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RELAZIONI INTERNAZIONALI

IL LIBERALISMO: DOPO L’89


Durante gli anni 90, l'internazionalismo liberale visse un notevole “ritorno”. la fine della guerra fredda è
stata ampiamente interpretata da accademici, politici e media allo stesso modo-inaugurando un nuovo e
liberale ordine mondiale.
Il liberismo sembrava essere eccezionalmente in sintonia con il “processo di sviluppo globale” che lo
aveva finalmente portato in cima e portato a un liberale egemonia nel sistema internazionale.
l'egemonia liberale, a sua volta, si apre un vasto potenziale di movimento verso la realizzazione della
visione liberale mondiale.
La convalida storica della teoria liberale in combinazione con la posizione dominante di stati liberali (..)
diedero così origine a un periodo di massimo e profondo ottimismo.
Nello spirito di questo ottimismo, gli attori liberali intrapresero un proattivo estero e politiche
internazionali volte a realizzare queste promesse liberali.

IN TEORIA (E IN PRATICA)
Eppure, in pratica, gli attori liberali spesso fallivano all'altezza di queste aspettative teoriche, mentre le
politiche liberali non sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi o hanno condotto esiti altamente
paradossali. E questo è in parte una disgiunzione tra liberale e pratica o risultati contraddittori di
quest'ultimo che ha portato gli osservatori a concludere che l'aumento di liberismo all'inizio degli anni 90,
aveva alla fine del decennio, già trasformato in un decesso.
Questo in definitiva molto breve periodo di massimo splendore di internazionalismo liberale sembrava
adattarsi perfettamente al destino generale del liberalismo in ambito di affari internazionali - che è per la
maggior parte dei conti caratterizzato da ripetuti alti e bassi, da periodi di aspettative esaltate fallimenti
imbarazzanti.
B. Jahn, liberal internazionalism, 2013.

I PUNTI DI INTERESSE
● Progetto liberale e modernità: gli anni 90

● Il ruolo degli USA e dei paesi liberali


● Ottimismo e politica estera proattiva

● I limiti delle politiche liberali: aspettative e fallimenti.

L’OTTIMISMO DEI LIBERALI


Che cosa rende ottimisti i liberali? Come mai vedono (la possibilità di) un mondo più pacifico e una
comunità internazionale più cooperativa dei realisti?

Quali sono i presupposti della loro teorizzazione e in che modo i liberali argomentano le loro tesi?

LE RAGIONI DELL’OTTIMISMO/1
I liberali hanno fiducia nella ragione e dunque nella possibilità di gestire la politica internazionale in modo
razionale (il ruolo che attribuiscono alle organizzazioni internazionali dipende anche da questa convinzione:
le OIG riducono i costi di transazione). Secondo i liberali la ragione può avere meglio sulla brama di potere e
la paura grazie all’affermarsi del diritto internazionale.
LE RAGIONE DELL’OTTIMISMO/2
Essi riconoscono il peso degli interessi, dunque ritengono che individui e stati siano orientati a una
cooperazione reciprocamente vantaggiosa. L’attenzione per gli attori non-stati e la low politics (rispetto
alla high politics, che attribuisce priorità alla sicurezza) cambia i termini della riflessione sulla cooperazione.

LE RAGIONI DELL’OTTIMISMO /3
Poiché la modernizzazione incrementa costantemente ambiti ed esigenze di cooperazione, questa finirà
per prevalere sulla dimensione competitiva della politica mondiale. I liberali sono progressisti.

LE VARIANTI DEL LIBERISMO


Negli anni Venti del Novecento il liberalismo si è manifestato nella sua variante idealistica. Dopo la
Seconda guerra mondiale evolve dando vita a quattro filoni:

 sociologico
 dell’interdipendenza
 istituzionale
 repubblicano

IL LIBERISMO SOCIOLOGICO
Si distingue per l’attenzione che dedica ai rapporti tra soggetti diversi dagli stati: persone, gruppi e
organizzazioni private (come oing, imprese ecc.). Il fuoco della sua analisi è costituito dalle relazioni
transnazionali.

