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TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

Capitolo 7

Trasmissione del moto fra assi paralleli

§ 1. - Generazione dei profili coniugati.

Nell’ambito del moto piano, una delle principali applicazio-


ni di quanto esposto nel precedente capitolo si ha nella costruzione
delle ruote dentate piane.
Il problema che ci si pone è quello della trasmissione del
moto fra due assi paralleli, disposti fra loro ad una certa distanza
(interasse), e in modo tale che il rapporto di trasmissione si man-
tenga costante.
Siano quindi O1 e O2 (fig.1) le tracce di detti assi, disposti a
distanza d=cost (interasse), ossia i centri di due coppie rotoidali
fisse che collegano al telaio i due membri mobili (A) e (B); indi-
& &
cando con ω1 ed ω 2 le rispettive velocità angolari, si vuole deter-
minare la forma da dare ad (A) e (B) affinché, nel moto relativo e
in contatto fra loro, realiz-
zino un rapporto di tra-
smissione τ=cost. 2 1

Occorre anzitutto, 2

come visto, cercare quali


siano le polari di questo 1
1
moto relativo ossia le pri-
mitive del moto. Queste, 2

intanto, saranno certamente 2

in contatto in un punto C 1
che, per poter avere la ca-
ratteristica cinematica di 2

Figura 1
218
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

centro del moto, deve soddisfare alla condizione che sia:


(v& ) = (v& )
C (A) C (B) (1)

ossia:
ω1 ∧ ( C − O1 ) = ω2 ∧ ( C − O2 )
& &
(1’)

ed il punto C si troverà
all’esterno o all’interno del
segmento O1O2 a seconda che 2

le due velocità angolari, ω1 ed 1

ω2 siano concordi oppure di-


scordi (fig.2). 1

Da questa condizione si rica- 2

va che deve essere:


2
ω2 CO1
= (2)
ω1 CO2 1 2 1

Se ne deduce che, se deve es-


sere τ = ω 2 ω1 = cost , dovrà 2

necessariamente essere anche Figura 2


O1C O2 C = cost; sarà costante, cioè, il rapporto fra le distanze del
punto C dai centri assoluti di rotazione dei due membri (A) e (B).
Ma, ancora, essendo:
CO1 − CO2 = O1O2 = d = cost
potremo pure scrivere per la (2):
ω 2 O1O2 + CO2
τ = = = cost (3)
ω1 CO2
e dedurre che sarà pure CO2=r2=cost ed anche CO1=r1=cost. Le
primitive corrispondenti alla condizione che il rapporto di trasmis-
sione sia costante saranno quindi due circonferenze di raggi r1 ed
r2 e tali che sia per la (1’):
ω2 r1
τ= = (4)
ω1 r2
In definitiva le due primitive saranno due circonferenze tangenti
internamente se le velocità angolari di (A) e di (B) sono concordi,
tangenti esternamente se le velocità angolari di (A) e di (B) sono
discordi.
Il problema della trasmissione del moto fra assi paralleli e
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TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

con rapporto di trasmissione costante potrebbe considerarsi, a que-


sto punto, risolto. Nulla vieterebbe, infatti, in linea di principio, di
costruire due superfici (A) e (B) di sezione circolare ed affidare ad
essi la trasmissione del moto con le condizioni desiderate.
E, in effetti, ciò viene pure realizzato nella pratica con quelle che
prendono il nome di ruote di frizione; la loro utilizzazione, tutta-
via, resta confinata al caso in cui la potenza da trasmettere è pic-
cola, ossia bassa velocità e basso valore della coppia trasmissibile.
Il motivo di tale limitazione sta nel fatto che la condizione di stri-
sciamento nullo nel punto di contatto C fra le primitive, cui è le-
gata la garanzia della costanza del rapporto di trasmissione, può
essere ottenuta solamente in presenza di adeguate forze normali
nel contatto, tanto più elevate quanto maggiore è il valore della
coppia da trasmettere; e forze normali elevate nel punto di contat-
to avrebbero come conseguenza una deformazione locale delle su-
perfici (e quindi il contatto non sarebbe più puntiforme) ed un al-
trettanto elevato carico sui perni (e si avrebbero perdite di rendi-
mento dovute all’attrito).
Per potenze elevate, quindi, converrà affidare la trasmissio-
ne del moto non all'aderenza fra le superfici a contatto ma
all’azione mutua fra opportune superfici coniugate, solidali a dette
primitive, la cui forma
può essere ottenuta con 2

uno dei metodi visti nel 1

precedente capitolo. 2

Per un primo ap- 1 2

proccio (fig. 3) si po-


1

trebbe utilizzare una


retta ε come epiciclo ed
ottenere i profili coniu- 1 2

gati cercati come rollet-


ta di un suo punto nel
rotolamento della stessa
una volta sulla primitiva
Figura 3
di centro O1 ed una vol-
ta sulla primitiva di centro O2. Si otterrebbero le evolventi delle
due circonferenze come s1 e s2 per il verso di rotolamento antiora-
rio, oppure come s’1 e s’2 per il verso orario; in entrambi i casi,
tuttavia, tali profili non potrebbero costituire le linee di contatto di
superfici di parti rigide: infatti, come si può rilevare dal particolare
ingrandito di fig. 3a, nell’istante in cui l’epiciclo ε è tangente ad
220
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

entrambe le primitive, le
curve attraversano la tan-
gente comune e si avreb- 1 2

be, quindi, interferenza


fra le parti piene.
Si può allora con-
siderare, al posto della
2
1

rolletta di un punto della


ε, la linea inviluppo di 2

una retta l solidale alla ε


1

stessa e formante con Figura 3a


questa un angolo pari a
(π/2-ϑ), avendo ϑ un valore assegnato (fig.4): inviluppo delle in-
finite posizioni della l nel moto rigido conseguente al rotolamento
della ε su una delle due primitive. Per quanto visto nel precedente
capitolo questa linea, σ1, sarà certamente coniugata con quella, σ2,
ottenuta in modo analogo per rotolamento della stessa ε sull’altra
primitiva, e la l sarà anche la tangente comune ai due profili co-
niugati nel punto di contatto.
Il punto
di contatto P
fra la retta l ed
il suo coniuga- 0

to σ1, e quindi
anche fra σ1 e
σ2, dovrà esse-
re quel punto
della l che si
trova sulla sua 1

normale, g,
passante per C,
che è il centro
della rotazione
istantanea del
moto di roto-
lamento di ε e
Figura 4
quindi anche
della l; pertanto la g è la normale comune ai profili coniugati.
Il triangolo CPV è, per costruzione, un triangolo rettangolo e
tale rimarrà qualunque sia la posizione assunta dalla ε durante il
rotolamento; e se poi dal punto O1 conduciamo la perpendicolare
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TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

alla g, il triangolo O1HC è pure rettangolo in H, e sarà sempre, per


ogni configurazione:
O 1 H = O 1C cosϑ = r1 cosϑ (5)

se con r1 si indica il raggio della primitiva di centro O1. Pertanto


se si immagina di far rotolare la ε di un certo angolo dϕ in modo
tale che il suo punto di contatto con la primitiva si sposti da C in
C’, potremo identificare un nuovo triangolo rettangolo C’P’V’ for-
mato dalle tre rette ε, l e g, nelle nuove posizioni ε’, l’ e g’, e di
cui P’ è il nuovo punto di contatto fra la retta l, portatasi in posi-
zione l', ed i profili coniugati per i quali la retta g’ è ancora nor-
male comune in P’.
Potremo ancora scrivere quindi:
O 1 H' = O 1C' cosϑ = r1 cosϑ (5’)

La distanza O1H, della retta g da O1, si mantiene quindi costante


durante il rotolamento della retta ε sulla primitiva, e risulta quindi
definita una circonferenza di raggio r1 cosϑ a cui la retta g sarà
sempre tangente.
Se indichiamo ora con C’* il punto della ε che andrà in contatto
con C’ nella nuova configurazione e con C* il punto della ε’ che
era in contatto con C nella configurazione precedente, possiamo
anche affermare che, in virtù della condizione di puro rotolamen-
to, deve essere necessariamente:

CC ' = CC ' *= C * C ' = r1dϕ (6)

mentre, ovviamente, sarà sempre C * V ' = CV .


