Sei sulla pagina 1di 1

The Big Sleep di Howard Hawks - Scheda tecnica di Angelo Coli

Il Grande Sonno (The Big Sleep, Usa 1946, b/n, 114 minuti) noir di Howard Hawks prodotto e
distribuito da Warner Bros.
Con Humprhrey Bogart, Lauren Bacall, John Ridgely, Martha Vickers, Dorothy Malone, Regis Toomey,
Charles Waldron, Louis Jean Heydt.
Il detective Philip Marlowe (Bogart) è assunto dal Generale Sternwood (Waldron) per mettere fine a un
ricatto ai danni di sua figlia minore Carmen (Vickers) per debiti di gioco. Nel corso delle indagini Marlowe
scopre il coinvolgimento anche della figlia maggiore Vivian (Bacall) il cui marito è scomparso e che finirà per
innamorarsi del detective.
Howard Hawks, che merita certamente il titolo di regista eclettico per la diversità dei generi in cui si è
cimentato, fa il suo debutto nel noir a metà degli anni ’40, sostenuto dalla major capofila nella produzione e
distribuzione del nuovo genere, la Warner e dirigendo un attore protagonista facilmente considerabile padre
fondatore di questo cinema misterioso e contrastato, Humphrey Bogart.
A Hollywood fu sempre ritenuto un buon regista commerciale ma non ottenne mai la stima di cui
godettero, ad esempio, Hitchcock o Ford.
Il riconoscimento del suo status di “autore” nel senso moderno avvenne per opera dei giovani critici e
registi della Nouvelle Vague che rintracciarono all’interno di una apparente disomogeneità della sua
filmografia uno stile personale e un certo numero di temi ricorrenti. Nel caso de Il Grande Sonno il tema più
hawksiano è quello dell’emancipazione femminile, rintracciabile in forme simili anche in Acque del Sud (To
Have and have Not 1944) che vedeva già come protagonisti la coppia Bogart Bacall. In questo caso l’eroina
conquista l’uomo dimostrando di poter essere insolente e portata all’azione quanto lui. Si noti come ne Il
Grande Sonno Vivian Sternwood tenga testa verbalmente fin da subito al detective Marlowe o ancora,
quanto coraggio dimostri per tutta la durata della vicenda narrata.
La tecnica registica dispiegata ne Il Grande Sonno si riconduce pienamente allo stile classico della
trasparenza; il mascheramento illusorio della macchina da presa è poi accordato alle solide regole del
découpage in fase di montaggio (di Christian Nyby). La fotografia, curata da Sid Hickox, è tipica di questo
genere, dove il contrasto visivo è ottenuto principalmente con una notevole riduzione della luce di
riempimento e con accorti controluce (tipico il caso del fumo di sigaretta). Menzione particolare merita poi la
colonna sonora, notevole e funzionale, del compositore Max Steiner.

Una parte della critica ha riscontrato nella complessità della trama un difetto del film, ma a mio parere
il difficile sviluppo della storia, che genera nello spettatore un continuo senso di dubbio, incertezza e
smarrimento, costituisce un elemento drammatico fondamentale della pellicola, la sua forza e la sua cifra
noir.
Il film è tratto dal romanzo omonimo di Raymond Chandler ma il plot viene modificato e ulteriormente
complicato in fase di sceneggiatura risultando così volutamente difficile da seguire.
La tecnica del racconto degli eventi è qui emblematica di un nuovo atteggiamento narrativo, tipico del
noir: la linearità narrativa classica, infatti, con i suoi logici procedimenti di causa ed effetto lascia il posto a
una costruzione della trama fatta di frammenti, di reticenze, menzogne, versioni dei fatti sempre nuove.
Al continuo sopraggiungere di nuovi personaggi lo spettatore reagisce con un crescente sospetto e
diffidenza nei confronti di tutti. Questa diffidenza coinvolge persino e soprattutto la protagonista femminile
Vivian: per tutto il film è difficile inquadrarla tra i buoni o i cattivi, ed è così fino alla fine.
A venirci incontro in questo senso di spaesamento è il il protagonista del film, per il ruolo che svolge
all’interno della narrazione. Sembra quasi paradossale che, per lo spettatore, sia Bogart, impersonificazione
dell’ archetipo del personaggio morally grey del cui passato non sappiamo niente, l’unica certezza, non
propriamente il “buono” - non c’è mai una netta distinzione tra bene e male in questo universo
cinematografico - ma colui che sappiamo essere dalla nostra parte. Infatti è lui che per tutto il film, meglio di
chiunque altro riesce a discernere il vero dal falso, a leggere chiaramente una situazione confusa e mettere
lentamente ordine.
Nel finale notiamo come i tre elementi di regia, sceneggiatura e recitazione, lavorino insieme per
mantenere fino alla fine nella nebbia l’esito della vicenda: è l’ultimo faccia a faccia tra Marlowe ed Eddie
Mars (Ridgley). Campo e controcampo mostrano rispettivamente il detective innervosirsi sempre di più, la
sua pistola fissa sull’antagonista, e dall’altra parte quest’ultimo, il quale non sembra agitarsi per il fatto di
avere una pistola puntata addosso ma anzi ostenta una certa calma; poi un carrello in avanti sul nostro eroe
ed ecco che alle sue spalle, leggermente impallata dietro le tendine, scoperta da un unico controluce,
emerge Vivian, icastica. Sarà un colpo di pistola improvviso a spezzare la tensione e a sciogliere finalmente
il dramma.

Potrebbero piacerti anche