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Gallo)
Parte prima: dalle origini all’VIII secolo
Capitolo I. La civiltà dell’Egeo e l’età buia
1. La civiltà minoica
Nella fase più antica della storia greca, sono le isole dell’Egeo a essere interessate dalla nascita
di nuove forme di civiltà; ad esempio la “civiltà cicladica” si sviluppa durante la prima età del
Bronzo (3500- 2000 a.C.). Tuttavia la civiltà di maggior rilievo fu sicuramente quella “minoica” a
Creta: intorno al III millennio sorgono i primi palazzi, attorno a cui si sviluppano agglomerati
urbani, inaugurando il sistema “protopalaziale”, fino al 1700. Tra il 1700 e il XV secolo si ha poi la
fase “neopalaziale”, in cui i palazzi sono ricostruiti dopo distruzioni avvenute per cause non chiare.
Si ampliano i palazzi precedenti e se ne costruiscono di nuovi in nuove regioni, tutti però
caratterizzati da una certa omogeneità culturale (per l’influenza del palazzo di Cnosso).
I palazzi svolgevano varie funzioni: residenza del sovrano, ruolo economico e sacrale, come
mostra anche l’uso della scrittura a fini amministrativi. Nel periodo propalaziale è attestata una
scrittura geroglifica, parallelamente ad una scrittura sillabica che rimarrà fino alla fase palaziale, la
“lineare A”. Entrambe esprimono una scrittura non greca, forse di origine anatolica, ma non sono
ancora state decifrate.
Quella cretese è una società prospera (raffinati oggetti di ceramica, artigianato specializzato) e
che poco sembra curarsi degli aspetti militari (non ci sono fortificazioni e le rappresentazioni
guerresche sono scarse). Tuttavia molti aspetti rimangono sconosciuti o incerti, come la regalità e il
sistema cultuale (anche se doveva trattarsi di una religione performativa, le notizie sul pantheon
sono molto scarse).
Oltre che in Grecia continentale, i minoici dovevano avere contatti con le Cicladi e il
Dodecaneso, con la costa anatolica e in alcuni casi (Citera, Rodi, Mileto) non è da escludere la
presenza di insediamenti. Prolungati furono anche i rapporti con l’Egitto; tuttavia la possibilità di
un vero dominio è discussa e non sostenuta da tracce archeologiche.
Verso la metà del XV secolo tutti i palazzi, Cnosso a parte, sono distrutti e non sono più
ricostruiti. Una prima teoria al riguardo vedeva la causa in un’eruzione vulcanica, ma sembra
invece che le testimonianze siano precedenti alla distruzione dei palazzi, per cui è più probabile la
conquista da parte dei Micenei (si hanno innovazioni nella cultura materiale analoghe a quelle
micenee).
2. La civiltà micenea
Intorno al 2000 a.C. si insediano in Grecia gruppi indoeuropei, che progressivamente si
fondono con le popolazioni indigene e altre culture come quella minoica, dando vita alla civiltà
micenea del XVI- XII secolo. Palazzi micenei, oltre a Micene, sono stati ritrovati in Attica, Beozia e
Peloponneso, e sono accomunati dalla presenza di sepolture monumentali a fossa o a tholos,
riferibili a personaggi di status elevato. Intorno alla metà del XV secolo i micenei imposero il loro
dominio a Creta, trasformando Cnosso in un potentato miceneo.
Le notizie sui micenei, oltre che dalla documentazione archeologica, provengono anche dalla
scrittura. Oltre 4600 tavolette in argilla sono state rinvenute nei palazzi, risalenti al XIII secolo,
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scritte in “lineare B”, che sembra deriva dalla lineare A. Si tratta di una forma arcaica di greco, in
cui sono redatti documenti d’archivio e registrazioni di vario tipo, mostrando come i palazzi fossero
il centro politico e amministrativo, oltre che religioso, di Stati più o meno estesi e retti da un
potere monarchico.
Al vertice c’è il wanax, che è affiancato da un’aristocrazia fra cui si distinguono il lawagetas, il
comandante dell’esercito, gli hequetai, una serie di capi militari, e i telestai, notabili con grandi
terreni. Numerosi poi i funzionari amministrativi, come i horete e il porokorete nominati a Pilo,
come anche gli artigiani specializzati del palazzo. Al livello più basso si collocavano infine gli schiavi,
soggetti alla proprietà privata o di una divinità (schiavitù sacra). Di grande interesse sono poi i
termini damo che corrisponde al demos greco e indica un distretto e la sua comunità, e qasireu,
che non è una figura monarchica ma probabilmente il capo di un distretto o di una corporazione
artigianale. In un documento di Pilo si legge come quest’ultimo fosse affiancato da una kerosija, il
consiglio degli anziani (gherousia in greco classico).
Grazie ai testi di Pilo e Cnosso sappiamo che l’attività più importante era l’agricoltura (con
prevalenza della “triade mediterranea”: cereali, ulivo e vite) ma un ruolo importante era svolto
anche dall’allevamento ovino, che alimentava anche una fiorente produzione laniera. Le attività
manifatturiere costituivano inoltre un settore articolato (oli profumati, lavorazione del bronzo,
settore tessile). Non mancano le registrazioni relative all’equipaggiamento militare (come gli
inventari dei carri da guerra, che non si ritrova nelle epoche successive)
Per quanto riguarda le pratiche cultuali, si osserva che nel pantheon, accanto a divinità
sconosciute si trovano quelle note per le epoche successive (Zeus, Hera, Dioniso e altre) anche se
non è facile stabilire se abbiano anche gli stessi tratti. Che ci fossero differenze anche sostanziali
con la religione successiva lo dimostra la pratica dei sacrifici umani, e il ruolo rilevante del wanax.
La civiltà micenea aveva però anche costruito una rete di intensi rapporti con altre regioni del
Mediterraneo.
3. L’espansione micenea
I manufatti micenei si trovano un po' ovunque nel Mediterraneo, testimoniando i traffici che i
micenei effettuavano per procurarsi metalli e altre materie prime di cui la Grecia era sprovvista.
In occidente i maggiori siti interessati sono la costa ionica dell’Italia meridionale, la Sicilia
orientale, le Eolie e la Sardegna. Più intesa è la frequentazione del Mediterraneo orientale,
soprattutto in Siria, Palestina, Cipro, Rodi e la costa centro meridionale dell’Asia Minore. Sono
documentati anche i contatti con l’Egitto, e con l’impero Ittita in Asia Minore.
All’espansione in Asia Minore si lega il problema della tradizione epica riguardo alla guerra di
Troia. La storicità del conflitto non è stata risolta nemmeno dal ritrovamento archeologico di Troia
VIIa, della fine del XIII secolo; questa cronologia infatti mal si concilia con la spedizione di cui
parlano le fonti per la crisi che aveva ormai investito la Grecia micenea. Che vi sia una vicenda
storica alla base della tradizione è comunque accettato da vari studiosi: si è comunque pensato ad
una guerra per il controllo degli stretti, oppure ad una spedizione fatta a scopo di saccheggio.
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ulteriori distruzioni si arriva alla definitiva dissoluzione degli stati micenei e della loro cultura, fra il
XII e la prima metà dell’XI.
Fra le spiegazioni proposte ci sono catastrofi naturali (terremoti e conseguenti carestie), un
improvviso cambiamento climatico devastante per il sistema produttivo (ma è un’ipotesi oggi di
scarso consenso). In molti ipotizzano rivolgimenti interni per rivalità dinastiche, o categorie
subalterne, così come attacchi esterni. Questi potrebbero essere stati effettuati dai cosiddetti
“popoli del mare” (per le fonti egiziane), anche probabilmente alla base della caduta dell’impero
ittita che avrebbe segnato l’interruzione dei traffici commerciali con l’oriente, di fondamentale
importanza per l’economia di palazzo.
Minor seguito trova la tesi diffusa in passato dell’invasione dei Dori, che secondo la tradizione
dopo la guerra di Troia avrebbero conquistato il Peloponneso insieme agli Eraclidi, i discendenti di
Eracle. La cultura materiale infatti non evidenzia tracce dell’arrivo di un nuovo popolo, mentre è
possibile che alcuni gruppi di Dori (come pare da alcuni indizi linguistici) fossero già presenti nei
regni micenei in condizione subalterna, e che abbiano poi preso il potere al crollo del sistema
palaziale.
Sembra comunque evidente che si sia trattato di una pluralità di fattori concomitanti.
5. L’età buia
Con “età buia” o “medioevo ellenico” ci si riferisce ai secoli fra il XII e l’VIII. Si tratta del periodo
meno documentato della storia greca, ma è anche una fase di regresso e generale povertà.
Recenti studi archeologici spingono però a considerare in maniera più articolata l’epoca in
questione, dato che le differenze fra un secolo all’altro e fra una regione e l’altra sono significative.
La scomparsa della scrittura (tranne la ciprominoica fra XVI-XI secolo con un nuovo sistema
sillabico) si accompagna alla diminuzione della popolazione, che si raggruppa in piccoli centri senza
stratificazione sociale e che pratica per lo più la pastorizia (offerte di figurine di animali) e non
l’agricoltura. I capi delle comunità non dispongono più di apparati burocratici, e il loro potere è
segnato dall’instabilità, sottoposto alle continue rivendicazioni del gruppo dirigente.
All’inumazione si sostituisce l’incinerazione, e in Attica compare un nuovo sistema di decorazione
ceramica con disegni geometrici realizzati con il compasso (stile protogeometrico). Il calo dei
contatti con l’Oriente favorisce l’uso del ferro, più diffuso in Grecia, piuttosto che del bronzo.
Non mancano però siti, come Atene, Argo o Cnosso, che continuano i contatti con l’oriente e
non interrompono il proprio sviluppo. A Lefkandi, in Eubea, è stato ritrovato un gigantesco edificio
absidale di 45 m di lunghezza, all’interno del quale sono state rinvenute una deposizione maschile
e incinerazione e una femminile ad inumazione, con un corredo ricchissimo e quattro cavalli
sacrificati (analoga alla sepoltura omerica degli eroi). Questa struttura è databile alla prima metà
del X secolo e mostra la presenza di élite che dispongono di ricchezze economiche significative.
In questo periodo avviene anche la migrazione in Asia Minore dove, grazie al vuoto di potere
dell’impero ittita verso la fine del XIII secolo i greci possono insediarsi più facilmente. Fra l’XI- VIII
secolo si svolge la “prima colonizzazione”, la cui conoscenza è abbastanza scarsa. Non è da
escludere però che l’Attica, come voleva la tradizione antica, vi abbia avuto una parte significativa.
Nella costa dell’Asia minore nascono infine tre unità regionali distinte, l’Eolide, la Ionia, e la Doride.
La Ionia sarà un luogo di incontro e interazione fra il mondo greco e quello orientale (“ioni”
saranno chiamati tutti i greci dai popoli del Vicino Oriente).
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Nel IX secolo si osservano i segni di una graduale e diffusa ripresa: gli insediamenti sono più
numerosi e stabili, riprendono intensamente i contatti con l’oriente, ritornano i beni di lusso nelle
necropoli. Nelle tombe ateniesi si hanno statuine di granai, che suggerisco la ripresa
dell’agricoltura. Questa fase di cambiamenti è stata denominata “rinascimento greco”.
1. Il mondo omerico
Le fonti letterarie più antiche risalgono all’inizio dell’età arcaica: verso la metà dell’VIII secolo
si colloca l’Iliade, mezzo secolo dopo l’Odissea. Il mondo di questi poemi non è l’epoca micenea,
come si è verificato dalla descrizione della società nelle tavolette, anche se alcuni dettagli come i
carri da guerra vi fanno riferimento per dare un tocco di arcaicità. Se ci sono poi eventi che
rimandano all’età buia (cremazione), altri riflettono il periodo di composizione (la colonizzazione
nell’Odissea).
L’interesse storico dei poemi omerici è forte soprattutto per le istituzioni politiche. Al vertice
della società c’è il basileus, che è un primus inter pares tra i notabili aristocratici. Prima di prendere
una decisione consulta un consiglio, la boulé, di cui fanno parte i gherontes, i capi delle famiglie
nobiliari, e si preoccupa di convocare l’assemblea, agorà. Non si tratta però di organi con
competenze definite, né ci sono scadenze periodiche o votazioni formalizzate, ed è comunque il
sovrano a prendere la decisione finale. Il basileus ha funzioni militari e religiose e con i geronti si
occupa dell’amministrazione della giustizia su base consuetudinaria.
Alla luce delle analogie con le società greche di età arcaica, sembra verosimile che la
descrizione omerica riguardi un periodo non troppo distante dalla sua composizione, fra IX- VIII.
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che concorsero all’adozione del nuovo modello, che si forma attraverso un processo diffusione
politica e a volte urbanistica fra vari villaggi (sinecismo).
I greci avevano comunque coscienza di appartenere ad un popolo unitario, per la comunanza
di lingua, usanze e religiose, e il fatto che si definissero con un unico etnico, Elleni, è significativo.
In Omero era usato in riferimento a una zona settentrionale della Grecia, ma poi a partire dal VII
secolo prese a indicare tutti i greci, della madrepatria e delle colonie; così Hellas, Ellade, viene a
designare tutta la Grecità.
Secondo una diffusa tesi, a un periodo monarchico nella polis avrebbe fatto seguito il potere
aristocratico, ma sembra più probabile che non si tratti di due fasi nettamente distinte, e che la
regalità fosse un’emanazione del dominio dell’aristocrazia. Successivamente la monarchia
sopravvisse solo in un numero limitato di poleis, mentre le magistrature aristocratiche ne
ereditarono le funzioni.
