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Corso di Laurea in Matematica

DIPARTIMENTO DI MATEMATICA E INFORMATICA

Funzione di Hilbert
di insieme di punti in P2

Relatore
Prof. Philippe Ellia

Laureando
Marco Bozza

Anno Accademico 2020/2021


Dedicata a te, a cui una volta ho detto che non avrei mai studiato.
A te, che con le mani ripetevi le note di Giovanni Allevi,
a te, che cantavi "Born in U.S.A." quasi a squarciagola.
A te, che una volta mi chiedesti di contarti le scale...

"Considerate la vostra semenza:


Fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza."

Versi 118-120, Canto XXVI dell’Inferno, Divina Commedia


Indice

1 Sistemi linari per curve piane 1

2 Funzione di Hilbert 5
2.1 La funzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2.2 Proprietà della funzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

3 Le funzioni di Hilbert fino a 6 punti 15

4 La funzione di Hilbert nel caso generale 19


4.1 Spazi topologici irriducibili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
4.2 Rango massimo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

Bibliografia 23

v
Capitolo 1

Sistemi linari per curve piane

Sia k un campo algebricamente chiuso di caratteristica zero e siano S := k[x0 , x1 , x2 ]


e Sn := k[x0 , x1 , x2 ]n lo spazio vettoriale dei polinomi omogenei di grado n nelle tre
variabili x0 , x1 , x2 .
Definizione 1.1 (Sistema lineare di curve). Un sistema lineare, δ, di curve di grado
n è un sotto spazio lineare di P(Sn ), la sua dimensione è la dimensione come spazio
lineare proiettivo. Dati, inoltre, r punti distinti di P2 indichiamo con δn (p1 , . . . , pr )
l’insieme delle curve di grado n che passano per i punti p1 , . . . , pr . Si può facilmente
verificare che si tratta effettivamente di un sistema lineare.

Ci si può chiedere quale sia la dimensione di tale sistema in funzione dei punti pi .
Come prima cosaTsi possono dare delle stime, infatti possiamo osservare che:
δn (p1 , . . . , pr ) = ri=1 δn (pi ) e si ha che ogni δn (pi ) è un iperpiano, infatti se consi-
deriamo la funzione:

ϕp : Sn −→ k
Q 7→ Q(p)

è una forma lineare, per il teorema delle dimensioni si ha:


dimk (ker(ϕp )) = dimk (Sn )−1. Facendo i proiettivi dei rispettivi spazi, e osservando
che il nucleo dell’applicazione ϕp non cambia se si prende un qualsiasi punto λp, si
ottiene P(ker(ϕp )) = δn (p) e quindi dim(δn (p)) = dim(P(Sn )) − 1. Adesso, grazie
alla formula di Grassman si può osservare che intersecando degli iperpiani al più la
dimensione decresce di uno, ottenendo quindi la disuguaglianza:

dim(δn (p1 , . . . , pr )) ≥ dim(Sn ) − 1 − r

Notazione 1.1. D’ora in avanti si userà la notazione Nn := dim(P(Sn )).


Ha senso quindi chiedersi quali siano le condizioni dei punti affinchè intersecando
gli iperpiani δn (pi ) la dimensione del sistema lineare sia la più piccola possibile.
Formalizzando questo concetto:

1
2 1. SISTEMI LINARI PER CURVE PIANE

Definizione 1.2 (Condizioni indipendenti). I punti p1 , . . . , pd impongono condizioni


indipendenti alle curve di grado n se dim(δn (p1 , . . . , pd )) = max{Nn − d, −1} (con
la convenzione che dim(∅) = −1)

Un primo risultato importante è il criterio di separazione; esso chiarisce il significato


geometrico di avere dei punti che impongono condizioni indipendenti alle curve di
grado fissato:
Teorema 1.1 (Criterio di separazione). Siano n ≥ 1 , d ≤ Nn + 1 interi. Un
insieme X = {p1 , . . . , pd } di punti in P2 dà delle condizioni indipendenti alle curve
di grado n se e solo se: per ogni i = 1, . . . , d esiste una curva Ci , di grado n, che
passa per pj se j 6= i e che non passa per pi .
Dimostrazione. Poniamo δ =T 1≤j≤d δn (pj ) e supponiamo che dim(δ) = max{Nn −
T
d, −1}. Consideriamo δi = j6=i δn (pj ), siccome i δn (pj ) sono degli iperpiani per
ipotesi si deve avere per forza che δi non è contenuto in δn (pi ) (altrimenti non
calerebbe la dimensione in δ), e quindi deve esistere un elemento (una curva) Ci in
δi che non appartiene a δn (pi ).
Viceversa si ragiona per induzione su d. Per d = 1, come è già stato osservato, δn (p1 )
è un iperpiano e quindi si ha che dim(δn (p1 )) = Nn − 1. Supponiamo la tesi vera
per d − 1, quindi dim(δn (p1 , . . . , pd−1 )) = Nn − (d − 1). Siccome per ipotesi esiste
Cd passante per i d − 1 punti ma non per pd si ha che δn (p1 , . . . , pd−1 ) 6⊂ δn (pd ) e
quindi trattandosi di un iperpiano δn (pd ) si ottiene:
!
\
dim δn (p1 , . . . , pd ) = dim δn (pj ) = Nn − (d − 1) − 1 = Nn − d
1≤j≤d

Dal criterio di separazione si ottiene subito:


Corollario 1.1. Sia X ⊂ P2 , X = {p1 , . . . , pd } un insieme di d punti con d ≤ Nn +1,
che impone condizioni indipendenti alle curve di grado n.
(i) Se X 0 ⊆ X allora anche X 0 impone condizioni indipendenti alle curve di grado
n.
(ii) X dà delle condizioni indipendenti alle curve di grado m ≥ n
Dimostrazione.
(i) Se X da delle condizioni indipendenti alle curve di grado n grazie al criterio
di separazione per ogni i = 1, . . . , d esiste Ci curva di grado n che passa per
pj con j 6= i ma non passa per pi . Chiaramente tale proprietà rimane per un
qualsiasi sottoinsieme di punti di X.
(ii) Sappiamo, per ipotesi, che vale il criterio di separazione per le curve di grado
n, quindi ancora una volta: per ogni i = 1, . . . , d esiste Ci curva di grado n che
passa per pj con j 6= i ma non passa per pi , possiamo aggiungere a Ci delle
3

rette che non passano per pi , significa moltiplicare l’equazione della curva per
fattori lineari fino ad arrivare al grado m ≥ n. In questo modo il criterio di
separazione vale anche per le curve di grado m.
4 1. SISTEMI LINARI PER CURVE PIANE
Capitolo 2

