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IN TEORIA (E IN PRATICA)
Eppure, in pratica, gli attori liberali spesso fallivano all'altezza di queste aspettative teoriche, mentre le
politiche liberali non sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi o hanno condotto esiti altamente
paradossali. E questo è in parte una disgiunzione tra liberale e pratica o risultati contraddittori di
quest'ultimo che ha portato gli osservatori a concludere che l'aumento di liberismo all'inizio degli anni 90,
aveva alla fine del decennio, già trasformato in un decesso.
Questo in definitiva molto breve periodo di massimo splendore di internazionalismo liberale sembrava
adattarsi perfettamente al destino generale del liberalismo in ambito di affari internazionali - che è per la
maggior parte dei conti caratterizzato da ripetuti alti e bassi, da periodi di aspettative esaltate fallimenti
imbarazzanti.
B. Jahn, liberal internazionalism, 2013.
I PUNTI DI INTERESSE
● Progetto liberale e modernità: gli anni 90
Quali sono i presupposti della loro teorizzazione e in che modo i liberali argomentano le loro tesi?
LE RAGIONI DELL’OTTIMISMO/1
I liberali hanno fiducia nella ragione e dunque nella possibilità di gestire la politica internazionale in modo
razionale (il ruolo che attribuiscono alle organizzazioni internazionali dipende anche da questa convinzione:
le OIG riducono i costi di transazione). Secondo i liberali la ragione può avere meglio sulla brama di potere e
la paura grazie all’affermarsi del diritto internazionale.
LE RAGIONE DELL’OTTIMISMO/2
Essi riconoscono il peso degli interessi, dunque ritengono che individui e stati siano orientati a una
cooperazione reciprocamente vantaggiosa. L’attenzione per gli attori non-stati e la low politics (rispetto
alla high politics, che attribuisce priorità alla sicurezza) cambia i termini della riflessione sulla cooperazione.
LE RAGIONI DELL’OTTIMISMO /3
Poiché la modernizzazione incrementa costantemente ambiti ed esigenze di cooperazione, questa finirà
per prevalere sulla dimensione competitiva della politica mondiale. I liberali sono progressisti.
sociologico
dell’interdipendenza
istituzionale
repubblicano
IL LIBERISMO SOCIOLOGICO
Si distingue per l’attenzione che dedica ai rapporti tra soggetti diversi dagli stati: persone, gruppi e
organizzazioni private (come oing, imprese ecc.). Il fuoco della sua analisi è costituito dalle relazioni
transnazionali.
LE COMUNITÀ DI SICUREZZA
K. Deutsch nel 1957, in un lavoro dal titolo Political Community and the North Atlantic Area, suggerisce che
una comunicazione più intensa tra individui e organizzazioni possa favorire la nascita di “comunità di
sicurezza”. L’esempio classico è l’area nordatlantica. Una comunità di sicurezza è caratterizzata da legami
fiduciari (presunzione di amicizia) che alterano le dinamiche previste dal dilemma della sicurezza.
IL LIBERALISMO DELL’ITERDIPENDENZA
Interdipendenza significa reciproca dipendenza: ciascuno risente delle azioni compiute e delle decisioni
assunte altrove. L’interdipendenza è cresciuta con la modernizzazione.
LO STATO COMMERCIANTE
I paesi industrializzati cercano infatti di incrementare il proprio peso politico attraverso lo sviluppo
economico e il commercio (rispetto all’esercizio della potenza militare e le conquiste territoriali che hanno
costi sempre più alti in un mondo integrato). Il modello vincente diviene quello dello “stato
commerciante” rispetto allo “stato combattente”.
LINTERDIPENDENZA COMPLESSA
Nel 1977 Robert Keohane e Joseph Nye pubblicano Power and Interdependence nel quale sostengono che
l’interdipendenza del secondo dopoguerra è qualitativamente diversa dalle forme precedenti: per
distinguerla da queste ultime la definiscono «complessa».
