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lunedì 22 febbraio 2021

Kant
Kant contribuì ad una svolta filosofica importante ovvero il suo
criticismo, con cui proverà a trovare una soluzione ai limiti della filosofia
e all’empirismo inglese.

Criticismo significa fondare una filosofia del limite, criticare la ragione


nel suo limite;

Giudicare ovvero distinguere, criticare la ragione significa criticare il


limite entro il quale la ragione produce conoscenza vera.

La critica della ragion pura, critica la ragione per trovarne i fondamenti


per procedere ad una conoscenza pratica, la ragione è giudice ed
imputato al tempo stesso.

Il criticismo kantiano istituisce un tribunale della ragione, la ragione


indaga i limiti e i fondamenti della ragione per stabilire cosa la ragione
possa conoscere e come.

Per stabilire quando una coscienza è vera bisogna trovare i limiti entro
cui può agire, una conoscenza vera non si basa mai all’esperienza per
Kant.

Critica della ragion pura quindi significa criticare la ragione nelle basi,
prima ancora dell’esperienza, nei ragionamenti a priori.

Invece nella Critica della ragion pratica Kant andrà ad analizzare e


cercare di capire cosa sia la morale, come si agisce in modo morale e
come fa l’uomo ad arrivare ad un comportamento morale.

La critica della ragion pura indica la struttura a priori della ragione,


valutandola e giudicandola.

Durante la rivoluzione scientifica e il dibattito in atto tra razionalisti e


liberisti, Kant prende una posizione di mezzo, ciò che costituisce la
scienza infatti secondo Kant sono i giudizi sintetici a priori, quindi essi
devono essere universali e necessari. (es. 2+2=4)

Nella Critica della ragion pura troviamo anche i giudizi sintetici a


posteriori, appartenenti di più agli empiristi, essi difatti si basano
sull’esperienza, non possono essere quindi universali e necessari
perché analizzano il singolo fenomeno.

Infine abbiamo il giudizio analitico a priori appartenente ai razionalisti,


questo è universale e necessario ma analitico quindi ipoteticamente
sono cose non utili poiché già conosciute.

Estetica trascendentale è la prima parte della critica della ragion pura, in


essa abbiamo un’analisi della sensibilità , quindi un'analisi su come la
sensibilità umana agisce secondo forme a priori.

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La sensibilità ha due funzioni , una attiva ed una passiva, la passiva si
basa sulle intuizioni ovvero la sensibilità percepisce intuizioni presenti o
passate vivide ma rappresentate nella nostra testa come qualcosa che
è già passato, la funzione attiva invece è la funzione ordinatrice di
queste intuizioni esse si ordinano con le due forme a priori della
sensibilità che riordiniamo attraverso lo spazio e il tempo.

Lo spazio è la forma a priori del senso esterno, ovvero il modo


attraverso cui noi ordiniamo gli oggetti l’uno accanto all’altro oppure
l’uno distante dall’altro.

Il tempo invece è la forma nel senso interno , che è anche universale,


sarebbe come noi collochiamo gli eventi uno dopo l’altro, è universale
perché se non tutti gli eventi si possono collocare nello spazio tutti gli
eventi si possono collocare nel tempo.

L’Analitica trascendentale parla di come funziona la seconda facoltà


della scienza umana ovvero l’intelletto.

Esso funziona tramite concetti, un concetto può essere di tipo empirico


quindi dopo aver preso visione di una serie di cose ed averle
immagazzinate sotto il concetto di *oggetto* allora posso dire cosa è un
*oggetto* (es. sedia).

Oppure posso avere dei concetti puri che quindi non derivano
dall’esperienza dato che sono già presenti all’interno del mio intelletto,
questi sono anche chiamati categorie.

Anche se sono a priori esse io le devo applicare a dei fatti empirici e per
farlo bisogna far entrare in gioco l’io penso; L’io penso è la facoltà
intellettuale che formula le leggi fisiche.

“Non è il mondo che modifica l’uomo, ma l’uomo che modifica la natura


perché le scoperte derivano dall’intelletto.

