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ASSOLUTISMO DI LUIGI XIV (pag.

15/21) (STORIA)

Con il regno di Luigi XIV (1661 – 1715) in Francia si rafforza l’assolutismo, ossia quella forma di
governo in cui il sovrano concentra su di sé tutto il potere.

Per tutto il Medioevo e fino al ‘600 era consuetudine ritenere che il re applicasse la legge che pre-
esisteva al sovrano, dunque anche il re doveva sottostare alle leggi. Nel ‘600 invece si diffuse l’idea
che il potere del re fosse absolutus, ossia svincolato da tutto e tutti.

Fin dal 1302 in Francia erano stati creati gli Stati generali, un’assemblea in cui sedevano i
rappresentanti dei tre ordini sociali: clero, nobiltà e terzo stato, col compito di approvare nuove
tasse, cosa che in origine competeva anche al Parlamento inglese.

In realtà gli Stati generali furono convocati dal re solo 22 volte in tre secoli e in seguito,
dall’avvento di Luigi XIV fino al 1789, anno in cui scoppiò la Rivoluzione francese, mai più.

Nel 1649 i nobili, sempre meno influenti in Francia, fecero una Fronda, ossia organizzarono una
sorta di ribellione contro il re, sedata dal cardinale Mazarino e da quel momento la nobiltà fu
sottoposta interamente al re, che la controllò ospitandola a Versailles.

Il potere del re era un potere discendente: egli era Unto del Signore e il suo potere era costituito
da tre aspetti: incoronato e unto con l’olio santo a Reims; guariva le scrofole e dimostrava la sua
superiorità attraverso il supplizio pubblico, con eccessi di crudeltà.

Simbolo dell’assolutismo era la fortezza della Bastiglia, dove venivano incarcerati gli oppositori.

Nella Francia di Luigi XIV non era consentita la tolleranza religiosa: un solo re, un solo Stato, una
sola religione. Per questo fu revocato l’Editto di Nantes del 1598, con il quale si riconosceva una
certa libertà di culto agli ugonotti (calvinisti). Fu vietato loro di partire dalla Francia ma circa
300.000 calvinisti abbandonarono lo Stato, portando con sé beni e competenze e ciò provocò
l’impoverimento della Francia.

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