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ANALGESICI NARCOTICI

Il dolore rappresenta il mezzo con cui l’organismo segnala un danno tissutale. E’ una sensazione fortemente
spiacevole ma indispensabile per conservare la vita in quanto campanello di allarme che informa della
presenza di un qualcosa che minaccia l’integrità dell’organismo. Può essere grossolanamente suddiviso in
due grosse categorie: acuto e cronico. Quest’ultimo può essere benigno, ad esempio dolore articolare,
muscolare o cefalea, oppure maligno, ad esempio il dolore neoplastico.
Ciascun individuo è dotato di una propria soglia del dolore, per cui stimoli della stessa intensità possono
essere percepiti in maniera diversa a seconda dell’individuo in questione. Tale soglia del dolore si innalza
con l’esperienza, o meglio con il ripetersi nel tempo degli stimoli dolorifici. Un esempio di abbassamento
della soglia del dolore è rappresentato dal fachiro che gradualmente non percepisce più quella sensazione
come dolorifica.
Vie di conduzione del dolore. Le vie del dolore originano in periferia a livello dei nocicettori, costituiti da
terminazioni nervose libere di assoni di neuroni di I ordine che vengono eccitate da stimoli intensi di varia
natura in grado di determinare un danno tissutale. Attraverso una complessa organizzazione neuronale (vie
ascendenti) lo stimolo dolorifico arriva a livello della corteccia cerebrale. In particolare i neuroni di primo
ordine giungono a livello del midollo spinale. Dal midollo spinale partono neuroni di II ordine che
trasportano il segnale ai nuclei talamici. Dai nuclei talamici partono neuroni di III ordine che trasportano il
segnale alla corteccia cerebrale.

A questo livello lo stimolo viene elaborato e rispedito in periferia (vie discendenti) come sensazione
dolorifica, e trasformato laddove è possibile in risposta compensatoria volta a minimizzare la causa. Per
esempio nel caso in cui il dolore sia stato causato da uno stimolo meccanico esterno ben noto come una
martellata si genera insieme alla sensazione dolorifica una risposta compensatoria che consentirà di
schivare il colpo successivo. Dal momento, come detto in precedenza, ciascun individuo è caratterizzato da
una propria soglia del dolore che si modifica con l’esperienza, deve esserci, oltre alla risposta
compensatoria volta ad eliminare o minimizzare la causa, anche una serie di meccanismi che, pur
persistendo la causa, regolano l’intensità dolorifica sia in entrata che in uscita; meccanismi che
intervengono a livello delle sinapsi riducendo la quantità di neurotrasmettitore rilasciato e dunque
l’intensità dello stimolo risultante, riducendo dunque sinapsi dopo sinapsi l’intensità dello stimolo che
giunge a livello della corteccia cerebrale. Esistono sostanze endogene, i peptidi oppiodi endogeni, in grado
di esercitare questo tipo di azione. Esse agiscono legandosi a specifici recettori, definiti recettori
oppioidergici. Sono recettori metabotropi, dunque costituiti da 7 eliche transmembrana, accoppiati ad una
proteina Gi. Tali recettori sono localizzati a livello di sistema nervoso sia centrale che periferico ed anche in
altre regioni dell’organismo. In particolare:

Vengono suddivisi in tre classi μ, k e Δ.


- I recettori μ sono espressi di più a livello cerebrale che a livello spinale e mediano i seguenti effetti:
analgesia, depressione respiratoria, immunodepressione, diminuzione del transito intestinale,
azione antitussiva, azione emetica, depressione del circolo
- I recettori k sono espressi di più a livello spinale che a livello cerebrale e mediano i seguenti effetti:
analgesia, disforia, stimolo del circolo.
- I recettori Δ sono espressi allo stesso modo sia a livello cerebrale che spinale e mediano i seguenti
effetti: analgesia, immunodepressione, riduzione del transito intestinale.
Dal momento che la stimolazione dei recettori K e dei recettori Δ, a differenza dei recettori μ, non
determina depressione respiratoria si è tentato di realizzare composti che mimassero l’azione degli oppioidi
endogeni ma che avessero selettività per i recettori k ed i recettori Δ. In quest’ottica è possibile provare ad
immaginare questi tre sottoclassi recettoriali come tre diversi sottotipi che conservano la porzione che
interagisce con il farmacoforo dei ligandi e cambiano negli spazi accessori, sottotipi che abbiano quindi
omologia strutturale soltanto per quel che riguarda la porzione responsabile del binding con il ligando
speciico (un po’ come accade per i sottotipi recettoriali della serotonina). Si è dunque andato a verificare se
in questi recettori sono effettivamente presenti delle differenze che possono essere sfruttate.
Il recettore Δ nel topo, nel ratto e nell’uomo è costituito da 372 aa;
il recettore k nell’uomo, nel topo e nel ratto è costituito da 380 aa;
il recettore μ è invece costituito da 380-400 aa. Essi variano
dunque molto poco in lunghezza e soprattutto è stato accertato
che variano a livello della porzione ammino o carbossiterminale,
porzioni non coinvolte nel binding con il ligando. In particolare,
per esempio, nella porzione N-terminale tra i recettori k e μ c’è
una identità del 10%, cioè su 63 aa solo sei sono coincidenti.
Mentre le eliche transmembranarie 3, 4 e 5 e del loop
intracellulare 3, porzioni effettivamente coinvolte nel binding con
il ligando, sono quasi perfettamente sovrapponibili. In particolare,
per esempio, nel loop intracellulare 3 tra i recettori k e μ 21 dei 24
aa sono identici. Motivo per cui la possibilità di sintetizzare
composti dotati di selettività per uno di questi tre tipi di recettori si riduce fortemente. SLIDE
PEPTIDI OPPIODI ENDOGENI. Solo nel 1975 sono state individuate le sostanze endogene in grado di
modulare la sensazione dolorifica sia di tipo fisico che psichico. Esse possono essere raggruppate in tre
grandi famiglie: encefaline, endorfine e dinorfine.