Funzione di Hilbert

Possiamo ora rivedere quanto fatto (e aggiugere qualcosa) cambiando prospettiva


tramite la funzione di Hilbert. Prima della definizione formale facciamo qualche
considerazione preliminare:

L’insieme dei polinomi in S che si annullano in X = {p1 , . . . , pd } è un ideale,


infatti, l’associatività e l’abelianità sono ereditate dal gruppo (S, +). Preso f ∈ S
che si annulla su X e g inverso di f in S, si ha che f (x) + g(x) = 0S , in particolare
f (pi ) + g(pi ) = 0 per ogni i = 1 . . . d, ma siccome f si annulla sugli pi si ottiene:
g(pi ) = 0 per ogni i = 1, . . . , d. Quindi g si annulla su X ed è elemento inverso per
f . Chiaramente l’elemento neutro rimane 0S , e appartiene a tale ideale perchè si
annulla banalmente su X. Vale la proprietà di assorbimento, in quando preso h ∈ S
e f ∈ S che si annulla su X, allora: h(pi )f (pi ) = 0 per ogni i = 1 . . . d, cioè h(x)f (x)
si annulla su X. Indichiamo quindi con I(X) ⊂ S l’ideale dei polinomi in S che si
annullano su X. È facile osservare che tale ideale è omogeneo, nel senso che:
M
I(X) = I(X)n
n≥0

dove I(X)n = I(X) ∩ Sn . Infatta basta osservare che ogni polinomio non omogeneo
si può scrivere come somma di polinomi omogenei. Inoltre si ha che I(X)n è un
sottospazio vettoriale di Sn . Grazie al fatto che i polinomi in I(X)n sono omogenei,
essi si annullano su qualsiasi retta della forma λpi , quindi possiamo anche osservare
che δn (p1 , . . . , pd ) := P(I(X)n ). Possiamo ora dare la definizione di funzione di
Hilbert:

2.1 La funzione
Definizione 2.1. La funzione di Hilbert HX di X = {p1 , . . . pd } è la funzione:

HX : N −→ N
n 7→ codim(I(X)n )

5
6 2. FUNZIONE DI HILBERT

dove: codim(I(X)n ) = dim(Sn ) − dim(I(X)n )


Ci si accorgerà durante le dimostrazioni che è comodo definire la funzione di
Hilbert come la codimensione dello spazio I(X)n perchè essa non cambia se si fanno
i proiettivi degli spazi Sn e I(X)n .

Si può scrivere questa funzione in un altro modo che permetterà di determinare


delle proprietà per la funzione di Hilbert. Senza perdere di generalità possiamo
assumere che la retta di equazioni x2 = 0 non passi per i punti X, quindi X è
completamente contenuto nella carta affine U2 = {(a0 : a1 : a2 ) ∈ P2 : a2 6= 0}. Dato
F ∈ Sn facendone il deomogeneizzato si ottiene il polinomio

F∗ = f0 (u, v) + · · · + fn (u, v) ∈ k[u, v]≤n , dove u = x0 /x2 , v = x1 /x2 . (2.1)

e ogni fi è omogeneo di grado i, eventualmente con qulcuno di questi nullo. Poniamo


con k[u, v]≤n = R≤n cioè i polinomi in due variabili di grado al più n.
Osservazione 2.1. Siccome lo spazio dei polinomi omogenei di grado i in due
variabili ha dimensione i+1, si ha grazie alla (2.1): dim(R≤n ) = 1+2+· · ·+(n+1) =
(n + 1)(n + 2)/2 = dim(Sn )
Possiamo ora definire la funzione:

vn : R≤n −→ k d ; Q 7→ (Q(p1 ), Q(p2 ), . . . , Q(pd ))

Il seguente lemma ci da il legame tra la funzione di Hilbert e vn :


Lemma 2.1. Con le notazioni precedenti abbiamo:
(1) Ker(vn ) ' I(X)n e HX (n) = dim(Im(vn ));
(2) X dà delle condizioni indipendenti alle curve di grado n se e solo se vn è di
rango massimo
(3) Abbiamo HX (n) ≤ HX (n + 1) e se HX (m) = d, allora HX (t) = d per t ≥ m.
(4) Un insieme , X, di d punti dà delle condizioni indipendenti alle curve di grado
d − 1, cioè HX (d − 1) = d
Dimostrazione.
(1) Per osservare l’isomorfismo tra Ker(vn ) e I(X)n , consideriamo la funzione ψ :
I(X)n → Ker(vn ); F 7→ ψ(F ) = F∗ con F∗ come in (2.1). L’applicazione è ben
definita
P in quanto Fi∗ jappartiene effettivamente a Ker(vn ). Infatti, scrivendo
F = i+j+k=n aijk x0 x1 x2 si ottiene:
k

   i  j  k
x0 x1 X x0 x1 x2
F∗ =F , ,1 = aijk =
x2 x2 i+j+k=n
x2 x2 x2
 d X  d
1 i j k 1
= aijk x0 x1 x2 = F
x2 i+j+k=n x2
2.1. LA FUNZIONE 7

Da qui si vede subito che se F si annulla su X allora anche F∗ si annulla su


X. ψ è lineare e si vede facilmente che è anche iniettiva. Proviamo che è
anche suriettiva, sia G ∈ Ker(vn ) e consideriamo G∗ l’omogeneizzato rispetto
a x2 , siccome non ci sono punti pi sulla retta x2 = 0, si ha G∗ ∈ I(X)n ,
allora applicando ψ si ottiene ψ(G∗ ) = (G∗ )∗ = G e quindi otteniamo che ψ è
isomorfismo tra I(X)n e Ker(vn ), in particolare dim(I(X)n ) = dim(Ker(vn )).
Allora, grazie al teorema delle dimensioni e all’ osservazione 2.1 si ha:

HX (n) = dim(Sn ) − dim(I(X)n ) = dim(R≤n ) − dim(Ker(vn ))


= dim(Im(vn ))

(2) Per definizione X dà delle condizini indipendenti alle curve di grado n se


dim(P(I(X)n )) = dim(δn (p1 , . . . , pd )) = max{Nn − d, −1}. Distinguiamo
quindi due casi:
(i) Se dim(Sn ) ≤ d, allora Nn + 1 − d ≤ 0 cioè Nn − d ≤ −1, quindi in questo
caso max{Nn − d, −1} = −1 e il massimo rango che può raggiungere vn
è dim(Sn ). Se X dà delle condizioni indipendenti alle curve di grado n
allora

HX (n) = dim(Im(vn )) = dim(P(Sn )) − dim(P(I(X)n )) = Nn + 1 =


= dim(Sn )

e quindi dim(Ker(vn )) = 0 e vn è iniettiva, si vede facilmente che si può


fare il ragionamento inverso analogamente a quanto fatto. Quindi vale
anche il viceversa.
(ii) Se dim(Sn ) > d si ha max{Nn − d, −1} = Nn − d, e il massimo rango che
vn può raggiungere è d. Se X dà delle condizioni indipendenti alle curve
di grado n allora:

HX (n) = dim(P(Sn )) − dim(P(I(X)n )) = Nn − (Nn − d) = d =


= dim(Im(vn ))

e in questo caso vn è suriettiva.