SFIDE DEL XXI SECOLO E NON-STATE ACTORS


Il mondo non può affrontare con successo 20 minacce e sfide del primo secolo, come il cambiamento
climatico, la pandemia, il cyber conflitto, e la disuguaglianza, senza mobilitare una nuova serie di attori.
Le istituzioni esistenti, sebbene preziose, sono state costruite per un mondo di potere concentrato, in cui a
una manciata di stati ha dettato legge. Oggi, il potere è molto più diffuso, con attori non statali abbastanza
forte da creare entrambi problemi internazionali e aiutarli a risolverli. Di conseguenza, l'ordine attuale
deve espandersi non di differenziazione tra vari tipi di stati ma facendo spazio a nuove categorie di attori
non statali.

BRI AND PEOPLE-TO-PEOPLE BONDS


One Belt, one Road sono stati descritti come “i più significativi e con più iniziativa di vasta portata che la
Cina abbia mai presentato”.
5 obiettivi principali si collocano all'interno di un ampio quadro di connettività e cooperazione: connettività
delle strutture, senza ostacoli di commercio, integrazione finanziaria, e legami interpersonali.
sebbene questo obiettivo finale sia ampiamente riconosciuto come importante meccanismo di
approfondimento e della cooperazione bilaterale e multilaterale, ha ricevuto meno attenzione da parte dei
media e degli esperti in gran parte perché i progetti non portano lo spettacolo di infrastrutture
multimiliardarie investimenti e contratti, o i risultati dei mega progetti che producono.
Tuttavia, sia per la Cina che per molti dei paesi coinvolti, in termini culturali e storici, molto in gioco in
questo progetto.
Come ha indicato Xi Jinping nel suo discorso al forum Boao per la conferenza annuale dell’Asia nel 2015, la
belt and road promuoverà gli scambi Inter civiltà per costruire ponti di amicizia per la nostra gente, guida
lo sviluppo umano e salvaguarda la pace nel mondo.
TURBOLENCE IN WORLD POLITICS (1990)
James Rosenau sostiene che tali relazioni fra individui e gruppi (dunque libere dalla sovranità) si
sviluppino parallelamente a quelle tradizionali, interstatali (condizionate dalla sovranità). L’intreccio tra le
due dimensioni caratterizza la politica globale contemporanea.

COMUNICAZIONE E LAGAMI FIDUCIARI


La convinzione dei liberali che si concentrano sulle relazioni tra gruppi e organizzazioni diverse dagli stati è
che queste siano più pacifiche e cooperative di quelle interstatali.

LE COMUNITÀ DI SICUREZZA
K. Deutsch nel 1957, in un lavoro dal titolo Political Community and the North Atlantic Area, suggerisce che
una comunicazione più intensa tra individui e organizzazioni possa favorire la nascita di “comunità di
sicurezza”. L’esempio classico è l’area nordatlantica. Una comunità di sicurezza è caratterizzata da legami
fiduciari (presunzione di amicizia) che alterano le dinamiche previste dal dilemma della sicurezza.

WORLD SOCIETY: IL MODELLO A RAGNATELA


In uno studio del 1972, dal titolo World Society, John Burton propone un modello a ragnatela (cobweb)
che, dal suo punto di vista, rappresenta in modo più efficace le relazioni tra i soggetti della politica mondiale
rispetto al classico modello a “palla da biliardo” (dinamica azione/reazione).

IL RUOLO DELLE APPARENZE


Se ciascuno – stato o attore non statale – fa parte di vari gruppi e le relazioni fra i gruppi sono molteplici, la
sovrapposizione delle appartenenze (loyalties) minimizza il rischio di conflitto. Un mondo con un gran
numero di relazioni transnazionali (network, oggi) sarà più pacifico.