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popoli e governata da un sinedrio di ventiquattro ieromemnoni. Si riuniva due volte l’anno, alle
Termopili e a Delfi, e aveva il compito di amministrare il santuario e di organizzare i giochi pitici,
nonché di proclamare la tregua sacra in occasione dello svolgimento delle gare. Grazie alla sua
autorevolezza l’anfizionia delfica rappresenta un punto di riferimento per tutti i greci ed esercita
un’influenza significativa anche sulla politica interstatale. Tuttavia, dilaniata da continue discordie
interne e condizionata dai suoi membri più potenti (prima i Tessali, poi Sparta e Atene), non
ridusse la conflittualità fra i greci ma anzi contribuì ad alimentarla come dimostrano le guerre sacre
per il controllo del santuario.
4. La colonizzazione arcaica
Nell’VIII secolo inizia anche la colonizzazione arcaica, per cui sulle coste del Mediterraneo e del
Mar Nero si insediano gruppi di Greci, sia della madrepatria che dell’Asia Minore. Si tratta di
comunità autonome che mantengono con la madrepatria tuttalpiù rapporti di natura economica e
cultuale, ma non ne dipendono politicamente. L’esperienza della colonizzazione iniziò quando in
Grecia la polis era ancora in via di formazione, e costituì una sorta di laboratorio politico e
contribuì alla nascita e affermazione di un nuovo modello di organizzazione statale.
Le cause del fenomeno sono molteplici, ma sembra che alla base vi sia comunque una
condizione di disagio legata alla scarsità di terre, sia dal punto di vista agricolo (per la condizione
morfologica della penisola e la crescita demografica) che per effetto delle discriminazioni politiche
che determinavano un accaparramento fondiario da parte di gruppi dominanti. Non è tuttavia da
escludere l’incidenza di esigenze commerciali, soprattutto per i centri fondati in vicinanza di
materie prime o di controllo delle rotte marittime. Un altro caso può essere poi quello della
pressione da parte di potenze straniere, soprattutto per la Ionia che iniziò l’attività coloniale in
corrispondenza all’espansione della Lidia.
A organizzare le spedizioni è la stessa comunità; il gruppo di coloni è piccolo e formato da
maschi, ed è posto sotta la guida di un ecista di condizione aristocratica e con ampi poteri. Dopo
aver consultato la Pizia (Delfi doveva essere un ottimo punto di raccolta di informazioni) viene
scelta la meta, e una volta giunti sempre l’ecista da indicazioni per la fondazione del nuovo
insediamento, distribuendo le terre (anche se non sembra in maniera ugualitaria); alla morte era
spesso oggetto di un culto eroico. Anche queste comunità potevano essere teatro di tensioni,
come dimostra il fatto che diedero vita a subcolonie.
Un altro problema era la presenza indigena, che poteva essere risolta in una pacifica
convivenza ma più spesso con la sottomissione dei nativi. Sono ridotti a servi agricoli ad esempio
gli abitanti originari di Siracusa e Bisanzio. Ciò poteva avvenire con comunità deboli e poco
organizzate (i coloni erano in numero ridotto), mentre il fatto che alcune regioni del Mediterraneo
non siano state per nulla toccate (Egitto, Italia tirrenica) se non per lo stabilimento di empori si
spiega con la presenza di comunità militarmente forti e organizzate.
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Nel 733 Corinto fonda Siracusa, nel 728 Megara fonda Megara Iblea, che ci permette di
osservare una fondazione coloniale nei suoi primi momenti. Nell’VIII secolo un gruppo di Spartani
(secondo la tradizione discriminati per la nascita illegittima, i Parteni) fonda Taranto, che sarebbe
diventata proverbialmente ricca per il vasto dominio territoriale fino al Mar Tirreno.
Agli anni Settanta del VII secolo risale la nascita di Locri Epizefiri ad opera dei locresi, mentre
alla metà del secolo si colloca Metaponto a opera di greci d’Acaia. Intorno al 680 coloni cretesi e
rodii fondano Gela che un secolo dopo darà vita ad Agrigento. I greci non riescono invece ad
insediarsi sull’estremo versante occidentale della Sicilia per la presenza degli Elimi di Segesta e poi
anche di Cartagine (seconda metà del VI secolo).
Oltre a queste zone l’espansione coinvolge altre aree. In occidente sono attivi i focesi che
danno vita ad insediamenti sulle coste della Spagna e della Francia; Massalia (Marsiglia) è fondata
a fine VII secolo e acquisirà grande rilievo in campo commerciale. Sulla costa settentrionale
dell’Africa nella seconda metà del VII secolo un gruppo di Tera si stanzia in Libia fondando Cirene.
In Egitto non sorgono colonie, ma a metà del VII secolo i Milesii danno vita all’emporio di Naucrati,
unico centro autorizzato dal faraone per le attività commerciali greche nel paese.
Ad oriente nella prima metà del VII secolo dei coloni di Paro si stanziano a Taso verso la metà
del secolo altre colone sono fondate in Tracia, in Propontide e sul Mar Nero, dove un ruolo di
primo piano hanno megaresi (Bisanzio, Eraclea Pontica) e Milesii (Sinope, Istro).
1. La riforma oplitica
La nuova tecnica militare dell’oplitismo è certamente una delle più importanti innovazioni
dell’età arcaica. I soldati dispongono di un pesante armamento: corsetto di bronzo, lancia, una
corta spada e un grande scuto a doppia impugnatura. Si tratta di un equipaggiamento non efficace
in caso di scontri individuali, ma funzionale nell’ambito della falange, in cui i soldati si muovono in
maniera compatta (lo scudo protegge anche il compagno di sinistra, dato che copre solo il lato
destro del corpo). Benché nel mondo omerico non manchino scontri di massa, è certo che non si
tratta di ranghi serrati, e che la nuova tattica non sembra essere ancora in uso alla fine dell’VIII
secolo. Tuttavia in alcune zone l’oplitismo si dovette diffondere già nella prima metà del VII secolo:
nei santuari si ritrovano scudi oplitici fra le offerte, e nei vari si hanno raffigurazioni di opliti (vaso
Chigi). Ulteriore testimonianza data dalla letteratura, in particolare i versi del poeta spartano
Tirteo.
In questo modo l’attività militare cessa di essere prerogativa esclusiva dei ceti aristocratici che
potevano permettersi armi costose e cavalli, ma allo stesso tempo aumenta anche la coesione fra i
membri della comunità (e a un’esigenza del genere va connesso il ginnasio.
2. Le legislazioni arcaiche
Nel VII secolo un’altra evoluzione importante è il processo di legislatura, in seguito alla
diffusione della scrittura. È discusso se il fenomeno abbia avuto origine a Creata o in Grecia
coloniale (per la mescolanza di consuetudini diverse si sarebbe avvertita maggiormente la
necessità di fissare norme comuni). Per cui la tradizione antica individua Locri Epizefiri come
prima città dotata di una legislazione scritta, ad opera di Zaleuco (i particolari leggendari
come la
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monoftalmia inducono a suscitare però dubbi sulla sua storicità). A Creta invece il fenomeno è
attestato dalle leggende secondo cui vari legislatori come Zaleuco o Licurgo avrebbero svolto qui
un periodo di apprendistato. In particolare è significativo il caso di Dreros, da cui proviene ad oggi
la più antica legge a noi nota (metà del VII secolo): la carica somma di cosmo non può essere
iterata prima di dieci anni, e in caso contrario era prevista una multa e perdita dei diritti.
I legislatori intervengono su fatti di sangue, questioni ereditarie, contratti e condotta morale,
ma anche con leggi antisuntuarie. Si tratta di un notevole progresso per la polis, ma va tenuto
presente che in realtà l’obiettivo primario delle costituzioni arcaiche era la stabilità politica e la
salvaguardia degli equilibri costituiti.
4. Lo stato spartano
Gli spartiati sono in possesso dei diritti politici, e sono detti homoioi, uguali, e sono una
ristretta minoranza. Non si dedicano al commercio o all’artigianato (di cui si occupano i perieci) o
alle terre (prerogativa degli iloti), e possono dedicarsi esclusivamente all’attività militare. Il
percorso educativo che li caratterizza è detto agoghé, e inizia all’età di otto anni, quando i ragazzi
lasciano la famiglia e sono divisi in gruppi. Sotto il controllo di ragazzi più grandi saranno sottoposti
a un duro addestramento che giunge fino a 30 anni. Un’altra occasione importante è quella dei
sissizi, pasti in comune a cui si contribuisce con i prodotti della propria terra (non partecipare
significa essere privati della cittadinanza).
Tutti i cittadini fanno parte dell’apella, ma il vero potere è dei geronti (28 più i due re) con più
di 60 anni ed eletti a vita, con la funzione di preparare e indirizzare i lavori dell’assemblea (in caso
di stravolgimento possono allontanarsi sciogliendo la riunione).
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I re regnano in coppia e appartengono a due famiglie discendenti da Eracle, Agiadi ed
Euripontidi, con competenze militari e religiose.
Gli efori sono eletti annualmente in numero di 5, e svolgono una funzione di controllo sui
cittadini e sui re.
I perieci non sono cittadini ma sono comunque di condizione libera, e godono di grande
autonomia locale (si parla di poleis), militando anche nell’esercito.
Non liberi sono gli iloti, discendenti di popolazioni locali assoggettate in epoca dorica e dei
messeni. Sono proprietà della polis, vivono in gruppi familiari e possono avere patrimoni personali.
Devono però versare metà del prodotto della terra ai cittadini proprietari, e sono oggetto di
trattamenti brutali: gli efori all’entrata in carica dichiaravano loro guerra, e una delle prove
dell’agogé (per gruppi selezionati) era la caccia notturna degli iloti (krypteia). Al timore delle loro
rivolte può essere fatta risalire la militarizzazione della città.
5. La Beozia e la Tessaglia
In Beozia e Tessaglia nascono due potenti stati federali. In Beozia si trovano numerose poleis,
con Orcomeno e poi Tebe in posizione di supremazia. Le città beotiche si alleano nel VI secolo
contro l’espansione dei Tessali (con un’importante vittoria a Ceresso intorno al 525), ed è
probabilmente allora che nasce lo stato federale (non ne fa parte Platea, che si allea invece con
Atene).
In Tessaglia sopravvive a lungo un’organizzazione di tipo tribale, con alcune grandi casate
nobiliari che grazie a un gruppo asservito analogo agli iloti (penesti) possono contare su
manodopera rurale e milizie private. Verso la fine del VI secolo la Tessaglia conosce una fase di
notevole potenza, con la sottomissione dei perieci, popolazioni delle montagne che devono ora
pagare tributi, e con i voti dei quali all’interno dell’anfizionia delfica i Tessali acquisiscono il
controllo. A fine VI e inizio V secolo si colloca la nascita dello stato federale. Ne è artefice Aleva che
divide il territorio in tetradi, che servono come base al reclutamento oplitico per l’esercito
federale, a capo del quale sta il tagos. La rivalità dei casati e le tendenze autonomistiche dei
cittadini impediranno tuttavia al koinon di svolgere un ruolo adeguato alle sue potenzialità.
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1. Caratteristiche generali
Dalla metà del VII secolo in numerose polesi in una situazione di contrasti sociali, l’aristocrazia
al potere viene esautorata da un leader che instaura un regime autocratico e spesso da vita a una
vera e propria dinastia. Tiranno deriva da signora, e non ha infatti una connotazione negativa
inizialmente; presto però acquisirà il senso di monarca brutale e dispotico.
Il tiranno non è espressione delle nuove classi emergenti ma dell’élite dominante, tanto che
spesso è una magistratura a garantirgli il consenso per impadronirsi del governo. Esautorando però
anche con condanne capitali il ceto aristocratico (autore tra l’altro delle caratterizzazioni negative),
il tiranno non può che ricercare l’appoggio popolare, con redistribuzioni di terre, prestiti o
inserimento nella cittadinanza di nuovi gruppi. Gli ambiziosi programmi di edilizia monumentale
offrono poi nuove opportunità lavorative, e rafforzano il senso di appartenenza civica e il ruolo
stesso della polis. I tiranni sono poi spesso attivi nella politica estera. Intessendo numerose
relazioni diplomatiche.
Sollevazioni interne o interventi di potenze esterne fanno presto terminare l’esperienza
tirannica, anche se orami le strutture del potere aristocratico sono state intaccate e si sono create
le condizioni per la trasformazione della polis in una comunità politicamente più evoluta.
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3. La tirannide in Asia Minore
Il più antico tiranno micrasiatico noto è Trasibulo di Mileto agli inizi del VI secolo. Il suo
avvento al potere può essere stato favorito dalla lunga guerra contro il regno di Lidia in seguito a
contrasti intestini la tirannide si concluse con la mediazione di Paro.
A Mitilene nel 590 sono invece i cittadini a conferire il potere a Pittaco, moderatore
aristocratico (per Aristotele si tratta di aisymnetes, tirannide elettiva), che garantisce un decennio
di stabilità alla città per poi ritirarsi.
Molto di più sappiamo di Policrate, tiranno di Samo dal 540. Grazie a una grande potenza
navale, Policrate esercita la pirateria nell’Egeo e impone il suo dominio nelle Cicladi e in Asia
minore continentale, intrattenendo anche buoni rapporti con la Persia (partecipa alla spedizione
contro l’Egitto di Cambise). La costruzione di monumentali opere pubbliche e il favore accordato
ad artisti e poeti (Anacreonte) si segnalano infine come aspetti della sua tirannide. Il malcontento
è comunque diffuso, come testimonia il trasferimento di Pitagora a Crotone nel 530, insieme ad
altri aristocratici che daranno vita a Dicearchia (Pozzuoli). L’opposizione non è però solo
aristocratica, perché durante la spedizione contro l’Egitto la fotta si ammutina. Policrate sarà
comunque ucciso da Orete di Lidia, a Magnesia. Alla sua morte seguì la conquista persiana di
Samo.