Leggendo rispettivamente sulla ε e sulla ε’, potremo allora scri-
vere:
CV = CC ' *+ C ' * V
C *V ' = C * C ' + C 'V '
oppure anche, in virtù della (6):

CV = CC '+ C ' * V
(7)

C *V ' = CC '+ C 'V '
da cui si ricava che , in definitiva, è:

CV = C *V ' = CC '+ C 'V '
e quindi:
222
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE


CV − C 'V ' = CC ' = r1dϕ (8)

Ciò vuol dire che la lunghezza dell’arco percorso sulla primitiva


dal punto C durante il moto di rotolamento della ε è pari alla va-
riazione della distanza dello stesso punto dal vertice V.
Contemporaneamente, sulla retta g, si ha:
CP = CV cosϑ
CH = O1C sen ϑ = r1 sen ϑ (9)
HP = CP − CH = CV cosϑ − r1 sen ϑ
e sulla retta g’:
C ' P' = C 'V 'cosϑ
C ' H ' = O1C 'sen ϑ = r1 sen ϑ (9’)
H ' P' = C ' P' − C ' H ' = C 'V 'cosϑ − r1 sen ϑ
Per differenza delle ultime di (9) e (9’) si ha:
HP − H ' P' = ( CV − C 'V ') cosϑ (10)

e, tenendo conto della (8):



HP − H ' P' = CC 'cosϑ = r1dϕ cosϑ (11)

si ottiene lo spostamento, quindi, del punto H sulla retta g durante


il rotolamento della ε sulla primitiva.
Infine, dovendo essere pari a dϕ anche ∠HO1H’ che è l’angolo fra
le normali alle rette g e g’, si vede che il punto H, durante il moto
della ε, descrive un arco pari a:

HH ' = O1 Hdϕ = r1 cosϑdϕ (12)

e pertanto, dalla (11) e dalla (12), si può concludere che:



HH ' = HP − H ' P' (13)
ossia che lo spostamento del punto H sull’arco di circonferenza di
raggio pari a r1cosϑ è uguale alla variazione della distanza del
punto H dal punto di contatto P fra i profili coniugati.
Ciò vuol dire [cfr. con la (8)] che, mentre la ε rotola senza stri-
sciare sulla primitiva di raggio r1, la retta g si muove roto-
lando senza strisciare su una circonferenza di raggio r1cosϑ ϑ.
Questa prende il nome di circonferenza fondamentale.
Poiché quanto sopra può ripetersi anche per la primitiva di
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TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

raggio r2, si può concludere che i profili generati per inviluppo


dalla retta l, possono essere ottenute anche come rollette di un
punto della retta g nel suo moto di rotolamento sulle circonferenze
fondamentali: i profili saranno allora evolventi delle circonferenze
fondamentali e la retta g sarà istante per istante la normale comune
ai due profili nel loro punto di contatto.
Il passo successivo sarà quello di scegliere, fra le infinite
evolventi della retta g che possono essere tracciate, quelle da uti-
lizzare come effettivi profili coniugati, ed inoltre quanta e quale
parte di esse, (la loro lunghezza, dal punto di vista geometrico,
sarebbe infinita), deve destinarsi a delimitare il "pieno" del mem-
bro rigido da realizzare.

§ 2. - Geometria delle ruote dentate piane profilate ad evolvente.

Per uno stesso punto della retta g, (fig.5) a seconda del verso con
cui la si fa rotolare sulla circonferenza fondamentale, possono co-
struirsi due diverse evolventi le quali avranno centro di curvatura
da parti opposte.
Queste due linee quindi sono adatte a delimitare la porzione
di pieno che dovrà costituire il dente
della futura ruota. Se, tra le infinite e-
volventi possibili, si scelgono in modo
opportuno due tratti che abbiano centri
di curvatura omologhi e simmetrici ri-
spetto ad un raggio si avrà un dente di
p

forma simmetrica.
Conviene, inoltre, giacché si è in
presenza di profili coniugati e quindi di
un moto relativo di strisciamento, che il
contatto fra le evolventi (o fra i denti)
avvenga quanto più possibile in pros-
simità del punto C in modo che ne ri-
sulti limitata la velocità di strisciamen- f

to. Per ottenere ciò occorre che


l’estensione dei profili sia piccola e
piccola sarà, quindi, pure la rotazione
della primitiva in corrispondenza alla
Figura 5
224
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

quale avrà luogo il contatto fra i profi-


li dei denti.
Tale limitazione è quella che si ottiene
(fig.6) con la circonferenza di tronca-
tura esterna. p

Inoltre i profili dei denti, poiché


sono stati generati come evolventi di
circonferenze (le fondamentali) di
raggio sicuramente minore della pri-
mitiva, si svolgeranno parte interna-
mente e parte esternamente a questa.
Nella terminologia corrente
(fig.7) prende il nome di retta dei
f

centri la retta che contiene i centri, O1


e O2, delle primitive.
Nelle ruote esterne (primitive in con-
tatto esterno) la parte di profilo inter-
Figura 6
no alla primitiva prende il nome di
fianco del dente, quello esterno alla primitiva prende il nome di
costa del dente.
Si chiamano troncature le circon-
ferenze che delimitano il dente:
troncatura di testa (o esterna) è
la circonferenza che delimita il
dente in periferia, troncatura di
base (o interna) e quella che tron-
ca i denti internamente alla primi-
tiva. 1

Se le primitive sono in contatto


internamente la primitiva di dia-
metro maggiore darà luogo ad una f
b

ruota
a dentatura interna e per i denti di
questa le definizioni di fianco e
t p

costa e quelle delle troncature si


invertono. Figura 7
La differenza fra il raggio
della troncatura di testa ed il raggio della circonferenza primitiva
prende il nome di addendum, (fig.8) mentre la differenza fra il
raggio della primitiva e quello della troncatura di base prende il
nome di dedendum; la somma dell’addendum e del dedendum è
225
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

l’altezza del dente.


Se si vuole, come
nella stragrande
maggioranza dei
casi, che il funzio-
namento di due
ruote ingrananti fra
loro sia invertibile,
i profili che costi-
tuiscono la forma
del dente devono
essere simmetrici
rispetto ad un rag- Figura 8
gio il quale costituirà l’asse-dente.
Si definisce passo della dentatura la lunghezza dell’arco di
primitiva compreso fra due profili omologhi successivi (o fra due
assi-dente quando il dente è simmetrico).
Su una parte della lunghezza del passo, ricadrà la grossezza del
dente e sulla restante parte il vano: la grossezza è delimitata dai
due profili che costituiscono gli spigoli di uno stesso dente e può
essere uguale o minore di metà del passo a seconda della preci-
sione della lavorazione (nel peggiore dei casi - ruote di fusione - è
minore di 4/100 del passo); il vano è delimitato dai due profili ap-
partenenti a due denti successivi, ed è lo spazio destinato, nella fa-
se di ingranamento, ad ospitare il dente della ruota compagna.
Il contatto fra i profili attivi dei denti (o la presa fra i denti)
ha inizio (fig. 9) quando essi si trovano da una parte della retta dei
centri e, per effetto della rotazione delle primitive, ha termine
quando si trovano dalla parte opposta di questa: si chiama fase di
accesso quella in cui
due denti si toccano
prima di attraversare la
retta dei centri; fase di
recesso quella in cui si m

toccano dopo averla at- 1 2

traversata. r

La fig. 10 mostra come, 1 2

invertendosi i versi delle


velocità angolari delle
due ruote (restando mo-
trice la ruota di sinistra
Figura 9
226
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

e condotta quella di
destra), si scambia-
no i profili dei denti
che vengono a con- 1

tatto ed anche le m r

zone corrispondenti 2

alle fasi di accesso


e di recesso; la retta
1 2

g, dovendo essere
ancora la normale
al contatto fa i due
profili avrà la dire-
Figura 10
zione simmetrica
rispetto all’epiciclo ε.
Affinché due ruote possano ingranare correttamente devono
avere lo stesso passo: infatti, indicando con p1 e p2 i passi misurati
su due primitive rispettivamente di raggi r1 ed r2, gli angoli corri-
spondenti a p1 e p2 saranno dati da:
p1 p2
ϑ1 = ; ϑ2 = ;
r1 r2
Ma la condizione che le primitive abbiano un moto di puro rotola-
mento implica che sia ϑ 1r1 = ϑ 2 r2 e quindi deve essere anche:
p1 = p2 = p
Salvo casi particolari di settori dentati, una primitiva è desti-
nata a compiere una rotazione completa attorno al proprio asse e
quindi i denti saranno distribuiti lungo l’intera circonferenza: per
la continuità del moto, occorre quindi che il numero di denti, z,
di una ruota dentata sia un numero intero e tale che sia:
2πr1 = pz1 ; 2πr2 = pz2 ;
Ne segue che è:
2π r1 2π r2
p= = (14)
z1 z2
da cui:
r1 r2
=
z1 z 2
e ancora, poiché è sempre:
227
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

