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1978-2005
Papa Giovanni Paolo II il papa che molti cardinali volevano, capace di dare una
direzione piu’ netta alla Chiesa. Papa polacco X comunismo...
Solidarnosk (sindacato dei lavoratori) che lui sostiene, contribuendo alla
caduta del comunismo e al crollo del muro di Berlino (1989)
Critica communismo
Neo-Liberalismo “nessuno può accettare I principi del
neoliberalismo e considerarsi cristiano” (Whelan, 173)
COP:
I governi hanno cercato di far fronte alla situazione organizzando vertici globali sul clima
(Conferenza delle Parti: COP). Da quasi tre decenni l’ONU riunisce quasi tutti i Paesi della
terra per i vertici globali sul clima – chiamati COP – ovvero ” Conferenza delle Parti”. Da
allora il cambiamento climatico è passato dall’essere una questione marginale a diventare una
priorità globale. Quest’anno si e’ tenuto il 26eismo vertice annuale, di qui il nome COP26. La
COP26 e’ stata presieduta dal Regno Unito che la opiterà a Glasgow. I leader mondiali attesi
in Scozia sono stati più di 190. Ad essi si sono uniti decine di migliaia di negoziatori,
rappresentanti di governo, imprese e cittadini per dodici giorni di negoziati.
Presiedere la COP26 sarà un compito impegnativo. La maggior parte degli esperti è concorde
nel sottolineare il carattere straordinario e urgente della COP26. La COP21 si tenne a Parigi nel
2015.
COP26: i risultati principali della Conferenza sul clima di Glasgow (unive.it)
Per la prima volta successe qualcosa di epocale: tutti i Paesi accettarono di collaborare per
limitare l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2 gradi, puntando a limitarlo a
1,5 gradi. Inoltre i Paesi s’impegnarono ad adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici e a
mobilitare i fondi necessari per raggiungere questi obiettivi. Ecco che nasceva l’Accordo di
Parigi. L’impegno di puntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5 gradi è importante
perché ogni decimale di grado di riscaldamento causerà la perdita di molte altre vite umane e
altri danni ai nostri mezzi di sussistenza.
Nel quadro dell’Accordo di Parigi ciascun Paese si è impegnato a creare un piano nazionale
indicante la misura della riduzione delle proprie emissioni, detto Nationally Determined
Contribution (NDC) o “contributo determinato a livello nazionale”. I Paesi concordarono
che ogni cinque anni avrebbero presentato un piano aggiornato che rifletteva la loro massima
ambizione possibile in quel momento. I Paesi si presenteranno al vertice di Glasgow (ritardato di
un anno a causa della pandemia) con piani aggiornati di riduzione delle proprie emissioni.
Ma non è tutto. Gli impegni presi a Parigi non sono neanche lontanamente sufficienti per
limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi, e la finestra utile per il raggiungimento di questo
obiettivo si sta chiudendo. Il decennio fino al 2030 sarà cruciale. Quindi per quanto il vertice
di Parigi sia stato un evento epocale, i Paesi dovranno spingersi ben oltre quanto fatto in
quello storico vertice per mantenere viva la speranza di contenere l’aumento della
temperatura a 1,5. La COP26 deve essere decisiva.
Uno dei grandi risultati della COP26 è il fatto che 151 paesi abbiano presentato NDC
nuovi o aggiornati. Tra questi troviamo, ad esempio, l’Unione Europea, che ha incluso nel
suo piano l’obiettivo recentemente adottato di ridurre le emissioni del 55% entro
il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) ma anche gli Stati Uniti e la Cina che hanno aggiornato i
propri obiettivi. Secondo l’Emissions Gap Report dell’UNEP, i contributi attuali porteranno a
un aumento della temperatura pari a 2,7° C entro la fine del secolo. Siamo ancora lontani
dall’obiettivo di tenere l’aumento sotto 1,5° C ma possiamo comunque considerarlo un passo
avanti rispetto alla traiettoria di 4° C in cui ci trovavamo prima dell'Accordo di Parigi.