Kant distingue la realtà in due categorie, il fenomeno e noumeno, il


fenomeno è tutto ciò che si conosce attraverso la vista, il noumeno
sarebbe la realtà che però noi non possiamo vedere.

Per capire meglio il noumeno ci basta pensare ad una visione che


possono avere dei pesci all’interno di un acquario, essi pensano di
vedere il mondo per come è, ma in realtà la loro concezione è fallace.

Arriviamo alla fine della critica della ragion pura con la dialettica
trascendentale la quale

analizza le forme a priori della ragione, ovvero le idee, il problema della


ragione è che questa vuole arrivare all’assoluto , ma l’uomo non può
ambire all’assoluto perché ci sarà sempre qualcosa che non conosce
veramente, nel tentativo di giungere a ciò si inventa 3 idee.

L’idea di anima, di mondo e di Dio;

L’anima è l’insieme dei dati del senso interno, quindi tutto ciò che
accade all’interno dell’uomo viene unito e chiamato “anima”(psicologia

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razionale) questo pensiero però è falso poiché cosi facendo noi uniamo
l’io penso alla sostanza e l’io penso non è una sostanza.

Il mondo è l’insieme dei dati di senso esterno.

Dio invece è insieme dei dati sia esterni che interni;

Kant andrà poi a trovare delle falsità nelle tre prove a favore
dell’esistenza di Dio.

Mentre con la critica della ragion pura Kant va ad analizzare le facoltà


conoscitive, nella critica della ragion pratica Kant cerca di capire cosa
sia la morale e quali siano le fondamenta di essa e come l’uomo debba
agire in modo “morale”.

Kant difatti divide la ragion pratica in due tipi:

Ragion pura pratica: a priori, di conseguenza essa va oltre ai pensieri


empirici ed è innata.

Ragion empirica pratica: deriva dall’esperienza.

Kant però ritiene che esista una legge morale a priori, assoluta e valida
a livello universale, perciò la vera moralità possiamo identificarla con la
ragione pura pratica. Si avvicina a questo pensiero perché in lui pensa
che l’uomo non possa agire in modo morale istintivamente. Compiamo
dunque un’azione morale quando la nostra ragione empirica pratica si
allinea con la pura, che detiene la legge morale.

Kant sostiene con forza che un’azione per essere morale deve essere
autonoma, cioè incondizionata. La mia azione non deve essere svolta
per secondi fini, come il raggiungimento di un obiettivo, ma per la
moralità della stessa in sé e per sé.

Inoltre secondo Kant la moralità deve essere universale e necessaria.


Infatti, proprio perché la legge morale non è prodotto di un istinto
individuale dell’uomo, ma è presente in lui a priori, questa sarà uguale
per qualsiasi individuo.

Nella critica della ragion pratica inoltre abbiamo due concetti


fondamentali da analizzare, quello della massima e quello degli
imperativi.

Una massima è una regola che il soggetto stabilisce di osservare, è


quindi dettata dal soggetto in maniera arbitraria ed è valida solo per il
soggetto stesso.Per capire meglio questo concetto pensiamo a quando
ci imponiamo da soli di bere 2 litri di acqua al giorno, questo è un
obbiettivo persona che ci poniamo da soli ma non è una legge
universale.

Un imperativo, invece, è una regola oggettiva, valida per tutti.


Anch’esso si distingue in ipotetico e categorico.

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Un imperativo ipotetico è un precetto legato ad un obiettivo. Sono
quegli imperativi che si presentano con una forma “se…allora”. Ad
esempio, se non voglio andare in prigione, non devo rubare. Non evito
di rubare perché farlo è sbagliato, ma perché non voglio andare in
prigione. Il mio non rubare in questo caso si rifà alla legalità ma non alla
moralità.

La legge morale non può essere fatta né da massime, né da imperativi


ipotetici, in quanto la prima non è universale e la seconda non è
autonoma.

La legge morale si esprime dunque in imperativi categorici.

“Un imperativo categorico è un precetto autonomo, universalmente


valido e che esprime una volontà pura. Detta il dovere in modo
incondizionato, indipendentemente da ciò che avviene mondo esterno:
è un dovere fine a se stesso.”

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