4. L’Occidente
È in Occidente invece che la tirannide non si esaurisce con l’età arcaica. Alle tensioni sociali si
aggiunge infatti la contrapposizione con le popolazioni non greche.
A fine VII secolo si colloca la più antica tirannide nota, quella di Panezio a Leontini. Più
consistente è la tradizione su Falaride di Agrigento, che intorno al 570 sembra conquistare territori
a danno dei Sicani, e tenda di prendere la greca Imera. A metà del VI secolo si colloca la tirannide
di Selinunte, in cui Terone raggiunge il potere durante una guerra contro i Cartaginesi.
A fine VI secolo a Gela Cleandro esautora l’oligarchia e rimane al comando della città, seguito
poi dal fratello Ippocrate. Questi si dota di un potente esercito di mercenari e si espande a
Leontini, Catania, Nasso e Zancle; solo Siracusa resta autonoma. Sono invece i Siculi a opporre una
strenua resistenza.
In Magna Grecia la tirannide è più tarda: la più antica nota è a Sibari con Telys, negli anni
Ottanta del VI secolo. Telys conduce guerra contro Crotone, ma è Sibari che nel 510 viene
assediata e poi rasa al suolo dai vincitori. A Cuma Aristodemo si appoggia ai ceti popolari e alla
componente indigena, che affranca; rimarrà in carica un solo decennio, e la sua caduta segna la
fine di un periodo di prosperità non destinato a ripetersi a Cuma.
1. Il VII secolo
Nel VII secolo ad Atene predominano le famiglie aristocratiche, con la prerogativa delle
magistrature, le più importanti delle quali sono il collegio dei 9 arconti e l’Areopago (l’antico
consiglio, circa 300 membri, degli ex arconti e del re). La debolezza dell’organizzazione statale è
dovuta anche alla vastità del territorio, che permette l’esistenza di distinti potentati locali che si
scontrano gli uni con gli altri.
Nel 636 o 632 Atene subisce il primo tentativo di instaurazione della tirannide da parte di
Cilone, ucciso brutalmente con i suoi alleati dagli Alcmeonidi, poi per questo oggetto di una
campagna denigratoria da parte dei rivali; processati per sacrilegio (Cilone e i suoi si erano rifugiati
presso gli altari degli dei), sono costretti a un temporaneo esilio.
Connessa a queste tensioni è la redazione di un codice di leggi da parte di Dracone, fra il
624/3 e il 621/0, permettendo di affermare l’autorità della polis a scapito dei privati. Ad
esempio si
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distingue fra omicidio volontario e non, ampliando la sfera di intervento statale e limitando la
vendetta privata.
In questo periodo però è molto diffusa anche la servitù per debiti, e la categoria degli
hektemoroi (servi legati alla terra) devono versare un sesto (o trattenere un sesto,
l’interpretazione è controversa) del raccolto ai proprietari terrieri.
2. Solone
Membro del ceto dominante, Solone riesca a conquistare l’isola di Salamina in un conflitto con
Megara, e il suo nome si lega anche alla prima guerra sacra. Cirra secondo le fonti commetteva
soprusi verso il santuario delfico e verso i pellegrini, per cui su impulso di Clistene di Sicione si
formò una colazione con Atene e Tessali per muovere guerra; in realtà i cirrei con le loro attività
piratesche disturbavano le polis che attraverso il golfo intrattenevano scambi con l’Occidente (e
infatti la spedizione è guidata da un Alcmeonide, perché Atene ne era danneggiata). La guerra si
concluse con la distruzione di Cirra.
Grazie al prestigio ottenuto, Solone è eletto arconte (594/3) con l’incarico di emanare nuove
leggi e pacificare i contrasti sociali. La prima azione è la seisachtheia ovvero lo scuotimento di pesi:
si attuano le cancellazioni dei debiti, con il divieto futuro di prestiti con garanzia della persona, ma
anche l’affrancamento degli hektemoroi. I ceti non abbienti però rimangono delusi dal rifiuto di
una ridistribuzione delle terre.
I cittadini sono divisi in 4 classi in base al reddito agricolo, che graduano anche la
partecipazione statale: pentacosiomedimni, con 500 medimni di grano, e cavalieri, con 300
medimni di grano possono aspirare all’arcontato, e solo i primi essere tesorieri di Atena; gli zeugiti
con 200 medimni alle magistrature minori; infine i teti, i salariati che non possono ricoprire cariche
pubbliche ma possono partecipare all’assemblea e al tribunale popolare (eliea, garantiva il diritto
d’appello).
Viene poi istituito un consiglio di 400 membri (boulé), cento per ogni tribù.
Solone introduce poi leggi contro il lusso, favorisce lo sviluppo dell’artigianato (obbligo dei
genitori a insegnare un mestiere ai figli, cittadinanza a stranieri che vogliono esercitare
l’artigianato), incentiva l’olivicoltura, e introduce una riforma monetaria. Il tentativo di eliminare le
tensioni sociali non è comunque riuscito, perché sia da parte aristocratica che non è presente un
diffuso malcontento.
3. Pisistrato
Dopo Solone, nella polis si fronteggiano tre schieramenti: il partito della pianura di Licurgo
(oligarchico), quello della costa di Megagle (democratico moderato) e quello della montagna di
Pisistrato (democratico più radicale). Nel 561/0 sfruttando il prestigio ottenuto con le vittorie su
Megara, Pisistrato si fa concedere una guardia del corpo di 300 mazzieri, con cui si impadronisce
del potere, salvo poi essere rimosso poco dopo. Molto presto grazie a un’alleanza con Megacle
contro Licurgo ritorna però in città (accompagnandosi a una fioraia vestita da Atena). Si tratta di
nuovo di un successo effimero, che spinge Pisistrato nel Pangeo a procurarsi risorse con cui recluta
mercenari con i quali si stabilisce prima a Eretria e poi di nuovo ad Atene, di cui rimarrà a capo fino
alla morte nel 528/7. Si tratta di un tiranno moderato e dall’atteggiamento conciliatorio che gli
assicura il
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consenso dei nobili, ma allo stesso tempo dei meno abbienti grazie a prestiti e all’istituzione dei
giudici dei demi, con il compito di amministrare la giustizia locale.
È sempre sotto Pisistrato che si hanno le prime dracme ateniesi, e si sviluppa il settore
artigianale (la ceramica attica a figura nere è la più diffusa nel Mediterraneo), introducendo un
sistema di fiscalità pubblica con una decima sui raccolti per realizzare edifici monumentali (tempio
di Atena e di Apollo).
Pisistrato intrattiene rapporti con le altre comunità, assorbendo nell’orbita di Atene Delo e
Nasso. Nell’Ellesponto Milziade stabilisce dei volontari nel Chersoneso Tracio, dando vita a un
dominio personale, mentre sul lato asiatico viene acquisita Sigeo.
Poeti come Anacreonte e Simonide sono accolti in città, e Onomacrito realizza la prima
edizione dei poemi Omerici. Si valorizzano poi i culti cittadini a scapito di quelli delle famiglie
nobiliari, in particolare Atena e Dioniso con le rispettive festività (Panatenee e Dionisie urbane)
5. La riforma di Clistene
La cittadinanza viene divisa in 10 tribù: dopo aver suddiviso l’Attica in tre grandi aree (centro
urbano, costa, interno) ognuna viene a sua volta divisa in 10 trittie, assegnate poi a gruppi di tre
(una per area) alle varie tribù. In questo modo si riduce il peso che le casate nobiliari potevano
esercitare sul territorio. Le trittie sono poi divise in un numero variabile di demi (circa 140 in
totale), che assumo una funzione significativa, anche se già presenti precedentemente: sono le
unità amministrative della polis, con una propria assemblea, un magistrato (demarco) e un valore
fondamentale per la cittadinanza (il demotico è una componente essenziale accanto al
patronimico).
Si introduce poi una boulé di 500 membri, 50 per tribù (i demi sono rappresentati
proporzionalmente alla popolazione): l’anno è diviso in 10 pritanie, nelle quali a turno una tribù
rimane costantemente in attività, e ogni giorno sorteggia un presidente, epistate, che rappresenta
il capo dello stato. L’assemblea si tiene sulla collina della Pnice, in un ekklesiasterion (mentre città
più piccole possono usare il teatro per questo scopo).
Un’altra procedura attribuita a Clistene è l’ostracismo. Il quorum è di 6000 votanti (o
addirittura voti a seconda delle interpretazioni), e bisogna indicare su un coccio il nome del
personaggio che si ritiene vada allontanato dalla città per dieci anni, pur senza perdere
possedimenti e diritti, al fine di evitare una nuova tirannide (anche se poi sarà utilizzato come
strumento di lotta politica).
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6. La fine del VI secolo
Temendo un conflitto con Sparta, Atene nel 508 invia una delegazione a Sardi nell’impero
persiano, anche se poi un cambio di leadership condannerà questi stessi ambasciatori. Nel 506
però Atene è attaccata da Beoti e Calcidesi, mentre i re spartani Cleomene e Demarato penetra
nell’Attica. Sono le divisioni fra i peloponnesiaci a salvare la città. I Calcidesi sono sconfitti e viene
loro sottratto un pezzo di territorio in cui sarà impiantata una colonia ateniese con finalità militari
e non indipendente, ma parte della città (cleruchia).
3. La rivolta ionica
Nel 499/8 ha inizio la rivolta ionica (circa 50 dopo l’inizio del dominio di Ciro, per cui non si
tratta di un fermento nazionalistico ma di tensioni fiscali), di cui Erodoto è la fonte principale. Il
losco
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tiranno Aristagora avrebbe promosso una rivolta temendo l’ira del Gran Re in seguito al fallimento
contro Nasso, e poi seguito dalle altre città. La deposizione dei tiranni segna l’inizio
dell’insurrezione. Essendo la sproporzione delle forze molto evidente, Aristagora avrebbe chiesto
aiuto a Sparta e Atene: la prima rifiuta, la seconda invia 20 navi (e altre 5 Eretria), preoccupata per
i propri interessi nel mar Nero e sugli stretti. Per Erodoto è “l’inizio delle sciagure”.
Il primo obbiettivo dei greci è Sardi, capitale della satrapia. La vigorosa resistenza induce però
ad un ritiro e poi ad una sconfitta da parte dei rinforzi persiani, a cui fa seguito la ritirata di Atene.
A ciò fa però riscontro un allargamento della rivolta all’Ellesponto, Caria e Cipro. Quest’ultima ha
grande importanza strategica, ed è contro di essa che si dirigono i persiani, avendone presto
ragione. Altrettando efficace è l’avanzata in Asia Minore. Tuttavia nel 494 i persiani sono ancora in
guerra, e decidono di puntare direttamente su Mileto. La battaglia navale (in questo periodo fa tra
l’altro comparsa la trireme, in realtà nata già nel VII- VI secolo) vede la sconfitta dei greci per lo
sfaldamento dello schieramento poco compatto, mentre Mileto è distrutta completamente, con la
riduzione o il massacro della popolazione.
Dopo la dura repressione, i vincitori optano per una politica più moderata nei confronti dei
greci.
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2. Dopo Maratona
Milziade dopo Maratona convinse gli ateniesi ad effettuare una spedizione contro Paro, non
riuscendo ad espugnare la città, e dovendo perciò pagare una multa di 50 talenti; Milziade morì
poco dopo.
Temistocle riuscì a conquistare il consenso del demos, e a prevalere sulla fazione rivale, come
dimostrano i numerosi ostrakon di Alcmeonidi e dei loro alleati. Il nuovo leader fu tra i promotori
di una riforma che porta la scelta degli arconti dall’elezione al sorteggio fra cento candidati scelti
dalle tribù, intaccando il prestigio dell’Areopago a vantaggio della strategia.
Nel 483/2 la scoperta dell’argento nel Laurio introduce un nuovo motivo di scontro: molti
vorrebbero ripartire i proventi, mentre Temistocle intende usarli per una flotta di 200 triremi;
Aristide, con gli Alcmeonidi vicini ad Egina, è contrario a proseguire il conflitto e quindi alla flotta,
ma sarà Temistocle a prevalere, facendo ostracizzare l’avversario.
La nuova potenza navale rafforza il ruolo dei teti, perché si rendono necessari rematori di
questa classe, venendo così coinvolti nell’attività militare: è il presupposto per l’evoluzione
democratica radicale che avverrà vent’anni dopo.
3. La lega ellenica
A Dario succede il figlio Serse, che era riuscito con difficoltà a reprimere la rivolta in Egitto. Nel
483 Serse comincia a interessarsi alla Grecia, con grandiosi preparativi (il greco Arpalo costruisce
un doppio ponte di navi e funi sull’Ellesponto) e una massiccia mobilitazione bellica. Se nel 490 lo
scopo era una spedizione punitiva, ora Serse vuole imporre la sua sovranità sui greci (satrapia o più
verosimilmente vassalli come la Macedonia).
Nel 481 i rappresentati di un gruppo di stati greci, fra cui Temistocle, si riuniscono a Corinto
per organizzare una difesa comune: è la Lega ellenica, il cui comando è affidato a Sparta. Non si
tratta di un numero grande di polis: a riprova che a molte città la sottomissione alla Persia non
apparisse una prospettiva del tutto negativa c’è il fallimento dei tentativi intrapresi per coinvolgere
altre forze. Non diversamente avviene con le polis d’occidente: Gelone di Siracusa accetterebbe
solo a patto di essere nominato capo della lega; i Tessali sono invece apertamente filopersiani (non
deve essere casuale che Delfi, da loro controllata, emani pessimistici responsi oracolari).