Tali sostanze, seppur caratterizzate da una diversa lunghezza, presentavano tutte una porzione conservata,
rappresentata dai primi quattro aa: Tyr-Gli-Gli-Phe. E dal momento che i restanti residui amminoacidici
variavano dovevano essere proprio questi primi quattro aa quelli responsabili dell’interazione con la
controparte recettoriale. Questi ligandi endogeni dei recettori oppiodi non derivano dalla metabolizzazione
di un singolo aa, come accade per la NA, piuttosto sono spezzoni di proteine globulari, un esempio è
rappresentato dalla proopriomelanocortina da cui è estratta la β-endorfina.
Relazioni struttura-attività. Per quanto riguarda la Tyr la rimozione di OH o NH2 annulla l’attività. Motivo
per cui questi due gruppi dovevano essere importanti per l’interazione con il recettore. Il gruppo amminico
può essere alchilato ma deve mantenere il suo carattere basico. Motivo per cui esso probabilmente
protonato al pH fisiologico ed interagiva con un COO⁻ presente nel recettore un po’ come l’NH3⁺ delle
ammine biogene. Per quanto riguarda la Phe, la sua rimozione o spostamento rispetto alla Tyr1 provoca
perdita di attività.

Interazione con il recettore. Possiamo immaginare che nel recettore degli oppiodi ci siano due siti lipofili: in
uno si accomoda la Phe, nell’altro si accomoda la Tyr. E poiché l’OH, come detto in precedenza, rappresenta
un importante punto di interazione, nel sito lipofilo che accoglie la Tyr oltre ad un π-stacking, si formerà
anche un legame H. Questi composti differiscono dunque dalle ammine biogene per la presenza di un
ulteriore punto di interazione portato ad una certa distanza dalla Tyr, rappresentato dalla Phe. Distanza che
è mantenuta più o meno fissa dai legami H che si instaurano tra gli NH ed i C=O delle Gli che creano un
certo irrigidimento.

Ruolo fisiologico delle encefaline nella percezione e nell’integrazione degli impulsi dolorifici. Come detto
in precedenza, le encefaline riducono l’intensità dello stimolo lungo le vie dolorifiche, intensità che è
proporzionale alla quantità di neuromediatore rilasciato dalle vescicole presinaptiche. Motivo per cui per
ridurre l’intensità dello stimolo è necessario ridurre la quantità di neuromediatore liberato. Come è noto il
rilascio del neuromediatore avviene in seguito all’arrivo dell’impulso nel piede presinaptico, impulso che
determina apertura dei canali del sodio voltaggio-dipendenti, da qui apertura dei canali del calcio, aumento
della concentrazione citoplasmatica di calcio, fusione delle vescicole contenenti neuromediatore con la
membrana presinaptica e infine rilascio del neuromediatore. Le encefaline per ridurre questa quantità,
devono dunque agire a livello presinaptico; in particolare esse si legano ai recettori oppioidi presinaptici che
sono sottesi ad una Gi determinando iperpolarizzazione per apertura dei canali del K e riduzione della
concentrazione di cAMP per inibizione dell’adenilato ciclasi. Iperpolarizzando la membrana la corrente che
arriva sul piede presinaptico determinerà l’apertura di un numero minore di canali del Na voltaggio-
dipendenti, di canali del calcio e conseguentemente riduzione della concentrazione di calcio citoslico e della
fusione delle vescicole contenenti neurotrasmettitore. Sarà liberato meno neurotrasmettitore che evocherà
un potenziale postsinaptico eccitatorio di intensità inferiore rispetto a quello che è arrivato nel piede
presinaptico. In più l’inibizione dell’adenilato ciclasi riduce ulteriormente i metabolismi e le funzioni del
piede presinaptico. Per cui sinapsi dopo sinapsi si riduce l’intensità dello stimolo dolorifico senza però che
esso scompaia (è importante infatti che il lo stimolo dolorifico resti perché esso è, come già detto,
indispensabile per conservare la vita). Naturalmente se lo stimolo dolorifico aumenta di intensità in
continuazione, come nel caso di una massa tumorale in accrescimento, per quanto esso possa essere
ridimensionato dalla encefaline non riuscirà ad essere portato al di sotto della soglia di sopportazione.
La quantità di encefaline rilasciata nel momento in cui il potenziale cammina lungo la via neuronale (se su
questa via non cammina nessun potenziale non c’è necessità di liberare le encefaline) è finemente regolata.
Il neurone encefalinergico che sfiocca sul piede presinaptico presenta due autocettori, uno per le encefaline
stesse e uno per il neuromediatore (X) liberato dalla via sensitiva. Bassi livelli di X possono ridurre la
secrezione di E, perché non ce ne è necessità, e sensibilizzare il neurone postsinaptico, neurone
postsinaptico che si è abituato ad una certa intensità di stimolo evocato e che nel momento in cui tale
intensità di riduce per riduzione della quantità di neurotrasmettitore rilasciato, si upgrada. Alti livelli di X,
segno dell’arrivo di un potenziale di forte intensità, inducono invece la secrezione di E riducendo il
potenziale post-sinaptico. X infatti oltre a legarsi ai recettori postsinaptici si lega anche all’autocettore del
neurone encefalinergico cui è sottesa una Gs. L’attivazione di questo autocettore determina nel neurone
encefalinergico incremento della concentrazione di cAMP e di conseguenza incremento dei metabolismi da
esso dipendenti, quali la secrezione di encefaline. Quando la concentrazione di encefaline raggiunge una
concentrazione molte elevata e lo stimolo contemporaneamente quindi si sta riducendo, prima che esso
scompaia del tutto, le E si legano all’altro autocettore del neurone encefalinergico che sottende una Gi con
conseguente riduzione della loro stessa produzione.
ANALGESICI NARCOTICI. Gli analgesici sono farmaci che a piccole dosi diminuiscono od innalzano la
sensibilità al dolore, influenzando i centri del dolore nel SNC senza con ciò modificare lo stato di coscienza.
Vengono suddivisi in analgesici narcotici che comprendono gli oppiodi e i loro derivati e gli analgesici non
narcotici che comprendono FANS ed anestetici locali.
Fin dai tempi antichi l’oppio, il latice che fuoriusciva delle capsule immature del papaver Somniferum è
stato impiegato per lenire il dolore; se ne recepivano gli effetti senza però conoscerne i principi attivi ed il
loro meccanismo di azione. Soltanto nel 1830 furono isolati gli alcaloidi presenti nell’oppio. E soltanto nel
1975 furono individuati peptidi endogeni capaci di legarsi agli stessi recettori ai quali si legava la morfina e
capaci di modulare la sensazione dolorifica, cioè di evocare gli stessi effetti che venivano evocati dalla
somministrazione della morfina.
Gli alcaloidi presenti nell’oppio sono i seguenti:

La codeina differisce dalla morfina per la presenza in posizione 3 di un OCH3 invece che di un OH. La
tebaina differisce dalla morfina oltre che per un OCH3 in posizione 3 anche per un ulteriore OCH3 in
posizione 6 e per la presenza di un diene coniugato. Papaverina e noscapina hanno una struttura chinolinica
completamente diversa da quella fenantrenica. Essi non sono presenti nell’oppio con la stessa percentuale.
La morfina è in netta prevalenza (è da sottolineare che la morfina è presente in quantità maggiori nel P.
Somniferum var. Album rispetto al papavero rosso, motivo per cui la coltivazione del primo, a differenza del
secondo, è vietata). In particolare:

MORFINA

Relazioni struttura attività ed interazione recettoriale. La morfina ha una struttura a nucleo fenantrenico.
La molecola ha cinque centri chirali la cui stereochimica assoluta è 5R, 6S, 9R, 13S, 14 R. L’isomero naturale
della morfina è quello levogiro (-). La (+)-morfina è stata sintetizzata ma è risultata priva di attività
farmacologiche. Dal momento che esercita la stessa azione dei peptidi oppiodi endogeni legandosi ai loro
stessi recettori, deve esserci tra la morfina e questi peptidi una certa sovrapponibilità strutturale. La
morfina infatti mostra nella sua struttura un anello aromatico che mima la Tyr, uno sviluppo molecolare che
mima le due Gli ma è priva di una porzione che mimi la Phe.

L’N dell’ammina alifatica terziaria fortemente basico è protonato al pH fisiologico e nel recettore interagisce
con l’Asp dell’elica transmembranaria 3. L’anello aromatico che mima la Tyr si posiziona nel sito lipofilo che
accoglie la Tyr dei peptidi oppioidi endogeni e forma un π-stacking con due residui di Tyr. L’OH in 3
presente su questo anello forma un legame H in alcuni casi con un NH di un His, in altri casi con un NH3⁺ si
una Lys. D’altra parte l’OH può fungere sia da accettore che da donatore di legami H. L’interazione con il
recettore è dunque simile all’interazione recettoriale delle ammine biogene. L’attività intrinseca è dovuta al
legame H instaurato dall’OH in 3. Il farmacoforo è definito dalle distanze tra l’N ed il centroide dell’anello
aromatico che mima la Tyr e tra l’N e l’OH presente su questo anello.

Siccome l’encefalina con i suoi gruppi farmacoforici rappresentati dalla Tyr, dall’OH in 3 della Tyr, dall’N
protonato e dalla Phe è un agonista pieno, la morfina essendo priva di un quarto punto farmacoforico (la
Phe) è un agonista parziale. Ciònonostante riesce comunque a dare una forte azione analgesica.
Effetti farmacologici. In particolare la morfina esercita i seguenti effetti farmacologici.

Metabolismo. La morfina non ha un buon assorbimento intestinale in quanto soggetta ad intenso effetto di
1° passaggio epatico. E’ infatti somministrata per via intramuscolare o endovenosa, anche se sono state
recentemente realizzate nuove forme farmaceutiche in grado di bypassare questo problema. Il principale
metabolita è la morfina-3glucuronide. Il 3-glucuronide è soggetto a CEE, il che spiega la necessità, nel
trattamento orale, di somministrare all’inizio alte dosi di morfina e di procedere poi con dosi più basse di
mantenimento. E’ parzialmente metabolizzata anche a 6-glucuronide. Piccole quantità vengono demetilate
in codeina e normorfina (un composto con un’attività oppioide ed una biodisponibilità per il SNC inferiori a
quelle della morfina) o ridotte ad idromorfone.

