Sei sulla pagina 1di 10

Lezione3ARTEMEDIA

Peter Greenaway: cineasta colto e raffinato che realizzò film molto colti. Ha recuperato una serie
di suggestioni tratte dalla storia dell’arte moderna principalmente ( misteri del giardino di
Compton House, Lo zoo di Venere, Il ventre dell’architetto) film di finzione in cui ha recuperato
autori come Mantegna, Turner Velazques, Constable (alcuni tra i maggiori autori della pittura).
La sua passione per l’arte si manifesta da ragazzo quando cerca di diventare artista poi scopre il
cinema,ma la pittura rimarrà un punto di riferimento imprescindibile. Nel 2006 arriverà a un
bisogno di . nell’università di Berkeley dice” attenzione il cinema non è stato inventato dai fratelli
lumiere ma il cinema era gia stato intuito da alcuni grandi maestri della storia dell’arte del 500
(Rembrandt, Velazquets… ecc) perché nei loro dipinti mettono anche il suono” il cinema quindi
secondo lui è estato anticipato da grandi artisti dell’arte moderna, nelle loro opere avevano
movimento e suono. Vera origine del cinema è nella pittura moderna. Il cinema e la pittura vanno
posti in dialogo non in antitesi. Il cinema va considerato come punto di approdo di una storia
cominciata nella storia dell’arte nella storia della pittura.
Eisentein: cinema è lo studio contemporaneo della pittura sì ma tiene dentro di sé le conquiste
della pittura, assorbe le intuizioni di questa pratica. Come la pittura anche il cinema ha una vita
(nascita, consolidamento, perfezionamento, crisi). Il cinema si trova di fronte a un Passaggio
decisivo, non può più essere quel che è stato per più di un secolo, non può essere pigro e passivo,
sottomesso alla pittura, non può continuare a unire la cinepresa come un occhio stupido e non
può basarsi sulla centralità delle star.
Nel 2010 dice che siamo in un tempo in cui i nuovi device stanno cambiando radicalmente
l’identità del cinema, per questa ragione bisogna proporre un cinema diverso ed esperienze visive
originali, un cinema fatto di immagini e non di parole, quindi elabora un progetto estremamente
ambizioso (dal 2006 fino ad oggi) “ten classic painting revisited”. Individua alcune opere d’arte
fondamentali per capire la storia dell’arte dell’occidente. Sceglie “la ronda di notte” di Rembrandt,
“lultima cena” di Leonardo, “le nozze di Canan” di Paolo Veronese, in seguito “guernica” di
Picasso, “ninfee” di monet, “ la domenica a la grande Jatte” di Seurat, “one: numero 31” di Pollock
e “il giudizio universale” di Michelanmgelo Insomma un progetto che arriva al rinascimento. Vuole
ricostruire un canone dell’arte occidentale, una sorta di museo immaginario, un canone senza
quale la nostra civiltà non avrebbe senso. È una forma di gigantomachia (guerra tra giganti) estrae
dalla civiltà delle opere capitali, sulle quali non c’è discussione, emblemi che costruiscono la nostra
identità.
L’idea di canone si fonda sull’idea che ci siano delle vette, opere intrasportabili, collocate in un
museo che non sarà mai possibile vedere assieme. È un museo immaginario: non può esistere
fisicamente, mai verranno esposte quelle opere perché nessun museo fisico le presterebbe. Non
parla dell’arte del suo tempo ma parte dal rinascimento fino al 900 (Pollock).
Il suo primo progetto è il più ingenuo.
Opera dipinta nel 1642. Opera in qualche modo shakespeariana, era per la sala di…
Filma il momento esatto nel quale il capitano della compagnia sta dando un gesto (messo in
evidenza dalla luce) che sembra fuoriuscire dalla tela e questo esto determina il movimento di
tutta la truppa. Qui si vede il movimento di tutte le figure, preparativi, capitano, si caricano e
scaricano gli archibugi, tutto questo indica un’azione. Rembrandt costruisce un quadro in azione. Il
cinema è arte del movimento di immagini. Qui i suoni rievocano la scena, la rendono reale.
Rijksmuseum di Amsterdam incarica Greenaway di creare un omaggio a Rembrandt.