IL LIBERALISMO DELL’ITERDIPENDENZA
Interdipendenza significa reciproca dipendenza: ciascuno risente delle azioni compiute e delle decisioni
assunte altrove. L’interdipendenza è cresciuta con la modernizzazione.

LO STATO COMMERCIANTE
I paesi industrializzati cercano infatti di incrementare il proprio peso politico attraverso lo sviluppo
economico e il commercio (rispetto all’esercizio della potenza militare e le conquiste territoriali che hanno
costi sempre più alti in un mondo integrato). Il modello vincente diviene quello dello “stato
commerciante” rispetto allo “stato combattente”.

LINTERDIPENDENZA COMPLESSA
Nel 1977 Robert Keohane e Joseph Nye pubblicano Power and Interdependence nel quale sostengono che
l’interdipendenza del secondo dopoguerra è qualitativamente diversa dalle forme precedenti: per
distinguerla da queste ultime la definiscono «complessa».

L’interdipendenza complessa riflette l’affermarsi della low politics come dimensione prevalente rispetto
alla tradizionale politica di sicurezza (high politics). Si è innescato un circolo virtuoso: gestione dei problemi
comuni/ulteriore incremento dell’interdipendenza.
Per effetto di ciò la politica mondiale ha subito un processo di domestification, che la rende sempre più
simile alla politica interna nonostante la differenza strutturale tra le due sfere. Anche a livello
internazionale si parla di politiche pubbliche/ governance. La dimensione cooperativa prevale su quella
competitiva.
I TRATTI DI UNA POLITICA MONDIALE COMPLESSA
Gli attori, stati e non-stati, perseguono obiettivi diversificati e articolati (questi dipendono da vari fattori,
compresa la definizione della propria identità in una dinamica sociale). Nye parlerà di più «scacchiere» per
descrivere la complessità del gioco. Il ruolo (e la capacità di orientare i risultati) dei singoli attori è legata
alle aree tematiche (issue areas) e ai contesti negoziali. Le organizzazioni internazionali multilaterali
assumono un ruolo crescente perché valorizzano attori secondari.

Caratteristiche delle relazioni internazionali


Realismo Interdipendenza complessa
Gli stati sono protagonisti cresce l'importanza degli attori transnazionali
Gli Stati sono entità coese (unitari) Gli Stati sono entità composite (ruolo gruppi)
la forza è uno strumento efficace prevalgono strumenti economici e istituzionali
sicurezza ruolo preminente in agenda cresce importanza benessere socioeconomico

NEL MONDO POST OTTANTANOVE


Con la fine della Guerra fredda, anche le grandi potenze hanno adottato il modello dello stato
commerciante. Un alto grado di divisione del lavoro nell’economia globale, che rende gli stati più
interdipendenti, li renderebbe anche più pacifici. Per questo i liberali che si concentrano sugli effetti
dell’interdipendenza sono stati ottimisti sulle prospettive della pace.

DAL LIBERALISMO AL MERCANTILISMO


Oggi, il ritorno di una visione competitiva delle relazioni internazionali incoraggia l’adozione di una logica
mercantilistica, secondo la quale l’economia deve servire l’interesse pubblico preminente, cioè la sicurezza
dello stato.
Ridurre l’interdipendenza per competere, tentando di ottenere la maggior quota di potere in un gioco a
somma zero, è una strategia possibile. Tuttavia, «sganciare» due economie (decoupling) significa far venir
meno un’importante fonte di reciproca collaborazione e fiducia. Ciò, secondo i liberali, aumenta il rischio
di conflitti.