A causa della sua breve emivita deve essere somministrata ripetutamente nel corso della giornata.
Tolleranza e dipendenza. Si instaurano fin dalla prima somministrazione di un farmaco oppioide. Tolleranza
vuol dire che è richiesta una dose maggiore per ottenere lo stesso effetto. La dipendenza è una sindrome di
astinenza per sospensione improvvisa; si manifesta con sintomi di malessere fisico e psichico.
Per comprendere questi fenomeni bisogna ritornare ad esaminare come i peptidi oppiodi endogeni e la
morfina agiscono. Come detto in precedenza, dal punto di vista fisiologico, la quantità di encefaline liberate
è finemente regolata. Ed inoltre vi è selettività di azione, cioè le encefaline vengono liberate soltanto a
livello di vie sensitive interessate dal passaggio dello stimolo dolorifico in quanto la loro secrezione è
evocata dall’elevata liberazione del neurotrasmettitore di quella via, e dunque non evocano effetti
collaterali primo fra tutti la depressione del centro respiratorio, che si avrebbero se le encefaline fossero
liberate indiscriminatamente a livello di tutte le vie neuronali che presentano recettori oppiodi e non
soltanto laddove devono effettivamente agire. Inseriamo la morfina in questo sistema, ricordando che la
morfina entra in circolo e a differenza delle encefaline non agisce selettivamente ma attiva tutti i recettori
oppiodi con relativi effetti collaterali. In seguito alla somministrazione di morfina si avrà un surplus di
occupazione dei recettori motivo per cui si avrà una forte riduzione della quantità di neuromediatore
liberato dalla via neuronale su cui sfiocca il neurone encefalinergico. Questa forte riduzione determina una
up regulation della membrana postsinaptica che era stata abituata a ricevere una certa quantità di
neurotrasmettitore ed evocare uno stimolo di una certa intensità. Intanto il neuromediatore va a legarsi
all’autocettore che sottende una Gs presente sul neurone encefalinergico, determinando ulteriore rilascio
di encefaline che determinano ulteriore riduzione dello stimolo. Aumentando la quantità di oppiodi
presenti nel vallo sinaptico, quantità però data dalla sommatoria di encefaline e morfina, l’encefalina va a
legarsi agli autocettori che sottendono una Gi riducendo la propria secrezione. Inoltre viene ridotta anche la
biosintesi di encefaline in quanto essendo le vescicole piene di encefaline e non essendo necessaria la loro
liberazione, la quantità di enzima proteolitico responsabile della scissione di questi peptidi dalle proteine
globulari, si riduce. Dunque per mantenere costante la quantità di oppiodi nel vallo sinaptico, quantità data
dalla sommatoria di encefalina e morfina, riducendosi la quota di encefaline è necessario incrementare
progressivamente lo dosi di morfina per ottenere lo stessa azione analgesica. Questo è il fenomeno della
tolleranza. Inoltre aumentando progressivamente le dosi di morfina si verifica anche un up-regulation dei
citocromi epatici da cui viene metabolizzata. Per cui occorre somministrare una dose ancora maggiore di
morfina in considerazione della quantità in più che viene metabolizzata e che quindi si sottrae all’utilizzo.
Se si interrompe la somministrazione di morfina, a causa della caduta rapida della concentrazione di
morfina e della contemporanea bassa concentrazione di encefaline, persistendo lo stimolo dolorifico non si
avrà più il controllo sulla liberazione di neuromediatore. Per cui questo neuromediatore arriva nel vallo
sinaptico in una concentrazione proporzionale al potenziale di azione dolorifico e considerando anche che
la membrana postsinaptica si è up-gradata, evocherà un potenziale postsinaptico molto più intenso. Prima
che venga ripreso il processo di biosintesi di encefaline e se ne liberi una quantità adeguata a modulare
l’intensità dello stimolo dolorifico (3-4 giorni), l’intensità del dolore aumenterà. Intensità che può quindi
essere abbassata rapidamente solo somministrando ancora morfina. Si instaura in questo modo il
fenomeno di dipendenza fisica.
Per spiegare la dipendenza psichica bisogna prendere in considerazione il circuito della gratificazione.
Questo circuito neuronale parte dal pavimento del quarto ventricolo e passando per il Nucleus Accumbens
giunge all’area corticale prefrontale. Si tratta di un circuito sempre attivo che ha quindi una stimolazione di
fondo che può variare positivamente, determinando una sensazione di piacere, o negativamente. Nel
momento in cui si verifica anche a questo livello un fenomeno di up-regulation stimoli della stessa intensità
non produrranno più la stessa sensazione di piacere (da qui il detto ‘Al buono ci si abitua subito’).
Vediamo in dettaglio la struttura di questo circuto. Il Nucleus Accumbens che parte dal pavimento del
quarto ventricolo presenta terminazioni dopaminergiche che sfioccano sulla corteccia prefrontale dalla
quale partono terminazioni noradrenergiche. La stimolazione della corteccia prefrontale con attivazione
delle vie noradrenergiche in seguito ad attivazione delle vie dopaminergiche determina la sensazione di
piacere. Quindi maggiore è il tono dopaminergico, maggiore sarà il tono noradrenergico e dunque la
sensazione di piacere. La dopamina è il neurotrasmettitore che regola il senso del piacere. Sulle vie
dopaminergiche sfioccano vie gabaergiche che ne regolano il tono. La via gabaergica esprime sul piede
presinaptico recettori oppioidi. L’attivazione di questi recettori determina, come noto, riduzione della
liberazione di neuromediatore, in questo caso il GABA, quindi minore iperpolarizzazione e conseguente
incremento del tono dopaminergico. Somministrando morfina per attivazione dei recettori oppiodi presenti
sul piede presinaptico della via gabaergica si verifica, poiché essa entra nel circolo sistemico, quindi, in
aggiunta i fenomeni già descritti in precedenza, una sensazione di piacere. Con l’interruzione della
somministrazione di morfina, la caduta della concentrazione di morfina ed anche in questo caso la
contemporanea bassa concentrazione di encefaline che l’utilizzo di morfina ha comportato, si verifica un
aumento della liberazione di neurotrasmettitore, il GABA, iperpolarizzazione con conseguente riduzione del
tono dopaminergico per minore liberazione di dopamina. La riduzione del tono dopaminergico genera
insoddisfazione. Questo processo è alla base della dipendenza psichica.
Con la sospensione graduale di morfina si riesce a controllare la dipendenza fisica ma non quella psichica.
Naturalmente la morfina diventa una sostanza di abuso quando somministrata in assenza di dolore, al solo
scopo di attivare il circuito della gratificazione.

Relazioni struttura-attività. In seguito all’isolamento degli alcaloidi dell’oppio si è cercato di apportare


modificazioni strutturali alla morfina, all’epoca ritenuta erroneamente un agonista pieno, nel tentativo di
separare l’attività terapeutica cioè l’analgesia dagli effetti collaterali, il più importante dei quali è la
depressione respiratoria, e dall’attività tossicomanigena. In altre parole si è cercato di allestire derivati con
aumentata selettività per uno dei tre recettori oppiodi.
Vennero apportate inizialmente modifiche sugli anelli A e C e sul sostituente su N.

Per quanto riguarda le modifiche sugli anelli A e C:


- H in posizione 3 comporta una riduzione di dieci volte dell’attività. L’OH in 3 è infatti un punto
farmacoforico. Tuttavia l’attività non scompare completamente in quanto l’H in 3 diventa un punto
di metabolizzazione ad opera di citocromi che ripristinano l’OH in una piccola quota di composto.
- OCH3 in 3 comporta riduzione dell’attività. La codeina che presenta l’OCH3 in 3 ha infatti azione
antitussiva. Tuttavia per metabolizzazione epatica si rigenera una piccola quota di morfina. Motivo
per cui la codeina pur rimanendo un composto ad azione antitussiva, nel caso in cui il dolore non
sia molto intenso può essere anche impiegata come debole analgesico sfruttandone la
metabolizzazione.
- OCOCH3 in 3 comporta riduzione dell’attività. L’esterificazione della posizione 3 con acido acetico
porta alla formazione di profarmaci che divengono attivi via via che la funzione esterea viene
idrolizzata. Anche in questo caso un piccola quota di OCH3 risultante viene trasformato in OH con
formazione di morfina.
- H, OCH3 o OCOCH3 in 6 comportano aumento dell’attività per incremento della lipofilia. Appare
chiaro che di fronte alla posizione 6 nel recettore c’è spazio in quanto inserendo in questa posizione
sostituenti più o meno ingombranti non si crea clash sterico.
- C=O in 6 comporta una riduzione dell’attività se è presente il doppio legame tra C7 e C8 ed un
aumento dell’attività se il doppio legame tra C7 e C8 è ridotto. Infatti fintanto che in posizione 6 è
presente l’OH, il C6 è sp3 e quindi tetraedrico. Nel momento in cui in posizione 6 viene posto il
gruppo C=O, il C6 diventa sp2, si crea una zona di planarità ed il C=O che è quindi cooplanare
all’anello va ad urtare sulle pareti del recettore. Riducendo il doppio legame tra C7 e C8, la zona di
planarità scompare, il C=O riscende verso il basso e non determina clash sterico, e si verifica un
incremento dell’attività per aumentata lipofilia.
- OH in 14β comporta un incremento dell’attività. Questo OH mima infatti uno dei C=O delle Gli, e
mentre i C=O delle Gli come tali non producono grossi interazioni con il recettore, l’OH stabilizza il
complesso ligando-recettore per la possibilità di creare un ulteriore legame H.
Per quanto riguarda le modifiche sul sostituente su N:
- H comporta riduzione dell’attività per minore basicità e quindi minore protonazione. Tanto è vero
che l’encefalina è meno attiva della morfina in quanto l’N è un’ammina primaria (NH2 che viene
protonato ad NH3⁺) e quindi meno basico ed a parità di pH meno protonato dell’N della morfina
che è un’ammina alifatica terziaria essendo sostituito con un CH3.
- CH2CH3 comporta riduzione dell’attività. Riduzione dell’attività che in questo caso non è dovuta ad
una minore basicità in quanto resta sempre un’ammina alifatica terziaria ma piuttosto ad ingombro
sterico. La presenza di questo gruppo scherma la carica positiva dell’N impedendo un corretto
avvicinamento di questo ultimo al COO⁻, con conseguente riduzione della forza di questo legame.
- Sostituenti ingombranti e\o conformazionalmente costretti (come rispettivamente un
metilenciclopropril oppure CH2=CHCH2) possono determinare attività agonista\antagonista oppure
attività esclusivamente antagonista a seconda che in posizione 14β sia presente o meno un OH. L’N
fa parte di un ciclo a sei termini costituito da C sp3 per cui può avere la solita configurazione a barca
o a sedia e i suoi sostituenti possono trovarsi in assiale con conseguente interazione 1,3-diassiale
od in equatoriale. Finchè il sostituente è di piccole dimensioni, come per esempio un CH3, sebbene
questo sostituente debba trovarsi termodinamicamente in equatoriale, anche se si trova in assiale
ci sarà solo un piccolo incremento del contenuto energetico che sarà recuperato nel momento in
cui si verifica l’interazione N⁺- - - COO⁻. Il passaggio tra le due configurazioni è funzione della
grandezza del sostituente e quindi della possibilità di avere interazioni 1,3-diassiali tra il sostituente
presente sull’N e quello presente sul C 14. Motivo per cui sostituenti ingombranti e\o costretti
conformazionalmente, che determinerebbero un’interazione 1,3 diassiale troppo forte, si
dispongono necessariamente in equatoriale. In assenza dell’OH in 14β composti con questo tipo di
sostituenti possono agire da agonisti\antagonisti o meglio da agonisti parziali di tipo funzionale. In
particolare nel recettore μ e Δ questo sostituente va a sbattere sull’elica del recettore e modifica la
posizione dell’OH tirosinico farmacoforico impedendo l’attivazione del recettore. Nel recettore k
questo stesso sostituente trova spazio, non va a sbattere sulle eliche e non altera la posizione
dell’OH tirosinico farmacoforico e quindi attiva normalmente il recettore. Il risultato è un agonismo
parziale funzionale per antagonismo sui recettori μ e Δ ed agonismo sui recettori k (es NALORFINA).
In presenza dell’OH in 14β composti con questo tipo di sostituenti possono agire esclusivamente da
antagonisti puri in quanto questo OH rappresenta un’ulteriore punto di interazione, il sostituente
su N non può muoversi per cui va a sbattere sul recettore cambiando le distanze farmacoforiche ed
agisce da antagonista su tutti e tre i recettori (es NALTREXONE e NALOXONE)
- (CH2)₅ CH3 comporta un aumento dell’attività. La catena essendo flessibile può posizionarsi verso
l’alto cioè verso la porzione extracellulare e non determina clash sterico. Essa inoltre incrementa di
molto la lipofilia (di 2,5 e quindi di 150 volte) con conseguente aumento dell’attività per un discorso
di natura farmacocinetica.
- CH2CH2 Ph comporta un aumento dell’attività per maggiore somiglianza della molecola ai peptidi
endogeni. Il Ph comincia a mimare la Phe.
L’eroina è la 3,6 diacetilmorfina. E’ 500 volte più potente della morfina, e quindi allo stesso tempo è uno
stupefacente più potente per un discorso di natura farmacocinetica; è più lipofila e quindi supera meglio la
BEE. Viene desacetilata selettivamente prima in posizione 3 e poi in posizione 6.

DERIVATI ORIPAVINICI

La reazione della tebaina con dienofili attivati porta ai derivati della ORIPAVINA. La tebaina differisce dalla
morfina per la presenza di un OCH3 in posizione 3 ed in posizione 6 e per la
presenza di un diene coniugato laddove la morfina presenta un doppio
legame tra C7 e C8. Ha solo una debole attività analgesica fondamentalmente
per due motivi: OCH3 in posizione 3 che viene solo parzialmente trasformato
in OH per metabolizzazione, reazione che dà origine alla ORIPAVINA e per la
maggiore rigidità rispetto alla morfina data dalla presenza del diene
coniugato.

I derivati dell’oripavina sono i seguenti: ETORFINA, BUPRENORFINA, DIPRENORFINA e PET.