Considerando gli impegni volti a raggiungere emissioni nette pari a zero entro metà secolo, e
gli annunci fatti alla COP26, l'aumento della temperatura potrebbe fermarsi a 1,8°C.
Riconoscendo l'urgenza della sfida, nel Glasgow Climate Pact i paesi hanno concordato
di rivedere, entro il prossimo anno, i propri obiettivi di mitigazione per il 2030, in modo
che siano in linea con il limite di 1,5° C. Questo non era previsto, visto che i prossimi NDC
vanno presentati nel 2025, ed è quindi una decisione importante. Inoltre, il patto chiede ai
governi di considerare ulteriori azioni per ridurre i gas ad effetto serra diversi dalla CO2,
come il metano, entro il 2030 e sottolinea la necessità di diminuire l’utilizzo del carbone
“unabated” (cioè le cui emissioni non sono compensate da tecnologie di cattura e stoccaggio
del carbonio) ed eliminare gradualmente i sussidi “inefficienti” ai combustibili fossili.
Sebbene il linguaggio poteva essere più incisivo, è la prima volta che tali questioni
raggiungono una chiara condanna in un testo negoziale.
Un aspetto sempre molto controverso è quello che riguarda i finanziamenti ai paesi in via di
sviluppo. Si è già detto molto sul fatto che l’obiettivo, da parte dei paesi più industrializzati,
di mobilizzare 100 miliardi annui entro il 2020 non è stato ancora raggiunto. A questo
proposito, la COP26 ha ribadito l’urgenza di raddoppiare i finanziamenti per
l’adattamento nei paesi vulnerabili entro il 2025 e di avviare un processo per sviluppare un
nuovo e più ampio obiettivo di finanziamento da far entrare in vigore dopo il 2025.
Per quel che riguarda i meccanismi di cooperazione, a Glasgow si è raggiunto un accordo,
chiudendo più di cinque anni di negoziati sull’articolo 6 dell’Accordo di Parigi. I documenti
approvati includono le regole per lo scambio delle emissioni, per la creazione di un nuovo
meccanismo di mercato, chiamato meccanismo per lo sviluppo sostenibile, e per altre forme
di cooperazione. Regole efficaci su trasparenza, ambizione e contabilità consentiranno a
questi meccanismi di sbloccare ulteriore potenziale di mitigazione e incentivare gli
investimenti privati. Il pacchetto approvato affronta le preoccupazioni riguardo
la salvaguardia dell’integrità ambientale degli obiettivi di Parigi e pone regole per evitare
il doppio conteggio delle unità di riduzione delle emissioni.
L'aspetto più insoddisfacente è la possibilità di utilizzare i crediti generati tra il 2013 ed il
2020 nell'ambito del Clean Development Mechanism, creato nell’ambito del Protocollo di
Kyoto. Questi crediti rappresentano riduzioni delle emissioni che sono già state ottenute e
non sono quindi aggiuntive. Sarà tuttavia possibile identificarli chiaramente e potranno essere
utilizzati solo per il raggiungimento del primo NDC. In generale, la reale efficacia di queste
regole dipenderà da come paesi ed aziende decideranno di utilizzarle e se decideranno di
sfruttare o meno potenziali falle e vecchi crediti a basso costo.
Un’altra importante questione che la COP26 è riuscita a portare al centro del dibattito
riguarda il cosiddetto “Loss & Damage”, cioè le perdite e i danni inevitabili e
permanenti come, ad esempio, la scomparsa delle isole a causa dell’innalzamento del mare o
il prosciugamento delle risorse idriche. Alcuni tra i paesi più vulnerabili hanno chiesto alla
COP26 di creare un nuovo strumento finanziario dedicato al Loss & Damage, che ha visto
però l’opposizione delle nazioni più sviluppate, forti anche del fatto che l’Accordo di Parigi
esclude la possibilità di associare finanziamenti e responsabilità alla questione.