Prima sala: In questo caso costruisce un intervento in 3 atti. Presenta un mosaico di monito.
Proietta diversi dettagli dell’opera di Rembrandt, in sottofondo la musica e i video sono riprese
ravvicinate della ronda di notte. Estrapola alcuni particolari e mette a confronto dettagli affini
Seconda stanza: immersa nel buio con numero di posti (34) che sono il numero dei personaggi che
dipinse Rembrandt nell’opera. C’è pittura, teatro (sipario) e cinema. È la prima volta in cui prova a
dare vita a un quadro. A dare durata alla pittura. Cerca di far uscire un potenziale filmico del
quadro.
Terza parte non è nel museo di Amsterdam ma sono due progetti cinematografici: “night
watching” e “rembrandt j’accuse” in cui riporta in maniera fedele

Ultima cena (2008). Si misura corpo a corpo con una delle opere più celebri di Leonardo.
L’omaggio si diversifica in due momenti : uno in santa Maria delle grazie a Milano (tenere conto
dei problemi di tipo conservativo: opera dedicata e fragile per la tecnica del pittore, dopo molti
consulti riesce a realizzare in una sola giornata direttamente sull’ultima cena), è cambiato molto
rispetto alla ronda di notte, ma come in quel caso fa un’operazione di interpretazione fedele di
alcune parti dell’ultima cena, ovvero costruisce un clone digitale che proietta direttamente in scala
1:1 sull’opera di Leonardo. Si tratta di un fac simile, realizzato da una società Spagna in cui unisce
le scansioni tridimensionali con le fotografie ad alta risoluzione con una macchina molto a
avanzata e grande a una stampate riesce a vedere in particolare.
Vuole imprimere una temporalità all’opera e una drammaticità. Fa emergere alcuni dettagli che
sono già racchiusi all’interno dell’opera di Leonardo ma li porta in evidenza e li mette in luce. Il
sottofondo comprende i suoni tipici della città (campane, cinguettio), mette in evidenza i corpi i
gesti che insieme vanno a comporre un pentagramma musica. Come se volesse far emergere
un’idea di musicalità all’interno dell’opera. La sala diventa buia, si crea un ritmo costante di luci e
colori.

Lo spettatore ha la sensazione di entrare all’interno dell’opera. L’opera in una seconda versione


verrà è presentata a palazzo reale nella sala delle cariatidi in cui verrà incastonato il clone. Partirà
un vero e proprio spettacolo coinvolgente. Con la luce svela qualcosa che è già nel quadro di
Leonardo, ma fino a quel momento nessuno storico, restauratore aveva messo in luce.
Nel 2009 progetto più bello e affascinante, più esperto e maturo (ci ha preso la mano dal quadro di
Rembrandt). Omaggio alle “nozze di Canna” di Paolo Veronese. Opera imponente (70 m2). Per il
convento di San Giorgio maggiore di Palladio. Opera che poi è stata spostata al Louvre.
Con genialità riporta il suo omaggio dove paolo veronese lo aveva collocato, ossia a Venezia.
Sceglie ancora un’opera che crea movimento. Opera di massa che celebra un matrimonio attorno
a quale c’è un turbinio di volti e persone. Sono numerosi i personaggi presenti all’interno
dell’opera. Mette insieme un motivo religioso, (nozze) con un’idea laica (festa).
Costruisce opera che si muove su due livelli:
In questo caso scompone la polifonia id vita. Si sofferma su alcuni dettagli che moltiplica sui due
lati della chiesa. Scompone l’opera in tanti particolare. Decostruzione dell’opera e ne fa emergere
l’ossatura togliendo il colore , lasciando delle crepe di luce.
Lascia solo dei particolari (volto di cristo). Realizza anche un plastico.

C’è una forte dimensione teatrale.


Fase conclusiva dell’incendio. Esplosione dirompente che manda in crisi l’armonia

Alluvione e pioggia battente.