L’ETORFINA è un analgesico da 100 a 1000 volte più potente della morfina. La BUPRENORFINA è un
analgesico 20-30 volte più potente della morfina. In entrambi i casi
l’incremento dell’attività è, oltre che all’aumento della lipofilia, legato
soprattutto allo sviluppo molecolare aggiunto. Tuttavia l’incremento di
attività della etorfina è maggiore di quello della buprenorfina,
differenza che non è dovuta ad una minore dal momento che la
lipofilia, avendo l’etorfina 7C in più rispetto alla morfina e la
buprenorfina 8C in più rispetto alla morfina, è quasi equivalente, ma
piuttosto al fatto che mentre l’N dell’etorfina è sostituito con un CH3,
l’N della buprenorfina è sostituito con un metilenciclopropile, ovvero
un gruppo ingombrante che deve necessariamente posizionarsi in
equatoriale ed agirà quindi da agonista parziale di tipo funzionale per
antagonismo k (isomero 19S) ed agonismo μ e Δ (isomero 19R).
Proprio a causa di questa sua elevata potenza, l’etorfina non è utilizzata
in clinica. Le dosi di morfina da utilizzare sono di circa 10-20 mg. Per cui
dividendo 10 o 20 mg per 1000 si otterrebbe una quantità di sostanza
troppo piccola da pesare, siamo al di sotto della quinta cifra decimale,
con rischio di incorrere in errori e conseguenti sovradosaggi che
comportano accanto alla potente attività analgesica proporzionali
effetti collaterali (es depressione respiratoria). Trova utilizzo soltanto in veterinaria per immobilizzare i
pachidermi (animali il cui peso è molto elevato).
La buprenorfina invece riduce i sintomi di astinenza dei tossicodipendenti.
L’incrementata attività di questi composti come già detto è dovuta allo sviluppo molecolare aggiunto.
Sviluppo molecolare che come evidente dalla sovrapposizione dell’etorfina con l’encefalina va a coprire
quella porzione rappresentata dalle due Gli. Dunque mentre la morfina era un agonista parziale perché
privo del quarto punto farmacoforico rappresentato dalla Phe, l’etorfina in virtù della sua maggiore
somiglianza al ligando endogeno diventa un agonista pieno.

Sintesi dell’etorfina. Il diene coniugato della tebaina viene fatto reagire con un dienofilo attivato.
Il dienofilo è un composto contenente un doppio legame carbonio-carbonio. Quando ai carboni sp2 di un
dienofilo sono legati uno o più gruppi elettron-attrattori si osserva un aumento della reattività di questo
reagente. In questo caso il gruppo elettron-attrattore è rappresentato da un gruppo carbonilico (C=O). Esso
attrae elettroni dal doppio legame; questo genera una parziale carica positiva su uno dei carboni sp2 e
facilita l’avviamento della reazione di Diels-Alder. Si tratta di una reazione con meccanismo concertato, cioè
una reazione che avviene in un solo stadio per uno spostamento ciclico di elettroni e che porta alla
formazione di due nuovi legami carbonio-carbonio tali da consentire la formazione di una molecola ciclica.
La carica positiva sul C, in una delle due strutture limite di risonanza del dienofilo, richiama elettroni dal
doppio legame tra C8 e C9. La carica positiva si sposta sul C8. La carica positiva sul C8 richiama elettroni dal
doppio legame tra C7 e C6. La carica positiva si sposta sul C6 e richiama elettroni dall’O. Si forma un ciclo. Il
gruppo chetonico presente in posizione 7 viene trattato con un reattivo di Grignard, nel caso dell’etorfina il
bromuro di propilmagnesio. Si forma un alcol terziario in cui per trattamento con KOH\ Δ (Δ=calore) si ha
trasformazione dell’OCH3 in posizione 3 in OH.

La DIPRENORFINA è un antagonista 100 volte più potente della nalorfina e 5 volte più potente del naloxone
per incrementata lipofilia. E’ usata per il recupero clinico dei tossicodipendenti.
Il PET è un analgesico circa 300 volte più potente della morfina per la migliore somiglianza con il ligando
endogeno grazie all’aggiunta di un residuo che mima la Phe e come tale inutilizzabile in clinica.
Dal momento che lo sviluppo molecolare della struttura della morfina ha condotto a composti si più potenti
ma allo stesso tempo non utilizzabili in clinica, si è cercato successivamente di apportare piuttosto
semplificazioni molecolari. Si sono in questo modo ottenuti:
- I morfinani
- I benzomorfani
- Le 4-fenilpiperidine
- Le fenilpropilammine

Il LEVORFANOLO è un potente agonista μ. Ha una attività analgesica 6 volte superiore alla morfina per
incremento della lipofilia, riduzione della rigidità e dunque migliore accomodamento recettoriale. L’isomero
attivo è quello levogiro. Può provocare nausea e vomito. Il DESTROMETORFANO è l’isomero O-metilato
destrogiro del levorfanolo. E’ un potente antitussivo più attivo della codeina. E’ privo di attività analgesica
per cambiamento delle distanze farmacoforiche. Ha scarsi effetti collaterali.
LEVVALORFANOLO, BUTORFANOLO E CICLORFANO sono agonisti parziali funzionali (antagonisti μ e agonisti
K). Hanno una azione analgesica simile alla morfina ma determinano minore depressione respiratoria.

BENZOMORFANI

Sono analoghi triciclici della morfina ottenuti per soppressione dell’anello C dei
morfinani del quale rimangono soltanto R1 ed R2 che sono di solito gruppi
metilici importanti per la sterochimica.
Negli α-6,7-benzomorfani il CH3 in 5 è equatoriale, quello in 9 assiale
(configurazione cis). Nei β-6,7-benzomorfani il CH3 in 5 ed in 9 sono entrambi in
equatoriale (configurazione trans). L’attività agonista trans è maggiore di quella
cis. L’attività antagonista trans è equiparabile a quella cis.
Relazione struttura-attività. L’eliminazione, lo spostamento o la
sostituzione dell’OH fenolico riduce l’attività. Il CH3 in posizione 5 è
fondamentale per l’attività. Il gruppo in 9 può essere in α o in β.
Modificando il sostituente su N si passa dagli agonisti agli antagonisti.
Gli isomeri attivi sono quelli levogiri.
La FENAZOCINA ha un’attività analgesica 3-4 volte superiore alla
morfina. Il sostituente sull’N pur essendo ingombrante non è rigido.
Ha la stessa tossicità della morfina. Può essere somministrata per os.
La PENTAZOCINA è un agonista parziale di tipo funzionale
(antagonista μ e agonista k). Ha una attività analgesica inferiore alla morfina. Ha una azione rapida ma di
breve durata. Ha scarsi effetti collaterali ed è l’unico benzomorfano utilizzato in clinica.

4-FENILPIPERIDINE

Rappresentano dal punto di vista storico il gruppo più vecchio tra gli analgesici narcotici di sintesi correlati
alla morfina. Conservano soltanto gli anelli A e D della morfina. All’equilibrio esistono in due conformazioni.