(3) Il fatto che HX (n) ≤ HX (n) discende dal fatto che R≤n ⊂ R≤n+1 e quindi
chiaramente Im(vn ) ⊆ Im(vn+1 ) e quindi

HX (n) = dim(Im(vn )) ≤ dim(Im(vn+1 )) = HX (n + 1).

Inoltre è chiaro che se per qulache m ∈ N si ha che HX (m) = dim(Im(vn )) = d,


siccome l’immagine di vn non può più aumentare di dimensione si ha HX (t) = d
per ogni t ≥ m.
(4) Per d > 0 intero, si ha dim(Sd−1 ) − d = d(d + 1)/2 − d = d(d − 1)/2 ≥ 0,
quindi è soddisfatta l’ipotesi del criterio di separazione che possiamo quindi
applicare. Adesso basta dimostrare che esiste sempre una curva di grado d − 1
che passa per i pj con j 6= i ma non passa per pi . Fissato i prendiamo l’unione
8 2. FUNZIONE DI HILBERT

di d − 1 rette che passano per i d − 1 punti pj j 6= i e ognuna non passante per


pi , essa è una curva di grado d − 1 e non può passare per pi per come è stata
costruita e quindi esiste sempre una curva di gado d − 1 passante per pj con
j 6= i e che non passa per pi . Che si traduce nella funzione di Hilbert come:

HX (d − 1) = dim(P(Sd−1 )) − dim(P(I(X)d−1 )) = Nd−1 − (Nd−1 − d) = d

2.2 Proprietà della funzione


In questa sezione ci occupiamo di "migliorare" il risultato del punto 3) del lemma 2.1.
Il nostro scopo sarà quello di dimostrare che la funzione di Hilbert è una funzione
strettamente crescente fino a raggiungere il valore d, in altre parole:
(
HX (n) < HX (n + 1) oppure
HX (n) = HX (n + 1) = d e HX (t) = d se t ≥ n

Per arrivare a tale risultato abbiamo bisogno di strutturare la dimostrazione.


Anzitutto osserviamo che come fatto anche in precedenza possiamo assumere che la
retta D di equazione x2 = 0 non incontri X e possimo definire l’applicazione:

Φ : k[x0 , x1 , x2 ] −→ k[x0 , x1 ]
(2.2)
F 7−→ Φ(F ) = F (x0 , x1 , 0)

cioè stiamo considerando la restrizione di F sulla retta x2 = 0. Si verifica facilmente


che tale applicazione è morfismo di anelli, ed è lineare. Poniamo Rn := k[x0 , x1 ]n
lo spazio dei polinomi omogenei di grado n in due variabili. Siccome I(X)n ⊆
k[x0 , x1 , x2 ] e Rn ⊂ k[x0 , x1 ], allora risulta ben definita un’applicazione ρn : I(X)n →
Rn definita come Φ|I(X)n = ρn .
A partire da ρn (e quindi da Φ) possiamo definire un’altra applicazione, osservando
che Ker(ρn ) ⊆ Ker(Φ) = (x2 ), risulta nuovamente ben definta l’applicazione:

ψ : Ker(ρn ) → I(X)n−1
F 7→ ψ(F ) = G; dove F = x2 G

infatti se F ∈ Ker(ρn ) si ha che F = x2 G e siccome nessun punto di X giace


sulla retta di equazione x2 = 0 e F si annulla su X, si ha che G è un polinomio
omogeneo di grado n − 1 che si annulla su X cioè G ∈ I(X)n−1 . Si vede facilmente
che ψ è lineare, iniettiva e suriettiva quindi si ottiene Ker(ρn ) ' I(X)n−1 . Grazie a
questo isomorfismo siamo in grado di dimostrare il seguente:

Lemma 2.2. HX (n − 1) = HX (n) se , e solo se ρn è suriettiva.


2.2. PROPRIETÀ DELLA FUNZIONE 9

Dimostrazione. Esplicitando la funzione di Hilbert si ha:

HX (n − 1) = dim(Sn−1 ) − dim(I(X)n−1 )
HX (n) = dim(Sn ) − dim(I(X)n )

Se HX (n − 1) = HX (n), grazie al fatto che Ker(ρn ) ' I(X)n−1 , si ha

dim(Sn−1 ) − dim(Ker(ρn )) = dim(Sn ) − dim(I(X)n )

Grazie al teorema delle dimensioni si ottiene :


(n + 1)(n + 2) n(n + 1)
dim(Im(ρn )) = dim(Sn ) − dim(Sn−1 ) = − =n+1
2 2
e siccome dim(Rn ) = n + 1 si ottiene che ρn è suriettiva. Viceversa se ρn è suriettiva
allora dim(Im(ρn )) = dim(Rn ) = n + 1 e sempre gazie al teorema delle dimensioni
si ha

dim(Im(ρn )) = dim(I(X)n ) − dim(Ker(ρn )) = dim(I(X)n ) − dim(I(X)n−1 )


= n + 1 = dim(Sn ) − dim(Sn−1 )

e riordinando i membri si ottiene:

HX (n − 1) = dim(Sn−1 ) − dim(I(X)n−1 ) = dim(Sn ) − dim(I(X)n ) = HX (n)

Lemma 2.3. Con le notazioni precedenti esistono e sono ben definite delle applica-
zioni lineari ϕ, gn , gn0 con gn suriettiva, tali che gn ◦ ϕ = ρn+1 ◦ gn0 , cioè il seguente
diagaramma è commutativo
ϕ
x0 I(X)n ⊕ x1 I(X)n ⊕ x2 I(X)n x0 Rn ⊕ x1 Rn
0
gn gn
ρn+1
I(X)n+1 Rn+1

Dimostrazione.