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Contro il parere dello spartano Euribiade e dei peloponnesiaci che vorrebbero porre la flotta a
Corinto, Temistocle arriva a minacciare il disimpegno di Atene pur di ottenere che lo scontro si
svolga a Salamina: la sconfitta persiana è dovuta proprio alla scelta di campo, perché lo spazio
angusto non consente adeguate manovre, le navi sono a stretto contatto e quindi gli opliti possono
giocare un ruolo primario. Serse per l’arrivo dell’inverno e forse temendo ribellioni in Asia Minore,
decide di tornare in Asia, lasciando alcune truppe a svernare in Tessaglia al comando di Mardonio.
6. L’Occidente
In occidente sono ancora i regimi tirannici ad avere una parte rilevante nel V secolo.
Nel 491 sale al potere a Gela il tiranno Gelone. Quando dopo una rivolta dei cilliri i gamoroi di
Siracusa chiedono aiuto al tiranno geloo contro Casmene, Gelone si fa nominare stratego e,
affidata Gela al fratello Ierone, si stabilisce a Siracusa, ampliando la popolazione cittadina con
nuovi gruppi provenienti da Gela, Camarina, Eubea di Sicilia e Megara Iblea. Quando il tiranno di
Agrigento, alleato di Gelone, scaccia il tiranno di Imera che ha buoni rapporti con i Cartaginesi,
quest’ultimo chiama in suo aiuto proprio Cartagine: la coalizione agrigentino- siracusana di Gelone
riesce a infliggere nel 480 una pesante sconfitta agli africani. La battaglia è glorificata e posta sullo
stesso piano di quella sui persiani.
2. Da Temistocle a Cimone
Nelle fonti antiche legate alla lega non si parla di Temistocle, che sembra proporre un progetto
diverso di intesa con i persiani e concentrare le forze per contendere a Sparta l’egemonia. La sua
presa di posizione contro la proposta spartana di escludere dall’anfizionia le città che non avevano
preso parte alla lotta è significativa al riguardo. Temistocle è però isolato e viene ostracizzato o nel
474 o nel 471. In esilio ad Argo, vi favorirà un regime democratico e fomenterà un diffuso
movimento antispartano e di unificazione dell’Elide in senso democratico. Braccato dagli spartani
dopo la condanna a morte in contumacia comminatagli in patria su istigazione degli spartani,
salperà per l’Asia Minore, dove il re persiano (Artaserse I probabilmente) lo eleverà al rango di
consigliere. L’altro protagonista delle guerre persiane, Pausania, viene invece murato vivo nel
santuario di Atena in seguito ad un possibile progetto di riforme con l’apporto degli iloti.
Dopo Temistocle, è Cimone, figlio di Milizade, la figura di spicco ad Atene. Cimone si pone
l’obiettivo di smantellare le ultime postazioni persiane in Europa, ma anche contri i pirati Dolopi
per il controllo della rotta fra gli stretti (per lo stesso motivo si scontra anche con la polis di Caristo,
costringendola ad aderire alla simmachia). Poco più tardi Nasso, per motivi non chiari, si dissocia
dalla lega, ma l’intervento di Atene la costringe presto a capitolare.
Nel 470 i persiani sembrano voler riprendere l’offensiva: Cimone affronta i persiani in una
duplice battaglia, terrestre e navale alla foce dell’Eurimedonte, ottenendo una vittoria significativa
anche per la quantità di navi nemiche catturate. Un nuovo fattore di debolezza della lega si ha però
nel 465, quando Atene contende a Taso le miniere del Pangeo, spingendo Taso alla defezione;
dopo un lungo assedio i Tasi si vedono infliggere dure condizioni (perdono i possedimenti sulla
terra ferma, le mura, la flotta, pagano le spese di guerra). Prima della conclusione del conflitto
Atene prova a imporre una colonia a Ennea Hodoi, ma l’iniziativa fallisce per la disfatta a opera
degli indigeni Edoni.
Con l’accusa di corruzione ad opera di Alessandro I di Macedonia, Cimone è portato in giudizio
da Pericle nel 463/2; il processo si svolge presso l’Areopago conservatore ed aristocratico, per cui
Cimone è assolto; è comunque indice dell’inizio del suo declino politico.
3. La riforma di Efialte
Nel 464/3 gli Spartani dopo un rovinoso terremoto devono fronteggiare la sollevazione degli
iloti e di alcune città perieciche (terza guerra messenica), che si concluderà dopo alcuni anni con
un accordo secondo il quale i ribelli possono lasciare il Peloponneso. In questo contesto è chiesto
l’aiuto di Atene: Cimone sostiene con forza la necessità di intervenire, ma poco dopo l’arrivo degli
alleati Sparta li congeda, probabilmente timorosa di una lunga permanenza ateniese.
Durante l’assenza di Cimone il partito democratico- radicale fa approvare una legge (462/1)
che indebolisce il potere dei notabili aristocratici, le cosiddette riforme di Efialte.
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L’Areopago viene ridotto a tribunale per i fatti di sangue e questioni sacrali, perdendo il suo
ruolo centrale nel sistema politico; viene potenziato anche il ruolo dell’Eliea, il tribunale popolare
di 6000 membri sorteggiati fra i maggiori di 30 anni e assegnati di volta in volta a diversi dicasteri.
Si amplia quindi il ruolo dei cittadini meno abbienti, e l’affronto arrecato agli spartani fornisce
l’occasione per rompere la simmachia e passare a un’alleanza con i Tessali e Argo. Calunniando
anche la vita privata di Cimone (accusato di incesto con la sorella), il leader viene ostracizzato.
Efialte è ucciso poco dopo, forse dallo stesso Pericle che l’aveva sostenuto e che può così ricavarsi
un ruolo pressoché incontrastato.
4. L’Occidente
Dopo le guerre persiane si accentua il ruolo di Siracusa: Ierone continua la politica dei
trapianti di popolazione di Gelone (al posto di Catania è fondata Etna in cui sono insediati
siracusani e peloponnesiaci, ad esempio), ma si volge anche in Italia meridionale. Comunque è
l’intervento contro gli Etruschi a mostrare il ruolo egemonico di Siracusa. Le città greche d’Etruria
chiedono aiuto a Siracusa per il controllo del basso Tirreno, e nel 474/3 la vittoria di Cuma segna
un colpo importante alla potenza etrusca. Il golfo di Napoli è inserito nell’orbita di Siracusa, e viene
fondato il centro di Neapolis. Ierone muore ad Etna e gli succede il fratello Trasibulo, con conserva
il potere per poco prima di essere cacciato; per Siracusa si apre una fase di istituzioni
democratiche.
In Magna Grecia si espandono Reggio e Taranto, anche se entrambi sono sconfitti dagli Iapigi;
in seguito Taranto si trasformerà in senso democratico.
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2. La democrazia assistenziale
Dal 457 l’arcontato diventa accessibile anche agli zeugiti, e viene portata a termine la
costruzione delle Lunghe mura, che uniscono la città al Pireo e al Falero rafforzando il legame con
la flotta e il mare. La novità più importante fu sicuramente però l’introduzione del misthos
(retribuzione) a quanto svolgessero funzioni pubbliche per volontà di Pericle, a quanto sembra
per competere con il più ricco Cimone, e comunque per il grosso carico di lavoro che grava sui
membri dei tribunali popolari, poi esteso a buleuti e magistrati, come opliti e rematori. In tal modo
anche i non abbienti possono partecipare alla gestione della città, e ottengono una fonte di reddito
che ne garantisce la sussistenza. Contemporaneamente non si può però allargare troppo la cerchia
dei beneficiari, per cui nel 451/0 Pericle fa approvare una legge secondo la quale solo i figli di
padre e madre ateniesi (e non solo più il padre) sono cittadini ateniesi.
Pericle mette poi in atto un grandioso programma di edilizia pubblica: sull’Acropoli Fidia
costruisce i Propilei e il Partenone dedicato ad Atena Parthenos, che costituisce un’opportunità di
lavoro per molti cittadini. Gli elevati costi di una politica del genere sono chiari, e il modo in cui
Atene riuscì a farvi fronti fu sfruttando il tributo delle poleis alleate.
3. La pace di Callia
Nel 451 gli Ateniesi sferrano un grande attacco contro i persiani a Cipro al comando di
Cimone; nonostante fallisca l’assedio di Cizio, gli ateniesi infliggono una pesante sconfitta agli
avversari, per cui i Persiani decidono di intavolare una pace con l’ateniese Callia: in cambio della
garanzia che i suoi territori non saranno più attaccati, il Gran Re accetta l’autonomia delle poleis
d’Asia e si impegna a mantenere gli eserciti ad almeno tre giorni di marcia e a non far navigare la
sua flotta oltre lo stretto di Bisanzio. Atene è così padrona dell’Egeo e può ora dedicarsi, come
aveva un tempo proposto Temistocle, a sottrarre l’egemonia sulla Grecia a Sparta.
A questo punto però la lega non ha più formalmente ragione di esistere, e infatti si
susseguono varie irregolarità nei pagamenti. Atene però decide di tenere in piedi la symmachia
con la forza trasformandola in un impero.
Anche la Grecia centrale è in agitazione: nel 449/8 inizia la seconda guerra sacra dopo
l’occupazione spartana di Delfi, in cui Atene sostiene i Focidesi, mentre in Beozia un gruppo di esuli
oligarchici infliggono una pesante sconfitta ad Atene che per il dominio sulla regione. L’anno
successivo Megara esce dalla lega ed è supportata da Sparta, anche se (per motivi non chiari) gli
spartani decidono di ritirarsi e Megara rientra nell’alleanza.
Nel 446/5 Atene e Sparta firmano una pace trentennale per porre fine alle ostilità, e per la
prima volta Atene ottiene il riconoscimento della sua egemonia sugli alleati.
4. L’impero ateniese
Le liste dei tributi sono iscrizioni ritrovate in condizioni frammentarie sull’Acropoli e sono una
fonte di primaria importanza per la lega delio- attica: riportano infatti le quote di 1/60 prelevate
annualmente da 250 poleis, il cui importo variava a seconda delle possibilità e dei rapporti con
Atene: ad esempio una riduzione del tributo è spesso connessa all’insediamento di una cleruchia.
Le defezioni dalla lega sono duramente represse, e con l’intento di tutelare i propri sostenitori
gli ateniesi sottraggono alle corti locali la giurisdizione su reati gravi, che devono essere ora
giudicati dall’Eliea che dagli anni ’40 è anche l’unico tribunale per le pene capitali. Nel complesso si
mantiene comunque lontana da preoccupazioni ideologiche non avendo interessi a far instaurare
democrazie
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nelle poleis alleate. Tuttavia al fine di facilitare il tributo impone loro l’uso della propria moneta,
pesi e misure. Grazie ai tributi Atene può sostenere i costi dell’edilizia pubblica e del misthos;
inoltre le cleruchie permettono di dare terra anche ai non abbienti, e il dominio sull’Egeo assicura
una posizione privilegiata nei commerci.
Non mancano però le opposizioni interne: Tucidide figlio di Melesia ad esempio, che sarà però
ostracizzato, confermando il prestigio di Pericle che sarà confermato per 15 strategie.
Superate le difficoltà interne il leader deve però fronteggiare la rivolta di Samo, dopo che
questa aveva rifiutato l’arbitrato ateniese contro Mileto. Atene instaura un regime democratico,
ma con l’appoggio del satrapo di Sardi un gruppo di esuli riesce presto a rovesciare la democrazia,
resistenza che però si scontra e perde contro Atene. A questo punto la città decide di lasciare a
Samo l’oligarchia, ma la città dovrà pagare un oneroso tributo e le spese di guerra.
6. L’Occidente
A Siracusa la giovane democrazia è presto attaccata dagli ex mercenari e da un diffuso
malcontento per le sperequazioni nella distribuzione delle terre. In questo contesto è inserito il
petalismo, analogo all’ostracismo (solo che si vota su lamelle di olivo e l’esilio è di cinque anni);
tuttavia ciò induce i cittadini più influenti ad allontanarsi dalla politica, per cui è ben presto
abrogato. Un altro problema sono i siculi che con Ducezio si riuniscono in una lega che dal 453 ha
come centro la nuova città di Palikè. Nel 451 Ducezio muove all’avamposto agrigentino di Motyon,
e insieme agli agrigentini si muovono ora anche i siracusani: dopo un primo scontro favorevole ai
siculi, la coalizione è sconfitta nel 450. Ducezio è esiliato a Corinto, ma due anni dopo sempre in
Sicilia fonderà Kalè Akte.
In Magna Grecia le oligarchie pitagoriche devono fronteggiare l’istanza di una più ampia
partecipazione politica che proviene da viari settori, che porta infine alla cacciata dei pitagorici
dalle città. Nel caso di Crotone di questa crisi approfittano i Sibariti, che danno vita a un nuovo
insediamento ma sono cacciati pochi anni dopo dagli stessi crotoniati.
I sibariti chiedono però l’aiuto di Sparta e Atene, ma solo quest’ultima, interessata
all’Occidente, interviene e partecipa a una nuova fondazione dei sibariti. Il loro atteggiamento
prevaricatorio però porta a una guerra civile che si conclude con la loro espulsione. Gli ateniesi
sollecitano l’invio di un’ulteriore spedizione e Pericle indice un bando panellenico per la
fondazione di Turi (444/3). Vi partecipano anche Erodoto, l’urbanista Ippodamo e Protagora. Si
tratta di un’area
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interessane dal punto di vista agricolo ma soprattutto perché sulla rotta che conduce allo stretto.
Atene ottiene altri due importanti siti di appoggio per i suoi traffici con la Sicilia e Magna Grecia
stipulando accordi con Reggio e Leontini. Tuttavia, dopo una guerra con Taranto Turi è sconvolta
da un grave contrasto interno che porterà a un mutamento in senso oligarchico e ad allontanarsi
da Atene.