Il fenile può infatti trovarsi in assiale o in equatoriale. La conformazione con il fenile in assiale conserva le
distanze farmacoforiche della morfina ma è energeticamente sfavorita. La conformazione con il fenile in
equatoriale pur essendo energeticamente favorita non conserva però le distanze farmacoforiche. Essendoci
tuttavia possibilità di interconversione, è ipotizzabile che nel momento in cui la conformazione con il fenile
in assiale si inserisce nel recettore possa trasformarsi in equatoriale ricavando l’energia da quella che si
libera dal legame tra N⁺ e COO ⁻.
Il capostipite è la MEPERIDINA. E’ un potente agonista μ, ha un profilo
farmacologico simile alla morfina. Si somministra per via orale, sottocutanea,
intramuscolare o endovenosa. Ha una rapida insorgenza di azione, la funzione
esterea comporta un incremento di lipofilia. Ed una durata di azione di 3-5h.
L’idrolisi della funzione esterea con formazione di COO⁻ ne permette
l’escrezione. La dipendenza si instaura lentamente. Viene impiegata anche in
ostetricia, anche per assenza di attività antiossitocica (I farmaci ossitocici sono
capaci di provocare la contrazione della muscolatura uterina).
Relazioni struttura-attività. Studiando i numerosi analoghi della meperidina si è potuto verificare che:
sostituzioni sull’anello aromatico, ad eccezione del 2-OH e del 3-CH3, comportano una riduzione
dell’attività; lo spostamento del gruppo aromatico o del gruppo estereo comporta la perdita dell’attività;
l’inversione del gruppo estereo comporta un aumento dell’attività. Si viene a creare una complementarietà
di occupazione spaziale tra il fenile e la funzione esterea, i due conformeri sono più equivalenti dal punto di
vista energetico. Pertanto il passaggio dalla conformazione equatoriale alla conformazione assiale richiede
un salto di ΔH minore, ΔH che viene guadagnato dall’energia liberata dal legame N⁺- - - COO⁻.
Esempi di 4-fenilpiperidine con la funzione esterea invertita sono: α-prodina in cui il CH3 ed il Ph sono in
trans e la β-prodina in cui il CH3 ed il Ph sono in cis.

E’ importante notare che in questi composti non è presente l’OH farmacoforico. E’ ipotizzabile che l’OH
venga inserito per metabolizzazione epatica. Il composto ossidrilato è in grado di attivare il recettore.
Inoltre poiché la reazione di idrossilazione avviene lentamente e poiché i recettori oppiodi sono dotati di
due siti lipofili, si può immaginare che due molecole di questi composti si leghino contemporaneamente al
recettore, quella ossidrilata nel sito lipofilo che accoglie la Tyr e quella non ossidrilata nel sito lipofilo che
accoglie la Phe, attivandolo.
Altri derivati della meperidina sono il BEMIDONE più attivo della meperidina perché già ossidrilato ed il
CHETOBEMIDONE in cui la funzione esterea è sostituita da una funzione chetonica ed anche esso già
ossidrilato che risulta attivo come la meperidina.

In tutti questi composti viene rispettata la REGOLA DELLA MORFINA e cioè l’attività sui recettori oppioidi è
dovuta a: anello aromatico legato ad un C quaternario e distanza tra C quaternario e N terziario pari a 2
atomi di C. La presenza di un C quaternario è indispensabile per rendere le due possibili conformazioni più
equivalenti dal punto di vista energetico e pertanto per far si che il passaggio da equatoriale ad assiale
richieda un minore salto energetico. Infatti se legato al C ci fossero un H ed un Ph, per portare il Ph nella
conformazione assiale bioattiva sarebbe richiesta una notevole energia. Quando invece al C è legato un CH3
o comunque un gruppo più ingombrante dell’H per passare dalla conformazione equatoriale a quella assiale
è richiesto un minore salto energetico.

I recettori oppiodi μ sono localizzati anche a livello intestinale. I peptidi oppiodi producono come effetto
collaterale una forte riduzione della motilità intestinale. L’attivazione dei recettori oppioidi μ espressi a
livello presinaptico determina riduzione della liberazione del neurotrasmettitore Ach dalla fibre
colinergiche; Ach che in condizioni normali legandosi ai recettori muscarinici espressi a livello intestinale, ne
stimola la motilità. Dunque questi peptidi oppioidi determinano lo stesso effetto degli antagonisti
muscarinici. Sulla base di quanto appena detto, per ottenere farmaci attivi a livello intestinale sono stati
sintetizzati composti formati da una porzione oppioide ed una antimuscarinica. Ovviamente non si legano
contemporaneamente ad entrambi i recettori, una quota di legherà al recettore muscarinico con la
porzione antimuscarinica ed una quota di legherà al recettore oppioide μ con la porzione μ-agonista. Si
genera un effetto combinato per antagonismo postsinaptico dei recettori muscarinici e agonismo
presinaptico dei recettori oppioidi. Esempi sono il DIFENOSSILATO e la LOPERAMIDE. Hanno una lipofilia
tale da non attraversare la BEE, vengono utilizzati come farmaci antidiarroici.
PIPERIDINE-4-SOSTITUITE. In questi composti non è presente il C quaternario. Esempio sono FENTANIL,
SULFENTANIL, ALFENTANIL e REMIFENTANIL. Per la loro elevata lipofilia sono caratterizzati da una rapida
insorgenza di azione e da una breve durata di azione (il remifentanil ha una azione ultrabreve). Il fentanil è
un potente agonista μ. Il sostituente N-feniletilico aumenta notevolmente la potenza. Essendo assorbito
per via transmucosale è disponibile, oltre che per la somministrazione intramuscolare, anche in forma di
lecca-lecca. In questa particolare formulazione, per la insorgenza di azione ancora più rapida, è impiegato
come supporto ad una terapia base per risolvere i picchi che vanno dal di sopra della copertura fornita dalla
terapia base. La gestione di questi picchi è affidato dunque al paziente stesso. Il sulfentanil è un
potentissimo agonista μ, circa 100 volte più potente della morfina. In esso è stato aggiunto un gruppo 4-
metossimetilico ed il fenile è stato sostituito con il suo bioisostero, un ciclo tiofenico. Per sostituzione del
ciclo tiofenico del Sulfentanil con un gruppo tetrazolo-5-onico si ottiene una diminuzione della potenza e
inoltre una diminuzione del pKa del prodotto che ha come conseguenza una più bassa percentuale di
farmaco ionizzato a pH fisiologico. Essendo meno ionizzato, l’alfentanil penetra attraverso la BEE anche più
velocemente rispetto agli altri derivati del fentanil, e rispetto a questi prodotti, presenta una insorgenza più
rapida ed una durata di azione più breve. Esso è disponibile come preparato endovenoso per procedure
anestetiche brevissime. Il remifentanil ha una insorgenza di azione ancora più rapida ed una durata di
azione ancora più breve per la presenza di un gruppo estereo che viene rapidamente metabolizzato ad
acido carbossilico ad opera di esterasi sieriche e tissutali con l’ottenimento di un composto inattivo.