(a) Sia x0 Rn ⊕ x1 Rn , dove xi Rn := {xi H | H ∈ Rn }. Definiamo l’applicazione:

gn : x0 Rn ⊕ x1 Rn → Rn+1
(x0 G, x1 H) 7→ x0 G + x1 H = F

L’applicazione è ben definita e lineare. Inoltre dato F ∈ Rn+1 , possiamo


sempre scrivere F = x0 G + x1 H con G, H ∈ Rn , ma la scrittura non è in
generale unica, quindi l’applicazione è suriettiva.
10 2. FUNZIONE DI HILBERT

(b) Definiamo l’applicazione

gn0 : x0 I(X)n ⊕ x1 I(X)n ⊕x2 I(X)n → I(X)n+1


(x0 G, x1 H, x2 L) 7→ x0 G + x1 H + x2 L = F, dove G, H, L ∈ I(X)n

L’applicazione è ben definita perchè siccome G, H, L sono polinomi omogenei


di grado n allora F è un polinomio omogeneo di grado n + 1, inoltre sia p ∈ X
allora G(p) = H(p) = L(p) = 0, e quindi F (p) = 0.
(c) Possiamo definire un’ultima funzione mediante:

ϕ : x0 I(X)n ⊕ x1 I(X)n ⊕ x2 I(X)n −→ x0 Rn ⊕ x1 Rn


F 7−→ ϕ(F ) = Φ(F )

È ben definita in quanto presi H, G, L ∈ I(X)n tali che F = x0 G + x1 H + x2 L,


allora, grazie al fatto che Φ è morfismo di anelli e alla sua definizione in (2.2)
si ha

ϕ(F ) = ϕ(x0 G + x1 H + x2 L) := Φ(x0 G + x1 H + x2 L) = x0 Φ(G) + x1 Φ(H)

Siccome H, G, L ∈ I(X)n e Φ|I(X)n := ρn , si ottiene:

ϕ(F ) = x0 ρn (G) + x1 ρn (H) ∈ x0 Rn ⊕ x1 Rn (2.3)

L’applicazione ϕ è lineare perchè Φ (e quindi ρn ) lo è. Si vede subito da (2.3)


che se ρn è suriettiva allora anche ϕ lo è.
Unendo le funzioni definite in (a), (b), (c) verifichiamo che il diagramma è commu-
tativo.
Infatti dato F ∈ x0 I(X)n ⊕ x1 I(X)n ⊕ x2 I(X)n e G, H, L ∈ I(X)n tali che F =
x0 G + x1 H + x2 L si ha che:

(gn ◦ ϕ)(F ) = gn (ϕ(x0 G + x1 H + x2 L)) = x0 ρn (G) + x1 ρn (H)

mentre
(ρn+1 ◦ gn0 )(F ) = ρn+1 (x0 G + x1 H + x2 L)
siccome per definizione ρn+1 := Φ|I(X)n+1 , grazie alla definizione di Φ in (2.2), si ha
che ρn+1 non agisce su x0 e x1 ma solo su G e H. Inoltre x2 L ∈ ker(Φ) e siccome
x2 L ∈ I(X)n+1 , si ha che x2 L ∈ ker(Φ|I(X)n+1 ) = ker(ρn+1 ). Inoltre vale anche
ρn+1 |I(X)n := ρn , allora si ottiene:

(ρn+1 ◦ gn0 )(F ) = x0 ρn+1 (G) + x1 ρn+1 (H) = x0 ρn (G) + x1 ρn (H).

Il diagramma è quindi commutativo.


Siamo pronti adesso a dimostrare la stretta crescenza della funzione di Hilbert
annunciata all’inizio del paragrafo:
2.2. PROPRIETÀ DELLA FUNZIONE 11

Teorema 2.1. La funzione di Hilbert è una funzione strettamente crescente fino a


raggiungere il valore d, in altre parole:
(
HX (n) < HX (n + 1) oppure
HX (n) = HX (n + 1) = d e HX (t) = d se t ≥ n

Dimostrazione. Anzitutto, come già osservato nel lemma 2.3 si ha che se ρn è su-
riettiva allora, ϕ è suriettiva. Siccome vale ρn+1 ◦ gn0 = gn ◦ ϕ con gn suriettiva si
ha che ρn+1 ◦ gn0 è una applicazione suriettiva e quindi necessariamente ρn+1 deve
essere anch’essa un’applicazione suriettiva. Adesso, grazie al lemma 2.2 ottieniamo
la catena di implicazioni:

HX (n − 1) = HX (n) =⇒ρn suriettiva


=⇒ρn+1 suriettiva
=⇒HX (n) = HX (n + 1)
=⇒ρn+1 suriettiva
=⇒ρn+2 suriettiva
=⇒HX (n + 1) = HX (n + 2)
..
.

Quindi se ad un certo n ∈ N la funzione di Hilbert non è strettamente crescente,


da quel intero in poi la funzione assume sempre lo stesso valore. Inoltre grazie al
punto (4) del lemma 2.1 si ha che HX (d − 1) = d, quindi se HX (n − 1) = HX (n)
per qualche n ∈ N allora:

HX (n − 1) = HX (n) = HX (n + 1) = HX (n + 2) = · · · = HX (d − 1) = d

Si è dimostrato quindi che la funzione di Hilbert è una funzione strettamente cre-


scente fino a raggiungere il valore d.

Come abbiamo osservato anche nel capitolo dei sistemi lineari, la dimensione dello
spazio δn (X) cambia in funzione di come sono disposti i punti. Allora il caso più
"estremo" che si possa pensare a livello geometrico è quando i punti X = {p1 , . . . , pd }
sono allineati e successivamente quando ne abbiamo al più d − 1 allineati. Vediamo
a cosa corrispondono questi due casi "estremi" dal punto di vista della funzione di
Hilbert.

Proposizione 2.1. HX (d − 2) 6= d se, e solo se X = {p1 , . . . , pd } sono allineati.

Dimostrazione. Osserviamo anzitutto che richiedere HX (d − 2) 6= d equivale a dire


che i punti X = {p1 , . . . , pd } non impongono condizioni indipendenti alle curve di
grado d − 2. Supponiamo che i punti X = {p1 , . . . , pd } siano allineati e sia R la retta
proiettiva su cui giacciano. Consideriamo una curva C di grado d − 2 che passa per
12 2. FUNZIONE DI HILBERT

d − 1 punti, dobbiamo dimostrare che deve passare anche per l’ultimo (altrimenti
sarebbe verificato il criterio di separazione). Osserviamo che una tale curva esiste
sempre, infatti basta considerare la curva data dall’unione di una retta che passa
per due punti e rette che passano per gli altri punti. Detto questo, si ha allora che
R e C si intersecano in almeno d − 1 punti, per il teorema di Bezout si deve avere
allora che R ⊆ C e quindi i punti X giacciono sulla curva C.
Viceversa se HX (d − 2) 6= d, allora per stretta crescenza della funzione di Hilbert si
deve avere che HX (d−2) < HX (d−1) = d. Abbiamo quindi 1, . . . , d−1 da assegnare
a 2, . . . , d che sono le possibili immagini della funzione di Hilbert. L’assegnazione
deve avvenire in maniera biiettiva in quanto la funzione è strettamente crescente
fino a d − 1 dove raggiunge il valore d, ciò significa che HX (1) = 2, cioè

HX (1) = dim(S1 ) − dim(I(X)1 ) = 3 − dim(I(X)1 ) = 2

Quindi si ottiene dim(I(X)1 ) = 1, ma ciò è possibile solo quando i punti X sono


allineati

Proposizione 2.2. Sia d > 4 un intero, allora HX (d − 3) 6= d se, e solo se in X ci


sono almeno d − 1 punti allineati.