2. La strategia periclea
Nel marzo del 431 Platea è vittima di un’aggressione da pare di Tebe, che sono però in grado
di sventare: per Atene e Sparta è l’inizio del conflitto (questa prima fase è detta anche guerra
archidamica dal nome del re Archidamo). Con Sparta ci sono i Peloponnesiaci (tranne Argo), i
Beoti, Megaresi, Locresi e Focesi; con Atene la lega, Platea, i Messeni di Naupatto, i Tessali,
Corciara e Zacinto.
Pericle intende evitare scontri terrestri e puntare sul domino del mare e sulla flotta, attraverso
incursioni nel Peloponneso e concentrando tutti gli abitanti, chora compresa, all’interno delle mura
che collegano la città al Pireo, rendendo Atene simile a un’isola. La strategia sembra funzionare, e
ai Peloponnesiaci una volta finiti i viveri non resta, dopo aver devastato l’Attica, che ritornare
indietro. Pericle risponde con un’incursione nella Megaride e con attacchi alle coste, ma espelle
anche gli Egineti per avere il controllo del golfo Saronico insediando una colonia.
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L’anno successivo si ripete la stessa situazione, ma Atene questa volta è messa in crisi da un
terribile epidemia di peste, che dall’Etiopia e dall’Egitto è stata portata da una nave nel Pireo.
L’eccezionale concentrazione in città rende la situazione critica. Tuttavia nello stesso inverno del
430/29 il lungo assedio di Potidea ha termine, e la città è subito occupata dagli ateniesi. I successi
navali contro Sparta sono però messi in secondo piano dalla morte di Pericle, colpito di peste
(autunno 429).
3. Dopo Pericle
Nel 428 Atene fa ancora i conti con l’invasione dell’Attica, ma deve fronteggiare anche la
defezione di Mitilene. Impone allora un’imposta straordinaria di guerra e assedia Mitilene, che si
arrende nell’estate del 427: se all’inizio si pensa ad una punizione esemplare (uccisione dei maschi
adulti e schiavitù per gli altri) prevale poi una decisione meno drastica. Sostiene la linea dura
Cleone, già oppositore di Pericle, un ricco conciaio e abile oratore (esponente di nuova politica
meno aristocratica e più fondata sull’abilità di convincere il popolo in assemblea).
Nella stessa estate Sparta ottiene la resa di Platea che viene rasa al suolo; gli esuli si rifugiano
ad Atene che concede loro la cittadinanza. Sempre nel 427 un’ambasceria di Leontini invoca l’aiuto
di Atene per una spedizione in Sicilia a sostegno dei calcidesi che combattono una coalizione
guidata da Siracusa. Atene mira a evitare un supporto siracusano a Sparta, ma soprattutto a
bloccare i rifornimenti di grano dalla Sicilia e a verificare la possibilità di un futuro dominio
sull’isola.
Nel 425 Atene invia un nuovo contingente in Sicilia, 40 triremi guidate da Sofocle ed
Eurimedonte, su cui viaggia anche il generale Demostene. Demostene nel corso del viaggio intende
anche prendere contatto con i Messeni e fomentare una rivolta: Sparta abbandona l’Attica e si
affretta ad attaccare il contingente della flotta posto a Pilo occupando la prospicente isola di
Sfacteria, dove Demostene richiama la flotta ateniese e blocca i 420 opliti spartani. Sparta si
preoccupa di assicurarsi una tregua per garantire dei viveri agli opliti, ma l’esigenza di recuperare
gli uomini la spinge addirittura a intavolare trattative di pace presto respinte; la vicenda si
conclude con la cattura degli opliti superstiti.
A questo punto su proposta di Cleone si procede ad un drastico aumento dei tributi degli
alleati per incentivare le mire imperialistiche, ma allo stesso tempo provocando un forte
malcontento.
4. La pace di Nicia
Nel 424 un contingente ateniese occupa Citera su iniziativa di Nicia, ricco imprenditore
minerario avverso a Cleone. Intanto a Gela è sottoscritto un trattato di pace che causa il
malcontento di Atene e provoca la condanna degli strateghi su iniziativa di Cleone.
Sparta intanto ha cambiato strategia e punta sulla Tracia occidentale, fondamentale per
l’approvvigionamento ateniese di legname e argento. Nel 424 sotto la guida di Brasida (il cui
esercito comprende anche 700 iloti affrancati) è conquistata Anfipoli, anche se la squadra ateniese
a Taso impedisce a Brasida di prendere anche l’emporio di Eione: il comandante è lo storico
Tucidide che per questo è condannato a 20 anni di esilio. Alla caduta di Anfipoli si aggiunge una
sconfitta in Beozia, per cui Atene intavola una trattativa con Sparta, insistendo sulla possibilità di
recuperare gli opliti di Sfacteria: nella primavera del 423 è così stipulata una tregua di un anno che
dovrebbe essere il preludio per un trattato di pace.
Atene deve fronteggiare anche la defezione di Scione e Mende, sostenute da Brasida, e rifiuta
di sottoporre la questione di Scione a un arbitrato: così allo scadere della tregua le ostilità
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riprendono su questo fronte, dove nel 422 presso Anfipoli Brasida attacca e sconfigge il
contingente ateniese; in questo scontro muoiono però sia Brasida che Clone, i principali sostenitori
del conflitto. Questo, insieme al fatto che Atene si trovi in difficoltà e Sparta tema rivolte da parte
degli iloti e la scadenza della tregua trentennale con Argo, spingono le città nell’aprile del 421 alla
stipula di una pace di 50 anni (detta di Nicia, ora leader di Atene), che verte su un parziale
ripristino della situazione esistente prima della guerra. È comunque Atene a vantare il bilancio più
soddisfacente perché le è riconosciuto l’impero mentre Sparta non vede alcun miglioramento.
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su suggerimento di Alcibiade gli Spartani nel 413 inviano in Attica un esercito al comando di Agide
II che occupa stabilmente Decelea, compromettendo i rifornimenti dall’Eubea e soprattutto con il
Laurio, riducendo le risorse finanziarie di Atene.
In ogni modo arrivano i rinforzi in Sicilia, ma dopo un attacco notturno voluto da Demostene la
situazione ritorna critica, lasciando come unica opzione l’abbandono della Sicilia. Nicia però
temendo la reazione del demos e un’eclissi di luna (presagio funesto) ritarda la partenza,
permettendo a Siracusa di sbarrare l’ingresso del Porto Grande. La ritirata via terra si rivela
disperata, e gli ateniesi sono infine costretti ad arrendersi. Nicia e Demostene sono giustiziati,
mentre gli altri sono rinchiusi nelle cave di pietra (Latomie) dove la maggioranza morirà di fame.
8. La sconfitta di Atene
Tuttavia il Gran Re mantiene la posizione anti-ateniese, anche per l’azione del navarco
Lisandro, che inviato in Asia Minore agli inizi del 407 si guadagna la fiducia di Ciro il Giovane, che
dispone maggiori finanziamenti per Sparta. Così nello scontro navale presso Nozio, dal quale è
assente Alcibiade, Lisandro riporta una preziosa vittoria. Atene affida quindi il comando della flotta
a Conone; Alcibiade si ritira in volontario esilio presso il satrapo di Frigia Farnabazo, dove sarà fatto
uccidere proprio da Farnabazo su istigazione di Lisandro.
Nel 406 (dato che le cariche non sono iterabili a Sparta) diventa navarco Callicratida, che però
perde nella battaglia delle Arginuse. Gli strateghi ateniesi non recuperano però i naufraghi, e sono
condannati a morte, privando la città dei più esperti generali.
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Su insistenza di Ciro il Giovane Lisandro ritorna di fatto come comandante della flotta
(ufficialmente è solo il luogotenente del navarco) e infligge una pesante sconfitta ad Atene ad
Egospotami. Gli alleati, Samo a parte, passano allora al nemico, mentre Lisandro impedisce i
rifornimenti nel Pireo e l’esercito spartano si trova in Attica: tuttavia le difficoltà dei negoziati
portano a sostenere ancora la guerra a oltranza (principale esponente è ancora Cleofonte). La
scarsità di viveri porta però infine Atene ad arrendersi.
Sparta non infierisce sulla città sconfitta (favorendo così troppo i suoi potenti alleati), ma
impone la rinuncia alla lega, ai possedimenti esterni all’Attica, l’adesione alla lega di Sparta e la
consegna della flotta, oltre che la distruzione delle Lunghe Mura e delle fortificazioni del Pireo.
3. Sparta e la Persia
La spedizione dei Diecimila incrina i rapporti fra Persia e Sparta, e infatti è a Sparta che si
rivolgono le poleis ioniche quando nel 400 Tissaferne pretende la loro sottomissione. Sparta invia
Tibrone che ottiene però risultati modesti, anche perché la scarsità di risorse spinge l’esercito a
varie razzie che suscitano il malcontento delle città alleate. Più efficace è l’azione di Dercillida, che
avvia una trattativa con Tissaferne. È però con Agesilao, re nel 399 grazie al sostegno di Lisandro,
che la situazione giunge a una svolta. Tissaferne in seguito alla sconfitta è giustiziato ed è Titrauste
ad essere inviato per trattare con Agesilao.
Per indurre Sparta a lasciare l’Asia, il rodio Timocrate è inviato in Grecia (i contatti con Atene si
erano intensificati dopo la nomina di Conone ad ammiraglio della flotta del Gran Re) perché si
muova contro Sparta: nel 395 l’intervento di Tebe in una contesa fra Focesi e Locresi costringe
Agesilao a rientrare in patria (guerra di Corinto).
2. La guerra corinzia
Secondo Senofonte con l’oro persiano Timocrate di Rodi avrebbe corrotto Tebe, Corinto, e
Argo perché attaccassero Sparta; secondo l’autore delle Elleniche di Ossirinco l’azione non sarebbe
partita da Titrauste ma da Farnabazo e anche Atene avrebbe ricevuto l’oro persiano. Quando in
una delle solite contese fra Focesi e Locresi, i Tebani si schierarono con i Locresi, mentre Sparta
attaccò Tebe e la Beozia; fu però l’alleanza di questi ultimi a comprendere Atene, Tebe, Argo e
Corinto, facendo leva sul malcontento per l’azione spartana. In uno di questi scontri trovò la morte
anche Lisandro. Le vittorie spartane non impedirono che Agesilao ritornasse precipitosamente in
Grecia. Nel frattempo Artaserse II aveva arruolata come capo della flotta Conone per riavvicinarsi
ad Atene: nel 394 la flotta persiana guidata da Conone si scontrò con quella spartana vicino a
Cnido riportando una vittoria decisiva, che fu seguita dalla cacciata delle truppe spartane e degli
armosti dall’Asia Minore.
Conone fu visto come il personaggio in grado di far convergere quanti volessero affrancarsi da
Sparta e dalla Persia: quando rientrò ad Atene dopo undici anni di esilio ricevette una calorosa
accoglienza, e con l’oro persiano ricostruì le Lunghe Mura e la cinta del Pireo.
Nel 392 dopo una guerra civile fra democratici e oligarchici a Corinto si decise di fondere la
città con la vicina Argo, al fine di creare un’entità in grado di resistere alle pressioni spartane,
mostrando anche come fosse necessario superare i limiti della polis tradizionale, incapace di
reggere il confronto con la Persia ma anche con i nuovi organismi statali che dalla periferia della
Grecia cominciavano ad imporsi all’attenzione politica. Nello stesso anno gli opliti spartani furono
sconfitti dagli ateniesi, per lo più mercenari e armati alla leggera. L’innovazione di Ificrate infatti
prevedeva un abbandono delle pesanti armature oplitiche, preferendo piccoli scudi traci a
mezzaluna (pelte da cui peltasti), lance corte e giavellotti (permettendo quindi di combattere
anche a chi non avesse rango oplitico) che lasciavano maggiore libertà di movimento.
3. La pace del Re
Nel 392/3 gli spartani tentarono di intavolare trattative di pace, ma si opposero Argivi, Corinzi
e Ateniesi. Alla base di questa situazione era la vicinanza di Artaserse II ad Atene (satrapo della
Ionia
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era ora il filoateniese Struta), ma alla fine il re si rese conto che era più conveniente giungere a un
accordo che conservasse lo status quo del mondo greco. Sparta sarebbe quindi stata più
favorevole della più dinamica Atene in cui rinascevano mire espansionistiche. Sostituì quindi Struta
con Tribazo, e riacquistarono importanza le proposte di pace di cinque anni prima fatte da
Antalcida e a loro tempo respinte da Struta.
Dal punto di vista militare del resto Atene si trovava in difficoltà per la ricostruzione della
flotta Spartana grazie all’intesa di Alcida e Dionisio, flotta che aveva bloccato i rifornimenti di grano
ad Atene. Alla fine sia per le difficoltà di Atene che per la nuova alleanza di Sparta, Tribazo convocò
i contendenti a Sardi dove si accettò la cosiddetta pace del re o di Antalcida (dal nome del
negoziatore spartano): l’Asia continentale, Clazomene e Cipro appartenevano al Gran Re; tutti gli
stati greci dovevano essere autonomi tranne Lemno, Imbro e Sciro che restavano di Atene. I
tebani, che all’inizio volevano firmare a nome dell’intera Beozia, minacciati da Agesilao firmarono
autonomamente alla fine. Argo e Corinto misero fine all’unione; solo gli Spartani (prostatai ovvero
“patroni” della pace) sembravano soddisfatti.
4. Dionisio e l’Occidente
Dopo la spedizione ateniese del 415 si venne a creare in Sicilia un vuoto di potere di cui
approfittarono presto i Cartaginesi, distruggendo Selinunte, Imera e attaccando Agrigento, Gela e
Camarina. A Siracusa si fece nominare stratego con pieni poteri Dionisio, seguace di Ermocrate,
potere che non si incrinò né con la sconfitta di Gela e Camarina né con la rivolta dei cavalieri
siracusani. Quando nel 405 si giunse a una pace fra Cartagine e Siracusa in seguito a un’epidemia
fra i punici, Dionisio si trovò di fatto a controllare solo Siracusa.
