Un Vescovo di Nusco mai arrivato a Nusco

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di Gerardo Iuliano
iiiil.l!~r~'
••••1!I Me lo chiese mio
padre, Vincenzo
luliano, era il
1972 o 73, non ri-
cordo bene, allora
ero al liceo. Gli
aveva scritto Don
Giuseppe Passaro,
suo professore in
semmano, e zione
amico di sempre.
Don Peppe, mi
spiegò, stava scri-
vendo la sua mo-
numentale
"Cronotassi dei Vescovi di Nusco" per la Biblioteca Vati-
cana, e gli chiedeva di cercare, nel Duomo di Salerno, la
tomba, e di trascrivere la lapide di un Vescovo di Nusco,
che era morto prima di poter prendere possesso della dio-
cesi, ed era stato sepolto nell'atrio. Si chiamava Matteo
Aceto.
Papà era malato da qualche tempo; morì, quasi all'improv-
viso, ma non in modo inaspettato, nel giugno del 1974;
aveva ancora sul comodino i temi dei ragazzi di terza
media. Per fortuna stette bene fino alla fine, risparmiò a se
stesso e a noi allettamento e sofferenze. Però si stancava fa-
cilmente, non si sentiva sempre di uscire.
Insomma, mi chiese di fare per lui questa ricerca. lo mi sen-
tii cresciuto. Cercare una tomba, tradurre una lapide ... In-
diana Jones non era ancora stato prodotto, ma è l'unico
paragone postumo che mi viene.
Mi portai dietro penna e block notes. Non pensai nemmeno
alla macchina fotografica. Mi feci tutto il giro dei sarcofagi
dell'atrio. Non capii un beneamato tubo. Tombe romane,
medioevo, caratteri gotici, beneventani, armeni o che so io.
Questo vescovo era uno di inizi ottocento, che c'entrava?
Tornai a casa scornato.
Dubitavo fortemente delle asserzioni di "Don Peppo Pas-
saro", e raccontai tutto a papà. Lui mi chiese se avevo visto
dentro il duomo. Mi diedi dell'imbecille.
Tornai alla carica dopo qualche giorno. E feci la fesseria di
cominciare il giro in senso orario, partendo da sinistra. Ci
misi un paio d'ore a girare tutte le lapidi, nelle navate, a
terra, e nelle cappelle. Tutte me le vidi. Capograssi, Mar-
gherite di Durazzo, vescovi e arcivescovi rinascimentali.
Niente, non c'era niente.
Perchè la lapide di Matteo Aceto era nella penultima cap-
pella che visitai,
mentre si faceva
sera. La trascrissi ac-
curatamente. Non la
tradussi; mio padre
mi disse che non ser-
VIva.
Sono ancora orgo-
glioso che la trascri-
di Don
Giuseppe nella sua
"Cronotassi dei Ve-
scovi di Nusco" (G.
Passaro - Cronotassi
dei veSCOVI della
Diocesi di Nusco - vo12 - la successione - Tip. napoletana,
1975) sia la mia. Corretta, spero, da papà.
Ancora oggi, quando passo per il duomo, non manco di dare
un'occhiata alla seconda cappella a destra. E faccio ancora
fotografie col cellulare, come per esserne sicuro; la prima
figura è appunto la sua lapide (fig. l ), che non era riportata
nelle tavole dei volumi successivi della cronotassi.
Ma la novità non è questa.
Sin dal 1980 frequentavo il gruppo diocesano di Salerno
del MEl C - Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale -
l'ex "Movimento Laureati di Azione Cattolica", rinnovato
nel 1980 da Franco Casavola, dove la cultura cattolica viene
elaborata in maniera mai passiva, lucida e critica.
Quando, successivamente, ne sono stato presidente dioce-
sano e consigliere regionale e nazionale, mi sono sempre
rammaricato che il movimento non fosse ancora presente
nella diocesi di Sant'Angelo e Nusco; chissà ...
n gruppo si riuniva spesso nella bellissima sagrestia del-
l'Oratorio del Santissimo Rosario, annesso alla Chiesa di
San Domenico, a Salerno (fig. 2). Fu lì che trovai, fra im-
magini sacre e iconografie episcopali, lo stemma di Matteo
Aceto, datato 1819, che ivi era stato padre spirituale, e che
era riportato come "Vescovo di Montemarano e Nusco"
(fig.3).
Curioso: un barile (di aceto?), che faceva pensare al pro-
verbio della goccia di miele, dove però le mosche erano
rimpiazzate da tre uccellini. Stranezze araldiche. Stavolta,
mi portai la macchina fotografica. E conservai le foto.
Quando, più recentemente, ho visitato la sala degli stemmi
del restaurato Palazzo Vescovile di Nusco, ho scoperto che
quello di Matteo Aceto era ancora vuoto.
E sono contento di riempirlo.

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rneridionalismo