Dimostrazione. Per la stretta crescenza della funzione di Hilbert si ha HX (d − 3) <


HX (d − 2) e quindi è chiaro che se si hanno d punti allineati, siccome HX (d − 2) 6= d,
in particolare sarà HX (d − 3) < HX (d − 2) < d e quindi HX (d − 3) 6= d. Mentre se
si hanno d − 1 punti allineati e l’ultimo no, chiamiamo R la retta dove i d − 1 punti
giacciano e consideriamo una curva C di grado d − 3 che passi per d − 1 punti, d − 2
allineati e che passi per l’ultimo non allineato. Osserviamo, come nella proposizione
precedente che esiste sempre una curva di grado d − 3 che passi per d − 1 punti,
infatti basta considerare la curva formata dall’unione di rette, due passanti ognuna
per due punti distinti e le altre passanti per uno e un solo punto di X. Mostriamo
adesso che la curva C deve passare anche per l’ultimo punto allineato. Infatti in
C ∩R si hanno almeno d−2 punti e grazie al teorema di Bezout si ha R ⊆ C e quindi
anche l’ultimo punto di R giace sulla curva C. Quindi non è possibile separare i
punti di X con curve di grado d − 3 che equivale ad affermare HX (d − 3) 6= d.
Viceversa supponiamo che HX (d − 3) 6= d, allora se i punti sono allineati si
conclude come nella proposizione 2.1. Suppononiamo quindi che i punti non siano
allineati, allora in particolare si ha HX (1) 6= 2 e HX (d − 2) = d (sempre grazie alla
proposizione 2.1). Quindi rimangono da assegnare 1, . . . , d−3 alle possibili immagini
della funzione di Hilbert: 3, . . . , d − 1 e siccome la funzione di Hilbert è strettamente
crescente si ottiene

HX (2) = dim(S2 ) − dim(I(X)2 ) = 6 − dim(I(X)2 ) = 4

cioè dim(I(X)2 ) = 2. Siano adesso C1 e C2 due coniche indipendenti che generano


I(X)2 , allora X ⊆ C1 ∩ C2 ma d’altra parte per il teorema di Bezout C1 e C2 si
possono intersecare in al più 4 punti se non hanno componenti comuni. Quindi se
2.2. PROPRIETÀ DELLA FUNZIONE 13

d > 4 si ottiene che C1 e C2 hanno componenti comuni e quindi siccome sono delle
coniche, C1 = L1 ∪ L2 e C2 = L1 ∪ R, dove L1 , L2 , R sono rette. Inoltre tali coniche
devono essere indipendenti, e siccome R e L2 devono passare per gli stessi punti
di X necessariamente L2 e R contengono un solo punto di X (altrimenti la retta
sarebbe univocamente determinata).

Osservazione 2.2. Sia la proposizione 2.1 che la proposizione 2.2, sfruttando il


criterio di separazione, si possono ottenere anche senza la stretta crescenza della
funzione di Hilbert. Per esempio se vogliamo dimostrare che se HX (d − 2) 6= d allora
i punti in X sono allineati, si può ragionare in questo modo: Se HX (d−2) 6= d allora
non è soddisfatto il criterio di separazione quindi ogni curva C di grado d − 2 che
passa per d − 1 punti passa anche per l’ultimo punto. Considereremo curve diverse e
tramite queste si "allinearanno" man mano i punti. Consideriamo C1 la curva data
dall’unione delle rette Ri , dove Ri passa solo per pi con i = 1, . . . , d − 3, e una retta
R che passa per i punti {pd−2 , pd−1 }, allora per ipotesi, la curva C1 deve passare
anche per pd . Siccome le rette che passano per pi con i = 1, . . . , d − 3, per come le
abbiamo definite, contengono un solo punto di X, segue che R passa anche per pd ,
allora i punti {pd−2 , pd−1 , pd } sono allineati. Consideriamo invece adesso C2 la curva
data dall’unione delle rette Li , dove Li passa solo per pi con i = 1, . . . , d − 4, d − 2 e
una retta L che passa per {pd−3 , pd−1 }. Per ipotesi la curva C2 deve passare anche
per pd e siccome le rette Li , per come le abbiamo definite, contengono solo un punto
di X, si deve avere che L passa anche per pd . Otteniamo che {pd−3 , pd−1 , pd } sono
allineati. Abbiamo dimostrato prima con la curva C1 che anche {pd−2 , pd−1 , pd } sono
allineati, segue che {pd−3 , pd−2 , pd−1 , pd } sono allineati. E possiamo andare avanti
così definendo le Ci in maniera opportuna come unione di rette, allineando uno ad
uno i punti di X.
14 2. FUNZIONE DI HILBERT
Capitolo 3

Le funzioni di Hilbert fino a 6 punti

Nelle dimostrazioni delle proposizioni 2.1, 2.2 abbiamo dimostrato in maniera im-
plicita la struttura della funzione di Hilbert nei casi geometrici più "estremi" che
riassumiamo nella seguente:

Proposizione 3.1. Sia X = {p1 , . . . , pd } con d > 3 intero , allora


• I punti in X sono allineati se, e solo se HX (n) = n + 1 se n < d e HX (n) = d
per n ≥ d
• X contiene al più d−1 punti allineati se, e solo se HX (n) = n+2 per n < d−1
e HX (n) = d per n ≥ d.

Vediamo adesso tutte le possibili funzioni di Hilbert con X = {p1 , . . . , pd } con d =


1, . . . , 6. Si userà ciò che abbiamo dimostrato nelle sezioni precedenti, in particolare
la stretta crescenza della funzione di Hilbert, quindi il teorema 2.1, la proposizione
3.1 e il lemma 2.1 punto (4). Inoltre osserviamo, nuovamente, che se i punti sono
allineati allora HX (1) = 3 − dim(I(X)1 ) = 3 − 1 = 2, in quanto può esserci solo un
polinomio omogeneo di grado 1 indipendente che passa per i punti, tutti gli altri si
ottengono come moltiplicazione per scalare. Mentre se i punti non sono allineati,
per d > 2 si ha HX (1) = 3 − dim(I(X)1 ) = 3 − 0 = 3, in quanto non c’è nessun
polinomio omogeneo di grado 1 che può passare per almeno 3 punti non allineati.
Nella seguente trattazione ometteremo la caratterizzazione della funzione di Hilbert
nei casi in cui i punti sono allineati oppure nel caso di al più d − 1 punti allineati in
quanto è gia stata trattata.

d=1
La funzione di Hilbert in tal caso è semplicemente la funzione costante HX (n) = 1
per ogni n ≥ 1.

d=2
Due punti sono sempre allineati e si conclude con la proposizione 3.1.