ω1r1 = ω 2 r2
è anche:
ω 2 r1 z1
τ= = =
ω 1 r2 z 2
Al rapporto di trasmissione di una coppia di ruote dentate qualsia-
si, è sempre possibile risalire, quindi, semplicemente in base al lo-
ro numero di denti.
Si vede dalla (14) che il passo risulta essere un numero irra-
zionale e pertanto poco adatto ad essere utilizzato nell'ambito
delle operazioni che implicano misurazioni.
Si conviene pertanto di adottare per il passo un valore che sia un
multiplo intero (per valori piccoli anche frazionario) di π, così da
eliminare la irrazionalità presente nelle (14).
Il rapporto:
p
m= (15)
π
prende il nome di modulo della dentatura, e le (14) si possono
quindi scrivere come:
2r1 2r2
m= =
z1 z2
Potremo allora scrivere anche:
2r1 = mz1 ; 2r2 = mz2
e concludere che se m è un numero intero anche il diametro delle
primitive sarà un numero intero.
Si comprende anche per quale motivo il modulo viene detto anche
passo diametrale.
L’importanza del modulo sta nel fatto che esso viene preso a
base del proporzionamento modulare del dente: ciò consiste
(fig.11) nel fare l’addendum uguale al modulo, e il dedendum u-
guale ai 7/6 di m. L’altezza del dente sarà quindi pari ai 13/6 di m.
Il motivo per cui il dedendum supera di 1/6 l’addendum è da ricer-
carsi nel voler evitare che la testa del dente di una ruota tocchi,
durante l’ingranamento, il fondo del vano della ruota con cui sta
ingranando.
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CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

Dalla (15) si deduce che due ruo-


te per ingranare correttamente
devono essere costruite con lo
stesso modulo.
Il valore del modulo da uti-
lizzarsi nella costruzione delle
ruote non può essere arbitrario:
infatti l'altezza del dente e la con-
seguente forma devono essere re-
1

alizzati da appositi utensili cui è


demandato di fatto il compito di
ricavare i vani fra dente e dente.
Per le costruzioni normali, Figura 11
secondo le norme di unificazione,
i valori di modulo correntemente usati variano:
- di 0,1 mm, per moduli compresi fra 0,5 e 1 mm
- di 0,25 mm, per moduli compresi fra 1 e 4 mm
- di 0,5 mm, per moduli compresi fra 4 e 7 mm
- di 1 mm, per moduli compresi fra 7 e 12 mm
- di 2 mm, per moduli compresi fra 12 e 24 mm
- di 3 mm, per moduli compresi fra 24 e 45 mm
- di 5 mm, per moduli compresi fra 45 e 75 mm

§ 3.- Analisi dei contatti fra i denti.

I contatti fra i denti di una ruota


ed i denti dell’altra non possono av-
venire tra fianco e fianco in quanto
tali tratti di profilo si trovano
all’interno di due circonferenze che si
toccano esternamente (fig. 12). La
zona dei possibili contatti è invece
quella delimitata dalla intersezione
delle due troncature di testa (tratteg-
giata in figura); all’interno di questa,
tuttavia, si possono individuare quat-
tro aree diverse cui corrispondono
due distinte situazioni: nelle due aree
Figura 12
229
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

lenticolari (a tratteggio singolo) delimitate, una dalla troncatura di


testa della ruota (B) e dalla primitiva della ruota (A), l’altra dalla
troncatura di testa della ruota (A) e dalla primitiva della ruota (B)
possono essere a contatto un fianco del dente di una ruota con la
costa del dente dell’altra; nelle due aree rimanenti (a tratteggio
doppio) il contatto fra i denti potrebbe avvenire fra costa e costa.
La prima situazione corrisponde alla situazione di ingrana-
mento corretto e le due aree lenticolari di cui sopra vengono quin-
di indicate come zone dei contatti normali; la seconda corrisponde
invece ad una situazione in cui i due profili non potrebbero avere
la retta g come normale comune al contatto e quindi non sarebbero
profili coniugati: il contatto fra i denti non deve poter avvenire in
quelle zone, che quindi prendono il nome di zone dei contatti a-
normali.
In un ingranamento corretto i contatti fra i denti avvengono: in fa-
se di accesso, fra il fianco del dente della ruota conduttrice e la co-
sta del dente della ruota condotta;
in fase di recesso, fra la costa del
dente della ruota conduttrice ed il
fianco del dente della ruota con- A

dotta. Poiché i contatti fra i profili A

possono avvenire soltanto sulla


retta g, il primo contatto si ha (fig. 2

13) quando l’estremità della costa


del dente della ruota condotta in- 1

contra, in IA, questa retta, mentre B

l’ultimo punto di contatto si ha B

quando l’estremità della costa del-


la ruota conduttrice incontra la ret-
ta g, in IB; i punti IA e IB indivi-
duano quindi sulla g gli estremi
del segmento IACIB, luogo dei pun- Figura 13
ti di contatto fra i denti e che pren-
de il nome di linea di ingranamento, linea che è un segmento di
retta solamente per le dentature con profilo ad evolvente come so-
no quelle di cui si sta trattando.
Ciascun profilo (fig.13) nell’istante in cui passa per il punto
IA, l’uno, e per il punto IB l’altro, intercetta la corrispondente pri-
mitiva nel punto CA, il primo, e nel punto CB il secondo; sulle
∩ ∩
primitive si possono così individuare i due archi C A C e C B C che
so-no rispettivamente gli archi d’azione in accesso e in recesso,
230
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

ossia gli archi di primitiva delle due ruote interessati


all’ingranamento fra una coppia di denti.
La somma di questi due archi, i cui estremi indicano i punti di
primitiva corrispondenti al primo ed all’ultimo contatto fra i denti,
prende il nome di arco d’azione, E: per la continuità della tra-
smissione, ossia perché sia garantito che due denti in presa non si
siano ancora lasciati prima che sia entrata in presa la coppia di
denti successiva, deve essere necessariamente:
∩ ∩
E = C A C + CC B ≥ p

A
A
1
2

A 1
a
C

C r
B

Figura 14
Nel caso di dentature profilate ad evolvente la misura
dell’arco d’azione può essere determinata (fig. 14) tracciando le
normali alla retta g per i punti IA e IB: le intersezioni con l’epiciclo
ε, E1 ed E2, individuano su di esso un segmento la cui lunghezza è
la misura dell’arco d’azione.
Infatti, indicando con EA il punto sulla fondamentale della ruota
(A) da cui ha inizio il profilo del dente quando il contatto è in IA,
con EB il punto della fondamentale della ruota (B) da cui ha inizio
il profilo del dente quando il contatto è in IB e con E’C ed E”C gli
analoghi punti quando il contatto fra i profili è in C, si ha:
231
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

∩ ∩
E A E' C = r1 cosϑ α a = C A C cosϑ
∩ ∩
(16)
E B E" C = r2 cosϑ α r = C B C cosϑ
Ora, poiché la retta g rotola senza strisciare sulle fondamentali, si
ha pure:

I A C = E A E 'C

(17)
I B C = E B E "C
e pertanto dalle (16) si ricava:

∩ E E' I C
C A C = A C = A = E1C
cosϑ cosϑ

(18)
∩ E B E"C I C
CB C = = B = E2C
cosϑ cosϑ
Ne segue che è:
∩ ∩
E = C A C + C B C = E1C + E 2 C = E1 E 2 (19)

Lo stesso procedimento è, ovviamente, applicabile per ottenere la


lunghezza dell'arco di pri-
mitiva che interessa il con-
tatto fra i due profili fra
due istanti qualsiasi della
rotazione. A
La lunghezza dell'ar-
co d'azione, per una data 1 2

coppia di ruote di modulo A

m, si può facilmente de-


terminare attraverso le a

(18), calcolando le lun-


ghezze IAC e IBC. r
Dalla fig. 15 si ha che è: B

I AC = I A K − KC
I B C = I B H − HC B

dove, considerando rispet-


tivamente i due triangoli
rettangoli O2KIA ed O1HIB,
è: Figura 15
232
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

( r + m)
2
I AK = 2 − r22 cos2 ϑ
( r + m)
2
IBH = 1 − r12 cos2 ϑ
e, d'altra parte, è:
KC = r2 sen ϑ
HC = r1 sen ϑ
Ora, se si tiene conto che τ = ± r1 r2 è il rapporto di trasmissione
dell'imbocco, ed indicando, per brevità, con m* il rapporto m/r1, le
precedenti espressioni si possono scrivere:
IAK
τ = (1 + τ m *) − cos2 ϑ = (τ m *) + 2τ m * + sen 2 ϑ
2 2

r1
IB H
= (1 + m *) − cos2 ϑ = m *2 +2m * + sen 2 ϑ
2

r1
e
KC 1 HC
= senϑ = senϑ
r1 τ r1
Scriveremo quindi, riferito tutto al raggio, r1, della ruota motrice:
I AC 1
r1
=
τ [
(τ m *) 2 + 2τ m* + sen 2 ϑ − senϑ ]
(18')
I BC
= m *2 +2m * + sen 2 ϑ − senϑ
r1
Tenendo conto delle (18) si ottiene, in definitiva, la lunghezza del-
l'arco d'azione in fase di accesso e in fase di recesso riferita al rag-
gio della ruota motrice, le cui espressioni corrispondono, di fatto,
all'angolo di cui deve ruotare la ruota motrice affinché si abbia il
contatto fra due denti, dall'inizio del contatto e fino al punto C e
dal punto C fino al termine del contatto stesso.
Si ha, rispettivamente:

Ea C 1   τ m *   C C
2
τ m*
=    +2 + tan 2 ϑ − tanϑ  = A
r1 τ   cosϑ  cosϑ  r1

(18'')
2
Er C  m*  m* C C
=   +2 + tan 2 ϑ − tanϑ = B
r1  cosϑ  cosϑ r1
233
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

La somma delle (18"), moltiplicata per r1, dà, in totale, la lunghez-


za complessiva dell'arco d'azione.
Nelle (18") si può
subito notare che la lun-
ghezza dell'arco d'azione in
fase di recesso risulta indi-
pendente dal rapporto di
trasmissione.
Ciò risulta ovvio se si ri-
flette sul fatto che, fissato
il valore di r1, la variazione
di τ corrisponde alla varia-
zione del raggio della con-
dotta: per dato valore di m
(fig. 15) il punto IB, punto
di intersezione della tron-
catura di testa con la retta
g, non cambia al variare di
r2.
Quando sia τ=0 (r2=∞), la Figura 16
prima delle (18'), e di con-
seguenza la prima delle (18"), non sono più valide: KC=∞, e l'e-
spressione di I A C dà una forma 0/0.
Tuttavia possiamo ancora dire che, per τ=0, I A C = m sen ϑ (*) e
quindi I A C r1 = m * sen ϑ : dividendo per cosϑ si ha l'espressione
dell'arco d'azione in fase di accesso che, in questo caso, sarà allora
data da E a C r1 = 2 m * sen 2ϑ .
Lo stesso risultato, d'altra parte, si otterrebbe calcolando il limite
della prima delle (18") per τ→0.
In fig. 16 sono rappresentate le due funzioni (18") che si ot-
tengono per un valore dell'angolo di pressione pari a ϑ=20°, ma
divise per 2π in modo da avere il rapporto con la lunghezza della
circonferenza primitiva della prima ruota (c1).
Il diagramma superiore riporta la lunghezza dell'arco d'azio-
ne in fase di accesso, Ea/c1, per diversi valori del rapporto di tra-
smissione da 0 (rocchetto - cremagliera) fino ad 1 (r1=r2); in ascis-
se il valore del modulo si estende al valore di mmax che sarà defini-
to più avanti.

(*)
Per τ=0 (r2=∞), la congiungente IAO2 (fig.15) risulta parallela alla retta dei
centri.
234
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

Si vede chiaramente come, a parità di diametro della ruota motri-


ce, l'ampiezza dell'arco d'azione cresce al crescere del modulo sia
per la parte in accesso che per la parte in recesso (Er/c1); e ciò in-
dipendentemente dal valore del diametro della condotta. Il rappor-
to di trasmissione, poi, influisce solamente sull'ampiezza dell'arco
d'azione in accesso (la seconda delle (18") infatti non dipende da
τ) e in modo tale che esso cresce più rapidamente al crescere del
diametro della condotta, ossia al diminuire di τ.

§ 4. - Proporzionamento dei denti.

Per quanto fin qui visto, una ruota dentata piana a denti di-
ritti con profilatura ad evolvente risulta completamente definita se,
per un dato valore dell’angolo di pressione ϑ, viene assegnato il
modulo m ed il numero
di denti z.
Con questi valori,
1
infatti, è possibile risali- 2

re al diametro della pri- 1 1

mitiva, 2r = mz , al
2

diametro della fonda-


mentale, mz cosϑ , al 1
2

diametro della troncatu-


ra esterna, m( z + 2) , al
diametro della tron-
catura di base,
m( 3z − 7) / 3 , al passo, Figura 17
mπ.
La scelta del modulo, tuttavia, non può essere arbitraria ma
ha delle precise limitazioni in relazione al diametro delle primitive
delle ruote che dovranno imboccare fra loro.
Una volta fissato il valore ϑ dell’angolo di pressione e individuati,
di conseguenza, i punti H e K in cui la retta g è tangente alle fon-
damentali, il modulo della dentatura non potrà avere mai un valore
maggiore di quello che porterebbe le troncature a passare esterna-
mente al punto H o al punto K; in altre parole, le ruote non posso-
no avere un addendum - e quindi i denti non possono avere
un modulo tale) per cui il dente sporga oltre il punto H o il punto
235
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

K. Se così fosse si avrebbe interferenza fra i profili.


Se la troncatura di testa della ruota (B), infatti, intersecasse
la retta g oltre il punto H (fig. 17), si avrebbe un istante in cui il
profilo attivo di un suo dente, σ2, taglierebbe la g nel punto I e in
questo stesso punto esso dovrebbe essere in contatto con il profilo
attivo, σ1, del dente della ruota (A) ed entrambi i profili dovrebbe-
ro rispettare, per un corretto ingranamento, la condizione di essere
profili coniugati.
Ora il profilo che può passare per il punto I può essere o il ramo di
evolvente σ’1 della fondamentale di
(A) ottenuta con il rotolamento della g in senso antiorario, oppure
il ramo di evolvente σ”1 ottenuta con il rotolamento della g in sen-
so orario: il primo, σ’1, avrebbe il centro di curvatura sulla g’ e
quindi i profili attivi avendo differenti normali al contatto non
possono essere profili
coniugati, il secondo,
σ”1, avrebbe sì il cen-
tro di curvatura sulla 1
2

stessa g ma lo avreb-
be dalla stessa parte
di σ2: i denti avreb-
1 2

bero cioè il pieno dal-


la stessa parte. In en-
trambi i casi quindi si
avrebbe interferenza.
Figura 18
Si può quindi conclu-
dere (fig.18) che il
massimo modulo ammissibile per un imbocco dentato è dato dal
minore dei due segmenti O2 H − r2 e O1 K − r1 .
Con questo modulo ingraneranno correttamente tutte le ruote le
cui primitive abbiano raggio r1 ≤ r ≤ r2 , ovvero, più genericamen-
te, compreso fra il raggio della più piccola (rocchetto) e quello
della più grande.
Un gruppo di ruote costruito secondo tale criterio prende il nome
di assortimento di ruote.
Il valore del modulo massimo ammissibile per un dato im-
bocco dentato che realizzi un certo rapporto di trasmissione, τ, si
può ottenere applicando il teorema di Carnot al triangolo HCO2, e,
tenendo presente che è:
CH = r1 sen ϑ O2 H = r2 + mmax O2 C = r2
236
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

si ha:

(r2 + mmax ) = r12 sen 2 ϑ + r22 + 2r1r2 sen 2 ϑ


2

e da questa relazione si può ricavare:


1 + τ ( 2 + τ ) sen 2 ϑ − 1
mmax = r1 (19)
τ
che è il valore del modulo massimo ammissibile per un imbocco
fra ruote esterne di rapporto di trasmissione |τ| in cui la primitiva
minore abbia raggio r1.
Con tale proporzionamento e considerando che è sempre z=2r1/m,
il numero di minimo di denti del rocchetto di un tale assortimento
sarebbe dato da:
2r1 2τ
z min = = (19')
mmax 1 + τ ( 2 + τ ) sen 2 ϑ − 1
Sulla base del medesimo procedimento, se si volesse costruire una
serie di ruote, ossia un gruppo di ruote che, a partire da un deter-
minato roc-
chetto, la cui
primitiva abbia
raggio r1, pos-
sano corretta- 1

mente ingranare
fin con la cre-
magliera, il 1 2

modulo mas-
simo per la se-
rie va scelto
immaginando 1 2

come seconda t

Figura 19
ruota appunto la
cremagliera.
In questo caso (fig. 19), in cui la troncatura della cremagliera
è diventata la parallela per H all'epiciclo, il modulo massimo
corrisponderà al segmento parallelo alla retta dei centri condotto
da H all'epiciclo, ε, che coincide proprio con la primitiva della
cremagliera.
A parità di raggio della circonferenza primitiva del rocchetto si a-
vrà un modulo minore; poiché è:
237
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

HC = r1 sen ϑ
il suo valore sarà dato da:
mmax = r1 sen 2 ϑ (20)

e, in corrispondenza, il numero di denti del rocchetto stesso sarà:


2r1 2
zmin = = (21)
mmax sen 2 ϑ
Si vede quindi come il modulo massimo per una serie rocchetto-
cremagliera dipende solamente dall’angolo di pressione e non dal
raggio di primitiva del rocchetto.
La (20), la cui espressione si è ottenuta in modo semplice in base
a considerazioni geometriche, è il medesimo risultato che si a-
vrebbe calcolando il limite per τ→0 della (19): l'individuazione
del modulo massimo, infatti, (cfr. fig. 18 e 19) sia nel caso di r2
finito sia nel caso di r2 infinito, richiede comunque che si tracci
preventivamente la retta HO2 e questa, al crescere di r2, sarà sem-
pre meno inclinata sulla retta dei centri fino a diventare parallela a
quest'ultima quando il punto r2=∞.
Possiamo concludere, che la serie non è altro che un particolare
assortimento in cui la maggiore delle possibili ruote condotte ha
raggio infinito.
Per ϑ=20° si avrebbe:

τ 0 1/5 1/4 1/3 1/2 1


zmin 18 15 15 14 14 12

Nella fig. 20 si può osservare come il valore dell'angolo ϑ ed il


rapporto di trasmissione τ
influenzano il valore del
modulo massimo con cui
può essere realizzato un
assortimento (19) o una
serie (20) [τ=0]: a parità di
ϑ il modulo massimo
ammissibile risulta minore
man mano che il diametro
della ruota condotta cre-
sce; il modulo massimo
per la serie (rocchetto- Figura 20
238
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

cremagliera) risulta quindi sempre il più piccolo fra quelli che si


potrebbero utilizzare per un assortimento.
In fig. 20' si hanno i cor-
rispondenti valori del
minimo numero di denti
con cui può essere rea-
lizzato il rocchetto.
Si comprende an-
che che è sempre la
scelta del modulo che
consentirà di ottenere
come rocchetto una ruo-
ta “piccola” o una ruota
“grande”: per dato nu-
mero di denti, infatti, il Figura 20'
raggio della primitiva è,
come si è visto, direttamente proporzionale al modulo.
Resta infine da precisare che, utilizzando moduli non troppo
piccoli, può accadere che il dedendum porti la troncatura di base
all’interno della circonferenza fondamentale: in questo caso, poi-
ché non può esistere alcun tratto di evolvente all’interno della
fondamentale il profilo del dente, oltre questa, viene fatto prose-
guire radialmente fino alla troncatura di base. E’ questa la solu-
zione che consente contemporaneamente sia di non avere discon-
tinuità nel punto di passaggio dal profilo attivo al tratto di raccor-
do (la tangente all’evolvente nel punto in cui si diparte dalla fon-
damentale è appunto radiale) sia di non indebolire eccessivamente
il dente alla sua radice.
Alla luce di quanto esposto, può risultare ora chiaro, sul diagram-
ma della fig.17 (§ prec.), che le curve che definiscono l'ampiezza
dell'arco d'azione in fase di accesso devono interrompersi per il
valore di ascissa corrispondente ad mmax(τ): la retta tratteggiata,
relativa a τ=0, individua il valore del mmax per la serie.
Risulterà ancora chiaro che le medesime curve devono avere
la stessa ordinata per m=mmax: infatti, se m=mmax, qualunque sia il
diametro della ruota condotta, la sua troncatura di testa passa per il
punto H e quindi IA≡H, per cui l'ampiezza dell'arco d'azione in ac-
cesso è sempre la medesima.
239
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

§ 5.- Proprietà delle dentature ad evolvente.

Nella realizzazione delle dentature, l'utilizzo della evolvente


per la profilatura dei denti rientra ormai nella normalità; è caduta
in disuso, infatti, la profilatura cicloidale che prevedeva come epi-
ciclo una circonferenza al posto della retta.
I motivi che hanno fatto preferire le dentature con profilo ad
evolvente agli altri tipi di dentature si possono riassumere come
segue.
Il fatto che la linea di ingranamento risulta essere rettilinea ed in-
clinata di un angolo costante, ϑ, rispetto all’epiciclo ε è cer-
tamente un aspetto positivo: infatti, essendo la retta g, cui detta li-
nea appartiene, la normale comune al contatto fra i profili, anche
la forza mutua che si scambiano i denti, in assenza di attrito, risul-
ta avere direzione costante.
Per
& l'equilibrio alla rotazione di una ruota motrice, indicando con
Fn l'azione resistente esercitata dal dente della ruota condotta su
quello della ruota motrice, si dovrà scrivere:
Cm = Fn r1 cosϑ
da cui:
Cm
Fn =
r1 cosϑ
e si comprende che se è costante la coppia motrice risulterà co-
stante anche l'azione mutua fra i denti in presa.
Da quest'ultima espressione si de-
duce inoltre come non sia conve-
niente utilizzare angoli di pressio-
ne troppo grandi perché, a parità di
coppia, darebbero valori di Fn inu-
tilmente elevati e che si tradurreb-
bero in un aumento del carico sui
perni.
Dalla fig. 21 si può notare inoltre
che, al variare di ϑ, anche la forma
del dente risulta modificata in
quanto i profili
che lo delimitano corrispondono
ad evolventi di una fondamentale
di raggio minore: queste impor- Figura 21
240
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

rebbero al dente una maggiore larghezza sui fianchi e lo rendereb-


bero più aguzzo verso la sua estremità.
D'altra parte il valore di ϑ non può neppure essere troppo piccolo
perché (19 e 20) in tal caso risulterebbe pure minore il modulo.
Il valore di compromesso per ϑ, ormai generalmente utiliz-
zato, è di 20°.
Un'altra caratteristica delle dentature profilate ad evolvente è
che la ruota limite, ossia la ruota con il massimo diametro otteni-
bile, è la dentiera (o cremagliera) alla quale compete un dente con
profilo rettilineo.
Consideriamo, infatti, (fig. 22) una coppia qualsiasi di primitive
ed indichiamo con H e K i punti in cui la retta g si appoggia sulle
fondamentali: se, il punto O2, asse di rotazione della ruota condot-
ta, va all’∞ si ha come conseguenza che diventano rettilinee sia la
corrispondente primitiva, che va a sovrapporsi all'epiciclo ε, sia
pure la sua fondamentale, ed il punto K va anch’esso all’∞; ciò
vuol dire che quello
che era il moto di ro-
tolamento della retta g
intorno al punto K è di
1
fatto diventato un mo-
to traslatorio nella di-
2
rezione perpendicola-
re alla g stessa e quin-
di il profilo tracciato
da un punto della g in 1

tale moto risulta esse- 2

re rettilineo.
t

Tale circostanza è im-


Figura 22
portante dal punto di
vista tecnologico in quanto il profilo del dente della ruota limite
(rettilineo) può essere dato anche al tagliente di un utensile che sa-
rà in grado di intagliare correttamente un profilo ad evolvente se,
come moto di lavoro, ha quello del moto relativo che avrebbe la
dentiera rispetto all’altra ruota.
D’altra parte il poter disporre di un tagliente a profilo rettilineo
rende possibile una corretta affilatura dell’utensile stesso.
Un'altra prerogativa delle ruote con profilatura ad evolvente è
quella di consentire lo allontanamento, in una certa misura, degli
assi di rotazione senza che per ciò risulti pregiudicato né il cor-
retto ingranamento né ovviamente il rapporto di trasmissione; ciò
241
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

discende dal fat-


to che la denta-
tura non è geo-
metricamente
legata alle pri- 2
mitive ma alle 1
1
2

fondamentali. 1 2

Aumentare l’in-
terasse (fig.23),
portandolo dal
valore di pro-
getto d a d(1+α)
equivale a mo- Figura 23
dificare i raggi
delle due primitive portandoli in modo virtuale ad r1(1+α) e ad
r2(1+α); ma certamente non può equivalere ad un aumento corri-
spondente delle fondamentali che restano quelle in relazione alle
quali i denti sono stati già costruiti; queste invece risultano spo-
state e la retta g, tangente ad esse nei punti H’ e K’ e sempre con
la caratteristica di normale comune ai profili, mostrerà un valore
di angolo di pressione aumentato da ϑ a ϑ‘.
Il nuovo centro del moto relativo, C’, deve appartenere sia alla ret-
ta dei centri che alla retta g e quindi ha ancora la posizione di C. Il
rapporto di trasmissione sarà:
O1' C r1 cosϑ cosϑ ' r1
τ '= = = =τ
O2' C r2 cosϑ cosϑ ' r2
esattamente il medesimo che si aveva prima, come peraltro dove-
va essere giacché, come visto, esso dipendeva dal rapporto fra i
numeri dei denti delle ruote.
Il limite superiore per il valore di α sarà comunque rappre-
sentato dalla condizione che resti sempre E'≥p', avendo indicato
con E' la lunghezza dell'arco d'azione misurato sulle nuove primi-
tive e con p' la nuova lunghezza del passo; esso sarà certamente
maggiore in quanto è da misurarsi sulle nuove primitive che hanno
raggio maggiore.
Può essere interessante valutare, per un dato imbocco denta-
to, l'entità tollerabile dell'allontanamento dei centri in relazione al
modulo della dentatura ed al rapporto di trasmissione che le ruote
realizzano.
La nuova lunghezza dell'arco d'azione E' si può ottenere se-
242
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