Si è, però, concordato di lanciare un nuovo dialogo per la discussione di possibili
disposizioni per il finanziamento del Loss & Damage. Questo è un punto di partenza cruciale
per lo sviluppo, in futuro, di soluzioni concrete sui finanziamenti. A supportare la questione
hanno contribuito le iniziative di Scozia e Vallonia (Belgio), che hanno già stanziato fondi —
2 milioni di sterline e 1 milione di euro rispettivamente, per il Loss & Damage, aprendo di
fatto la strada a iniziative simili. È probabile, dunque, che il Loss & Damage sarà uno dei
temi principali della prossima COP27.
Quindi sono d’accordo che la crisi ecologica sia un segno che la chiesa ha il diritto/dovere di
discernere insieme a gli uomini e donne di questo secolo e della sua centralita’: ne va della
nostra sopravvivenza come specie e della nostra vocazione come essere umani chimati ad
essere “stweart” della creazione (Gn 1)
INTRO LS: motivazioni per approfondire: la situazione e chi siamo!! LS 13: “La sfida di
proteggere ia nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia
umana nella ricerca di uno svoluppo sostenibile e integrale...” LG 1: essere sacramento di
unita’.
L'esternalità indica l'effetto di un'attività che ricade verso soggetti che non hanno avuto alcun
ruolo decisionale nell'attività stessa. L'esternalità dipende da un'attività economica
individuale, ma non è assimilata alle merci e pertanto è priva di un prezzo di mercato.
Si parla di esternalità negativa quando il prezzo di mercato dei beni/servizi non riflette il
costo reale nella società. Ad esempio, il prezzo del cherosene usato come carburante degli
aerei riflette solo il costo di produzione e non prende in considerazione anche il danno
generato dalle emissioni di CO2 alla la società. Questo significa che, nel contesto dei trasporti
aerei, le decisioni che le imprese e i consumatori prendono non risultano nell’interesse della
società perché sono basate su prezzi che non riflettono il costo reale: i consumatori trovando
economico prendere un aereo, aumenteranno la frequenza dei propri viaggi contribuendo
all’incremento delle emissioni a discapito dell’interesse collettivo; le aziende di aviazione,
d’altra parte, aumenteranno la propria offerta di viaggi più di quanto sarebbe ottimale per la
società. Quindi capiamo che, in presenza di esternalità negativa causata dalle emissioni di
CO2, il mercato non è in grado di agire nell’interesse della società e si parla di fallimento di
mercato. Come si può risolvere questo fallimento? Sistemando i prezzi, facendo in modo che
il prezzo pagato per un determinato bene o servizio rifletta anche il costo ambientale. In
poche parole, istituendo un carbon pricing attraverso una tassa sulle emissioni o adottando un
sistema di permessi di emissione (cap-and-trade system).
Il carbon pricing è uno strumento molto amato dagli economisti, non solo perché può
risolvere l’esternalità negativa generata dalle emissioni, ma anche perché permette di
raggiungere gli obiettivi di riduzione di emissioni in tempi veloci e ad un costo basso. In altri
termini, è uno strumento “cost-effective” che apporta grandi benefici al minor costo possibile.
Il prezzo messo sulle emissioni di CO2 oltre a portare ad una riduzione del consumo di
carburanti fossili, crea anche un incentivo per l’utilizzo e lo sviluppo di tecnologie e fonti di
energia non inquinanti. A differenza di altri strumenti di politica ambientale (come ad
esempio gli incentivi sul solare), che creano una distorsione all’interno del mercato delle fonti
di energia rinnovabile, il carbon pricing lascia libera la competizione tra le varie alternative di
energia pulita, permettendo a quella migliore di emergere. La maggiore competizione spinge
anche gli investimenti in ricerca e sviluppo verso tecnologie innovative, favorendo la
creazione di una società sempre più sostenibile e all’avanguardia nelle tecnologie ‘pulite’.