L’interdipendenza complessa riflette l’affermarsi della low politics come dimensione prevalente rispetto
alla tradizionale politica di sicurezza (high politics). Si è innescato un circolo virtuoso: gestione dei problemi
comuni/ulteriore incremento dell’interdipendenza.
Per effetto di ciò la politica mondiale ha subito un processo di domestification, che la rende sempre più
simile alla politica interna nonostante la differenza strutturale tra le due sfere. Anche a livello
internazionale si parla di politiche pubbliche/ governance. La dimensione cooperativa prevale su quella
competitiva.
I TRATTI DI UNA POLITICA MONDIALE COMPLESSA
Gli attori, stati e non-stati, perseguono obiettivi diversificati e articolati (questi dipendono da vari fattori,
compresa la definizione della propria identità in una dinamica sociale). Nye parlerà di più «scacchiere» per
descrivere la complessità del gioco. Il ruolo (e la capacità di orientare i risultati) dei singoli attori è legata
alle aree tematiche (issue areas) e ai contesti negoziali. Le organizzazioni internazionali multilaterali
assumono un ruolo crescente perché valorizzano attori secondari.
DALL’INTERDIPENDENZA ALL’INTEGRAZIONE
L’interdipendenza genera anche nuovi problemi condivisi e favorisce la percezione della loro esistenza.
Ciò, secondo i liberali, indurrà gli stati a individuare, con pragmatismo, soluzioni comuni. A implementarle
saranno chiamate organizzazioni internazionali di norma settoriali, depositarie di saperi e competenze
specialistiche.
L’APPROCCIO FUNZIONALISTA
A partire dal 1943, in A Working Peace System, David Mitrany propone così una teoria funzionalista
dell’integrazione secondo la quale saranno gli stessi problemi a «generare» soluzioni istituzionali
appropriate.
SPILLOVER E INTEGRAZIONE
In questo modello, l’integrazione si diffonde per spillover da un settore all’altro dei molti caratterizzati da
problemi non più risolvibili in modo autonomo dagli stati. Questo spiega la proliferazione delle OIG a partire
dal secondo dopoguerra. L’efficacia delle organizzazioni internazionali indurrà i cittadini del mondo a
legittimare la loro attività e ciò rafforzerà la pace.
dobbiamo anche parlare in modo flessibile (seguendo gli avvertimenti di rigidità di Mitrany) sui quali sono i
più efficaci siti e/o livelli di governance, accettare che i leader diversi possano emergere
contemporaneamente in diverse gerarchie.
ento che abbiamo in mente e deve chiudere uno dei tomi ponderosi della storia e aprirne uno nuovo, uno,
sembra che non farò altro che il perfetto obiettivo e risultino alati.
IL LIBERALISMO ISTITUZIONALE
Erede degli studi sull’organizzazione internazionale, si propone di spiegare il successo della cooperazione in
un contesto decentralizzato (anarchico, nella definizione di Waltz). Sono le istituzioni, secondo i liberali
istituzionalisti, a consentire agli stati di raggiungere obiettivi comuni in presenza di importanti incentivi in
senso contrario. Le istituzioni riducono l’impatto del rischio di essere ingannati e del rischio di essere
svantaggiati nella ripartizione dei guadagni derivanti dalla cooperazione.
Stabilizzando la cooperazione nel tempo e rendendo più vantaggioso per i partner tener fede ai
patti;
Migliorando la circolazione delle informazioni e quindi favorendo il controllo reciproco;
Consentendo agli attori che rispettano i patti di guadagnarsi la fama di partner affidabili;
Creando aspettative convergenti circa la salvezza degli accordi (in modo da alimentare un circolo
virtuoso).
LA STRATEGIA DI RECIPROCITÀ
Il rischio di essere svantaggiati nella ripartizione dei guadagni derivanti dalla cooperazione viene mitigato
grazie a strategie che favoriscono la reciprocità.
IL LIBERALISMO REPUBBLICANO
Il liberalismo repubblicano mette al centro della riflessione la democrazia, sulla base dell’aspettativa che le
relazioni internazionali tra paesi democratici saranno pacifiche e collaborative.