guendo il medesimo procedimento utilizzato nel § 3, ma tenendo


conto che adesso i triangoli rettangoli da prendere in considera-
zione (fig.23) sono O'2K'C ed O'1H'C in cui è ora:
O2' I A' = r2 + m O1' I B' = r1 + m
O2' K ' = r2 (1 + α ) cosϑ ' O1' H ' = r1 (1 + α ) cosϑ ' (22)
CK ' = r2 (1 + α ) senϑ ' CH ' = r1 (1 + α ) senϑ '
D'altra parte poiché la retta g' deve risultare tangente alle stesse
fondamentali deve valere la condizione:
r1 (1+ α ) cosϑ ' = r1 cosϑ
da cui:
cosϑ
cosϑ ' = (23)
(1 + α )
Sostituendo nelle (22) si ha quindi:
O2' I A' = r2 + m O1' I B' = r1 + m
O2' K ' = r2 cosϑ O1' H ' = r1 cosϑ (24)
CK ' = r2 (1 + α ) − cos 2 ϑ CH ' = r1 (1 + α ) − cos 2 ϑ
2 2

Si può subito osservare, confrontando con i risultati ottenuti al §3


che avremo:
I A' K ' = I A K I B' H ' = I B H (25)

mentre, sviluppando le espressioni in terza riga delle (24) e tenen-


do conto che r1 r2 = τ , possiamo scrivere:
CK ' 1 CH '
= α 2 + 2α + sen 2 ϑ = α 2 + 2α + sen 2 ϑ
r1 τ r1
Allora, avendo già visto, (§3) che:
I A K = I A C + KC I B H = I B C + HC
e tenendo conto delle (25), avremo:
I A' C = I A C + KC − K ' C I B' H = I B C + HC − H ' C
In queste ultime é:
243
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

r1
KC − K ' C =
τ
(
senϑ − α 2 + 2α + sen 2 ϑ )
(
HC − H ' C = r1 senϑ − α 2 + 2α + sen 2 ϑ )
e quindi, dividendo per r1cosϑ' (18 §3), e tenendo conto della (23),
si ha:
E a* E 1 
r1
= (1 + α ) a +
 r1 τ cosϑ
(
senϑ − α 2 + 2α + sen 2 ϑ ) 
(26)
E r* E 1 
r1
= (1 + α ) r +
 r1 cosϑ
(
senϑ − α 2 + 2α + sen 2 ϑ ) 

che danno la lunghezza dei nuovi archi d'azione in accesso ed in
recesso conseguenti ad un allontanamento dei centri pari ad αd.
Sommando le due espressioni in (26), la nuova lunghezza totale è
data da:
E* E τ +1 
r1
= (1 + α ) +
 r1 τ cosϑ
(
sen ϑ − α 2 + 2α + sen 2 ϑ 

) (27)

La nuova lunghezza del passo, che, come già visto, risulta anch'es-
so variato, si ottiene facilmente, considerando che, con riferimento
al rocchetto, deve essere pz1 = 2π r1 ma anche p * z1 = 2π r1 (1 + α )
e che quindi:
p* = p(1 + α ) (28)

Ora, poiché l'entità dell'allontanamento dei centri effettiva-


mente possibile senza che si perda l'imbocco sarà piccola, convie-
ne introdurre una variabile più significativa, esprimendolo come
un'aliquota del modulo della dentatura; diremo cioè che sia
αd=βm e quindi:
αd m
=δ = β = β m*
r1 r1
dove quindi è di nuovo m*=m/r1.
Potremo allora sostituire nelle (27) e (28):
βm βm τ τδ
α = = = β m* = (29)
d r1 + r2 1 + τ 1+ τ
Occorre ancora tenere presente che, nel caso di imbocco rocchet-
to-cremagliera in cui è τ=0 ed r2=∞, dovendo essere certamente
finita la quantità δ dovrà essere necessariamente α=0; ne segue
244
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

che il secondo addendo entro la parentesi quadra della (27) è della


forma 0/0: tenendo conto della sostituzione (29), il suo limite per
τ→0 è -2βm*/sen2ϑ.
Quindi, per τ=0, la (27) diventa:
 E * E 2β m *
  =  − (27')
 r1 τ = 0  r1 τ = 0 sen 2ϑ
Le figg. (24a) e (24b) mostrano come l'allontanamento dei centri,
espresso in % del mo-
dulo della dentatura, in-
fluenza sia la lunghezza
dell'arco d'azione sia il
passo, al variare del
modulo della dentatura
(in % del modulo mas-
simo per quell'imboc-
co); si riferiscono alle
due situazioni limite:
due ruote uguali in
Figura 24a
fig.24a in cui τ=1 e
l'imbocco rocchetto-
cremagliera in fig.24b in cui è τ=0.
In entrambe è riportato, con il tratto continuo, il rapporto fra
la nuova lunghezza dell'arco d'azione e la lunghezza della circon-
ferenza primitiva del rocchetto; con la linea tratteggiata il rapporto
fra la lunghezza del
passo e la medesima
circonferenza.
L'interruzione delle
curve corrisponde alla
situazione in cui l'al-
lontanamento dei cen-
tri ha provocato una
riduzione dell'arco
d'azione tale da egua-
gliare la lunghezza
del passo. Figura 24b
Dal confronto dei due
diagrammi si deduce che l'imbocco rocchetto-cremagliera consen-
te una tolleranza maggiore nel rispetto dell'interasse di progetto.
L'allontanamento massimo possibile fra i centri di un im-
245
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

bocco dentato si ottiene cercando il valore di α [o di δ (29)] tale


per cui risulti nulla la differenza fra la (27) e la (28).
Scrivendo la (28) come:
p*
= m * π (1 + α )
r1
si ottiene:
E τ +1
+
r1 τ cosϑ
(
senϑ − α 2 + 2α + sen 2 ϑ − m * π = 0 ) (30)

Da qui, ponendo:
E
∆= − m*π
r1
si può ricavare:
2
∆τ  ∆τ 
[α ] max = 1+ sen 2ϑ +  cosϑ  − 1 (31)
1+ τ 1 + τ 
e, ancora per la (29), sarà:
τ +1
[δ ] max = [α ] max (32)
τ
Nel caso di rocchetto-cremagliera (τ=0), poiché, come si è già vi-
sto α→0, la (32) è della forma 0/0: il suo limite per τ→0 è:
1
[δ ]
max τ = 0 =
2
∆ sen 2ϑ

Questi risultati sono rappresentati nel diagramma di fig.25 che, al


variare del modulo (da-
to sempre come m*) e
per alcuni valori del
rapporto di trasmissio-
ne, ha in ordinate (29)
il valore del massimo
allontanamento possibi-
le fra i centri dell'im-
bocco (δ=αd/r1).
Si ha quindi la confer-
ma che, qualunque sia
il modulo della dentatu- Figura 25
ra, a parità di modulo, è
246
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

sempre la coppia rocchetto-cremagliera a consentire il massimo


allontanamento fra i centri dell'imbocco.
Contemporaneamente, qualunque sia il rapporto di trasmissione
realizzato dall'imbocco, lo scostamento massimo possibile dall'in-
terasse di progetto sarà maggiore, come è intuibile, quanto più
grande è il valore del modulo della dentatura.

§ 6. - Entità di strisciamento fra i denti.