In concreto quale sarebbe l’impatto di adottare il carbon pricing? Con alta probabilità il costo
ricadrebbe totalmente sui consumatori, in quanto i produttori e le aziende che inquinano
aumenterebbero i prezzi dei prodotti e servizi offerti. Questo è inevitabile, ma è anche
necessario e utile perché con l’aumento dei prezzi di beni e servizi dannosi per l’ambiente, i
consumatori saranno incentivati a fare scelte più sostenibili. In risposta a questo cambiamento
nelle preferenze di consumo, le aziende saranno spinte a trasformare il proprio modus
operandi e a offrire beni e servizi in linea con la domanda.
Una critica spesso mossa alle tasse sulle emissioni è che esse colpiscono maggiormente le
categorie a reddito più basso della società. Anche questo è vero. Ma tale problema si può
ovviare se i ricavi derivanti dalla tassazione vengono utilizzati per detassare il lavoro, perché
ciò che uccide l’occupazione e alimenta la spirale della disoccupazione non sono le tasse
ambientali ma quelle sul lavoro. Abbassando questa tassazione, si riduce la disoccupazione,
si crea impiego e si possono offrire salari più alti alle fasce più svantaggiate.
In conclusione, il carbon pricing può essere uno strumento chiave non solo per migliorare le
condizioni ambientali, ma anche per migliorare le condizioni dei gruppi più vulnerabili della
società, i quali sono i beneficiari indiretti della minore tassazione del lavoro. Tuttavia, poiché
il beneficio di questa politica viene visto solo nel lungo termine, mentre i costi sono
immediati, al giorno d’oggi è ancora impopolare dal punto di vista politico parlare di carbon
pricing. Il consenso è difficile da raggiungere in questo contesto e la grande sfida politica
rimane quella di riuscire a trovare il giusto compromesso tra tutela ambientale e consenso
sociale.
E’ forse per questa ragione che Whilliam Nordhouse critica Papa Francesco che sembra
opporsi al carbon pricing, etichettandolo come parte della logica del mercato. Il premio nobel
auspica, invece, una comprensione piu’ profonda di questa potenziale arma per contrastare i
cambiamenti climatici.
Chi inquina paga, per esempio piantando alberi... ma anche qui in Africa recentemente ci
sono dibattiti sul piantare eucalipti che riducono la CO2 nell’atmosfera, ma anche la
biodiversita’.
III. Ecologia della vita quotidiana 150. Data l’interrelazione tra gli spazi
urbani e il comportamento umano, coloro che progettano edifici, quartieri,
spazi pubblici e città, hanno bisogno del contributo della ... l ricerca … [della]
qualità della vita delle persone, la loro armonia con l’ambiente, l’incontro e
l’aiuto reciproco. 155. L’ecologia umana implica anche qualcosa di molto
profondo: la necessaria relazione della vita dell’essere umano con la legge
morale inscritta nella sua propria natura, relazione indispensabile per poter
creare un ambiente più dignitoso. 155. Bisogna riconoscere che il nostro corpo
ci pone in una relazione diretta con l’ambiente e con gli altri esseri viventi.
L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere
e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune … Anche
apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario
per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé.
IV. Il principio del bene comune 156. L’ecologia integrale è inseparabile
dalla nozione di bene comune, un principio che svolge un ruolo centrale e
unificante nell’etica sociale. 158. Nelle condizioni attuali della società
mondiale, dove si riscontrano tante inequità e sono sempre più numerose le
persone che vengono scartate, private dei diritti umani fondamentali, il
principio del bene comune si trasforma immediatamente, come logica e
ineludibile conseguenza, in un appello alla solidarietà e in una opzione
preferenziale per i più poveri.