15
16 3. LE FUNZIONI DI HILBERT FINO A 6 PUNTI

d=3
Con tre punti, abbiamo due possibilità: o i punti sono allineati, oppure ci sono
2 punti allineati e l’altro no. In entrambi i casi si ricade nella proposizione 3.1

d=4
Se i punti X non sono allineati Sempre grazie al lemma 2.1 si ha HX (3) = 4,
inoltre siccome i punti non sono allineati, grazie alla proposizione 3.1 si ha HX (2) =
4, e inoltre HX (1) = 3. La funzione di Hilbert in questo caso è quindi:

(
3 se n = 1
HX (n) =
4 se n > 1

p3
p3
2 2
P P
p2 p2 p1
p4 p1 p4

Nella prima figura si vede come si può separare ad esempio p2 nel caso di tre punti
allineati con delle coniche; per separare gli altri punti il caso è analogo a quanto
riportato in figura con l’unica eccezione che se dobbiamo separare p3 in questo caso
si prende una retta doppia che passa per i tre punti allineati. Mentre nella seconda
figura si vede come separare ad esempio p3 nel caso di al più 2 punti allineati sempre
con delle coniche , per separare gli altri punti il caso è analogo al quello del disegno.

d=5
Nel caso di 5 punti, oltre ai casi già trattati nella proposizione 3.1 (5 punti allineati,
4 punti allineati) vi è un altro caso da considerare:
Se ci sono al più 3 punti allineati , grazie al lemma 2.1 punto (4) HX (4) = 5 e
inoltre grazie alle proposizioni 2.1 , 2.2 si ha HX (3) = 5, HX (2) = 5. Allora la
funzione di Hilbert è data da:
(
3 n=1
HX (n) =
5 n>1
17

p3 p3
p4 p4
2 p2 2 p2
P P
p5 p5
p1 p1

p3 p3
p4 p4
2 p2 2 p2
P P
p5 p5
p1 p1

p3
p4
2 p2
P
p5
p1

Nell’immagine è mostrato come può essere effettuata una separazione dei punti
mediante coniche che sono unione di rette nel caso di 5 punti di cui 3 allineati.

d=6
Escludendo i casi già trattati nella proposizione 3.1 in cui abbiamo 6 punti allinea-
ti e 5 punti allineati, analizziamo e determiniamo la funzione di Hilbert nei casi
rimanenti:
(i) Se in X ci sono 4 punti allineati. In tal caso, sempre grazie ai risultati già
citati: HX (1) = 3, HX (5) = 6, HX (4) = 6, HX (3) = 6. Manca da determinare
HX (2) = dim S2 − dim I(X)2 = 6 − dim I(X)2 . Osserviamo che se una conica
passa per X siccome ci sono più di tre punti allineati per il teorema di Bezout,
tale conica deve essere unione di due rette, una passante per i 4 punti allineati
e l’altra passante per gli altri due punti rimanenti e tale conica è univocamente
determinata (a meno di scalari). Quindi in tal caso si ha dim I(X)2 = 1 e la
funzione di Hilbert per 6 punti di cui 4 allineati vale:

3 n = 1

HX (n) = 5 n = 2

6 n>2

18 3. LE FUNZIONI DI HILBERT FINO A 6 PUNTI

(ii) Se in X ci sono 3 punti allineati In questo caso dobbiamo ulteriormente divi-


dere due sottocasi:
(a) Se i tre punti rimanenti sono allineati allora, per le stesse affermazioni
fatte nel caso di (i), si ottiene la stessa funzione di Hilbert.
(b) Se i tre punti rimanti non sono allineati Allora ciò che cambia è solo il
valore di HX (2). In questo caso, come in (i), se una conica passa per
tali punti, in particolare passerà per i tre punti allinati, ma allora per il
teorema di Bezout deve essere unione di due rette: una passante per i tre
punti allineati e l’altra non potrà mai passare per i tre punti che abbiamo
supposto non allineati. Allora si ha dim(I(X)2 ) = 0. Osserviamo che ciò
è equivalente ad affermare che i punti così disposti impongano condizioni
indipendenti alle coniche, in particolare vuol dire che esiste sempre una
conica che passa per 5 punti di cui mai tre allineati e che non passa per
un sesto punto posto in maniera arbitraria. Detto ciò, ritornando alla
funzione di Hilbert in questo caso, si ha:
(
3 n=1
HX (n) =
6 n>1

Rimane così un ultimo caso:


(iii) Se in X non ci sono 3 punti allineati Allora sappiamo che HX (1) = 3, inoltre
come abbiamo osservato in (ii) punto (b) esiste sempre una conica che passa
per 5 punti e non per il sesto, che equivale a dire: HX (2) = 6 e quindi la
funzione di Hilbert è completamente determinata:
(
3 n=1
HX (n) =
6 n>1
-
Capitolo 4

La funzione di Hilbert nel caso


generale

Come già osservato nei precedenti capitoli, abbiamo trovato una corrispondenza tra
le situazioni geometricamente "estreme" (d punti allineati, d − 1 punti allineati) e
la funzione di Hilbert (HX (d − 2) 6= d, HX (d − 3) 6= d). In questo capitolo con-
clusivo, in maniera non del tutto formale e precisa ci occupiamo di determinare la
funzione di Hilbert nel caso generico. Anzitutto dovremo dare un senso preciso alla
parola "generico". Inoltre ci terrei a precisare che questo capitolo è da considerarsi
come uno spunto di come strutturare la dimostrazione del caso generale della fun-
zione di Hilbert di un insieme di punti, infatti si utilizzerano dei risultati che non
dimostreremo.