Scelto ad arbitrio un punto P1 qualsiasi del profilo attivo di


un dente risulta assai semplice la determinazione del punto P2 ad
esso coniugato, ossia di quel punto, del profilo attivo del dente
dell’altra ruota che andrà in contatto con P1.
Infatti (fig.26), nel moto assoluto delle due ruote, la traiettoria di
P1 appartenente al dente della ruota (A) sarà necessariamente una
circonferenza di raggio O1P1 e questa incontrerà in P* la retta di
ingranamento g; anche il punto P2, all’istante del contatto con P1,
dovrà trovarsi in P* e vi dovrà essere giunto seguendo la sua
traiettoria, ossia una circonferenza di raggio O2P*.
Il punto P2 sarà quindi definito dalla intersezione di questa circon-
ferenza con il profilo attivo del dente della ruota (B) interessato al
contatto con il dente cui appartiene P1.
Lo stesso metodo può essere impiegato per la valutazione
della entità di strisciamento
fra i profili, valutazione per
la quale occorre soltanto la
ricerca dei punti, di due pro-
fili attivi, che risultano co- 1
2

niugati durante l’imbocco:


dall’istante, cioè, in cui la
coppia di denti entra in presa
all’istante in cui la stessa
coppia abbandona la presa.
I dati a disposizione per la
risoluzione di questo pro-
blema (fig.27) sono rappre-
sentati:
- dal fatto che all’istante del
Figura 26
247
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

primo contatto un punto del


fianco di un dente della ruo- 1r

ta (A), P1a, tocca 1C


l’estremità, P2a, della costa A a

del dente della ruota (B) 1a


che gli corrisponde 2r
nell’ingranamento e che la
traiettoria di P2a coincide 2a 2C
con la troncatura di testa 2

della ruota (B); 1

- dal fatto che all’istante


dell’ultimo contatto
l’estremità, P1r, della costa
del dente della ruota (A)
toccherà un punto, P2r, del
fianco del dente della ruota r
B
(B) e che la traiettoria di P1r
coincide con la troncatura
di testa della ruota (A); Figura 27
- che all’istante in cui il contatto attraversa la retta dei centri
saranno a contatto in C i punti dei due denti in presa le cui
traiettorie sono proprio le primitive.
Seguendo lo stesso criterio di fig. 26, è facile allora comprendere
che il punto P* deve essere, in fase di accesso il punto P *a ≡ I A e
in fase di recesso il punto P *r ≡ I B ; da questi è immediato risalire
rispettivamente ai punti P1a e P2r che definiranno le lunghezze del
tratto di fianco interessato al contatto per il dente della ruota mo-
trice, (A), e per il dente della ruota condotta, (B); a ciascuno di es-
si, corrispondentemente, sarà coniugata l’intera costa di (B) e
l’intera costa di (A).
Si può notare (fig. 27) che, sia in fase di accesso che in fase di re-
cesso, la lunghezza del tratto di fianco è minore della lunghezza
della costa con cui esso è coniugato, cosa che denota appunto il
verificarsi dello strisciamento fra i profili. La differenza fra tali
lunghezze darà la misura dell’entità di strisciamento fra i denti in
fase di accesso o in fase di recesso. Infatti, poiché a partire da un
generico istante di contatto, una successiva coppia di punti coniu-
gati si trovano entrambi percorrendo i profili nel medesimo verso,
gli archi elementari dσf e dσm della (7 ) (Cap.6 - § 4) hanno il me-
desimo segno e pertanto il valore dell’entità di strisciamento risul-
ta dalla effettiva differenza degli archi in contatto.
248
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

§ 7. - Ruote dentate cilindriche a denti elicoidali.

Le ruote dentate piane fin qui trattate, sono state studiate


considerando un generico piano ortogonale all’asse di rotazione
Trattandosi di moti piani, non era necessario preoccuparsi
del fatto che, nella realtà, le ruote sono corpi solidi cui compete
necessariamente un dato spessore: volendo tener conto di ciò, sa-
rebbe stato più esatto (fig.28) parlare di cilindri primitivi e cilin-
dri fondamentali invece di circonferenze primitive e fondamentali;
di un piano tangente ai cilindri primitivi lungo la generatrice di
contatto, e di un piano contenente quest’ultima e tangente ai cilin-
dri fondamentali, le cui tracce su un piano di sezione perpendico-
lare agli assi di rotazione sono rispettivamente la retta ε e la retta
g.
In altre parole si può pensare che
le effettive ruote dentate a denti
diritti si ottengano con una tra-
slazione assiale delle sagome dei
denti parallela agli assi di rota-
zione; il contatto fra i denti
dell’imbocco, quindi, non è in
effetti un contatto puntiforme ma
un contatto lineare.
Se, ora, alle sagome dei
denti di ciascuna ruota, invece
che il moto traslatorio suddetto,
si impone un moto elicoidale
(con versi discordi per le due
ruote nel caso di imbocco ester- Figura 28
no) si otterranno delle ruote, an-
cora piane ma con dentatura elicoidale: indicando con r il raggio
di uno dei cilindri primitivi e con pe il passo corrispondente al mo-
to elicoidale imposto, l’angolo di inclinazione dell’elica sul cilin-
dro primitivo sarà dato da:
2πr
tanα = (33)
pe
Ne segue che, indicando rispettivamente con (a) e (b) i piani fron-
tale e posteriore della ruota, e con z è lo spessore della ruota, la ro-
tazione necessaria affinché il contatto fra due denti passi da Ca in
Cb è quella corrispondente ad una arco di primitiva pari a:
249
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

p' = z tan α
Tale arco prende il nome di sfasamento mentre prende il nome di
torsione l’angolo pari al rapporto p’/r.
La conseguenza fondamentale di una tale disposizione degli assi-
dente1 è quella di un aumento virtuale dell’arco d’azione del-
l'imbocco.
Infatti accade (fig. 29) che, per effetto della torsione dell’elica,

quando la ruota abbia compiuto una rotazione ∆ϑ' = CC ' r pari a
quella necessaria affinché sulla sezione frontale si passi dal primo
all’ultimo punto di contatto fra le sagome dei denti in presa (CC’
equivale all’arco d’azione della corrispondente ruota a denti dirit-
ti), questi ultimi sono ancora in contatto in una sezione intermedia

distante da quella frontale di una lunghezza pari a CC' tan α e ri-
marranno ancora in pre-
sa per una ulteriore ro-

tazione ∆ϑ" = C ' C" r
b

che sposterà il contatto


sulla sezione posteriore.
Quest’ultima rappresen- 1

ta proprio l’aumento di a

arco d’azione che si rie-


sce ad ottenere rispetto
ad una ruota a denti di-
e

Figura 29
ritti ugualmente dimen-
sionata.
La circostanza fin qui descritta dà luogo ad alcuni vantaggi
di non poca importanza.
Se l’arco d’azione dell’imbocco è aumentato, sia pure in modo
virtuale, è evidente che risulta possibile adottare per la dentatura
un modulo minore che riduce il raggio del cilindro di troncatura di
testa e conseguentemente l’ampiezza dell’arco d’azione sulla se-

zione frontale (CC' ), ma senza per questo rischiare di perdere la
presa fra i denti il cui contatto durante la rotazione si sposta, lungo
l'elica, dalla sezione frontale alla sezione retrostante; modulo mi-
nore e quindi denti di altezza minore significa anche avere denti
con radice più larga e quindi più rigidi a parità di forza scambiata
1
In questo contesto si intende per asse-dente l’elica, appartenente al cilindro
primitivo, passante per il punto di intersezione dell’asse di simmetria della sa-
goma generatrice del dente con lo stesso cilindro primitivo.
250
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

fra le superfici; modulo minore significa anche contatti più vicini


al centro C e quindi minore velocità massima di strisciamento e
quindi minori perdite.
Ancora, dal punto di vista del contatto, poiché l’inizio e la fine
dell’imbocco fra una coppia di denti non risulta più istantaneo
come nelle ruote a denti diritti ma, al contrario, si hanno fra i denti
punti di contatto corrispondenti ad una parte estesa dell’arco di in-
granamento, ne risulta globalmente una maggiore silenziosità ed
una concomitante dolcezza di movimento.
E’ appena il caso di sottolineare che una coppia di ruote a
dentatura elicoidale, affinché possa ingranare correttamente, deve
avere oltre allo stesso passo anche la stessa inclinazione, α,
dell’elica. I valori di α che vengono utilizzati sono generalmente
compresi fra i 30° ed i 45°.

§ 8. - Genesi della superficie attiva dei denti.

