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IL PRINCIPE

Nel 1512 Machiavelli subisce un affronto, cioè verrà privato di tutto il suo potere, chiamato così
perché la vocazione di Machiavelli era quella di esercitare attivamente la politica. In una celebre
lettera a Francesco Vettori preannuncia di aver scritto un ghiribizzo in senso tutto ironico e citerà
un’opera, il De Principatibus.
Machiavelli aveva pensato di dedicare l’opera a Giuliano De Medici, ma questi muore e quindi
decide di dedicarla al nipote di Lorenzo de Medici, Lorenzo di Piero de Medici. L’opera è introdotta
con una dedica con l’obiettivo di ingraziarsi la famiglia Medici. Machiavelli scrive quest’opera
sperando di meritarsi il ritorno alla vita politica(interesse concreto).
L’opera può essere suddivisa in 4 lezioni:
-la prima sezione va dal capitolo 1 al 11 e riguarda i diversi tipi di principato però si sofferma sui
principati di nuova acquisizione
-la seconda sezione riguarda i capitoli da 12 a 14 e affronta il problema delle milizie mercenarie e
quelle proprie(d’ordinanza)
-la terza sezione va dal capitolo 15 al 23 e si sofferma sulle virtù che si addicono al principe (gli
antichi consideravano l’uomo politico come colui che doveva depositare ogni virtù morale. Infatti il
vir bonus era l’uomo moralmente corretto, mentre la virtù del principe è tutta laica, quindi slegata
dalla morale.)
-la quarta sezione va dal capitolo 24 al 26 e contiene un’esortazione ai Medici. (Machiavelli fa lo
stesso errore degli intellettuali del passato cioè il modello ideale dello Stato esce dalla porta ed entra
dalla finestra. Un modello ideale è difficile che si realizzi nel concreto delle situazioni.)
Machiavelli sarà il fondatore della saggistica moderna cioè non parte da fonti oggettive ma le
interpreta, seleziona le fonti. Nel saggio abbiamo quel procedere per dilemmi cioè l’autore si porrà
una serie di questioni che possono avere una diversa soluzione.
Dal punto di vista linguistico si fa riferimento ad un modello di lingua italiana che è lontana dagli
ideali che si ponevano gli intellettuali. Abbiamo la mescolanza dei diversi stili e sono molto
utilizzate le figure retoriche.
Boccaccio aveva manifestato il maggiore interesse per l’analisi della quotidianità e lo stesso farà
Machiavelli, affermando che per poter costruire un’ideologia politica bisogna partire dalla realtà
così come si mostra. Machiavelli intravide quindi con lucidità la portata storica della crisi che sta
vivendo l’Italia in questo periodo, essendo dilaniata da guerre furibonde che avvengono all’interno
della signoria stessa, tra le diverse classi sociali e tra le famiglie aristocratiche che spesso si
schierano l’una contro l’altra. Questi conflitti esautorano l’efficacia del potere politico. Su questi
presupposti bisogna fondare uno Stato nuovo, andando oltre gli interessi degli aristocratici, poiché
secondo Machiavelli sono la prima causa del degrado della situazione italiana. Machiavelli parte
dall’analisi oggettiva della realtà ma si concluderà con una proposta ideale. L’uomo politico
eccezionale è quello che analizza la crisi del suo tempo e riesce a volgere la fortuna a suo
vantaggio. I principi che ricordiamo sono Mosè che riuscì a dar vita allo stato degli ebrei, Teseo che
uccide il Minotauro per fondare la sovranità ad Atene, Ciro il Vecchio che fondò l’impero dei
Persiani, Romolo che riuscì a raggiungere l’Unità di uno Stato moderno.
Lo Stato deve essere fondato sul consenso del popolo, così si può passare dal Principato alla
Repubblica.
Machiavelli usa la violenza come instrumentum regni, quindi non lo fa perché gode nel vedere gli
altri soffrire ma lo fa per garantire la sopravvivenza dello Stato e la felicità ai cittadini. Secondo lui
coloro che utilizzano la violenza fine a se stessa sono destinati a durare poco.

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