THE SECURITY RISKS OF A TRADE WAR WITH CHINA


Mentre la resa dei conti si intensifica, molti osservatori sono comprensibilmente focalizzati sul potenziale
per una piena vera e propria guerra commerciale che potrebbe destabilizzare il mondo dell'economia. ma
dovrebbero anche considerare il secondo ordine, a più lungo termine implicazioni-nell'ambito della
sicurezza. Fino a poco tempo fa, i legami economici di due nazioni erano serviti come un efficace freno
alla crescente sfiducia strategica.
Una Cina meno vincolata e investita in legami economici con gli Stati Uniti potrebbe rappresentare un
problema, una sfida sostanzialmente maggiore per gli stranieri della statunitense politica. Per tutte le
frustrazioni nella gestione dell'interdipendenza le amministrazioni di Trump potrebbero significare le
conseguenze del disaccoppiamento con mal di testa ancora più grandi.
a lungo termine, una Cina economicamente disaccoppiato dagli Stati Uniti potrebbe ridimensionare la
cooperazione bilaterale esistente e prendere una revisione più aperta l'atteggiamento nei confronti
dell'ordine del dopoguerra.

CHINA’S SPUTINIK MOMENT?


Poi è arrivato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. sanzionando imprese imprenditoriali cinesi, le ha
costretta a fermarsi affidandosi a tecnologie statunitensi come i semiconduttori. Ora, la maggior parte di
loro stanno cercando di trovare alternative domestiche o di progettare le stesse tecnologie necessarie. In
altre parole. la mossa di Trump ha realizzato ciò che il governo cinese non potrebbe mai: allineare gli
incentivi delle società private con l'obiettivo dello Stato di autosufficienza economica.

DALL’INTERDIPENDENZA ALL’INTEGRAZIONE
L’interdipendenza genera anche nuovi problemi condivisi e favorisce la percezione della loro esistenza.
Ciò, secondo i liberali, indurrà gli stati a individuare, con pragmatismo, soluzioni comuni. A implementarle
saranno chiamate organizzazioni internazionali di norma settoriali, depositarie di saperi e competenze
specialistiche.

L’APPROCCIO FUNZIONALISTA
A partire dal 1943, in A Working Peace System, David Mitrany propone così una teoria funzionalista
dell’integrazione secondo la quale saranno gli stessi problemi a «generare» soluzioni istituzionali
appropriate.

SPILLOVER E INTEGRAZIONE
In questo modello, l’integrazione si diffonde per spillover da un settore all’altro dei molti caratterizzati da
problemi non più risolvibili in modo autonomo dagli stati. Questo spiega la proliferazione delle OIG a partire
dal secondo dopoguerra. L’efficacia delle organizzazioni internazionali indurrà i cittadini del mondo a
legittimare la loro attività e ciò rafforzerà la pace.

LA LEZIONE DI MITRANY OGGI


Piuttosto che alleanze di tipo blocco fisso, sembra che stiamo assistendo al sorgere di molteplici,
sovrapposti, flussi di costellazioni di potere e interessi che variano in base allo specifico (funzionale nelle
parole di Mitrany) problema a mano.
e quando si tratta di leadership, piuttosto che creare un unico leader globale -attuale o presunto- noi
invece abbiamo bisogno di concentrarci su chi ha le capacità, il desiderio e la legittimità di guidare un
determinato settore politico.

dobbiamo anche parlare in modo flessibile (seguendo gli avvertimenti di rigidità di Mitrany) sui quali sono i
più efficaci siti e/o livelli di governance, accettare che i leader diversi possano emergere
contemporaneamente in diverse gerarchie.

D. MITRANY, A FUNCTIOMAL APPROACH TO WORLD ORGANIZATION, 1948


Sembra essere il destino di tutti i periodi di transizione che riformatori sono più pronti a combattere per
una teoria piuttosto che mettere insieme un problema. in questa fase posso solo chiedere di ricevere
credito per l'affermazione che non rappresento una teoria. rappresentano un'ansia.
A casa, quando vogliamo cambiare o riformare, dichiariamo i nostri obiettivi in termini tali che tutti possano
vedere come possiamo raggiungerli. Quando si tratta del mondo internazionale, dove ci troviamo di fronte
a vecchie ostinata abitudini di mente sentimento e dogmi politici, dove il cambiam

ento che abbiamo in mente e deve chiudere uno dei tomi ponderosi della storia e aprirne uno nuovo, uno,
sembra che non farò altro che il perfetto obiettivo e risultino alati.