Papa Francesco nella LS riprende questi temi, dialogando con essi. Uno degli argomenti
fondamentali dell’argomentazione di White è la connessione tra cultura/religione e la
gestione delle risorse tecnologiche. White identifica chiaramente la relazione tra cultura ed
ecologia, e così fa Papa Francesco nel cap. 3 di LS. Entrambi, quindi, sottolineano
l’importanza di un cambio culturale in vista di un cambio nel modo in cui l’essere umano si
relaziona alla natura.
Però ci sono anche grandi differenze tra White e LS. White accusa l’antropocentrismo
cristiano della promozione di un uso oggettivizzante e violento della natura, stimolando un
numero enorme di pubblicazioni ed un dibattito che ha spesso condotto ad un biocentrismo
che esclude vede l’essere umano come il problema. La LS, d’altro canto, individua la radice
della crisi ecologica nel paradigma tecnocratico, la cui origine si può trovare
nell’antropocentrismo moderno, in ultima analisi, nell’Illuminismo (e, quindi, in momento di
frattura tra umanesimo e religione). Per PARADIGMA TECNOCRATICO la LS intende:
“il modo in cui di fatto l’umanità ha assunto la tecnologia e il suo sviluppo insieme ad un
paradigma omogeneo e unidimensionale” (n. 106).
“In tale paradigma risalta una concezione del soggetto che progressivamente, nel processo logico-
razionale, comprende e in tal modo possiede l’oggetto che si trova all’esterno. Tale soggetto si esplica
nello stabilire il metodo scientifico con la sua sperimentazione, che è già esplicitamente una tecnica di
possesso, dominio e trasformazione. È come se il soggetto si trovasse di fronte alla realtà informe
totalmente disponibile alla sua manipolazione. L’intervento dell’essere umano sulla natura si è sempre
verificato, ma per molto tempo ha avuto la caratteristica di accompagnare, di assecondare le
possibilità offerte dalle cose stesse. Si trattava di ricevere quello che la realtà naturale da sé permette,
come tendendo la mano. Viceversa, ora ciò che interessa è estrarre tutto quanto è possibile dalle cose
attraverso l’imposizione della mano umana, che tende ad ignorare o a dimenticare la realtà stessa di
ciò che ha dinanzi.” (LS 106)
Prima di tutto è importante capire in cosa consista questa critica. Per PARADIGMA
TECNOCRATICO la LS intende: “il modo in cui di fatto l’umanità ha assunto la
tecnologia e il suo sviluppo insieme ad un paradigma omogeneo e unidimensionale” (n.
106).
“In tale paradigma risalta una concezione del soggetto che progressivamente, nel processo logico-
razionale, comprende e in tal modo possiede l’oggetto che si trova all’esterno. Tale soggetto si
esplica nello stabilire il metodo scientifico con la sua sperimentazione, che è già esplicitamente una
tecnica di possesso, dominio e trasformazione. È come se il soggetto si trovasse di fronte alla realtà
informe totalmente disponibile alla sua manipolazione. L’intervento dell’essere umano sulla natura si
è sempre verificato, ma per molto tempo ha avuto la caratteristica di accompagnare, di assecondare le
possibilità offerte dalle cose stesse. Si trattava di ricevere quello che la realtà naturale da sé permette,
come tendendo la mano. Viceversa, ora ciò che interessa è estrarre tutto quanto è possibile dalle
cose attraverso l’imposizione della mano umana, che tende ad ignorare o a dimenticare la realtà stessa
di ciò che ha dinanzi.” (LS 106)
La tologia del Popolo si sviluppa in Argentina come teologia della liberazione “marginale”.