A questo punto Dionisio rafforzò la sua posizione in città: Ortigia fu separata dal resto della
città con un muro e delle torri e si procedette alla distribuzione delle terre a soggetti nuovi. A
questo punto attaccò Erbesso, Nasso e Catania. La guerra (397) fu all’inizio favorevole, anche se in
seguito solo una pandemia e l’aiuto di Sparta riuscirono a sconfiggere l’opposizione interna: ad
ogni modo nel 392 Dionisio nella pace con Cartagine si assicurò il dominio sull’isola, a parte la
sezione nord- occidentale. A questo punto procedette all’espansione nella penisola.
Qui aveva amici (Locresi) e nemici (Reggini); il doppio matrimonio con una locrese e una
siracusana segnava proprio una sorta di legame con l’Italia meridionale. Nel 388 sconfisse la lega
italiota (formata da città magnogreche nel 393, si differenziò da altre simmachie perché la città
egemone cambiò col tempo), conquistando poco dopo anche Reggio e formando così un primo
esempio di stato costruito a poco a poco intorno a una città egemone nel Mediterraneo: secondo
Eforo di Cuma si sarebbe tratto della più grande potenza europea.
Dionisio fondò anche delle colonie sulla costa illirica (forse Ancona e Adria) e in Corsica. Nel
375 in Sicilia fu sconfitto da Cartagine a Kronion, perdendo Selinunte e Terme; morì quell’inverno
durante l’assedio di Lilibeo.
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un’azione militare antitirannica, organizzando una spedizione dalla Grecia che nel 357 penetrò a
Siracusa cingendo d’assedio Ortigia dove si trovava Dionisio; dopo la sconfitta della flotta di Filisto,
il tiranno fuggì a Locri.
Dione non riuscì a realizzare il programma illuminato che aveva teorizzato con Platone, e morì
infine in una congiura. Si succedettero allora altri due tiranni, fino al ritorno di Dionisio II; nel 345/4
Iceta di Leontini occupò Siracusa, costringendo Dionisio a fuggire a Corinto dove rimase fino alla
morte.
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Nel 369 Atene e Sparta conclusero un’alleanza in funzione antitebana, mentre Dionisio I inviò
mercenari a Sparta temendo che Tebe volesse spingersi oltre il Peloponneso. Nel 370 in effetti
Tebe si mostrò interessata al vuoto di potere che si era avuto nella regione di Fere dopo la morte
di Giasone. Il suo erede Alessandro di Fere costruì una coalizione sotto la guida della città di Larissa
(sotto gli Alevadi) che invocò prima l’aiuto macedone e poi quello tebano. Per Pelopida la Tessaglia
poteva essere il primo passo per il controllo dell’Anfizionia delfica, per cui favorì in Macedonia
Alessandro II contro Tolomeo di Aloro. Quest’ultimo però uccise Alessandro e governò la
Macedonia in nome dei fratelli di Alessandro che godevano di appoggio ateniese; temendo
l’intervento di Atene, Tebe non intervenne, ma Pelopida fu comunque arrestato da Alessandro di
Fere, mettendo in crisi Tebe. Pelopida fu liberato nel 367 quando Epaminonda fu rieletto beotarca
grazie a una spedizione militare contro i Tessali.
Nel 367 Pelopida ottenne dal Gran Re il riconoscimento del fatto che Tebe fosse la città con cui
trattare di pace; ma gli altri greci non ratificarono gli accordi, mostrando a Tebe come fosse
necessario rafforzarsi dal punto di vista militare.
Epaminonda col denaro persiano costruì una flotta, e impose con forza agli Achei un regime
democratico; il veloce ritorno degli oligarchici segnò la fine dell’alleanza con gli Achei.
Un altro attacco a Sparta fu costituito dalla multa per l’occupazione della Cadmea, ma per
riuscire a imporsi era necessario proseguire in Tessaglia: accogliendo la richiesta delle città tessale
contro Alessandro di Fere, Tebe riportò un’importante vittoria, ma Pelopida morì in battaglia.
Nel Peloponneso dal 362 si ebbe una nuova guerra attorno alle città arcadiche, che nella
battaglia di Mantinea vide la vittoria tebana, oscurata però dalla morte di Epaminonda, segnando
una sorta di esaurimento delle forze che si erano scontrate.
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2. La Macedonia sotto il governo di Filippo II
Figlio più giovane di Aminta III e già ostaggio a Tebe, Filippo assunse il potere dopo la morte di
Perdicca. Si scontrò con mire espansionistiche con il re illirico e occupò la Lincestide e Anfipoli,
impadronendosene. Filippo poteva agire così senza preoccuparsi di Atene perché la città era
impegnata nella guerra sociale dopo che Chio, Rodi e Cos all’inizio e poi anche Bisanzio avevano
formato un koinon a parte dalla lega. Questa rivolta era sostenuta da quella in Asia Minore, dove
alcuni satrapi fra cui il cario Mausolo cercavano maggiore autonomia. Un altro insuccesso per
Atene è ad Embata, dove le truppe sono costrette alla ritirata e i comandanti Ificrate e Timoteo
sono condannati a morte su iniziativa dell’altro comandante Carete. Carete intervenne poi in Asia
minore a fianco del satrapo della Frigia Artabazo contro Titrauste, spedizione che si risolse in un
nulla di fatto ma che mostrò quanto l’impero fosse debole. Alla fine del conflitto Atene si vedeva al
comando solo di Eubea, Cicladi ed Egeo Settentrionale.
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componenti antispartane, mentre in Eubea instaurò regimi oligarchici avversi ad Atene per
accerchiarla.
Su iniziativa di Demostene si formò una lega ellenica nel 340 in funzione antimacedone. A
questo punto Filippo usò l’anfizionia delfica: in risposta a un’accusa di sacrilegio rivolta agli ateniesi
dalla locrese Anfissa, Eschine (filomacedone) accusò a sua volta la città. Anfissa era legata a Tebe, e
per questo su suggerimento di Demostene né Atene né Tebe presero parte alle votazioni che i
Macedoni riuscirono a indirizzare verso una quarta guerra sacra contro Anfissa. Filippo arrivò così
in Grecia centrale, spingendo Atene e Tebe a un’alleanza che però non impedì la presa di Anfissa
da parte di Filippo. Fu in Focide, a Cheronea, che Filippo ottenne una schiacciante vittoria. Non
infierì però sulle città: Tebe dovette accogliere una guarnigione macedone sulla Cadmea, mentre
Atene cedette il Chersoneso tracico e sciolse la lega. Filippo aveva infatti compreso che solo uno
stretto rapporto con Atene, la città più prestigiosa dal punto di vista culturale, poteva farlo
riconoscere come rappresentante degli interessi panellenici. Atene innalzò a Filippo una statua
nell’agorà, mentre suo figlio Alessandro che aveva riportato i corpi dei caduti fu insignito della
cittadinanza. Più duro fu l’atteggiamento di Filippo nel Peloponneso.
Nel 338 a Corinto tutte le poleis greche tranne Sparta parteciparono a un congresso in cui fu
proclamata la pace comune, si creò un consiglio comune e si decise che in caso di guerra il
comando sarebbe spettato a Filippo, con la fondazione di una nuova simmachia. Nel 337 propose
una guerra con la Persia (per rappresaglia contro la distruzione dei templi effettuata da Serse
all’epoca delle guerre persiane): nel 336 Parmenione e Attalo guidarono un esercito in Persia, che
viveva momenti di incertezza per la successione (alla fine salì al potere Dario III Codomanno). Nel
336 tuttavia anche la Macedonia si trovò in una situazione simile: Filippo fu infatti assassinato a
tradimento dall’aristocratico Pausania dell’Orestide, anche se non si esclude un complotto del
figlio Alessandro e della moglie macedone Olimpiade. Infatti Filippo nel 337 aveva sposato una
nobile macedone, cosa che doveva spaventare Alessandro per il diritto alla successione (i
macedoni avrebbero potuto preferire un re del tutto macedone a lui di madre Epirota).
Per quanto riguarda la società macedone, per lungo tempo ha prevalso l’idea di una società
feudale, fondata su agricoltura e legname, in cui il potere patriarcale del re era bilanciato dai nobili
e dalla stessa classe contadina tramite l’assemblea dell’esercito che doveva confermare il re eletto
e fungeva da tribunale in caso di tradimento. In realtà il re macedone aveva un controllo completo
sulla politica estera, e i condizionamenti di nobili ed esercito potevano intaccare solo
superficialmente il suo potere. Nell’Ottocento tedesco autori come Droysen hanno paragonato
Filippo a Bismarck, visto come unificatore della nazione greca. In realtà né Filippo né le poleis
avevano mai concepito un’idea di nazione sovrapponibile a quella moderna.
5. Timoleonte e la Sicilia
Timoleone, generale corinzio giunto in Sicilia nel 345/4 su richiesta di Leontini e dei Siracusani
aveva nutrito in passato simpatie per Epaminonda e Filippo (aveva persino ucciso il fratello
Timofane quando aveva tentato di farsi tiranno di Corinto). La Sicilia gli si presentò divisa nelle
varie tirannidi e oggetto della politica espansionistica cartaginese: solo appreso quest’ultimo punto
Timoleonte accettò di partecipare alla spedizione. Al suo arrivo però Iceta aveva sconfitto Dionisio
II e gli era ormai ostile, per cui Timoleonte organizzò una simmachia che sconfisse Iceta. A questo
punto Dionisio II trattò la resa ottenendo di finire i suoi giorni a Corinto come maestro di scuola.
Magone, capo della flotta cartaginese, vista la nuova situazione preferì ritornare in Africa.
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A Siracusa Timoleonte distrusse le fortificazioni di Ortigia, fece rientrare gli esiliati e invitò i
Sicelioti a recarsi in città, orami povera d’uomini, attuando una redistribuzione delle terre.
Ricostruì sulla base di una simmachia lo stato territoriale siracusano. Quando un forte esercito
punico arrivò sull’isola, Timoleonte si accordò con Iceta e decise di attaccare gli avversari nel loro
territorio invadendo Agrigento, vincendo sul fiume Crimiso.
La poca considerazione nelle celebrazioni agli alleati fece sì che Leontini, Catania e Messina si
alleassero con Cartagine, per cui Timoleonte condusse con i punici una pace separata per condurre
una guerra contro gli altri tiranni che si concluse con la loro eliminazione.
Si dedicò allora alla colonizzazione panellenica, fondando nuovi insediamenti e dando a
Siracusa una costituzione timocratica, con un’assemblea e una boulé di 600 presieduta da un
sacerdote eponimo di Zeus Olimpio. Alla sua morte Timoleonte fu oggetto di un culto eroico.
1. L’ascesa al trono
Le fonti su Alessandro sono posteriori agli eventi e condizionate dal mito dell’eroe che le
imprese e la propaganda hanno alimentato. Le opere degli storici che presero parte alla sua
spedizione come Callistene e Tolomeo sono perdute, mentre di grande importanza è l’Anabasi di
Arriano; successivo è Clitarco, iniziatore del filone fantasioso e romanzato.
Nacque nel 356 dall’epirota Olimpiade e da Filippo, che lo fece educare da Aristotele. Il nuovo
matrimonio del sovrano con la macedone Cleopatra, nell’intento di legare di più a sé la nobiltà del
regno, determinò una rottura, per cui si è anche ipotizzato un coinvolgimento di Alessandro
nell’omicidio del padre. A questo punto riuscì ad eliminare gli altri pretendenti al trono e si fece
proclamare re dall’assemblea dell’esercito.
Per combattere i Triballi si spinse oltre il Danubio, e poi ad ovest contro gli Illiri: i vari popoli
spingevano alle frontiere dopo la morte di Filippo. In Grecia i Tebani si ribellarono ai filomacedoni
mentre altre poleis come Atene furono attraversate da rivolte. Alessandro riprese Tebe, e fece
decidere del suo destino al sinedrio della Lega che ne sancì la distruzione. Più conciliante fu con
altre città come Atene, a cui chiese alcuni politici a lui avversi (tra cui Demostene, anche se alla fine
solo Caridemo sarà esiliato).
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2. La spedizione in Asia
Fin dal 336 un contingente macedone si trovava in Asia Minore, e la successione del giovane
Dario III deve convincere Alessandro della fattibilità di una spedizione in Asia. Ufficialmente
riprende la motivazione di Filippo (vendicare le distruzioni dei templi fatte dai persiani nel 480).
Nel 334 Alessandro affida la Macedonia ad Antipatro e parte per l’Asia distinguendosi per una
corte itinerante con tanto di artisti, naturalisti e storici, mostrandosi sensibile agli aspetti
propagandistici: colpisce subito con la lancia l’Asia prendendone simbolico possesso, e visita la
tomba di Achille a Troia, inserendo la spedizione nella lotta fra greci e barbari.
I satrapi sottovalutano l’azione di Alessandro, e sul fiume Granico si ha una prima importante
vittoria, celebrata con un ricco donario al santuario ateniese di Atena. L’accoglienza delle poleis è
generalmente positiva, anche se presto le guarnigioni macedoni e i contributi alle spese militari
svela la nuova condizione di sudditanza.
Caria, Licia, Pisidia e Frigia sono conquistate e a Gordio recide il nodo inestricabile che legava
un carro da guerra nel locale tempio di Zeus, mostrandosi destinato a governare sull’Asia. Tuttavia
nel 333 Memnone di Rodi avvia un’energica offensiva per mettere a rischio i collegamenti con
l’Europa, ma muore improvvisamente di malattia. Dario III si muove allora da Babilonia verso la
Siria settentrionale: i due eserciti si scontrano a Isso dove sfruttando la cavalleria Alessandro vince,
si impadronisce della cassa militare e cattura la famiglia del Gran Re.