IL RAPPORTO CON IL REALISMO


Scrive Nye nel suo Bound to Lead (1990): “La risposta appropriata ai cambiamenti che si stanno verificando
nella politica mondiale non è quella di screditare la tradizionale saggezza del realismo, con il suo primario
interesse per l’equilibrio di potenza militare: si tratta piuttosto di riconoscerne i limiti e di integrarla con
alcune intuizioni dell’approccio liberale”.

IL LIBERALISMO ISTITUZIONALE
Erede degli studi sull’organizzazione internazionale, si propone di spiegare il successo della cooperazione in
un contesto decentralizzato (anarchico, nella definizione di Waltz). Sono le istituzioni, secondo i liberali
istituzionalisti, a consentire agli stati di raggiungere obiettivi comuni in presenza di importanti incentivi in
senso contrario. Le istituzioni riducono l’impatto del rischio di essere ingannati e del rischio di essere
svantaggiati nella ripartizione dei guadagni derivanti dalla cooperazione.

OIG E REGIMI INTERNAZIONALI


Oltre alle vere e proprie OIG, occorre considerare i regimi internazionali, forme di cooperazione
istituzionalizzata prive di alcuni tratti che contraddistinguono le OIG come segretariato, sede, personalità
giuridica ecc. Un altro modo per definirli è «accordi dotati di continuità istituzionale», ad esempio perché
all’accordo che avvia la pratica cooperativa fanno seguito successivi protocolli. Si rivelano utili soprattutto
quando i problemi collettivi devono essere gestiti nel tempo e gli strumenti della cooperazione adattati allo
scopo.

DEFINIRE I REGIMI INTERNAZIONALI


I regimi internazionali sono insiemi di “principi, norme, regole e procedure decisionali attorno alle quali le
aspettative degli attorni convergono in una determinata area tematica delle relazioni internazionali”. In
questa definizione ciò che emerge come elemento cruciale è la convergenza delle aspettative, che favorisce
appunto la cooperazione.

I TEMI DELLA RICERCA


Gli studiosi che si concentrano sulle istituzioni – OIG o regimi internazionali - si chiedono:

 In quali condizioni e in che modo nascono?


 Come e quanto influenzano il comportamento degli attori?
 Una volta costituiti rivelano una certa robustezza così da poter affermare che non riflettono
soltanto gli interessi contingenti dei membri?
 La loro attività – il loro successo – influenza il funzionamento della politica internazionale nel suo
complesso?

In ogni sistema osserveremo ampiezza e intensità (thick/thin) dell’istituzionalizzazione.

ISTITUZIONI E TEORIE NEOREALISTA DEI VINCOLI ALLA COOPERAZIONE


Secondo, gli istituzionalisti, le istituzioni riducono l’impatto di entrambi i vincoli alla cooperazione
prefigurati dal realismo strutturale waltziano: il rischio di essere ingannati e il rischio di essere svantaggiati
nella riparazione dei guadagni derivanti dalla cooperazione.

IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI


Le istituzioni mitigano l’impatto del rischio di essere tratti in inganno sulla propensione a cooperare:

 Stabilizzando la cooperazione nel tempo e rendendo più vantaggioso per i partner tener fede ai
patti;
 Migliorando la circolazione delle informazioni e quindi favorendo il controllo reciproco;
 Consentendo agli attori che rispettano i patti di guadagnarsi la fama di partner affidabili;
 Creando aspettative convergenti circa la salvezza degli accordi (in modo da alimentare un circolo
virtuoso).
LA STRATEGIA DI RECIPROCITÀ
Il rischio di essere svantaggiati nella ripartizione dei guadagni derivanti dalla cooperazione viene mitigato
grazie a strategie che favoriscono la reciprocità.