4.1 Spazi topologici irriducibili


Iniziamo con una definizione;
Definizione 4.1. Una spazio topologico è irriducibile se non si può scrivere come
l’unione di due sottospazi propri chiusi.
Lemma 4.1. Sia X uno spazio topologico
(1) Lo spazio X è irriducibile se e solo se dati U, V due aperti non vuoti di X, si
ha U ∩ V 6= ∅
(2) Se X è irriducibile, allora un aperto non vuoto U è denso in X cioè U = X
(3) Se X è irriducibile, un aperto non vuoto è irriducibile per la topologia indotta.
Dimostrazione.
(1) Segue dal fatto che presi U, V aperti non vuoti allora U ∩ V = ∅ se e solo se
(U ∩ V )c = U c ∪ V c = X.
(2) Segue immediatamente da (1).
(3) Sia U aperto non vuoto di X irriducibile, e siano U1 , U2 aperti di U dotato della
topologia indotta, cioè esistono V1 , V2 aperti di X tali che Ui = Vi ∩ U 6= ∅ e
inoltre Ui è aperto anche di X e quindi U1 ∩ U2 6= ∅

19
20 4. LA FUNZIONE DI HILBERT NEL CASO GENERALE

Per quanto ci riguarda, faremo uso della topologia di Zariski: dove i chiusi sono i
sottoinsiemi algebrici. Per esempio i chiusi di P2 e A2 sono gli insieme finiti di punti,
le curve algebriche, il vuoto e tutto lo spazio. Si potrebbe dimostrare il seguente:

Teorema 4.1. P2 e P2 × · · · × P2 con la topologia di Zariski sono spazi topologici


irriducibili.

Facciamo adesso un’osservazione importante.

Osservazione 4.1. Dato un insieme di punti X = {p1 , . . . , pd } in P2 , con pi =


(ai : bi ), possiamo vedere tali punti in un altro modo. Associamo all’insieme X un
elemento di (P2 )d dato da X = (a1 : b1 : · · · : ad : bd ). Allora attraverso questa
caratterizzazione di X si può far vedere che le d − uple di punti distinti in P2 sono
un aperto di (P2 )d . Il che risulta intuitivo una volta fatto il seguente esempio:

Esempio 4.1. Le coppie di punti distinti di A2 si ottengono da A2 × A2 ' A4


togliendo le coppie: ((a1 , b1 ), (a2 , b2 )) che verificano le equazioni algebriche: a1 −a2 =
0, b1 − b2 = 0 cioè togliendo un chiuso di Zariski.

In conclusione abbiamo dato una giustificazione accennata della seguente :

Proposizione 4.1. Gli insiemi di d punti distinti di P2 sono parametrizzati da una


varietà algebrica, U(d), irriducibile

Possiamo adesso chiarire cosa si intende per "generico" dandogli un significato


preciso e formale.

Definizione 4.2. Una proprietà P è generica per gli insiemi di d punti se è verificata
su un aperto non vuoto U ⊂ U(d). Un insieme X di d punti è generico (o meglio
sufficientemente generale) per P se X ∈ U .

4.2 Rango massimo


Definizione 4.3. Un insieme di d punti X ⊂ P2 è di rango massimo se per ogni n ∈
N l’applicazione vn : R≤n → k d di restrizione nell’affine (già definita nell’osservazione
2.1) è di rango massimo (cioè è iniettiva o suriettiva). Questo, grazie al lemma 2.1
è equivalente a richiedere che HX (n) = min{dim Sn , d}

Grazie al lemma 2.1 punto (2) si ha che i punti X di U(d) che cerchiamo, quelli
di rango massimo, sono quei punti che impongono condizioni indipendenti alle curve
di grado n.

Lemma 4.2. Per ogni n ≥ 1 esiste un insieme di Nn + 1 (Notazione 1.1) punti in


P2 che impone condizioni indipendenti alle curve di grado n.
4.2. RANGO MASSIMO 21

Dimostrazione. Osserviamo che Nn + 1 = (n+2)(n+1) 2


= (n + 1) + n + · · · + 2 + 1.
Consideriamo un insieme X di Nn +1 punti costituito da n+1 sottoinsiemi due a due
disgiunti. Il primo sottoinsieme X1 = {p1 , . . . , pn+1 } consta di n + 1 punti allineati
su una retta R1 ; il secondo X2 = {pn+2 , . . . , p2n+1 } consta di n punti allineati su
una retta R2 6= R1 ; l’ n-esimo sottoinsieme Xn consta di due punti allineati su una
retta Rn diversa da Ri per ogni i < n; e l’ultimo sottoinsieme Xn+1 consta di un
solo puntoSnon apparrtenente a nessuna delle rette R1 , . . . , Rn . Abbiamo quindi
che X = n+1 i=1 Xi . Siccome d = Nn + 1 per dimostrare che X impone condizioni
indipendenti alle curve di grado n, basta mostrare che nessuna curva C di grado n
passa per X. Supponiamo per assurdo che esiste una curva C di grado n passante
per X. Siccome C passa per X1 si ha che R1 interseca C in n + 1 punti e grazie al
Teorema di Bezout si ottiene R1 ⊆ C e quindi C = R1 ∪ C 0 , dove C 0 è una curva di
grado n − 1. Siccome C passa per X2 si ha che R2 interseca C in n punti e siccome
R1 6= R2 , sempre grazie al Teorema di Bezout, si ottine C 0 = R2 ∪ C 00 . Procedendo
così si vede che C contiene R1 ∪ · · · ∪ Rn . Siccome C ha grado n, C = ni=1 Ri .
S
Ma allora C non contiene Xn+1 perchè abbiamo scelto Xn+1 in modo tale che non
intersecasse nessuna retta Ri , abbiamo trovato un assurdo.
Proposizione 4.2. Per ogni n ≥ 1 e per ogni d ≥ 1 esiste un insieme di d punti
che impone condizioni indipendenti alle curve di grado n.
Dimostrazione. Se d = Nn +1 l’enunciato segue dal lemma precedente. Se d < Nn +1
l’enunciato segue dal corollario 1.1 punto (i). Se d > Nn + 1 prendiamo un insieme
X 0 di Nn + 1 punti che impongono condizioni indipendenti alle curva di grado n e
lo completiamo con un insieme di d − (Nn + 1) punti.
Arriviamo quindi alla funzione di Hilbert nel caso generale e al teorema conclu-
sivo:
Teorema 4.2. Per ogni d ≥ 1 Md := {X ∈ U(d) | X di rango massimo} è un
aperto non vuoto per la topologia di Zariski. Cioè un generico insieme di d punti di
P2 è tale che HX (n) = min{dim Sn , d}. Inoltre si dice che la proprità di essere di
rango massimo è una proprietà aperta su U(d).
Dimostrazione accennata. Dobbiamo dimostrare quindi due affermazioni: Il fatto
che Md è non vuoto e il fatto che esso sia anche aperto.
Definiamo Mdn := {X ∈ U(d) | vn : R≤n → k d ha rango massimo}. Allora dalla
definizione di Md e ricordando la definzione 4.3, si osserva che:
d−2
\
Md = Mdn (4.1)
n=1