Per quanto già detto nel precedente paragrafo la generazione


della superficie attiva dei denti, nel caso di ruote a dentatura di-
ritta, può essere pensata come ottenuta per effetto del rotolamento
senza strisciamento di un piano m sul cilindro fondamentale
(fig.30); una retta l di tale piano, parallela all’asse di rotazione e
coincidente, ad un da-
to istante, con la gene-
ratrice di contatto, ge-
nera, nel moto relati-
vo di m rispetto al ci-
lindro, la superficie
del dente della ruota:
l'intersezione di un
qualsiasi piano m*,
ortogonale alla retta l,
con il piano m sarà la
retta g mentre l'inter- Figura 30
sezione fra m* stesso
e la superficie generata da la l nel moto di m è l’evolvente della
circonferenza fondamentale intersezione di m* con il cilindro.
Nel caso di dentatura elicoidale, invece, la superficie del dente
251
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

(fig.31) sarà quella


generata da una retta
l1 ancora del piano
m, ma inclinata di un 1

angolo β rispetto alla


l: nel rotolamento
senza strisciamento
di m sul cilindro fon-
1
damentale, la retta l1
genera una superficie
rigata (elicoide svi- f

luppabile); la sezione
di tale superficie con Figura 31
un qualsiasi piano
perpendicolare all'asse di rotazione passante per la intersezione, P,
della l1 con la l, mostrerà una linea che non è altro che la traietto-
ria del punto P; e questa è ancora una evolvente della circonferen-
za fondamentale, intersezione del cilindro su cui rotola il piano m
con un piano ortogonale alla retta l.
L’origine di questa evolvente si ha quando il punto tracciatore P si
trova sulla superficie del cilindro fondamentale, ossia quando la
retta l coincide con la generatrice dello stesso.
D’altra parte, la retta l1 generatrice della superficie del dente,
in quanto retta del piano m, sarà sempre tangente al cilindro fon-
damentale; e pertanto sviluppando quest’ultimo sul piano m, il
luogo dei punti di tangenza coincide con la stessa l1.
Tale luogo è quindi un'elica cilindrica inclinata di β sulle
generatrici del cilindro fondamentale, e la superficie del dente non
è altro che la superficie rigata luogo delle tangenti all’elica del ci-
lindro fondamentale di inclinazione β, ovverosia l’elicoide genera-
to dal moto elicoidale della retta l1 intorno all'asse del cilindro (e-
licoide rigato aperto).
Il legame fra
l’angolo di incli-
nazione dell’elica
p
f

individuata sul ci-


lindro
fondamentale, β, e ef e p

l’angolo di incli- Figura 32


nazione dell’elica
dell’asse
dente dente primitivo), α, si trova immediatamente se si
(sul cilindro
252
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

considera (fig. 32) che il passo elicoidale, pe, di entrambe le eliche


(e di tutte le altre individuabili su cilindri coassiali di raggio diver-
so), per il fatto che esse nascono dallo stesso moto elicoidale, de-
ve essere il medesimo, e quindi deve essere:
2πr f
pe = (34)
tan β
uguale a quello che compare nella (33) del § precedente.
Da questa eguaglianza si deduce:
r rf r cosϑ
= =
tan α tan β tan β
e quindi:
tan β = tan α cosϑ (35)

Tenendo conto, poi, del modo in cui si genera la superficie


del dente, si può dedurre anche che, se il raggio del cilindro primi-
tivo diventa infinito, e quindi anche quello del cilindro fondamen-
tale, il moto del piano m diventa un moto traslatorio nella direzio-
ne ortogonale ad esso stesso, e la sua retta l1 genererà la superficie
piana del dente della cremagliera il cui asse dente sarà quindi retti-
lineo ma inclinato dell’angolo α rispetto all’asse di rotazione della
ruota coniugata.
Considerando infine che la retta l1, nel rotolamento del pia-
no m sull’altro cilindro fondamentale, genera anche la superficie
del dente della ruota coniugata si comprende che, in stretta analo-
gia con il caso delle ruote a denti diritti, il piamo m è il piano
d’azione e che i denti, durante l’ingranamento si toccano lungo la
l1 stessa, generatrice comune delle loro superfici.

§ 9. - Azioni che si scambiano i denti a contatto.

Consideriamo che la superficie di un dente in presa sia in


contatto in un generico punto P della retta l1 (fig. 33) con la super-
ficie del dente coniugato, e per P stesso consideriamo il piano m*
ortogonale alla l1.
La normale comune di contatto fra i denti deve certamente
appartenere al pino m ed essere anche perpendicolare alla retta l1
253
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

in quanto generatrice comune delle due superfici coniugate; dovrà


cioè essere la retta del piano m, intersezione con il piano m*; e in-
clinata, quindi, dell’angolo β rispetto alla normale alla retta l (ov-
vero π/2-β rispetto alla stessa retta l o all’asse z).
D’altra parte il piano m, in quanto tangente ai cilindri fon-
damentali, è inclinato dell’angolo ϑ rispetto al piano tangente co-
mune ai cilindri primitivi.
La normale,
& così diretta, è la retta di applicazione della forza nor-
male, Fn , che, in assenza di attrito, il dente coniugato esercita in P.
Questa potrà essere scomposta nelle due componenti:
& &
Fxy = Fn cos β
& & & (36)
Fz = Fa = Fn sen β
Di queste, la prima ha come retta di applicazione l’intersezione
del piano m con il
piano per P ortogona-
le all'asse di rotazio-
ne e risulta ortogona-
le all’asse z, mentre
1

la seconda ha come
retta di applicazione a

una retta parallela


xy

all’asse z. 1
n

Quest’ultima, pertan-
to, avrà momento
nullo rispetto all’asse
f

di rotazione della Figura 33


ruota e solamente la
prima, di conseguenza, sarà di grado di equilibrare una coppia mo-
trice Cm applicata all’asse della ruota stessa.
Sarà quindi:
Cm = Fxy r cosϑ = Fn cos β r cosϑ (37)

da cui si può ricavare:


Cm
Fn = (38)
r cosϑ cos β
e quindi, se si fa corrispondere all'asse delle x l'asse della retta dei
centri, si ha:
254
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

Cm
Fx = Fxy cosϑ = Fn cos β cosϑ =
r
C
Fy = Fxy senϑ = Fn cos β senϑ = m tanϑ
r
Si comprende dalla (38) come la forza mutua che si scambiano i
denti in una dentatura elicoidale risulta essere, a parità di circonfe-
renza fondamentale, maggiore di quella che si avrebbe nel caso di
ruota a denti diritti.
La componente parallela all’asse di rotazione, che si definisce an-
che spinta assiale, sarà data, per la (38), da:
Cm Cm C
Fa = sen β = tan β = m tan α (39)
r cosϑ cos β r cosϑ r
La presenza della spinta assiale comporta la necessità di montare
un ingranaggio a denti elicoidali predisponendo sull’asse di rota-
zione degli opportuni sopporti spingenti senza i quali le ruote tra-
slerebbero lungo lo stesso fino a perdere l’ingranamento.
Una particolare soluzione per evitare l’inconveniente della
spinta assiale è quella delle ruote con dentatura a freccia o a dop-
pia elica (dentatura Chevron): sono accomunate in un’unica ruota
due dentature con inclinazione dell’elica, α, di segno opposto otte-
nendo quindi, sullo stesso asse, due spinte assiali eguali ed oppo-
ste.

§ 10. - Proporzionamento dei denti.

Nelle ruote a denti elicoidali, oltre al passo frontale p, mi-


surato sulla circonfe-
renza intersezione del
cilindro primitivo
con un piano ortogo- fr p

nale all'asse di rota-


np

zione, si considera
nf
fr f

anche il passo nor-


male pn definito co-
me la distanza, in ar-
Figura 34
co, fra due profili
omologhi successivi misurata, ancora sul cilindro primitivo, ma
255
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI PARALLELI

sull’elica ortogonale agli assi-dente.


Sviluppando in un piano il cilindro primitivo (fig. 34) si può com-
prendere che la relazione che intercorre fra questi due passi è:
pn = p cosα (40)

Una relazione analoga intercorre fra i passi misurati a livello di


circonferenza fondamentale alla quale sono legati di fatto profili e
superfici dei denti; indicando con pf il passo frontale e con pnf il
passo normale misurati su di essa, tra questi passi deve intercorre-
re la relazione:
pnf = p f cosβ (41)

Ora, poiché per un corretto ingranamento, come si è già visto, due


ruote devono avere lo stesso passo p, si comprende dalla (40) che
dovranno avere pure lo stesso passo normale sia sul cilindro pri-
mitivo come pure sul cilindro fondamentale.
In corrispondenza al passo normale, pn, si definisce il modu-
lo normale mn in base al quale viene fissato il proporzionamento
dei denti con le stesse modalità che si utilizzano per la dentatura
diritta: ciò perché la lavorazione del dente stesso viene eseguita
lungo l’elica.
Tenendo conto della (40), è:
pn p
mn = = cos α (42)
π π
Ne segue che il numero dei denti che si possono disporre sul cilin-
dro primitivo, e che dovrà essere comunque una quota intera della
circonferenza, sezione retta di questo cilindro, sarà dato da:
2πr 2πr 2r
z= = cos α = cos α (43)
p pn mn
Si vede quindi che, poiché il rapporto 2r mn corrisponde al nume-
ro di denti che, con quel modulo, avrebbe una ruota a denti diritti
di pari raggio di primitiva, nel caso di dentatura elicoidale il nu-
mero di denti risulta tanto minore quanto più elevato è il valore
dell’angolo α.
E di conseguenza, per mn=(mn)max si potrà avere un minimo nu-
mero di denti, zmin, pure minore. Con gli usuali valori di α
(30°./.45°), e con un angolo ϑ=20°, il valore di zmin potrà variare
corrispondentemente fra 13 e 11.
256
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

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