Poi ad un certo punto l’opera inizia a parlare. Non parla una lingua aulica, nobiliare ed elitaria.
Visto che veronese ritrae personaggi del tempo della serenissima (l’epoca del’autore),
all’improvviso comunica in dialetto veneziano, i personaggi si scambiano battute, opinioni, urla,
pettegolezzi, commenti sulla qualità del cibo e del vino. Il quadro chiede di essere ascoltato oltre
che guardato. Poi tutto diventa buio e arriva l’alluvione.
Il progetto esige dei costi di produzione molto elevati. Durante expo nel 2015 avrebbe voluto
misurarsi al suo omaggio allo “sposalizio della vergine” e “Guernica”.
Si basa sulla centralità della memoria. Affermando l’importanza del canone occidentale, rifiuta
tutte le esperienze artistiche. Basa i dieci capolavori della pittura sull’idea di recupero, rifiutando
ogni forma di Damnatio memoriae. C’è bisogno di conoscere di non abbandonare mai la tradizione
e le radici, i musei. La memoria va continuamente riattraversata, rilocata, arricchita e messa in
dialogo con le nuove tecnologie. Mette insieme tradizione e sperimentazione tecnologica. Mette
insieme avanguardie e tradizione. Non rinnega mai il gusto della sperimentazione insomma, e
neanche a quello della tradizione. Tutto ciò non sarebbe possibile senza lo sviluppo della
tecnologia.
La pittura: “ten classic paintings revisited”. La pittura è rivisitata. Afferma che sia necessario
riaffermare la centralità del linguaggio cardine dell’arte: la pittura. Afferma attraverso il suo lavoro
l’amore per la pittura. Sceglie dieci quadri da reinterpretare. Vuole che la pittura resti la stessa e
conservi la sua riconoscibilità e diventi altro da sé stessa. In tuti i casi lui aggiunge e arricchisce:
resta sé stessa ma diventa anche altro, linguaggio contemporaneo. Vuole dimostrare che dipingere
significa rinnovare dall’interno le regole e la sostanza comunicativa di a quel linguaggio. È anche
un esercizio critico e di filologia.
Interpretazione: non fa solo un omaggio, ma propone anche una critica interna. Il modo migliore
per valorizzare e interpretare immagini è servirsi di atre immagini per lui. La parola scritta mai
potrà corrispondere alle immagini. Vuole corrispondere al segno pittorico attraverso delle
immagini. Fa un esercizio critico interpretativo. Fa emergere alcuni dettagli che ad occhio nudo
non emergono con chiarezza. Vuole far emergere alcune ricorrenze.
Tende per esempio alla scomposizione attraverso delle zoommate. O smembra l’opera su diversi
schermi. Enfatizza gesti direttamente sull’opera attraverso un gioco di luci, disarticola l’impianto
geometrico e i personaggi sia frontalmente che sulle pareti laterali.
L’obbiettivo è didattico: vuole che lo spettatore delle sue installazioni capisca meglio quelle opere,
vuole che lo spettatore abbia la possibilità di vedere attraverso il clone tecnologico il mistero di
quell’opera. Vuole consentire a chi non ne sa nulla, di imparare e capire in dettaglio. Non le vuole
stravolgere, l’opera è sempre riconoscibile e chiara. Con alcuni trovare (luci, musica ecc) hanno
una finalità pedagogica.
Quando lavora si serve di passaggi: confronti diretti con collaboratori e restauratori, confronto con
gli storici dell’arte poiché ha bisogno di conoscere dall’interno i segreti di quell’opera, poi rapporto
con i tecnologi (e lo studio di Adam Lowe), così da creare il 3d di queste opere.
Tutto questo arriva a un punto fondamentale: dimensione spettacolare. Non dimentichiamo che è
un regista. Il gusto è barocco: le sue installazioni hanno come obbiettivo la spettacolarità, la
meraviglia. Riconosce nel senso del meraviglioso il suo obiettivo principale. Lo spettacolo aumenta
la dimensione di aura dell’opera d’arte, quell’opera più viene riprodotta più acquista magia,
sacralità. Attraverso la riproducibilità tecnica ci aiuta a guardare da una prospettiva di versa
l’opera originale
Quando noi guardiamo queste opere noi non riusciamo bene a catalogare di cosa si tratti: cinema?
Teatro? Musica? Spettacolo? Pittura? Grafica? No. Nulla di tutto questo è un mix. le opere sono
omnicomprensive, multimediali, interattiva, che somigliano a delle stanze delle meraviglie. Le sue
opere d’arte sono totali, in cui non si possono disgiungere le varie discipline. Era anche uno dei
grandi obbiettivi delle avanguardie 900centesche. Porta i diversi linguaggi in un’unica opera.
Superamento rispetto alle consuetudini dell’arte tradizionali.

Potrebbero piacerti anche