma è una perdita (dar via qualcosa) che libera la vittima.
Testimoniare il trauma, poi, crea la possibilità del recupero del legame empatico con gli altri, anche
con quelli che erano nostri nemici.
Perdono inteso come assenza di rancore e di desiderio di vendetta.
“Resilienza anche come speranza per il futuro che genera però capacità di resistenza e adattamento positivo e reazione
costruttiva nell’immediato, nel presente. E’ fondamentale avere una visone del futuro. Se non c’è bisogna costruirla,
non come una vano sperare non realistico ma come quotidiana costruzione e flessibilità nello sforzo di raggiungere
obiettivi condivisibili e positivi per la società (empatia solidarietà capacità di lavorare per uno scopo insieme agli altri,
capacità di acquisire la considerazione del punto di vista dell’altro).”
• Il terapeuta deve essere sì neutrale, ma non moralmente: il terapeuta deve essere pronto a
schierarsi e a difendere il paziente.