FENILPROPILAMINE

In esse si ha la rottura dell’anello piperidinico.


Il capostipite è il METADONE, l’N,N dimetil-4,4 difenil-eptano-3-one. E’ un potente agonista μ.
L’enantiomero levogiro (6R) è due volte più attivo della morfina per
incremento della lipofilia. In questo enantiomero l’N è orientato più
opportunamente. Naturalmente il composto risulterà attivo solo dopo che
uno dei due fenili sarà stato ossidrilato. Ha una buona biodisponibilità orale.
Ha un’elevata durata di azione (t 1\2=20 ore), l’anello fenilico consente infatti
un elevato legame alle proteine plasmatiche. Determina una sindrome di
astinenza blanda che si instaura lentamente.
Per riduzione del metadone si ottengono i metadoli, più idrofili e quindi meno attivi del precursore. Esempi
sono FENADOXONE e NORMETADONE.
Relazioni struttura attività. Sostituzioni sull’anello aromatico comportano una riduzione dell’attività.
Modifiche ai sostituenti sull’azoto non variano l’attività. Lo spostamento del CH3 in 6 in posizione 5, come
nell’ISOMETADONE, comporta una riduzione dell’attività. Questo CH3 svolge la
stessa funzione del CH3 in 2 dell’Indometacina. Inoltre rende il C6 un C chirale che
consente all’N di essere confinato nll’enantiomero levogiro in una opportuna
posizione. La riduzione del carbonile riduce l’attività per riduzione della lipofilia.

…ALTRI ANALGESICI OPPIODI

Il TRAMADOLO e il TAPENTADOLO sono agonisti del recettore μ. L’azione oppioide


è dovuta a: anello aromatico legato al C quaternario e distanza tra C quaternario
ed N terziario pari a due atomi di C. Sono anche inibitori del reuptake della
noradrenalina, soprattutto il tramadolo. Avendo infatti in esso anche il
farmacoforo della NA si lega al ricaptatore presinaptico della NA ma per la
presenza di ingombro sterico lo bloccca. Per cui c’è un incremento indiretto del
tono noradrenergico a livello del SNC e ci si sente più in forze. Questa azione
sinergica aiuta a sopportare meglio il dolore. Il tramadolo favorisce anche il rilascio
di serotonina dai neuroni pre-sinaptici. Hanno un effetto analgesico comparabile a
quello della codeina e scarsa tendenza a provocare depressione respiratoria e
fenomeni di tolleranza. Il tapentadolo è più attivo presentando l’OH già libero, OH
che nel tramadolo si ottiene per metabolizzazione dell’OCH3. In esso è come se il
ciclo venisse aperto, e ciò genera la comparsa di due C chirali.
Dopo aver esaminato tutte le possibili modificazioni apportate alla struttura della morfina nel tentativo di
ottenere selettività recettoriale, appare chiaro che non si sono ottenuti i risultati desiderati o almeno non
del tutto. Ciò risulta evidente dall’osservazione delle selettività dei vari composti, nessuno degli oppiodi
mostra infatti una esclusiva selettività k.

Osservando invece la selettività recettoriale dei peptidi endogeni si può notare che le dinorfine hanno
maggiore selettività per il recettore k e minore selettività per gli altri due recettori.
Devono dunque avere qualcosa nella loro struttura che è responsabile di tale selettività, qualcosa che può
essere importato in ligandi endogeni sempre nel tentativo di avere una maggiore selettività per i recettori k.

La dinorfina A dopo i quattro aa conservati, presenta una sequenza Arg-Arg-Ile-Arg che può essere
considerata come una sequenza di due N⁺, uno spaziatore ed un altro N⁺. Questo peptide endogeno oltre
ad interagire con il COO⁻ attraverso l’N⁺, con la sua catena fuoriesce dalle eliche transmembrana ed
interagisce con il loop intracellulare 2. Composti più selettivi per il recettore k, dovrebbero dunque avere
una struttura simile ovvero due cariche positive, uno spaziatore ed un’altra carica positiva. Tali composti
sono però di grandi dimensioni e molto difficili da gestire nel senso che l’attività risulterà ancora più elevata
perché è stata occupata non soltanto la parte recettoriale comune a tutti gli analgesici, ma anche una
porzione esterna alle eliche. Per cui pur conoscendo le basi per realizzare composti con affinità k, non è
possibile realizzarli perché l’attività che essi avrebbero sarebbe troppo elevata. E’ vero che non ci sarebbe
depressione respiratoria, ma continuerebbero ad esserci, in maniera ancora più amplificata, i fenomeni di
tolleranza e dipendenza. Ancora una volta l’incremento di potenza comporta un pari incremento degli
effetti collaterali. Motivo per cui nonostante l’allestimento di innumerevoli derivati più potenti, la morfina è
ancora oggi il farmaco oppioide maggiormente usato.

Un altro approccio nello sviluppo di farmaci oppiodi è basato sul fatto che i recettori oppiodi vengono
overespressi durante un’intesa stimolazione dolorifica per poter permettere di ridurre lo stimolo dolorifico
occupando il maggior numero di recettori. Si verifica in seguito all’overespressione dei recettori un
fenomeno di aggregazione per migrazione dei recettori lungo la membrana in modo da favorirne il legame
delle encefaline che devono muoversi di meno per poterli trovare. Sulla base di queste osservazioni, è
possibile costruire ligandi bivalenti che occupino contemporaneamente due recettori. In tali ligandi saranno
presenti due farmacofori uguali, separati da una catena della giusta distanza. In questo modo l’attività
analgesica è potenziata.

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