IL LIBERALISMO REPUBBLICANO
Il liberalismo repubblicano mette al centro della riflessione la democrazia, sulla base dell’aspettativa che le
relazioni internazionali tra paesi democratici saranno pacifiche e collaborative.

The december 2021 summit for democracy


Il 9-10 dicembre 2021, la presidenza di Biden ospiterà un vertice virtuale per i leader del governo, della
società civile e del settore privato. Il vertice si concentrerà sulle sfide e sulle opportunità che devono
affrontare impegni, riforme sia individuali che collettivi, e iniziative per difendere la democrazia e i diritti
umani in patria e all’estero.
Per gli Stati Uniti, il vertice offrirà l’opportunità di ascoltare, imparare e impegnarsi con una vasta gamma
di attori il cui supporto e l’impegno è fondamentale per il rinnovamento democratico globale.
Tre temi chiave: difendersi dall’autoritarismo, affrontare e combattere la corruzione e promuovere il
rispetto dei diritti umani.

IL LIBERALISMO REPUBBLICANO
Per chi si riconosce in questo filone, l’ottimismo circa le prospettive della pace dipende dalla convinzione
che le democrazie siano pacifiche (peace-loving), dunque aumentando il numero dei regimi democratici i
rapporti internazionali diventeranno più pacifici e collaborativi.

Anno Democrazie Totale


elettorali paesi
1989 69 167 (41%)
2006 123 192 (64%)
Dati forniti dal Freedom house in the world 2018.

LA PACE DEMOCRATICA
La <pace democratica> o <separata> è stata definita la cosa più vicina a una legge empirica che vi sia nelle
relazioni internazionali.
Questa <legge> è il frutto di un’indagine empirica condotta in un arco di tempo ampio, la quale dimostra
come le democrazie non si facciano (quasi mai) la guerra: tendono piuttosto a ricercare un
accomodamento pacifico.

Le democrazie combattono invece contro i regimi non democratici, sebbene evitino di norma guerre
preventive, optando per alleanze difensive.

PERCHÉ LE DEMOCRAZIE NON SI FANNO LA GUERRA? LE RAGIONI ISTITUZIONALI


Gli assetti istituzionali e i meccanismi decisionali delle democrazie favoriscono un atteggiamento pacifico
che le porta a non scontrarsi fra loro e a cercare soluzioni nonviolente per opporsi ai paesi che manifestino
intensioni aggressive.

Si osserva il peso della divisione dei poteri, del controllo dell’opposizione, della pubblicità dei processi
decisionali, oltre che l’esigenza di mantenere il consenso dei cittadini.
LE RAGIONI NORMATIVE
 La loro cultura politica alimenta la convinzione che sia possibile risolvere pacificamente le
controversie.
 I valori morali condivisi nutriscono la fiducia reciproca.
 La condivisione di cultura politica, valori morali e forma istituzionale le rende reciprocamente più
credibili quando assumono impegni nella negoziazione e implementazione di accordi.

LE RAGIONI ECONOMICHE
Il fatto che i regimi democratici proteggano le proprietà provata e la libertà economica facilita lo sviluppo
di un’economia di mercato, che a sua volta alimenta l’interdipendenza, che, come si è detto, può far
aumentare i costi di una guerra.

Anche per effetto di questa associazione tra democrazia ed economia di mercato alcuni osservano che ciò
che conta non è soltanto l’esistenza di procedure democratiche, ma di una cultura politica liberale in senso
più ampio.

NELLE FASI DI TRANSIZIONE


In un libro, Fateful Transition (2015), D. Kliman sostiene che a rendere pacifici gli avvicinamenti al vertice
del sistema internazionale tra democrazie sono essenzialmente due fattori: la trasparenza e l’opportunità
di accesso (cioè di parola) che offrono a soggetti esterni. Questa condizione è importante perché
naturalmente queste due condizioni possono essere in qualche misura replicate dalla non democrazia (a
differenza della cultura politica istituzionale).