Come teologia della liberazione si concentra sull’importanza dell’avvento del Regno di Dio e
della liberazione delle masse oppresse dei poveri, però LA TEOLOGIA DEL POPOLO
considera il POPOLO da un punto di vista diverso dalla teologia della Liberazione main-
stream. “I poveri possiedono una sapienza alla quale i teologi devono prestare molta
attenzione, cercando di passare dalla fase del vedere a quella del giudicare e agire. Questa
sapienza dei poveri è una categoria tradizionale della teologia, secondo cui tra la gente
comune esiste «un senso della fede» (sensus fidei) che costituisce una fonte della riflessione
teologica. I teologi argentini capivano bene che la loro comprensione dell’opzione
preferenziale per i poveri differiva parecchio da quella di alcuni teologi della liberazione che
risultavano più influenzati da Marx. Notavano che tali intellettuali consideravano la cultura
dei poveri semplicemente «la falsa coscienza della classe dominante», non meritando, quindi,
rispetto”. Ed è per questo che Francesco sottoliena tanto l’importanza della cultura dei poveri
nella EG. Loro hanno moto da insegnarci. (Nossa Senhora Aparecida e Matthew.) Inoltre,
differentemente dalle altre correnti della Teologia dell Liberazione, che, basate su una lettura
marxista della relatà considerano cruciale il cambio dell’infrastruttura per trasformare la
sovrastruttura cuturale – quindi la necessità della lotta di classe – la Teologia del Popolo ha
l’approccio inverso: è ascoltando e ritornando alla cultura e alla saggezza dei popoli che
possiamo cambiare l’economia, la finanza e il mercato. In vari documenti Papa Francesco fa
infatti riferimento ai piccoli e ai poveri e anche alla saggezza dimenticata delle cultura
indigene (Sinodo sull’Amazzonia).
In questo approccio possiamo vedere l’influenza della filosofia romantica sulla Teologia del
Popolo. Johann Gottfried Herder reagiva, infatti, contro le politiche economiche dei principi
borbonici regnanti e le loro tendenze culturali che svalutavano il popolo tedesco, essendo al
servizio di una elite di ricchi richiamando al patriottismo, alla valorizzazione della cultura e
della lingua popolari concetto di Volk: il popolo e’ un soggetto degno di essere ascoltato e,
per trovare un cammino per il popolo, dobbiamo camminare con il popolo. “Ogni popolo
deve cogliere con le proprie mani le rose per la ghirlanda della liberta’ che crescono
felicemente al di fuori dei suoi bisogni, del suo desiderio e del suo amore. Si puo’ qui
individuare la relazione tra la teologia di Papa Francesco e la filosofia romantica di Herder
che auspica il recupero della cultura come mezzo di protesta economica e nuove di proposte
economico-politiche e che critica un’elite liberal-razionalista che gestisce tutto, sfruttando i
poveri e disprezzando la loro cultura. Nella storia di Francesco e nella sua opposizione ai
governi argentini neo-liberali si puo’ vedere l’applicazione di questi principi.
Il povero, quando è amato, «è considerato di grande valore», e questo differenzia l’autentica
opzione per i poveri da qualsiasi ideologia, da qualunque intento di utilizzare i poveri al
servizio di interessi personali o politici. Solo a partire da questa vicinanza reale e cordiale
possiamo accompagnarli adeguatamente nel loro cammino di liberazione. (Ev.Gaud.199).
La conseguenza di questo approccio al problema del paradigma tecnocratico porta Papa
Francesco ad un piano di azione espresso nei capitoli 4, 5 e 6 di LS.
Il cap. 4 della LS parla di un’ecologia integrale sottolineando che il problema ecologico deve
essere affrontato su piu’ fronti perché è un problema culturale (la relazione natura-cultura
nell’essere umano).