IL LIBERALISMO REPUBBLICANO
Per chi si riconosce in questo filone, l’ottimismo circa le prospettive della pace dipende dalla convinzione
che le democrazie siano pacifiche (peace-loving), dunque aumentando il numero dei regimi democratici i
rapporti internazionali diventeranno più pacifici e collaborativi.
LA PACE DEMOCRATICA
La <pace democratica> o <separata> è stata definita la cosa più vicina a una legge empirica che vi sia nelle
relazioni internazionali.
Questa <legge> è il frutto di un’indagine empirica condotta in un arco di tempo ampio, la quale dimostra
come le democrazie non si facciano (quasi mai) la guerra: tendono piuttosto a ricercare un
accomodamento pacifico.
Le democrazie combattono invece contro i regimi non democratici, sebbene evitino di norma guerre
preventive, optando per alleanze difensive.
Si osserva il peso della divisione dei poteri, del controllo dell’opposizione, della pubblicità dei processi
decisionali, oltre che l’esigenza di mantenere il consenso dei cittadini.
LE RAGIONI NORMATIVE
La loro cultura politica alimenta la convinzione che sia possibile risolvere pacificamente le
controversie.
I valori morali condivisi nutriscono la fiducia reciproca.
La condivisione di cultura politica, valori morali e forma istituzionale le rende reciprocamente più
credibili quando assumono impegni nella negoziazione e implementazione di accordi.
LE RAGIONI ECONOMICHE
Il fatto che i regimi democratici proteggano le proprietà provata e la libertà economica facilita lo sviluppo
di un’economia di mercato, che a sua volta alimenta l’interdipendenza, che, come si è detto, può far
aumentare i costi di una guerra.
Anche per effetto di questa associazione tra democrazia ed economia di mercato alcuni osservano che ciò
che conta non è soltanto l’esistenza di procedure democratiche, ma di una cultura politica liberale in senso
più ampio.
Come una pandemia letale, insicurezza economica e fisica, e conflitto violento ha devastato il mondo nel
2020, i difensori della democrazia hanno subito nuove e devastanti perdite nella loro lotta contro i nemici
autoritari, spostando gli equilibri internazionali a favore della tirannia. I leader in carica hanno usato
sempre più la forza per schiacciare gli avversari e regolare i conti, a volte nel nome della salute pubblica,
mentre gli avversari attivisti assediati, privi di efficacia pesanti condannati al carcere, torture o omicidio in
molte impostazioni.
Questi colpi fulminanti hanno segnato il quindicesimo consecutivo anno di declino della libertà globale. I
paesi sperimentando il deterioramento erano più numerosi di quelli con miglioramenti con il margine più
ampio registrato dalla tendenza negativa iniziata nel 2006. La lunga democrazia recessione si sta
aggravando.
L’impatto del declino democratico a lungo termine sta diventando di natura sempre più globale, abbastanza
ampia da farsi sentire da coloro che vivono sotto le dittature più crudeli, così come da cittadini di
democrazie di vecchia data. Quasi il 75% della popolazione mondiale viveva in un paese che l’anno scorso
ha affrontato il deterioramento. (vedi foto sulle slide)
secondo i realisti, il liberalismo non coglie la centralità delle questioni di sicurezza nelle relazioni
internazionali attuali. La dimensione economica è rilevante e la cooperazione influisce positivamente sulla
natura dei rapporti internazionali, ma in un ambiente anarchico le circostanze possono sempre riportare
gli stati a una condizione di competizione violenta.
LA RISPOSTA DI IKENBERRY
Nessuno stato liberale ha mai agito in ambito internazionale sugli affari esclusivamente sulla base dei
principi liberali. L’ipocrisia è inerente alla retorica della democrazia liberale e dei diritti umani. Ma gli spazi
aperti anche in un liberale profondamente imperfetto l’ordine crea opportunità per lotte politiche che
possono avvicinare l’ordine ai suoi ideali fondanti.
IMPARARE APPLICANDO
In che modo ciò che abbiamo appreso ci aiuta a comprendere dimensioni nuove del quesito che ci siamo
posti? E dare delle risposte?