LE RAGIONI DELL’OTTIMISMO/LE RAGIONI DEL PESSIMISMO


La diffusione della democrazia, dopo l?89, ha rafforzato l’ottimismo dei fautori del liberismo repubblicano.
La fragilità dei regimi democratici, non soltanto più quelli di nuova istituzione, e le difficoltà insite in
ulteriori transizioni suggerisce, tuttavia, prudenza.

LA STAGNAZIONE DELLA DEMOCRAZIA


Anno Democrazie Totale
elettorali paesi
1989 69 147
(41%)
2006 123 192
(64%)
2017 123 195
(63%)
2020 115 195
(59%)
2006/2017 stagnazione
2017/2020 recessione
FREEDOM HOUSE
Libertà nel mondo 2021- democrazia sotto assedio

Come una pandemia letale, insicurezza economica e fisica, e conflitto violento ha devastato il mondo nel
2020, i difensori della democrazia hanno subito nuove e devastanti perdite nella loro lotta contro i nemici
autoritari, spostando gli equilibri internazionali a favore della tirannia. I leader in carica hanno usato
sempre più la forza per schiacciare gli avversari e regolare i conti, a volte nel nome della salute pubblica,
mentre gli avversari attivisti assediati, privi di efficacia pesanti condannati al carcere, torture o omicidio in
molte impostazioni.

Questi colpi fulminanti hanno segnato il quindicesimo consecutivo anno di declino della libertà globale. I
paesi sperimentando il deterioramento erano più numerosi di quelli con miglioramenti con il margine più
ampio registrato dalla tendenza negativa iniziata nel 2006. La lunga democrazia recessione si sta
aggravando.

L’impatto del declino democratico a lungo termine sta diventando di natura sempre più globale, abbastanza
ampia da farsi sentire da coloro che vivono sotto le dittature più crudeli, così come da cittadini di
democrazie di vecchia data. Quasi il 75% della popolazione mondiale viveva in un paese che l’anno scorso
ha affrontato il deterioramento. (vedi foto sulle slide)

LE RAGIONI DELL’OTTIMISMO/ LE REGIONI DEL PESSIMISMO


Anche l’indebolimento delle istituzioni internazionali dovrebbe preoccupare: le democrazie saranno
pacifiche anche in un contesto diverso da quello dell’ordine liberale?
Le critiche dei realisti:

secondo i realisti, il liberalismo non coglie la centralità delle questioni di sicurezza nelle relazioni
internazionali attuali. La dimensione economica è rilevante e la cooperazione influisce positivamente sulla
natura dei rapporti internazionali, ma in un ambiente anarchico le circostanze possono sempre riportare
gli stati a una condizione di competizione violenta.

PER UN LIBERALISMO FORTE


L’unico modo per sfuggire a questa critica è discutere la concezione dell’anarchia come faranno i
costruttivisti.

E IL PROBLEMA DELLA PRATICA


In pratica, gli attori liberali spesso non sono stati all’altezza di queste aspettative teoriche, mentre i politici
liberali non sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi.> B. Jhan

LA RISPOSTA DI IKENBERRY
Nessuno stato liberale ha mai agito in ambito internazionale sugli affari esclusivamente sulla base dei
principi liberali. L’ipocrisia è inerente alla retorica della democrazia liberale e dei diritti umani. Ma gli spazi
aperti anche in un liberale profondamente imperfetto l’ordine crea opportunità per lotte politiche che
possono avvicinare l’ordine ai suoi ideali fondanti.

IMPARARE APPLICANDO
In che modo ciò che abbiamo appreso ci aiuta a comprendere dimensioni nuove del quesito che ci siamo
posti? E dare delle risposte?

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