Abbiamo che:
(i) Mdn 6= ∅ , infatti richiedere che esista X ⊂ P2 tale che vn abbia rango massimo,
grazie al lemma 2.1, equivale a richiedere che esista X insieme di punti che im-
ponga condizioni indipendenti alla curve di grado n, e grazie alla proposizione
4.2 esso esiste sempre.
22 4. LA FUNZIONE DI HILBERT NEL CASO GENERALE

(ii) Inoltre Mdn è un aperto di U(d) per la topologia di Zariski. Non daremo una
dimostrazione formale di ciò, ma faremo un esempio che potrebbe essere d’i-
spirazione per la dimostrazione nel caso generale. Supponiamo che la retta di
equazione x2 = 0 non passi per i punti X e passiamo nell’affine. Consideria-
mo il caso n = d = 2, sia X = {p1 , p2 }, p1 = (a, b), p2 = (c, d). Prendiamo
{1, x, y, x2 , y 2 , xy} come base di R≤2 e la base canonica su k 2 . Allora la matrice
associata all’applicazione lineare v2 : R≤2 → k 2 è
 
1 a b a2 b2 ab
1 c d c2 d2 cd

L’applicazione v2 non è suriettiva se e solo se tutti i minori di ordine due


sono nulli, questo definisce un chiuso di Zariski in U(2), quindi l’insieme dei
punti in cui l’applicazione è suriettiva è un aperto. In generale vale lo stesso
ragionamento: il luogo dei punti dove l’applicazione non è di rango massimo
è definito dall’annullamento di tutti i minori di ordine massimo.
Osserviamo che in (4.1) abbiamo scritto Md come intersezione di aperti, quindi
Md è un aperto di U(d) rispetto alla topologia di Zariski. Grazie alla proposizione
4.1, sappiamo che U(d) è irriducibile e per quanto abbiamo appena detto, per n =
1, . . . , d−1 Mdn sono aperti non vuoti di U(d), quindi si ha (grazie al lemma 4.1) Md 6=
∅. Abbiamo dimostrato che dato X insieme di punti generico (o sufficientemente
generale), allora HX (n) = min{dim Sn , d}.
Quindi dopo le due funzione di Hilbert più particolari definite nella proposizione
3.1, abbiamo trovato quella più generale.

Osservazione 4.2. Con strumenti più sofisticati di algebra commutativa si può


dimostrare un risultato più generale (vedi [2] ). Sia τ := max{n | HX (n) < d},
allora se τ ≥ d/3, X soddisfa una delle seguenti condizioni:
(1) ci sono τ + 2 punti di X allineati;
(2) ci sono 2τ + 2 o 2τ + 3 punti di X su una conica;
(3) τ = d/3 e X è l’intersezione di una cubica con una curva di grado τ .
Bibliografia

[1] Coolidge, J.L.:A treatise on algebraic plane curves, Dover publications, Inc.
(1959)

[2] Ellia, Ph-Peskine, Ch.: Groupes de points de P2 : caractère et position uniforme,


Lecture Notes in Mathematics, 1417, 111-116 (1990)

23
Ringraziamenti

Voglio ringraziare tutte quelle persone che mi hanno accompagnato in questo viag-
gio. Per prima cosa un ringraziamento speciale va al mio relatore Philippe Ellia, che
non solo mi ha aiutato con la stesura di questo lavoro, ma è stato uno dei professori
che più mi ha ispirato in questi 3 anni ed è stato in grado di trasmettermi quello
spirito matematico che tanto andavo cercando.
Voglio poi ringraziare tutti gli altri professori che ho incontrato in questi anni,
in particolare il professore Damiano Foschi che mi ha mostrato che c’è del bello an-
che nell’ analisi matematica e lo ringrazio personalmente per l’impegno con cui ha
tenuto il corso di Analisi III durante un periodo difficile dove eravamo tutti distanti.
Come non ringraziare Angelo Vincenzo Lo Bello, mio compagno, amico (e rap-
presentante). Grazie per le ore passate a discutere di matematica, di Olimpiadi della
Matematica, di politica, di filosofia, di tutto. Grazie per gli scherzi, per le battute,
per le risate, per aver provato a progettare con me un’ Università "perfetta", per le
ore passate al telefono (mai meno di 1 ora, ). Ringrazio poi Odeta e Roberta che
grazie a loro ho potuto apprezzare un anno e mezzo di esperienza universitaria "nor-
male" senza pandemia, grazie per le serate fino a notte fonda a passeggiare, le ore
in aula studio e in dipartimento. Ringrazio il team de "Uuu mittelluccio", Daniele
e Alessio li ringrazio per le mangiate soprattutto nel post esame, e per le grandi
risate che ci siamo fatti, grazie per le camminate fino "ai dui" perchè abitavate agli
antipodi di Ferrara. Ringrazio il mio coinquilino Marco, anche se abbiamo vissuto
l’esperienza della convivenza in maniera un po’ anomala mi sono divertito con lui e
lo ringrazio.
Ringrazio tutti i miei compagni dell’università, purtroppo abbiamo vissuto una
triennale al quanto strana, ma mi ricorderò sempre del clima che c’era in aula du-
rante le lezioni in presenza e provo molta nostalgia per alcuni momenti vissuti con
loro. Ringrazio Giuseppe Lo Faro che non ha mai smesso di credere in me e in gene-
rale nelle persone, lo ringrazio perchè quando alle superiori gli dissi che ero indietro
rispetto agli altri per la scuola che frequentavo non ha esitato un secondo a dirmi
che ce la potevo fare, per me è stato molto importante e gli sarò sempre grato per
questo.
Ringrazio poi la mia famiglia, in particolare mio padre che ha saputo cogliere la
mia passione per la matematica fin dagli albori proponendomi tutti i possibili libri
che c’entravano anche pochissimo con essa. Lo ringrazio per avermi permesso di
studiare ciò che mi piace e infine lo ringrazio perchè insieme a mia madre si sono
sempre impegnati a mantenere un’atmosfera positiva e intellettualmente ricca, cosa
che capisco solo a posteriori. Ringrazio Gianluigi, Kristina, Alice, Federica, Arianna
e infine ringrazio Killa, che mi ha regalato tutti i suoi amici (ahah). La ringrazio
semplicemente perchè è lei, perchè la sua forza è d’ispirazione, perchè era lì in ogni
decisione importante che ho fatto fino ad’ora e so che ci sarà sempre in qualche
forma e questo, alla fine di tutto, è ciò che conta davvero. Insomma, sarò scontato,
ma grazie di esistere e di aver detto "sì" a Ivana quel giorno di oltre 8 anni fa.

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