I. Ecologia ambientale, economica e sociale 138. L’ecologia studia le
relazioni tra gli organismi viventi e l’ambiente in cui si sviluppano. 142. Se
tutto è in relazione, anche lo stato di salute delle istituzioni di una società
comporta conseguenze per l’ambiente e per la qualità della vita umana
III. Ecologia della vita quotidiana 150. Data l’interrelazione tra gli spazi
urbani e il comportamento umano, coloro che progettano edifici, quartieri,
spazi pubblici e città, hanno bisogno del contributo della ... l ricerca … [della]
qualità della vita delle persone, la loro armonia con l’ambiente, l’incontro e
l’aiuto reciproco. 155. L’ecologia umana implica anche qualcosa di molto
profondo: la necessaria relazione della vita dell’essere umano con la legge
morale inscritta nella sua propria natura, relazione indispensabile per poter
creare un ambiente più dignitoso. 155. Bisogna riconoscere che il nostro corpo
ci pone in una relazione diretta con l’ambiente e con gli altri esseri viventi.
L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere
e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune … Anche
apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario
per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé.
IV. Il principio del bene comune 156. L’ecologia integrale è inseparabile
dalla nozione di bene comune, un principio che svolge un ruolo centrale e
unificante nell’etica sociale. 158. Nelle condizioni attuali della società
mondiale, dove si riscontrano tante inequità e sono sempre più numerose le
persone che vengono scartate, private dei diritti umani fondamentali, il
principio del bene comune si trasforma immediatamente, come logica e
ineludibile conseguenza, in un appello alla solidarietà e in una opzione
preferenziale per i più poveri.
Il modo in cui la LS suggerisce di ascoltare il grido della terra e dei poveri lo presenta nel
cap. 4 intermini fondamentali, che si rifanno alla Dottrina Sociale della Chiesa, e nel cap. 5 in
termini pratici (Linee di orientamenti e di azione) contrastare i razionalismi che portano al
paradigma tecnocratico con il dialogo e l’edificazione dei popoli. L’intuizione di cosa fare
verrà con il tempo... è un approccio euristico che sembra un po’ vuoto, ma che scommette sul
dialogo. Dialogo:
I. Il dialogo sull’ambiente nella politica internazionale
II. Il dialogo verso nuove politiche nazionali e locali
III. Dialogo e trasparenza nei processi decisionali
IV. Politica ed economia in dialogo per la pienezza umana
V. Le religioni nel dialogo con le scienze
Il cap 6., invece invita ad una conversione dello stile di vita, appellando ad una cultura
dell’educazione ecologica, della frugalità e della gratitudine. Sacramentalità del lavoro e
del riposo... a immagine e somiglianza.
Negli anni ’70, Il «Club of Rome» (it is an established, respected, international think-tank
positioned to face the core challenges of the 21st Century.) Famosi dagli anni 70 per un
rapporto (libro) sul tema di economia e ecologia: The Limits to Growth. Piu’ recentemente:
Come on! Capitalism, Short Termism, Population and the Destruction of the Planet (2019), in
continuità con Limits to Growth, fa riferimenti positivi a Laudato si’. L’autore, Ernst Von
Weizekker, collabora con «l’Osservatorio de Laudato» si’ alla Gregoriana. Il primo capitolo è
simile al primo della LS e si conclude così: «Devono essere perseguiti … disaccoppiare la
produzione di beni e servizi dal trattamento insostenibile, dispendioso o indifferente di esseri
umani, natura e animali (fare di meglio); e dissociare la soddisfazione dei bisogni umani
dall'imperativo di fornire più produzione economica (fare bene).» «Ciò, tuttavia, significa una
diversa filosofia politica e di civiltà per la nostra era del mondo intero. Il capitolo 2 del nostro
libro si concentrerà quindi sulla filosofia, con la speranza di arrivare ad alcuni indizi per un
primo abbozzo di una migliore struttura filosofica. Questa ricerca può portare al desiderio –
se non alla necessità di – «un nuovo Illuminismo» (p. 57). Chapter 2: C’mon! Don’t Stick to
Outdated Philosophies richiama esplicitamente all'«ecologia integrale» in Papa Francesco,
Laudato Si’, e auspica un rivisitare «i pilastri» del Illuminismo e ascoltare a nuove voci
filosofiche