3. Dall’Egitto a Gaugamela
Alessandro si sposta verso l’Egitto per controllare le ultime basi della flotta persiana,
fronteggiando la dura resistenza della fenicia Tiro, che alla fine subisce una punizione esemplare,
come accadrà anche a Gaza. Del tutto tranquillo è l’arrivo in Egitto, dove Alessandro si dimostra
attentissimo al consenso celebrando un sacrificio in onore di Apis: se i persani si erano poco curati
della sensibilità religiosa dell’Egitto, Alessandro va incontro alle credenze locali, e infatti è
menzionato con la titolatura degli antichi faraoni. Nel 331 sosta a Faro sul delta del Nilo, e vi fonda
Alessandria d’Egitto. A questo punto si sposta verso il santuario di Ammone nel deserto libico (oasi
di Siwah) sede di un oracolo di grande fama che gli comunica il destino di governare sul mondo e di
essere figlio di Zeus (forse semplicemente il sacerdote gli si è rivolto con la titolatura tradizionale di
figlio di Ammone, in quanto successore dei faraoni).
Se Dario III sarebbe disposto a cedergli tutto ad ovest dell’Eufrate e a pagare un ingente
riscatto per la sua famiglia, il sovrano si decide in Mesopotamia rifiutando ogni trattativa. Nel 331 a
Gaugamela i 50 000 uomini di Alessandro sconfiggono i 230 000 di Dario III: sul campo di battaglia
Alessandro si fa proclamare re dell’Asia.
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Besso si proclama re Artaserse IV, per cui Alessandro sente la necessità di dimostrarsi il
successore di Dario assimilando l’immagine degli achemenidi nel cerimoniale e nell’abbigliamento.
A questo punto nel suo entourage si manifesta un certo malcontento che si concretizza in varie
congiure. Già nel 330 in Drangiana Filota figlio di Parmenione e comandante della cavalleria degli
Eteri e accusato di aver preso parte alla congiura contro il re e condannato a morte, come anche
l’innocente e fedele Parmenione, mostrando la sua involuzione in sovrano autocratico.
6. La campagna indiana
Quale successore degli Achemenidi, Alessandro vuole riprendere il controllo delle regioni
indiane che erano state un tempo conquistate da Dario I; la richiesta di intervento di un signore di
Tassila e altri dinasti indiani gli fornisce l’occasione per realizzare questo progetto. Ci vorranno vari
mesi per raggiungere l’Indo, data la diffusa ostilità nei confronti dell’esercito degli invasori. Poro
però, il dinasta del regno confinante, si schiera sull’Idaspe dove nel 326 è combattuta l’ultima delle
grandi battaglie campali di Alessandro, che riesce a viceré. Alessandro lascia però Poro al potere
come suo vassallo, e fonda le colonie militari di Nicea e Bucefala (dal nome del suo cavallo morto
in battaglia).
Scoperto che l’Indo come si credeva non si congiunge all’Oceano Indiano fa costruire una
grande flotta e avanza nell’entroterra, forse l’obiettivo era il Gange come estremo limite dell’Asia.
Sulle rive dell’Ifasi però i soldati esausti rifiutano di proseguire: dopo aver fatto costruire 12 altari
sulle rive del fiume, Alessandro accetta di tornare indietro. Riesce comunque a navigare fino
all’Oceano meridionale, dopo aver sottomesso con brutalità le popolazioni locali. La flotta è poi
affidata al cretese Nearco e prosegue fino al golfo persico, mentre Alessandro e l’esercito passano
per il deserto di Gedrosia (forse per punire i soldati dell’Ifasi). È probabilmente per far passare in
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secondo piano questa disastrosa traversata che dalla Carmania la marcia diventa una sorta di
processione dionisiaca.
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intavoleranno trattative con Antipatro. Atene accetta una guarnigione nel Pireo, e la fine della
democrazia, sostituita da un’oligarchia censitaria. Demostene si dà egli stesso la morte per evitare
la cattura.
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democrazia (per cui si diedero due nuove tribù dai nomi di Demetrio e Antigono, che ebbero anche
due statue d’oro nell’agorà e il titolo di basileis). Demetrio Poliorcete tolse anche Cipro a Tolomeo.
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3. I regni ellenistici: caratteri generali
I regni ellenistici sono monarchici (mentre prima la monarchia era tipicamente barbara) e
hanno una grande estensione territoriale. Per certi aspetti sono eredi di una tradizione non greca:
il regno Seleucidico è l’erede dell’impero persiano, quello tolemaico dell’Egitto faraonico, quello
antigonide è discendente della Macedonia di Filippo. Inoltre i greci macedoni sono una minoranza,
che è però la classe dirigente. Questo portava alla necessità di coloni, soprattutto nel regno
seleucidico dove diffusero la poleis greca. In Egitto la colonizzazione fu per lo più rurale (con
distribuzione di kleroi, lotti di terra, di carattere militare). I philoi sono infine gli amici del sovrano,
di solito esuli greci, che erano legati al sovrano da fedeltà personale e collaboravano con lui al
governo.
Centrale è la figura del re, che si presenta prima come in grado di compiere imprese militari, e
poi fonda la sua legittimità come sovrano di terre che avevano conosciuto una tradizione
monarchica. Da questo punto di vista è fondamentale la terra del re, che indica tutto il regno ma
anche il suo patrimonio personale: il re è anche il più grande proprietario terriero. I laoi, le
popolazioni indigene, erano organizzati in villaggi che erano le unità base del regno dal punto di
vista fiscale. Il fatto che se questa terra del re fosse stata venduta con essa sarebbero stati inclusi
anche i laoi ha fatto pensare a una sorta di “servi della gleba”, ma è difficile capire il loro grado di
autonomia. Inoltre c’è il problema del rapporto di queste comunità con le nuove città: se diventare
cittadini poteva significare maggiore libertà sappiamo di popolazioni ridotte allo stato servile.
Anche la teoria che l’urbanizzazione abbia sottratto terra ai templi sembra non del tutto valida.
Per quanto riguarda la polis, la parte forte è il sovrano ma non bisogna nemmeno
sopravvalutare la sua capacità di azione sulla città. I territori dello stato erano infatti disomogenei,
ed erano uniti solo dalla figura del sovrano, per cui l’appartato burocratico non era in grado di
controllare le varie entità locali: doveva quindi venire in contro alle élite locali. Del resto non era
neanche infrequente la possibilità che un territorio in seguito alle ingerenze di un sovrano si
mettesse sotto la protezione di un altro.
1. Il regno di Macedonia
Antigono Gonata, allievo di Zenone di Crizio, era obbligato a rispettare degli obblighi
consuetudinari della monarchia macedone: i nobili infatti condizionavano la vita del re in modo
sconosciuto alle altre corti. A questa classe appartenevano gli eteri. Il Gonata favorì la nomina di
tiranni al suo soldo, e guarnigioni. Cercò di sottrarre ai Tolomei il dominio dell’Egeo sostenendo la
lega degli isolani, spingendo il Filadelfo a creare una coalizione antimacedone, fra cui la Sparta di
Areo I e l’Atene di Cremonide, che si scontrò con Antigono nella guerra creominidea che finì con la
vittoria di Antigono.
Antigono per mettere in difficoltà il Filadelfo fece sposare suo figlio Demetrio con Stratonice
sorella di Antioco II di Siria. Verso il 253/2 però il suo potere si indebolì per la ribellione di
Alessandro viceré di Macedonia e per il rafforzamento di lega Etolica e Achea, che appoggiò
Alessandro. Ma dopo un decennio il regno tornò nelle mani di Antigono. I fedeli Etoli riuscirono
allora a penetrare nel Peloponneso preoccupando gli Achei. Lo stratego acheo Arato di Sicione
attaccò la Macedonia sostenuto da Tolomeo Evergete, e riuscì a sottrarre ad Antigono la regione
dell’Istmo. Fra le due leghe prevalse quella Achea di Arato a Pellene.
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Demetrio II divenne invece alleato dell’Epiro ed entrò in conflitto con gli etoli. Nel 239 scoppiò
la guerra demetriaca in cui le due leghe si coalizzarono contro Demetrio, ma nessuno riportò
risultati decisivi. Demetrio II morì mentre combatteva contro i Dardani a nord, lasciando il figlio
minorenne Filippo V. Fu suo cugino Antigono III il Dosone a essere il reggente di Filippo. I contrasti
con la Tessaglia e Atene lasciarono solo l’Eubea ai macedoni. Nel 229 scoppiò la guerra cleomenica
di Cleomene III di Sparta contro la Lega Achea, in cui il Dosone non entrò all’inizio. Ma quando
Cleomene sconfisse la lega a Ladocea e a Dyme, Arato inviò al re un’ambasciata in cui chiedeva
aiuto in cambio dell’Acrocrinto. Dosone vinse, e ad Egion, sede della Lega Achea, decretò la
fondazione di una nuova lega che richiamava quella di Corinto. Comunque solo a Sellasia
Cleomene fu definitivamente sconfitto, nel 222. Dosone morì nel 221, e Filippo V divenne re.
La guerra dei soci si svolse dal 220-217. Gli Etoli volevano sottrarsi all’isolamento in cui erano
dopo Sellasia e si scontrarono con gli Achei; alla guerra partecipò anche Filippo, e nella pace di
Naupatto si trovò un accordo con gli Etoli: la presenza romana in Illiria preoccupava ormai il re.
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dopo Antioco II, che designò suo successore Seleuco II avuto da Laodice, e non i figli di Berenice.
L’Asia Minore riconobbe Seleuco II come re mentre dalla Cilicia alla Siria si schierarono con il figlio
di Berenice. Tolomeo III arrivò fino a Babilonia, ma dovette rientrare in Egitto per disordini. In quel
periodo furono uccisi Berenice e suo figlio. Seleuco ebbe difficoltà in Siria, mentre in Asia Minore
cedette la coreggenza al fratello Antioco Ierace.
Negli anni successivi Tolomeo appoggiò quanti si opponevano alla Macedonia come Arato,
Cleomene; quando poi Arato si alleò con Dosone supportò Sparta ma solo finanziariamente (forse
preoccupato per l’Asia non escludeva un’alleanza con Antigono). Infatti Seleuco III prima e Antico
III poi in quel periodo cercavano di riprendere l’Asia Minore e non era escluso un intervento per la
Celesiria. Nel 222 e nel 219 si svolsero infatti guerre per la Siria, nonostante i disordini interni forse
favoriti da Tolomeo. L’arrivo di Seleuco vicino all’Egitto portò alla rottura delle dighe, e Antioco III
accettò una tregua, durante la quale gli egiziani reclutarono truppe indigene. Tolomeo IV
Filopatore vinse Antioco a Rafia, ma l’arruolamento di egiziani diede il via a una serie di disordini.
Per la ripresa di una coscienza nazionale egiziana i re cominciarono ad assumere un carattere
sempre più faraonico.
Antioco III si dedicò allora a una spedizione in oriente di sette anni, e al suo ritorno la grave
situazione dell’Egitto (Tolomeo V Epifane aveva sei anni) lo portò a un patto con Filippo V per
spartirsi l’Egitto. L’intervento di Filippo in Asia Minore pur dopo una loro vittoria spinse Rodii e
Attalo di Pergamo a chiedere aiuto al senato romano innescando nel 200 la seconda guerra di
Macedonia. Sul fronte Egiziani- Seleucidi invece dopo un successivo attacco egiziano alla Celesiria
Antioco IV Epifane gettò l’Egitto in una grave crisi politica. Fu proclamato re Tolomeo Fiscone
(fratello e coreggente del Filometore) che non fu però riconosciuto da Antioco. I contendenti si
rivolsero a Roma e quando l’Epifane arrivò ad Alessandria dopo essersi fatto incoronare re
incontrò Popilio Lenate, inviato romano che gli impose di abbandonare l’Egitto.
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spedizione in Asia, ma l’espansionismo pergameno lo riportò indietro. Seleuco II morì per una
caduta da cavallo e suo figlio Seleuco III poco dopo in una congiura in Frigia. Salì allora al trono
Antioco III.
Antioco nominò Molone governatore delle satrapie orientali, Ermia a capo
dell’amministrazione e l’Asia Minore ad Acheo. La crisi del regno contrapponeva chi come Ermia
voleva rafforzare l’amministrazione centrale mentre i governatori locali preferivano minori
ingerenze. Fra quanti si ribellarono ci fu Molone che guadagnò vari territori, ma fu poi sconfitto da
Antioco, che nell’occasione eliminò anche Ermia.
In Asia Minore anche Acheo si nominò re. Alla fine della quarta guerra di Siria Antioco (anche
in seguito ala sconfitta di Rafia) firmò una pace con Attalo di Pergamo e nel 212 pose fine alla
guerra dopo 4 anni. A questo punto andò in Oriente, dove in varie tappe riprese controllo del
regno. Riconobbe però infine la sovranità della Battriana, capendo la necessità di una rete di
alleanze. Per questo con il re indiano Sofagaseno rinnovò il trattato di Candragupta. Quando nel
203 ritornò assunse il nome di Gran Re. Eliminò i satrapi e li sostituì con Strateghi.
4. Il regno di Pergamo
Filatero era stato un semigreco che aveva ottenuto da Lisimaco la rocca di Pergamo da
custodire, ma che era poi passato con Seleuco ottenendo un dominio sulla città. Il suo successore
Eumene I ruppe coi Seleucidi rendendosi indipendente. A Sardi vinse Antioco I, e alla sua morte gli
successe Attalo I. Dopo aver vinto i Celti mandati da Ierace nel 236 assunse il titolo di soter,
salvatore. Nel 227 costrinse Ierace a lasciare l’Asia.
Seleuco II in guerra contro i Parti ritornò in Occidente allora, ma morì, come anche Seleuco III,
senza fermare Pergamo. Fu Acheo a strappare ad Attalo i territori, ma l’usurpazione del viceré
spinse Attalo ad allearsi con Antioco III, e alla fine della guerra Attalo poté riprendere parte delle
sue conquiste.
Negli anni successivi Attalo si avvicinò a Roma, con cui combatté la guerra di Macedonia. Nella
pace di Fenice fra Filippo V e i Romani (205) fu incluso nel trattato, ma soprattutto alla fine della
guerra contro Antioco III Eumene II con la pace di Apamea (189/8) ottenne con l’aiuto di Roma i
territori sottratti dai Seleucidi. Solo alla fine del regno di Eumene II si ebbero dei raffreddamenti
con Roma, che considerò la Galizia indipendente dopo la sua vittoria contro i Celti/Galati. Così non
intervennero subito contro Prusia II di Bitinia quando attaccò Pergamo, ma con Attalo II i rapporti
tornarono di fiducia, e infatti Prusia fu cacciato e si pagò a Pergamo una grossa indennità. Del resto
Attalo III lasciò in eredità il regno a Roma nel 133.
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Prusia II si avvicinò così a Pergamo nella guerra contro Farnace del Ponto, ma poi il
matrimonio con la sorella di Perseo di Macedonia lo spinse ad allontanarsi da Pergamo a favore di
Roma. in questo contesto si lega l’attacco ad Attalo II che però ebbe l’aiuto di Roma che Eumene II
non aveva avuto. Prusia fu ucciso da Nicomede II. Da questo momento entrò nell’orbita di Roma:
Nicomede IV nel 74 lasciò la Bitinia in eredità a Roma.
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Laodice per la successione Diodoto si proclamò re. La Battriana fu ulteriormente isolata per l’arrivo
dei Parti.
Diodoto II per la minaccia parta si alleò con Seleuco II, ma la successiva morte del re non portò
a nulla di significativo. Successe a Diodoto l’usurpatore Eutidemo. Questi dopo due anni di assedio
stipulò un accordo con Antioco III.
Demetrio I riprese la politica espansionistica battriana, ma in questo periodo nacquero anche
diversi principati. Intanto gli Xiung-Nu occuparono il Turkestan facendo spostare i Saka, che
attaccarono la Sogdiana determinando l’ascesa al trono di Eucradite I. I suoi discendenti sarebbero
stati impegnati contro le popolazioni scitiche, e i rapporti con l’occidente si diradarono. L’ultimo
dei greci ad avere ambizioni imperialiste fu Menandro, che si spinse fino al Gange. Alla sua morte
la battriana divenne uno stato vassallo, nel 130.
8. L’Occidente: Siracusa
Dopo Timoleonte a Siracusa si era istaurato il regime oligarchico dei 600 (dynasteia). Nel 360
nacque anche Agatocle, che spinse gli oligarchi a sud della Sicilia. Al loro ritorno fu cacciato dalla
città ma riuscì a farsi richiamare e ad essere nominato stratego con pieni poteri. Cartagine gli
riconobbe il possesso di varie città della Sicilia orientale per evitare un intervento spartano in
favore di Messina, ma Agatocle riuscì a conquistare anche Messina. Al supporto cartaginesi agli
esuli siracusani Agatocle rispose facendo bottino nella Sicilia cartaginese. Gli sviluppi della guerra
lo videro in difficoltà, per cui decise di andare direttamente in Africa.
Riportò un successo contro l’esercito che proteggeva Cartagine, mentre in Sicilia il
comandante Amilcare era messo a morte. Nel 309 si alleò con Ofella signore di Cirene, che però fu
poi ucciso da Agatocle che ne prese l’esercito. Lasciato l’esercito al figlio Arcagato, ritornò in Sicilia,
ma la situazione a Cartagine ne richiese il veloce ritorno: i figli di Agatocle furono uccisi, e lui
dovette, sconfitto, rientrare in Sicilia.
Qui punì Segesta e Siracusa, ma fu abbandonato dal generale Pasifilo, per cui giunse a una
pace con Cartagine per eliminare gli oligarchici: la Sicilia e le Eolie erano ormai in mano sua. Dopo
aver creato una corte ellenistica conquistò Corciara nel 298, e si spinse anche sull’Adriatico. Fece
sposare la figlia Lanassa prima a Pirro e poi al Poliorcete.
L’erede scelto fu Agatocle II, ma il nipote Arcagato lo eliminò. Agatocle restituì allora la libertà
al popolo.
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2. Il declino di Atene
Atene perde la guerra lamica del 322, e le è imposta dai Macedoni una costituzione oligarchica
e un presidio nel Pireo. Nel 318 con Poliperconte riottiene la sua autonomia, ma già nel 317
Cassandro riporta l’oligarchia e affida la città a Demetrio Falereo. Nel 307 il Poliorcete caccia
Falereo e riporta la democrazia (per cui Atene dedica una tribù a lui e una a suo padre, e gli da il
titolo di re). Dopo la sconfitta degli Antigonidi a Ipso, Atene si riavvicina a Cassandro, e Lacare
instaura una tirannia. Nel 295 quando Demetrio il Poliorcete riprova a riportare la città sotto il
suo controllo,
Atene gli si oppone, e quando Demetrio ha la meglio si mostra poco rispettoso dell’autonomia
della città.
Nel 267 Atene partecipa accanto a Tolomeo II Filadelfo alla guerra cremonidea. Nel 262/3
Atene si arrende ai Macedoni, mentre Cremonide si rifugia in Egitto. Atene subisce allora
limitazioni pesanti alla sua autonomia (non può più coniare moneta).
Nel 229 Atene riesce a liberarsi dai Macedoni pagando 150 talenti. Da questo momento la
città mantiene la sua autonomia e riceverà un trattamento di riguardo da Roma.
3. Sparta e i re riformatori
Le sperequazioni economiche marcate fanno sì che nella Sparta ellenistica i cittadini a pieno
diritto siano 700; Agide IV cerca allora di far approvare un programma di annullamento dei debiti e
ampliamento del corpo civico con distribuzione delle terre, ma è condannato a morte. Il suo
successore Cleomene III cerca di espandersi nel Peloponneso, ma entra presto in contrasto con la
Lega Achea. La guerra cleomenica si protrarrà per vari anni, e forte dei primi successi Cleomene
(che ha sposato la vedova di Agide) con un colpo di stato elimina gli efori, restaurò agogé e sissizi e
porta il corpo civico a 4000 unità.
Visti i successi di Cleomene, Arato capo della Lega Achea decide di allearsi con Antigono
Dosone di Macedonia, che in cambio di Corinto scende in campo. Fonda la Lega di Egion, e batte
Cleomene nel 222 a Sellasia. Per la prima volta nella sua storia Sparta subisce un’occupazione
militare. Sono abrogate le riforme di Cleomene, ed è imposto un presidio macedone, oltre che
l’obbligo di entrare nella lega.
Nabide nel 207 inizia a governare in modo autocratico, e combatte a più riprese contro gli
Achei. Nel 195 i Romani gli impongono di ritirarsi in Laconia e rinunciare all’espansionismo. Alla sua
morte nel 192 Sparta è incorporata nella lega Achea.
4. La lega etolica
Incerta è la data di fondazione della lega, comunque comincia a far sentire il suo peso dai
primi decenni del III secolo. Nel 279 contrasta i Galati, salvando il santuario di Delfi che viene così
assorbito della sua orbita. Insieme ai cretesi sono i principali responsabili della pirateria.
Nel 239 quando Demetrio II decide di appoggiare l’Epiro contro il koinon, gli Etoli si alleano
con gli Achei: inizia la guerra demetriaca. Con Antigono Dosone continuano le ostilità, e gli Etoli
sono fra i pochi a riuscire a rimanere fuori dalla lega di Egion. Con Filippo V (che combatte con la
Lega di Egion) ha luogo la guerra sociale, che si conclude a Naupatto nel 217, l’ultimo trattato in cui
i contraenti sono solo greci.
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All’arrivo dei Romani si schierano dalla loro parte contro Filippo nelle due guerre
macedoniche, ma si schierano con gli antiromani nella guerra contro la Siria, vedendo alla fine un
ridimensionamento della loro potenza.
Supremo organismo è l’assemblea federale primaria che si riunisce due volte l’anno, e decide
sulla politica estera e su quanto riguarda l’intero koinon. C’è anche un consiglio di mille membri (le
comunità sono rappresentate in proporzione) e al vertice dello stato c’è uno stratego. È anche
attestato un consiglio ristretto di trenta membri che è il principale organo in guerra e per gli affari
correnti.
5. La lega achea
L’Acaia ha un’importanza marginale prima dell’età ellenistica. La lega sembra interrompersi tra
il IV e il III secolo, ma nel 281/0 le quattro poleis dell’Acaia occidentale danno vita a una
federazione a cui si aggiungono poi le altre comunità della regione. Arato di Sicione riesce a far
espandere il koinon oltre i confini regionali: Corinto, il Peloponneso. Le comunità vengono
incorporate con pari diritti, uno dei principali motivi del suo successo. Arato combatte contro i
Macedoni nella guerra demetriaca con gli Etoli, ma non esita a offrire Corinto alla Macedonia
contro Sparta. Inoltre fra il 220-217 sono con Filippo V contro gli Etoli nella guerra sociale, e ancora
nella prima guerra macedonica. Nel 198 nella seconda guerra macedonica si alleano con i Romani
che promettono loro Corinto. Ma i rapporti non tardano a deteriorarsi: saranno le turbolenze della
federazione a spingere nel 146 l’annessione a provincia della Grecia.
Sappiamo di un’assemblea federale, ma dagli anni ’20 del III secolo è il consiglio ad avere
l’effettiva sovranità (l’assemblea è convocata per questioni di speciale importanza). La strategia
diventa monocratica nel 255, ma sappiamo anche di un apparato magistraturale articolato. In ogni
caso erano i ceti abbienti a determinare la politica.
1. Pirro
Pirro dopo un primo esilio da bambino lascia di nuovo l’Epiro nel 302, quando in combatte con
Antigono e Demetrio a Ipso. Ad Alessandria dove è mandato in esilio si lega a Tolomeo, attraverso
cui entra in contatto con Agatocle e ne sposa la figlia Lanassa; grazie a Tolomeo torna in Epiro.
Combatte qui prima contro Demetrio e poi contro Lisimaco, che ha però la meglio.
Quando Taranto chiede il suo aiuto contro Roma interviene: volendo ricostruire il regno di
Agatocle per il figlio avuto da Lanassa e con il sostegno di Tolomeo Cerauno mette su un grosso
esercito (280), in ci sono anche elefanti da guerra (da Alessandro in poi se ne era vista l’efficacia
per lo sfondamento dello schieramento avversario). Pirro si scontra contro i Romani a Eraclea, e
pur con ingenti perdite ha la meglio. A questo punto altre poleis greche e comunità italiche si
schierano con lui. Tuttavia in quel mentre Siracusa è assediata dai Cartaginesi, e Pirro risponde alla
sua richiesta di aiuto. Qui in Sicilia Pirro vorrebbe andare in Africa contro Cartagine, ma la sua
autorità gli aliena le simpatie delle poleis siciliane, e nel 276 riprende la guerra contro Roma.
A Maleventum (poi Beneventum) Pirro subisce una rovinosa sconfitta, e rientra in patria. Qui
combatte contro Antigono Gonata e continua la guerra anche nel Peloponneso, dove muore nel
272. A questo punto Taranto si arrende e cessa l’autonomia delle polesi italiche.
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2. Ierone II di Siracusa
Nel 269 Ierone vince sui Mamertini e al rientro in patria si fa proclamare basileus. Quando nel
264 Roma interviene a fianco dei Mamertini nella prima guerra punica, Ierone già nel 263 lascia
l’alleanza cartaginese per siglare un accordo di amicizia con Roma, riuscendo a conservare
l’autonomia di Siracusa anche se deve rinunciare alle città conquistate o passate dalla parte dei
Romani.
Ierone governa a titolo personale con un consiglio di philoi (fra cui Archimede), e col prelievo
di una decima sui raccolti (poi adottata dai Romani) riesce ad accumulare risorse ingenti.
Nella seconda guerra punica resta fedele ai Romani, ma alla sua morte il figlio Geronimo si
schiera con i cartaginesi e quando Siracusa torna una repubblica ribadisce questa scelta: nel 201
Siracusa è aggregata alla provincia romana di Sicilia.
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6. La terza guerra macedonica
Il figlio di Filippo V, Perseo, da però un grande impulso demografico e finanziario alla
Macedonia, e riallaccia strette relazioni con i seleucidi e i Rodii, oltre che con gli Achei, ottenendo
grande popolarità in tutta la Greca.
A Roma le rimostranze di Eumene II di Pergamo convincono i romani a fare guerra: prima avvia
trattative diplomatiche con i greci e un negoziato con Perseo per guadagnare tempo, e poi nel 171
dichiarano guerra alla Macedonia. Nel 168 Lucio Emilio Paolo sconfigge a Pidna Perseo. La
Macedonia è divisa in quattro repubbliche autonome che non possono più vendere né legname, né
estrarre l’argento né importare sale. Inoltre devono versare un tributo a Roma. Anche le altre
poleis sono penalizzate, soprattutto Rodi e gli Achei. Anche Eumene II vede vanificati i suoi sforzi
contri i Galati a cui è riconosciuta l’autonomia, mentre ad Antioco IV Marco Popilio Lenate impone
il ritiro dall’Egitto.
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